[Fase IV] - Eidolon, gaeshi(1o pg) - Bloodyrose(2o pg) - Steve - Lucifergirl(1o pg) - Egeria(1o pg) - (!) - Crystal

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view post Posted on 9/6/2018, 10:09
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Si passa due dita nello scollo della tunica, scostandola dalla pelle che si va accalorando velocemente; tutto quel pulsare sempre più rapido le mette una certa ansia addosso; osserva la sua controparte agitarsi a disagio nella stretta delle catene, mentre Yu le mostra con ampi gesti l'ubicazione di... beh, sé stessa. “Esatto” conferma atona, sentendosi lo sguardo indagatore dell'altra addosso. Crede di poter immaginare con una certa precisione cosa stia pensando; non riesce a provare un distacco sufficiente, la sensazione di trovarsi davvero davanti al suo doppio va oltre ogni ragionevole dubbio.

La infastidisce non poter leggere il viso della sua controparte, anche se il sollievo provato nel saperla lì è stato un balsamo fresco applicato su di un'ustione. Non ha bisogno di altre conferme: che sia un clone di qualche natura, un'illusione o uno sporco trucco da baraccone, il responsabile conosce esattamente le sue risorse e non si è fatto scrupoli a metterle in campo. Nemmeno sforzandosi potrebbe percepire quel leggero sfarfallio, che pure le capita di notare quando si osserva da vicino allo specchio, quando la sua tecnica è attiva. Dovrebbe essere fiera del suo risultato, se non fosse che Yu sembra averla individuata comunque senza problemi: come mai? Solo perché ha sentito la sua voce, o c'è dell'altro? A differenza degli altri, tuttavia, la sé invisibile non si avvicina né cerca di prelevarle le armi di dosso, né si sforza di parlarle o farle domande per comprendere cosa stia accadendo. Perché ci siano due di ciascuno di loro.

A rigor di logica, in presenza di due copie identiche, almeno una deve essere falsa ma, come in tutta la narrativa esistente, nessuna delle due parti avrebbe mai ammesso di esserlo – nemmeno si prende il disturbo quindi di andare a verificare come stanno facendo gli altri. Chi in un modo, chi nell'altro, stanno tutti accettando la situazione: alcuni di quelli legati alle colonne nemmeno provano a protestare contro il prelievo delle loro armi. Forse sarebbe la cosa più intelligente da fare, però il pensiero di avvicinarsi alla conca piena di liquido le fa venire la tremarella; se poi pensa a come potrebbe sentirsi, se fosse legata in quel modo...

… senza potersi muovere, senza poter scappare, senza potersi ribellare o difendere da qualunque cosa stia per succedere, perché è ovvio che stia per accadere qualcosa. Forse sarebbe meglio se l'altra Urako venisse a prendersi le armi come fanno gli altri: potrebbe proteggere entrambe in quel modo, ma qualcosa le dice che non l'avrebbe fatto – né avvicinarsi, né proteggere lei. Molto più probabile la fuga, se si assomigliano tanto quanto immagina. E il tempo sembra quasi non passare, tra quei confronti più o meno animati -

- finché la polla non inizia a ribollire all'improvviso, e qualcosa non fende la sua superficie e lei non compie immediatamente almeno tre o quattro passi indietro, fissandola con gli occhi invisibili sgranati; un'identica espressione, a metà tra la sorpresa e il panico, si dipinge sul viso della sua gemella incatenata, che a differenza di lei non ha la fortuna di potersela dare a gambe...
Esce dal liquido un animaletto fulvo, tutto bagnato, malfermo e con le orecchie enormi, che potrebbe anche fare quasi tenerezza, se non fosse per alcuni dettagli.


Quei dentini aguzzi potrebbero fare concorrenza a quelli di Kuroneko, fanno venire i brividi dietro la schiena... per non parlare degli occhi rossosangue, incastonati in mezzo al pelo nero. Un animaletto da incubo. Istintivamente, forse scioccamente, saggia per l'ennesima volta la consistenza di quelle catene inamovibili, sentendosi addosso sempre più forte l'urgenza di fuggire lontano, più lontano possibile.

A Shi sarebbe piaciuto di sicuro.
Sempre adorati i mostri, quello là. Quasi riesce a immaginarselo, sdraiato a dormire sul divano candido del suo soggiorno, come se lui non se ne fosse andato.
Stupido, stupido Shi.
Che poi, perché diamine le venga in mente proprio lui, in un momento del genere.
Fortuna che c'è quella corda a tenere la bestia ferma lì dove sta, specie visto che di vie d'uscita non se ne vedono; quando poi quel coso apre bocca... beh, non ne parliamo nemmeno.
Col cuore che fa le capriole, vorrebbe fare abbastanza passi indietro da poter sparire, inghiottita nel muro dal lato opposto del salone.


Col cuore che fa i salti mortali non le resta che sparire a sua volta, lasciando le catene tese sul nulla del suo corpo trasparente: inorridita, la mente si paralizza nell'incredulità mentre osserva da fuori le reazioni dei suoi compagni, come se fosse un grottesco spettacolo teatrale.

Apritela tu la gola, bestiaccia – sarebbe stata una cosa figa da dire, peccato che proprio non le venisse in mente in quel momento: lei non è la persona giusta da dire cose fighe quando ne ha bisogno. Quando c'è bisogno di alzare la voce, è già arrivata l'ora di scappare. Questa è l'ora di scappare.
Forse si sbagliava, a Shi la bestia non sarebbe piaciuta affatto: si sarebbe incavolato da morire se l'avesse sentita avanzare quella richiesta. Naturalmente si sarebbe offerto lui di crepare al posto suo e a lei sarebbero saltati i nervi ma di nuovo, perché ci sta pensando adesso? Era andata così bene le settimane passate, si era buttata sul lavoro, era riuscita a relegare la maggior parte dei pensieri nell'angolino più lontano e buio della sua mente e adesso sbam! Eccoli che tornano tutti assieme, un esercito urlante. Anche le esclamazioni di Yu non tardano ad arrivare. Si accorge improvvisamente di quanto sia forte il magone che le serra la gola.
“Minna-san, arigatou” - quello che vorrebbe dire; quello che succede è che la bocca le resta incollata sulla emme e le labbra non si spiccicano manco a tagliarle con un kunai, quindi rimane come uno stoccafisso a spostare lo sguardo dall'animale a Yu, da Yu all'animale e poi a turno su Shitsuki, il Mizukage addirittura, che non è vero che non si è accorto di lei. Sono tutti tesissimi. Certo, non lo sono solo per lei, perché non ci vuole un genio per capirlo: lei sarebbe solo la prima, poi verrebbero tutti gli altri. Ci sta, che si agitino tutti, però che so... potevano infischiarsene. Il Mizukage poteva ordinarle di eseguire la richiesta del bastardino, anche solo per vedere cosa sarebbe successo: se sarebbe sparita anche quella incatenata, per dirne una.


Ma è solo lei a farsi quella domanda?
Ci ha pensato nessuno, che la bestia non ha specificato quale delle due debba uccidersi?

Quella invisibile, fino a poco fa, era solo l'altra. Per quanto la riguarda quella è l'interpretazione migliore, ma forse è solo colpa dell'essere legata. Morire di gola squarciata è orribile. Quanti ne ha visti all'obitorio col collo aperto, e un'espressione di sofferenza disumana impressa per sempre sulla faccia? Eppure Shitsuki si è puntata una lama alla gola senza battere ciglio. La solita testa calda.
Ma è tanto, tanto felice di conoscerla. Di conoscerle.
Non avrebbe mai creduto prima d'ora, che ci fosse qualcuno - oltre lui - disposto a farsi del male per aiutarla.
E se l'altra ha dalla sua il potersi rifiutare di eseguire gli ordini, lei – che se ne sta legata come una gallina nel retrobottega di un macellaio – la voce la può alzare.
Prima spieghi a che serve morire. Spieghi chi sono quelli veri. Poi parliamo di tagliare gole.”
La voce incorporea si leva leggermente strozzata per il nervosismo. Sente le mani fredde, leggermente sudate; è più consapevole che mai del peso della sacca dei kunai contro la gamba. Un'idea si è fatta strada nella sua mente: se proprio non può scappare, se proprio qualcuno deve morire, è meglio che a morire sia quello che se muore, non muore sul serio. È disposta a farsi sgozzare, ma solo se ci sarà l'altra libera di andarsene; se alla fine non sarà buio eterno, ma un sogno prima del risveglio.

 
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view post Posted on 11/6/2018, 09:55

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CITAZIONE
Parlato Mitsuaki incatenato

Avere di fronte a se la proiezione del proprio corpo era qualcosa di particolarmente strano da affrontare, per non parlare del fatto che quella copia avesse il medesimo carattere e, probabilmente, gli stessi pensieri dell'originale. Era come guardarsi ad uno specchio in grado di poter rispondere a tono. Vanitoso lo era sempre stato, certo, ma persino per lui avere un proprio doppio poteva rappresentare un problema rilevante da dover affrontare. Ognuno di loro stava affrontando quella situazione a modo proprio, ponendo domande o cercando d'arrivare ad una soluzione tramite il confronto con l'alter ego. Diversamente da tutti gli altri lo spadaccino era certo, o quasi, che quello che aveva dinanzi a se fosse in tutto e per tutto egli stesso ed il motivo era piuttosto semplice: se la Samehada non stava cercando di scappare o alla peggio di ucciderlo quello doveva per forza di cose essere Mitsuaki. Era lui l'unico Squalo della Nebbia e come solo possessore della più vorace tra le sette non v'era possibilità alcuna che quello incatenato alla colonna fosse un impostore.
I due si squadrarono a vicenda, rimanendo stranamente in silenzio nell'analizzare l'interlocutore. Era sempre stato un tipo a dir poco loquace e quella quiete risultava ancor più straniante se si considerava la presenza di ben due Mitsuaki. Ma prima o poi uno dei due avrebbe dovuto rompere quella stasi forzata per poter comprendere al meglio quella situazione. Il castano con il saio decise quindi di rompere gli indugi e senza tergiversare oltre pose alla copia incatenata qualche domanda, sperando che almeno essa avesse qualcuna della risposte che tanto cercava.


Mi sembra inutile chiederti se sei Mitsuaki...ma sai per caso dove ci troviamo? E cosa ci fai incatenato a quella colonna?

Ah guarda, ne so forse meno di te. Mi sono svegliato da poco e quando mi sono ripreso ero già attaccato a questo stupido pilastro...ho provato a liberarmi ma le catene sono più resistenti del previsto. Tu piuttosto, cosa ci fai con quella cosa addosso?



Anche io mi sono risvegliato poco fa ma a differenza tua ero completamente nudo...ci è stato rubato tutto, compresi i nostri equipaggiamenti. Persino la spada mi è stata sottratta e per qualche strana ragione ora è sulle tue spalle.

Piuttosto che fugare dubbi quella conversazione non faceva altro che aggiungere domande. Entrambi erano in quel posto senza conoscerne il perché ma entrambi ricordavano quel che era accaduto loro poco prima sul campo di battaglia. La stessa sorte che evidentemente era toccata a chiunque altro in quella stessa sala.
Lo spadaccino vestito di bianco decise quindi di portare oltre quella conversazione, avvicinandosi ancor più alla controporte legata. Quando fu a pochi passi da lui si fermò nuovamente, cercando di non destabilizzare la situazione e di conseguenza la sua copia.


Capisco che ti sembrerà strano e che sicuramente non sarà facile ma...ho bisogno della Samehada. In questo momento è l'unico modo che ho per proteggere entrambi e se tu non sei in grado di muoverti è inutile che la tenga tu.

Il castano legato alla colonna sembrò sobbalzare nell'ascoltare quelle parole mentre sul suo volto si delineava un'espressione che rappresentava al meglio quel suo disagio, un misto tra rabbia, frustrazione ed impotenza. Sapeva che quello che aveva appena ascoltato era la verità e che in quelle condizione non avrebbe potuto opporsi in alcun modo al suo doppio eppure stentava a liberarsi volontariamente della propria compagna con tanta leggerezza. Era tutto così strano da sembrare irreale. Non aveva idea di cosa fare e per qualche strano motivo qualsiasi opzione gli sembrava quella giusta. Ci mise qualche istante, dopodiché prese parola, rispondendo con voce quasi sommessa.

D'accordo, prendi pure Sammy. Per qualche ragione non sembra per nulla contrariata da questa cosa, pare che anche lei percepisca che tu sei Mitsuaki. Ma vedi di farci uscire di qui, intesi?



Te lo prometto sul mio onore di spadaccino!

Con l'assenso appena ricevuto lo Squalo si avvicinò dunque all'alter ego estraendo dalle sue spalle l'enorme mannaia, tornandone quindi in possesso. L'elsa era ruvida proprio come la ricordava, la lama pesava come un macigno eppure ognuna di quelle sensazioni era ben più che familiare. Sentiva d'aver recuperato una parte del proprio corpo o, ancor meglio, una parte della propria anima.

Ora proverò a rompere le catene, cerca di non muoverti o potrei anche tagliarti a metà!

Riprese infine con un'espressione divertita in volto. Era sicuro di se, fin troppo, e se ne rese conto dopo qualche istante. Giunto dall'altra parte della colonna si preparò a colpire le catene con un fendente d'alto vero il basso e caricando il colpo con buona parte della propria forza. L'enorme spadone cozzò contro la colonna ed infine contro quelle spire oscure ma il risultato fu ben più deludente del previsto: l'impatto fu spaventoso ma quel che ne risultò fu null'altro che uno sprigionarsi di scintille fine a se stesso, con le catene per nulla intaccate dal colpo. Provò quindi più e più volte a distruggere sia le catene che la colonna ma nessuno dei fendenti andò a segno, come se vi fosse una forza invisibile pronta a ricacciare indietro ognuna delle sue offensive. Diversi tentativi dopo decise di fermarsi, visibilmente ansimante, mentre tutt'attorno le consultazioni andavano avanti. Provò dunque a riprendere fiato ma ancor prima che potesse proferir parola qualcosa di strano lo interruppe, attirando la sua attenzione così come quella del suo doppio.

Eccolo.

Quindi non ero l'unico ad essermene accorto...fa attenzione...



Certo che detto da te...

Poco distante da loro, all'interno della conca a cui tutti i pilastri erano collegati tramite piccoli canali, uno strano liquido ben più luminoso di qualsiasi altra cosa in quella stanza prese a ribollire. Parte del liquido iniziò a sollevarsi come animato da una strana forza fino a mostrare chiaramente cosa vi fosse al di sotto dello stesso. Una creatura in tutto e per tutto simile ad un cucciolo di volpe, con il pelo fulvo ed ancora fradicio di quella strana sostanza. Stentava a mantenersi in piedi al bordo della conca e solo dopo diversi tentativi riuscì nell'intento. Quel che lo Squalo notò in prima battuta fu la mancanza di una coda e solo in seguito parve accorgersi dello strano colore degli occhi della creatura, rossi come braci accese.

E' questa la presenza che ho percepito prima.

Istintivamente il ragazzo portò la Samehada a protezione, ponendola dinanzi a se, ma fu subito chiaro che quell'animale non rappresentava una minaccia. Per il momento, almeno. Ripose dunque l'arma, attendendo la prossima mossa del canide che non tardò certo ad arrivare. Si presentò loro con il nome di Kurama, proponendo al gruppo appena giunto di giocare. Eppure ancor prima che qualsiasi domanda potesse giungere fu la creatura stessa a spiegare parte di quel "gioco". Rivolgendosi ad Urako, ancora occultata tramite invisibilità, le ordinò di avvicinarsi alla colonna a cui la sua copia era legata e aprirsi la gola. E quindi il sacrificio era il gioco? Sobbalzarono all'unisono nell'ascoltare quelle strane parole e tutti intervennero per fermare quello strano rituale appena richiesto. Non tutti alla stessa maniera, però. Tra chi chiedeva ulteriori informazioni e spiegazioni vi era anche chi non sembrava avere problemi a prestarsi a quel gioco. Sia Hayate che quella misteriosa donna-demone non parvero farsi problemi a riguardo e fu proprio quest'ultima a proporsi volontariamente come sacrificio. Ma cosa avevano in mente quei due? Perché assecondare quello strano animale nel suo gioco a scapito di una vita umana?
Provò a trattenere la propria rabbia, stringendo forte l'elsa della spada, ma non poté rimanere in silenzio per più di qualche secondo.


Ma cosa cazzo state facendo, vogliamo davvero prestarci a questo stupido gioco?! Fanculo questo posto, fanculo questo gioco e fanculo pure questa specie di volpe!

Nell'esporre quel suo veemente pensiero lo spadaccino puntò la mannaia verso la volpe stessa, mostrando tutto il suo disappunto.

Dicci come uscire di qui, ORA! O sarò io stesso a crearmi un'uscita, a costo di tagliare questo posto in due...

<attivazione/passiva> -Sensitivo- [Liv 0: 61/61]
"Chi possiede questa'abilità è in grado di percepire la presenza e, in caso, il chakra, di coloro presenti in un certo raggio d'azione. Quest'abilità è in parte passiva, infatti è sufficiente possederla per percepire le presenze vaghe e indistinte. Si riuscirà a distinguere il numero delle presenze e la loro direzione, ma non la distanza da sé e in generale la posizione precisa. Per ottenere una visione chiara di ciò che si ha intorno, sarà necessario concentrarsi per qualche tempo. A questo punto l'abilità risulta attiva; in questo stato è possibile conoscere la posizione precisa di tutte le creature dotate di Chakra nel proprio range d'azione e inoltre, sarà possibile associare i chakra a quelli delle persone che si conoscono o che comunque si ha già avuto modo di esaminare. Il ninja che ha attivato il Sensitivo può individuare qualsiasi fonte di chakra, anche la più debole, ragion per cui può conoscere il punto in cui è stata piazzata una trappola a base di chakra, il cui segnale è piuttosto statico e debole per cui non richiede grande concentrazione.

- Nella modalità attiva è possibile individuare istantaneamente tutte le persone nascoste (indipendentemente dal livello di Nascondersi o di Sensitivo), tuttavia sarà impossibile individuare persone che riescono a celare in qualche modo il proprio chakra (es. tramite abilità Controllo chakra superiore, tecniche, attivazioni, direttive del master, etc...) . risulterà impossibile anche distinguere una Genjutsu dalla realtà una volta che si è sotto il suo effetto. Le azioni morte effettuate mentre si mantiene attiva l'abilità ripristineranno solo metà della Stm prevista per lo sforzo del mantenimento.

-Al Lv.2 sarà possibile individuare l'abilità "Sensitivo" altrui, ma solo se diretta verso di sé o nelle immediate vicinanze."

Liv 0: 3 Stm a turno; 1 turno necessario all'attivazione; 2 km di range

NB: Per individuare le Trappole basate sul chakra (int) si deve utilizzare l’ abilità sensitivo in modalità attiva, pagando il rispettivo costo, ma senza aspettare alcun turno.


 
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view post Posted on 17/6/2018, 23:01
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Mhh... mhhhh..

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*La volpe alzò nuovamente gli occhi al cielo, assolutamente incurante dell'altrui minaccia o preoccupazione. Il fatto di avere una spada gigantesca puntata verso il muso non parve turbarla affatto. Aprì la bocca, rispondendo alle loro domande con un lungo e forzato sospiro. Come diavolo facevano a non sapere nulla? Erano le loro vite, non la sua.*

"Ehhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh che palle che siete voi umani. Ok, ok... calmatevi."

*Si prese il suo tempo, grattandosi placidamente l'orecchio destro mentre, forse, cercava le parole per una risposta che soddisfacesse tutti quanti.
O forse no. Si voltò verso Mitsuaki, rivolgendogli un sorriso che di sincero non aveva nemmeno i denti.*


"Vuoi uscire da qui, ometto? Ok. Là.
Accomodatevi, tu e la tua paletta gigante."


*Fece, accennando al cuore pulsante oltre i pilastri e alla Samehada. Sarebbe stato senz'altro possibile per loro superarli, date le aperture tra l'uno e l'altro... ma considerando l'antifona, era molto probabile che quello della volpe fosse un invito provocatorio. Uno da non seguire affatto.*

"Non c'è modo di uscire senza giocare. Il tempio vuole giocare, e se non giocate si arrabbia. Vi cuoce come polli allo spiedo.
Vi dirò come fare, solo perché loro due mi stanno simpatici."


*Fece, riferendosi ai due Yūzora, gli unici che lo avessero approcciato con fare cortese... per quanto sintetico fosse.*

"Dovete uccidervi. Ogni volta che uno di voi muore, un pilastro viene giù, e mi spunta fuori una coda. Quando le ho tutte e nove, posso colpire il cuore e farci uscire. Finché non le ho tutte non posso liberarmi.
È facile, bambina invisibile, non potete sbagliare."


*Spiattellò loro le regole di quel macabro gioco, un sacrificio mascherato da svago. La volpe, di certo, aveva solo che da guadagnarne.
Quale che fosse stata la loro decisione a quel punto, pareva davvero che la creatura non avesse mentito riguardo il destino che li attendeva, avessero esitato ancora a lungo: onda su onda, battito su battito, il calore del saio sulla pelle e della pietra contro la schiena iniziava a farsi bollente, a stento sopportabile. Gli stessi mattoni rossastri del tempio iniziavano a caricarsi di luce, come magma non ancora solidificato del tutto.
Con un ultima occhiata la volpe li squadrò tutti uno ad uno, soffermandosi su Takumi ed Hayate prima di accennare col capo a Shitsuki.*


"Beh... io ve l'ho detto. La donna caprona ha avuto l'idea giusta."

GDROFF///Scadenza, 25/6.///GDRON
 
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view post Posted on 23/6/2018, 15:04
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Per facilitare la lettura (ma neanche troppo) ho differenziato i font dei due Yu come segue:

Yu col saio:
Parlato
Pensato


Yu legato:
Parlato
Pensato

Per quanto i modi dello spadaccino fossero stati irruenti e decisamente poco razionali, Yu non poteva che trovarsi d’accordo con lui per alcuni aspetti di quello che stava accadendo in quel luogo. Non aveva la benchè minima idea di che cosa stesse passando per la testa di Shitsuki e il Mizukage e, francamente, aveva fatto davvero fatica nel trattenersi dal chiedere alla donna che diavolo avesse nel cervello quando si era puntata il kunai alla gola con un fare che di bluff non aveva proprio nulla, e al loro sovrano che non sembrava minimamente intenzionato a fermarla se non momentaneamente. Ora, lui non conosceva a menadito il culto di cui la Kunoichi faceva parte, sapeva solo quello che si diceva in giro o che veniva vagamente riportato nei libri, ma onestamente dubitava che la sua fede la salvasse da una decapitazione o un dissanguamento. Immortali, necrofagi, se ne dicevano tante sui seguaci di quel Dio sanguinario…troppe per poter essere prese in considerazione seriamente. Tra l’altro assecondare la richiesta di quella volpe, senza aver prima capito meglio che cosa stesse proponendo, gli sembrava davvero un’assurdità. Fortunatamente gli altri avevano cercato di capirci qualcosa e, chi più chi meno, avevano posto delle domande utili per fare chiarezza sul fantomatico “gioco” di cui il cucciolo zannuto parlava. Cucciolo che, almeno apparentemente, non dava l’idea di possedere alcuna malizia nel rispondere, se non la sincerità tagliente di un bambino. Non fece minimamente segreto del fatto che si stessero agitando troppo e che il loro tergiversare lo stessero annoiando, ma nonostante questo ebbe l’affabilità di rispondere a tutti. Si prese giusto qualche lungo, eterno istante in cui si grattò dietro uno dei suoi grandi orecchi, come se stesse pensando bene a che dire, quindi iniziò a parlare rivolgendosi per primo a Mitsuaki e sfidandolo apertamente ad attaccare la reliquia luminosa…un invito che sembrava più una provocazione da non seguire affatto e Yu sperò sinceramente che lo Spadaccino afferrasse l’antifona visto il carattere impulsivo di cui sembrava essere dotato, prima di sentirsi direttamente chiamato in causa.
Sia lo Yu libero che quello prigioniero sobbalzarono nel sentirsi tirare in ballo direttamente dalla creatura. Era un bene il fatto che la volpe provasse simpatia per loro e per questo avesse deciso di dare loro le spiegazioni che chiedevano, ma…ecco…era mai possibile che la maggior parte delle volte il Rosso riuscisse a risultare piacevole a persone o creature che di normale non avevano nemmeno un pelo? Ok che “normale” era un concetto relativo, però che cavolo!


Visto? Fece la sua replica legata al pilastro, con un’espressione che era tutta un programma e che Yu avrebbe volentieri cancellato dalla propria faccia se solo non fosse stato il momento sbagliato. ...Gli sei simpatico.

Guarda che parla anche di te, Baka.

Replicò rapidamente, sibilando appena mentre con un orecchio cercava di continuare ad ascoltare cosa la volpe stesse dicendo riguardo a come uscire da lì. Diverse cose lo colpirono delle informazioni che la volpe diede loro. Prima tra tutte però fu la faccenda delle code.
Quel cucciolo aveva proprio detto che ogni volta che uno di loro moriva, un pilastro sarebbe caduto e a lui sarebbe spuntata una coda, per un totale di nove. Nove Code. A quel punto avrebbe potuto colpire il cuore e fare uscire tutti, ma doveva recuperare la totalità delle sue estremità per poterlo fare…evidentemente senza di esse il suo potere non sarebbe stato abbastanza. Ma loro erano sette giusto? Ai pilastri esterni della mezzaluna formata dalle colonne coi loro doppi, c’erano due individui anonimi di cui non sapevano nulla…e sotto al dipinto i sai erano appesi a sette ganci, non ce n’erano due di vuoti che lasciassero presagire la presenza di qualcun altro in quel posto. Quindi che significava?


Quanto meno mi è chiaro con cosa abbiamo a che fare. E se prima mi fidavo poco ora non mi fido per nulla. Se questa creatura ha nove code per davvero…non può essere che uno dei nove Bijuu, il più pericoloso e potente.
Anche se il suo aspetto ora è quello di un cucciolo, deve essere una specie di effetto collaterale di aver “perso” le proprie code…Riappropriandosene sicuramente crescerà, così come crescerà il suo potere.


E poi c’era quella cosa del finire arrosto. Non credeva fosse una bugia, la temperatura stava salendo vertiginosamente attimo dopo attimo. Sembrava quasi d’essere finiti in mezzo al deserto sotto al sole cocente ed era evidente che anche il suo doppio ne stesse soffrendo. Si agitava sul palo inarcando la schiena per tentare di allontanarsi dal contatto con le lame di Kenmani e dal marmo che, come tutta la struttura del tempio, aveva iniziato a diventare luminoso, quasi come se fosse magma incandescente. Lo Yu col saio lo avvertiva sotto i piedi e cercava di spostare il peso dall’uno all’altro come se stesse camminando sulla graticola, ma il peggio era quel dannato sacco bianco che indossava! Stava facendo la sauna lì dentro e tutto quel caldo non lo aiutava per nulla a ragionare. Tanto che pensò di mandare a fanculo tutto e di toglierselo, tanto quello che c’era da vedere ormai era stato visto, no?
Peccato che non appena mise mano al capestro per allentarlo così da togliersi quell’abito cerimoniale, la corda si strinse maggiormente alla sua vita togliendogli il fiato.


No.
Nonononono! Non può essere vero!






Mentre tentava invano di liberarsi di quel saio in qualsiasi modo possibile, ascoltando solo di striscio le ultime parole della volpe, la sua controparte sul pilastro si agitava tentando di allontanarsi per lo stesso motivo. Cazzo, che razza di situazione era? O si uccidevano o finivano arrostiti da quel dannato tempio: wow grande scelta, davvero. O muori o muori sperando che almeno uno dei due sopravviva. E non ci voleva molto a capire chi dei due sarebbe eventualmente finito sgozzato. Si conosceva. Non voleva morire. E da un punto di vista logico era molto meglio che a sopravvivere fosse chi era libero di muoversi e non lui che era legato come un salame! Per quanto a sembrare un agnello sacrificale fosse il sé stesso che aveva di fronte e che stava provando inutilmente a liberarsi di quella veste…sapeva come sarebbe finita se non ci fosse stata una scelta alternativa: lo avrebbe fatto anche lui se si fosse trovato in quella situazione. Era crudelmente logico. Per quanto di logica quel posto ne avesse davvero poca. Ma doveva esserci una via d’uscita, non poteva non esserci! Solo che con quel caldo asfissiante forse non riusciva a vederla. Non faceva che pensare a quanto le lame di Kenmaki iniziassero a bruciare sulla pelle, conducendo il calore che emetteva il marmo del pilastro, e a maledire il fatto che la sua controparte non si fosse preso la briga di prendersi anche quell’arma! Cazzo, non ci voleva morire in quel posto! Non in quel modo idiota. Eppure non sembrava ci fosse altra via. Era quasi sicuro che attaccare il punto alle sue spalle indicato dalla volpe a Mitsuaki fosse follia, così come attaccare la volpe ora che sapevano fosse un Bijuu. E lei lo aveva spiattellato praticamente così, candidamente, come altrettanto candidamente aveva parlato di farsi fuori per potersi salvare. Pazzesco…francamente non aveva idea di che cosa pensassero gli altri, ma a lui non andava proprio a genio quella scelta che gli veniva imposta: non c’era alcuna garanzia, nulla di nulla! Era totalmente cieca. Fidarsi della volpe e stare al gioco o farsi cuocere allo spiedo dal tempio? Non vi vedeva una reale vittoria in nessuna. Era una scommessa a cui non avrebbe partecipato se avesse potuto. Mai nella vita. Eppure…sembrava che qualcuno del gruppo, invece, fosse ben deciso a tentare, nonostante tutto.

Oi. Il Takumi col saio aveva preso ad avvicinarsi a passo spedito verso l’amico che era imprigionato proprio di fianco a lui. Oi, che stai pensando di fare?

Ma quello sembrava sordo alle sue parole e ben presto la controparte, ovviamente conscia sicuramente più di Yu di cosa passasse per la testa al suo riflesso speculare, prese ad agitarsi in preda al panico, impotente di fronte alla decisione apparentemente irrevocabile dell’altro castano. Yu vide il terrore nelle iridi del compagno, profondo e radicato, mentre si voltò verso di lui cercando sostegno in qualche modo, ma lui da lì non poteva fare nulla. Nulla. Se non osservare e protestare come effettivamente stava facendo, agitandosi sul pilastro e insultando il Takumi col saio che ormai era praticamente i fronte all’altro sé stesso.

Ehi tu! Sì parlo con te, altro me! Hai intenzione di lasciarglielo fare?! Gridò all’altro sé stesso. Cazzo, smettila con quella merda di saio e fai qualcosa coglione!





Qualsiasi cosa facesse, quella veste non sembrava intenzionata a levarsi, strapparsi o sfilarsi in alcuna maniera. Era prigioniero di un cazzo di saio, in maniera non dissimile dall’altro sé legato al pilastro, e intanto il calore cresceva ogni secondo di più così come la pressione per quella decisione imminente da prendere che Kurama, sembrava intenzionato a spingere verso una direzione ben precisa. Già e c’erano diverse cose che non tornavano in quella storia. Era chiaro che alla volpe per liberarsi servisse il sangue. Se non fosse stato così, non avrebbe messo l’accento con Urako sulla modalità con cui avrebbe dovuto uccidersi. Aveva proprio detto di andare al pilastro e tagliarsi la gola, specificando questo, piuttosto che chi delle due avrebbe dovuto morire - cosa che apriva un altro interrogativo, ovvero se avesse effettivamente differenza chi morisse o se la morte di uno significasse automaticamente anche la morte dell’altro. D’altronde se fosse bastata il loro decesso generico, non avrebbe avuto alcun senso che Kurama dicesse loro del “gioco”, no? Sarebbe potuto starsene in silenzio e guardarli arrostire lentamente…Ma no, serviva il sangue per liberare le code. In fondo la costruzione stessa lo suggeriva, con quei canali e quel lezzo metallico. Però che senso aveva un gioco che permettesse di liberarsi se erano tenuti appositamente prigionieri lì?
Tante, troppe cose non tornavano in quella faccenda. Il loro numero insufficiente, la natura di quel gioco, di quel luogo stesso, e quella scelta dannata che li metteva di fronte ad una decisione presa alla cieca. Non gli piaceva per nulla. E non gli piaceva nemmeno morire dal caldo. Cazzo, non era abituato a quelle temperature! E ora ci si metteva pure il suo doppio a rompere! Che cosa diavolo aveva da sbraitare tanto? Alzò lo sguardo in tempo per vedere Takumi che si era approssimato alla sua replica, apparentemente con tutta l’intenzione di fare quanto suggerito ed imbeccato con tanta veemenza da Kurama.


Kuso…Troppo precipitoso.

Di farsi una doccia lo aveva già deciso, per schiarirsi le idee e combattere quel caldo assurdo…ma a quanto pareva non era l’unico ad averne bisogno. Impose quindi rapidamente le mani, richiamando l’umidità presente nell’aria in quattro polle colme d’acqua che poi lasciò ricadere sopra di sé, il proprio doppio e i due Takumi. Un mero palliativo contro il calore per sé e, sperava, un buon modo per dare una svegliata all’amico. Non gli disse nemmeno nulla, semplicemente gli lanciò un’occhiataccia eloquente. Aveva capito che pareva non esserci scelta, ma porca puttana, troppe cose non tornavano! Non poteva essere l’unico a essersene accorto.
Kami…quanto avrebbe voluto essere uno Yuki in quel momento. Kai avrebbe trovato sicuramente il modo per raffreddare un po’ quel posto e forse anche per aiutarlo a fare chiarezza. Cosa gli diceva sempre? Ah si!
“Yu, smettila di guardare attraverso un vetro sporco.” Giusto, doveva pulire il superfluo e guardare solamente ciò che era certo, magari cambiare punto di vista. La volpe parlava di un gioco, però se il tempio avesse voluto ucciderli avrebbe potuto farlo subito, no? Senza contare che quel suo strano modo di reagire non era iniziato nel momento in cui avevano messo i sai, ma dopo che il Kage Bushin del Mizukage era stato inviato dall’altra parte della navata. Strizzò i capelli dall’acqua, senza asciugarli come avrebbe potuto fare utilizzando il Suiton, ma lasciandoli bagnati - tanto con quel caldo non sarebbe durato per molto il refrigerio che avvertiva in quel momento - e godendo di quegli attimi di tregua dal calore per rimettere in ordine le idee. Cosa che in effetti fece.

Eeeeeh Kurama-kun? Non è che invece il tempio sta cercando di eliminarci, prima che liberiamo te? Fece rivolto alla volpe, suscitando stupore anche nella propria stessa copia, fradicia peggio di lui non potendo strizzarsi capelli o vestiti. Sai, io penso che questo posto non sia solo un tempio, ma la tua prigione e che quel coso lassù fece, indicando il cuore pulsante non sia arrabbiato perché non giochiamo, ma semplicemente per la nostra presenza qui. Si volse quindi verso i compagni e il Mizukage, cerando di spiegarsi. Pensateci. Quand’è che la reliquia ha iniziato ad agitarsi?

Aspetta, stai dicendo che non ha sempre fatto così? Anche la sua copia intervenne in merito, lui che si era svegliato al fibrillare del cuore, non aveva mai avuto modo di godere del battito tranquillo e pacato che invece aveva svegliato gli Shinobi che ora portavano il saio. Per quello che ricordo, da quando ho aperto gli occhi in questo posto, accorgendomi della copia del Mizukage nudo al di là della conca, il battito è sempre stato veloce.

Esatto, è da dopo che è stato inviato il clone che la reliquia è entrata in questo stato, no? Fin prima era tutto normale e poi ha preso ad agitarsi, come se si fosse accorta in quel momento della nostra presenza. Della presenza di alcuni intrusi. Problemi da eliminare perché pericolosi ai fini dello scopo per cui esiste questo luogo. Scambiò uno sguardo con alcuni dei presenti. Se questo posto fosse la prigione della volpe, avrebbe del tutto senso che il cuore tenti di arrostirci prima che possiamo liberarla. Arrostendoci, non verrebbe versato il sangue necessario al risveglio delle code del Bijuu e la volpe resterebbe con un nulla di fatto. In fondo non credo sia per spirito caritatevole che ci sta dicendo come uscire…sempre che sia vero. Fece una pausa, prima di riprendere. Se quello che ho pensato è giusto, la nostra scelta non è se giocare o no, ma se sacrificarci per far restare la volpe qui o fregarcene e fidarci del filo di ragnatela che ci sta tendendo, ben sapendo che potrebbe essere una fregatura. Nessuna delle due scelte gli arrideva, tutt’altro. Era scegliere tra morire sicuramente o sperare nella parola di un Bijuu. Senza contare che c’era un altro fatto che pesava non poco sulla decisione da prendere, fatto notare in quel momento dal castano che pose una domanda alla volpe. Inoltre…come dice Takumi, c’è un problema numerico. Noi siamo sette, così come le nostre controparti, le code da recuperare nove e i due legati ai pilastri dei lati sembrano inattaccabili. Questo potrebbe significare che due di noi debbano morire due volte…insomma, con entrambi i propri corpi, per raggiungere la quantità richiesta.

Sempre ammettendo che la morte di uno non significasse anche la morte dell’altro, ma in quel caso ci sarebbe stato ben poco da fare per la volpe, dubitava alla luce di quanto supposto, che le cose stessero così. Non era comunque una decisione facile da prendere, soprattutto col tempo contato che avevano a disposizione. Il calore cresceva di attimo in attimo e presto anche la doccia fatta perse quel poco d’effetto che aveva avuto sul momento.
A conti fatti la scelta era se fare l’Eroe o fare lo Shinobi. Non c’era alcun dubbio su quale scelta avrebbe fatto Yu, e questo lo sapeva anche il suo doppio, tuttavia entrambi speravano - un po’ irrazionalmente forse, di quel genere di speranza che hanno i bambini - che qualcuno dei suoi compagni avesse un’idea brillante che permettesse di eludere quel percorso che pareva obbligato.

 
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view post Posted on 24/6/2018, 20:48
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A distogliere la sua attenzione dal cucciolo di volpe - unico essere senziente all'interno di quel tempio a poter dar loro delle risposte, pur volutamente inesatte - fu senz'ombra di alcun dubbio la reazione violenta dello Squalo che, recuperata l'arma dentata e voltatosi a fare il punto della situazione, aveva inveito dapprima contro il gruppo e, successivamente, contro quest'ultima. Dovette sgranare per forza di cose gli occhi il castano, piantandoli sulla figura dell'infervorato Kanada che nel mentre aveva puntato la Samehada in direzione del cucciolo. Non gli importava un fico secco se la donna demone avesse deciso arbitrariamente di aprirsi la gola senza ragionare un istante sulle possibili ripercussioni, e nemmeno che il Mizukage avesse tacitamente acconsentito a quell'atto ai suoi occhi folle. Ma aveva ragione, il vorace spadaccino. Aveva ragione da vendere. Prestarsi a un gioco di cui non si conoscono minimamente le regole e tutto quanto ne consegue in termini di pro e contro era una sciocchezza. Per quanto capisse pure l'altra campana e credesse fermamente che qualcosa sotto dovesse pur esserci se il Kobayashi aveva dato permesso a un suo sottoposto a procedere a sgozzarsi, credeva fosse troppo precipitoso buttarsi in quella maniera. Ma d'altro canto lo Squalo aveva fatto un enorme passo falso, passando da una posizione condivisibile a una completamente fuori luogo a una velocità davvero disarmante. Che cazzo andava minacciando la volpe? Se avesse potuto l'avrebbe passato da parte a parte con quel suo sguardo, commisto di sorpresa e istinto omicida. Quel piccolo animale, per quanto notoriamente pericoloso e non affidabile al 100% era l'unico a poter lanciare delle briciole per far capire loro cosa diamine stava succedendo dentro quel mondo fatto di luce, calore e pulsazioni impazzite: renderselo nemico senza colpo ferire era una sciocchezza tanto quanto assecondare il suo gioco senza elementi concreti su cui poter basare un ragionamento. Fortunatamente, con quell'innato senso di sfida tipico dei bambini destinato solitamente agli adulti o agli antipatici, la volpe incassò con noncuranza la minaccia dello Squalo, buttando frustrato gli occhi al cielo e sospirando scocciato quanto fossero noiosi. Come se non avesse affatto una una spada gigante puntata a pochi centimetri dal muso. Senza fare una piega. Impressionante. Rispose semplicemente a tono, mostrando all'impudente l'unica via verso la libertà oltre le colonne in cui sostavano forzosamente le loro sette copie, con fare alquanto provocatorio, prima di tornare a rispondere alle domande che gli erano state poste. Meno male. E di chi era il merito di quell'atto caritatevole nei loro confronti? Ovviamente del bel rosso, che aveva stimolato una certa simpatia nel piccolo animale senza fare assolutamente nulla. Abbozzò un sorriso nervoso. Buono che il cuccioletto si fosse calmato e avesse deciso di dar loro spago nonostante la minaccia appena ricevuta, ma quella 'simpatia' espressa nei confronti del compagno non gli piaceva per niente.
Quello che disse in risposta alla sua domanda non fu una grossa novità per il castano. Che si riferisse al tempio che aveva accolto quel loro insolito risveglio era piuttosto palese ma, come specificato, meglio rincarare la dose e avere certezza pur facendo la figura del cretino piuttosto che pentirsi dopo. Anche perché tutte le domande più congruenti le aveva fatte il rosso, nemmeno avesse estirpato parola per parola i suoi pensieri. Le regole del gioco che il 'tempio' voleva che loro facessero erano semplici e brutali al contempo: uccidersi, e con una certa fretta. Ogni volta che uno di loro moriva, un pilastro si sarebbe spezzato e la volpe avrebbe riacquistato potere, recuperando le code mancanti che, stando proprio alle sue parole, erano nove. Solo allora questa avrebbe potuto liberarsi dalle catene che la tenevano prigioniera in quella conca di luce liquida, abbattere il cuore e liberarli tutti. Chi non l'avesse fatto sarebbe finito arrostito come uno spiedino sulla graticola, per gentile concessione del tempio birichino. Divertente.


Un gran bel gioco di merda insomma. Come da piano.

Come a voler confermare le parole della volpe, quel calore crescente che avevano cominciato a soffrire all'impennata dei battiti del cuore del tempio, di per sé poco sopportabile con quel saio maledetto addosso, divenne ancora più intenso. Sembrava si cuocesse la dentro, peggio che stare sotto il sole del deserto. Anche le copie parvero avvertirlo, tanto che il suo doppio cercò invano di muoversi e spingersi distante dalla colonna. Stava sudando e si vedeva proprio che soffriva a essere impossibilitato a muoversi, come un gatto desideroso di sgusciare via dalle grinfie di qualcuno o qualcosa di scomodo. Anche quello col saio ben presto ebbe modo di capire con più precisione la sensazione dell'altro, considerata la naturale idea di togliersi quello straccio di dosso per sopportare meglio il calore. Certo non gli importava se sarebbe rimasto nuovamente nudo come un verme; non si sarebbe vergognato a mostrare ancora il corpo che sua madre gli aveva gentilmente offerto. Potevano solo che ammirare. Fece quindi per strattonare il laccio in vita e.. nulla. Non riusciva a togliersi quel dannato coso di dosso. Digrignare rabbiosamente i denti e fare forza per allentare la presa della corda non serviva proprio a nulla, e si maledì per non aver dato ascolto alla donna demone. Quel capriccio, alla fine, avrebbe potuto risparmiar loro almeno quella pena, forse. Si sarebbe aspettato da un momento all'altro una eco da parte sua, così come aveva fatto eco la volpe con un fastidiosissimo 've l'ho detto'. Grazie al cazzo.

Dunque, ricapitolando, o morivano di propria spontanea volontà (sacrificando l'esatta copia di loro stessi, la cui natura rimaneva un mistero per loro) o il tempio avrebbe fatto per loro (facendo di entrambi carne alla brace). Come la facevano, la sbagliavano insomma. Loro non ottenevano altro che la vana speranza di sopravvivere, contando sul potere del demone volpe che, momentaneamente, era impossibilitato a difendersi e a difenderli. Si fece prendere dal panico, sentendo il proprio respiro farsi difficoltoso a causa del calore e la bocca asciugarsi, ardere. Doveva trovare un modo per uscire da quella situazione, qualcosa per liberarsi da quel saio maledetto e portare via pure il compagno. Se questo era possibile uccidendo l'altro se stesso, l'avrebbe fatto. Uno di loro sarebbe sopravvissuto almeno. 'Harada Takumi' sarebbe sopravvissuto. Scuro in volto, si avvicinò silenzioso al suo doppio che, capita l'antifona, si ritrasse contro la graticola.
O-oi.. Disse nervosamente, cercando di attirare l'attenzione di quello col saio. ..non vorrai mica.. Proseguì, dimenandosi per cercare di svincolare. Sapeva benissimo cosa stava passandogli per la testa, perché al suo posto avrebbe anche lui fatto fatica a non ascoltare l'istinto di sopravvivenza. Sapeva che niente l'avrebbe smosso dalla sua posizione, se aveva deciso.

Per la prima volta in tutta la sua vita ebbe paura di se stesso, della sua immagine riflessa. Adesso capiva come si sentivano tutti quei figli di buona donna che aveva torturato nel corso della sua carriera da shinobi. Stare dall'altra parte non era affatto divertente. Avrebbe potuto sfruttare la nuova consapevolezza con oculatezza, se solo ne avesse avuto modo in futuro.. ma nemmeno i continui richiami del rosso appeso al palo parvero in grado di fermare il suo aguzzino, e ben presto il Takumi col candido saio trafugò un kunai tra le pieghe dell'obi stretto alla vita del suo doppio e glie lo puntò alla gola. Il metallo affilato non era freddo a contatto con la pelle, tutt'altro, ma il sudore lo era di per certo. Aveva paura di morire, una paura folle, nonostante sapesse che questa poteva essere una liberazione da tutte le grandi pene che l'affliggevano da quando aveva emesso il primo vagito. Chi era il pirla che voleva rimanere un giorno di più in quello schifo di mondo? Eppure, per quanto la mente ragionasse in quella maniera, nulla poteva negare alla paura della morte di farsi strada come un veleno sotto pelle. Gli occhi smeraldini del prigioniero cercarono quelli chiarissimi del compagno dalla chioma fulva alla sua destra, e li trovarono: erano allarmati. Stava cercando in tutti i modi possibili di salvarlo, attirando l'attenzione del suo doppio per far cessare quella follia. Curioso. Aveva appena avvertito un secondo tipo di calore, del tutto astratto ma piacevole, in quel mix di macabre emozioni. Questo si provava a sentirsi importanti per qualcuno? A sapere che qualcuno tiene a te al punto da cercare la maniera di salvarti da un destino oramai scritto? Chiuse gli occhi a quella visione, stringendo i denti e aspettando l'inevitabile, senza emettere fiato. Era l'altro Takumi ad avere il kunai dalla parte del manico, in tutto e per tutto. Mentiva a se stesso, dicendosi che gli bastava sapere Yūzora così 'vicino' nonostante la distanza imposta dai pilastri. Un pensiero egoistico. Morendo non avrebbe potuto proteggerlo in alcun modo e l'avrebbe fatto soffrire, perché in fondo loro erano diventati amici.

Non furono le parole dello Yūzora imprigionato nel pilastro a farlo desistere dal far scivolare la lama del kunai sulla gola dell'altro Takumi. Era sordo a quelle parole, sordo a tutto se non a quell'istinto che stava dicendogli 'fallo e sarai libero'. No. Era tutta la situazione al completo a farlo desistere dal commettere quella follia. Perché di questo si trattava, in fin dei conti. Come un fulmine a ciel sereno, la sua coscienza gli aveva permesso di accantonare, almeno per il momento, quell'istinto da 'morte tua, vita mia' in favore di un ragionamento più ampio e possibilistico. C'erano troppe cose che non andavano, nel racconto della volpe. Anzitutto non era chiaro quale tipo di collegamento ci fosse fra lui e la sua copia, e questo era un buon punto di partenza per ritirare lentamente il kunai e lasciare l'altro libero dalla morsa del Tristo Mietitore; che il cucciolo non avesse specificato quale dei due doveva uccidere l'altro poteva benissimo significare che non aveva importanza e che presumibilmente morto uno, l'altro avrebbe fatto la stessa fine. In secondo luogo, la volpe era l'unica che traeva vantaggio da quella situazione. Né il tempio - se considerato come creatura senziente - né loro avevano da guadagnarci, specie col ragionamento di poco sopra. Terzo, la dinamica degli avvenimenti. Nonostante il demone spingesse per giocare, dando la colpa al 'tempio' e spingendoli quindi a liberarlo, con una tranquillità disarmante, non faceva che porre l'accento su quanto successo sino a quel momento e a contornarlo di significato diverso da quello esplicato da quest'ultimo in suo solo favore.
E se.. Sussurrò fra sé, allentando la pressione del kunai sul collo del suo doppio, domandandosi se non fosse invece una sorta di meccanismo di autodifesa, quello del tempio. A ben pensarci, il tempio aveva avuto quasi garbo nell'anticamera, emanando quel calore piacevole e un costante battito che, d'improvviso, s'era impennato nel momento in cui la copia del Mizukage aveva attraversato la luce per raggiungere la conca. Da quel momento in poi il calore era stato un crescendo, come se dovesse debellare una minaccia.. ma non ebbe tempo di ragionare oltre che una secchiata d'acqua gli arrivò addosso, infradiciando sia lui che la copia che, non appena il Takumi col saio fece per allontanarsi - guardando in cagnesco il compagno come a dirgli 'ma che cavolo, stavo ragionando' e beccandosi non solo gli insulti di quello al palo ma anche l'occhiataccia del compagno che, francamente, gli fece pesare maggiormente anche il solo aver pensato di fare una stupidata come quella che stava apprestandosi a fare contro se stesso - trasse un sospiro di sollievo, sia dal caldo che non. Mormorava qualcosa, come una benedizione nei confronti di Yūzora. Ah quel ragazzo era una manna dal cielo davvero.

L'improvvisa trovata del rosso non solo aveva avuto l'effetto di rinfrescargli del tutto le idee, ma anche un effetto benefico contro il calore che, almeno per il momento, pareva più sopportabile. Abbassò lo sguardo, sapendo benissimo di meritarsi quell'occhiataccia di sbieco. Non stava ragionando all'inizio, quel calore intenso gli aveva dato alla testa e la paura di essere in trappola come un topo era stata il colpo di grazia. Stava cadendo nel tranello per via del suo istinto di sopravvivenza, lo stesso che in un certo senso l'aveva spinto a bruciare la sua casa e scappare lontano, lottando contro la natura e la fame. E le sue parole cavolo. Allora non era l'unico ad aver pensato che qualcosa in quello schema non quadrasse, che possibilmente quello che stava facendo la volpe era semplicemente un portare acqua al suo mulino. Il 'tempio' non stava punendoli perché non stavano giocando, ma stava facendolo per impedir loro di giocare e dare la possibilità al demone dalle nove code di riacquistare il suo potere e liberarsi. Il suo ragionamento non faceva una piega.
Si.. il suo destino è legato a noi e quindi la gabbia cerca di eliminare gli intrusi. Anche loro.. Disse, facendo un cenno alle copie esatte di loro stessi. ..potrebbero essere solamente un deterrente per non farci assecondare la volpe. Non sappiamo che tipo di relazione ci sia fra di noi, e non sapendolo non possiamo ucciderci a cuor leggero. Salvo rari casi. E lanciò un'occhiata alla donna demone, che non sembrava essere minimamente impressionata dallo sgozzare un suo doppio senza sapere quali ripercussioni vi potessero essere. O rincoglionimenti precoci.. Grugnì il castano incatenato, punzecchiando l'altro per l'azione che stava per commettere e non celando un certo risentimento nei suoi confronti per il brutto quarto d'ora passato. Taci tu. Sentenziò quello col saio, lanciandogli un'occhiataccia. Anche lui stava per fare la cazzata, d'accordo.. ma si era fermato in tempo; non era sua intenzione uccidere se stesso, e non era di certo facile per un uomo vedersi morire per propria mano. Pure senza l'intervento della sua coscienza o quello di Yūzora difficilmente avrebbe ammazzato l'altro Takumi, se avesse avuto altra scelta.

Dopo qualche attimo di silenzio, atto più che altro a raccogliere le idee su tutti i dettagli tralasciati, giunse a un nuovo quesito. Il cucciolo di volpe aveva detto che per liberarsi aveva bisogno delle sue nove code; se loro l'avessero assecondata ne avrebbe guadagnate soltanto sette e i due sconosciuti agli estremi della mezzaluna formata dai pilastri sarebbero rimasti li. Loro dopotutto non potevano avvicinarsi a loro, ci aveva provato il castano.
Nove code.. Prese nuovamente parola, sommessamente, come se stesse pensando ad alta voce. Qui ci sono nove pilastri, ma noi siamo soltanto in sette e non possiamo avvicinarci a quei due. Qualcosa ce lo impedisce. Continuò alzando un po' la voce, mentre le sue iridi smeraldine andavano a piantarsi su quelle cremisi della volpe, rivolgendosi dunque a quest'ultima la fatidica domanda. Come farai ad ottenere tutto il tuo potere? E soprattutto.. chi diamine sono quei due? Domanda più che lecita, considerate le parole della volpe e l'impossibilità di constatare l'identità dei due incappucciati. Le successive aggiunte al ragionamento da parte del compagno dalla chioma fulva suonavano sinistre, ma potevano corrispondere a verità. Era il caso di vederci chiaro, pure se stavano morendo d'un caldo insopportabile. Sarebbero morti comunque, quindi davvero non era un problema stringere i denti e aspettare un momento, cercando di unire bene le informazioni per cercare di scamparla.

 
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view post Posted on 25/6/2018, 10:43
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Artificial Flower's Lullaby

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Sentiva il freddo del coltello contro la gola.
E fin lì andava tutto bene.
Il problema era che sentiva anche caldo.
Molto caldo.
Sempre più caldo.

Cercò di tirarsi su le maniche del saio, e si accorse che era quella stoffa maledetta che la stava riscaldando. Con un gesto secco tentò di levarselo, mentre la volpe continuava a parlare come se tutto quello non fosse un problema che la riguardasse.

«Ngh... Ma che cazzo...»

Non si toglieva. Il saio sembrava incollato alla sua pelle, e ad ogni secondo che passava il calore aumentava. Quando provò a tagliare la stoffa con il coltello, non ottenne alcun risultato.

Ecco cosa intendeva con "cuocere come polli allo spiedo.

«Ve l'avevo detto! Ve l'avevo detto, cazzo!» ruggì esasperata, tentando di pugnalare ancora il saio ma senza effetto.

«Vedi cosa succede a non ascoltare il tuo istinto? A dare fiducia ai mortali?» la prese in giro la sua "altra sé" appena al pilastro.



«SFOTTI PURE?»

Inviperita, si fiondò contro il pilastro e premette il coltello contro la gola della sua copia. O di se stessa, dato che entrambe erano la copia dell'altra, ma allo stesso tempo erano le originali.
Occhi negli occhi, azzurro nell'azzurro, rabbia stizzita contro la calma e la superiorità.

«Sai bene cosa dobbiamo fare. Cosa possiamo fare. Io sono legata, tu sei libera e sei armata.»
Nessuna delle due sembrava prendere in considerazione la possibilità che uccidendosi sarebbero morte per davvero. Erano le Figlie di Jashin, il loro signore e padre le avrebbe protette... E se non lo avesse fatto, significava che aveva altri piani per loro.
Sicuramente questi piani non terminavano con una cotta da un saio come una patata al cartoccio, e l'altra abbrustolita da un palo di pietra.
Per quanto fosse abituata al dolore, quel calore che si irradiava contro la sua schiena stava diventando via via più fastidioso.
Non era il bacio tagliente di una lama, il dolce bruciare della pelle scavata. Era più diffuso ed esteso, e soprattutto non era il dolore sacro offerto a Jashin.



Erano lì, una vicina all'altra, un pugnale a separarle. Attorno a loro, logicamente, gli umani si stavano agitando come le formiche che erano. Formiche a cui stavano bruciando il formicaio, in cui però erano intrappolate anche loro.
La voce del rosso, di Yu, fu quella che la fece voltare.

«Sacrificarci per tenere qui la Volpe? A che scopo?» Non lo stava sfottendo, non direttamente. La sua non voleva essere una provocazione. «Abbiamo visto tutti il casino successo là fuori. Stai ancora pensando di dare ragione al Kyo Dan o al Taisei?»

Il Priore lo aveva specificato bene: non si doveva schierare. Entrambe le fazioni avevano idee buone ed esimie teste di cazzo, e nessuna delle due meritava così tanto l'aiuto del Santuario da rischiare uno schieramento.

Quindi c'erano loro, una scelta da prendere, e una persona con il loro aspetto da uccidere. O con cui morire.
Avevano davvero scelta?

Certo, le domande erano utili. Tentare di capire il più possibile avrebbe fatto bene. Ma poi?
E quel bruciore sempre più crescente le stava rendendo difficile formulare dei pensieri coerenti.

Si guardò attorno, e vide che nessuno pareva smaniare per piantarsi un coltello addosso.
Ancora una volta, avrebbe dovuto dimostrare loro la differenza tra un umano e un Dio.

«Fallo. Avanti.»
Inutile tergiversare a lenta cottura. Inutili tutti quei piagnistei. Fosse anche solo per differenziarsi da quella massa di timorosi.
L'unico timore che si doveva avere era quello per Dio.
Loro erano la Figlia di Jashin. Non avrebbero temuto alcun male.



«Sei pronta?»

L'altra le annuì in risposta, alzando la testa e offrendo fieramente petto e gola. Shitsuki inspirò con decisione, stringendo meglio il pugnale tra le dita.

«Se qualcuno ha problemi a guardarsi negli occhi mentre si pugnala, faccia sapere se ha bisogno di una mano.»

Un annuncio stentoreo e formale, di quelli che potevano uscire dall'altoparlante delle scuole o degli uffici pubblici. Il suo sguardo corse a Urako, che ancora non si decideva ad apparire.
Qualcosa le diceva che la Yakamoto avesse ancora più problemi dei due fringuelli laggiù che si erano tirati l'acqua addosso.

Inspirò ed espirò con calma, la sua controparte fece lo stesso.

Stava esitando.
Come non capirla.
Si era pugnalata infinite volte, aveva aperto sulla propria pelle più tagli di quanti se ne potessero contare.
Ma quella volta era diverso.
Non era il sacrificio lieto e spontaneo al Dio delle Tre Lame, questo era imposto. Era sbagliato. Era forzato.
Il suo sacro sangue stava per essere versato su richiesta di qualcosa di Altro da loro, di indegno, che stava bruciando la loro pelle.

Che fastidio.

«Preghiamo.»



Sì, pregare era l'unica cosa da fare.
Appoggiò la mano sulla guancia della se stessa legata, accarezzando col pollice il disegno nero che scendeva dall'occhio a sotto lo zigomo.
Rifletté qualche istante su quale preghiera potesse essere quella giusta, e sapeva che anche dall'altra parte la soluzione raggiunta sarebbe stata la stessa.
Così come sapevano entrambe che il modo migliore a loro disposizione per versare una grande quantità di sangue era recidere la carotide.
Ad una sola voce, levarono un richiamo al loro Signore.

«Padre veramente sacro, fonte di ogni conoscenza.
Affiancami in questo momento di tribolazioni e guida la mia lama.
Accogli il mio sangue, versato per te e per la tua potenza
poiché ti sono Figlia e serva devota.
Illumina i miei passi e rischiara le mie notti, per questa e per tutte le altre a venire.
Nell'eterna gloria di Jashin.
Amen.»


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view post Posted on 25/6/2018, 14:35
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In coda al post inserisco la richiesta a Shitsuki in chiave ipotetica, in base alla risposta di Kurama.
Ho lasciato il font della parte finale del post non caratterizzato, per lasciare aperta l'interpretazione (chi delle due è sollevata perché non deve morire subito?)
Poi magari ci sentiamo in off.


… non possiamo sbagliare... che vuol dire?

“… cioè, è indifferente colpire una copia o l'altra?”

Si trova a respirare con le labbra socchiuse: un movimento superficiale, un po' troppo rapido, mentre sente il calore salire lentamente fino al viso e alle punte delle dita. Il cuoio capelluto, unica area lasciata scoperta dal saio, stilla a intervalli sempre più brevi copiose gocce di sudore, che sente scorrere sgradevoli lungo il collo e la fronte. Tergersi con una manica porta ben poco sollievo. Ancora un po' di quel trattamento e sarebbero subentrati i primi sintomi della disidratazione; in assenza di possibilità di reidratarsi, il decesso sarebbe stato assicurato. Lento ma ineluttabile.

Non può neanche asciugarsi il sudore dalla faccia, mentre la pelle inizia a formicolare e gradualmente a dolere, dove si trova a contatto con la pietra arroventata. Con una smorfia invisibile allontana i palmi delle mani e la nuca dal marmo, ma le catene sono ineludibili; quanto ci vorrà prima di iniziare a sentire la carne sfrigolare? Vede le pareti rosse, proprio come quelle di un forno. Anzi, no, nel forno restano nere... quello è il colore della brace.

In ogni caso, un modo di morire molto peggiore di quello che offre Shitsuki.

Chiude gli occhi, serra le labbra; le voci concitate degli altri le bombardano la mente senza sosta: il loro modo per trovare una via d'uscita è quello. Ci riflettono, ma lei ha la sensazione che qualunque cosa possano tentare, sia un azzardo. Una scommessa aperta. Lo stridore della Samehada che scivola sul metallo le fa drizzare tutti i peli sulla schiena, le fa vibrare dolorosamente le radici dei denti. L'unica che sembri capirci qualcosa è la bestiola legata...

… che probabilmente non sta dicendo proprio tutto quello che sa.
E piacerebbe, vorrebbe sul serio darci un taglio: tutte quelle ipotesi, quelle congetture, più le ascolta e le mette assieme e meno sente di chiarirsi le idee – “N-non capisco... mi puoi spiegare?”

Anche se non può vedere la sé stessa legata, intuisce che il calore non sia solo un loro problema. Le espressioni, i piccoli movimenti concessi ai loro doppi in catene esprimono un malessere sempre crescente. La sente formulare una domanda appena udibile, tra le esclamazioni disordinate del resto del gruppo. Si avvicina il più possibile, mantenendo una distanza accettabile dalla luce liquida e dalla bestia zannuta. “Che cosa, esattamente?”

“Cosa è successo a voi, dall'inizio. Parlano tutti insieme...”
Quasi un piagnucolio. Scuote la sua testa invisibile. “Ci siamo svegliati nudi un una saletta fuori da qui. Siamo entrati in questo salone. Abbiamo visto quegli abiti bianchi e ce li siamo messi, poi siamo arrivati qui, e il resto lo sai anche tu."

Un silenzio denso scende tra le due ragazzine invisibili.

“E se i due col cappuccio che mancano si fossero già uccisi?
“La bestia avrebbe dovuto avere già due code.”

“Mhm...”
“E non avanzava nessun saio. Non li ho contati, ma ce n'era uno a testa---” e qui si blocca, meditabonda. “Quindi gli altri due devono essere per forza qui dentro, no?”
Ha enunciato ad alta voce quello che lei stessa stava pensando. “Però non li abbiamo visti, nessuno dei ragazzi li ha sentiti.”
Si sente ardere come un ciocco di legno buttato tra le braci... il suo sguardo va al ragazzo che è stato inzuppato dallo Yu libero, non privo di una certa invidia. “Nessuno ci sta capendo niente, vero?”
“No.”
Altro silenzio, sempre pesante come un macigno.
“Magari devono ancora arrivare?”
“Potrebbe essere, ma penso che avrebbero dovuto esserci almeno due vesti avanzate anche per loro, no? O forse appaiono solo quando arriva gente nuova. Tu non hai visto nessuno prima di noi, l'animale non era ancora uscito dalla pozza prima d'ora. No?”
“Non lo so, quando mi sono svegliata voi eravate già arrivati.”

Le voci gemelle delle due demonesse albine si levano all'unisono, cantillando solenni una litania che non hanno mai udito prima: sentono di nuovo i peli drizzarsi sul collo, una sensazione di pesante sacralità che si impadronisce del loro animo, chissà come. La dignità e la compostezza della Agiwara prigioniera non può che non destare la loro stupita ammirazione. Hanno sentito il suo invito, forte e chiaro.
Lei sospira, un groppo alla gola. “Senti.”
Il battito del cuore.
Non l'ha mai sentito così vibrante, così vivo, così anelante.
Lei... lei vorrebbe continuare a sentirlo. Vorrebbe che quel caldo smettesse, che quel tempio crollasse, vorrebbe tornare a respirare l'aria fresca, sdraiarsi sotto un albero, correre sui tetti nella nebbia e sentirla accarezzare, umida, la pelle.
“Se davvero alla bestia spunta fuori la coda quando Shitsuki muore... iniziamo a pensare di fare lo stesso anche noi. Se... se non succede niente che ci faccia capire che è una follia.”
Ecco, l'ha detto. Sente le lacrime pizzicarle gli occhi; il cuore perdere un po' di forze, come la cerva messa all'angolo, mentre le zanne del cane le affondano nella gola palpitante.
Sente l'altra pesare ogni sillaba, snocciolare ogni lettera come le perle di un rosario buddhista: una preghiera inespressa per ciascuna di esse, una frescura di sollievo per sé stessa, momentaneamente graziata – e senza bisogno di disputare.
“Penso anche io che sia un'idea fattibile. Al di là di tutto, collaborare con quel Kurama potrebbe farci guadagnare un minimo di gratitudine” espone con calma il ragionamento, quasi sentisse il bisogno di giustificarsi davanti all'altra.
No, senza quasi. Lo sente e basta, ma l'altra non risponde.

Se tra loro è quella sbagliata a morire, sarà tutto comunque finito.
Se tra loro è quella giusta a perdere la vita, entrambe sopravvivranno.

“La pietra brucia... non puoi aiutarmi...?” implora la prigioniera di punto in bianco, la voce contratta in qualcosa di simile a un miagolio lamentoso.
Assurdo che non ci sia arrivata da sé, prima di vedere Yu compiere un'azione analoga. Bella manipolatrice di Suiton che è. “Scusa. Hai ragione.”
“Anche gli altri, se hai abbastanza chakra.” - “Chiaro, chiaro...”
I sigilli oramai vengono da soli: un istante, e un consistente ventaglio d'acqua si sprigiona dal suolo ai suoi piedi e viaggia rapidamente verso i pilastri, infrangendo la cresta spumosa contro la pietra – al di sopra delle teste dei prigionieri. Non molto delicato, ma comunque funzionale... ed avrebbe ripetuto la jutsu, se necessario, per coprire tutti i bersagli – tranne le due Agiwara, che sembrano piuttosto prese.

Shitsuki sembra sicura di sé, nel momento in cui si taglierà la gola forse potranno dedurre qualcosa in più rispetto al buio totale in cui brancolano.

 
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view post Posted on 25/6/2018, 19:15

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La reazione della volpe fu diversa da quella prospettata e mostrò immediatamente la vera natura di quella creatura. Il fatto di avere un'arma di quelle dimensioni puntata contro il viso sembrava non averla minimamente intimorita, anzi, per certi versi pareva non curarsene a dovere. Lo spadaccino notò le iridi della bestia squadrarlo in modo quasi seccato e la sua risposta non fece che rafforzare quella sensazione. Ogni parola, ogni singolo movimento del volto trasmetteva quello strano sentore di presa in giro che Mitsuaki continuava a percepire da parte dell'interlocutore. Più ascoltava quella voce e più il nervosismo affiorava sulla pelle dello Squalo mentre la presa sulla Samehada si faceva ben più stretta del solito. Era irritato, profondamente irritato, probabilmente anche a causa del calore che continuava ad aumentare ad ogni nuovo battito del cuore. Il tutto, chiaramente, mischiato al fatto di non avere alcuna idea di dove si trovasse esattamente.
Digrignò i denti in direzione dell'animale, quasi ringhiando verso di lui nell'udire quelle ultime parole. Lo stava invitando provocatoriamente ad attaccare il cuore. Lo stava sfidando. Un'improvvisa esplosione di chakra si dipanò da corpo del giovane, addensandosi attorno alla sua figura e divenendo man mano sempre più visibile. Nello stesso istante la spada si liberò delle fasce che la tenevano rinchiusa, facendole a brandelli senza alcun tipo di problema. Le scaglie blu come la notte riflettevano la luce fino ad assumere colorazioni mai viste prima e rendendola, se possibile, ancor più inquietante di quanto già non lo fosse.


Allora non mi resta che abbattere quella cosa...

La volpe lo stava chiaramente sfidando e per quanto assurdo potesse sembrare il giovane stava implicitamente accettando quella sfida. Ma prima che potesse anche solo pensare di rivolgere un'offensiva contro il cuore fu lo stesso Hayate ad interromperlo, bloccando ogni sua iniziativa. Vide la figura dell'albino frapporsi all'obiettivo quasi a voler sbarrare lui la strada. Il suo sguardo era fermo, glaciale. Sapeva bene che non avrebbe esitato ad intervenire nel caso in cui lo Squalo non avesse accettato quel diniego e proprio per quel motivo lo stesso Mitsuaki fu costretto a fermarsi.
Sentiva la rabbia crescergli dentro e la frustrazione per il non potersi adoperare in qualche modo. Si sentiva inutile e stando alle parole della bestia lo era per davvero. In uno strano flusso di coscienza quest'ultima stava rivelando loro il vero significato di quel gioco o, per lo meno, parte di esso. Secondo le parole di Kurama con la morte dei loro doppi incatenati e con la conseguente caduta delle colonne essa avrebbe riottenuto le code perdute. Solo a quel punto avrebbe potuto colpire il cuore e liberarli da quella strana prigione nella quale tutti erano rinchiusi. Tutto facile, fin troppo per i suoi gusti.
Il calore intanto si faceva sempre più insopportabile sia per coloro che indossavano i sai, sia per le povere anime pie incatenate alle colonne. Più tergiversavano e più il tempo a disposizione si faceva esiguo. Dovevano agire in fretta.
Si ritrovò quasi involontariamente ad ascoltare le elucubrazioni dei suoi colleghi e nell'udire le congetture del rosso una lampadina sembrò accendersi nella sua mente. Per quanto assurda potesse sembrare quella ricostruzione dei fatti si basava su elementi piuttosto importanti e rappresentava a conti fatti una rappresentazione abbastanza realistica. Ma c'erano ancora troppi interrogativi a riguardo e persino con questa nuova consapevolezza il castano si sentiva preda dei dubbi.


(Quindi se noi moriamo prima di riuscire a liberarlo lui rimarrà intrappolato in questo posto. Ci sta usando ma ha bisogno di noi più di quanto non voglia darlo a vedere...)

Cosa vogliamo fare? Non ci resta molto tempo...

Sentiva la pelle ardere all'inverosimile, quasi quanto il suo animo in tumulto.
Odiava se stesso, odiava quella volpe, odiava quel luogo. Percepiva i sentimenti negativi della Samehada che pian piano scorrevano nel suo corpo quasi a volerlo corrompere nuovamente eppure, con estrema forza di volontà, riuscì a reprimere quegli istinti con efficacia. Questo fino a quando uno strano zampillare attirò improvvisamente la sua attenzione, seguito dal forte odore di sangue arterioso. Si voltò di scatto fino ad accorgersi della lama del kunai piantata nella gola della donna-demone.
Il respiro gli si bloccò in gola e per qualche istante fu il silenzio.
 
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view post Posted on 25/6/2018, 22:24
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Into the Gedo, Gennaio 249 DN


L'arsura, stranamente, iniziava a diffondersi all'interno dell'antro, quasi come se fossero relegati in una realtà tropicale, assai distante dal clima vigente a Kiri. D'altro canto, invece, Kurama recepì con noia e tedio le intimidazioni riferitegli da parte dello Spadaccino, marcando la propria indisposizione alzando gli occhi verso il cielo. Mitsuaki aveva effettivamente oltrepassato il limite, ma per ora non c'era modo di fargli una predica per ammonirlo su quanto fatto. Dalla spiegazione concessa ad uno dei suoi sottoposti in seguito alle domande postegli, dedusse che Kurama fosse chiaramente il Bijuu a nove code, sebbene non potesse averne la certezza in quanto erano immersi in una realtà così astrusa da sembrare invera. Secondo quanto asserito il tempio era la prigione in cui era stato recluso e quelle colonne rappresentavano una sorta di sigillo affinché il suo potere venisse diviso e reso inerme. Ahimè, erano loro stessi gli involucri e per permetterle di acquisirlo totalmente dovevano uccidersi, essenzialmente. Solo dopo Kurama sarebbe stata in grado di annientare il cuore e concedere una via di fuga per i presenti; in caso contrario il tempio sarebbe divenuto così ardente da non dar loro la possibilità di sopravviverci. Era così dannatamente strano. Effettivamente Hayate si rese conto di avere una duplice scelta su cui poter optare: da una parte assecondare le richieste della volpe e mietere la presunta vita delle loro copie, inconsapevole di cosa esse rappresentassero. Dall'altra, invece, una morta apparentemente certa di cui iniziavano ad assaporare le prime avvisaglie. Non che volesse scegliere, ma era obbligato date le circostanze.

Lo sentì, pungergli la pelle candida. Essendo Hayate vissuto all'interno della nebbia di Kiri, non accettava con gaudio il calore solare, né l'arsura proveniente da una qualche fonte di calore. Più trascorrevano i secondi, più poteva percepire un suo graduale aumento; sarebbe diventato insopportabile nel giro di una dozzina di minuti. Risaputo, ormai, che sul suo capo gravassero delle responsabilità così ingenti da rendere ancora più arduo elaborare un ragionamento tale da risolvere la controversia in cui erano sospesi. Il saio stesso pareva essere tagliente; aveva provato ad allargarlo affinché la pelle potesse rincuorarsi con un po' di aria fresca, ma non gli fu possibile. Provò anche a slegare il laccio, ma era come se si fosse chiuso ermeticamente e tutto ciò che faceva per disfarsene risultava invano. Una costrizione, forse, e averlo indossato si era rivelata una scelta malevola. A posteriori era facile a dirsi, ma in quel momento gli sembrava la cosa più sensata da fare. Le conseguenze non sarebbero cambiate anche qualora non l'avessero indossato; il calore sarebbe divenuto tale da divenire insopportabile.

- Fai ciò che ritieni necessario. Valutandone i pro e i contro sappiamo entrambi quale sia la scelta migliore.

Gli sussurrò la copia. Non poteva auspicarsi una frase differente da parte di se stesso; la razionalità e la freddezza lo avevano sempre contraddistinto nelle scelte, sebbene fosse totalmente un'altra persona quando diveniva parte di un combattimento. Lo fissava, con sguardo deciso; avrebbe atteso che anche gli altri esponessero le proprie idee od opinioni a riguardo, d'altronde in quel momento il suo ruolo era così labile da sembrare irrilevante. Fu in quell'istante che percepì il chakra del suo collega, lo Squalo, essere rilasciato in gran misura; probabilmente il modo in cui lo aveva trattato Kurama non era stato di suo gradimento. Voleva, probabilmente, colpire con tutta la propria forza il cuore, così come era stato incitato a fare. Non indugiò; usufruì della celerità di cui disponeva per porsi dinanzi al cammino di Mitsuaki... L'avrebbe colpito se ce ne fosse stato il bisogno, non necessitava di azioni avventate e sospinte dall'impulsività. Pose la mano sull'elsa delle Hiramekarei e con uno scatto si frappose tra il suo sottoposto ed il cuore. Sguardo torvo, glaciale, quasi come se volesse incutergli timore. Non gli avrebbe permesso di vanificare il lavoro fatto sinora. Non proferì parola alcuna, le sue iridi diamantine già gli avevano intimato cosa sarebbe accaduto qualora avesse perseguito quel suo obiettivo.

Dopo essere tornati alle posizioni iniziali, vide Takumi e Yuzora rinfrescarsi con delle bolle d'acqua, giusto per alleviare momentaneamente l'arsura ivi vigente. Beh, finora non ci aveva pensato, ma avrebbe sopportato quel caldo tedioso pur di accumulare più chakra possibile. Se fosse stato necessario, avrebbe dovuto utilizzare tutto il suo potere per infliggere un unico colpo tale da distruggere quel cuore. Udì con minuziosa attenzione l'opinione che il Yuzora aveva a riguardo; effettivamente il suo ragionamento non faceva una piega, risultando attendibile, sia per quanto riguarda il significato di quel tempio, sia per quanto riguarda la possibile morte per due shinobi liberi. Sembrava esserci un collegamento apparentemente, ma di cui non poteva asserire d'esserne sicuro. Qualora, comunque, avessero seguito l'una, o l'altra possibilità, vi sarebbero state delle conseguenze inattese. Avrebbero mai potuto distruggere il cuore? Quella presunta prigione era stata costruita per recludere Kurama, il cui potere andava al di là della loro immaginazione. Probabilmente loro sette, sommando le singole riserve di chakra, non avrebbero mai raggiunto un potere tale da eguagliare quello di una creatura codata. Avrebbe avuto senso provarci? Beh, ad ogni domanda che si poneva poteva rispondere solamente "non so".

- Se decidiamo di non assecondarla, per uscirne dovremmo distruggere il cuore. Essendo questa una presunta prigione di una creatura codata dotata di nove code, richiederà un potere tale che non potremmo mai riuscire ad eguagliare.

Fu cinico, quasi sentenziando quelle frasi cercando di farle udire solamente ai suoi sottoposti. Si unì al dibattito con un ragionamento che non aveva alcuna falla. Attese ancora. Non aggiunse altro alle parole che vennero proferite successivamente, non vi era il bisogno. Poi, però, la sua attenzione venne carpita dalle azioni della Jashinista. Era al cospetto della sua copia, in un atto di preghiera, ma non poté far nulla per fermarla... Il sangue che sgorgava all'altezza del collo della Shitsuki legata era un chiaro di segno di ciò che aveva fatto. La cosa che fece più divampare la rabbia insita nel Mizukage fu il fatto che non avesse rispettato l'ordine impartitole. Le aveva dato il proprio consenso, ma avrebbe dovuto attendere l'ordine finale. Doveva attendere. L'odore del sangue lo inebriò; sebbene appartenesse ad una sua sottoposta non percepiva quelle sensazioni inenarrabili dal giorno in cui aveva trafitto il cuore di Hogo. Era così piacevole. Risvegliava in lui quella parte folle che sin dal momento in cui era diventato Mizukage non aveva potuto mai palesare. Non esitò, comunque. Si diresse verso il pilastro ove sostava Shitsuki, con sguardo truce.

- Non dovevi. Anche se so, dovevi attendere.

Fu perentorio. Nulla gli importava su quel presunto Jashin. Era lui a detenere il comando. Ormai l'escalation di omicidi aveva avuto il proprio inizio, da lì in poi la decisione sarebbe stata inevitabile. Virò lo sguardo verso gli altri, quasi come se volesse annunciare loro ciò che era accaduto. Una delle code era stata liberata.


 
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view post Posted on 27/6/2018, 09:33
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Mhh... mhhhh..

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*Kurama ascoltò le elucubrazioni di Yūzora e Takumi non diversamente da come un discolo fa con l'insegnante. Più volte alzò gli occhi al cielo, dal muso ripetuti sbuffi insofferenti.*

"Si, si beh, è una teoria interessante. Ma davvero volete morire tutti per farmi marcire qui?
No, no che non volete. Non siete stupidi. Giocate, come lei."


*Fece, rivolgendosi nuovamente a Shitsuki... l'unica che gli stesse dando qualche soddisfazione.*

"E no, questi due non so chi-
WOAH!"


*Una salmodia di acciaio e sangue fece da eco alla preghiera di Shitsuki, per la sorpresa e delizia di Kurama. Un taglio unico e netto aprì la gola dell'agnello, la linfa in un primo getto forte della pressione interna, poi via via più debole man mano che la vita lasciava il corpo.
Si: che fosse per lo sdegno di Jashin di fronte a quella forzosa apostasia, che fosse per la natura stessa del luogo in cui si era venuta a trovare o per chissà quale altra ragione, Shitsuki guardò sé stessa spirare come un capo di bestiame.
Ma per la ragazzina la morte non era ancora giunta che, all'unisono, ogni centimetro del tempio che li circondava prese a stridere. Un lamento assordante, tra il contorcersi del ferro e il guaire di un cinghiale ferito. La luce emanata dal cuore sfarfallò per un momento, sofferente, i colori una rapsodia di rosso ed oro... quindi, con lo schianto delle ossa che si spezzano, il pilastro a cui Shitsuki era incatenata si incrinò dalla sommità alla base. Ad uscirne fu altro sangue, rosso, una quantità immensa, l'ondata forte ed improvvisa abbastanza da spazzare via sia il corpo del sacrificio che quello del carnefice, che riuscì per un soffio a non finire nella conca centrale. Kurama stesso ne fu investito.

Poi, subitanei e inattesi, buio e silenzio.




Il cuore si era spento, il suo battito cessato, ed unica spia di luce per un istante rimase ai loro occhi una lunga cicatrice rossa oltre il confine dei pilastri. Una ferita incandescente.
Chi vestiva il saio la sentì come fosse propria, il dolore avvinto all'angoscia e alla paura, un sentimento indescrivibile, impossibile da collocare sia nella natura che nell'origine. Sofferenza fisica ed emotiva, grande abbastanza da piegare le ginocchia... e poi un freddo terribile, il tocco presente per meno di un secondo, ma capace di creare un contrasto insopportabile con il saio ancora caldo. Qualcosa era stato tolto loro, rubato in un atto tanto ingiusto ed innaturale da essere inconcepibile.
Lo iato sarebbe durato meno di un battito di mani, ma i sette vestiti di bianco lo avrebbero patito per una vita intera. Come poteva essere?
Quale dio meschino poteva averli condannati ad un simile supplizio? Uccidere sé stessi per il giovamento di un demone, sacrificarsi per la promessa di chi, fuori di lì, non avrebbe valutato la loro esistenza più di quella di un filo d'erba. Eppure eccoli lì, spinti ad una decisione impossibile resa possibile dalla mera necessità.
La Volpe aveva dato loro una possibilità di fuga. Una speranza, per quanto disperata... e la speranza è il più dolce dei veleni per l'uomo senza scelta. Senza uscita.


"BENE! OTTIMO LAVORO!"

*Con un bagliore violentissimo tanto la conca quanto il cuore esplosero nuovamente di luce; la vampata li gettò tutti a terra, lanciando Shitsuki, più vicina, come una bambola di pezza verso il pilastro all'estrema destra. Qui la sua corsa si fermò, bloccata dalla barriera invisibile che impediva di avvicinarsi.
Kurama riapparve loro ammantato di luce, vibrante d'energia e per un momento celato dal sangue in evaporazione. La sua figura era cresciuta di dimensioni, la sua voce più grave, ed una coda le consentiva ora di levarsi su quattro zampe in scioltezza. Ancora la corda bianca la teneva ferma al suo posto, ma ad un'indagine più attenta i sette avrebbero notato che alcune delle fibre si erano sfaldate, aprendosi come foglie avvizzite sulla linea altrimenti ancora lucente delle altre. Una vena decisamente più familiare corroborava il chakra della bestia: quella che avevano percepito fuori di lì, nelle altre nove.
Quanto al cuore, esso aveva ripreso a battere con ancor più veemenza, spedendo ondate bollenti sulla pietra e nel tessuto delle loro vesti. Ma ogni cinque o sei battiti la cicatrice pretendeva il suo tributo, e il muscolo cardiaco falliva, contorcendosi in uno spasmo che non riusciva ad emettere lo stesso calore di prima.
Una circostanza felice... ma insufficiente per loro: la temperatura continuava ad aumentare, e visibili ustioni sarebbero apparse presto sulla pelle a contatto con pietra e tessuto.*


"SI STA INDEBOLENDO! AVANTI! ANCORA!"

*Li incalzò il demone, con uno strattone tentando di sottrarsi al giogo cui era costretto, quasi spasmodico.
Nel frattempo, stordita dall'impatto, la giovane jashinista non avrebbe potuto far altro che alzare gli occhi in alto. Ancora priva di fuoco, le orecchie fischianti per lo spostamento d'aria, avrebbe seguito qualsiasi indirizzo. Esso giunse come voce ovattata, ma stranamente familiare, proveniente proprio da oltre il velo che proteggeva il pilastro. Chiunque vi fosse stato legato le parlò ancora, la voce poco più di un sussurro, ma impossibile da non percepire almeno nel tono.
L'uomo la chiamò ancora una volta prima che lei potesse rivolgergli uno sguardo che fosse davvero tale. Ma arrivata a quel punto, le orecchie non le sarebbero più servite.
Sotto il cappuccio, due iridi rosse.*


GDROFF///Scadenza 4/7.///GDRON
 
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view post Posted on 27/6/2018, 23:35
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Artificial Flower's Lullaby

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Sangue.
Scarlatto e sacro liquido.
Quante volte lo aveva visto scorrere dal proprio corpo, bagnarle la pelle e i vestiti, in volontaria offerta o durante missioni e combattimenti. Solo quando Shintou le aveva tagliato un braccio ne aveva visto scorrere così tanto, tutto in una volta.

Ignorò il rimproverò del Mizukage, perché in quel momento le parole di un mortale erano quanto di meno interessante potesse esserci. Stava guardando se stessa morire, ed era qualcosa di troppo... Strano, per perderselo.

Il bruciore sulla gola era familiare. La sua carne conosceva le gioie della lama, e quella sensazione di oblio che accompagnava la perdita di sangue.
Si sentiva la testa leggera, consapevole di star perdendo le forze per via della ferita mortale. Qualunque altro essere umano sarebbe spirato sul colpo, ma lei no.
Lei semplicemente avrebbe perso i sensi, poi dopo un po' si sarebbe ripresa.
Gliel'avrebbero messa nel culo, a quella Volpe, al tempio, a tutti.
Poi sarebbero uscite da lì... O una sola di loro. Quella che il loro Signore avrebbe ritenuto adatta.
Avrebbe riabbracciato Shintou, rivisto le sue sorelle, la sua famiglia. Sarebbe tornata al Santuario, come sempre.
Il suo corpo immortale avrebbe continuato a servire il suo scopo.
Per la gloria di Jashin...
Per la gloria...
Per...



Vide la luce abbandonare quegli occhi azzurri, e il capo cornuto reclinarsi dolcemente. Non ebbe tempo nemmeno di pensare, di metabolizzare la cosa, perché altro sangue fluì dal pilastro stesso.
Come un'arteria recisa, riversò il proprio contenuto su tutto e tutti, travolgendo le due Shitsuki, la viva e la morta.

"Porca pu-"

Trattenne il fiato, chiuse gli occhi, e venne sbalzata via come un legnetto dalla marea. Si ritrovò sdraiata a terra poco più in là, vicino al pilastro esterno, boccheggiante.
Non per la mancanza di fiato, ma per il dolore.
Sottile, intenso. Una pugnalata dritta al petto, un dolore malsano che la inebriava e le piegava le gambe allo stesso tempo.

«Nnngh~»

Strinse i denti e i pugni, lasciandosi sfuggire un gemito probabilmente fraintendibile.
E in tutto questo, il saio bruciava ancora. Troppo.
Le urla di giubilo della Volpe le rimbalzarono addosso mentre di nuovo si trovò sbalzata a terra, costretta ad assistere alla rinascita della prima coda del Demone. Giustamente, quello li esortava a muoversi, a fare come aveva fatto lei...
E ce n'era maledettamente bisogno, perché stavano bruciando vivi!

«Forza... Chi ha bisogno di un colpo secco me lo dica...» ansimò la Figlia di Jashin, contratta per il dolore che quel saio incandescente le stava elargendo.
Si accorse di avere di fianco Urako, che le chiedeva come stesse.

«Starò meglio quando saremo fuori da qui» rispose seccamente. Non ce l'aveva con lei, ma la situazione era molto poco sopportabile.
E ovviamente, poteva sempre andare peggio.

Mentre tentava di rimettersi in piedi, sentì una voce chiamarla.
Una voce che conosceva bene, una voce che non voleva assolutamente sentire in quel momento.

Alzò gli occhi e lo vide. Lo riconobbe, e tutto il suo corpo ebbe un ennesimo spasmo di dolore.

«No... No, no, NO!»

Scattò verso il palo, ma una forza si oppose tenendola lontana e facendola rimbalzare indietro. Sembrava un muro d'aria, una barriera invisibile, e la Jashinista cominciò a prenderla a pugni e batterci le mani sopra con furia.

«Shintou! SHINTOU!»

C'era una vena di disperazione nella sua voce, mentre lanciava quei richiami forsennati a suo marito.
Che cosa ci faceva lì? Perché proprio lui? Fra tanti, tantissimi ninja convenuti, perché proprio lui era finito in mezzo alla squadra della Nebbia? E quel saio nero, cosa significava? Le sue armi, perché non c'erano Ryujin Jakka, Higanbana, dov'erano le anime affilate del Triangolo?
Il destino sapeva essere crudele... E le prove di Jashin altrettanto infami.
Le veniva da piangere per la frustrazione, mentre il dolore aumentava in ogni istante. Le ustioni non le permettevano di pensare lucidamente, e si trovò ad urlare dopo l'ennesimo colpo inutile a quella barriera.

«CHE CAZZO ASPETTATE ANCORA?»

Il ruggito era per i suoi compagni.
I suoi inutili compagni per i quali si era messa il saio.
Stupida, stupida, stupida! Mai più avrebbe ascoltato l'opinione pubblica. Doveva fidarsi del suo istinto, non lo aveva fatto, ed ecco com'era finita!

«Shintou...»

Si appoggiò a quel vetro irreale con un gemito sofferente. Suo marito era lì, a pochi metri da lei, le stava parlando... Ma non lo sentiva. Non lo poteva raggiungere, non era in grado di aiutarlo.

«Resisti... Troveremo una soluzione... Ngh!» Storse la faccia in un gemito di dolore quando le ustioni si irradiarono ulteriormente, e si staccò da quella parete d'aria ostile.

Doveva essere forte, anche per lui. Non doveva farsi vedere sofferente o piegata, ma doveva dimostrare di essere la Figlia di Jashin, il Cerchio, la donna che lui aveva sposato.
Lo avrebbe tirato giù da quel palo, a costo di staccare la gola a morsi a tutti, Mizukage incluso.
E avrebbe cominciato dalla più ragionevole.

«Urako.»

La Yakamoto era ancora lì, e a quanto pareva si era decisa ad accettare la proposta di un coltello amico per il sacrificio.
Shitsuki estrasse un altro kunai e pose una sola domanda:

«Te o quella sul palo?»

Il palo vinse. A passo deciso, Shitsuki si avvicinò alla compagna legata, guardandola negli occhi con decisione. Soffriva, soffrivano tutti, quel calore era sempre più difficile da sopportare. Se quei pusillanimi esitavano nell'ammazzarsi li avrebbe sgozzati uno per uno, ma sperava che dando il buon esempio anche gli altri si sarebbero convinti.
O quello, o bruciavano vivi: a loro la scelta.

«So che non credi in Jashin, quindi non penso ti dispiacerà se faccio una preghiera breve.»

Deglutì, allungando la mano per accarezzarle la testa, e sollevò il kunai.

«Signore delle Lame, accogli questa anima impura e risparmiala dalla tua divina potenza. Proteggi noi tutti, e dammi la forza per sostenere questo dolore.»

Deglutì di nuovo, strinse meglio la presa sul kunai. Le faceva male tutto, ma doveva colpire precisa... E lo fece.
Mirò alla giugulare, con un colpo secco del braccio sinistro per aprire uno squarcio lungo tutto il collo di Urako, aprendole la gola come aveva già fatto con l'altra se stessa.
Poi scattò indietro, temendo una nuova ondata cremisi come prima, e preparandosi di nuovo alla stessa sensazione di dolore lancinante che il cuore aveva emesso.

gaEo3EO


 
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view post Posted on 1/7/2018, 17:33
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Per facilitare la lettura (ma neanche troppo) ho differenziato i font dei due Yu come segue:

Yu col saio:
Parlato
Pensato


Yu legato:
Parlato
Pensato

Se questo è quello che hai capito da quanto è stato detto, allora la prossima volta che il tuo Dio decide di farti l’onore di un dono, è meglio se chiedi qualche neurone in più.

Francamente non aveva la benchè minima intenzione di spiegare a Shitsuki che la sua era una mera analisi di che cosa sembrava pararsi loro di fronte. Nessuno aveva parlato di fare una determinata scelta piuttosto che un’altra, tanto meno nessuno aveva tirato in ballo quei cazzoni che li avevano messi in quella schifosa situazione. Non era di certo lui ad avere l’autorità di dare un ordine su cosa diavolo fare, lì in mezzo. Di permettersi di calpestare i piedi al Mizukage non aveva proprio intenzione. Ciò che voleva era un confronto, mettere in tavola cosa era saltato all’occhio a lui e sentire cosa avessero, invece, capito gli altri, magari riuscendo così, unendo i pezzi di tutti, a chiudere i fori rimasti sul puzzle. Ma no, figuriamoci. Troppo difficile pretendere che si capisse una cosa tanto elementare, scemo lui che ci aveva sperato. Sentirsi dire poi che lui, proprio lui, pensava di dare ragione a Kyo Dan o Taisei, quando dall’inizio di quella storia quei due gruppi gli erano sembrati entrambi sospetti tanto da fargli prendere l’ovvia decisione di parteggiare solo per sé stesso, fu davvero l’apoteosi dell’intervento della Jashinista, a cui il Rosso non diede più attenzione da quel momento in poi, concentrandosi piuttosto su quanto avevano da dire gli altri. Stessa cosa fece la sua replica sul palo, roteando gli occhi al cielo e scuotendo la testa. Le cazzate erano l’ultima cosa di cui avevano bisogno in quella situazione.
Quanto meno, lo Squalo e il Mizukage parvero voler contribuire alla causa: l’uno dando un minimo di attenzione, l’altro mettendo in tavola un ragionamento che non faceva una piega. Di fatto, come diceva il Kobayashi, se avessero deciso di non seguire le indicazioni della volpe, l’unico modo apparente che avrebbe permesso loro di uscire da quella sottospecie di tempio incandescente, sembrava quello di mirare al cuore luminoso…tuttavia, se per distruggerlo Kurama aveva bisogno di tutte le sue code, loro sette soli non potevano avere speranza alcuna.
Era sensato, tanto che, alla fine, tutto tornava a quelle due uniche scelte che avevano di fronte. Uccidere la propria controparte o sé stessi - pareva non fare differenza per la volpe - oppure morire arrosto per mano del tempio. Possibile che non ci fosse un’altra via? Se c’era, Yu non riusciva a vederla, né lui, né l’altro sé stesso che si dimenava sul palo torturato dal calore crescente, tanto quanto lo era il Rosso col saio. Era anche quello uno dei motivi per cui aveva esposto il proprio ragionamento. Cercare delle alternative e, possibilmente, trovarle. Perché onestamente a lui nessuna delle scelte che avevano a disposizione piaceva. Decisioni cieche, che non permettevano una vittoria pulita in nessun caso o, quanto meno, minimamente vantaggiosa nei loro confronti. Non c’era garanzia alcuna nel credere alle parole della volpe. Che poi…credere alle parole di una Kitsune…siamo seri. L’unica certezza era che, se non avessero fatto nulla, sarebbero morti arrosto lì: loro in quei dannati sacchi bianchi e le loro controparti appesi a quei pilastri a mo’ di yakitori ben cotti.
D’altronde, la risposta di Kurama alle sue insinuazioni e alle domande di Takumi non diede alcun risultato se non l’ennesima spintarella della creatura a fare quanto stava minacciando Shitsuki…e quanto effettivamente fece senza attendere alcuna delibera da parte del Mizukage.


Cosa cazzo…?

Fu il rumore di un taglio netto, ma ancor più il forte odore di sangue che fecero voltare Yu. Entrambi gli Yu. Benchè quello legato al pilastro non potesse vedere la scena al completo, se non solamente l’ovvio fiotto di sangue originato da qualche palo più avanti, non gli servì né fantasia, né tanto meno alcuna conferma vocale per capire che cosa fosse accaduto. Gli bastò guardare le facce dei presenti, soprattutto quella dell’altro sé stesso, nel silenzio surreale che era calato. Raggelato, il Rosso col saio stava osservando la scena che aveva di fronte. Il respiro mozzato in gola, la testa allo stesso tempo piena di pensieri e vuota. Domande che collidevano e si annullavano vicendevolmente di fronte a quanto accaduto senza che nemmeno avessero il tempo di evitarlo. Nessuno di loro, nemmeno il Mizukage che, colmo di una furia tacita, si rivolse alla Kunoichi senza però ottenere l’attenzione che quel rimprovero meritava. Ma in quel caso non fu nemmeno troppo colpa della donna.
Accadde tutto talmente in fretta da permettere appena di seguire lo svolgersi degli eventi, senza riuscire a capacitarsene, dargli una forma, una ragione, un senso. Come se fosse vivo, il tempio prese a stridere…quasi come se fosse sul punto di collassare, come se la struttura si stesse contorcendo su sé stessa, lamentandosi, gridando dal dolore. La luce già incupita del cuore luminoso sfarfallò similmente ad una candela sul punto di spegnersi a causa d’un improvviso colpo d’aria, quindi, con un rumore secco che gli rimbombò nello stomaco il pilastro su cui il corpo della Shitsuki sacrificata era incatenato, si incrinò dalla cima fino alla base. Una crepa che corse rapidamente per tutta la lunghezza, prima di essere invasa da altro sangue. Una quantità immensa che si riversò fuori dal marmo e spazzò via sia la Kunoichi deceduta che la sua carnefice, investendo in pieno anche Kurama. Quindi il buio.
I battiti del cuore cessarono e la sua luce si spense lasciando il posto ad una densa oscurità, simile a quella in cui Yu nuotava prima di svegliarsi in quel posto. Se non fosse stato per il dolore. Lo colpì improvvisamente, al petto, facendolo piegare sulle ginocchia e rubandogli l’aria dai polmoni.


Nnnghaah..!

Si lasciò sfuggire un lamento prima di stringere i denti, gli occhi e chiudere talmente forte i pugni da conficcarsi le unghie nei palmi. Gli sembrava di avere una gelida lama conficcata giusto nel petto, in profondità ma non abbastanza da ucciderlo, solo…farlo soffrire come un cane. Respirava a fatica, la sua capacità di recuperare ossigeno spezzata dalle fitte che si dipanavano come un veleno, unito al terrore e all’inquietudine che stavano intrecciandosi tra loro spargendosi a macchia d’olio, tanto da coprire qualsiasi altro pensiero. Poi arrivò il freddo. Improvviso e spaventoso come il tocco gelido della morte, capace di tagliare le gambe, mozzare il respiro e paralizzare come poche altre cose Yu conoscesse. Lo sentiva fin nelle ossa, incuneandosi anche laddove non sarebbe dovuto arrivare, invadendo luoghi che credeva inesistenti e sicuri, ferendo con le proprie spire gelide tutto ciò che era, causando un contrasto fastidioso con il saio caldo…che ora sembrava addirittura ribollire a contatto con la sua pelle fredda. Gli sembrava di morire. Oh, l’aveva sentita altre volte la carezza ghiacciata e piacevole della morte…un tocco gentile sul collo, quasi confortante, che nulla aveva a che fare con quella morsa gelida. Sembrava quasi che quel posto volesse ridurli a pezzi, strappandogli qualcosa un po’ per volta, riducendo a brandelli ciò che erano, condannandoli ad una pena eterna prima di prenderseli completamente. Alzò il viso ed aprì gli occhi inquadrando la cicatrice rossa e incandescente che ora contraddistingueva il cuore. Un segno solo vagamente distinguibile dai suoi occhi inizialmente offuscati da quell’improvviso dolore. Cercò di regolarizzare il respiro, mozzato malamente dall’esperienza provata e di strizzare gli occhi per tornare a rimettere a fuoco, mentre barcollando si rimetteva in piedi giusto in tempo per essere investito da una violentissima vampata che lo rigettò a terra di nuovo, solo…diversi metri più in là. Fu come ricevere un pugno nello stomaco senza essere preparati a riceverlo, corredato da una botta extra sulla schiena che faceva sempre piacere, no?




Dal suo punto d’osservazione in prima fila, tribuna d’onore per quello spettacolo inquietante, lo Yu legato al pilastro partecipò a tutta la scena alienato, non capendo che diavolo stesse accadendo al suo riflesso in carne ed ossa e a tutti i suoi compagni con il saio. Li aveva sentiti lamentarsi e soffrire come dei dannati non appena la luce era venuta a mancare e il silenzio era calato inesorabile e sinistro in quel tempio, per lui da sempre armonizzato dai battiti frenetici del “coso” che la sua controparte aveva indicato in qualche punto dietro ai pali a cui lui e gli altri erano legati…ora con una in meno.
La Shitsuki dell’altro gruppo non si era fatta alcuno scrupolo ad ammazzare la sé stessa di fronte a lei, una preghierina a non si sapeva bene che Dio e poi giù di falce con la stessa facilità con cui lui…già, con la stessa facilità con cui lui aveva calato la naginata sul collo di Endo Keizo durante l’esecuzione a seguito della sua cattura. Solo che per lui quell’uomo non valeva nulla, era causa del rapimento di suo fratello, di ciò che era accaduto a Shi e di una serie di crimini che stare nuovamente ad elencarli gli faceva venire il mal di testa. Un uomo che meritava di stare esattamente dove era stato messo su quel palchetto improvvisato, sotto l’ombra della lama della naginata che il Rosso aveva scelto quando Fuyu gli aveva ordinato di occuparsene personalmente. Non pensava che sarebbe mai riuscito a fare altrettanto con qualcuno che aveva la sua stessa faccia. Magari se messo alle strette sì, ma…non con la stessa scioltezza di quella donna. Tanto più che, dato il risultato, non gli sembrava fosse la cosa giusta da fare.
Se per ognuno che fosse morto, la conseguenza fosse stata quella di soffrire come delle bestie, non pensava proprio fosse la soluzione. Se lo era, sarebbe stato davvero crudele. Non che la vita non lo fosse ma…puzzava. Lui per altro non aveva sentito assolutamente nulla! Solo quel calore che non smetteva di aumentare anche dopo l’intervento della Kunoichi albina. Ennesimo punto a favore del fatto che quella non pareva per nulla la strada giusta. Insomma…se fosse stata la soluzione, un po’ sarebbe dovuto calare no? Almeno leggermente, invece nulla. Kenmaki continuava a essere caldo, assorbendo il calore dal pilastro. E la situazione non fece che peggiorare nel momento in cui la volpe riapparve agli occhi di tutti ammantata di luce, colma di energia, mentre il sangue che le inzuppava il pelo evaporava. La sua figura ora era più grossa, la sua voce più profonda e grazie alla prima coda recuperata riusciva a reggersi in equilibrio senza più le difficoltà incontrate in precedenza.
Contemporaneamente, il battito e la luce tornarono ad inondare il tempio con veemenza ritrovata, con un’impennata di calore che Yu non tardò ad avvertire sulla propria schiena.
Le lame arroventate di Kenmaki lo fecero inarcare, lamentando ed imprecando sonoramente e, nonostante di tanto in tanto le pulsazioni presentassero una sottospecie di aritmia, questo non bastava a dargli sollievo alcuno. Ben presto sentì l’odore dolciastro della carne bruciacchiata iniziare a solleticargli le narici. Sarebbe stato un odore piacevole se solo non si fosse trattato delle sue stesse carni e di quelle dei suoi compagni.


EHI! Gridò, in preda al panico e all’impotenza di poter fare qualsiasi cosa che non fosse parlare ed incitare chi poteva muoversi ad inventarsi una soluzione di qualche tipo. Fate qualcosa, cazzo! Qualsiasi cosa, basta che vi diate una mossa!




Si rialzò a fatica Yu. La botta ricevuta non era stata per nulla piacevole e, inoltre, il rinnovato calore non aiutava di certo. Ogni movimento, portava la sua pelle in contatto con il tessuto bollente del saio che ormai non era più solamente una sauna, ma un vero e proprio rogo che impietoso lasciava il proprio passaggio sulla pelle come fuoco vivo.
“Fate qualcosa” diceva il suo altro, appeso al palo, come fosse facile decidere che cazzo fare arrivati a quel punto. L’unica cosa che gli sembrava chiara era che uccidere quelli appesi ai pali non fosse la soluzione. Quel dolore acuto e penetrante che aveva provato, quel freddo pungente…no, non era per nulla la cosa giusta da fare. Se anche lo fosse stato, egoisticamente non aveva intenzione di provare di nuovo quelle sensazioni. Ma non riusciva a capire che cosa fare! Le urla di Shitsuki e le sue esortazioni gli arrivarono ovattate agli orecchi e deliberatamente il Rosso le ignorò. Così come ignorò le grida e le incitazioni esultanti della volpe, che ovviamente tirava acqua al proprio mulino. Col cazzo che avrebbe fatto quello che aveva fatto la Jashinista. Cosa ci avevano guadagnato? Dolore e ancora più calore!
Ormai l’acqua che si era tirato addosso si era del tutto asciugata, usarne altra dubitava avrebbe dato qualche giovamento, ne serviva di più, molta di più di quella che poteva evocare col poco chakra che gli era rimasto in corpo…Iniziò a ripensare a quando si gettava dal pontile abbandonato, direttamente nell’acqua fredda del mare di Kiri. Quello sarebbe stato d’aiuto. Acqua, tanta acqua, un mucchio d’acqua, acqua ovunque. Inconsciamente iniziò quasi a compatire e comprendere quelli come suo padre che erano costretti ad andare in giro con una scorta se non volevano lasciarci le penne. Cazzo se gli sarebbe piaciuto un bel tuffo in quel momento. Non ce la faceva più. La gola era secca, le pelle bruciava. Il sudore nemmeno faceva in tempo a formarsi prima di asciugarsi e lasciare che le prime ustioni, laddove il saio era direttamente a contatto con la pelle segnassero il suo corpo. Sulle spalle, sul petto, la parte superiore delle braccia, nel punto dove quel dannato capestro stringeva. Bruciava, bruciava, bruciava in maniera insopportabile! Ed era quella l’unica cosa a cui riusciva a pensare in maniera lucida. A quanto quel sacco bianco fosse incandescente!
Senza rendersene conto, iniziò a muovere i primi passi recuperando il terreno perso dall’impatto con la vampata di poco prima. Ogni passo una pena, ma l’obiettivo era l’unica cosa che in quel momento avrebbe potuto alleviare tutto quello. Lo sguardo fisso sulla conca colma col liquido di luce che qualche momento prima il suo istinto gli aveva detto di evitare. In quel momento però aveva un fascino tutto suo. Chissà…magari era fresco. Lo era senz’altro di più che starsene lì fuori come un fesso a farsi bruciare. Osservò il Mizukage. Ordini non ne stavano arrivando e tanto meno sembrava ne sarebbero arrivati a breve. I passi divennero una camminata veloce. Passò in rassegna gli altri, non gli sembrò di vedere che alcuni di loro avessero le idee chiare su cosa fare. Apparentemente nessuno sembrava avere la soluzione di quel casino per le mani, un motivo in più per non starsene fermo. Uccidere sé stesso? Uccidere l’altro sé? Restarsene immobile ad aspettare di arrostire? Se proprio doveva decidere preferiva non dover affrontare i suoi stessi occhi che lo guardavano mentre la vita scivolava via dagli stessi. Ma non voleva nemmeno morire bruciato. Per questo continuò ad avvicinarsi, sempre con più decisione, senza sapere minimamente a cosa stesse andando incontro, mosso solamente dal desiderio di alleviare quel calore ustionante, dal bisogno di sopravvivere.
Le grida dell’altro Yu gli fecero appena voltare gli occhi nella sua direzione, solo una scena riuscì a fargli riacquistare per qualche istante un minimo di presenza a sé stesso. Qualcosa che fosse di più del mero istinto di sopravvivenza. Shitsuki con un kunai in mano che salmodiava qualche cosa nei pressi del pilastro dove avrebbe dovuto trovarsi Urako. La ragazzina era ancora invisibile, ma le catene tradivano la sua presenza, così come il suo odore. Non ci volle molto a capire cosa diavolo avesse intenzione di fare la Jashinista. E col cazzo che glielo avrebbe lasciato fare. Era ora di finirla.


Ora mi hai rotto.

Un sibilo a denti stretti. Mentre il Rosso continuava ad avanzare verso la propria meta ultima, aumentando il passo e la falcate a discapito del dolore che provava fino ad arrivare ad una corsa decisa, impose le mani componendo rapidamente dei sigilli. Le dita scivolarono dolorosamente le une sulle altre, procurandogli nuove ustioni sulle braccia, fintanto che richiamava il chakra necessario per mettere definitamente fuori gioco la Kunoichi. Ne aveva piene le scatole di lei, delle sue grida, delle sue ottuse fissazioni e dei suoi dannati paraocchi. Gli era andato bene che avesse fatto il cavolo che voleva con il suo doppio, era stato utile a capire che cosa non fosse da fare, in fin dei conti - non a capire cosa fosse realmente da fare, ma ehi, non si poteva avere tutto dalla vita - ma che continuasse su quella linea, nonostante tutto, proprio no. Che poi la sua vittima designata fosse Urako, era stato davvero un grave errore. Irrazionalmente, visto che avrebbero potuto ugualmente crepare tutti, non le avrebbe permesso di torcere un capello alla moretta, che fosse quella al palo o l’altra non aveva importanza.
Concluse di preparare la tecnica giusto un attimo prima di saltare nella conca. Una genjutsu. Visto il poco tempo a disposizione, di preparare qualche bolla o una ninjutsu non era il caso, senza contare che avrebbe potuto facilmente accorgersi dell’effimera in arrivo e schivarla. No, meglio un nemico silenzioso ed inaspettato. Probabilmente non sarebbe riuscito a vedere il risultato del suo attacco prima di tuffarsi, proprio come era accaduto quando si era lanciato fuori dall’ospedale di Hatoma cercando di levare dagli impicci Shi…ma poco importava. D’altronde stava bruciando, se fosse rimasto fuori a vedere sarebbe morto e lui non ne aveva proprio intenzione. Non sapeva se quel liquido avrebbe potuto essere una morte alternativa a quella che l’avrebbe atteso là fuori, ma…sapete una cosa? Chissene frega. Era l’unica cosa sensata da fare. Quella che il suo istinto gli consigliava di seguire. Bruciava? C’era qualcosa di simile all’acqua lì. Buttarcisi era la cosa più logica, la cosa più naturale, quella che il suo corpo aveva capito prima della sua mente stessa. E così fece, saltò. Aggrappandosi alla fiducia, alla speranza e a quel filo di ragnatela che splendeva di luce, sordo a qualsiasi richiamo fosse arrivato dalle sue spalle.


<genjutsu> - Tecnica della sonnolenza illusoria – "Tecnica largamente utilizzata in tutti i villaggi ninja per il suo effetto, che la rende particolarmente utile in combattimento.
Lo shinobi, concentrando la quantità di chakra necessaria, ed immettendola poi, in un secondo momento, nella mente del proprio avversario riesce ad indurre in quest’ultimo uno stato di sonno che sarà più o meno intenso a seconda della quantità di chakra utilizzata per attivare la tecnica. Causa Status Sonnolenza e Paralisi."
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view post Posted on 2/7/2018, 17:56
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Quel semplice tentativo di ragionamento di gruppo era terminato nel peggiore dei modi, e non certo per quella dannatissima calura che cominciava davvero a superare la soglia ultima della sopportabilità.
Aveva provato il ragazzino dalla chioma fulva a mettere in moto i cervelli dei loro compagni, di accendere nelle loro agitate scatole craniche il lume della ragione, di condividere qualcosa che forse avrebbe potuto portare alla risoluzione della questione senza dover cedere alle richieste di una piccola volpe che, diciamocelo, era affidabile tanto quanto un ubriaco in preda a una sbronza violenta con una bottiglia opportunamente spaccata alla base stretta in mano.. ma per quanto avesse trovato terreno piuttosto fertile in lui, che subito s'era premurato di fargli da cassa di risonanza per migliorare l'incisività del messaggio lanciato, quei suoi nobili intenti di dialogo non ebbero il successo che entrambi avevano sperato. Soltanto i due spadaccini, seppure con un apporto non esattamente illuminante, avevano colto la palla al balzo e avevano tentato di dar credito a quella teoria, provando a ragionare sul da farsi senza farsi cogliere dal panico. Apprezzabile. Peccato però che la donna demone non avesse la benché minima voglia di pensare, prima d'agire. L'aveva guardato storto al rosso, scettica, dando un'interpretazione alquanto personale delle sue parole che chiedere se si fosse drogata con qualche sostanza stupefacente era come farle un ottimo complimento. Ma possibile che la gente interpretava le parole che sentiva a cazzo di cane senza nemmeno concentrarsi un momento e attivare le sinapsi d'uopo? Esattamente quello che era successo. Shitsuki aveva semplicemente sentito e non ascoltato il rosso, probabilmente perché non glie ne fregava nulla delle chiacchiere. Dopotutto era partita per la tangente da un pezzo, con l'intento di distruggere le colonne e di sgozzare se stessa al palo, senza soppesare pro e contro della situazione. Senza ragionare sulle conseguenze. Tanto chiunque fosse questo 'Jashin' al quale rivolgeva le sue accorate preghiere l'avrebbe protetta da ogni male, no? Elementare. Tipico giudizio senza basi concrete elaborato da una fanatica qualunque, quale si era dimostrata sin dall'inizio di quell'assurda avventura. Poteva pure aver avuto ragione nel suggerire a tutti di non indossare i sai, seppure avesse avanzato delle motivazioni che non sarebbero state determinanti nemmeno se argomentate, considerato che nessuno di loro sembrava essere devoto a qualcosa come lo era lei, ma adesso stava davvero esagerando. Scosse la testa il castano, esasperato. Non biasimava il ragazzo, per come aveva risposto all'albina. Per i suoi gusti era stato sin troppo generoso.
L'alternativa prospettata dal Kobayashi era esatta, qualora non avessero prestato attenzione alle richieste incalzanti della volpe. Eppure sino a quel momento avevano optato per non toccare il cuore pulsante alle spalle delle colonne. C'era qualcosa di veramente strano in quel teatrino dalle tinte macabre, e il castano non faceva che rimuginarci su, inconsciamente. Non avevano molte opzioni a disposizione. A quei ragionamenti a voce alta e alle sue domande circa gli incappucciati, imprigionati agli estremi della mezzaluna formata dai pilastri attorno alla conca, il piccolo demone dalle sembianze di volpe aveva risposto in maniera piuttosto inconsistente, anzi, proseguiva imperterrito a spintonarli verso il cammino che avrebbe permesso di liberare il suo potere, tentandoli con la speranza della salvezza e spaventandoli con la possibilità (oramai non troppo remota) di una morte lenta e dolorosa. Ma se quella del tempio era un'autodifesa come aveva supposto il rosso, possibile che era scattata così lentamente? Di solito una minaccia è meglio debellarla subito, senza attendere, senza lasciare la possibilità di fare il danno per il quale la si reputa tale; a loro invece era stato dato del tempo, come per permettere loro di fare la 'scelta giusta'. Asciugò col dorso della destra il sudore che gli colava dalla fronte, sospirando come se il respiro cominciasse a mancare. Credeva fermamente di essere a un tanto così dalla chiave di volta della questione, ma quel caldo cominciava seriamente a dare alla testa, così come il perpetuo bruciare della sua pelle, nemmeno fosse stata esposta per troppo tempo al sole cocente del mezzodì. Ma non fu solo quello a bloccare i suoi tentativi di ricostruire il tutto, di giungere a una conclusione convincente basata su quanto avevano, sino a quel momento, visto e vissuto. No. Fu Shitsuki a commettere l'errore, che col senno di poi si sarebbe rivelato essere una manna.

S'accorse del vibrare della lama troppo tardi per poterle impedire di compiere il gesto, ma probabilmente non l'avrebbe fatto comunque. Osservò la scena quasi del tutto impassibile, osservando il sangue che colava dal collo dell'albina intrappolata al pilastro con un'indifferenza da fare accapponare la pelle. Fu quello che accadde qualche secondo dopo l'atto che lo fece gemere sofferente, costringendolo a portare entrambe le mani alle orecchie e a chiudere per un istante gli occhi dal dolore. Ogni centimetro del tempio prese a stridere, producendo un rumore simile allo strofinare delle posate su di un piatto ma ben più profondo e acuto; persino la luce sfarfallò un paio di volte, sintomo che il cuore, con quel sacrificio inatteso, era stato ugualmente colpito.
Cosa..?! gemette il castano alla colonna, dolente tanto per il calore sfrenato proveniente dalla sua schiena che per il rumore acuto appena udito. Non riusciva a vedere tanto bene cosa stava accadendo, ma aveva compreso buona parte degli avvenimenti ascoltando il gelido rimprovero del Mizukage in direzione della donna demone, che si era pure beccata uno sguardo che non prometteva nulla di buono. Aveva tolto le parole di bocca al suo doppio col saio, che ben presto, dopo il sonoro incrinarsi della colonna, lo sgorgare copioso del sangue e il conseguente fiotto che aveva trascinato via il corpo esanime e investito la volpe, si ritrovò in ginocchio e con la bava alla bocca.

Non appena le luci furono inghiottite dall'oscurità e il cuore aveva cessato di battere, si sentì morire. Trattenne d'istinto il fiato per un lungo, lunghissimo istante; uno squarcio era apparso oltre ai pilastri, come una ferita impressa a fuoco sul fondale che, però, in qualche modo apparteneva pure a lui. Non voleva morire, non in quel posto. Non così. E il terrore fu come un veleno che prese piede in concomitanza a quella macabra cicatrice, e si diffuse nel suo corpo a una rapidità impressionante. Tremava. Sentiva un freddo tremendo, sin dentro le ossa, sin dentro al cuore, mentre il saio che aveva addosso continuava a bruciare come un tizzone ardente su di una lastra di ghiaccio. Sempre più caldo, sempre più ustionante. A quel punto sia la conca che il cuore esplosero nuovamente di luce e tutti vennero sbalzati malamente, finendo rovinosamente a terra.
Non si accorse del momento in cui aveva ripreso a respirare, né di quanto tempo avesse passato in quello strano mondo senza luce, ovattato, carico di angoscia e dolore; pian piano i suoni, che sino a quel momento parevano contrastati dall'immensità di un oceano, cominciarono a riacquistare un senso, e fra i richiami allarmati del suo doppio stretto nella morsa delle catene, che lo implorava di fare qualcosa per far cessare quel supplizio e le urla della volpe, adesso più grossa e con una coda a sorreggerne l'equilibrio prima precario, che li esortava a proseguire, ad uccidere, Takumi fece appello a tutte le sue energie per sollevarsi da terra. Barcollò sul posto, stringendo i denti e respirando con una certa cadenza. Il cuore al di la delle colonne aveva ripreso a battere in maniera più frenetica, la veste era diventata ustionante e la colonna dove prima sostava la doppia Shitsuki era come spenta, morta. Uno degli incappucciati aveva preso vita e la donna demone aveva ripreso a urlare come un'isterica, ma nulla aveva importanza al momento se non la sua vita. Si guardò rapido attorno, con un'espressione che pareva appartenere a un animale rabbioso e dolorante. Al diavolo le copie, al diavolo quell'esaltata, al diavolo quella maledetta volpe. Non sapeva descrivere il dolore che provava dentro di sé, né tanto meno quello sulla sua pelle. Cosa dire quando stai bruciando da capo a piedi, come messo dentro a un forno? Aveva bisogno di contrasto, e l'unico contrasto possibile era l'acqua. Fu allora che si rese effettivamente conto della conca e del liquido luminoso che vi era dentro. Certo non poteva affermare che fosse abbastanza freddo da contrastare il calore ustionante del saio, ma non fumava e questo era un ottimo inizio che la sua mente captò come unica speranza di salvezza.
A quel punto avrebbe preso Yūzora per un braccio e l'avrebbe trascinato fino alla conca, buttandosi insieme a lui, tanto che fossero sopravvissuti o meno non aveva importanza oramai. Ma non fu questo quello che avvenne.
Ehi! Non vorrete mica lasciarci qui a cucinare come degli tsukume?! aveva provato ad attrarre l'attenzione del suo doppio, leggendo le sue intenzioni nello sguardo smeraldino carico di panico che, in quel momento, doveva essere dannatamente simile al suo, ma questi pareva sordo alle sue richieste d'aiuto. Non aveva più importanza stare a capire che tipo di collegamento vi fosse fra di loro, importava solo la salvezza, per quanto effimera e non meno folle potesse essere. Fu allora che con la coda dell'occhio vide la donna demone avvicinarsi alla colonna che, tecnicamente, avrebbe dovuto accogliere uno di loro, pronta con un kunai a dare il ben servito alla seconda vittima per completare la duplice cazzata. E no. Non aveva alcuna intenzione di patire di nuovo quel dolore atroce; piuttosto sciolto nella conca di luce, che di nuovo a terra sospeso fra il dolore e il tormento. Ugokuna!! le gridò carico di rabbia, mentre con l'aiuto dell'adrenalina in corpo fece per scattare in sua direzione e, letteralmente, placcarla nel raggiungere la conca. A non troppi passi da lei la vide afflosciarsi come un guscio vuoto, mentre il rosso con le mani imposte in un jutsu si lasciava cadere nella conca. Fu tutto molto rapido: i suoi occhi smeraldini incontrarono per l'ultima volta quelli del compagno dalla chioma fulva; le grida degli shinobi alle colonne (tra le quali le sue e quelle del secondo Yūzora) s'insinuavano nei timpani, facendoli vibrare dolorosamente; il corpo della ragazza priva di sensi contro il suo; un salto dentro alla conca di luce, con la vana speranza che il suo supplizio cessasse e che il compagno stesse dall'altra parte della luce, sano e salvo.

 
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view post Posted on 2/7/2018, 22:51
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Into the Gedo, Gennaio 249 DN


Digrignò, Hayate, quando osservò il comportamento disinibito della Jashinista al suo ammonimento. Questo, difatti, era uno dei tanti motivi che lo avevano indotto a non lasciarsi trasportare da una fede, qualsiasi essa sia. Inoltre, sebbene ricoprisse un ruolo apparentemente super partes, avrebbe fatto in modo di reprimere quasi completamente tali devianze. Le reputava tali, dato che per l'Artefice l'unica via percorribile fosse quella della razionalità. Non v'era bisogno d'altro se non di se stesso, a cui potersi affidare anche in situazioni così nefaste da sembrare invalicabili. In ogni caso quello non gli parve il momento di instaurare una discussione con Shitsuki per avvertirla a riguardo; aveva ben altro a cui pensare. Salvare la propria vita e quella dei suoi sottoposti. Ciò che accadde in seguito lo scosse; fu vittima di un timore mai provato sinora. Non avrebbe mai previsto una conseguenza simile, ma, la realtà dei fatti, lo poneva dinanzi ad un evento quasi disastroso. Un'odore ferroso divampò nell'ambiente, pretendo il dominio. A dire il vero, le sensazioni che percepì furono contrastanti. Da una parte accettava con gaudio la possibilità d'essere immerso in una pozza di sangue; gli rimembrava la missione dove venne incaricato di sterminare una famiglia intera in contrasto con il villaggio di Kiri. Si sentiva immortale, quasi quanto la Jashinista, nessuno avrebbe mai potuto fermarlo quando era vittima di queste sensazioni. Dall'altra parte, però, quell'inconsapevolezza e incapacità di agire lo frastornavano. Se la situazione avesse richiesto solamente l'utilizzo della mera forza bruta, con un potere similare con cui confrontarsi, non avrebbe avuto alcun remore ad entrare in azioni, ma la contingenza che stavano affrontando era totalmente diversa. Elaborare strategie, in quel caso, sarebbe stato inutile; le probabilità che i due piani potessero dar loro esito positivo rasentavano lo zero. Erano vicoli ciechi da cui non potevano fuggire.

Poi, dopo, osservando minuziosamente la scena data la poca distanza che intercorreva tra lui ed il palo a cui era incatenato l'ormai mietuto corpo della Shitsuki copia, si poté avvedere di cosa stesse accadendo realmente. Le iridi diamantine si espansero a dismisura per focalizzare le immagini che si susseguivano; non si sarebbe mai aspettato che in seguito all'uccisione della copia ci sarebbe stata una risposta effettiva da parte del tempio. Quella prigione era viva e stava palesando tutta la sofferenza per quanto accaduto. Come se una ferita le fosse stata inferta, cercò di reprimere tutto il dolore urlando e dimenandosi. Era come se fosse possibile poter percepire quelle sensazioni. Uno stridore prolungato invase l'intero ambiente, divenendo assordante; era la sua stessa voce, o presunta tale, a dar modo loro di ponderare sulla sofferenza di cui era vittima. Il cuore, d'altra parte, raccolse maggiormente l'attenzione di Hayate, sebbene fosse disturbato dagli avvenimenti sopra raccontati. Pareva avere accusato quel colpo, così come era stato indicato da parte di Kurama per prevalere sulla prigione in cui erano relegati. Era forse vero? Dovevano veramente fidarsi? Dopo quel suo discorso sull'impossibilità di eguagliare una forza tale da prevalere sul cuore, lucchetto da cui prescindeva la libertà della volpe, non poté fare a meno di avvantaggiare la teoria di avallare le condizioni di Kurama, avvedendosi anche di ciò che era appena avuto luogo dinanzi ai suoi occhi. La morte della copia aveva indebolito in modo ingente il tempio, dato che lo stesso cuore aveva iniziato a vacillare; non mantenne quella sua intensità luminosa, quasi come se si stesse per spegnere.

Tutto si tinse di rosso. Preludio di morte, preludio dell'oblio. Ne furono immersi, poco dopo che si venne a creare una spaccatura alla base del palo a cui era legata la finta Shitsuki e da cui fuoriuscì una smisurata quantità di sangue. Un'onda anomala color cremisi. L'oscurità, in seguito, fu la sola ed unica accompagnatrice in quel momento nefasto. Come se tutto fosse finito, vedendo sbalzare via entrambi i corpi appartenenti alla fede Jashinista. Sentì una profonda e ingente fitta all'altezza del petto; lo colpì con impeto, quasi come se qualcosa al suo interno stesse cercando di trovare una scappatoia per liberarsi di quella gabbia. Stava soffrendo, così come il tempio. Era lancinante, quasi insopportabile, e non fu l'unico male ad affliggerlo. Il respiro divenne irregolare, affannato; i polmoni non riuscivano ad usufruire della poca aria ancora benevola. Strinse l'elsa delle Hiramekarei con tutta la forza che aveva nel corpo; voleva cercare di far confluire tutto il dolore in rabbia, per doverne sopportare in minima parte. Certo, non fu del tutto possibile, ma la sicurezza che gli trasmetteva la sua compagna lo rendeva più impassibile dinanzi alla disperazione. Non aveva mai provato un dolore simile; non riusciva a darvi una provenienza, non riusciva a capire da dove provenisse e da cosa fosse, in realtà, generato. Era connaturato nel suo stesso animo e non poteva far alcunché per privarsene. Le sue stesse emozioni erano altalenanti, quasi incontrollabili. Retto dalla ragione, per di più, fu scosso da un'insania follia che gli stava pervadendo lo spirito, dato che non era in grado di porvi un argine. Non aveva un effettivo controllo sulle proprie emozioni; si sentiva inerme. Si sentiva inutile al cospetto di un evento del genere. Privo di parole incoraggianti, privo di qualsivoglia speranza.

Il luccichio dei suoi occhi si adagiò con non poche difficoltà, sull'aspetto del cuore. Doveva capire cosa stesse accadendo e fu in quel momento che si accorse, dopo che la sensibilità della sua vista si adeguasse alla luminosità vigente, delle condizioni in cui versava. Era una ferita, come se quel suo corpo fosse stato tranciato in due. Avrebbero dovuto provare quella sofferenza per altre otto volte; e se proseguendo con gli omicidi il dolore fosse aumentato? Avrebbe mai resistito? Non avrebbe avuto scelta in tal caso; forse i deboli non avrebbero sostenuto una situazione simile. In ogni caso, però, non riusciva a trovare una via d'uscita sicura. Anche perché non pareva fosse possibile individuarla.

Fu invaso, nuovamente, da una vampata di luce. Il suo corpo fu colto in pieno. Il calore divenne nuovamente vivido, più ingente. Ne aveva abbastanza; udì le parole di scherno provenienti dalla Jashinista che li incitava a replicare la sua azioni e quelle della volpe, entusiasta per quanto accaduto. L'arsura lo stava bruciando; probabilmente avrebbe potuto contare diverse ustioni svilupparsi lungo tutto il corpo, senza però avere la possibilità quanto meno di provocarsi un leggero piacere con dell'acqua. Non avrebbe avuto alcun effetto dato che sarebbe evaporata al minimo contatto con l'aria. Trascorsero pochi secondi, così pesanti da sembrare un'eternità. E fu proprio in quel momento che si poté avvedere di cosa Shitsuki stesse per fare. Dannata quella donna; folle e manipolata da un'indole transeunte. Non avrebbe mai potuto interromperla da quella distanza; aveva spostato la propria attenzione su troppe cose e Shitsuki si era inoltrata al cospetto del palo della copia di Urako senza convogliare su di se i suoi colleghi. Fu Yuzora, in un atto di altrettanta follia, a provare ad arrestare la sua avanzata o almeno tentarci. Ciò che decise di fare in seguito, però, andò al di là delle sue aspettative; si tuffò nella conca senza remore alcuno e non fu la sola ad avallare tale scelta. Anche Takumi, nel medesimo istante, cercò di placcarla e la direzione intrapresa finiva direttamente nel liquido ove poco prima si era immerso Yuzora. Beh.

- Ma cosa cazzo state facendo!?

Proferì, urlando ad alta voce. Cosa stava balenando nelle loro menti? Perché avevano deciso di optare per quella strada di cui non potevano presupporre alcunché? D'altronde non era mai stata analizzata e non si sarebbe mai auspicato di essere obbligato a perseguire un piano del genere. Tre dei suoi sottoposti si sarebbero ritrovati immersi nella conca, mentre gli altri quattro dovevano decidere cosa fare. Non che avessero altra scelta, Hayate non li avrebbe mai abbandonati nonostante la loro impulsività.

- Andate anche voi! Subito!

Ordinò a quelli rimanenti. Era dannatamente iracondo. Avrebbe atteso che gli altri seguissero Yuzora, Shitsuki e Takumi, poi si sarebbe tuffato all'interno della conca sperando di uscirne vivo... O, quanto meno, apparentemente intatto.



 
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view post Posted on 4/7/2018, 17:16
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Il suono è simile a quello della lama del macellaio, quando sgrassa il quarto di bue appeso nel retrobottega.
Era sempre stata affascinata dalla scioltezza di quei gesti quasi pittorici, dalla facilità con cui la mannaia separava il grasso dalla carne fendendolo come burro; non aveva mai assistito invece all'uccisione di un bue.
Alla morte di un essere umano... più o meno, ma non era successo allo stesso modo. Era stato quasi irreale: aveva visto il ponte della barca coperto di corpi privati della pelle, già spirati. Aveva visto due ANBU disintegrarsi e ridursi in cenere, aveva assistito al decesso di quel vecchio immondo, pugnalato da decine di punteruoli ghiacciati, ma mai nessuno davanti ai suoi occhi era stato sgozzato – nel senso più puro del termine. Che poi, “davanti ai suoi occhi”.
Lei non guardava mica.

Sì che si è messa una mano davanti al viso, appena ha colto con la coda nell'occhio le lame librarsi in aria; ha udito il silenzio sorpreso e il silenzio attonito, l'uno prima e l'altro dopo il compiersi dell'atto, e il gorgogliare del sangue denso sulla pietra. Non ci vuole molto prima che il gorgogliare si trasformi in un gocciolare aritmico, denso e umido, ma in quel momento lo stridore tutt'attorno sale talmente forte da coprire qualsiasi altro suono, da far dimenticare lo stesso calore soffocante. Con una smorfia si porta le mani alle orecchie, sperando di risparmiarsi l'ennesimo tormento; socchiude gli occhi, accecata dal lampo improvviso del cuore – bambinate che abbandona immediatamente, quando in rapida successione l'ondata di sangue deborda e si abbatte su Shitsuki, il tempio si oscura e sente di colpo la vita abbandonare il suo corpo sottile.
Un guaito carico di stupore e paura le sfugge dalla gola costretta: si ritrova in ginocchio sul pavimento, le braccia incrociate sul petto e strette convulsamente dalle dita, manco fosse il suo, di cuore, ad essere stato colpito; respira affannosamente dalla bocca aperta in un grido muto, gli occhi sbarrati e persi nel nulla. Un freddo orribile, un abisso siderale di nulla le serra l'anima tra le sue spire, lo stesso che ha fagocitato la sua compagna. Lo stesso da cui lascerà freddamente ghermire la sua metà.

L'onda d'urto la sbatte a gambe all'aria senza pietà; quella gioia nella voce della creatura – esiste qualcosa di più odioso? Se lo sente che qualcosa non va, è chiaro che il Bijuu non abbia interesse per la loro salute, ma se stare male può liberarli non importa: sopporterà anche questo. Ora che sa cosa è, non le fa più così paura. Deve solo tenere duro, essere forte. Nessun altro ha mostrato loro alternative valide. È per questo che si sforza di tirarsi in piedi, il calore che fa sempre più male: si fa coraggio e cammina, corre attorno alla conca per raggiungere Shitsuki, evitando di guardare la volpe - come se fosse qualcosa di esecrato. “Shitsuki... come stai...”
La risposta dell'altra è quanto di più sensato. “Allora prendi anche me”.
Peccato che il momento solenne sia rovinato dall'apparizione di SHINTOU – è questo che strilla l'altra, completamente dimentica del suo incarico: la vede schizzare verso una delle figure incappucciate ed aggredire una barriera invisibile, urlando a pieni polmoni, ma proprio non ce la fa più. Il calore è troppo.
Sta iniziando a bruciare, lentamente.
“Shi... tsu... kiiiiiii...” geme con voce sofferente, e le sembra passato un secolo quando l'altra si decide a staccarsi: un tempo in cui non riesce minimamente a provare empatia per la disperazione dell'altra, né a porsi domande sulla presenza dell'uomo alla colonna, nonostante manchi tra loro il suo doppio vestito di bianco.
Le importa solo che la Agiwara lo faccia, e lo faccia subito.
“Alla colonna... il collo è sopra l'ultima spira della catena” specifica frettolosamente, mentre la voce si fa strozzata per il dolore che monta prepotente. Difficile sbagliare: sarà anche invisibile, ma i singhiozzi sommessi della sua copia sono sempre più chiari e distinti.




«So che non credi in Jashin, quindi non penso ti dispiacerà se faccio una preghiera breve.»

Niente da dire. Non riesce più a parlare. L'unica cosa che le importa, è che nessuno la veda con le lacrime agli occhi e il naso che cola. Che la sentano piangere come le sue sorelle neonate è già sufficiente. Dignità. Non riesce più a trattenersi, il dolore è troppo: sente scorrere sulle guance in fiamme acqua che non credeva più avere in corpo, la voce che sale dalla faringe come una nenia continua e inarticolata, inframmezzata da singhiozzi disperati.

«Signore delle Lame, accogli questa anima impura e risparmiala dalla tua divina potenza...»

Ogni muscolo del corpo vibra, teso dal dolore, dalla paura di quello che vede arrivare: è da sola, ineluttabilmente, orribilmente sola. Non è vero che la vita ti scorre davanti. Le preghiere non portano conforto.
È vivere un presente eterno, imbevuto di angoscia: un fermo immagine sospeso sull'abisso.


«Proteggi noi tutti, e dammi la forza per sostenere questo dolore.»

La lama scintilla e si solleva.
Dietro di essa, attraverso la coltre di pianto, un guizzo di colore fulvo.




Andate anche voi! Subito!
Non arriva a vedere la propria morte: quell'ordine è più forte di qualsiasi pensiero possa avere lei in mente. È come il cane che piomba tra le pecore sparse, strappa il gregge all'assalto dei lupi e lo riporta al sicuro all'ovile. Voltarsi è una sofferenza atroce, ma mai di più che star ferma e lasciarsi bruciare viva: qualcosa da fare, un sentiero da seguire, un'alternativa all'attesa senza costrutto. Esegue l'ordine senza provare niente, fuorché dolore.
È col vuoto nella mente che si lascia cadere a corpo morto nella polla.
Che le acque si chiudano presto su di lei.

 
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