Missione S - Portare gli uni i pesi degli altri, per .Astaroth e Griever_

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view post Posted on 13/3/2019, 10:03     +1   -1
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Quando Fuyuki fece ritorno al campo, la notte era ormai al suo giro di boa, e vide l'uscio socchiuso del casolare di Rokuda da cui fuoriusciva uno sferragliare confuso, e il lume delle imposte, e una grossa sagoma poco lontana che emetteva delle grosse nuvole di fumo.
Sembrava che quel luogo avesse preso una vita fittizia, vuota, come se il buio e la notte li stessero risucchiando verso un mondo più nero del carbone.
"Perché fa così?" sentì dire, appena fu abbastanza vicino: "Crede forse che siamo degli ingenui?"
La seconda domanda di Chiaki fu proferita con un sussurro rispetto alla prima.
"Non sta a me dirlo" rispose Rokuda: "Ma non intendo sposare la vostra causa. Sai cosa penso su questo governo, ma sai anche che sono un po' scettico riguardo la vostra sommossa."
"Secondo me solamente perché lei è un pavido e un codardo!"
"Chiaki, un po' di rispetto" le disse Heiji.
"Lo sto rispettando, dicendogli chiaramente cosa penso."
Ci fu un silenzio per un po'.
"E' possibile che sia meno coraggioso di voi. Ma forse siete ancora troppo giovani da non saper veder cogliere tutte le magnifiche sfumature del coraggio. Come l'ingenuità e l'imprudenza."
"Dovremmo lasciarli li a morire, allora?"
"Non ho detto questo. Dico solo che mi dispiace per quei ragazzi, ma hanno fatto la loro scelta: combattere contro un potente di questa terra affinché un altro individuo possa prendere il suo posto."
"Come si permette!" urlò Chiaki, e ci furono dei rumori confusi - probabilmente la ragazza si stava avventando contro il vecchio e Heiji l'aveva fermata a forza.
"Sa che nella prigione di Butsuon c'è lo scrittore Chougo? E quell'ufficiale della polizia del Credo che è stato arrestato due settimane fa per non aver mandato a vivere in mezzo alla strada i piccoli possidenti in ritardo con le tasse."
Silenzio.
"Presto verranno tutti giustiziati senza processo, e lo sa bene."
Ci volle un po' prima che Rokuda riprendesse parola.
" - Scrittori e funzionari governativi. Per una volta sono d'accordo con il Credo: certa gente va uccisa."
"Signor Rokuda!"
La risata del vecchio risuonò acuta per un bel pezzo.
"Stavo scherzando, stavo scherzando! rilassati bambina. Ne sei sicura di questo?"





Partirono in orario come annunziato da Endo. Un'infinita processione di soldati e prigionieri incatenati, in testa Endo e Sanada, e al centro della fila un carro blindato. A metà percorso tra le isole gemelle e Butsuon la strada raggiunse bruscamente il confine ultimo dell'isola, a strapiombo sul vuoto, costeggiandolo per quasi tre chilometri come a evitare quella zona desolata. Tra le nuvole visibili in quello scorcio, la foresta appariva come una valle di ceneri. Qualche chiazza di alberi scura e bruciacchiata, ma poi per il resto un opaco grigiore, una landa fantastica dove le ceneri crescono come il frumento, creando alture e colline e giardini grotteschi. Dove la cenere assume forme stravaganti, di case pericolanti e col camino obliquo, e col fumo che ne esce, la testa di un mostro sconosciuto con le fauci spalancate, e con uno sforzo di fantasia un branco di creature semi-umane che si spostavano confusamente, già in via di disfacimento nel vento che ululava a quelle altitudini.
Attraversarono lo spazio che separava le isole dalla capitale allo stesso modo in cui avevano lasciato Kugyou, e quando furono nell'isola madre dopo poco fu ben visibile ai loro occhi il traffico sempre crescente, i carri che andavano e venivano, i loro continui scricchiolii sul ciottolato della strada e, in lontananza, quell'enorme sagoma spettrale ora ben visibile, sempre più vicina; lasciarono i prigionieri alle porte della prigione insieme a metà del contingente, e in meno di un'ora, quando il mattino era ormai inoltrato, videro il sole sbucare dietro il grande Dio-Tempio.
Butsuon era una città in continuo fermento, dove ogni abitante si muoveva sollevando una piccola porzione di polvere, cosicché la somma di tutti i cittadini creavano una sottile nube impenetrabile, quasi a voler nascondere le operazioni misteriose del loro sommo protettore che viveva nel cuore della loro terra.
Salirono le poderose scalinate del Tempio in una processione, e dalle altitudini che furono loro date dalla cima di quest'ultima, tutte e quattro le isole visibili all'orizzonte tra la nebbia, gli spasmi di nuvole grigie e smorte incessantemente in movimento, lì sopra scorsero le colossali porte del Dio-Tempio spalancate, con una schiera di monaci pronti ad accoglierli.

Edited by Jöns - 6/11/2019, 13:48
 
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view post Posted on 21/5/2019, 18:46     +1   -1
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Kami, se puzzava di fumo. Di sigarette, nei minuti successivi, ne aveva accese almeno sette. Forse otto, addirittura. Aveva smesso di contarle - o meglio, non lo faceva mai, quel maledetto vizio l'aveva eliminato quando aveva poco più di sedici anni. Al contrario, non aveva bevuto nemmeno un goccio... e come avrebbe potuto, dopotutto? Nervoso com'era, si era nascosto dietro le ombre sottili degli alberi della foresta, espellendo tutto ciò che il suo stomaco aveva d'offrire. Alcool per lo più, misto a muco e saliva. Si era convinto che si trattasse dei postumi causati dalla rottura del sigillo -e forse era davvero così, ma nessuno l'avrebbe dissuaso dalla seconda alternativa. Poteva quell'incontro averlo turbato fino a quel punto? Oh, eccome se l'aveva fatto. Ci stava ancora pensando, mentre con mano tremante lasciava scorrere la penna su di una pagina candida del suo quaderno. Si era ripromesso di prendersi un momento, prima di tornare al casolare di Rokuda, così da poter distendere i nervi e ritrovare la lucidità necessaria per affrontare l'assalto a Butsuon. E così, si era ritrovato seduto sul manto erboso, con la schiena adagiata sul tronco di un larice spogliato dei suoi tesori dal freddo, a contemplare ancora una volta il trambusto che si stava consumando nel suo cuore.

CITAZIONE

Ancora una volta, mi tormenta. Sì, proprio lei. Quell'unica, maledetta, domanda.
Perché?

Perché, ancora, indugio sulle mie azioni? Un tempo, ogni mio gesto, ogni mio crimine, trovava giustificazione nel mio ruolo all'interno di Akatsuki. Ho ucciso un'infinità di persone. Uomini, donne, bambini. Alcuni meritavano la morte, altri invece hanno trovato in essa il compimento del volere di qualcun altro. Di un uomo più potente o, magari, solo più ricco. Eppure, non mi sono mai voltato ad osservare la scia di sangue che lasciavo dietro di me. Non era poi diverso dal lavorare come ANBU, dopotutto. Oh, la gente che trova ristoro sotto coperte calde o dietro un pasto profumato non ha la minima idea delle lacrime, del sale e del sangue che si nasconde dietro ogni boccone. A sedici anni ho scoperto quale fosse la verità di questo mondo, così come la falsità che si cela dietro il buon viso di ogni villaggio. E l'ho accettato. È una regola senza la quale la nostra epoca crollerebbe, senza la quale vi sarebbe solo anarchia e caos. Era ciò che Kai e Jagura volevano abbattere, con ogni mezzo e che io, invece, da bravo soldato, ho difeso con ogni mezzo.

Ed è forse questo, il problema. Sono un soldato... ma nel nome di chi ho combattuto, in questi anni? Per quali ideali?
Non per quelli del Consiglio. Almeno è quello che spero. Nessuno saprà che tutta la gente che ho ammazzato a Yason Mori è morta per la loro, di incolumità. Né il mio popolo, né la mia famiglia. E in fondo, è giusto così. Chi come noi sceglie di vivere come un'ombra, lo fa sapendo di non dover pretendere gratitudine o gentilezza. È giusto che sia io... ed io soltanto a portare sulle spalle il peso di quelle urla. Di tutta la distruzione che ho portato, dilaniando una nazione che cercava soltanto di fare ciò che è richiesto ad ogni uomo. Lottare e sopravvivere, ad ogni costo.
Ma io so quel che è successo lì. So cosa ancora devo fare, affinché quello sterminio non diventi vano. Kakumei aveva ragione, sono stato uno sciocco. Per questo, sarà mio unico obiettivo vedere distrutta Kirinaki, Kai e chiunque abbia contribuito a diffondere quella piaga. La mia gente è in salvo, così come la mia famiglia... ma soltanto per ora, purtroppo. Dovrò continuare a lottare per difendere chi mi sto a cuore.
Altrimenti, non sarò diverso da Jagura, né tantomeno da Akane. E a quel punto, non potrò più sottrarmi al giudizio che merito.


Perché, in fondo, era proprio quello a spaventarlo. Il giudizio. Quanto doveva essere pesante, per un ragazzo, trascinare il peso di tutta quella morte? Quanto angosciante, invece, non sentirsi differente dall'uomo che aveva sempre combattuto e che aveva privato sua figlia della serenità che ogni bambino meriterebbe? Ed era proprio il fantasma del Joker a perseguitarlo. Aveva sentito la sua voce quando si trovava sulle rocce di Yason Mori, in attesa che le porte del secondo anello della città saltassero in aria. Aveva intravisto il suo volto in quel maledetto quadro, così come la sua smorfia in ognuno dei suoi incubi, ogni notte. Era una battaglia contro il suo ricordo, ma prima di tutto contro se stesso. Finché avrebbe continuato a dubitare delle sue azioni, lasciando che i suoi propositi venissero annebbiati, persino lui non sarebbe stato diverso da un fantasma. Una figura sottile ed avvolta dall'ombra, proprio come i larici accarezzati dalla pioggia che, da lì a poco, sarebbe sfociata in burrasca.

Giunto in prossimità del casolare, vide Naum intento a concedersi un sigaro, probabilmente anch'egli in ascolto del diverbio che si stava consumando fra le mura domestiche. L'idea di fermarsi ad attendere che la discussione si esaurisse non lo sfiorò nemmeno per un istante - anche perché, in quel momento, l'ultima cosa che desiderava era che l'uomo si accorgesse del suo nervosismo e lo tempestasse nuovamente di domande, come aveva fatto prima, nella foresta. Entrò in casa senza troppi convenevoli, non curandosi di interrompere Chiaki e Rokuda, né tantomeno d'insozzare il pavimento di fango. Si limitò ad accendersi una sigaretta e, senza spendere tempo in inutili saluti, a rivolgersi ad Heiji.
- Degli uomini che ti ho chiesto di radunare hai notizie?
- Salve signore. Sì, ho sentito chi dovevo sentire. Ci ricongiungeremo presto, tutti quanti, fra meno di un'ora.
Sentirsi chiamare signore da un uomo che doveva rappresentare uno dei pilastri della Resistenza quasi lo costrinse a vomitare quel poco muco rimastogli nello stomaco. Ad accoglierlo come doveroso ci pensò Rokuda che, vedendo i suoi abiti impregnati d'acqua, non si dimenticò di rispolverare la propria ironia: - Oh, Orha Duren, il signore delle piogge e re degli stracci bagnati!
- Forse morirò questa notte e non avrò avuto nemmeno modo di darmi una ripulita, o di concedermi un bagno caldo. I Kami sanno essere davvero bastardi, quando vogliono. - rispose di rimando Fuyuki, ridendo.
A quel punto, l'uomo si esibì in quello che pareva essere ormai diventato un gesto routinario. Riempì fino all'orlo un bicchiere di liquore e con disinvoltura lo fece strisciare sul tavolo, finché non si fu fermato esattamente sotto gli occhi dello shinobi.
- Beviamo alla loro salute, allora. E che si fottano.
Abbassando lo sguardo, lo Hyuga dovette sforzarsi per trattenere un conato di vomito. Il sapore di merda di ciò che aveva buttato fuori poco prima ancora gli impastava la bocca e l'ultima cosa che desiderava, ovviamente, era ricominciare. Fece un cenno di rifiuto con la mano, prima di incrociare gli occhi del più grande.
- Senza offesa nonnetto, ma questa volta passo.
Al che, un po' sorpreso, il suo interlocutore replicò: - Oh, va bene. Ogni tanto sopravvaluto voi bambinetti, vero piccola Fujimoto?
- Con quella faccia non ti scambierei mai per un Kami, ma fottiti anche tu.
Ancora più faticoso, mentre osservava un Rokuda assai divertito vuotare il proprio bicchiere, fu nascondere una risata più sentita con un colpo di tosse, per non alimentare ancor di più il disappunto di Chiaki. Come svegliatasi dopo una doccia fredda, infatti, questa non tardò a richiamare all'ordine chi stava alzando un po' troppo il gomito.
- Allora, signor Rokuda.
- Allora cosa? - e ci pensò un po', prima di riprendere - Ah, giusto, giusto. Siete sicuri dunque di quei prigionieri?
- Sì. C'è molta gente, di ogni estrazione sociale là dentro. Tutte vittime, in un modo o nell'altro, della paranoia repressiva del Credo. Se non vuole farlo per la rivoluzione, lo faccia almeno per quelle persone. Loro sarebbero condannate se non faremo qualcosa. E lei è un combattente più esperto di ogni uomo della Resistenza. Lei potrebbe fare la differenza.
Facendosi trasportare dal fervore con il quale stava parlando, Chiaki aveva poggiato le mani sul tavolo, in una maniera non diversa dalle altre volte in cui Fuyuki l'aveva vista parlare. E proprio lui dovette ammettere che la ragazza sarebbe potuta essere sicuramente un valido leader, se solo non avesse avuto quello stupido desiderio suicida di morire pur di salvare Ryuzaki. A quel punto, con una smorfia accigliata, Rokuda passò in rassegna lo sguardo degli altri uomini presenti nella stanza.
- Sarebbe un ottimo politico, cosa ne pensate?
- Concordo. - replicò, incrociando le braccia - Ma non ha tutti i torti, dopotutto.
A quel punto, si affrettò ad incrociare lo sguardo di Rokuda e ad incalzarlo con la sua spiegazione, certo che in caso contrario si sarebbe ritrovato travolto di domande.
- Sia chiaro, Yoshi. La tua decisione non è affar mio... ed è giusto così, in fondo. Ma se è vero quel che mi hai detto ieri, che tieni al destino di questa gente, così come al lascito di tua moglie, forse dovresti considerare l'idea di unirti a questa sommossa.
Facendo così intendere di aver udito parte della conversazione, Fuyuki pensò bene di stuzzicare le corde giuste per catturare l'interesse del suo interlocutore. Era stato comunque sincero, nella premessa. Del fatto che Yoshi potesse prendere parte all'operazione per chissà quale motivo etico gli importava davvero poco; ciò che lo premeva, per lo più, era il desiderio di avere una lama fidata al suo fianco, oltre Naum, anziché soltanto le parole affilate ma prive di un concreto fondamento di Chiaki.
- Salvare una vita è come salvare il mondo intero. Lo sa bene. È per questo che mi ha salvata.
L'uomo ci pensò ancora un po', passando di tanto in tanto in rassegna gli occhi dei presenti. Sembrava combattuto e probabilmente la sua risposta avrebbe sorpreso Heiji e Chiaki, ma non di certo Namida.
- Sia chiaro, non mi unirò a voi. Come durante il tuo salvataggio, piccola Chiaki. Faremo questa evasione, ripuliremo la prigione e poi ognuno per la sua strada.
- La ringraziamo infinitamente, signor Rokuda.
Con quel suo tono fastidioso quanto formale, Heiji fece rimpiangere a Fuyuki i minuti durante i quali, al contrario, aveva tenuto la bocca chiusa, lasciando che fossero gli altri a proseguire la conversazione. Il giovane, invece, sciolse le braccia e si avvicinò al vecchio cacciatore di taglie.
- Per un momento ho temuto davvero che avresti deciso di tenere le tue vecchie chiappe al calduccio, mentre noi facevamo il lavoro sporco.
Lo vide poi riempirsi di nuovo il bicchiere, mentre esclamava in fretta, prima di bere: - Poppantello dalla lingua lunga.
- È la cosa più carina che tu mi abbia mai detto, sai?
E così, facendosi forza per non pensare a quanto avesse vomitato, allungò la mano verso il bicchiere. Brindò con Rokuda e lo mandò giù tutto d'un fiato, forse per paura che sentirne l'odore per troppo tempo potesse far innervosire ancora il suo stomaco. Sull'onda di quel ritrovato calore, non diverso da quello che l'alcool aveva diffuso nel suo petto, si costrinse a mettere da parte quanto aveva vissuto nell'ora precedente. Le parole che aveva scritto nel suo quaderno, per il momento, sarebbero rimaste nascoste nel suo borsello, là dove meritavano di stare in una situazione così delicata. L'assalto a Butsuon era ormai imminente e persino farsi distrarre da certi eventi, per quanto rilevanti potessero essere per lui, avrebbe potuto far pendere l'ago della bilancia verso uno dei due estremi, che in quel caso avevano nome di Vita e Morte.
- Come dicevamo, si fottano.

 
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view post Posted on 25/5/2019, 18:21     +1   -1
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la curiosità e la sete di conoscenza guiderà l'animo umano fino alla fine dei suoi giorni...

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Erano finalmente giunti nel punto più alto del cielo. Da quella posizione era facile sentirsi al di sopra di tutto: degli uomini, delle leggi, di ogni singola cosa. Mira non ebbe problemi a capire ciò che doveva essere successo a Buraindo e a tutti coloro che sotto di lui professavano la parole di un "Dio" che tiranneggiando su quelle terre aveva creato un vero e proprio culto, una setta. Qualcuno però dal basso aveva iniziato quella rivoluzione, giocando con i sentimenti di chi osservava a un passato più gioioso, quando non si aveva a che fare con qualcuno che decantava alla folla la giusta causa per cui si doveva andare a fare carneficina di tutti coloro che credevano in qualcosa di diverso. Mira era satura di tutto ciò, del Credo in buona parte ma anche della rivoluzione, delle continue lotte e di quei continui contrattacchi da una parte e dall'altra. La gente, la popolazione, che fosse composta da chi viveva giù tra le paludi o su nel cielo nel favore di Buraindo, voleva soltanto vivere in un mondo in cui non doveva aver paura di credere in qualcosa che la folla non riconosceva. Kai aveva lottato a lungo per creare un sistema anarchico, in cui non ci fossero più figure leader e sistemi gerarchici per dare la possibilità a tutti di autogestirsi, di sentirsi liberi di professare la "propria" religione. Mira ci pensava mentre seguiva Endo e Sanada risalendo l'isola di Butsuon, non era fattibile, una politica del genere avrebbe portato al caos più totale, avrebbe spinto i più autoritari a ergersi sugli altri facendosi forte della libertà di farlo, e in breve ci si sarebbe ritrovati punto e a capo, con i più influenti ad affrontarsi nuovamente in una lotta per far prevalere la propria visione della vita. Non era questa la libertà e Jagura lo aveva capito bene: lui era un cultore del caos, lo bramava, lo amava, lo ricercava e aveva immediatamente fiutato la possibilità di realizzarlo sul continente aiutando Kai. Furikami non era altro che questo in fondo, una scusa per creare più disordine possibile, un ideale portato avanti con il solo scopo di soffiare su una fiamma già alta che avrebbe avvolto il mondo. Così parallelamente a Kirinaki cresceva, cercando di diventare abbastanza forte da attaccare gli esponenti in nome di quella Libertà sinonimo di Caos. No, era sbagliato, era tutto fottutamente sbagliato e la donna lo aveva ormai capito, da quando con Kakumei aveva fatto rinascere Kirinaki sulle sue ceneri per prendere l'ideale del suo fondatore e trasformarlo, adattarlo attraverso la visionaria idea di una nuova leader. Al mondo serviva la libertà di scoprirsi, di conoscere oltre i limiti imposti dagli uomini, per poter crescere e svilupparsi senza ripetere gli errori del passato. Forse l'errore era proprio tenersi legata a quel nome, la Nebbia Piangente doveva probabilmente morire tra le nubi di quelle isole e rinascere come qualcosa di diverso.

Entrarono dunque nel tempio Mira, Jou, Sanada, Endo e le ragazze più carine dei rivoluzionari catturate durante l'assalto. La donna aveva già capito il motivo risalendo l'isola, avendo già avuto a che fare con il Priore dell'altro tempio. A ogni modo cercò di non pensarci, era ormai vicina alla possibilità di ricevere finalmente un aiuto e dopo tutto quello che aveva fatto, far saltare così la propria copertura era follia. Vennero dunque accolti da alcuni monaci, prima che da dietro alcune colonne della struttura una fanciulla scappasse mezza nuda seguita da un uomo con la tonaca stropicciata che le saltellava dietro:

Araiba - Su su, ma smettila! Ti piacciono i giochini?

Mira era disgustata, era anche peggio dell'altro ma avrebbe ingoiato anche quel rospo cercando di ritrovare la calma persa già durante l'interrogatorio di Endo al ragazzo della rivoluzione.

- ma davvero?

Lo disse sommessamente a Jou che alzò le sopracciglia in segno di accordo.

Araiba - Ahh, sono formali queste giovani fedeli. Ma che culo, che culo magnifico! Me lo terrò per dopo. Altrimenti farò uccidere tutta la sua famiglia, che tanto saranno solo dei ribelli probabilmente.

Endo - E' molto probabile Priore.

- ribelli con un bel culo però, eh

Jou trasalì mimando alla compagna il gesto del silenzio con le labbra, non era il momento di lasciarsi andare a certe esternazione di fronte a chi avrebbe dovuto aiutarli come premio per la collaborazione. Mira si limitò a respirare per contenere la voglia di dare fuoco a tutti coloro che aveva davanti.

Araiba - Ahhh, Endo, caro Endo, ho saputo della vostra vittoria. Li avete cavato il cuore dal petto a quei sudici maiali?

Endo - Sissignore, sono stati riportati all'ordine.

Mira si portò una mano davanti al volto per celare l'aria rassegnata e Jou tossì per provare a distrarre gli interlocutori dal gesto della compagna, oltre che per ciò che stesse guardando il Priore.

Araiba - Ma queste fedeli che mi avete portato sono stupende! Ma chi è questa biondina?

La donna alzò lo sguardo pronta a fare una strage ma Sanada riuscì ad evitare il peggio, consapevole che sarebbe stata una situazione spiacevole costringere chi li aveva di fatto aiutati in maniera così netta durante l'assedio a finire tra le grinfie del Priore.

Sanada - Ehm, Eccellenza...

Araiba - Oh, Sanada! Piccolo frocetto! Che bel lavoro che avete fatto, che belle fedeli al nostro grande Dio!

Sanada si frappose timidamente beccando lo sguardo sconvolto del Priore, incredulo davanti a ciò che aveva osato fare il più giovane.

Sanada - Loro due sono le persone di cui le hanno parlato. Quelli che ci hanno aiutato nell'assedio.

Araiba tornò ad osservare Mira stavolta in maniera diversa, poi anche Jou con sorpresa:

Araiba - Anche questo coglione?

- Quelli che l'hanno permesso, l'assedio precisò Mira.

Jou - Già, è un piacere conoscerla.

Araiba - Ah... Voi siete i... Cacciatori di taglie o qualcosa di simile.

- Qualcosa di simile.

Mira non riusciva a celare il disgusto nel parlare con quella persona come aveva fatto con l'altro Priore, era come se questo, più vicino a Buraindo, fosse più rivoltante in maniera direttamente proporzionale.

Sanada - Sì, Eccellenza. Sono amici del Cielo. Rispose Sanada mentre le ragazze prigioniere venivano portate in altre stanze del tempio, ovviamente contro la loro volontà. Mira fece una smorfia strizzando gli occhi e ogni pensiero negativo del momento: non era mai stato difficile come in quell'occasione e per una volta non centravano le Anime di Yusekai nonostante agissero influenzate dalla sua condizione emotiva.

Araiba li guardava con aria strafottente:

Araiba - O forse da buoni cacciatori taglie vorranno cacciare me, in un certo senso. E allora forse dovrei legarli per le caviglie a un cavallo e fargli fare un giro per tutta la città, eh?"

Mira ne aveva abbastanza:

- O forse dovrebbe dire a Buraindo di rispettare la sua parte di accordo.

Araiba - Allora forse dovrei farvi lottare coi miei cento cani da guerra, eh?

Sanada rise timidamente alla battuta, probabilmente con poca vera voglia, mentre Mira e Jou rimasero serissimi a sfidarlo con lo sguardo, e anzi, successivamente Jou riprese ciò che aveva detto la compagna cercando di arrivare a un dunque.

Jou - Ripeto quello che ha detto la ragazza. Siamo qui per un uomo. Nulla di più. Le vostre faccende interne e i vostri metodi non ci interessano.

- Già, vi abbiamo aiutato a vincere facendo a pezzi i ribelli, in cambio Buraindo ci aveva promesso aiuto.

A quel punto il Priore annuì:

Araiba - E va bene, siete gente in gamba. Sarò magnanimo con voi, come Buraindo mi insegna ogni giorno. Forza Sanada, ti do il permesso di dirglielo...

Mira guardò di sbieco Jou consapevole che il Priore li stava sostanzialmente prendendo in giro, era una discussione che avrebbe potuto risolversi già da diversi minuti ma tenerli lì, e fare battute sulle donne e sul loro ruolo all'interno di quel paese era uno dei suoi passatempi preferiti, evidentemente.

Sanada - Va bene, Eccellenza. Mai senza il suo permesso. Perdonateci per la discrezione, ma non potevamo dirvelo senza il permesso di sua Eccellenza.

- E allora?

Sanada - Dovete sapere che, nei disordini delle isole gemelle, non è stato catturato solo Ryuzaki - sia lodato Buraindo per questo. Un uomo che parrebbe essere questo An Lefeng è stato identificato tra i prigionieri. Non ne siamo certi, ma siamo sicuri che lei potrebbe fugare ogni nostro dubbio.

Eccola la svolta, tutto sommato quel disastro durante l'assedio non era stato totalmente vano - senza considerare l'incontro con quella sorta di spettro che tanto aveva ricordato Shirai alla donna. An Lefeng era stato catturato insieme a Ryuzaki, abbastanza insolito se era davvero capace di muoversi come aveva fatto Fuyuki al covo, e anzi in una maniera ancora più sviluppata secondo quanto raccontato da Kawarimi. Che fosse tutto un piano dei rivoluzionari per organizzare un rivolta dall'interno? Mira doveva assolutamente sentire lo Hyuga, capire in che modo si stava muovendo la rivoluzione dal basso e come e se si stesse organizzando per liberare il loro leader. Era solo una sensazione, ma se la donna aveva ragione allora da lì a poco si sarebbe verificata un'altra battaglia ancora più sanguinosa tra rivoltosi e credo ed era quella che i due infiltrati del Cielo dovevano sfruttare.

Jou - Non credo sia molto cambiato dopo... 8 anni?

Sanada - Ahh, speriamo davvero.

Araiba - Bhe, non siete contenti?

Mira inarcò un sopracciglio, le toccava anche ringraziare quel viscido uomo di merda per quello che gli aveva rivelato perdendo anche fin troppo tempo? Certo, era ovvio, e per provare ad andare fino in fondo lo avrebbe fatto.

- Certo, sei stato di grande aiuto.

Araiba - È il nostro regalo per voi, per averci aiutato. Anche se vorrei che vi tratteneste più a lungo.

Lanciò uno sguardo ammiccante verso Mira che quasi vomitava, poi continuò fortunatamente tagliando corto.

Araiba - Ma pazienza. È stato un piacere avere a che fare con voi signori.

Non poteva di certo dirsi lo stesso per Mira e ne era sicura, neanche per Jou. Tutto sommato poteva però finire peggio ma fu quando la donna fece un passo indietro per uscire da quel tempio infestato dal puzzo di ipocrisia che successe ciò che poteva davvero mandare a monte giorni di copertura e sacrifici emotivi e personali per arrivare ad avere quelle informazioni, da quando era cominciato tutto: il Priore allungò la mano per lasciarsela baciare dagli ospiti. Jou ci pensò un paio di secondi ma riluttante lo fece, la sua missione era senz'altro più importante dell'onore o dell'orgoglio in quella circostanza ma per Mira fu più difficile, non poteva farlo ma doveva e fu a quel punto che Yusekai tornò a farsi sentire, che i suoi preziosi figli avvolti dall'oscurità comparvero e presero a vorticarle intorno gridando e ridendole nelle orecchie. Volevano la sua anima, la sua conoscenza, avevano bisogno di sfogare la propria rabbia su chi sarebbe stato capace di placare la loro sete. Eppure la Dea di quel baratro senza fine, di quei sconfinati limiti bui, non perse la ragione mantenendo il controllo del proprio corpo. Un tempo lo avrebbe massacrato, bagnandosi e godendo del suo sangue fisico e spirituale, e con Varnaki, beh, la situazione sarebbe stata ancora peggiore. Eppure adesso era lei a controllare quel mondo e i suoi pargoli dovevano solo stare a guardare il disegno di chi aveva una visione ben più ampia della circostanza. Fu probabilmente la decisione più difficile della sua vita, anche più di fuggire dalla sua terra natia voltando le spalle all'unica vera amica che aveva avuto ma riuscì a prenderla con la promessa che un giorno sarebbe tornata su quei passi a bruciare quel tempio tra le fiamme nere del mondo degli spettri. Gli prese la mano e la baciò, voltandosi poi seguita da Jou scura in volto e con le mani tremanti.

Araiba - Perfetto signori, perfetto! Sappiate che il cielo vi ama!

Jou - Se posso essere onesto signore, ha uno strano modo per dimostrarlo.

I due stranieri si allontanarono e Mira si girò verso il compagno sicura che solo lui poteva a quel punto sentirla, e nel caso Buraindo:

- Quando sarà il momento li vedrò bruciare nelle fiamme che loro stessi avranno alimentato. Nel nome del Cielo. ironizzò infine.

Jou sembrò inizialmente sorpreso ma in fondo non più di tanto. Avvicinò una mano al collo di Mira chiudendo gli occhi, con fare quasi paterno. Mira non lo aveva mai visto così, in quelle vesti.

Jou - Stai tranquilla, va tutto bene, stai tranquilla. - fece una pausa sperando che la donna si tranquillizzasse, poi continuò - <u>Una persona a me molto cara mi disse una volta che la vendetta è un gioco da bambini. E noi non lo siamo. Per ora cerchiamo di restare sul pezzo, finché possiamo.

Mira si voltò verso di lui afferrandogli il braccio, con occhi pieni d'odio, gli stessi che aveva un tempo, influenzati dal suo mondo e da Varnaki quando disseminava ancora terrore tra le pareti nere che le appartenevano:

- Un uomo saggio, uno dei pochi di cui mi fido ciecamente, ripete sempre di non avere sete di vendetta ma di giustizia, e non ho cambiato modo di vedere le cose.
 
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view post Posted on 21/8/2019, 21:21     +1   -1
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"Chi siete?"
Le stelle brillavano attraverso i tralci nudi dei giuggioli. Il fiume fluiva alle loro spalle, e il comandante del convoglio intimò loro di dichiararsi benchè avesse in cuor suo già capito la faccenda. Gli ultimi di loro camminavano sulle rive del fiume per accerchiare i mercanti, e questo a volte portava allo scricchiolare di qualche ramo o canna secca, mentre quelle macchie nere si gonfiavano rendendosi sempre più visibili, coinvolte tutte nel medesimo fremito, e si alzavano dalla depressione dell'impluvio e si arcuavano avvicinandoli come immense onde nere che avanzavano e li accerchiavano pronti a inghiottirli.
The+Assassinaion+of+Jesse+James+train+robbery
Ci volle poco prima che iniziassero a perquisire ogni carovana, mascherati o imbavagliati, armati di mannaie e coltellacci sudici.
"Non vogliamo veder furbi nè eroi qui, è chiaro?" urlò Shizuo Miyama, il cugino dei fratelli Tabata, sventolando la sua lama come un prestigiatore e vagando in mezzo alle carovane come un avvoltoio in cerca di carcasse.
Il freddo notturno dell'inverno li abbracciava li uni agli altri, mercanti e fuorilegge, e quegli occhi che i primi intravvedevano tra le maschere e i bavagli apparivano enormi e mostruosi, e in mezzo al silenzio della notte il loro clangore e le parole bisbigliate l'uno all'altro cadevano sulle anime impaurite con sonorità cristalline che si ripercuotevano nel tempo, e i sospiri dei banditi che si sperdevano nell'aria non avevano altro effetto che convincerli ulteriormente della loro forza, come fossero bestie assatanate pronte a una ressa già vinta.
"Salve ragazzi!" esclamò Takeshi Tabata ai due uomini che stanziavano nei pressi della carovana più grande, la voce ovattata dal bavaglio.
"Tutta roba per me questa?" e sfondò il lucchetto della porta e iniziò a frugare là dentro.
"Questa è merda. No. No..."
Shun Rokuda e Shizuo Miyama gli puntavano contro i coltelli, e i due mercanti cercavano di non farsi prendere dal panico in quel momento.
" - C'è qualcosa di interessante qui?"
" - Potrebbe essere" rispose uno dei due a Takeshi Tabata, quasi in tono di sfida. Questi lo guardò immobile per un po', quindi gli sfiorò il collo con la sua spada dal pomello a forma di drago.
"Apri la cassaforte che c'è qua dentro."
Silenzio.
"Mi hai sentito?"
Fu colpito in testa dal manico di un coltello, e questi cadde a terra a peso morto col sangue che gli sgorgava dalla ferita, ma senza perdere conoscenza. Il mercante cercava di rialzarsi, ma gli veniva quasi impossibile al momento.
"Che bisogno c'era di colpirlo, Shun?"
"Ha fatto bene. Bisogna convincerli. Loro hanno i loro affari da salvaguardare e io ho la mia vena cattiva, è così che funzionano le cose. Adesso entri qua dentro e fai ciò che ti abbiamo detto" quindi lo alzò di peso e lo buttò dentro il carro.
In pochi minuti la cassaforte fu aperta e svuotata, ma non sembrava contenere ciò che i fratelli si aspettavano. Fumiro non ne sarebbe stato contento, pensò Takeshi.
"Qui dentro non ci sono centomila ryo" e diede il fagotto a Shun, quindi guardò il mercante coi suoi occhi di ghiaccio. Il sangue gli stava colando da diverso tempo sul viso, ma lui lo fissava stoicamente, come se non gli importasse molto di questo o del dolore o di qualsiasi altra cosa.
"Ora ti metti in ginocchio" gli disse Takeshi Tabata.
"Perchè?"
"Sto per ucciderti."
Il mercante non reagì in alcun modo.
"In ginocchio!"
" - Mi devi costringere con la forza."
" - Come vuoi", e gli diede un colpo tanto forte col drago del pomello da avergli procurato una frattura cranica con ogni probabilità, ma in ogni caso l'uomo cadde a terra privo di sensi, col sangue che sgorgava ancora più forte bagnando il terreno umido sotto di loro. Takeshi restò a fissarlo per un bel pezzo, gli occhi persi nel vuoto. Gli piazzò la lama vicino al collo.
"Non ucciderlo!"
Takeshi si volto verso suo cugino Shizou.
"Non ucciderlo."
" - Ti voglio bene, Shizou. Ma non ti permettere mai più di dirmi cosa devo o non devo fare."
Stette immobile per un po', e dopo Takeshi decise di rinfonderare la lama e fece un cenno alla banda dio dileguarsi nella foresta con quanto trovato. La pioggia incombente li avrebbe aiutati a disperdere le loro tracce.



I giornali fecero un gran parlare della rapina sulla rotta Konoha-Suna, e definirono inconcepibile il fatto che i fratelli Tabata venissero tollerati da oltre dieci anni. Ad eccezione di Fumiro e Takeshi Tabata, i membri originari della banda erano tutti morti o in prigione. Così per la loro ultima rapina misero assieme una banda di ladruncoli e bifolchi di campagna desiderosi di far soldi raccolti tra le montagne del Ferro. Tra questo vi erano il loro cugino da parte di madre, Shizou Miyama, Shun Rokuda e suo fratello diciannovenne, Yoshi. Era l'anno 211.



Trentotto anni dopo era una notte piovosa come allora. Chiaki si impegnava a riaccendere un candelabro del salotto, e l'occhio le cadde sui libri impolverati sugli scaffali. Non potè trattenere un barlume di curiosità alla vista di quei libri vecchi e sudici, come provenissero dalle epoche delle prime civiltà. Lo sguardo le si posò su Fuyuki, passato là vicino.
"Orha Duren - "
Lo guardò con occhi di sincera riconoscenza.
"Io... la ringrazio per quello che sta facendo per voi. Sia lei che il vostro compagno, ma in particolare lei. Si sta dimostrando un vero amico non solo del Cielo, ma soprattutto mio."
Non poteva dimenticare quanto avesse fatto per la sua piccola sorella, ora andata al sicuro, lontano da quell'inferno. Chissà cosa si erano detti allora, le era venuto spesso da pensare. Ma forse, quelle parole sarebbero state sempre un mistero per lei.

Il drappello fu pronto in meno di mezz'ora. Rokuda uscì vestito della sua armatura, appena visibile sotto la mantella, insieme alla sua spada riccamente decorata.
"Ce ne avete messo di tempo."
Naum buttò il suo sigaro ormai allo stremo, quindi si diresse anche lui al suo cavallo.
"Novità?" chiese a Fuyuki, non appena furono vicini.

I cinque attraversarono la foresta piovosa per quindici minuti, a passo sostenuto, fin quando non raggiunsero a una radura già li attendevano diverse sagome, chi appiedate e chi a cavallo, mezzo comune in quelle zone evidentemente vista la vicinanza col Ferro. Se ne sarebbero potuti contare un centinaio, tra ragazzi e ragazze, tutti generalmente molto giovani, pronti a seguire l'urlo della rivolta.
"Bene" disse Heiji, quindi salutò tutti i presenti.
"Chiaki, signor Rokuda, signor Duren, signor Zoren. L'idea di cui abbiamo discusso con i compagni, e quindi con Chiaki, è piuttosto semplice. Dovremo innanzitutto cercare di distrarre l'occhio di Buraindo. Non è onnisciente ne abbiamo avuto spesso la prova. Io e i ragazzi attaccheremo il lato est dell'isola di Butsuon, la più vicina alla capitale e al Dio-Tempio. Pensiamo che ciò potrebbe far pensare al Credo che vogliamo rischiare il tutto per tutto in un attacco frontale, tentando il colpo di stato. Noi cercheremo di resistere il più possibile senza rischiare un massacro, mentre voi vi infiltrerete nella prigione. Sarà un'operazione delicata, non risolvibile con un attacco frontale: un assedio dichiarato crediamo possa essere solo deleterio alla buona riuscita dell'operazione. Se riuscirete a fare evadere i prigionieri, avrete centinaia di uomini pronti alla carica, pronti a scatenare i loro jutsu per liberarvi la via. Intanto, cosa ne pensate di questo?"





"Così alla fine ho conosciuto il vostro carismatico capo."
C'era gran fermento in città e il sole era ormai ben visibile sopra l'isola sospesa, e giunti ai piedi della scalinata del Tempio passarono nei pressi di una caserma e presero un carro, quindi si avviarono tutti e tre fuori dalla città, verso la prigione, ripercorrendo il percorso già compiuto nelle ore precedenti.
"E' davvero all'altezza della sua fama, glielo devo concedere, capitano."
Sanada sbuffò e lo guardò in cagnesco, sferzando le briglie dei cavalli.
"E lei cosa può mai sapere del carisma?"
"Non molto, credo. Solo che a molta gente il potere dà alla testa."
"E' sempre facile criticare la gente di potere quando non se ne ha mai avuto. Comincio a credere che lei non sia mai stato al cospetto di un uomo forte."
"Ascolti, non è questo il punto, non conosco bene questo tizio - "
Sanada sgranò gli occhi.
"Questo... tizio?"
"Sì, va bene, il vostro Sommo Capo. Comunque, non credo di poterlo giudicare molto. Quello che voglio dire è solamente... è così che tratta la sua gente? E i suoi uomini?"
"Gliel'ho già detto ieri, a Kugyou. Il priore Araiba non ha i poteri divini di Buraindo. E' un semplice uomo, ma con la responsabilità di far andare avanti questo Paese. Deve cercare di controllare qualsiasi situazione, perchè non può permettere alle situazioni di controllarlo. E' questo che fa sempre un grande leader. E, nel caso le fosse sfuggito, siamo in guerra. Abbiamo tutti enormi pressioni e responsabilità."
"E tra queste pressioni e responsabilità c'è anche quello di fare prigioniere delle giovani ragazze?"
"Il priore è un uomo che vive molto sotto pressione, più di chiunque altro. E' normale che saltuariamente possa cedere a certi piccoli peccati. E non ha certo tempo di corteggiare donne per poter sfogare le sue piccole debolezze da uomo. E' in guerra contro l'ignoranza, e non vede l'ora di vincerla, per il bene di tutti noi. Cercando di ispirare saggezza in chi è più stupido e ingenuo di lui."
"Un vero filantropo" quindi Jou si accese una sigaretta e guardò il paesaggio alla loro destra, la foresta del Cielo appena visibile tra la nebbiolina dello strapiombo sotto di loro. Stettero in silenzio per un bel pezzo.
"Comunque, piaciuta la notizia?" riesordì Sanada a bruciapelo: "Non le avevo forse detto che prima o poi Buraindo li avrebbe stritolati e consegnati a voi?"
"Bhe, fa piacere per voi che abbiate preso questo Ryuzaki. Ma in tutta onestà, è solo An Lefeng che desidero."
"Certo, certo, capisco. Razza di bastardi, lo sapevo che questo giorno sarebbe arrivato! Tutti i ratti prima o poi escono dalle loro tane."
Jou annuì e aspirò un tiro.
"Suvvia Jou, sorrida un po'! E anche lei, signorina! Perchè siete sempre così tesi?"
"Sto pensando un po' a cosa dovrò dire ad An Lefeng. Ma temo non ci sarà molto da parlare."
"Non mi ha ancora detto perchè dà la caccia a questo tipo. E all'altro, lì - come si chiamava?"
"Immagino sia meglio di cercarmi un vero lavoro."
"Sa, se fosse meno reticente, la gente sarebbe più incline a fidarsi di lei. Le avrebbe forse risparmiato anche l'assalto alle isole di Orion."
"Nulla di personale, ma ne dubito" e buttò il mozzicone di sigaretta: "Lei è sposato? Oppure violenta anche lei le ragazze come un chierico qualsiasi?"
"No, non potrei mai trattare una donna così... Non è il mio stile, ecco. Ma sappia che per loro è un onore soddisfare i priori."
"Ho capito."
Silenzio.
"Adesso tocca a lei."
"Speravo di fregarla. Bhe, mi hanno portato via mia moglie e mio figlio. E' per questo che devo trovare quegli uomini."
"Ha tutta la mia comprensione, signor Jou. Io sono sposato con il mio Paese, e quei ribelli traditori stanno cercando di portarmelo via. Siamo simili, in fondo."
"Potrebbe essere."
"Sì, io non ho mai voluto prendere moglie. Le donne sanno essere delle forze terribili e distruttive. Trovo che sia meglio evitarle. Non sa quanti uomini siano diventati dei deboli inetti cedendo alle tentazioni della carne.
Ma comunque... immagino che fra poco il suo viaggio quassù potrà ritenersi concluso.
"
"La speranza è quella."
"Sa, sarà davvero triste vederla partire. Anche se ci conosciamo da poco, credo di essermi affezionato a lei."
"Se le piace pensarla così."
"Non immagina quante persone ha aiutato con le sue azioni. Lei e la signorina intendo. Siete stati degli eroi per questo Paese. Si narreranno storie sulle vostre gesta eroiche. E sono felice che in qualche modo questo Paese possa sdebitarsi con voi."

Nel primo pomeriggio giunsero nuovamente alla prigione. Le mura alte dieci metri li sorvegliavano severe, ma quando giunsero al portone principale le guardie li lasciarono passare. Quando entrarono, Sanada domandò dove fosse il prigioniero, quindi fu scortato dai carcerieri e intimo Jou e Mira di seguirlo. Percorsero i corridoi in penombra di quell'immenso carcere, e infine una guardia aprì un'enorme porta blindata e dunque la via verso la zona di massima sicurezza fu loro aperta.
"Eccoci qui" disse Sanada.
Attraversarono l'antro, ai lati una schiera di torce che separavano le varie celle completamente blindate. Lo attraversarono in tutta la sua lunghezza, fino alla porta in fondo. Il carceriere la aprì.
"Prego, è tutto vostro" e indicò loro la via con un cenno.
Quando entrarono, la cella era buia. Era percepibile una presenza soffusa all'interno. Tuttavia era impossibile vedere nulla. I loro occhi si abituarono gradualmente, e mentre ciò accadeva sentivano crescere dentro di loro un inspiegabile malessere. Cresceva sempre più, lento e inesorabile, finchè la loro testa non fu sul punto si esplodere. Mira potè sentire i contenuti lamenti di Jou. Mentre questi cadeva a terra schiacciato, stringendosi la testa. Era come se una forza li stesse schiacciando al suolo.
"Signore... e Signora."
Potevano vagamente intuire la voce di Sanada, e un manipolo di uomini che erano entrati nella cella.
"Il Cielo vi ringrazia... per quanto avete fatto."
Mira sentì qualcosa arrivargli sullo stomaco, probabilmente un calcio. Potè vagamente osservare quella scena su Jou, e trarre le sue conclusioni, così come le arrivò chiara e forte la risata di Sanada, che si espandeva in tutta la cella, e anche attraverso quel malore crescente. Poi un colpo alla testa, e dopo fu solo buio assoluto.


Buio. Silenzio. Le faceva male la testa. Ma era un buon segno, in fondo. Tornare a sentire qualcosa. Si stava svegliando. Era ancora viva. Una forte pressione ai polsi, le braccia sollevate. Forse le avevano posto delle catene ai polsi e vincolate al soffitto. Sentiva il terreno umido sotto le ginocchia. Doveva essere in ginocchio. I piedi freddi che premevano sulle natiche. Le faceva sempre più male la testa man mano che i sensi tornavano, e aveva la lingua gonfia dalla sete. Avrebbe potuto provare a scomporsi come suo solito ma non ci sarebbe riuscita. Cominciava a vedere e sentire. Le vaghe forme di una cella in penombra. I tramestii come di topi disturbati nella tana. Lo sferragliare e il brusio impercettibile.
Una voce alle sue spalle.



Ciao Mira.

 
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view post Posted on 2/9/2019, 17:50     +1   -1
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In attesa che il signor Rokuda terminasse di prepararsi, Fuyuki si accomodò in capo al tavolo. Con i gomiti poggiati sulla superficie lignea e le dita incrociate di fronte alle labbra, il giovane continuava a riflettere su ciò che, da lì a breve, lo avrebbe atteso. Cosa avrebbe guadagnato, dopo aver aiutato Ryuzaki ad evadere? Non aveva alcuna certezza che Kai e la sua Shinkuu si trovassero effettivamente dietro le grazie della Resistenza - né che stesse cercando di approfittarne a sua volta, ipotesi che avrebbe potuto dare un senso alla loro posizione, ma che non trovava nessuna prova diretta, se non nelle parole pronunciate da Kawarimi. Informazioni attendibili, stando alla cinica precisione del suo jutsu, ma arrivati a quel punto dubitare era lecito, se non addirittura comprensibile. In ogni caso, trovare Ryuzaki - e quindi, in seguito, indagare sul Ninja Dorato e An Lefeng - rimaneva l'unica opzione disponibile, l'unica pista che Namida poteva davvero seguire, aggrappandosi alla speranza di ricavarne qualcosa di positivo, in qualche modo. Assorto com'era nei suoi pensieri, quasi trasalì non appena si sentì interpellare dalla fanciulla. Con genuina riconoscenza, questa ringraziò il suo interlocutore per ciò che aveva fatto - in buona fede, secondo lei - per la sua persona e per il Cielo. Fuyuki si voltò appena, rivolgendole uno sguardo fugace, prima di tornare ad osservare un punto indefinito della stanza, proprio di fronte ai suoi occhi.
- Temo di non aver fatto nulla di più che aiutare il signor Rokuda a prendere una decisione che, in realtà, aveva già fatto. Gli serviva solo una piccola spinta, tutto qui.
Forse percependo la distanza che il ragazzo pareva aver messo tra loro, come per precauzione, Chiaki si fece coraggio e l'azzerò. Si accostò al suo fianco, poggiandogli delicatamente una mano sulla spalla.
- È possibile. Ma ti siamo grati... E ti sono grata in ogni caso. - gli rispose, abbozzando un sorriso che però sembrava essere appena accennato, quasi come se lei stessa fosse rammaricata per le focose parole che si erano scambiati un'ora prima - Forza, vediamo di tornare sani e salvi!
Lui non si girò, nemmeno per un istante. Per un momento, provò addirittura il desiderio di sottrarsi a quel tocco. Tuttavia, non lo fece. Non vi era alcun motivo, dato che in fondo era sua la colpa. Era stato lui a lasciarsi accecare, anche se per poco, da ciò che aveva iniziato a provare per lei, dimenticandosi di chi lo stava attendendo a casa e di chi, invece, aveva ormai rapito il cuore dell'altra. Chiaki apparteneva ad un mondo che per lui era del tutto estraneo - ed era giusto così, perché anche lui, a sua volta, aveva intrapreso una strada che mai avrebbe potuto incontrarsi dalla sua. La vita di Namida era una vita che difficilmente poteva essere abbandonata senza conseguenze, una vita che lo costringeva a portare sulle sue spalle stanche il peso di un gigante. Lei era la rivoluzionaria, innamorata del volto della Resistenza e delle sue idee, focosa ed onesta come un fuoco limpido. Lui, invece, era l'ombra creata da quelle stesse lingue di fuoco, silenziosa ed accorta, ma pronta ad approfittare dell'ingenuità altrui. In fondo, si era avvicinato a lei soltanto per ottenere le informazioni che desiderava, aiutandola non per altruismo, ma per un mero tornaconto... e avrebbe continuato a farlo, perché era la sola ricerca di Shinkuu e Kirinaki a giustificare la sua presenza lì, non di certo il desiderio di aiutare un popolo che non era il suo ad ottenere una libertà che, magari, nemmeno meritava. Per lui, dopotutto, il Credo e la Resistenza erano solo una montagna di merda, dietro il cui olezzo si nascondeva invece qualcosa di più interessante.
Ripensò per un istante alla promessa fatta a Makiko. Ricordò di aver già infranto un voto importante, quando anziché inseguire la Nebbia Piangente ed onorare la parola data a Mera Dotoha, aveva ucciso l'innocente Inai soltanto per impedire al Reuma di raggiungere Konoha. Un voto che, arrivato fin lì, avrebbe dovuto rispettare, anche a costo di gettare nelle fiamme le speranze di quella bambina, un'altra delle persone raggirate dal suo cinismo. Quanto poco valore aveva ormai la parola di Fuyuki Hyuga?
- Non ci resta altro, pare.

Non appena il drappello si fu riunito all'esterno, Naum incalzò il compagno con una domanda. Quest'ultimo rispose con un laconico "Nulla", il quale non si rivelò sufficiente per il suo interlocutore, il quale nuovamente rilanciò: - Nulla? Nessuna novità da lì?
Intuendo immediatamente a cosa si stesse riferendo, lo shinobi si guardò intorno per qualche secondo, accertandosi che nessuno fosse concentrato sul loro discorso. Yoshi si era ormai messo in sella al suo bizzarro veicolo e lo stesso avevano fatto Chiaki ed Heiji con i loro cavalli. A quel punto, con un lieve sussurro, Fuyuki si decise a sbottonarsi i pantaloni.
- Pare che la nostra donna si nasconda proprio sotto il gonnellino dei Priori.
Udita la risposta dello Hyuga, Naum si limitò ad annuire senza più chiedere altro. Così, entrambi montarono in sella ai rispettivi cavalli e, in breve, si misero in coda al gruppo. Heiji li guidò attraverso la foresta per diversi minuti, finché non giunsero in una radura gremita di persone. Erano tutti molto giovani ed era normale che fossero più loro ad essere ammaliati dalle idee di Ryuzaki, a differenza di gente più attempata e cauta, come Yoshi Rokuda. Namida cercò di osservarli bene, cavalcando accanto a loro. Nessuno di loro sembrava essere un soldato. Anzi, forse qualcuno non aveva mai ucciso un uomo oppure - perché no? - brandito un'arma. Ascoltò le parole speranzose di Heiji, il quale si era convinto di poter limitare le perdite, ma nel guardare quel manipolo provò soltanto pietà per le loro anime. Aveva visto in azione i guerrieri del Credo e sperare di avere successo in quell'operazione contenendo il numero dei caduti era sintomo di stupidità. No, era impossibile. Molti di loro sarebbero morti, quella notte, ed in fondo a lui di ciò importava poco. Ciò che aveva davvero valore era raggiungere Ryuzaki. Chi avrebbe donato la vita per permettere a lui di riuscirci, dopotutto, non era un suo problema. Fossero stati i suoi uomini a dover rischiare così tanto, forse avrebbe optato per una manovra più prudente, ma in quel caso tanto valeva assecondare il loro desiderio di sacrificarsi per la loro stupida causa.
- Penso che, a questo punto, possiamo muoverci ed entrare in azione. Ogni minuto perso, potrebbe risultare decisivo per la riuscita dell'operazione. - replicò fiscale, senza nemmeno tentare di proporre un'alternativa. In fondo, Heiji aveva ragione. Se l'occhio di Buraindo non era davvero onnisciente, sarebbe bastato distrarlo per impedire al Dio di accorgersi di chi, invece, avrebbe tentato di eludere le difese della prigione di Butsuon. A lui, bastava essere soltanto sulla pista meno pericolosa e lontano dalla mischia, dove invece, molto probabilmente, si sarebbe consumato il massacro.

 
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view post Posted on 2/9/2019, 23:22     +1   -1
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la curiosità e la sete di conoscenza guiderà l'animo umano fino alla fine dei suoi giorni...

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||dialoghi concordati col master come al solito||

Le parole, le promesse, le convinzioni. Durante il tragitto verso le prigioni per poter finalmente vedere in faccia An Lefeng Mira ripensò al suo percorso, a ciò che aveva scelto di seguire e ai nuovi e vecchi alleati su cui poteva contare. Jou tra tutti aveva condiviso con lei la scalata al Cielo, e con lui si era macchiata del sangue di chi aveva provato a mettersi contro il Credo e Buraindo. Eppure poteva dirsi soddisfatta, il sacrificio fatto al tempio per non impazzire davanti al Priore era stato immane, ma se aveva ancora la facoltà di camminare al fianco di quegli uomini lo doveva alla freddezza che in quei mesi aveva sviluppato. Lo doveva a Kakumei, a Matsuda e Naum, a Seiri, ad Hamaki, a tutti coloro che avevano contribuito alla sua formazione. Poteva ringraziare anche Varnaki per ciò che era diventata: lo spirito oscuro più grande e temibile di Yusekai si era infine ribellato, risvegliando la parte di se stessa che la Dea temeva di più, che aveva anche ucciso colei che l'aveva messa al mondo. Lottando contro di lui si era voltata verso una luce che nel mondo degli spettri non credeva potesse esistere. Una crescita fisica, mentale e caratteriale, un'evoluzione del nindo e maggior consapevolezza del mondo, poteva stare lì a pensare e ripensare ancora e ancora a chi o cosa fosse quando era fuggita da Kiri e cosa invece adesso, ma quando Sanada e gli altri lasciarono entrare lei e Jou dentro quella cella buia, ciò che fu dopo risultò se possibile ancora più oscuro, e quindi calò il buio della notte.

Ciao Mira.



Aveva ricevuto un colpo, non seppe nemmeno dire quanto tempo prima, ma il nome con cui quella voce si era rivolta a lei lo aveva sentito in maniera chiara. Mira, quante persone lo sapevano? Poteva contarle sulle dita di una mano, quelle vive almeno, ed era tutta gente che aveva meritato la sua fiducia fino a quel punto. Hamaki era morto per aver sentito di quel nome, nonostante l'aiuto che aveva offerto per la cattura di Chouko Yamanaka e come lui chissà quante altre persone che in quel contesto, con l'oscurità abbagliante e le fitte al capo non riusciva nemmeno a ricordare. Provò a scrutare oltre l'ombra ma davanti a lei non aveva nulla, sentiva soltanto dolore ai polsi legati e alle spalle per la posizione delle braccia che sostenevano tutto il peso del corpo. La domanda della donna venne spontanea, prima ancora di chiarire con chi stesse parlando, l'istinto di sopravvivenza le consigliò di capire in che angolo del globo fosse finita.

- D-...dove mi trovo?

Non fu semplice parlare, aveva probabilmente del sangue raggrumato nella gola. Non riusciva nemmeno a concentrare il chakra per sfaldarsi in origami, né per provare qualsiasi altro attacco. La risposta arrivò immediatamente da chi l'aveva ridotta in quello stato e stavolta, da più desta e concentrata, Mira poté riconoscere la voce dell'uomo, l'unica che conoscesse così calda e rassicurante e contemporaneamente folle e visionaria.

??? - Sei al sicuro adesso.

La donna provò ad alzare la testa ma davanti a lei non sembrava esserci nessuno. La voce aveva risposto dalle sue spalle, una posizione che non riusciva a raggiungere con lo sguardo. In ogni caso potevano esserci pochi dubbi ormai, non lo avrebbe detto a voce alta ma lo aveva riconosciuto, dopo circa cinque anni, dopo due guerre continentali, dopo l'ascesa e la discesa di Dei e Demoni nelle terre dei ninja ecco colui che le aveva sempre sognate libere. Era vivo, sopravvissuto a se stesso e ai propri pazzi ideali di grandezza e libertà, sfociati infine nel caos incontrollato di Furikami e Jagura. Mira strizzò gli occhi ricolmi di lacrime, voleva piangere, voleva poter essere libera di accettare al proprio fianco chi era per lei stato un fratello, un maestro, una famiglia. Cominciò a tremare cercando di combattere i brividi che le risalirono attraverso la schiena nuda, provando a trovare le parole per comunicare con chi l'aveva fatta rinascere per la seconda volta come cittadina libera del mondo.

- Sei vivo... lo sei davvero...

Kawarimi gliel'aveva già confermato, e Mira stessa non poteva nascondere di averlo sempre saputo. Nessuno aveva mai ritrovato il suo corpo dopo la guerra di Watashi e nemmeno negli anni successivi. Non era possibile, non con le forze che l'Alleanza aveva dedicato per il ritrovamento dei resti dell'Eroe che aveva salvato il mondo. Eppure nessuno ne aveva più sentito parlare, di sicuro non Mera Dotoha o chi era rimasto sulle tracce di Kirinaki. E adesso era lì, a pochi metri da lei e poteva sentire i suoi passi, il suo respiro.

- Non ho mai... Creduto alla tua morte, sai che non lo avrei mai fatto.

Non era la donna fiera e pericolosa che aveva risalito i venti del cielo fino alle isoli volteggianti per cacciare le sue prede, in quel momento non poteva esserlo. Voleva sentire la storia di chi era ormai una leggenda del continente, come avesse fatto a sopravvivere, perché non l'avesse cercata dopo la guerra e la distruzione di Kirinaki.

Kai - Lo so Mira, lo so.

Poggiò la sua mano sulla spalla della donna che trasalì vibrando a quel tocco. Non era mai stato così difficile subire un contatto, e sapeva bene che non sarebbe mai stato come qualsiasi altra volta con qualsiasi altra persona. Si mosse per togliersi rinsavendo, facendo l'unico gesto che mai avrebbe dovuto fare in quell'occasione ma che forse risultò il più sincero. Quel riflesso incondizionato l'aiutò a ritrovare se stessa, ad aggrapparsi a quelle certezze che avrebbero potuto salvarla dal baratro dell'infinita influenza del ninja dorato.

Kai - Mi è servito molto tempo. Mi sono servite molte rinunce. Molti sacrifici. Ma ora sono tornato. Pronto ad adempiere alla mia missione.

Mira scosse il capo, non poteva credere che dopo tutto quello che era successo a entrambi non era stato capace di andare avanti. A un passo dalla morte, era tornato per tornare alla riva di un abisso senza fondo.

- Dopo tutto... Dopo tutto quello che ci è successo, che abbiamo passato, credi ancora in quella missione? Il mondo si è evoluto, non far finta di non vedere ciò che è diventato.

Kai - Lo so, ne sono ben consapevole di questo. Non possiamo vincere questa guerra da soli. Ma è l'unica che valga la pena lottare. L'unica che io possa mai lottare. Fece una pausa, quindi continuò e tu che stai facendo, Mira?.

Una donna nata e cresciuta nell'ossessione di dover conoscere ogni cosa, consapevole di non potersi mai accontentare per non morire, costretta alla rabbia e alla frustrazione di non riuscire mai a godere dei propri successi, mai reputati abbastanza. Lei era questo quando aveva abbandonato Kiri e quando Kai l'aveva accolta nella Nebbia Piangente, quando aveva preso tra le dita le redini dell'organizzazione per risalire in superficie e tornare a vivere, in una comunità che aveva da sempre agognato alla Libertà globale dei ninja, alla loro indipendenza, alla facoltà di autogestirsi in un impero di inestimabile conoscenza. Come poteva rispondere dunque alla sua domanda? Abbassò il capo sicura che mentire a chi la conosceva meglio di chiunque altro era superfluo e controproducente. Rispose con l'unica cosa che reputò utile in quegli anni, con la verità che l'aveva spinta ad andare avanti per non perdere le redini che lui stesso le aveva affidato:

- Io... ho provato a continuare ciò che hai cominciato. Ho provato a rimettere insieme i pezzi.

Kai - Lo comprendo. E ne sono felice. Dovremmo cominciare da Kawarimi. È passato diverso tempo dalla sua partenza. Comincio a temere per lei.

La voce del ninja dorato non sembrava minacciosa ma che alludesse a qualcosa di particolare era chiaro. Mira non si trovava lì per essere uccisa e basta, non la stava semplicemente interrogando, la stava "testando". Era una dei figli più preziosi della nebbia e Kai lo sapeva bene.

- Ne sei felice... Eppure sono legata qui, mi hai appesa come una prigioniera. Perché?

Kai - Non dipende solo da me, purtroppo. Sono giunte voci scabrose anche a me, da quando sei ascesa al Cielo. E io mi chiedo perché tutto questo. Solo questo, Mira. Perché?

- Proprio tu mi chiedi perché? Mi conosci più di chiunque altro, sai bene che non potevo fermarmi o i miei figli mi avrebbero inghiottita...

Le Anime Nere se la risero consapevoli che quella non era tutta la verità, ma quanto sapeva Kai di questa nuova Mira? Era lampante che l'uomo volesse arrivare a qualcosa di preciso, a ciò che la bionda aveva fatto per arrivare ad essere in quella cella a parlare con la preda seguita per anni, ma non avrebbe avuto quelle risposte, non ancora, non senza aver capito quanto del "Ninja dorato" avesse l'uomo che era ormai pronto a palesarsi.

Kai - Lo so, Mira. Lo so. Io ti conosco più di chiunque altro. E proprio per questo ti chiedo di spiegarmi cosa sta accadendo qui. E' in nome del nostro sogno tutto questo. La voce leggermente increspata.

- Che cosa vuoi che ne sappia io? Sono solo una straniera qui al Cielo, spiegami TU cosa succede, dove sei stato dopo watashi? Si mosse bruscamente, come se ancora non riuscisse a spiegarsi le catene ai polsi. Non doveva essere una prigioniera, non dopo tutto quello che aveva fatto per trovarlo e che aveva dovuto sacrificare... o almeno questo era quello che avrebbe voluto fargli credere.

Kai - Tra la vita e la morte. Combattendo per far sì che ogni cosa non fosse stata vana.

Comparve a quel punto, passeggiando proprio davanti alla posizione della donna. Era di spalle, ben vestito e manifestando sontuosità. Non aveva perso quel suo amore cronico per l'eleganza. Abbassò il capo continuando a parlare, senza voltarsi però direttamente verso la prigioniera.

Kai - Noi prospereremo, Mira. Il nostro mondo avrà luce, più florido e splendente che mai, lo renderemo il posto per tutti che merita di essere.

Aveva una mano sul volto che lasciò poi scivolare per liberare lo sguardo che puntò stavolta verso l'alto. Sembrava in totale delirio, e Mira lo conosceva bene, conosceva quel tono, quella voce e i pensieri astratti divenire concreti con l'aiuto di un piano globale, qualcosa che il Kai leader di Kirinaki non avrebbe mai trascurato.

Kai - Grazie a Buraindo, questo sarà possibile. Noi ce la faremo. Con l'aiuto di un Dio, con le scoperte che Kirinaki sta ottenendo grazie al suo aiuto, presto invaderemo il Vento e ci impadroniremo dei segreti delle sue biblioteche. Il Fulmine ci seguirà, al momento è in crisi e privo di guida, in loro risuonerà più forte il tuono chiamato Libertà. Gli spadaccini scapperanno, e Akane Uchiha sarà spodestata, e il Continente sarà finalmente libero. A Butsuon costruiremo un'immensa biblioteca, per raccogliere ogni manoscritto recuperato nel Continente, rifonderemo qui la memoria del Continente. Costruiremo un immenso ponte nell'Arcipelago dell'Acqua, dimodochè finalmente quelle terre possano uscire dall'isolamento che le ha sempre condannate. E poi un grande traforo nelle montagne del Nord, ed Iwa si aprirà finalmente al mondo che ha sempre disprezzato. Le terre vulcaniche a nord! Invieremo una spedizione lì, e creeremo una mappatura topografica, studieremo quelle terre ed entreremo in contatto coi popoli che li abitano. E le tribù di cavalieri dell'ovest - grandi combattenti, li batteremo! E poi costruiremo un'immensa flotta nelle Terme, e di lì partiremo verso sud, fino agli sconosciuti oceani estremi. Fin quando avremo trovato una nuova via di ritorno verso casa. E fra meno di dieci anni, Butsuon, con la sua immensa biblioteca, sarà il centro del mondo. Le informazioni viaggeranno. Le popolazioni si mischieranno. Le terre si uniranno.
E noi saremo qui, Mira. Forse avremo preso moglie e marito, e i nostri figli giocheranno insieme. E dall'alto di queste torri contempleremo... questo Nuovo Mondo.


Mira ascoltò in silenzio, incredula. Non riuscì immediatamente a comprendere che cosa avesse sentito ma le bastarono pochi secondi per realizzare: era ciò che avrebbe sempre voluto sentirsi dire quando Kirinaki era forte e prospera. Era l'ideale che muoveva i suoi passi, la luce in quel mondo oscuro che era Yusekai e la dolce medicina per l'ossessione che con il tempo stava cullando come una madre con i figli. Erano le parole di un Dio liberatore, la visione di un mondo unito e unico, in cui la forza sarebbe stata la conoscenza stessa. Immaginare una biblioteca come Kai l'aveva descritta fece venire i brividi alla donna che per un istante, anzi, per ben più di questo, non riuscì più a ritrovare in quell'uomo colui che avrebbe dovuto eliminare, secondo la promessa fatta allo Hyuga e sigillata in onore dell'amica che aveva dato la vita per vedere l'alba illuminare un mondo senza più la tirannia dei confini. E si ritrovò senza difese, ad alzare lo sguardo verso chi finalmente lo stava ricambiando: i suoi occhi non erano più dorati ma rossi, intensi, come il fuoco di un tramonto sulla valle.

- E'... una visione meravigliosa, ma come può dipendere da un tiranno come Buraindo? Un tempo non avresti mai permesso di agire nel nome della Libertà con qualcuno che la distrugge.

Kai - Non dipendiamo da nessuno, Mira. Io non dipendo da nessuno. Il Cielo ci ha offerto protezione e oblio in un mondo che al momento vuole rinnegarci. Le conoscenze del Cielo sono immense, e grazie a loro abbiamo effettuato notevoli passi avanti. Siamo più potenti che mai adesso. A breve saremo pronti. La nostra collaborazione ha portato risultati prodigiosi. Gli eventi che stanno accadendo qui sono drastici, è vero... ma spesso, tra due Mali bisogna scegliere il minore. Spesso, forse, è necessario un piccolo e terribile sacrificio perché un male peggiore non venga alla luce. E il peso di quel male, sono pronto a farlo gravare tutto su di me.

Mira chiuse gli occhi scuotendo il capo, non ancora del tutto convinta. Sebbene quella visione, quello spiraglio su un mondo così maledettamente magnifico le facesse gola, la presenza del Credo non sarebbe riuscita a gestirla, non dopo averlo conosciuto così da vicino.

- Sono animali, chi sarebbe il male minore?

Kai - E' solo gente sfortunata, colpita da un destino balordo. Come milioni di altre prima di loro. La cosa migliore che possiamo fare per loro è che questo sacrificio non sia vano. Che costituisca le fondazioni su cui erigere il nostro Nuovo Mondo.

Possibile che avesse ragione? Che fosse quella la giusta maniera di vedere le cose? Mira strinse i pugni facendo pressione sulle catene, una lacrima le rigò il viso e nel suo mondo oscuro si consumò una guerra di posizione. Le Anime Nere erano tutte per Kai, la svolta di un mondo indipendente e Libero era la chiave per arrivare alla conoscenza universale ed eterna. Mira non era però ancora tra loro, aggrappata a una promessa, a un impegno verso chi credeva di poter ancora salvare, il cui nome riecheggiante l'avrebbe osservata dall'alto. Doveva però essere libera, doveva vedere con i propri occhi la fattibilità di una visione tanto magnificente.

- Perché, perché sono ancora legata?!

Kai si avvicinò lentamente, inginocchiandosi davanti alla prigioniera e lasciando che le iridi rosse si riflettessero in quelle perlacee della donna. La fissò in quella posizione per alcuni secondi, poi iniziò:

Kai - Perché voglio raccontarti la storia di un grande imperatore, a occidente. Egli fu tradito. Da coloro che gli erano più vicini. Dai suoi stessi figli. Dai suoi stessi fratelli. Bisbigliavano negli angoli bui, e uscivano a notte fonda. E cospiravano. E cospiravano. Ma l'imperatore sapeva che stavano tramando. Egli sapeva che erano come piccole api industriose. Una sera si sedette davanti a una di loro. La guardò negli occhi, e le disse:" Raccontami... che cosa stai combinando, piccola ape affaccendata.

Il cuore della donna vibrò, e intuì come Kai sapesse ogni singola cosa della sua esperienza al Cielo e di come era iniziata. Non poteva sfuggirgli, ma in fondo non voleva nemmeno farlo. Rispose allo sguardo senza crollare, immergendosi in quei due fuochi, rivedendo se stessa in quel mare di sangue, e infine parlò:

- Per il mondo eri morto e Kirinaki mi ha voltato le spalle. Ero sola, da sola contro tutti e anch'io per il mondo non ero che un cadavere tra le acque di Kiri. Sono andata avanti, mi sono adattata e ho cominciato la mia caccia... Al tuo corpo, a quello di Jagura, a quello della nebbia, finché non ho trovato qualcosa, tracce...

Kai ascoltò immobile, senza concedere neppure un centimetro. Poi le sfiorò la guancia con una mano raccogliendo una sua lacrima e sorrise, godendo dei pensieri eloquenti che riuscivano a trasparire dalle sue iridi cristalline. Il tempo sembrò arrestarsi, gli occhi rossi del ninja dorato cominciarono a vorticare e le pareti oscure della camera si tinsero di rosso. Le anime di Yusekai vennero inghiottite dal fuoco e da nere divennero dello stesso colore del sangue. La terra degli spiriti si aprì e il cielo venne segnato da una luna rossa che incrinò l'intera dimensione lì dentro conosciuta. Mira pianse la sofferenza dei propri figli e dal basso vide Yusekai tingersi di rosso e le sue pareti crollare sotto lo sguardo di un occhio conquistatore. Era il giudizio di Tsukiyomi.

- Non volevo trovarti per salvarti, ma per finirti, per fare in modo che la vecchia Kirinaki tramontasse per sempre in onore di una nuova nebbia. E' stata Kawarimi a mandarmi sulle tue tracce, dopo averla torturata e quasi uccisa. Ascoltami, Kai, non è me che devi temere ma chi dal basso sta risalendo per braccarti. Temi Fuyuki Hyuga.
 
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view post Posted on 20/9/2019, 15:39     +1   -1
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"Sta bene" disse Yoshi Rokuda, e Heiji Asegawa lo vide sputare a terra, avrebbe detto, con fare calcolato.
"So di che pasta sei fatto, pivellino."
Heiji sbuffò e sorrise.
"Detto da lei vale doppio. Specie per un accademico da strapazzo come me."
Salutò Chiaki e fece un cenno ai due forestieri, quindi si diresse ben ravvolto nel mantello verso il resto della truppa. Presto li videro muoversi verso nord-est tra le ombre della foresta.
E così si allontanarono anche loro quattro, lo scoppiettio del mezzo di Rokuda sempre presente, il cullare pacifico del cavallo simile a una quiete dai presagi oscuri. La pioggia aveva smesso di cadere, e sui rami degli alberi stavano uccelli immobili ai quali il vento freddo di quella notte invernale scompigliava il tenero piumaggio. Giunti a una collina sopraelevata, la piatta foresta si stendeva a perdita d'occhio, e le sparute radure di quella vasta depressione formavano macchie di un cupo indaco, come fossero i segni di una malattia che appestava quell'immensa superficie grigio-verdastra, e che sfumava nei foschi confini delle montagne all'orizzonte.
Naum ogni tanto sembrava avvertire il peso del sonno, e ogni tanto nella cavalcata si era sentito scivolare in quella specie di torpore dove sensazioni recenti si fondono ai ricordi, ed ecco che per un tratto gli era parso di scorgere un se stesso sdoppiato, tra le viscere del covo di Kirinaki, a leggere il giornale nell'appartamento del dottore, il cielo stellato e ostile e la steppa a circondarlo, e lui steso a terra con uno squarcio all'addome. L'odore caldo dei cataplasmi gli si confondeva con l'odore freddo del permafrost; e le lunghe cavalcate notturne, e gli anelli di metallo del letto, e la sua compagna dormire...
"Credo che qui sia un buon punto."
La voce di Rokuda e il cessare del rumore del velivolo lo ridestò. Cacciò due colpi di tosse e si stropicciò gli occhi, quindi scese da cavallo anche lui.
"Dovremmo atterrare nella zona ovest di Butsuon, che è quello che ci interessa."
"E' da qui che dovrebbe passare?" chiese Chiaki.
"Se la memoria non mi inganna sì. Saranno quasi due anni che non salgo su nelle isole."


Ruola pure fino all'arrivo della corrente ascensionale




Wallpaper-Super-Moon-Lunar-Eclipse


- Temere?



La luna insanguinata pulsava come il cuore aperto di quell'olocausto abominevole. Ogni cosa si fermò, e gli spettri parvero attendere qualcosa che non era ancora in essere nella mente del signore di quel mondo. Che ora la fissava con occhi diversi, gelidi e maligni, spietati ma privi di rancore, di collera, di ogni forma di bassezza umana.
"Oramai se esiste qualcosa che io debba temere a questo mondo - " e alzò il palmo all'altezza del viso, adesso circondato da un alone rossastro.
" - non sei certo tu, e nemmeno Fuyuki Hyuga. Per me siete una minaccia ancora inferiore alle formiche che calpesto ogni giorno. Siete come il fango che calpesto. Anzi, come le bolle che emergono dal fango."
Strinse il pugno della mano e da questa fuoriuscirono scintille violette e il pandemonio di spettri si agitò vorticoso in ogni anfratto di quel luogo.
"Che livello di minaccia daresti a una pozza di fango? Kawarimi è stata una fedele servitrice della Libertà, l'essere stato costretto a mantenere anche con lei le falsità circa Shinkuu e Kirinaki è un peso che mi dilania ogni giorno. Farò il possibile per aiutarla, quando tutto questo sarà terminato. E la ricompenserò per aver portato da me - " e prese Mira per il collo con la mano divampata, e lei sentì ogni parte del suo corpo avvampare e contorcersi, come fosse sul punto di esplodere o spezzarsi in ogni dove: " - un miserabile rifiuto che, col sorriso sulle labbra, trama da vile egoista traditore contro l'ascesa del Nuovo Mondo. Perché lo hai fatto, Mira? Perché mi hai tradito in questo modo?
Come hai osato anche solo pensare di poterti sostituire a me?
"
I suoi occhi erano vicinissimi ai suoi, ma quando si rese conto che lei non aveva alcun modo di parlare ma che anzi la stava quasi per uccidere, allentò la presa. Non era la vendetta che cercava, l'infantile rifugio di chi non sa volare alto. Prese un respiro.
"Ora dimmi dove siete. Dimmi chi siete. Dimmi cosa state facendo."
Attese un po' in silenzio. Poi aggiunse.
"E dimmi dov'è Kawarimi."
 
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view post Posted on 21/9/2019, 04:36     +1   -1
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L'umidità seguita alla tempesta rendeva fredda ogni cosa, condensando persino in piccole nuvolette ogni respiro del manipolo di uomini che si erano separati dai soldati della Resistenza, guidati da Heiji. Avvolto nella sua veste cremisi, Fuyuki cavalcava al fianco del suo compagno, il cui silenzio lasciava ben trapelare quanto accentuata potesse essere la sua stanchezza. Erano giorni ormai che non dormivano decentemente e, di certo, la consapevolezza che la delicata operazione di salvataggio si avvicinasse sempre più, ad ogni falcata del proprio cavallo, non lo aiutava di certo. Allo stesso modo, il ragazzo avvertiva lo stesso torpore, reso ancora più spietato dalle condizioni già precarie in cui versava. Non era in forma smagliante - e di ciò, la cicatrice al chakra che portava come una tetra condanna era una dimostrazione palese - e la lunga giornata che aveva affrontato, partendo dall'accompagnare Makiko al misterioso incontro consumatosi nelle ultime ore, pesava sulle sue spalle stanche come un macigno. Persino il suo cavallo procedeva a rilento, quasi come se lui stesso avvertisse quanto ingombrante fosse il peso che stava trasportando in sella. Giunsero infine sulla cima di una collina e da lì, lo Hyuga poté ammirare le macchie scure della foresta abbracciata dalla notte, mentre un vento gelido soffiava alle sue spalle, pronto ad avvolgere col suo tocco tetro ogni cosa.
Scesero tutti da cavallo e il giovane shinobi, mentre ascoltava distrattamente quanto Rokuda e Chiaki avevano da dirsi, infilò una mano in tasca. Quando però le sue dita non riuscirono ad afferrare ciò che cercava, un'espressione strana si dipinse sul suo volto. Cos'era che si celava, di preciso, dietro le sue lenti scure? Forse apprensione, magari paura per ciò che lo avrebbe atteso non appena i suoi piedi avrebbero toccato il suolo dell'isola di Butsuon. No, niente di tutto ciò. Era panico, ciò che provava. Con la stessa bramosia di un tossico, si guardò disperatamente intorno, alla ricerca di qualcuno che avrebbe potuto aiutarlo. La ragazza era chiaramente fuori discussione, ma cosa poteva dire di Yoshi? E di Naum? Immediatamente, pensò fosse proprio lui la persona più indicata a cui chiedere supporto e pertanto, con fare cauto, azzerò la distanza che li separava, prima di sussurrargli qualcosa, a bassa voce.
- C'è un problema.
Iniziò, laconico. Poi vide il compagno attendere un po', quasi come se stesse per riprendersi da uno shock.
- Per fortuna no, per ora. Spero resti così anche quando saremo... - fece un'altra pausa mentre alzava lo sguardo verso le isole fluttuanti e borbottava qualcosa d'incomprensibile, nella sua lingua - Ah, ancora non riesco a capire come è possibile.
"Ma di che cazzo sta parlando?" si chiese giustamente il più giovane, il quale impiegò tuttavia solo una manciata di secondi per arrivare alla conclusione. Naum si stava sicuramente riferendo alla corrente ascensionale di cui Rokuda aveva parlato durante il viaggio - un discorso al quale lui, invece, non aveva prestato chissà quanta attenzione, intento com'era a pensare a ben altre faccende. Qualcosa di simile ad un broncio di rimprovero si fece largo sul volto di Fuyuki, che tra sé pensò: "I miei antenati erano kazaki, uomini a cavallo. Bah, tutta questa messa in scena e poi si comporta come un frocetto."
- Non parlavo di te. Io ho un problema. Ed è un problema grosso. Non sono le vertigini a spaventarmi.
- Confessati pure allora. Sarò tuo prete. - replicò Naum, mentre finiva di stropicciarsi gli occhi, ridacchiando.
Fuyuki ci pensò ancora un attimo. Poi deglutì, decidendosi a sputare finalmente il rospo.
- Le sigarette. Le ho finite.
E di ciò, in fondo, non c'era da stupirsi. Da quando aveva lasciato il covo di Mira, non aveva fatto altro che fumare. Una sigaretta dopo l'altra, aveva inquinato con vera e propria merda i suoi polmoni, finendo infine per ritrovarsene privo. Per un momento - un momento che durò ben più di un istante, a dirla tutta - si maledì per aver offerto quella sigaretta al compagno, la sera prima di raggiungere la città di Maigo. Naum lo guardò con le sopracciglia aggrottate, forse persino stranito, il che era comprensibile - come poteva, dopotutto, comprendere il più giovane? Nella sua vita, Namida aveva affrontato un'infinità di nemici. Mostri, criminali, folli, ma nessuno di questi era riuscito a piegarlo. Ma quella cosa... oh, sì, proprio quella. L'astinenza. Quella era il nemico più spietato, uno di quelli contro i quali non avrebbe potuto vincere. Mai.
- Io ho solo questi. - disse l'omaccione, dopo aver infilato una mano nel giaccone e lanciato un sigaro allo Hyuga. Questo se lo rigirò tra le mani, guardandolo con occhi piuttosto delusi.
- Bah, non servi a niente.
Ci pensò ancora un attimo, facendo per restituirlo, ma poi pensò bene di tenerlo.
- No, dammelo se non ti piace fichetta, che ormai ne ho pochi.
- Ho detto che non servi a niente, non che non mi piacciono.
A quel punto, con l'agilità di un felino sgattaiolò via e, quando fu infine salvo e lontano dalle manacce di Naum, utilizzò lo stesso approccio cauto e malizioso con Rokuda.
- Ehi, vecchio. - e tossì, schiarendosi la voce - Non è che avresti delle sigarette?
Yoshi, la cui aria sembrava essere divenuta più seria con quell'armatura, lo squadrò esattamente come aveva fatto il discendente dei kazaki. Con uno sguardo che, a dirla tutta, non fece affatto piacere allo Hyuga, che ricambiò con un broncio.
- No, in realtà. Non le compro da dieci anni ormai.
Il broncio si trasformò a quel punto in una smorfia a dir poco incredula. Arrivò subito alla conclusione, ma per qualche strana ragione, i suoi pensieri trovarono concretezza nella sua voce senza che nemmeno lui se ne accorgesse.
- Eh? Mi vuoi dire che hai smesso?
- Eh eh, che c'è, sei duro di comprendonio pivellino?
Disse ciò con il suo solito tono sardonico, mentre Fuyuki lo guardava con fare adirato. Poi spostò lo sguardo verso Naum che, dopo aver finito di sistemare il suo cavallo, si era portato un fiammifero acceso alla bocca per concedersi un sigaro. A quel punto, il ragazzo alzò le mani in segno di resa, sospirando in maniera piuttosto esagerata, quasi caricaturale.
- Bah, lo dicevo che dovevi aver smesso di apprezzare la figa per preferire altro.
Si riavvicinò quindi al compagno, imitandolo e accendo a sua volta il sigaro che gli era stato dato. Sentì immediatamente la differenza, quando il puzzò gli arrivò al naso. Dovette persino concentrarsi per non aspirare i tiri - ricordò addirittura della prima volta in cui ne aveva fumato uno, in compagnia di Okojo, e quasi ci era rimasto secco! Per fortuna, allora l'ermellino l'aveva messo in guardia e da lì in poi non aveva mai ripetuto lo stesso errore. Si ritrovò a sorridere appena, senza nemmeno accorgersene, ma quel sorriso si spense subito, nell'esatto momento in cui realizzò che forse mai avrebbe potuto rivivere un momento come quello. Persino lo stesso Okojo, su suo preciso ordine, era all'oscuro della verità sul suo conto. Una menzogna, quella, che gli avrebbe fatto pagare a caro prezzo... sempre ammesso che Fuyuki sopravvivesse a quella battaglia e a quelle che lo avrebbero atteso, in caso di vittoria. Vide anche Naum osservarlo con una smorfia divertita e sorridente, alla quale però non diede troppo peso. Quanto cazzo era duro avvertire la nostalgia di casa e ritrovarla in ogni piccolo gesto od oggetto?
Ci pensò per qualche minuto, distogliendo la sua attenzione da quel chiodo fisso soltanto quando avvertì un vento sempre più insistente provenire da est. Dapprima questo lo accarezzò come un padre amorevole, ma quando la sua veste iniziò a sollevarsi, capì immediatamente che il momento era infine giunto. Doveva essere quella la corrente ascensionale che li avrebbe condotti a Butsuon, là dove avrebbe avuto inizio l'operazione per trarre in salvo Ryuzaki. Chiudendo gli occhi, Namida gettò per terra il sigaro ormai consumato. Si costrinse a ritrovare la pace dentro di sé, perché, arrivati a quel punto, era ormai tardi per ogni dubbio o ripensamento. Si sollevò da terra in pochi secondi, insieme al resto del manipolo. Da lì in avanti, nessuno avrebbe potuto decidere di tornare indietro.

 
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view post Posted on 24/9/2019, 10:24     +1   -1
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la curiosità e la sete di conoscenza guiderà l'animo umano fino alla fine dei suoi giorni...

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Accusi me... di EGOISMO?!



A quella parola Yusekai tornò a vibrare, dopo essere stata completamente pervasa dal rosso di quella luna inquietante, le anime si ribellarono e ribollirono di rabbia, gridando alle pareti oscure l'eco della loro esistenza. Mira riprese il senno, i suoi occhi si sgranarono increduli e un sorriso si allargò sul suo volto lasciando andare una risata amara. Come poteva dirle una cosa del genere, lui? KAI, l'uomo che l'aveva addestrata e cresciuta per canalizzare quella sua ossessione, che l'aveva guidata lontano dal baratro abissale in cui sarebbe sprofondata da sola, senza il corretto... egoismo.

- Chi diavolo sei tu? Chi diavolo sei dietro quei maledetti occhi rossi? Sei stato tu a salvarmi, sei stato tu a provare a farmi comprendere come l'ossessione da sola mi avrebbe rovinata... ma per cosa? Mi amavi? Oppure volevi l'ennesima anima salvata che ti fosse riconoscente?

Si contorse nella sua prigionia e le Anime Nere gridarono in coro seguendo la sofferenza e il rammarico della loro Dea, famelici e rabbiosi verso un uomo che non riuscivano più a riconoscere. Respirava a malapena, adirata con il mondo, con Kai e anche con se stessa. Non aveva nemici in quel momento, e nemmeno alleati, era nuovamente sola come anni prima, quando aveva voltato le spalle all'unica vera amica che avesse mai avuto.

- Quando hai mandato a morire Reiki contro Shinan e sua sorella, o Liz contro l'Angelo di Akatsuki. O quando hai accettato l'aiuto di un pazzo psicopatico che voleva soltanto vedere il mondo bruciare. Che cos'era quella, carità? Altruismo?

Per un attimo in quei minuti ci aveva pure creduto alle parole che aveva detto poco prima, forse voleva farlo per non dover combattere quella guerra da sola, contro l'ignoranza di un continente ancora acerbo e senza guide capaci di unire i popoli in un'unica civiltà. Lì dal cielo aveva avuto modo di osservare ogni cosa oltre l'orizzonte e l'aveva vista: l'ipocrisia di un mondo che si atteggiava a eroe verso i propri abitanti.

- E mentire a Kawarimi? Usarla per arrivare a noi? Oh anche quello è per un bene superiore non è vero? Sai dove si trova adesso? Mezza morta, torturata e violata in un buco del mondo, dove attende e spera di morire per non dover più soffrire. Come ti senti adesso, altruista verso chi lavora per te?

Volse il capo schifata da quella visione, adesso vedeva solo un teschio con occhi in fiamme circondato da anime nere e rosse che danzavano mossi dal canto e la luce di quella luna piena.

- Mi hai insegnato tu che esiste solo egoismo, la differenza è saperlo sfruttare per non far crollare il mondo. Ma adesso... adesso non sei diverso da Buraindo, da Sanada, da questa gente che sa solo sfruttare e corrompere.

Mi fai schifo, Ninja Dorato.



||Boommm bitch||
 
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view post Posted on 30/9/2019, 21:52     +1   -1
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Capitolo 6, I codardi muoiono più volte



Erano passati quasi cinque mesi dall'ultimo colpo della banda, e Yoshi Rokuda aveva lentamente capito chi fosse Takeshi Tabata. Un uomo allegro e violento. Affabile e volubile. Stravagante e imprevedibile.
Prima di entrare nella banda, Yoshi Rokuda lo vedeva come il suo eroe. Il suo idolo. Un modello a cui ispirarsi. Tentava di imitarne i gesti, le movenze, di carpirne quanti più segreti possibile, tanto che un giorno Takeshi gli disse chiaramente se volesse essere come lui, o se volesse essere lui.
Neanche Yoshi sentiva di conoscere esattamente la risposta.
Nell'anno nuovo le particolarità del suo carattere si andavano sempre più accentuando, specialmente la volubilità. Sedeva come sempre sul dondolo affianco alla finestra a fumare la pipa, mascherando una strana forma di inquietudine dietro maschere di estrema cordialità, cortesia e disponibilità verso gli altri. Ma finanche quando scherzava, o si insinuava nelle costole del figlio per fargli il solletico, Takeshi guardava Yoshi con occhi malinconici. Come se i due fossero costantemente intrappolati in una comunicazione privata. Yoshi era certo che lui avesse capito che quanto successo a Shizou Miyama poteva essere giunto alle sue orecchie. E forse intuiva che, in lui più che in chiunque altro, iniziasse ad albergare il timore che presto quella stessa sorte avrebbe potuto toccare anche a lui. Iniziava a credere che lui avesse saputo fin dall'inizio il motivo che lo aveva spinto a unirsi a loro, anche inconsapevolmente e che ora gli appariva chiaro.
Era certo insomma che Takeshi riuscisse a prevedere ogni sua azione, ogni suo pensiero. E stesse recitando la parte dell'ingenuo perchè Yoshi si cullasse in una stupida tranquillità, e commettesse un errore.

La bambina strappava i primi radi fiori della primavera, e Yoshi la osservava dalla finestra disteso sul suo letto. La sentiva canticchiare una filastrocca di cui gli giungevano solo alcune sillabe sporadiche. Decise di alzarsi, e quando si voltò riuscì a mascherare abilmente il mancamento del suo cuore quando vide Takeshi seduto nella sedia all'angolo della stanza, che lo fissava con quel suo sorriso sottile e indecifrabile.
"Da quanto tempo mi stai osservando?" gli chiese.
Silenzio.
"Tu finirai per spezzare tanti cuori."
" - Che vuoi dire?"
Ebbe l'impressione che ci fosse un attimo di smarrimento in lui. Come se l'ambiguità di quella frase gli avesse provocato un leggero dispiacere.
Gli avvicinò dunque un lungo cofano di legno al lato della sedia che la tensione gli aveva impedito di notare sino allora. Glielo passò dalle mani in modo vagamente cerimoniale.
"E' un regalo."
" - E' pesante."
"Non ci vuoi guardare dentro?" e i suoi occhi infiammati dalla luce strizzarono nervosamente, come eccitati.
Yoshi restò fermo per un po'.
"Lo so che oggi è il primo aprile."
" - Non è uno scherzo."
Si decise allora ad aprirlo. Il barlume della lama lo colpì negli occhi, e sentì il bisogno di strizzare gli occhi allo stesso modo di Takeshi durante il giorno, almeno fu quello che pensò istintivamente in quel momento.
Passò lo sguardo da destra a sinistra e da sinistra a destra diverse volte, dalla lama splendente e affilata all'elsa scarlatta e finemente lavorata, sino al pomolo a forma di drago.
" - E' come la tua spada."
"E' la mia spada."
Silenzio.
"Non ti piace?"
" - E' un regalo straordinario!" rispose, tornandogli in viso quel sorriso ingenuo che lo caratterizzava sino a qualche mese addietro. La tirò via dal cofano come una reliquia, quindi la sfoderò e si piazzò la lama di fronte al naso.
"Attento che quel metallo non luccica soltanto."
"Sei sicuro di volermela dare?"
"Bhe, ho pensato che la tua katana potrebbe spezzarsi in due la prossima volta che provi a utilizzarla. E a me non serve più così tanto."
"E probabilmente non ti sbagli. Sul fatto della mia spada intendo."
Sorrisero. Takeshi cercò di trovare le parole giuste. Qualcosa che non gli era mai venuto molto facile. Di solito partiva sempre a briglia sciolta, ed era per questo che le cose si erano messe in quel modo. Sentì sua moglie chiamare tutti a tavola.
"Sì piccolina, arriviamo subito."
"Io non posso. Sono troppo emozionato per cenare", quel sorriso sempre stampato in volto come un tatuaggio.
Takeshi lo fissò silenzioso.
"Sai cosa ha scritto Gonkuro Fukuda di me? Ha detto che mi fidavo di due uomini su diecimila. E che anche con quei due ero assai cauto. Queste cose mi stanno davvero stremando. Insomma... la sto prendendo alla larga per dire che in questi mesi mi sono sentito alle strette, e sono stato troppo offensivo e irascibile. E sarei felice se tu accettassi questa spada come un modo di porti le mie scuse."
" - Io sarei anche più irascibile nella tua situazione."
"No, no. Non mi sono comportato bene. Con nessuno, tra quelli che mi stanno vicino. A volte stento a riconoscermi quando faccio così. Quando sono così arrabbiato."
Yoshi lo vide guardare oltre le finestra, richiamato dagli schiamazzi della figlia di ritorno in casa, con un'espressione di malinconia malcelata. Forse, pensò, non voleva celarla in alcun modo.
"Faccio un viaggetto al di fuori del mio corpo. Guardo le mie mani rosse e la mia faccia cattiva. E mi chiedo come può un uomo ridursi così.
Ormai sono diventato un problema anche per me stesso.
"
Yoshi non sapeva cosa rispondergli. E sentiva di non sapere neanche se quegli occhi lucidi fossero dovuti alla luce intensa del tramonto diffratta dai monti a sud, o a qualcos'altro.

Stava varcando la soglia della mezza età, e dal giorno del suo ultimo colpo viveva in una casetta nelle campagne di Tetsu no Kuni. La sera si sistemava su una sedia a dondolo a fumare la pipa, mentre sua moglie si strofinava le mani rosa e consumate dai lavori di casa sul grembiule, e felice gli raccontava le novità dei suoi due figli. I bambini conoscevano le sue gambe. Il pizzicore dei suoi baffi sulle loro guance. Non sapevano come loro padre si guadagnasse da vivere, nè perchè nell'arco della loro breve vita avessero cambiato casa tanto spesso. Di lui non conoscevano neanche il nome. Nel registro cittadino era censito come il signor Homura, un allevatore e investitore in materie prime. Un uomo ricco e agiato. Dalle maniere semplici.
Aveva due ferite mai del tutto rimarginate sul petto - una da arma bianca e l'altra per una scheggia arrivatagli in un'esplosione -, e una sulla coscia a causa di una freccia che gliela passò da parte a parte. Gli mancava l'estremità del dito medio sinistro, ed era sempre molto attento a celare la sua mutilazione.
Soffriva anche di un'infiammazione alle palpebre, che lo costringeva a strizzare gli occhi più del normale. Come se il creato fosse per lui una visione troppo intensa. Le stanze sembravano riscaldarsi quando c'era lui. La pioggia cadeva più dritta. Gli orologi rallentavano. I suoni venivano amplificati.
Si considerava un guerrigliero di una guerra civile di origini antiche e mai terminata. Un qualcosa che esercitò immediatamente un fascino vicino all'adorazione su molti, specie sul giovane Dai. Non provava alcun rammarico per le sue rapine, nè per i trentaquattro omicidi che rivendicava.
Aveva visto passare un'altro inverno tra quelle terre impervie. E il cinque marzo del 212 compiva trentaquattro anni.





Quando Fuyuki si fosse ridestato dall'ascesa, avrebbe notato qualcosa mancargli sul viso. Non sapeva dire cosa, ancora ottenebrato dal burrascoso atterraggio al Cielo. Era ancora a terra, così come gli altri quattro, e sentiva il suo viso sfiorato appena da un flebile raggio di luna che filtrava da i rami di una conifera. Per il resto, davanti a loro era buio. E avrebbe dovuto continuare a esserlo forse, anche guardando l'astro della sera, agli occhi di Fuyuki.
Forse allora avrebbe capito. Non aveva più gli occhiali.
"State tutti bene, figlioli?"
" - Più o meno" rispose Naum massaggiandosi la testa, e poi vide Chiaki e Fuyuki in buone condizioni, quindi decise di addentrarsi oltre le schiere biancastre di Butsuon, illuminate appena in quella tenera notte opalescente.
Dopo un quarto d'ora di marcia, tenendosi lontani dalle strade, giunsero nei pressi della prigione. La osservarono dall'alto di una collina che odorava di gelsomino.
"E' come ricordavo, purtroppo" esordì Rokuda, che prono scandagliava la zona con un binocolo.
Il complesso era una fortezza quadrata che avrebbe potuto contenere un piccolo villaggio, con mura alte dieci metri e due ingressi, avrebbe detto il vecchio. Da quella posizione riuscivano a vedere nitidamente la grande porta est. Un fossato a circondare la fortezza, colmato in ampiezza solo dai due ponti ad est e a ovest del complesso, in corrispondenza dei portoni. Diverse decine di guardie ruotavano attorno al fossato con le armi nel fodero e l'elsa sempre in pugno, e dalle dodici torri ben visibili nel perimetro, delle sagome scure appollaiate. Fortunatamente sembravano non averli ancora visti.
"Siamo sommersi da merda, insomma."
"Doveva capirlo già da un po', scimmione mio."
"Non ha importanza. Masao Ryuzaki è lì dentro, e noi lo tireremo fuori da lì. Questo è quanto."
"Sicuro, ma dovremo cercare di tirare lui vivo da lì. E al momento non so proprio neanche come riusciremo solo a entrare."






- Egoista?



C'era qualcosa di diverso nella sua voce. Un'increspatura nuova. Una nota stonata dell'aura imperturbabile e inamovibile che ormai lo caratterizzava. Sentì una fitta al petto. Era davvero... rabbia?
No, si disse. Ma il cuore batteva sempre più forte e sapeva che, incatenando la sua mente a quelle parole, le sue visioni inamovibili a quei pensieri, sarebbe stato perduto, e la sua mente non avrebbe più spaziato come la mente di Dio.
Era davvero ancora schiavo di tutto questo, anche adesso, anche dopo la sua scelta. Il suo cuore avrebbe dovuto essere di ghiaccio, proiettato solo alla meta finale del suo destino.
Eppure.
"Ridi, mostro. Tu uccidi il cuore."
Quel volto increspato, le labbra piegate giù. Il disgusto. Ancora, sempre più, mentre la sentiva continuare. Gli ci volle un po' per rispondere quando lei ebbe finito. Restò a fissarla con quella strana espressione, immobile.
" - Io ti ricordo sempre Mira, come ricordo sempre ogni eroe che ha combattuto e versato il suo sangue per costruire il Nuovo Mondo. Ma non ti ricordo come tu ricordi te stessa. E, dalle tue dichiarazioni, che ho così brutalmente dovuto estorcerti, mi appare chiaro che la vera natura della tua anima... sia l'ambizione."
Kai poggiò la testa sulla fronte e se la massaggiò sui polpastrelli, quindi cercò di riaversi.
"Io sento il peso di ciascuno di loro. Di ogni orrore che ho compiuto, di ogni caro che ho sacrificato, di ogni piccola vita che ho spento per poter salvare l'umanità. Lo sento e ognuno di loro viene a reclamarmi ogni notte, ma è proprio per questo che devo continuare."
Il tono di voce in crescendo, il volto contratto.
"Per far sì che il loro sacrificio non sia stato vano, per rendere onore alla memoria che tutti quegli eroi meritano. E io posso sopportarlo. E' questo che deve fare che ha il coraggio di rendere il mondo un posto migliore.
In fondo... quale codardo non vole renderlo un posto migliore?
"
Silenzio. Poi nel suo sguardo parve sorgere qualcosa. Una nuova forza e consapevolezza.
"Ecco perchè sono diverso da te, da chiunque altro di voi traditori" e digrignò i denti. Ora non aveva più dubbi su cosa stesse provando.
"Tu, pazza maledetta. Avrei subito dovuto capire l'odio e l'invidia che covavi segretamente per chi è migliore di te, l'odio che covavi per me. Non ti è mai importato nulla di Kirinaki, di nessuno di noi, proprio come a Jagura.
E osi rinfacciarmi i metodi che ho usato per scovare le cellule avverse a Kirinaki, per il bene di tutto quello per cui abbiamo combattuto e abbiamo sofferto in questi anni?
Pazzi egoisti esaltati! Non ho mai fatto nè tenuto niente per me, a differenza di chiunque altro, e soprattutto a differenza tua!
Dopo tutto quello che ho fatto per voi. Bastardi!
Vigliacchi!
Traditori!
La Luce del Giudizio vendicherà chiunque abbia sofferto per mano vostra, e a causa della fiducia che ingenuamente ti ho concesso.
"
Era da qualche secondo che nell'indice di Kai sembrava si stesse convogliando del chakra puro, perlaceo e scintillante, che cresceva sempre più in densità e potenza, senza mai superare tuttavia il diametro dell'indice. Un'energia nuova e abbacinante. La fronte aggrottata, la bocca deformata in una smorfia di rabbia e disgusto, un suono in sottofondo, simile a una voce.
Lo sentirono già prima, e poi ancora una volta. Alla terza, fu chiaro cosa fosse.
"Kai!"
Tutto cessò di botto. La Luna insanguinata lasciò il posto alla cella in un istante, gli spiriti alle catene ai polsi. Mira vide un uomo a pochi metri da lei, immerso nell'ombra della cella. La porta di questa chiusa dietro di lui.
Kai era piegato di fronte a Mira, con un respiro pesante ma appena accennato, quindi inspirò profondamente, si ricompose e chiuse infine la mano e abbassò la testa.
" - Che cosa c'è?"
"Lui ti vuole vedere. Dice che ci sono delle nuove."
 
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view post Posted on 7/10/2019, 19:20     +1   -1
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L'atterraggio fu tutto fuorché comodo, esattamente come il viaggio che aveva affrontato sfruttando la corrente ascensionale. Non appena i suoi piedi ebbero toccato il suolo dell'isola, dovette fare ricorso ad una buona dose di concentrazione per evitare di perdere l'equilibrio e di cadere rovinosamente al suolo - e in tal senso, fu divertente osservare Naum, il quale sicuramente avrebbe gioito di aver lasciato alle proprie spalle quella tremenda esperienza. Eppure, era lo stesso Fuyuki ad avere l'impressione che qualcosa non fosse rimasto al suo posto. Ci pensò su per diversi secondi, finché non trovò da solo la risposta a quel quesito. Non appena i suoi occhi si furono posati sulla luna, che pallida svettava sopra le loro teste, tutto fu chiaro. Avrebbe dovuto ammirarne un riflesso opaco, scuro, ma il fatto che riuscisse invece a scrutarne il pieno splendore indicava chiaramente cosa fosse a mancare all'appello. I suoi occhiali.
"Questa proprio non ci voleva." pensò tra sé, lasciando che lo sguardo si posasse sui suoi compagni. Tra Chiaki e il signor Rokuda, era proprio il secondo a preoccuparlo maggiormente - in realtà non era nemmeno certo che potesse conoscere il byakugan, ma tra i due, a causa anche delle sue esperienze professionali, era senz'ombra di dubbio quello che avrebbe potuto riconoscerlo con più facilità. Digrignò i denti, infastidito dal fatto di aver perso così stupidamente la propria copertura. Da quel momento in poi, avrebbe dovuto prestare attenzione anche al loro, di comportamento... e qualora avesse avuto anche il minimo sentore di sospetto da parte loro, ne avrebbe tenuto conto. Nel peggiore dei casi, quando ne avrebbe avuto l'occasione, avrebbe persino potuto ucciderli, perché in fondo il suo anonimato era ben più prezioso delle loro vite. Ovviamente, sperava di non dover arrivare a tanto, ma giunto a quel punto era essenziale non affidare nulla al caso. Fuyuki Hyuga era morto e con lui sarebbe morto anche chi avesse avuto l'ardire di riconoscerlo.
Annuì alla domanda di Yoshi e subito montò di nuovo in sella al fianco di Naum e Chiaki, la quale sembrava aver portato con sé un borsello, il cui contenuto era ahimè ancora circondato di mistero. Pareva ovvio che la ragazza fosse pronta realmente a tutto, pur di salvare il suo Ryuzaki - ma era certo che, prima o poi, la sua determinazione si sarebbe scontrata con un ostacolo insormontabile. In fin dei conti, la fanciulla non aveva ricevuto alcun tipo di addestramento militare e l'operazione che stavano affrontando avrebbe potuto facilmente metterla con le spalle al muro, costringendola a contemplare l'inadeguatezza della sua preparazione. Si misero dunque in marcia per diversi minuti, finché non lasciarono in una piccola radura i cavalli e soprattutto il rumoroso mezzo di Rokuda - da lì avrebbero poi proseguito a piedi, per evitare che il loro incedere divenisse facilmente individuabile da chiunque. Giunsero in breve tempo nei pressi della prigione... e a quel punto, fu subito chiaro quanto ardua fosse l'impresa di cui si erano fatti carico, nel preciso momento in cui avevano deciso di salvare Ryuzaki dal braccio della morte. Non prestò nemmeno attenzione alla spiegazione di Yoshi, decidendo piuttosto di ricorrere alla propria dojutsu per avere un'idea nitida della situazione. La struttura era immensa, tanto che le sole mura, alte una decina di metri, rappresentavano solo una minima parte delle misure adottate dal Credo per difendere quel posto. Una dozzina di torri svettavano dal carcere e dalla loro sommità le guardie avrebbero potuto facilmente potuto notare l'arrivo di eventuali intrusi; un'altra folta schiera di soldati presidiava da terra il perimetro della prigione, dando le spalle ad un profondo fossato, la cui distanza era colmata soltanto da due ponti che permettevano l'accesso ai due ingressi principali, ad ovest e ad est, dove si trovava l'altura dalla quale il gruppo stava studiando la situazione.
- Non possiamo entrare. - esordì fiscale, riallacciandosi alle parole pronunciate da Naum. Nel frattempo, il byakugan aveva già sondato l'interno della struttura, trovando l'ubicazione delle celle, le quali erano state costruite proprio lungo la cinta muraria. Da lì riusciva a vederle tutte, escluse quelle dell'angolo sud-ovest del complesso, là dove il raggio d'azione dei suoi occhi non poteva arrivare. Certo di aver attirato l'attenzione dei suoi compagni - quello di Chiaki, in particolar modo - si limitò a sospirare profondamente, prima di spiegare il perché del suo pessimismo.
- La struttura è studiata per non avere punti ciechi. In realtà, i soldati che presidiano il perimetro sono anche piuttosto distanti tra di loro e ciò potrebbe permetterci di attaccarne uno, senza essere visti dagli altri. Il problema sono le torri.
E guardò in alto, con occhi impregnati di frustrazione, quasi come se con un solo sguardo volesse dar fuoco all'intero complesso.
- Ci sono dodici torri, ognuna delle quali è presidiata da cinque guardie. Se anche ci avvicinassimo al fossato, è probabile che riescano a notarci. Lungo la cinta, tuttavia, si muovono alcuni soldati, due per ogni fianco delle mura. Percorrono, ognuno in un senso opposto, l'intero lato, da una torre all'altra... e per completare il percorso, ci impiegano circa un minuto.
Tossì appena, prima di concludere.
- Sarà quella la nostra finestra d'azione. O meglio, la mia.
Ancora una volta, si preparò a reggere lo sguardo di chi lo accompagnava. Lui d'altro canto non si voltò verso nessuno di loro, limitandosi a contemplare le mura e seguendo, con attenzione, gli spostamenti dei soldati lungo il fianco est della struttura. Attaccare quel lato, tuttavia, sarebbe stato un suicidio, come dichiarare un assalto - l'ingresso dal portone principale era da escludere, dato che sicuramente sarebbe stato quello più sorvegliato. Scrutando con i suoi occhi nel borsello di Chiaki, aveva notato, ben coperti da della stoffa, dei fili metallici simili a ganci; non poteva esserne sicuro, ma forse poteva trattarsi di arnesi utili per scavalcare le mura anche per chi non aveva ricevuto un addestramento per controllare il chakra. Sorrise appena. Quella ragazza non era così sprovveduta, dopotutto.
- Salirò sul fianco nord e farò fuori le due guardie che lo pattugliano. Poi, attenderete mie indicazioni su come procedere. - e con fare autoritario, consegnò a Naum una ricetrasmittente; lui, dal suo canto, ne posizionò una sull'orecchio sinistro. Prima di allontanarsi, chiese a Chiaki una descrizione di Ryuzaki. Lei lo disegnò subito come un uomo di media statura, con dei baffetti ben curati e dei folti capelli lisci che gli cadevano dolcemente sulle spalle. niente che potesse realmente tornargli utile, non durante un esame così sommario delle celle - si trattava pur sempre di tratti che non avevano nulla di particolare e, durante quei pochi minuti, aveva visto così tanti volti da aver perso il conto. Poco male, si disse, dopotutto possedeva strumenti più efficaci per ottenere le informazioni di cui aveva bisogno.
Odiava lavorare in squadra e, pertanto, si sentì come sollevato, quando dopo essersi voltato iniziò a correre silenziosamente attraverso l'oscurità di quella notte pallida, spostandosi sul fianco settentrionale della struttura. Dal punto più alto che avrebbe trovato, avrebbe messo in atto il suo piano. Dopo essersi strappato, dalla propria veste, un lembo di stoffa abbastanza largo, lo avrebbe legato all'impugnatura di uno dei suoi kunai. Dopodiché, lo avrebbe lanciato in alto, così che l'aria lo trasformasse in un piccolo paracadute che, lentamente, sarebbe sceso fino alla sommità delle mura. Da lì in poi gli sarebbe bastato seguire gli spostamenti delle due guardie che avrebbero percorso la cinta e scegliere il momento propizio per entrare in azione - dopotutto, gli sarebbe bastato attendere che una di loro si trovasse sotto il paracadute per trasportarsi sopra di essa con l'Hiraishin e coglierla di sorpresa. Ai propri compagni aveva detto ch'era sua intenzione ucciderle entrambe, ma la realtà era che catturare un soldato poteva rappresentare un vantaggio tattico non indifferente. In fin dei conti, avrebbe potuto interrogarlo, proprio come aveva fatto con Kawarimi... o perché no, renderlo una sua pedina grazie alla sua tecnica più preziosa, l'Hi no Hagyou. Tuttavia era ancora presto per decidere quale sarebbe stata la sua linea d'azione in caso di successo, ma in ogni caso non avrebbe mai condiviso con i suoi compagni informazioni riguardo il suo jutsu segreto. E anche Naum, per quanto si fosse dimostrato degno di fiducia, non rappresentava un'eccezione.

 
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view post Posted on 14/10/2019, 13:23     +1   -1
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la curiosità e la sete di conoscenza guiderà l'animo umano fino alla fine dei suoi giorni...

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Un folle, non aveva più parvenza di umanità, l'uomo che infondo aveva sempre fatto di tutto per elevarsi a qualcosa di più. Credeva di esserci finalmente riuscito sebbene non da solo, appoggiato dall'alto, da una divinità che un tempo avrebbe ripudiato alla stregua di quei grandi capi dei paesi maggiori. Mira aveva ancora lo sguardo verso la parete, schifata da quella visione e quelle parole che non appartenevano più a chi aveva costruito, cresciuto e addestrato un gruppo troppo ampio di ninja. Diceva di aver agito per salvare Kirinaki, di aver combattuto i suoi nemici e di essere l'unico capace di sopportare i sacrifici e i compromessi che aveva accettato.

- Ambizione... sì, ma era anche ciò che muoveva te e chi ti seguiva. Sei diventato un padre per quegli uomini, un maestro, perché promettevi loro gloria e libertà. Ti adoravano... perché inneggiavi all'ambizione.

Strinse i denti e chiuse gli occhi per non vedere le sue anime nere bruciare sotto il calore di quella luna rossa, che ancora e inesorabile pressava su di loro come fosse l'occhio di un giudice divino, una forza sovrumana che sentiva di avere il diritto sulle loro vite, e sulle loro morti. I suoi figli stavano letteralmente bruciando e il mondo oscuro collassando. Anche l'albero dentro cui era stato confinato Varnaki sembrava star cedendo a causa di quella forza portentosa, e dal suo interno, dal profondo delle sue radici un lamento squarciò il velo tra Yusekai e il mondo reale che destò la donna, permettendole di riaprire gli occhi e voltarsi nuovamente verso quel carnefice corrotto e ormai perduto.

- E' stata Mera Dotoha a decimare Kirinaki dopo la tua scomparsa, io volevo soltanto ricostruirne i frammenti. E tu l'hai lasciata fare, dov'eri? Dov'eri mentre quella donna usava il sangue dei nostri fratelli per insanguinare la nebbia?!

La donna era furiosa ma incapace di reagire: oltre al blocco che aveva al chakra, quella luna rossa continuava imperterrita ad osservarla. Poteva rispondergli, accusarlo, difendersi ma in fondo stava soltanto cercando di non collassare in quel baratro dentro cui sentiva di stare precipitando. Quindi ancora un lamento acuto, un urlo devastante dal centro dell'albero di Yusekai e le anime in fiamme che cominciarono a vorticargli intorno come se sperassero in qualche modo di poter aiutare, invocando un rituale che Mira osservò da lontano, in silenzio, con occhi e orecchie che cominciarono a sanguinare. Kai era davanti al suo viso, con l'indice aperto e un'energia bianca e pura che sembrò canalizzarsi al centro del dito. La osservava, con gli occhi rossi aperti e i tomoe che danzavano a ritmo del requeim che risuonava tra nubi e astri insanguinati, ricreando un bagliore cremisi sul tetto che ricopriva ancora l'albero più grande del mondo degli spettri, la prigione dell'anima più potente, l'unico che nella disperazione avrebbe potuto sopravvivere nuotando nella fine, nell'oscurità di un mondo senza luce.

No... non fatelo...



Le anime rosse, ormai consumate, si avvicinarono a quei lamenti fino a sfiorare la superficie del tronco, imitando ciò che aveva fatto la loro madre durante la prigionia e la punizione inferta a chi adesso stavano cercando di risvegliare. Forse, in un mondo come quello, in cui tempo e spazio venivano distorti da quell'occhio diabolico nel cielo, solo un diavolo avrebbe potuto resistere.

Poi una figura comparve davanti alla porta sbarrata della prigione, in mezzo al caos di sangue, e richiamò Kai all'attenzione. Tutto svanì, Tsukiyomi venne richiamata e il ninja dorato respirò cercando di domare lo sforzo che quel dialogo gli aveva richiesto. I suoi occhi vibrarono, la palpebra si chiuse pesante e si rialzò voltandosi verso chi aveva osato interromperlo. Mira provò a sollevare il capo per osservare meglio quella terza figura, per cercare di capire da dove fosse entrato, se potesse avere qualcosa a che fare con i demoni che sembravano non volerla lasciare in pace. I suoi occhi però non si mossero, l'abisso l'aveva inghiottita e sebbene la luna aveva lasciato il posto a una vistosa cicatrice sul cielo nero del mondo degli spettri, la sua presenza aveva piegato gli abitanti di quelle terra senza pareti. Tutti, tranne uno che afferrò Mira, la sua controparte spirituale di Yusekai, e avvicinò il suo volto mostruoso al suo, sussurrandole qualcosa all'orecchio:

E' questo... che sei? Una traditrice? Alzati, Madre, e prendi il tuo posto in questo mondo che io ho infine temuto, posa la tua mano su questo presunto Dio e spegni la sua luce con la nostra... Oscurità.

Lo spirito della donna si destò separandosi da quel corpo terreno debole e sfinito, e alle sue spalle il suo figlio più ribelle... e potente.

- Tu... perché?



Perché senza di me sei debole, e io lo sono senza di te.



Gli prese le mani sorridendo, incrociando gli occhi famelici con quelli suoi vitrei. In quel momento l'intera prigione si aprì al contatto sensitivo dello spirito di Mira, rivelando prigionieri, nemici e alleati. Chi poteva aiutarla era lì ma la chiave per sopravvivere al baratro della luna rossa era l'oscurità che aveva provato a celare. Il suo nome era Varnaki.

- Tu... ti sei prostrato a me, dopo avermi tradita e distrutta.



E allora rinasci, come me, rinasci da questo abisso.

 
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view post Posted on 6/11/2019, 13:46     +1   -1
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"Va bene. Confidiamo in te, Orha."
Rokuda restò per un attimo in silenzio, con una lieve increspatura sul volto. Poi strinse le labbra e annuì.
"Sta attento a non farti la bua."
Naum si era messo la ricetrasmittente all'orecchio e scrutava attentamente la fortezza col binocolo di Rokuda, e quando tutti ebbero parlato si voltò verso di loro, come per dire un'ovvietà.
" - Chi tace acconsente, come si dice. Fai pure, e buona fortuna."
Doveva essere stata la forza della disperazione. La ferita non si era del tutto rimarginata e non dormiva come si deve da alcuni giorni, eppure si sentiva rinsavito da quando era stato rigato da quelle corde invisibili per tentare l'ascesa. Forse in momenti come questi si può diventare un semidio che strozza i serpenti in una culla. Un pensiero divertente lo sviò. Naum aveva subito intuito che quel viaggio, di qualunque natura esso fosse, avrebbe potuto risultare turbolento, e dunque Namida avrebbe potuto perdere quei preziosi occhiali che tanto gelosamente aveva indossato sino allora come maschera della sua reale identità. Una maschera legata al volto con fili più fragili di quanto ingenuamente lui avrebbe potuto, con ogni probabilità.
Avrebbe potuto avvicinarlo e consigliarlo, certo. E per quale motivo? Era sua interesse la cosa.
No, si era detto, in alcun modo. Si era limitato a sorridergli sornione, mentre si accendeva il suo sigaro, vedendo quel ragazzetto accendersi il suo allo stesso modo, con quel suo atteggiamento da uomo vissuto e in lotta con il mondo che spesso lo vedeva assumere, come tentasse di rendere reale una certa visione enfatizzata di se stesso. In attesa di cosa avrebbe potuto accadere, e che puntualmente era accaduto. Era sempre stato divertente osservare le azioni di individui del genere, proprio come accadeva col dottore, e speculare sulle possibili conseguenze delle loro azioni scellerate e prese con leggerezza inconsapevole.
Anche ora, anche in questo momento dove lo vedeva sgattaiolare tra le ombre verso la prigione. Naum pensò che avrebbe potuto cercare di fargli cambiare idea, di adottare una strategia meno rischiosa, magari sfruttando le sue abilità di arciere per sguarnire un lato della prigione a lasciare a lui il tempo di infiltrarsi. Sempre che avesse capito appieno le intenzioni di Namida, e si disse che non lo conosceva così bene da esserne sicuro.
In ogni caso, perchè avrebbe dovuto farlo desistere? Sarebbe rimasto nelle retrovie, tranquillo e al sicuro, mentre l'altro rischiava in prima linea per la buona riuscita della sua missione. Non poteva sperare in nulla di meglio.
Qualora Naimda fosse riuscito nell'impresa, benissimo, avrebbe usufruito al meglio di quel successo. Qualora invece qualcosa fosse andato storto... ci avrebbe pensato insomma. Sperava fosse abile almeno la metà di quanto dava a vedere. Ma, anche in caso di una cattiva riuscita dell'operazione, almeno avrebbe avuto un problema in meno di cui preoccuparsi. In fondo tutta quella situazione, non lo aveva mai nascosto, iniziava a snervarlo, come fu ai tempi di Kusa no Kuni e di quella fuga disperata. Sperava che tutto si risolvesse nel migliore dei modi, salvando la pellaccia di tutti. Di lui e Mira, soprattutto.

Fuyuki sgattaiolava agile nei dintorni, sfruttando le rade zone d'ombra come un fantasma. Aveva individuato una collina da cui il suo piano avrebbe avuto maggiori probabilità di successo. Quattrocento metri e non più, ad occhio. Forse ce l'avrebbe potuta fare. Si spostò dunque cauto come un furetto verso nord, quindi dopo pochi minuti iniziò a salire la collina dal suo fianco oscuro.
" - Ehi!"
Un'esclamazione imprevista. Appena sussurrata.
"Fermo. Non voglio farti niente. Sono con te."
Sembrava avere il fiatone. I vestiti di un soldato dell'Ordine, da quanto aveva imparato ultimamente. Questi tentò di avvicinarlo.
"Pensi che Ryuzaki non abbia previsto una simile evenienza? Io e pochi altri siamo suoi informatori già da quasi un anno" avrebbe risposto a qualunque domanda congrua.
"Sei fortunato che vi abbia trovato io. Sia tu che gli altri - mi sembra ci sia Chiaki Fujimoto, forse. Stanno rastrellando le zone nei dintorni al momento, dobbiamo agire in fretta. A meno di un chilometro a nord da qui c'è un canale di scolo che porta sino all'interno della rocca. C'è una grata, ma sarà facile rimuoverla silenziosamente. Io vi attenderò dall'altra parte, e quando sarete vicini attendete un mio segnale per uscire fuori. Quando saremo lì dentro, cercherò di autarvi a uscire da lì."





Kai restò in silenzio per un po'. La testa ancora pesante. Quando alzò lo sguardo, poggiò il palmo a terra e si diede la spinta necessaria e rialzarsi. Guardò Mira dall'alto in basso. Distrutta e devastata. Non gli appariva in altro modo. Le cacciò uno sguardo di disgusto malinconico, come un innamorato ferito.
"A Butsuon?"
"Sì."
Silenzio. Poi voltò lo sguardo.
"Avviamoci, allora."
Si avvicinò all'altro, e questi gli strinse la mano.
"Una carro ci sta aspettando. In modo opportuno, ovviamente."
"Molto bene. Ci hai parlato col tuo amico?"
"Lui non è mio amico. E non ho intenzione neanche di vederlo" e detto ciò svanirono in una nuvola di cenere.
Era sola adesso. Varnaki tornato a nuova vita. Rinvigorito dall'oscurità della Luna Insanguinata. La sua identità libera di vagare tra quelle mura su un piano astrale differente. A lei l'ultima parola, su come sfruttare quei vicoli sconosciuti al di là della porta.
 
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view post Posted on 9/11/2019, 15:07     +1   -1
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Stava per dare il via al proprio piano, quando un rumore lo costrinse a voltarsi. Teneva ancora in mano il kunai a tre punte, quando i suoi occhi diafani si posarono su di una figura nuova, un uomo che indossava i vessilli del Credo. Il suo sguardo di ghiaccio si fece subito più severo, la presa sul manico della lama ancora più salda. L'estraneo cercò di tranquillizzarlo, ma le sue parole non riuscirono a convincerlo ad abbassare la guardia. Se fosse stato un nemico non avrebbe commesso lo stolto errore di farsi avanti in quel modo, a viso scoperto - pensò tra sé Fuyuki - ma quanto di vero e certo poteva realmente trovare nel suo discorso? Poco, forse addirittura nulla. Ad ogni modo, lo lasciò parlare, ma l'idea di seguire il suo piano ciecamente non lo sfiorò nemmeno per un istante. Aveva bisogno di osservare oltre le apparenze, al di là degli indumenti che lo etichettavano come un soldato delle fila di Buraindo, ma per farlo aveva bisogno di una sola cosa. Garanzie. E per come si erano svolti gli eventi, qualcosa gli diceva che avrebbe fatto bene a pretenderle immediatamente, prima che l'uomo potesse incalzarlo con le sue richieste.
- Da dove sei arrivato? Non sono riuscito a percepire la tua presenza, prima che ti facessi avanti.
Una domanda apparentemente innocente, ma che nascondeva un dubbio tremendo. Il byakugan era un'arma quasi perfetta ed era impensabile che un comune sgherro della Resistenza lo avesse aggirato così facilmente, sfruttando con perizia il suo punto cieco. Se c'era qualcosa da indagare, prima ancora di proseguire con discorsi più succulenti, era proprio il modo in cui quel tipo era riuscito a farla franca alla sua vista amplificata.
- Stavo rastrellando la zona insieme ad alcuni commilitoni. Ho avvertito la vostra presenza e ho cautamente seguito i vostri spostamenti. Dovevo agire più in fretta possibile per evitare che altri vi scoprissero, ma ti spostavi come una faina. E iniziavo a immaginare cosa potevi pensare di fare. Per fortuna ti ho raggiunto in tempo, e senza imprevisti. - si giustificò così l'uomo, non abbastanza bene da convincere il più giovane ad abbandonare la corazza di perplessità di cui s'era vestito per far fronte ad una presunta minaccia. Non aveva percepito la sua presenza, né quella degli altri militi del Credo e ciò non ottenne alcun risultato positivo, anzi non fece altro che renderlo ancora più cauto e pieno di sospetti. Ad ogni modo, c'erano altri quesiti da porre e quindi, per il momento, avrebbe finto di credere alla bontà della versione fornita da chi aveva di fronte.
- Deve essere un tipo molto previdente, questo Ryuzaki. Sicuramente furbo, se quel che dici è il vero. Cosa vi ha convinti a passare dalla sua parte? Denaro? L'idea di appoggiare la favorita fra le due fazioni?
Non era una domanda per la quale sperava di ricevere una risposta esaustiva, in realtà. Ciò che gli interessava, era ottenere informazioni attraverso lo studio del comportamento del suo interlocutore. E il vederlo così spazientito - per quanto fosse comprensibile, ovviamente - non migliorava la propria posizione nei suoi confronti.
- Ah, non c'è tempo, perché tutte queste domande? Sono entrato prima nella Resistenza, e appena entrato Ryuzaki mi ha inviato nell'Accademia di Butsuon. Non ho mai fatto un voltafaccia a nessuno quindi. - replicò in fretta, quasi come fosse indignato dall'insinuazione dello Hyuga. Poi guardò a sud est, là dove Naum, Chiaki e Yoshi Rokuda attendevano un suo segnale per entrare in azione. Un dubbio si fece largo nella mente del giovane shinobi: aveva sintonizzato le ricetrasmittenti sulla stessa frequenza radio, prima di abbandonare gli altri; chissà, forse il suo unico compagno in quel momento era all'ascolto e si stava divertendo nel sentirlo così cauto ed accorto con il nuovo arrivato. Poco male, pensò. Anzi, sperava proprio che quel maledetto fifone fosse davvero intento ad ascoltare la loro conversazione e pronto ad intervenire, nel caso in cui i sospetti che covava l'avessero portato ad uno scontro.
- Perché tutte queste domande, dici? - lo incalzò a tono, mentre massaggiava la barba sul mento. Per un momento, ricordò uno scambio di battute simili avvenuto con una donna, prima che questa rivelasse il veleno sui propri denti e si dimostrasse pronta a morire, pur di risvegliare Kyuubi dal suo sogno centenario. Oh, lo ricordava ancora il suo nome, così come il suo volto raggrinzito da puttanella saccente. Yamada Yuriko.
- Perché non mi piace affidare la vita di altri in mano ad uno sconosciuto. E nemmeno la mia a dirla tutta. Credo tu possa capire la mia posizione. - continuò calmo, prendendosi una pausa di qualche secondo per ordinare le idee - Tuttavia, se non menti, la ragazza che hai menzionato, Chiaki Fujimoto, non faticherà a riconoscerti. O sbaglio?
- E allora niente, muori pure nell'assalto, se è questo che vuoi. Perché è questo che ti aspetta, se non sei abbastanza sveglio da non averlo già capito. - replicò l'uomo, mentre Fuyuki si divertiva a vederlo perdere la pazienza - Io conosco lei, ma lei non conosce me. Ho passato solo pochi giorni con la Resistenza, uno dei tanti. Sapevo che lei era uno degli Alfieri di Ryuzaki. Poi lui mi ha subito fatto la proposta di diventare una talpa.
"Così è troppo facile però, testa di cazzo." pensò, indeciso se lasciarsi andare ad una risata più sentita del solito. Lo vide puntare nuovamente lo sguardo verso il luogo in cui il gruppo si nascondeva, prima che concludesse il discorso.
- Più tempo perdiamo più c'è il rischio che siano intercettati. Deciditi presto, e se vuoi andare a morire fai pure, così io andrò da loro.
A quel punto, Namida alzò gli occhi al cielo, sospirando. Non si curò minimamente di fare sembrare normale la sua espressione, anzi, fece tutto ciò che poteva per renderla ancora più plateale, come una caricatura. Sentiva che l'altro fosse arrivato al limite di sopportazione ed era proprio lì che voleva spingerlo - sull'orlo del baratro, dove ogni parola pronunciata con il fiato sul collo avrebbe smascherato il suo volto o confermato la sua credibilità.
- Fammi capire bene. Dici di volerci dare una mano, ma fatichi a rispondere a qualche domanda, pochi quesiti che potrebbero costarci la vita. Mi proponi di collaborare, perché in fin dei conti ti serviamo, altrimenti il nostro caro Ryuzaki sarebbe già stato fuori della sua cella, magari a stenderci ai piedi un tappeto rosso. Di contro, riconosco la potenzialità della tua proposta... e voglio sospendere il giudizio e credere, per ora, alla bontà del tuo altruismo. - mentì, ma solo per arrivare al nocciolo della questione - Ho solo una richiesta. E poi potremo collaborare. Se sei chi dici di essere, non ti dispiacerà spendere un minuto per salvare la testa del tuo leader. Se non lo sei... beh, forse siamo davvero già morti. E in questo caso, tanto vale tentare.
Era uno spiraglio interessante e necessario, per una collaborazione, ma l'altro si fece solo più impaziente. Stava per crollare e già le membra di Fuyuki fremevano di gioia, per la soddisfazione di averlo messo nel sacco. Sì, decisamente un'altra vittoria schiacciante.
- Ma che cazzo stai dicendo, sei ritardato forse? Non è altruismo, ed è ovvio che verrò con voi, ma mi hai ascoltato? Senza Ryuzaki la Resistenza perde ogni senso. Ora, dimmi subito perché non abbiamo tempo da perdere: vai, oppure seguimi, e decidi in fretta, kami bastardi!
Oh no, non avrebbe permesso a quel bastardo di rovinare in quel modo così rude il suo fine spettacolo. Arrivato a quel punto, era ovvio che non intendesse collaborare e per questo motivo, gli occhi di Namida si fecero meno umani. Più simili a quelli di un demonio, di un mostro che pochi sfortunati avevano avuto modo di conoscere. Il suo nome era Kyōfu.
- Sai, sono famoso per molte cose. Non per la pazienza, però.

EkNWK

Fuori pioveva, ma dalle viscere della bianca torre il tamburellare della pioggia sulla pietra appariva come un suono ovattato e lontano, troppo per essere udito distintamente. Un Fuyuki ben più giovane si ergeva, con spalle curve ed abbattute, di fronte allo scranno sul quale sedeva il sommo Mujinahen. Aveva solo diciassette anni, ma sulla sua schiena gravavano già diversi pesi, alcuni più fastidiosi di altri. L'ultimo, ahimè, riguardava la scelta che aveva dovuto prendere qualche ora prima [X]. Morte. Bastava davvero essere eremita, per arrogarsi il diritto di punire il tradimento di un uomo, qualcuno della sua razza? Bastava così poco, per decidere della vita del suo caro mentore e amico, Kisho Aburame? Forse aveva preso quella scelta non come Fuyuki, ma come nuovo garante dell'antica alleanza tra uomini e mustelidi. Forse, l'aveva fatto per paura, perché non aveva altre alternative, secondo il Codice. Forse, non l'avrebbe saputo mai. Forse, da quel momento in avanti avrebbe negato l'accaduto perfino a se stesso, nella speranza che quella vicenda scivolasse in un angolo buio dei suoi ricordi e lì venisse sommersa dalla polvere. Forse, quanto accaduto lo avrebbe tormentato per sempre, nelle notti che lo attendevano. Non lo sapeva. Non voleva saperlo.
La festa in suo onore era terminata da un pezzo e solo dopo essersi rintanato lì dentro aveva dato sfogo a ciò che provava. Aveva ancora le gote e gli occhi arrossati dal pianto, quando alzò lo sguardo per incontrare gli occhi serafici del sommo, per chiedere l'unica cosa che aveva davvero importanza in quel momento.
- È finita?
Il tasso lo squadrò preoccupato, ma non in modo severo. Pensò quanto ingenuo e immaturo potesse essere quel cucciolo, quel fiore ancora lontano dal poter sbocciare e mostrare al mondo la propria singolare bellezza.
- Secondo te?
- Kokuma è scappata, portando con sé ciò che desiderava. Ha con sé il potere che tanto bramava e l'opportunità di renderlo finalmente suo. Perché mai dovrebbe tornare qui e correre il rischio di essere linciata dai suoi fratelli adirati? Dopo quello che ha fatto...
- Ascoltami bene, Fuyuki-chan.
Gli sussurrò ancora una volta nella mente, avvolgendolo con il piacevole tepore del suo spirito. Sapeva cosa stava provando e non perché era in grado di sondare la sua anima - non soltanto, almeno - ma perché era talmente vecchio da sapere alla perfezione cosa si celasse nel cuore di chi aveva affrontato un trauma del genere. Negazione, paura, dolore. Emozioni normali, ma per quanto comuni fossero, era giusto che quel ragazzo fosse messo al corrente della verità. Doveva crescere e non soltanto per essere all'altezza del ruolo che adesso ricopriva. Doveva farlo soprattutto per se stesso, perché soltanto lui doveva convivere con quei sensi di colpa.
- È il male il vero motore di ogni racconto. Gli eroi e le vittime sono solo uno strumento, perché a chi ascolta non interessa la vita quotidiana - hanno già la loro. Vogliono il conflitto, solo così riescono a distrarsi dalla propria mediocrità.
Si fermò un attimo, notando il modo in cui la sorpresa e la confusione s'erano impadronite del viso ancora scosso del chunin.
- Ricorda. È il cattivo che rende la mediocrità più accettabile. È lui che fa la storia.
Fermo sul suo posto, il ragazzo continuò a non capire. Era certo che il discorso dell'anziano tasso si riferisse a quella maledetta di Kokuma, ma dove intendeva arrivare esattamente? Deglutì e tossì per schiarirsi la voce, prima di farsi avanti.
- Non riesco ancora a comprendervi, Mujinahen-sama.
Questo sorrise, senza ancora aprire bocca. Notò soltanto con un po' di dispiacere come il giovane fosse ancora troppo scosso per poter anch'egli replicare per via telepatica, senza dar fiato alla bocca, per nascondere quel segreto. Lo capì, però. Il Codice era severo, tremendo a volte, tuttavia ere necessario per mantenere integra e solida la comunità. La famiglia veniva prima di tutto, anche della pietà.
- Mediamente, un criminale commette venti errori. Meno della metà sono quelli di cui si rende conto. La maggior parte è il prodotto d'imperizia o imprudenza. Ma c'è un tipo di errore che per la propria particolare natura può essere considerato... volontario. È come una firma. Inconsciamente, ogni criminale vuole che gli si riconosca il merito del suo lavoro.
Solo a quel punto, Fuyuki comprese. Abbassò lo sguardo sul pavimento in pietra, rabbuiandosi al pensiero di dover nuovamente affrontare quell'incubo. Mujinahen se ne rammaricò, ma era un dolore che il ragazzo doveva necessariamente affrontare, per farsi trovare pronto. Quella lurida donnola non aveva fatto minimamente attenzione a celare la sua identità, né si era curata di nascondere il corpo di Kisho, l'eremita traditore, per evitare che venisse giustiziato. Era quella la sua firma, quello il monito di una verità che avrebbe dovuto metterli in guardia. Prima o poi, Kokuma sarebbe tornata per completare l'opera.
- Il peccato più sciocco del diavolo è la vanità. In fondo, che gusto c'è ad esserlo, se non puoi farlo sapere a nessuno?

EkNWK

Sette anni dopo, in un'epoca in cui la follia di Kokuma aveva già da tempo trovato giustizia attraverso la lama nera di Namida, quest'ultimo ricordò di aver udito quelle parole, senza però ricordare chi fosse stato a dargli un così prezioso insegnamento. Il peccato più sciocco del diavolo è la vanità. Oh, quant'era stato stolto a credere di poter imporre la sua forza su quello sconosciuto? Qualcosa iniziò a muoversi, dentro di lui. Era una paura viscerale, talmente tanto recondita ed innata da far tremare ogni suo osso, ogni suo muscolo, persino ogni sua convinzione. Come trovandosi di fronte ad uno specchio, il giovane vide quello che doveva essere la sua vittima ribaltargli contro il suo stesso, tremendo, potere. Era la punizione dei kami, che illuminando il suo volto agonizzante con la luce pallida della luna in quella notte silenziosa, intendevano castigarlo per aver peccato per l'ennesima volta di vanità ed arroganza. Fuyuki ne uscì devastato... e non solo nel fisico. Mentre si accasciava al suo urlando, tenendosi le tempie per il dolore, si chiese se quella fosse realmente la sua fine. Mai gli era capitato d'incontrare qualcuno talmente potente da sfruttare contro di lui la sua stessa capacità di terrorizzare i più deboli e ciò poteva soltanto significare una cosa. Era spacciato.
- Ma che razza di... - si sfogò l'uomo, prendendolo a calci ripetutamente e sputandogli in viso. Ogni colpo era una pugnalata all'ego di Namida, il quale non poté far altro che subire, prima di vedere allontanarsi quel misterioso individuo. Questo poi, inaspettatamente, sembrò cambiare idea. Tornò sui suoi passi e, con estrema calma, si sedette sui talloni, proprio accanto al corpo dello Hyuga.
- Anzi, voglio darti un altra possibilità, mio piccolo coniglietto. Che dici, mi aiuterai?
Il ragazzo strinse i denti, dolorante. Voleva reagire, ma non riuscì a mettere in quel gesto né forza, né tantomeno alcuna convinzione. Era totalmente in balia di quel pazzo. E lui lo sapeva benissimo, tanto da esserne terrorizzato. Aveva dimenticato quale fosse stata l'ultima volta in cui si era sentito in quel modo. Kai? Watashi? La Volpe? Davvero non riusciva a ricordarlo.
- C-che cosa vuoi?
- Oh, questo non ti interessa, ma lo saprai a breve. Guarda che ti sto aiutando, sto aiutando tutti voi.
- Cosa vuoi... che faccia? - continuò ancora, come se adempiere al volere di quell'uomo fosse diventato prioritario, come se fosse l'unica cosa che potesse salvargli la pelle.
- Voglio solo che ti decidi a fare il bravo bambino e seguirmi insieme agli altri a salvare Ryuzaki. Te la senti?
Sapeva già cosa rispondere. Non poteva essere altrimenti, del resto. Era in preda al panico e al dolore, tanto da riuscire a pensare soltanto a fare qualsiasi cosa, pur di far smettere quel tremendo incubo. Era qualcosa di agghiacciante, era come se chi aveva di fronte conoscesse ogni sua paura, ogni sua debolezza. Era come se lo conoscesse davvero bene. Per un momento, Namida fu terrorizzato al pensiero che potesse trattarsi dell'uomo incappucciato che aveva incontrato qualche ora prima, durante la sua ultima visita al crepaccio. E come infettato da un patogeno particolarmente virulento, si ritrovò a non poter pensare ad altro che a questo. Si dimenticò persino che la ricetrasmittente fosse accesa, pertanto non sperò nemmeno che Naum fosse all'ascolto e si stesse preparando per correre in suo aiuto. In fondo, era già spacciato. Per questo, sapeva davvero cosa rispondere. Sì, ne era certo.
- D-d'accordo.

 
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view post Posted on 18/11/2019, 23:01     +1   -1
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la curiosità e la sete di conoscenza guiderà l'animo umano fino alla fine dei suoi giorni...

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Aprì gli occhi immateriali lasciandosi inondare dall'oscurità opprimente della prigione, ma quel buio abissale era un tepore lenitivo assai migliore rispetto al sangue della luna rossa che si era eretta tra gli astri illusori di Yusekai. Lo spirito di Mira mosso dalle ali e le parole di Varnaki era finalmente libero di osservare l'altra parte di se stesso: il corpo della donna. Era incosciente, devastato dal potere sconfinato di quell'occhio scarlatto ma se la materia concreta poteva avere punti deboli, l'anima sarebbe sopravvissuta alla nuova alba, e a un'altra ancora finché non si sarebbe ricongiunta al calore del sole dell'esterno. Volteggiando, passò dunque attraverso le pareti sigillate della cella cercando di trovare un percorso, un'uscita agibile sfruttando magari qualcuno in quei dintorni. Non vi erano suoni, né il ben che minimo barlume di speranza di ritrovare la via verso la superficie. Qualcosa però, in fondo al corridoio centrale che si era rivelato una volta superata la robusta porta di ferro della cella, sembrò muoversi attirando immediatamente l'attenzione della donna. Il suo chakra era debole, stanco, apparteneva senz'altro a un uomo avanti con l'età e con ormai i segni di logoramento dovuti alla convivenza con il puzzo terribile di quei viottoli. Era sporco, magrolino ed era immerso in una quantità tale di scartoffie vomitate da un mobiletto su una parete che se si fosse trovato disteso sulla brandina piuttosto che seduto su una scricchiolante sedia di legno, ne sarebbe finito inghiottito. Si chinò per raccogliere una vecchia foto finita per terra per riappenderla con una puntina alla parete. Quindi prese uno di quei libri sbuffando e si tuffò tra le carte, immergendosi nella lettura. Mira non riuscì a scorgere il titolo ma i contenuti erano prevedibili per una persona finita in una cella come quella.

CITAZIONE
"[...]Il nocciolo essenziale dell'uomo è la libertà. Libertà di pensiero, libertà d'iniziativa, libertà di azione. Eppure, come mai la maggior parte dei nostri antenati ha risposto al fatto che i loro gioghi sono stati spezzati salendo sulle grandi baleniere dei Villaggi? Schivizzando se stessi? Potrebbero non essere più servi di quei caporali che gli concedono un piccolo suolo da occupare, o che danno loro diritti e doveri di qualsiasi sorta nei confronti degli altri, ma invece hanno preferito sottostare a quei nuovi teorici e padroni dell'implacabilità della proprietà. I tentativi di dominio sulla terra li hanno resi schiavi, non la terra in sé. Nel possedere cose, persone, imprese, gli antichi servi del passato non sono diventati maestri, non amministratori, ma nani intellettuali gestiti dal mondo tanto quanto i contadini durevoli di quel mondo feudale alle loro spalle. E in molte e multiformi modalità, ancor più perché sono indotti a credere di essere liberi, mentre il contadino sa sempre di essere in trappola, di essere condannato.[...]"

Libertà, ancora quella parola, quel concetto. Che cos'era però realmente la libertà? Kai ne aveva fondato un culto, una religione, ma in fondo anche la donna per troppi anni l'aveva perseguita, alimentando la fiamma che intorno a lei aveva creato il ninja dorato. Varnaki sussultò, era lì, con la donna, e condivideva con lei ciò che stavano osservando, oltre ai pensieri che quel libro gli stava suscitando. La donna strinse i pugni vitrei e ripensò al monologo che Kai le aveva concesso, completamente in preda a un delirio irriconoscibile. Erano passati anni dall'ultima volta che lo aveva incontrato, e così come lei aveva trasformato i suoi obiettivi e l'esistenza stessa di Kirinaki, anche il suo mentore era cambiato, e aveva evidentemente costruito su basi lesionate dalla guerra contro Watashi e rimaste definitivamente corrotte. E nei cambiamenti era stata definita lei... una Traditrice.

Varnaki - Qui non c'è niente per noi.

Lo spirito abbandonò la cella dell'uomo provando a proseguire in linea retta. passando dai corridoio principali con l'idea di raggiungere l'esterno. Non poteva allontanarsi troppo dal suo corpo fisico ma sperava fosse abbastanza per farsi un'idea di che cosa vi fosse lì intorno e del livello della sorveglianza, e capì essere davvero troppo alto. Quella prigione era come una fortezza, guardie armate che andavano e venivano, sistemate in modo tale da concedere pochi punti ciechi e un continuo scambio di posizioni. Celle ovunque, ronde di guardie che pur nella migliore forma le avrebbero intralciato la fuga. Da sola, nelle condizioni in cui versava a causa della luna insanguinata non avrebbe neppure potuto forzare la porta che teneva chiusa la sua cella, figurarsi passare per un corridoio sorvegliato in quel modo. Cercando però di estendere l'abilità sensitiva il più possibile, percepì un chakra conosciuto, con cui aveva avuto a che fare da poco e per un tempo a sufficienza da rendersi riconoscibile nel dettaglio: apparteneva a Jou, era ancora vivo e rinchiuso nella stesso piano della donna, di fronte e oltre le pareti e le guardie. Non sapeva quanto fosse bravo nelle evasioni, ma in quella circostanza era la sua unica speranza. Nella zona setacciata come spirito e quindi nell'area di attività della sua abilità da sensitiva non vi era invece traccia di Fuyuki. Non lo sentiva ormai da troppo tempo e l'ultima volta che si erano scambiati un messaggio sembrava si fosse sull'avvento di una resa dei conti tra le fazioni.
Lo spirito tornò nella cella a quel punto, tornando ad osservare il proprio corpo inerme in balia di sconforto e paura. La mente era rinata dalle fiamme rosse di quella luna insanguinata ma lui non lo aveva ancora capito, era ancora tremante e senza fiato preda dei demoni scarlatti di una Yusekai assediata. Varnaki allungò le scure braccia verso il viso della madre e aprì le mani mostruose per afferrarle la mandibola. Le alzò il capo per incontrare il suo sguardo spento. Gli occhi vitrei di Mira, senza riflesso, finirono vittima di quelli senza luce della bestia del mondo degli spettri ma per come si erano messe le cose era un colore decisamente meno terrificante del rosso sangue. Varnaki sparì in quel momento e al suo posto l'anima di Mira schioccò le dita, graffiando le pareti del loro mondo oscuro, inglobando quel mare di sangue in un'oscurità senza tempo, senza pareti. Era un cumulo di vuoto, un'eternità da dover ricostruire da zero, come il mondo al di fuori di quella cella, dall'alto del Cielo.


Svegliati!

 
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