[Fase IV] - Eidolon, gaeshi(1o pg) - Bloodyrose(2o pg) - Steve - Lucifergirl(1o pg) - Egeria(1o pg) - (!) - Crystal

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view post Posted on 21/5/2018, 10:12

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Percepì la voce della ragazza rispondere alle sue parole con un semplice saluto senza però che quest'ultima interrompesse in qualche modo quello strano atto di mimetismo. Poteva ben comprendere le ragioni di quella diffidenza per il modo in cui erano stati catapultati in quella situazione e sicuramente avrebbe potuto biasimarla per i pochi convenevoli. Aveva conosciuto Urako in quella taverna ed oltre ai restanti spadaccini era l'unica a conoscere il segreto dietro il tentato golpe ai danni del precedente Mizukage. Era evidente che la ragazza provasse poca simpatia per lo spadaccino e per il suo modo di fare piuttosto "espansivo".

(Il solito soldatino ligio al dovere, non sei per nulla cambiata...)

Non perse altro tempo, preferendo non interferire oltre con l'intento della ragazza di rimanere nascosta.
Preferì osservare con attenzione la copia del Mizukage attraversare la scalinata e giungere infine dinanzi al grande portone che si prodigò ad aprire senza indugiare oltre. Non appena le ante vennero schiuse una luce intensa si fece largo tra il varco appena creatosi, accompagnato da uno strano vento caldo che sembrò investire tutti i presenti allo stesso tempo. Per certi versi quella sensazione fu anche piacevole considerando la condizione in cui versava e lo stesso poteva probabilmente dirsi per gli altri. Essere completamente derubati delle proprie vesti non poteva di certo classificarsi come esperienza piacevole a cui essere sottoposti. Non che a Mitsuaki importasse più di tanto ma in caso di un eventuale scontro avrebbe di gran lunga preferito indossare un equipaggiamento adeguato. Poco male, pensò, lasciandosi trasportare gradino dopo gradino da quel dolce tepore che aveva da poco invaso la stanza e che si faceva via via più intenso avvicinandosi all'uscio d'entrata. E quando si ritrovò al limitare di quella porta lo spettacolo che vide lo lasciò quasi senza fiato tanto fu lo stupore nel constatare quel che v'era oltre. Ci mise qualche istante a far adattare i propri occhi all'intensa luce di quella stanza ma l'attesa venne completamente ripagata dalla maestosità di quella visione: una sala enorme, ben più di qualsiasi altra costruzione mai vista, costellata da colonne alte almeno una cinquantina di metri l'una e disposte simmetricamente per l'intera lunghezza della navata. La luce densa e quasi tangibile proveniente da uno dei sue estremi pareva permeare la pietra stessa di cui quel luogo era composto, riflettendosi e rifrangendosi con sempre maggior vigore. Il tutto sembrava studiato per rendere ancor più ossequioso quel posto e chiunque lo avesse progettato era perfettamente riuscito nel compito. Si ritrovò quasi involontariamente a scorrere il capo da un lato all'altro della camera per poter cogliere il maggior numero di dettagli possibile, quasi ignorando i propri colleghi che già avevano iniziato ad avanzare congetture. Difatti, nelle vicinanze dal luogo da cui erano giunti, un enorme dipinto sembrava animare uno dei due estremi della stanza ricoprendo la parete per la sua interezza. Scene per certi versi quasi familiari atte a rappresentare l'eterno scontro tra Kyo Dan e Taisei, con il mondo sullo sfondo ridotto in cenere a causa del continuo battagliare. Eppure, quello che più di tutto catturò l'attenzione dello spadaccino, fu quello che faceva da cornice a quell'infausto scontro: le nove bestie codate strette a cerchio attorno al campo di battaglia ed intente a strappare alla furia di quest'ultimo la vita del maggior numero possibile di uomini. Scene surreali e quasi incomprensibili per il povero Squalo, del tutto spiazzato da quell'affresco e dal suo intrinseco significato.


(Ma quindi...chi è il "mostro" in tutto questo?)

Una domanda lecita che tuttavia avrebbe richiesto una risposta molto più articolata.
Riprese dunque ad ascoltare le congetture dei suoi colleghi, ognuno fermamente convito a modo proprio di avere la risposta per uscire da quel luogo. Indossare o meno quei sai, camminare verso la luce o intraprendere un percorso diverso. Nel computo delle possibilità diverse erano le idee in ballo e per quanto si sforzasse di pensare ad una soluzione Mitsuaki si ritrovava a sbattere continuamente contro i limiti della propria inventiva.
Attese dunque che tutti avessero esposto la propria opinione per poi intervenire personalmente. Il tutto mentre indossava quasi a fatica quell'indumento d'un bianco candido come la neve.


Non vorrei interrompervi ragazzi ma io non abbasserei la guardia. Non siamo soli in questo posto...non sono riuscito a percepirlo distintamente ma c'è qualcuno o qualcosa dall'altra parte della stanza. Non sembra aver reagito al nostro arrivo ma io terrei comunque gli occhi aperti...

(E chiunque sia ha un chakra fin troppo strano per i miei gusti...)

Tenne quell'ultima considerazione per se, preferendo aspettare eventuali risposte dei suoi compagni.

<attivazione/passiva> -Sensitivo- [Liv 0: 61/61]
"Chi possiede questa'abilità è in grado di percepire la presenza e, in caso, il chakra, di coloro presenti in un certo raggio d'azione. Quest'abilità è in parte passiva, infatti è sufficiente possederla per percepire le presenze vaghe e indistinte. Si riuscirà a distinguere il numero delle presenze e la loro direzione, ma non la distanza da sé e in generale la posizione precisa. Per ottenere una visione chiara di ciò che si ha intorno, sarà necessario concentrarsi per qualche tempo. A questo punto l'abilità risulta attiva; in questo stato è possibile conoscere la posizione precisa di tutte le creature dotate di Chakra nel proprio range d'azione e inoltre, sarà possibile associare i chakra a quelli delle persone che si conoscono o che comunque si ha già avuto modo di esaminare. Il ninja che ha attivato il Sensitivo può individuare qualsiasi fonte di chakra, anche la più debole, ragion per cui può conoscere il punto in cui è stata piazzata una trappola a base di chakra, il cui segnale è piuttosto statico e debole per cui non richiede grande concentrazione.

- Nella modalità attiva è possibile individuare istantaneamente tutte le persone nascoste (indipendentemente dal livello di Nascondersi o di Sensitivo), tuttavia sarà impossibile individuare persone che riescono a celare in qualche modo il proprio chakra (es. tramite abilità Controllo chakra superiore, tecniche, attivazioni, direttive del master, etc...) . risulterà impossibile anche distinguere una Genjutsu dalla realtà una volta che si è sotto il suo effetto. Le azioni morte effettuate mentre si mantiene attiva l'abilità ripristineranno solo metà della Stm prevista per lo sforzo del mantenimento.

-Al Lv.2 sarà possibile individuare l'abilità "Sensitivo" altrui, ma solo se diretta verso di sé o nelle immediate vicinanze."

Liv 0: 3 Stm a turno; 1 turno necessario all'attivazione; 2 km di range

NB: Per individuare le Trappole basate sul chakra (int) si deve utilizzare l’ abilità sensitivo in modalità attiva, pagando il rispettivo costo, ma senza aspettare alcun turno.
 
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view post Posted on 24/5/2018, 11:51
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Mhh... mhhhh..

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*La copia del Mizukage venne inviata in avanscoperta, superando passo dopo passo la veglia immobile delle colonne. La navata proseguiva lunga e solenne, senza ulteriori particolari che sottraessero l'attenzione del fedele dall'oggetto sacro cui si andava approcciando. Lento e costante, il battito chiamava a sé anche il miscredente, il suo calore vera e propria vita in quel luogo altrimenti gelido.
Ma la reliquia non si sarebbe lasciata avvicinare, non senza opporre un curioso schermo tra sé ed il mortale: a mano a mano che questi si avvicinava, avrebbe notato nove pilastri frapporsi tra sé e la destinazione. Le loro figure troppo esili dalla distanza per sopravvivere al bagliore, erano posti in un semicerchio concavo rispetto alla navata, sfidando l'immensità delle colonne e bloccandone la sequenza, fin lì garante di un cammino lineare. Al centro del piazzale così ricavato era un'ampia conca in marmo bianco, servita a sua volta, nello stesso materiale, da un canale scavato nel pavimento e collegato ai pilastri da nove più piccoli affluenti. La sezione principale proseguiva oltre, forse fin sotto il cuore stesso, bagnata da una corrente di luce liquida che, al ritmo delle palpitazioni, scorreva placida verso la conca, raccogliendosi sul fondo. Tale era la luminosità qui, che non era possibile gettare uno sguardo in basso senza dolersene.
Ma niente di tutto ciò, per quanto incredibile potesse apparire, avrebbe potuto monopolizzare l'attenzione di chi sopraggiungeva. Non appena gli occhi si fossero abituati al bagliore, una apparizione su tutte si sarebbe imposta... anzi, sette.
Erano loro. Uno ad uno, legati ai pilastri da catene in ferro, scure sulla pietra chiara, i loro corpi erano prigionieri di quel gigantesco tempio. Ciascuno vestiva esattamente come l'attimo in cui il Gedo aveva divelto loro l'anima. L'equipaggiamento era visibile sulle loro spalle, ai loro fianchi.
Dormivano, ma non sarebbe stata mano umana a svegliarli. Non appena il piede della copia ebbe superato il confine tracciato dalle colonne, il cuore, fin lì pulsante ad un battito quieto, accelerò improvvisamente i colpi, quasi in allarme. La luce, fin lì pura come il primo raggio del mattino, acquisì una nota più scura e minacciosa.
Fu allora che, come fibrillati a loro volta, i sette legati ai pilastri ripresero i sensi. Come svegli da un lungo sonno avrebbero destato il capo, si sarebbero guardati attorno, si sarebbero domandati cosa diamine fosse accaduto. Avrebbero visto la copia, e la copia avrebbe visto loro, mentre già un crescente calore iniziava a solleticare la pelle, crescente ad ogni battito.

Esattamente dall'altro lato della navata, gli altri sei che avevano vestito il saio si sarebbero sentiti attraversare dal medesimo, crescente calore. Il capestro in vita non si sarebbe mosso di un centimetro, ma, qualora avessero tentato di rimuovere la veste, la corda glielo avrebbe impedito.*


GDROFF///Ok. Post fatto con la schiuma alla bocca, mi scuso per la qualità e per l'ampollosità. Per chiarezza vi faccio un disegno in paint.



Immagine non in scala: la sala è molto più grande rispetto alla copia.

In giallo la conca con il canale principale e i nove legati ai pilastri. Sette di questi sono occupati da voi, altri due da figure incappucciate.

Vi risvegliate una seconda volta, legati alle colonne. Componete quindi il post come se ruolaste due volte voi stessi.///GDRON
 
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view post Posted on 26/5/2018, 17:30
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Un odore metallico, uno zampillio e, ora, grazie alle doti di Mitsuaki, al già abbastanza inquietante e loquace elenco, si aggiungeva anche una non ben identificata presenza. Da uno a dieci quanto rapidamente stava peggiorando la situazione ogni minuto che passava? Sì, esatto, undici era un eufemismo. E non ci voleva nulla a capire che, da lì a poco, si sarebbero ritrovati nella merda fino al collo, di questo Yu era praticamente sicuro. Il problema era che, a prescindere dalle disquisizioni su quel dannato dipinto e dalle precisazioni fatte da Takumi verso il Mizukage, la verità era che non avevano tante possibilità. Mettersi quei dannati sai e proseguire, sembrava l’unica via da tentare. Oh, no, non la cosa più logica, per dio. D’altronde la logica era stata abbandonata nel momento stesso in cui si erano risvegliati, nudi come vermi, in un posto che non si sapeva minimamente dove fosse e, anche presupponendo un ventaglio fantasioso di possibilità in merito…beh, di razionale c’era ben poco. Se ne rendeva conto, Yu, e per quanto fosse palese non ci fossero altri modi per andare avanti e provare a scamparla in qualche maniera - scamparla da cosa, da chi? - non era che agire in quel modo lo facesse saltare di gioia. Non sapevano nulla del posto in cui erano, non sapevano nulla di cosa fosse effettivamente accaduto, non sapevano nulla di loro stessi. Ci aveva pensato, sapete? Alle parole che gli aveva detto Takumi. Hai la minima idea di cosa ho provato a vederti cadere come un sacco vuoto? così gli aveva chiesto…e l’immagine di un sé stesso privo di vita che scivolava a terra senza più forza, né volontà gli si parava davanti ogni volta che quelle parole tornavano a ronzargli fastidiosamente in testa. Le budella ci contorcevano al solo pensiero di poter essersene andato in un modo tanto stupido! Sicuro, aveva provato a fare qualcosa, ma era evidente fosse stato inutile di fronte all’immensità di quanto accaduto. E ora? Ora come stavano le cose realmente? Il suo corpo - tutti i loro corpi - erano lì, abbandonati in quella piazza, accasciati gli uni sugli altri, preda dei corvi e dei vermi mentre la coscienza era in quel posto assurdo? Oppure c’era qualcosa che gli sfuggiva, qualcosa ch’era accaduto dopo che l’oblio l’aveva avvolto e che quello sterminio di massa si era concluso?
Oh, gli sarebbe davvero piaciuto saperlo. E gli sarebbe pure piaciuto avere quella feccia del Taisei per le mani. E con questo non intendeva certo relegare il Kyo Dan nel paradiso dei santarellini, ovvio. Ma, di fatto, quanto accaduto ad Ishi no Kuni era stato messo in atto per mano della Cappe Nere…Quella situazione era tutta colpa loro. E che non venissero a dire che potevano fare a meno di rispondere alla chiamata, perché gli avrebbe strangolati con le loro stesse budella uscite dal culo!


Kuso…Datti una calmata Yu. Lo sai che così non va bene.

Aprì e chiuse i pugni, un paio di volte, come a scaricare la tensione, mentre la sagoma del clone candido del Mizukage veniva completamente inghiottito dall’alone creato dalla luce in lontananza. Alla fine, tutti i presenti, Shitsuki compresa, avevano indossato i sai. Non ne era rimasto nessuno appeso ai ganci sotto l’affresco, a prescindere dal risultato della prova che era stato deciso di condurre con quel Kage Bushin. Li stava solo precedendo lungo un cammino che avrebbero dovuto, in ogni caso, intraprendere anche loro…tuttavia quell’attesa stava diventando snervante. Fortunatamente ci pensò il biondo, che ora Yu sapeva chiamarsi Suzaku Takeshi, a stemperare un attimo l’atmosfera, ponendo delle domande che, in fin dei conti, forse tutti loro si erano fatti, pur magari non trovando risposta alcuna, quanto meno Yu.
Non erano soluzioni che serviva ottenere in quel momento, tuttavia erano domande intelligenti, frutto di una mente curiosa e avida di comprendere la situazione in cui erano fino in fondo. In un certo senso, pur avendole accantonate di propria mano, il Rosso non si sentì di tacere di fronte alla voce del biondo, tanto che cercò di rispondere come meglio poteva: ovvero col nulla che stringeva tra le dita, proprio come Takeshi.


Credo sia una caso. Disse, mentre risvoltava un poco il bordo delle maniche del saio, troppo lunghe per i suoi gusti. Scomode, a voler essere precisi. Apparentemente non c’è nulla che ci accomuni se non il fatto di appartenere allo stesso villaggio, ma non credo sia un criterio di scelta e aggregazione tenuto in considerazione da…qualsiasi cosa o individuo abbia fatto questo. Per quanto riguarda gli altri… Incrociò le braccia al petto, guardando in su, verso la volta altissima di quel luogo, come se tra le ampie arcate, illuminate ritmicamente, avesse potuto trovare la risposta. Non ne ho idea. Potrebbero essere in un altro posto strambo come questo, o magari qui da qualche parte, in altre aree. Difficile dirlo. Non sappiamo nemmeno dove o cosa sia “qui”.

Ed era questa la cosa preoccupante. Senza conoscere un minimo il luogo in cui si trovavano, dovevano muoversi alla cieca: sperando, scommettendo. E, nonostante a Yu le scommesse piacessero, quelle perse in partenza non erano mai state il suo forte. Tranne con Nuru. Con Nuru vinceva anche se aveva deciso di perdere, pazzesco.
Dovevano uscire da lì, era appurato questo. Ma dov’era “lì”, cos’era? Non sapevano nemmeno se ci fosse realmente la possibilità di uscire. Potevano solo provare e puntare tutto su questo, se non volevano restarsene lì come dei polli a guardarsi…cosa che stavano facendo ugualmente, attendendo che il clone facesse il suo lavoro. Un’attesa che stava diventando snervante nella sua immobilità. Non stava cambiando nulla. Di tanto in tanto, Yūzora tornava a controllare l’odore che aveva avvertito poco prima, nella speranza di riconoscere quella sfumatura sconosciuta che si mischiava al lezzo metallico, tuttavia non c’era nessuna novità su quel fronte. Nulla di nuovo. Quanto meno, fino a quando, all’improvviso, i battiti che scandivano le ondate di luce che tutto irradiava e quel calore che stemperava il gelido contatto con il materiale di cui era composta quella cattedrale, aumentarono di colpo.
Le pulsazioni della luce, si fecero più rapide, il martellare accelerato e la luminosità perse qualche grado, diventando più cupa…e, per certi versi, inquietante. Minacciosa. Sembrava quasi che quel qualcosa che tutto illuminava e riscaldava si fosse arrabbiato o spaventato, proprio come avrebbe potuto fare una persona o un animale. Forse più arrabbiato. Ma quest’impressione di Yu era dovuta al fatto che il giovane legava la paura al freddo…e lui in quel momento non ne provava, anzi! Una vampa di calore più intensa aveva accompagnato quello strano comportamento del cuore luminoso. Comportamento che lo fece scattare in guardia - facendolo sentire contemporaneamente un idiota avendo indosso solo quel saio - mentre gli occhi saettavano in giro, pronto a qualsiasi cosa avesse potuto spuntare da dietro quella o questa colonna.


Che cazzo succede?!

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Una coscienza disgregata come pezzi sparsi di un puzzle, poi rimessa assieme di colpo, in un’unica perfetta mossa di mano, nell’esatta composizione di ciò che era sempre stata. Nessuna dolcezza, nessuna carezza, solo un gesto secco e asciutto, dannatamente fastidioso ed esageratamente improvviso, quasi violento. Un po’ come quelle mattine in cui ci si sveglia esattamente all’ora in cui ci si dovrebbe svegliare: né prima, né dopo, precisamente nel momento giusto. Avete presente, no? Quelle giornate orribili in cui la sveglia suona come dovrebbe, dannatamente in orario, ma voi eravate ancora nel profondo del sonno e venite letteralmente strappati via dall’onirica beatitudine per finire lì, nel vostro letto, con quel marchingegno infernale che suona come non ci fosse un domani e non avete nemmeno qualche attimo per abituarvi all’idea di dovervi alzare. Neanche qualche minuto di decompressione, quel breve periodo che di solito succede il risveglio e precede il momento di alzare il culo dal materasso. Ecco, il destarsi di Yu fu più o meno così.
Aprì gli occhi di colpo, avvertendo sulla nuca tutto il gravoso peso della forza di gravità che faceva penzolare il suo capo abbandonato in avanti e ferendosi gli occhi, nell’esatto istante in cui tentò di aprirli. Imprecò malamente, stringendo le palpebre e alzando faticosamente la testa, quasi fosse pesante come un macigno, per gettarla indietro, cozzando contro qualcosa di duro che decisamente non era un cuscino. Fu in quel momento, quando cercò di alzare un braccio per portarsi la mano a sentire il probabile bernoccolo sotto i capelli, che si rese conto di non riuscire a muovere altro che il collo. Ma non era ferito, non aveva il corpo malandato, i muscoli rispondevano perfettamente…il problema era che era bloccato!
Provò ad aprire gli occhi una seconda volta, piano piano, lasciando che le ciglia schermassero quel bagliore tanto intenso da far venire il mal di testa, fino a quando non si fosse quanto meno abituato. Ci volle qualche istante, attimi in cui tentò invano di muoversi da quella posizione, forzando gambe e braccia ma finendo soltanto col farsi del male e ferirsi alla schiena con qualche cosa. Cosa cazzo stava succedendo?!
Alla fine buttando gli occhi giù, verso il proprio corpo, le vide quelle dannate catene. Erano nere e lo tenevano ancorato come un salame da un pilastro candido. Anche voltando il capo a destra e a manca non vedeva lucchetti o punti di giuntura di quei legacci, sembravano spuntare dal nulla e stringerlo a quel palo proprio come era capitato quella volta coi pirati.


Ma come ci sono finito in una situazione del genere?!

Ringhiò irritato, agitandosi come un’anguilla fino a farsi male tentando di allentare le catene, ma era tutto dannatamente inutile. L’unica cosa che riusciva a ricavarne era di ferirsi con le lame di Kenmaki che aveva legato alla schiena…chiunque lo avesse sistemato lì, non si era nemmeno premurato di togliergli le armi. Aveva sia il suo wagasa che il suo prezioso Hakanai con sé, non che servissero a qualcosa visto che non riusciva a muoversi un millimetro per prenderli ed usarli! Ah, cazzo! Quelli erano i momenti in cui quasi quasi rimpiangeva di non essere nato come un Hōzuki fatto e finito. Ci avrebbe messo un attimo a liquefarsi e liberarsi da lì se fosse stato una pozzanghera ambulante come suo padre. E invece no! Eh, no. Lui era nato male e quindi se ne stava lì ad agitarsi inutilmente come un pollo, mentre cercava di fare chiarezza su come diavolo fosse finito in quel posto. Sembrava una specie di templio, o una cattedrale. Sotto di lui, poco più avanti si apriva una conca ricolma di un liquido luminoso, increspato allo stesso ritmo di quella luce che procedeva ad ondate rapide, un po’ cupe e per certi versi ostili, accompagnate da un battito costante e rapido, come un cuore agitato, e dal calore che lentamente stava riscaldando la sua pelle, sempre di più, ad ogni nuova pulsazione. Una sensazione gradevole di per sé non fosse stato per il fatto che era legato come un salame e che lentamente le nebbie della memoria stavano iniziando a diradarsi.
Piano piano, gli ultimi attimi prima di quel brusco risveglio tornarono ad inondargli la mente, uno dopo l’altro, nella loro ineluttabile atrocità. La chiamata, la piazza, Taisei e Kyo Dan che cercavano di accattivarsi il favore degli Shinobi, poi il fiore luminoso, la statua e i serpenti spettrali che aveva vomitato, quindi il buio. Ricordava perfettamente la sensazione di impotenza che aveva avuto trovandosi di fronte quella situazione, così in contrasto con le ultime azioni disperate che aveva tentato di fare: salvare Takumi, salvare sé stesso da quella fine segnata. Un gesto superfluo, un gesto stupido…anche perché il castano era lì proprio accanto a lui, legato su un pilastro mentre si dimenava come una furia nel vanto intento di liberarsi. E non era il solo. Più in là, su quella serie di colonne candide posizionate a semicerchio Yu riuscì a distinguere altre persone: avrebbe voluto aiutarsi con l’olfatto, ma il liquido luminoso della conca emetteva una traccia metallica tanto forte da confondere anche odori così vicini a lui. Li avvertiva, ma…erano come corrotti. Gli servì giusto per riconoscere Shitsuki che altrimenti non sarebbe riuscito ad individuare: quelle corna non le aveva quando si erano conosciuti.


Quindi, Takumi, Shitsuki, Urako, lo Squalo, il Mizukage e tre persone che non conosco: uno è quel biondino e gli altri due sono questi tipi incappucciati. Quello che sta qui accanto a me nemmeno si muove…francamente non sono sicuro sia vivo.

In effetti, contrariamente a Takumi che si scuoteva come un ossesso, il tizio alla destra di Yu era immobile. Il Rosso provò anche a chiamarlo, ma non ottenne alcuna risposta, tanto che presto lasciò perdere, rivolgendosi piuttosto a chi conosceva, iniziando da quel diavolo incarnato che aveva vestito la pelle del suo amico.

Piantala di agitarti, è tutto inutile! Siamo legati come salami. Fece, rivolto al castano. Quanto meno era chiaro che stesse piuttosto bene visto quanto si agitava, anche se avrebbe preferito non vederlo in quel posto…ma era evidente che quello spintone non era bastato a risparmiargli la stessa sorte capitata a lui. Già…che sorte era poi? Dov’erano? Cosa gli era successo? Domande che non avrebbero avuto alcuna risposta per ora e chissà per quanto, visto che sembrava fossero ben lungi dal potersi muovere liberamente. Hey gente! State tutti bene voialtri? Piegato in avanti il capo e voltato verso il resto dei pilastri, Yu parlò a tutti i presenti, attendendo qualche risposta. Qua ce n’è uno che non sembra essere molto vivo…O almeno non risponde e non si muove.

Fu facendo il movimento contrario, tornando ad appoggiare il capo al duro marmo del pilastro, che gli occhi del Rosso intravidero qualcosa nei pressi della conca luminosa a cui fino a poco prima non aveva fatto caso. Forse per la fastidiosa luminosità emanata dal liquido che riempiva quella specie di bacino artificiale, forse perché era più concentrato su altri elementi per notare quella specie di sagoma umana che sostava ai bordi del laghetto. Yūzora strizzò gli occhi per mettere bene a fuoco al di là del lucore emanato dal fluido e da quel qualcosa che stava dietro di loro e tutto illuminava seguendo un ritmo preciso e costante. Era nudo e per quanto non fosse semplice riconoscerne le fattezze con quel bagliore irritante di mezzo, gli sembrò proprio che fosse il Mizukage…ma era impossibile, no? Il Mizukage era lì, legato ai pilastri come lui e tutti gli altri, non aveva alcun senso che fosse anche laggiù. E, se non poteva muoversi, di sicuro non poteva comporre sigilli per qualche tecnica che permettesse di creare cloni o simili! Quindi come si spiegava? Magari aveva visto male lui?

Oi, Takumi. Reclamò quindi l’attenzione del compagno facendo un cenno col capo nella direzione dove guardare. Vedi quella persona laggiù? Non ti sembra il Mizukage?

Il castano fece appena in tempo a guardare e rispondere che l’individuo ai bordi della conca, scomparve in una nuvola di fumo, proprio come avrebbe fatto un clone, lasciando i due - e probabilmente anche chiunque altro avesse notato la figura - allibiti. Quello non poteva essere un Kage Bushin di Hayate, lui non poteva muoversi, non poteva comporre sigilli e, poi, in ogni caso, avrebbe creato una copia con dei vestiti e non nuda come quella! Quindi cosa significava? Qual era l’origine di quel clone e perché aveva l’aspetto del Mizukage?

Non so a te, ma a me questa storia non piace per niente…

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Nella tesa situazione che stava verificandosi sotto l’affresco, fu la voce del Mizukage a rendere ancora tutto più grottesco e inquietante di quanto già non fosse. Dopo aver rilasciato il proprio clone con la semplice imposizione delle mani, Hayate si rivolse a tutti loro e, senza nascondere ai suoi Shinobi una scomoda verità, rivelò cosa il suo Kage Bushin era riuscito a scorgere sul lato opposto della navata, prima che la tecnica venisse sciolta. Di certo, Yu tutto si sarebbe aspettato di sentire, meno che delle copie di loro fossero incatenate infondo a quel luogo. E sapete la cosa ancora più assurda? Il Mizukage voleva liberarle! Ora, con tutte le buone intenzioni di questo mondo, era mai possibile che ad Hayate non fosse passata per la testa, nemmeno per un istante, l’idea che quelle…cose potessero non essere esattamente una presenza positiva? Insomma, che cazzo erano? Chi erano? Ma soprattutto perché esistevano?! Solo a Yu l’idea di avere un doppio, a mezzo kilometro di distanza, faceva accapponare la pelle? Perché di questo si trattava: di là c’era uno con la sua stessa faccia. Un altro Yu. Era…era aberrante. E lui era sicuro di non avere gemelli - figuriamoci, se suo padre avesse avuto non uno, ma ben due figli usciti male, si sarebbe suicidato…non che alla fine il risultato sia diverso dalla realtà: sempre morto era - quindi qualsiasi cosa ci fosse al lato opposto della navata, non era nulla di buono. Non poteva esserlo. Cosa poteva esserci di positivo in una copia esatta di sé? E poi chi garantiva lo fossero davvero e non avessero solo il loro aspetto per confonderli? Francamente il Rosso avrebbe fatto fatica a fidarsi del proprio doppio anche se avesse risposto esattamente a qualsiasi domanda privata gli avesse fatto. Questo proprio per il fatto che era una copia. Non potevano esserci due Yu, non aveva senso! Per quale assurda ragione avrebbero dovuto liberarli?

Un momento Mizukage-sama, con tutto il dovuto rispetto, non credo che partire direttamente con l’idea di liberarli sia saggio. Fece, cercando di essere il più rispettoso possibile, benchè in quel momento la lingua biforcuta fremesse per essere sguinzagliata. Mi spiego, allo stato attuale delle cose, sappiamo solamente che quelle…cose, hanno il nostro aspetto. Non sappiamo cosa sono, chi sono e perché esistono. Potrebbero solo fingere di essere noi o avere semplicemente la nostra faccia per ingannarci. Prima di parlare di liberarli è opportuno capire con cosa diavolo abbiamo a che fare: insomma, il solo fatto che ci siano dei nostri doppi è inquietante. Fece una pausa, facendo spallucce. Se poi dovesse rivelarsi davvero utile liberarli, ai fini di lasciare questo posto, allora ben venga, non mi opporrò di certo. Solo…andiamoci coi piedi di piombo, Signore.

Andarci cauti. Valutare, non buttarsi a capofitto senza nemmeno avere una mezza idea di che cosa diavolo avessero davanti a non più di seicento metri di distanza. Comprendeva benissimo il desiderio di Hayate di andarsene, ma non a discapito di quel minimo di lucidità e razionalità che ancora potevano usare nel decidere le loro azioni. C’erano delle loro copie identiche, per quanto provasse a scorgerci un qualcosa di positivo ne aveva davvero un’estrema difficoltà, soprattutto non avendoli ancora visti coi proprio occhi. Era un po’ come con la faccenda dei Bijuu…’Kichi e ‘Tatsu lo avevano avvertito molto prima che partisse con Takumi e Nuru per la missione del Rokubi, eppure finchè il Rosso non era stato faccia a faccia con quella creatura, essa restava ancora sul confine tra realtà e immaginazione. La stessa cosa valeva per le copie: sapere che c’era un altro sé stesso a poca distanza lo angosciava, ma sapeva che non era nulla rispetto a quando se lo sarebbe trovato di fronte. Il solo immaginarlo gli faceva balzare il cuore in gola, come se avesse voluto scappare via dal suo alloggiamento nella cassa toracica. Uno stato d’agitazione generale, che sembrava sottolineato da quel pulsare rapido e costante, unito all’abbassarsi improvviso della luce che seppure continuava ad inondare quel luogo. Cosa fare era ormai deciso da prima che si sapesse delle loro repliche, ora più che mai l’unica cosa da fare era proseguire verso quella luce, vagamente oscurata, e fare chiarezza. E non passò molto prima che il gruppo di Shinobi si mettesse in marcia verso il fondo della navata. Un passo per volta, sul tiepido tappeto rosso, vegliato dalle altere colonne che costeggiavano il corridoio centrale per tutta la sua lunghezza, Yu si fece avanti assieme agli altri, quasi chiamato dal battito ora alterato che, per primo, aveva accolto quel suo risveglio nell’antro oscuro.

Avete presente che si dice che il tempo si dilati, vero? A seconda delle percezioni pare scivolare via in un battito di ciglia, oppure non passare mai…Ecco, forse anche lo spazio aveva la stessa strana peculiarità. Probabilmente perché il Rosso non era per nulla convinto di volersi trovare faccia a faccia con un altro sé, quel lungo corridoio trapunto di scarlatto, sembrava non finire mai, nonostante il giovane Chunin macinasse passi su passi. Ma appunto, era solo un’impressione. Mano a mano che si lasciò dietro di sé il dipinto, Yu iniziò a vedere avanti a sé caratteristiche più chiare di ciò che quella luce intensa aveva fino a pocanzi mascherato. Sulla distanza, apparvero nove alti pilastri, ancora delle ombre immerse nel lucore intenso del cuore e di quello che si alzava da una conca lucente che si apriva dinnanzi a quelle alte colonne. Proprio da lì, da quel liquido luminoso e abbagliante, tanto da non poterlo guardare direttamente troppo a lungo, proveniva l’odore metallico che Yu aveva avvertito ancora quando stava dalla parte opposta della navata…ora che era lì lo sentiva chiaramente ed era fortissimo: non c’era da stupirsi se avesse coperto la traccia delle copie avvistate, invece, dal Kage Bushin. Giunto ai bordi di quel laghetto luminoso, increspato al ritmo dei battiti convulsi di quel cuore agitato, il Rosso riuscì a scorgere meglio i dintorni. Notò solo vagamente il canale principale che portava quel liquido abbacinante dal cuore alla conca, così come notò appena gli affluenti secchi che dai pilastri si immettevano nel condotto che portava quella strana sostanza. L’attenzione di Yu era tutta per ciò che stava incatenato alle nove colonne. In particolare, alla seconda da sinistra. Capelli rossi, Kenmaki, l’Hakanai, i suoi vestiti…da quella distanza non riusciva a vedere se in faccia avesse la cicatrice lasciatagli da Fuyu, ma era certo ci fosse. Una certezza fredda, inquietante, mentre occhi negli occhi, Yūzora guardava Yūzora, esterrefatto con un commisto di rabbia e paura che gli si avvinghiava alle viscere come una serpe irta di spine, quando le loro voci risuonarono all’unisono.

Che razza di scherzo è questo..?



<abilità/attivazione> - Sensi Migliorati - [Stm: -2] [Liv 0: 61/70] "I ninja sviluppano i loro sensi per localizzare pericoli e nemici i agguato, ma ogni individuo possiede un senso che è naturalmente superiore agli altri. Può essere qualcosa di semplice come la vista, oppure più particolare, come il tatto o l'udito. Ogni senso ha le sue caratteristiche che comprendono sia svantaggi che vantaggi, ma ognuno è stato dato un solo dono da Madre Natura o dal duro allenamento.
Olfatto: l'odorato del ninja è fine come quello di un segugio e gli permette le seguire le tracce di chi vuole a patto di conoscerne prima l'odore. Le tracce che egli è in grado di percepire possono essere vecchie di tanti giorni quanto più alto è il livello dell'abilità (di oggi con Lv.6, vecchie di un giorno con Lv.5, due giorni con Lv.4 e così via);
[L'abilità Sensi Migliorati può scovare i nemici "Nascosti" o individuare le "Trappole" piazzate ma deve essere attivata per ogni trappola e ninja nascosto, se ad esempio l'avversario piazza due trappole e si nasconde; si userà tre volte.]
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view post Posted on 27/5/2018, 09:51
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Era un bene che Shitsuki non leggesse la mente, perché se avesse percepito quella stilla di ateismo nel cervello di Hayate sicuramente si sarebbe stizzita di più e avrebbe insistito sul fatto che Jashin c'era sempre, anche lì. Lei ne era la prova.
Fortunatamente, le arrivò solo una sequenza di inviti, più o meno garbati, a smetterla di essere una piaga in corna e coda. Guardò Hayate che la invitava a vestirsi, Urako che le suggeriva di tacere... E il ragazzo bruno che le rispondeva per le rime? Ma come osava.

«Guarda...» Schioccò la lingua sul palato, fetente come solo le sue sorelle le avevano insegnato ad essere. Guardò dall'alto verso il basso, e poi dal basso verso l'alto, il corpo di Takumi per squadrarlo apertamente e palesemente. «Sono sposata. E se anche non lo fossi, non avete nulla di speciale addosso. In questo momento siete la cosa meno interessante di questo posto.»
Si riferiva ovviamente a loro come esseri umani di sesso maschile. D'altronde, bisognava capirla: era anche medico, di corpi nudi ne vedeva da sempre, e nessuno dei presenti aveva tatuaggi o cicatrici degni della sua attenzione. Certo, il Mizukage mostrava un po' di disegni non da poco... Ma Shitsuki era sposata con Shintou Agiwara, che era un quadro astratto di cicatrici e un dipinto vivente per via del tatuaggio che gli copriva quasi tutto il torso.
Di conseguenza, il discorso di Takumi non attaccò. Il tono era acido e l'espressione insofferente, come se la vista la annoiasse. Aveva visto Kazora e Chigawa farlo spesso con uomini (e donne, in casi più rari) che cercavano di attirare le loro attenzioni nei momenti sbagliati. A lei quei giochi di corteggiamento, e repulsione dei corteggiatori, non era mai interessato... Ma era una bambina tutta casa e tempio cresciuta con due sorelle maggiori a cui più di uno psicologo avrebbe attribuito qualche problema mentale relativo al controllo del prossimo tramite il sesso. Insomma, un discreto casino.

E quando la risposta del ragazzo arrivò l'ego già gonfiato di Shitsuki si sentì ancora più autorizzato a svolazzare.

"Ma... È serio? Ci crede davvero o è solo stupido? Jashin onnipotente dammi la forza per non prenderlo a ceffoni qui e ora..."

Non sapeva nemmeno come si chiamasse, ma aveva già capito (o meglio, deciso in maniera arbitraria) che quel ragazzo era un egocentrico presuntuoso abituato ad essere glorificato dal prossimo solo per il fatto che era carino.

"Spero quasi si riveli inutile. Ma al momento sarebbe più inutile litigarci... Forza Shitsuki, sei superiore a lui, dimostralo. Lasciagli l'ultima parola, cosa te ne fai dell'ultima parola in una discussione con un mortale imbecille?"

Fu l'esortazione del Mizukage a farla sbuffare e andare oltre. Aveva deciso che, per amore della pace e della collaborazione -che sarebbe stata fondamentale- poteva anche indossare quello straccio bianco. Si avvicinò con passo stizzito al muro e strappò uno dei sai dal suo gancio, mettendoselo addosso alla bene e meglio, legandolo quel tanto che bastava per non farselo ballare addosso in maniera fastidiosa.

«Certo, Mizukage. Una mia scelta» sospirò, passandosi le mani tra i capelli per farli uscire dal cappuccio del saio. Pelle chiara, capelli bianchi e vestiti bianchi: l'accostamento cromatico era terribile.

"Lo faccio solo perché, usciti da qui, lui è ancora il Mizukage. Lo faccio per i miei confratelli. Jashin-sama... Guida i passi della tua umile figlia, aiutami a ritrovare la strada."

E la sua strada dove stava portando? In avanti. Verso la direzione in cui stava scomparendo la copia del Mizukage.
E cosa c'era sulla sua strada?
Qualcosa di totalmente inaspettato.



«Mmgh... Ma che...»
Shitsuki si svegliò indolenzita. E soprattutto... Immobilizzata. L'ultima cosa che ricordava era quella specie di serpente azzurrognolo di chakra che la investiva. Ricordava di aver urlato e di aver teso la mano verso sua sorella...
Ma adesso sua sorella era sparita. Si trovava a diversi metri dal suolo, legata come un salame appeso ad essiccare. E c'era una luce fastidiosa che le ferì gli occhi, costringendoli a chiudersi.

«Ma porca pu...» Storse il naso, strizzò gli occhi, attese che le pupille smettessero di farle male. C'era qualcuno vicino a lei... Qualcuno che si dimenava rumorosamente, e qualcun altro più calmo che parlava.

"Questa voce... L'ho già sentita."

Sospirò lentamente, ancora ad occhi chiusi.
«Per quanto si possa stare bene in questa situazione...»

Riaprì gli occhi quindi, guardandosi attorno. Nove pilastri, sette dei quali occupati, oltre al suo, da persone che o conosceva o poteva comunque definire shinobi di Kiri.

"Oh, il Mizukage. E quello con quella roba tutta fasciata dev'essere un altro degli Spadaccini... Quella è Urako... Quello là l'ho già visto, è il tizio che c'era a Kanashima, morire se mi ricordo il nome..."

Oltre agli appesi, però, c'era qualcuno davanti, in basso. Strizzò gli occhi per vedere oltre la polla di luce, ma quando riconobbe le figure li sgranò completamente.

«Questa poi...»



«Questa poi...» fece eco nello stesso istante Shitsuki quando incrociò il proprio sguardo.

Non si era fatta tutti i problemi di Yu: quando il Mizukage aveva riferito che c'erano "loro", e soprattutto che avevano il loro equipaggiamento, le era stato più che chiaro cosa dovessero fare.

«Devo recuperare la mia falce.»
Punto. Semplice e lineare. Il perché stessero esistendo in due corpi diversi non era un problema a cui potessero trovare soluzione, quindi non valeva la pena perdere tempo a scervellarsi. Erano già in un posto privo di senso, quindi quella era semplicemente un'altra stranezza, un'altra prova da superare, un altro ostacolo da abbattere per ritrovare la sua famiglia e uscire da lì.

E dunque in quel momento si trovava a pochi passi dai pilastri, occhi azzurri in occhi azzurri, guardandosi come nel migliore degli specchi.



Dal basso, i suoi occhi le restituirono lo sguardo. Si sentiva stranamente calma, rassicurata quasi... Ma sapeva che non poteva cantare vittoria solo perché era libera. Perché lo era, e al tempo stesso non lo era. Quindi doveva liberarsi.

«Ehi, laggiù!»

Giusto, poteva parlare con se stessa, tanto valeva capire se stavano pensando le stesse cose. Di sicuro avrebbero ragionato allo stesso modo, no?



«State calmi!»

Guardò ancora un momento i suoi stessi occhi, poi li spostò sulle figure legate.

«Adesso cerchiamo un modo di tirarvi giù!»

Guardò la luce liquida con un'espressione poco felice. Non osava provare a toccarla, qualcosa dentro di lei urlava "NO!" al solo pensiero. Però non potevano restare fermi a guardarsi per l'eternità, avevano altro da fare.

«Non mi fido di questa luce. È quanto di più contraria al mio essere ci sia.»

Cercò di camminare lungo i bordi della conca, stando attenta a non sfiorare quell'acqua luminosa.

«E se provassimo ad abbattere i pilastri?» suggerì, guardando ora il Mizukage... Sia quello a terra che quello sul palo: avrebbe accettato consigli da entrambi, dato che erano la stessa persona.







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view post Posted on 27/5/2018, 15:55
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Eeeeh.. Un gorgoglio flautato, piuttosto che a una chiara emissione di fonemi dal significato compiuto. Ricevere una risposta dalla donna-demone era stato inaspettatamente appagante, forse perché questa giunse a destinazione con un pizzico di acidulo "disinteresse". Se voleva offenderlo con quelle parole aveva sbagliato i suoi calcoli, anzi. Per essere sposata hai indugiato anche fin troppo su questo corpo insignificante e privo d'attrattiva. Un sorrisetto si fece largo sulle sue labbra, sornione. Non era passata inosservata quell'attenta occhiata alla ricerca di una risposta sagace da sputargli in faccia, anche perché Shitsuki non fece assolutamente nulla per nasconderla. Servirsene per pizzicarla era la cosa più naturale possibile, specie per lui che godeva delle reazioni altrui. Era un suo personalissimo modo di spassarsela e di conoscere al contempo la persona, senza tutti quei filtri di forma che nascondevano la vera essenza dell'io. Comunque sia, ci credo che non trovi assolutamente nulla di speciale quello che ti circonda. La osservava negli occhi azzurri, mantenendo quell'atteggiamento furbescamente pizzichevole che la maggior parte delle persone avrebbero trovato urticante; non era tipo da starsene semplicemente zitto, o che buttava acqua sul fuoco. Piuttosto il cherosene. Dovrò segnarmi che il matrimonio rende aridi. Arigatō. E con quella piccola insinuazione, certamente smaliziata a sua detta, concluse quel dialogo per passare a qualcosa di decisamente più importante per entrambi loro. Non gli importava una ceppa se quella giovane "signora" pensasse che non fosse attraente; non gli importava se quel suo povero e decantato marito avrebbe dovuto sorbirsi, pover'uomo, le sue scenate isteriche. Non doveva portarsela a letto (anche se non le avrebbe detto di no, eventualmente) e soprattutto non era suo principale interesse quello di spiegarle come, col passare del tempo, le invisibili catene imposte dal vincolo matrimoniale l'avrebbero portata a stufarsi e a cercare piacere in uomini "insignificanti" come lui. Dopotutto, aveva un esempio come Sachiko-sensei per poter avvalorare la sua tesi.

Messa addosso quella veste alquanto blanda - candida, anonima - allo scopo di coprirsi, e stretto il cordone altrimenti penzolante attorno al giro vita, non rimaneva che aspettare il responso della copia del Mizukage, avviatasi verso l'intensa radiazione luminosa per scoprire cosa ci fosse ad attenderli oltre. Non ci furono nuovi scambi sull'argomento con Shitsuki, e questo fu solo un bene. Dopo la mezza ammonizione dell'Efebico, addolcita poi con qualche parola di rassicurazione che pareva stonare con la fredda autorevolezza con cui s'era imposto in prima istanza, anche la donzella decise di indossare lo stupido saio senza ulteriori storie. Nell'attesa, tra un sospiro annoiato e l'altro, il castano non poté fare a meno che rimuginare su quanto sapevano, che era poco ovviamente. Troppo poco, considerato che si trattava solo di percezioni e non di qualcosa che avevano verificato di persona. Yūzora aveva sentito uno strano odore metallico, lui un rumore, oltre al pulsare del cuore, simile allo zampillare di un liquido e lo Squalo, intervenuto poco dopo nella discussione, aveva reso noto che c'era qualcosa dall'altra parte della stanza, e per come lo aveva detto sembrava pure qualcosa di pericoloso. Non era una prospettiva rosea, anzi. Nonostante tutto, l'intera situazione non faceva che peggiorare di minuto in minuto in quel buco sperduto dell'oltremondo.
Ignorando volutamente la curiosa domanda del biondino (che, a suo parere, non poteva ricevere una risposta soddisfacente ma soltanto un'accozzaglia di supposizioni basate sul nulla), rivolse ancora una volta lo sguardo smeraldino in direzione dell'affresco alle loro spalle, studiandolo silenziosamente. C'erano tanti modi d'interpretare un'opera d'arte e sicuramente i pochi elementi a loro disposizione non ne permettevano una chiara decifrazione, ma rimaneva comunque abbastanza convinto del fatto che qualunque simulazione di "ascensione" avessero potuto fare in quel luogo, di sicuro avrebbero dovuto passare le pene dell'inferno. Era troppo facile se no, troppo lineare, troppo superficiale. Ma questo non garantiva loro la salvezza, affatto. Quasi certamente era tutta una trappola e loro stavano per pestarla con entrambi i piedi, facendo la fine dei topi ghiotti del pezzo di formaggio di troppo.
Una strana perturbazione, inaspettata me nemmeno troppo, costrinse Takumi a distogliersi dai suoi improbabili pensieri e a voltarsi in direzione opposta al dipinto che stava osservando con ritrovata curiosità: quella strana luce verso la quale s'era avviata la copia esatta del Mizukage era divenuta meno brillante, d'un colore leggermente più cupo ma non certo fioco; oltretutto il martellante pulsare del misterioso muscolo miocardico s'era intensificato, come se avesse subito uno scossone dovuto a un'emozione forte (che poteva essere paura, oppure collera..). Rimase ovviamente in uno stato d'allerta, nell'attesa di ulteriori novità.


Non era difficile capire che fossimo già nei guai, ma non pensavo fino a questo punto. Questo posto è più vivo di noi.



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Dormiglione non lo era mai stato, a parte eccezionali casi in cui la stanchezza generale - o eventualmente la debolezza dovuta a una qualche malattia - prendeva il sopravvento sul suo corpo e sulla sua mente. Era solito svegliarsi di buon'ora la mattina, per potersi mettere subito all'opera senza perdere tempo. Difficilmente il suo risveglio era traumatico, a meno di pessimi sogni che di tanto in tanto decidevano di sballargli il sonno e l'intera giornata successiva. Ma questa volta era totalmente diverso. Non era stato un brutto sogno a destarlo adesso, né tanto meno una sensazione di malessere; era stata un'intensa vampata di calore, che gli invase il corpo sino alle viscere e corse rapida sino in volto. Presente no, quando stai accoccolato sotto strati di coperte e all'improvviso cominci a sudare come se fossi inserito in un forno? Bene. Quella era la sensazione che lo costrinse ad aprire gli occhi, appannati di sonno, e a tirare indietro la testa per deglutire. Sentiva la bocca asciutta e un gran bisogno di bere un po' d'acqua, oltre che un leggero senso di confusione e qualche dolorino sparso per la posizione non esattamente consona. Pessimo risveglio.
Non s'accorse immediatamente di dove si trovava, in che posizione e di chi era presente come lui in quel luogo dannatamente luminoso che in quelle condizioni non gli stava permettendo nemmeno di aprire gli occhi come si deve. Li strinse per cercare un po' di buio, per abituarli gradualmente. Voleva strofinarli un momento, tirarsi indietro i capelli per prendere un po' d'aria in quello stato soffocante, ma non appena fece per muovere la destra avvertì nell'immediato la resistenza del ferro e da quel momento le cose non poterono che peggiorare. Quello fu il vero brusco risveglio. Fu come una secchiata d'acqua fredda, giunta fra capo e collo per svegliare tutti i suoi sensi in un battibaleno: aprì definitivamente gli occhi, abituandoli a suon di sbattuta di palpebre alla nuova luce; percepì il battito impazzito di un cuore che non era il suo, ma che stranamente pareva quasi lo fosse, e il suono di un liquido zampillante.
N-nani?! Domanda rivolta al vento, mentre cominciava seriamente ad agitarsi come un gatto prigioniero. Ci mise forza, violenza, fin'anche a grattarsi i polsi, a farsi male.
Voleva essere libero, doveva sfuggire a quella morsa maledetta; non si sarebbe fermato, se non fosse stato il compagno dalla chioma fulva (la cui voce sarebbe stata riconosciuta fra mille dal castano) a rivolgergli la parola. Volse lo sguardo smeraldino alla sua destra e lo vide, anche lui imprigionato in quel pilastro candido da scure catene, vivo.
Yūzora.. Le memorie di quanto accaduto a Fukagizu, una volta allentata la presa sul suo violento dimenarsi, cominciarono a fluire come un fiume in piena, come una sequenza d'immagini dal nesso confuso. Osservare il rosso era come dare uno sguardo a un fantasma, per lui che l'aveva visto morire senza poter fare assolutamente nulla. Avrebbe voluto dirgli qualcosa, ma le parole gli morirono in gola mentre quest'ultimo portava l'attenzione sugli "altri". Si. Guardandosi attorno poté notarli, alcuni dei suoi compaesani appesi come loro; c'erano anche due figure sconosciute e incappucciate, uno alla destra di Yūzora, l'altro all'estremità del tutto opposta. Quella storia cominciava a non piacergli.
Non pose domande agli altri, né si interesso del loro stato di salute. Erano compaesani, certo, ma non abbastanza importanti da meritare la sua apprensione. Era certo che nemmeno a loro importava un fico secco di lui, quindi occhio per occhio. L'importante era che Yūzora stava bene, che era li al suo fianco nonostante tutto. Avrebbe francamente preferito essere libero e vedere pure lui libero, toccarlo con mano e avere certezza che non soffrisse di allucinazioni, ma pace. Oltretutto era inutile chiedere "dove siamo finiti?". Nessuno di loro poteva sapere come erano arrivati li, dato che tutti erano caduti come delle pere cotte colpiti da quei serpentelli infernali vomitati dalla statua. Erano tutti morti dunque?
Che bello. Mormorò sarcastico in risposta ai propri pensieri, poco prima che il rosso attirasse nuovamente la sua attenzione verbalmente. Gli fece un cenno col capo, indicandogli un individuo talmente pallido che pareva confondersi con la luce, al di la della conca. Il Mizukage? No, assurdo. ..si? Come fanno ad essere due? Non è quello il Mizukage? Perplesso, indicò col capo il Kobayashi imbalsamato al palo come tutti loro, ma non fecero in tempo a disquisire in merito che la presunta presenza al di la della conca svanì in una nuvola di fumo. Una tecnica? Sembrava in tutto e per tutto un bushin, ma come poteva il Mizukage aver creato una copia di se stesso se era immobilizzato? Tante cose non tornavano.

Nemmeno a me, neanche un po'. E questo lo faceva innervosire all'inverosimile.



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Fu dunque il Mizukage, dopo aver rilasciato il suo bushin con la semplice imposizione delle mani, a spiegar loro cosa stesse realmente accadendo. Quello che disse non piacque minimamente al castano: attraversando quella lunga navata puntellata di colonne e completamente invasa dalla luce accecante, si sarebbero presto o tardi imbattuti in copie esatte di loro stessi, rese prigioniere dalla morsa di scure catene avviluppate ad altrettante colonne. Era assurdo. Come poteva esserci un secondo lui? Non era una cosa naturale, questo era chiaro. Quella situazione sembrava un enorme scherzo, di pessimo gusto avrebbe aggiunto, da parte di quel luogo infernale, che stava evidentemente giocando con loro. Dopotutto era partito con l'idea di un purgatorio, di un "percorso di redenzione" come suggeriva il dipinto. Non era improbabile pensare che fosse appunto una prova per destabilizzarli. E poi un secondo Harada Takumi era l'incubo peggiore di ogni persona, lui compreso. Di questo era assolutamente certo.
A peggiorare quel sentore d'allarmismo generale furono le intenzioni del sovrano, che puntavano, a sua detta, alla liberazione di quelle imitazioni. Come poteva anche solo pensarlo? Gli sembrava un ragionamento troppo leggero da fare, specie in un posto come quello; non capiva come potesse pensare di tentare di liberarli senza avere alcuna garanzia, senza aver interagito con loro e senza aver compreso la loro vera natura. Era un azzardo bello e buono anche solo pensarlo in quel momento. Liberarle senza un minimo di garanzia equivaleva a un tentativo di suicidio. Fortuna che il rosso intervenne inconsapevolmente in sua vece, spiegando in maniera chiara il perché fosse così poco saggio liberare quegli esseri senza rifletterci sopra. Era stato piuttosto diplomatico, cosa che lui non sarebbe stato quasi certamente nonostante si trattasse del Mizukage. Un conto era dare per scontato il significato di un quadro (cosa piuttosto innocente, se vogliamo), un'altra era prendere una decisione importante come quella su due piedi, con una sicurezza effimera. D'accordo dare il culo per la patria, ma almeno con coscienza cazzo.

A seguito di quello scambio d'opinioni, s'avviarono tutti verso la destinazione scoperta dalla copia. Takumi aveva annuito in approvazione al discorso di Yūzora, col quale si trovava d'accordo al 100% (e non era una grossa novità, soprattutto dopo aver scoperto la loro sintonia lavorativa in quel di Ame no Kuni), eppure rimaneva inquieto mentre attraversava la navata. Avrebbe dovuto mantenere la calma, sapendo di avere un vantaggio su quegli esseri, chiunque fossero.. eppure non era così semplice, specie perché non aveva il benché minimo controllo su quanto stava accadendo e la cosa non gli piaceva nemmeno un poco.
Giunti in prossimità del laghetto luminoso comprese immediatamente quale fosse il collegamento con le percezioni poco prima avute attraverso l'udito: fra un battito e l'altro sentiva lo scorrere delle sue acque di luce, talmente brillanti da bruciare gli occhi all'osservarle con insistenza. Non sarebbe stato poi inverosimile pensare che persino l'odore metallico percepito dall'olfatto del compagno dalla chioma fulva provenisse proprio da quello stesso liquido che adesso s'increspava leggermente, riverberando ad ogni battito. Ma non fu quello a catturare del tutto la sua attenzione, no. Non furono neppure gli affluenti in secca provenienti dalle colonne, né i due incappucciati alle estremità dei nove pilastri. Gli occhi smeraldini caddero prima sulla seconda colonna da sinistra, dove un secondo Yūzora spiccava, vestito di tutto punto con le vesti e l'equipaggiamento che ricordava avere a Fukagizu, dunque poco più in la, dove un secondo Takumi osservava esterrefatto il suo "doppione" vestito d'una toga religiosa completamente in disaccordo con i suoi gusti estetici.


Cosa cazzo sta succedendo qui?! Esordì così, perplesso e un tantino alterato, il castano costretto all'immobilità dalle spesse catene nere. Ottima domanda. Mormorò quello con indosso il saio, confuso da quello che stava vedendo. Non poteva esserci un altro lui. Semplicemente non poteva. Doveva essere un'illusione ben riuscita quella, magistrale. Ed era pure una gran bella fregatura che quell'altro fosse, per quanto prigioniero, armato fino ai denti e avesse anche i SUOI vestiti addosso. Oltre al danno pure la beffa.



<abilità/attivazione> - Sensi Migliorati - [Stm: -2] [Liv 2: 41/50]
"I ninja sviluppano i loro sensi per localizzare pericoli e nemici i agguato, ma ogni individuo possiede un senso che è naturalmente superiore agli altri. Può essere qualcosa di semplice come la vista, oppure più particolare, come il tatto o l'udito. Ogni senso ha le sue caratteristiche che comprendono sia svantaggi che vantaggi, ma ognuno è stato dato un solo dono da Madre Natura o dal duro allenamento.
[Si dovrà mantenere in scheda solo uno dei seguenti Sensi]

Udito: le orecchie del ninja captano il respiro e perfino il battito cardiaco del nemico, rendendo per lui uno scherzo udire i discorsi altrui anche da lontano. Questo, tuttavia rende sensibili i suoi timpani e quindi subisce +1PF dalle ferite all'Udito. Al Lv.0 l'abilità permette di percepire vagamente il mondo circostante tramite un meccanismo simile all'ecolocazione, ma con raggio pari ad 1/10 del normale."

Liv 2: 500 m di raggio


Edited by ¬BloodyRose. - 27/5/2018, 17:13
 
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Into the Gedo, Gennaio 249 DN


Ignote erano le condizioni in cui versavano; le tangibili erano fittizie, almeno questo era ciò su cui rimuginava l'Artefice. Col senno di poi avrebbe potuto valutare quella mera realtà alla stregua di una chimera, o di un sogno irrazionale, o di una genjutsu la cui illusione era inenarrabile. Hayate era immerso in un turbinio di emozioni, pensieri, quasi non udì le parole velenose della Jashinista; era conscio della sua eventuale reazione ma in quel momento non gli importava alcunché. Sapeva che, comunque, il suo ruolo gli garantiva una certa autorità e la ragazza gli aveva giurato lealtà nonostante fosse asservita ad un dio che le impartiva ordini e linee guida. Un filo sottile, in bilico, su cui non poteva fare cieco affidamento: se le avesse posto come scelta di seguire la propria fede o la propria patria, non aveva dubbi su di quale opzione sarebbe ricaduta la sua preferenza. La prima, ovviamente. Nonostante ciò l'unico suo obiettivo era uscirne incolumi o, quantomeno, con il minore dei mali. Usufruire del clone per scoprire cosa riservasse loro il prosieguo della navata era stata un'opzione valida, in questo modo non avrebbe messo a rischio la vita dei propri sottoposti o la propria direttamente. Attese, serrando i palmi delle mani e orientando le iridi diamantine dinanzi a sé, osservando la schiena della sagoma dalle sue medesime fattezze, allontanarsi celermente. Non che avessero delle alternative, quell'azione poteva semplicemente permettere loro di essere consapevoli di ciò che li avrebbe attesi, nulla di più. Non poteva neanche adoperare le Hiramekarei per fronteggiare un'eventuale nemico, e questa privazione iniziava a logorarlo nello spirito. Era risaputo che uno Shinobi Katana avesse un legame speciale con la propria spada ed era altrettanto veritiera la leggenda che si tramandava a riguardo sulle loro privazioni.

- Come ha detto Yuzora-kun, credo anche io sia un caso, anche se persistono ancora dei dubbi a riguardo, ma sono solo supposizioni e come tali non hanno alcunché di funzionale al nostro prosieguo.

Si limitò a rispondere al quesito posto al gruppo, ricalcando le parole riferite dal suo sottoposto. Chi si celava dietro quell'azione immonde, aveva fatto in modo che si ritrovassero insieme. Non reputava fosse una pura casualità che si fosse risvegliato con soli Shinobi di Kiri, sebbene non fossero effettivamente tutti, ma data la numerosità di ninja accorsi nella piazza doveva pur esserci una minima possibilità di incontrare qualcheduno appartenente ad un altro villaggio. E invece quella probabilità non si era rivelata tale. Il Kage Bushin avanzava e per avere una visione nitida di ciò che aveva davanti doveva attendere una manciata di secondi affinché le iridi si abituassero al bagliore costante che veniva emanato in quella zona. Dapprima iniziò a scorgere una serie di colonne, ne poteva contare nove che andavano convergendosi verso uno spazio concavo, apparentemente la parte finale di quel tempio. Vi era un bacino marmoreo che si ergeva nel loco, verso il quale confluivano altrettanti nove canali che erano collegati ai pilastri. La sua minuziosa attenzione, però, non poté che focalizzarsi sulle figure che erano legate ai pilastri. Inizialmente venne colto dallo stupore, quasi non credendo a ciò su cui il suo sguardo si era posato, solo in seguito riuscì a definire le fattezze di quei corpi e cogliere la loro identità. Erano loro, non poteva sbagliarsi, poteva riconoscere effettivamente i loro armamentari e figurava anche il Mizukage, con le sue Hiramekarei. Possibile? Allora era veramente un'illusione? Non gli era dato modo di saperlo, né di ponderarvi a riguardo, dato che in pochi effimeri istanti, le palpebre diedero lustro ai loro occhi e gli permisero di osservare la copia dell'Artefice. Rimase sconcertato, come era possibile tutto ciò? Erano vivi? Innumerevoli furono le domande che si pose, innumerevoli furono i dubbi che balenarono nella sua mente.

Apparentemente erano coscienti. Non poteva più andare oltre, le sue capacità non gli permettevano di fronteggiare ulteriormente la luce e le informazioni che il Mizukage aveva recepito erano risultate esaurienti. Decise di rilasciarla e di colloquiare con i suoi sottoposti per proporre loro la successiva azione. Avrebbe ascoltato i consigli che gli avrebbero proposto, d'altronde in quella situazione non poteva sentirsi effettivamente superiore e far prevalere la propria opinione su quella degli altri.

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Ombre, leggermente soffuse, ed una luce intermittente che diveniva sempre più nitida. Inizialmente non riusciva ad avvertire cosa i sensi stessero provando. Erano tramortiti, gli ci vollero una dozzina di secondi prima di averne pieno possesso. Dapprima iniziò a sentire l'intorpidimento del tatto, e quindi del palmo delle mani, da cui dedusse di essere legato alla base dei polsi. Poteva percepire lo sfregare di qualcosa di metallico lambirgli la candida pelle quando tentava di far confluire il sangue verso gli arti. La prima ipotesi risultò veritiera; solo in seguito poté effettivamente carpire dove si trovasse. Quando riaprì gli occhi, vide dinanzi a sé la copia identica di se stesso, tranne per il fatto che fosse senza vestiti, se non fosse stato per un saio che indossava. Sgranò gli occhi, per poi percuoterli più volte con le palpebre... Era davvero lui? Non poteva esserne certo, in teoria si era appena destato ma non poteva esserne pienamente consapevole. Poteva anche trattarsi di un sogno apparentemente reale, ma che in realtà gli mostrava immagini fittizie. Tutto ciò, però, andava al di là anche della sua più fervida fantasia e nemmeno nel subconscio avrebbe potuto ricavare delle situazioni che potessero riportarlo ad una contingenza del genere. Cercò di inquadrare al meglio la situazione quando vide sparire in una nuvola di fumo la sua presunta copia; le catene lo tenevano ancorato al pilastro, non permettendogli di poggiare i piedi sul pavimento né tanto meno di riuscire a comporre dei presunti sigilli. Non potrebbe mai essere stato lui l'artefice di quella copia, nemmeno involontariamente. Eppure era lì, fermo, inerme dato che non poteva usufruire del proprio corpo per liberarsi. Divincolarsi, da quanto stava potendo appurare, era totalmente inutile dato che le catene erano state forgiate con una materia alquanto resistente e poco incline a deteriorarsi in così breve tempo. Nemmeno se avesse fatto confluire tutto il chakra all'interno delle mani avrebbe potuto districarsi da quel vincolo, che pareva non avere un'origine effettiva. Si, per l'appunto, non erano visibile il buco da cui provenivano ne tanto meno un eventuale lucchetto per tenerle collegate. Beh, oramai non poteva dedurre alcunché, soprattutto dopo aver visto la sua copia ergersi lì a poca distanza come se nulla fosse. Sentiva le Hiramekarei fremere; erano fomentate dall'adrenalina ed esigevano di essere adoperate per salvaguardare la vita del proprio padrone. Nonostante fosse estremamente conscio dell'impossibilità della sua azione, continuava a dimenarsi nell'intento di trovare un eventuale falla in quel vincolo, invano. Non si sarebbe mai arreso, cosa che divenne più necessaria quando orientò lo sguardo diamantino ai propri lati.

Scorse alcuni volti familiari, molto a dire il vero. Tra di loro figurava il collega, nonché Squalo, che era relegato nelle sue medesime condizioni. Riconosceva chiaramente la Jashinista e tutti gli altri che avevano risposto all'adunata per accorrere nel Paese della Pietra per supportare l'ultima azione del Taisei. Gli ultimi ricordi si ripresentarono in una lunga sequela di immagini, facendogli rimembrare cosa fosse accaduto poco prima di ritrovarsi destato in quel luogo. Quell'essere immonde, tramite i sigilli posti ai suoi piedi e ai serpenti di chakra, aveva assorbito tutto il suo potere condannandolo a perdere i sensi. Quella rabbia divampava dentro di lui, avvedendosi di quanto fosse stato inutile provare ad erigere una difesa contro quelle tecniche e di come non poteva fare alcunché dato che era legato senza poter aiutare i propri sottoposti. Tra le figure imprigionate distinse due sagome di cui non conosceva affatto l'identità, non essendo in grado di accostarne il vestiario a qualcuno che aveva già incontrato. I volti non erano visibili quindi non poteva identificarli tramite le loro fattezze. Giunsero le prime voci, alcune titubanti, altre si domandavano il perché avessero visto una copia del Mizukage nonostante non fosse in grado di comporre tecniche. Beh, la risposta da parte dell'Artefice non tardò ad arrivare, benché non sapesse effettivamente in quale situazione si trovassero.

- Come avete potuto ben comprendere, non sono stato io. Non ho la possibilità di poter comporre dei sigilli; probabilmente si tratta di un'illusione ed uno tra il Taisei ed il Kyodan ci hanno imprigionati qui. E' l'unica deduzione che possiamo fare attualmente... Voi due, siete coscienti?

Si rivolse ai due che ancora non parevano essere coscienti o vivi, apparentemente. Intanto cercava di orientare il proprio sguardo all'interno della zona per cercare di cogliere qualche dettaglio utile alla causa e per fargli comprendere cosa stesse accadendo realmente. Fece balzare le iridi diamantine nel bacino poco distante; il liquido emanava una luce il cui bagliore gli rendeva difficile avere una visione nitida della materia di cui era composto.

- Cercate di stare calmi e non sprecare energie. Non possiamo liberarci, dobbiamo pianificare qualcosa ed attendere che arrivi il momento giusto.



- La situazione diventa sempre più strana. Dalle informazioni che ho racimolato con la copia, ho potuto constatare la presenza di sette copie identiche a noi. Oggettivamente siamo noi, con i nostri equipaggiamenti ed armi. Non sono sicuro se sono coscienti o meno, ma pare che lo siano. Sono legate a dei pilastri... L'unica idea che mi è balenata nella mente è quella di liberarle. Forse, facendolo, potremmo ritornare alla realtà.

Udì le parole dubbiose di Yuzora; non che fosse anche lui d'accordo sull'inquietudine che la contingenza gli trasmettesse, ma non vedeva altre possibilità plausibili se non quella di liberarli. Rispose, senza esitare. Sentiva in qualche modo di essere stato colpito; neanche loro sapevano cosa stesse accadendo, come potevano dedurre delle ipotesi e, presuntuosamente, reputarle superiori alle sue?

- Beh, è ovvio Yuzora-kun. La mia non era un intenzione diretta. Non correrei mai in quella direzione con il solo intento di liberare le nostre copie. Sarei uno stupido, non un Mizukage. Quello che ci è accaduto prima e dopo esserci svegliati ce lo rammenta. Non siamo onniscienti, né tanto meno possiamo considerare delle probabilità, dato che non sappiamo in cosa e dove siamo stati relegati. Potrebbe essere tutta un'illusione, o una realtà a noi sconosciuta. Siamo solamente degli Shinobi e dobbiamo fare qualsiasi cosa in nostro potere per poter uscire da questo caos.

Fu stizzito dal modo in cui si rivolse; sapeva che, prima di liberarli, avrebbero dovuto racimolare ulteriori informazioni. Accettava opinioni altrui, soprattutto quando erano riferite in modo costruttivo e rispettoso, ma in tal caso quelle parole avevano semplicemente fomentato la sua rabbia. Se tutti i sottoposti si fossero rivelati tali avrebbe avuto un bel po' di lavoro da fare per riportarli ad una ferrea disciplina. Non voleva che si replicassero situazioni simili a quelle passate, dove gli Shinobi di Kiri abbandonavano la propria terra natia essendo in contrasto con il Mizukage di turno. Non l'avrebbe permesso; se si fosse reso necessario avrebbe mietuto vittime anche tra le sue file... D'altronde già lo aveva fatto. Esigeva rispetto, nient'altro.

- Proseguiamo.

Sancì cinico, senza voltarsi verso i suoi sottoposti. Passo dopo passo, verso la zona dove prima aveva mandato la propria copia. Lasciò che le iridi si abituassero al bagliore della luce, per poi essere posto dinanzi alla medesima visione giunta agli occhi del Kage Bushin. Riconosceva chiaramente i pilastri che aveva potuto osservare poco prima, avvedendosi della presenza di due ulteriore figure la cui identità gli era ignota. Tra di loro figurava la sua copia; era chiaramente distinguibile con le Hiramekarei che giacevano sul dorso della schiena mentre il mantello da Mizukage ne avvolgeva il corpo. Beh, sorrise, quasi a voler sdrammatizzare quel misfatto. Individuò una conca e nove canali che ivi giungevano; pareva che avessero origine ai piedi di ogni singola colonna. Che fosse un bacino per accumulare chakra, o sangue da quanto aveva potuto verificare con i propri sensi lo Squalo? Si, possibile. A cosa serviva? Era questa la domanda che si ripeteva costantemente, oltre a quella che si riferiva al perché dei doppioni.

- Shitsuki-kun, se abbattessimo i pilastri tutta la struttura crollerebbe.

Rispose al quesito posto dalla Jashinista, per poi orientare la propria attenzione a se stesso, o meglio, a colui che sembrava essere la sua copia.

- Hayate... Dove hai preso possesso delle Hiramekarei?

Rivolse quella domanda; nessuno in realtà sapeva quali fossero stati le circostanze in cui le Soglione gli si erano rivelate. Solo lui, e quello gli serviva per comprendere, almeno in parte, cosa stesse accadendo o cosa condividesse con quella copia. La risposta, giunse celere, cinica come suo solito. Il carattere pareva essere lo stesso.

- Nel mare, Hayate. L'abbiamo nutrita e poi ci ha salvato.


La conoscenza era la medesima. Era la sua copia, effettivamente.



Edited by ~Estiqatsi. - 27/5/2018, 18:58
 
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view post Posted on 30/5/2018, 21:10

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La sua voce rimbombò, perdendosi in un eco lontano e svanendo pian piano nell'immensità di quella stanza. Si ritrovò stranamente in silenzio nell'ascoltare quel profondo riverbero e persino nel riascoltarsi qualcosa sembrava non tornare. La presenza di cui aveva informato gli altri sembrava disturbata da qualcosa di non ancora identificato e che, solo con il passare degli istanti, lo spadaccino avrebbe collegato a quel continuo battito di sottofondo. Anche uno stupido sarebbe riuscito a mettere insieme quel puzzle e ad identificare quella sfera luminosa come la causa di tutto. Indugiare con lo sguardo su di essa gli fu quasi impossibile a causa dall'intensa pulsazione lucente ma non poté far a meno di dirigere in quella direzione le iridi cristalline per poter seguire la figura della copia del Mizukage. La vide dissolversi in quel mare fatto di pura luce sanza poter scorgere ulteriori dettagli. Non potendosi affidare allo sguardo decise quindi di concentrarsi sul suo chakra, potendone ancora percepire le fievoli tracce, seppur anch'esse disturbate dal continuo pulsare.
Voltò quindi il capo verso il gruppo ancora intento nell'elaborare congetture o, nel peggiore dei casi, a battibeccare su questioni di poco conto. Si lasciò scappare un risolino nell'ascoltare la discussione tra quella donna-demone ed il ragazzo con i capelli castani, per qualche istante parve quasi dimenticare la situazione in cui versavano.


Almeno per questa volta non è colpa mia...

Sentenziò divertito, pronto come sempre a sdrammatizzare la situazione.
Qualcosa però parve interrompere improvvisamente ogni tipo di discorso ed ognuno di loro sembrò prepararsi al peggio. La pulsazione costante a cui s'erano quasi abituati parve acquisire nuovi risvolti, aumentando di intensità ed assumendo colorazioni ben più scure del normale.
Finalmente qualcosa si era risvegliato.


Dall'altra parte...



Riaprire gli occhi fu più difficile del previsto e non fosse stato per la troppa luce probabilmente avrebbe continuato beatamente a dormire, cullato dal dolce tepore che avvolgeva le sue membra stanche. Le palpebre erano pesanti e persino il corpo sembrava esserlo più del dovuto, ogni parte di esso indolenzita a causa della gravità che inesorabile spingeva per portarlo al suolo. Ma quelle catene di spesso ferro, scure come la notte più buia, lo trattenevano alla colonna contro la sua volontà e senza dar lui la minima possibilità di movimento. Ci volle qualche istante per capire quel che stava accadendo e anche rimuginando sulla situazione non riuscì a trovare una spiegazione degna di tale nome.
Proprio mentre cercava di comprendere, delle voci vicine lo riportarono alla realtà e quello strano incubo sembrò acquisire tratti ancor più inquietanti. Nelle sue stesse condizioni versavano altri shinobi eppure la vera sorpresa fu scoprire che ognuno dei presenti apparteneva al suo stesso villaggio. Hayate stesso era vincolato ad una di quelle colonne e come lui altri otto individui, due dei quali non poté riconoscerne le fattezze. Non era solo quindi, ma come c'era finito legato come un salame in quel luogo che non sembrava avere nulla di ricollegabile al "mondo terreno"? E perché solo in nove erano finiti in quel luogo? Ricordava distintamente gli attimi prima del buio totale, ognuno dei secondi precedenti alla disfatta di interi eserciti per mano di quella maledetta statua animata. Poteva quasi sentirlo nuovamente quel sentore di freddo spettrale che aveva accompagnato la sua dipartita, con l'anima strappata a forza dall'inerme involucro in cui era relegata. Nulla aveva potuto contro quelle serpi di chakra ed ora si ritrovava in quella situazione così ambigua con le domande che s'affollavano nella sua mente con sempre maggiore insistenza. Era davvero morto? Si trovava dunque all'inferno o quello era solo il purgatorio?


E cosa cazzo ci fa Hayate nudo laggiù?!

Quella sembrava effettivamente essere la domanda che avrebbe calamitato tutte le attenzioni del gruppo in quel frangente, monopolizzando i discorsi e creando ancor più scompiglio del previsto. Per quanto lui stesso poteva saperne il vero Hayate era di fianco a lui, incatenato alla colonna assieme alle Hiramekarei e senza che avesse la minima possibilità di muoversi, figurarsi avere la possibilità di poter creare una propria copia. E fu lo stesso Mizukage ad avvalorare quella tesi, scagionandosi da ogni responsabilità e palesando eventuali congetture a riguardo. Ognuno di loro era confuso e nessuno sembrava avere una valida soluzione per liberarsi da quella situazione.

Queste stupide catene non sembrano volersi rompere, per quanta forza possa metterci non sembrano smuoversi di un centimetro...Sammy, qualche idea?

La lama rispose con i soliti gorgoglii ma oltre questo non vi fu una reale discussione tra i due e pur contando la sua potenza perfino la Samehada non sembrava in grado di incrinare quelle catene. Mitsuaki si ritrovò quindi imbrigliato senza poter fare alcunché e costretto ad attendere eventualmente un qualche avvenimento o, nella migliore delle ipotesi, qualche idea brillante da parte dei suoi colleghi.

Intanto...



Copie identiche a noi..e quindi c'è anche Sammy?! Dobbiamo andare immediatamente!

Fu questo il primo pensiero nello scoprire di quella stramba verità. Era rimasto lontano dalla sua spada fin troppo, non avrebbe atteso oltre. Ascoltò i discorsi in sottofondo senza però curarsi troppo di quel che gli altri avessero da dire dato che le sue priorità al momento erano cambiate.
Proseguì quindi spedito verso quella luce e finalmente, quando gli occhi ebbero avuto il tempo necessario per adattarsi almeno un po, riuscì a scorgere quel che l'Artefice aveva descritto in precedenza: nove colonne disposte in semicerchio, ognuna delle quali teneva stretta a se una "copia" di ognuno dei presenti, con tanto di equipaggiamento annesso. E si, vi era anche la sua di copia, con la Samehada ben salda sulla schiena. Fu strano incrociare il proprio sguardo, una sensazione del tutto particolare, come se per la prima volta il ragazzo avesse visto il proprio riflesso su uno specchio d'acqua. Anche il chakra sembrava essere identico in tutto e per tutto a quello dell'originale e, per quanto il pensiero di una possibile illusione fosse costante nella sua mente, non riusciva a distogliere l'attenzione dall'ater ego.


Quel saio ti sta da schifo!



Sono appena arrivato e già mi sta venendo voglia di lasciarti legato li come un salame.

Entrambi sorrisero, quasi contemporaneamente. Quello che avevano di fronte era effettivamente una copia.
Ora non restava che capire chi fosse la copia e chi l'originale.


<attivazione/passiva> -Sensitivo- [Liv 0: 61/61]
"Chi possiede questa'abilità è in grado di percepire la presenza e, in caso, il chakra, di coloro presenti in un certo raggio d'azione. Quest'abilità è in parte passiva, infatti è sufficiente possederla per percepire le presenze vaghe e indistinte. Si riuscirà a distinguere il numero delle presenze e la loro direzione, ma non la distanza da sé e in generale la posizione precisa. Per ottenere una visione chiara di ciò che si ha intorno, sarà necessario concentrarsi per qualche tempo. A questo punto l'abilità risulta attiva; in questo stato è possibile conoscere la posizione precisa di tutte le creature dotate di Chakra nel proprio range d'azione e inoltre, sarà possibile associare i chakra a quelli delle persone che si conoscono o che comunque si ha già avuto modo di esaminare. Il ninja che ha attivato il Sensitivo può individuare qualsiasi fonte di chakra, anche la più debole, ragion per cui può conoscere il punto in cui è stata piazzata una trappola a base di chakra, il cui segnale è piuttosto statico e debole per cui non richiede grande concentrazione.

- Nella modalità attiva è possibile individuare istantaneamente tutte le persone nascoste (indipendentemente dal livello di Nascondersi o di Sensitivo), tuttavia sarà impossibile individuare persone che riescono a celare in qualche modo il proprio chakra (es. tramite abilità Controllo chakra superiore, tecniche, attivazioni, direttive del master, etc...) . risulterà impossibile anche distinguere una Genjutsu dalla realtà una volta che si è sotto il suo effetto. Le azioni morte effettuate mentre si mantiene attiva l'abilità ripristineranno solo metà della Stm prevista per lo sforzo del mantenimento.

-Al Lv.2 sarà possibile individuare l'abilità "Sensitivo" altrui, ma solo se diretta verso di sé o nelle immediate vicinanze."

Liv 0: 3 Stm a turno; 1 turno necessario all'attivazione; 2 km di range

NB: Per individuare le Trappole basate sul chakra (int) si deve utilizzare l’ abilità sensitivo in modalità attiva, pagando il rispettivo costo, ma senza aspettare alcun turno.
 
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view post Posted on 30/5/2018, 22:12
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Si arresta poco dietro a Shitsuki, controllando il respiro leggermente affannato: gli altri hanno le gambe lunghe, e si sente tutto. Il saio le si appiccica alla pelle lievemente sudata, inamovibile, tuttavia non abbastanza isolante da giustificare quell'improvviso tepore estraneo che le si è acceso dentro. Aggrotta le sopracciglia, scuotendo la testa invisibile e le falde dell'indumento, per far circolare un poco d'aria all'interno.

Apre piano piano gli occhi, feriti e infastiditi da una fonte di luce troppo bassa sull'orizzonte per essere naturale, troppo forte per essere una normale lampadina. Sente un calore strano, non assomiglia né a quello della febbre, né a quello del sole di mezzogiorno a Konoha.

Solleva una mano a riparare gli occhi dall'intensa luce che si irradia dal bacino, sbirciando tra le dita, mentre attorno a lei si levano le prime esclamazioni di stupore.

Dopo luce e calore, il terzo elemento che colpisce i suoi senti sono altre voci umane... alcune crede di riconoscerle, altre no. Gira il viso verso le fonti sonore, tentando di carpire il più possibile dei dialoghi, nonostante esse non facciano altro che sovrapporsi le une alle altre.

Quindi è questo l'aspetto che ha, vista da fuori?

Ha vaghi ricordi di cosa sia accaduto prima del suo risveglio, e sembrano tutti usciti da un incubo: la preparazione, la lunga marcia, una enorme piazza gremita di shinobi, la terra che inizia a tremare e poi quel gigante mostruoso che sbuca dal sottosuolo... le catene... e la orribile sensazione di non riuscire a fermare ciò che stava accadendo...

Si studia in silenzio, assorbendo passivamente le parole pronunciate dagli altri: non riesce a staccarsi gli occhi di dosso.

Non capisce. Non riesce a vedere niente, il bagliore è ancora troppo intenso. Un pensiero la sfiora, inquietante. Si trova... su un tavolo operatorio? Attorno a sé percepisce molte voci, sembrano esprimere sorpresa, sconcerto.


Non ha un'aria molto intelligente. Anzi. Sembra un'idiota, mentre strizza gli occhi e istintivamente saggia la tenuta di quelle catene nere – un'espressione sempre più turbata sul viso impallidito e gli occhi semi-chiusi.

L'hanno legata. Non riesce a guardarsi. Non sono le stringhe di cuoio dell'ospedale, è qualcosa di più duro e che non si flette, e quella dietro la sua schiena sembra pietra. Decisamente no, non si trova in sala operatoria.

Davanti a lei sembrano tutti sapere già cosa fare: già parlano coi sé legati alle colonne, fanno le loro considerazioni, cercano di capirci qualcosa. Lei invece sta lì, e si guarda da sotto in su.

Le sagome si solidificano in forme umane, riesce infine a riconoscerli: quel Mitsuaki, Yu, il... il ragazzo che parlava con Yu sulla nave, poi anche Shitsuki! E il Mizukage in persona, insieme a un altro shinobi che non conosce. Sulle colonne invece sono legati due tizi con cappuccio. C'entrano qualcosa con gli eserciti di prima?

Sotto il suo sguardo attento e giudicatore, la ragazzina legata si guarda attorno con aria spaesata, fissando lo sguardo incerto su ciascuno dei presenti – sia quelli legati che quelli a terra.

Si direbbe prigioniera, ma nessuno degli altri si sta comportando come ci si aspetterebbe in una situazione simile. Non vede guardie, gli altri sono liberi di muoversi senza vincoli; si rende improvvisamente conto che né Yu né Shitsuki sono minimamente in grado di produrre copie abbastanza avanzate da giustificare ciò che sta vedendo.

Può quasi sentire le rotelline ticchettarle nella testa. Probabilmente sta cercando di capirci qualcosa, al contrario della sua sé invisibile: passiva, del tutto priva di motivazioni a compiere qualsiasi elucubrazione, o di palesare la sua presenza all'altra Urako. Se non riesce il Mizukage a chiarirsi le idee, figuriamoci se può farcela lei da sola.

Li conta a fatica adesso, con la luce che ancora la mezzo accieca. Per quanto si sforzi, non riesce a scorgere il proprio doppio in mezzo a quelli vestiti di bianco. Una sensazione di inquietudine si aggiunge alla confusione già forte.

Si osserva assumere un'espressione esterrefatta, al sentire la proposta di Shitsuki.

“Prima dovete slegarci! Potremmo finire spiaccicati!” protesta basita, lanciando un'occhiata esasperata alla versione della mezzo-demone che ha lanciato la proposta.

Anche la sua voce, da fuori, suona terribilmente patetica e infantile.
È così che la sentiva anche Shi?
Allucinante, più passa il tempo e più sembra spaventata a morte: quella faccia è come un libro aperto per lei, che la scruta tutti i giorni allo specchio.

“Yu...” trova finalmente la forza di esalare, spostando alternativamente lo sguardo tra quello legato e quello vestito di bianco - “Dove... dove sono io?” - domanda confusa...

… il viso dolorosamente contratto in una smorfia di dubbio e ansia. Si sente prudere la schiena. Quasi non vorrebbe, ma... “Sono qui” la richiama ad alta voce, evitando accuratamente di rendersi visibile, detestando sempre di più tutto ciò che in lei le ricorda di non avere nemmeno quindici anni.

 
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view post Posted on 1/6/2018, 02:16
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La domanda che aveva posto più a sè stesso che agli altri cadde nel vuoto, raccolta solo dal Rosso che però come immaginava non potè far altro che accodarsi ai dubbi di Takeshi. Nessuno di loro sapeva spiegarsi dove si trovavano, nè tantomeno il motivo, o se la stessa sorte fosse capitata ad altri. Scosse la testa, sconsolato: andava al di là della loro comprensione, al momento. Voleva delle risposte, dannazione, ma non poteva fare altro che attendere e sperare, mentre osservava la copia del Mizukage che si inoltrava nella navata, scomparendo pian piano agli occhi dei ninja, troppo avvolto dalla luce per essere osservato ad occhio nudo. Si lasciò andare per un attimo, osservando l'ambiente circostante, conscio che non avrebbero avuto ulteriori risposte fino a che Hayate non avesse appreso altro dal suo clone. Lo sguardo indugiò particolarmente sul dipinto che copriva la parete, cercando inutilmente di carpirne il significato, così come sulle colonne, il pavimento, e sui suoi sfortunati compagni di avventure. Scosse però la testa, sconsolato: non avrebbe avuto alcuna illuminazione, e il flusso dei suoi pensieri sarebbe stato interrotto solo da una vampata di calore, un vento caldo che si palesò in concomitanza con un'accelerazione del battito cardiaco che faceva da sottofondo sonoro fin dal momento del loro risveglio. Takeshi si voltò nervosamente attorno, con aria preoccupata, in attesa di qualcosa che invece non si sarebbe manifestato. Quando si portò una mano al petto, tastando istintivamente il saio che indossava, si rese conto con una nota di panico che non accennava a scollarsi dalla pelle. Si sentiva in trappola. Questa scoperta non gli piacque neanche un po', ma dovette passare in secondo piano quando il Juudaime Mizukage rivelò loro cosa aveva visto al di là della luce.



Non ricordava di aver bevuto, ma la sensazione era quella: la testa pesante, che pulsava ripetutamente, rendendo fastidioso anche solo provare a pensare. Il corpo poi pareva ancora addormentato, incapace di muoversi; che fosse una paralisi nel sonno? Il ragazzo strizzò gli occhi ancora chiusi, tentando di scacciare le ultime ombre per recuperare la lucidità, li aprì... e desiderò che fosse solo paralisi nel sonno. Si trovava in un posto sconosciuti, legato per motivi sconosciuti, con altri sconosciuti nella stessa situazione. Anzi, dopo aver tentato senza riuscirci di divincolarsi, a dire il vero si accorse che non era del tutto sconosciuti: erano shinobi di Kiri, tra cui spiccava su tutti il Mizukage in persona. O meglio, i Mizukage: sì, perchè proprio in quel momento davanti a loro era apparso anche un altro Mizukage... completamente nudo. Non riuscì a trovare un nesso logico tra quella scena e la statua enorme che aveva devastato il campo di battaglia, l'ultima cosa che la sua memoria riusciva a ripescare. Dopo pochi secondi Hayate Kobayashi nudo scomprì in una nuvola di fumo, rivelando di essere solo un kage bushin -che però non era stato prodotto dallo shinobi immobilizzato, come lo stesso esplicitò-. E allora chi poteva essere stato? Rispose a uno dei ragazzi che aveva richiamato l'attenzione del gruppo, cercando di allungare il collo il più possibile per vederlo meglio.


Qui tutto bene, solo una gran confusione in testa...


La situazione non lo rassicurava affatto: per quanto poco si intendesse di certi argomenti, l'ambiente gli sembrava una sorta di tempio dedicato a qualche divinità. In particolare, Takeshi e gli altri parevano trovarsi in mezzo a una sorta di altare sacrificale, date le scalanature nel pavimento... e c'erano pochi dubbi su chi, in caso, fosse il sacrificio. Il cuore iniziò a battergli più forte nel petto, mosso dall'apprensione, sovrapponendosi al ritmo che risuonava dalle pareti.





Non mi piace, non mi piace per niente.


Takeshi borbottava tra sè e sè mentre si spostavano lungo la navata, il percorso che poco prima aveva seguito la copia di Hayate. Come il Rosso, anche lui si trovava d'accordo sul non essere frettolosi nel liberare gli ostaggi: poteva trattarsi di cloni creati appositamente per tendere loro una trappola di qualche tipo. Si trovavano in territorio ostile dopo tutto, e per lo più erano gli altri quelli armati. E vestiti, mentre loro indossavano solamente un saio che attualmente non potevano nemmeno togliere. Cosa rappresentava quello, uno scherzo del destino? Un'altra situazione da interpretare, come era l'affresco?

Oh no, niente di tutto ciò. Era molto, molto più reale di quanto avesse mai potuto immaginare. Quando gli sguardi dei due Takeshi si incrociarono, lessero l'uno negli occhi dell'altro tutto ciò che c'era da sapere. Entrambi videro sè stessi, più vividi che a uno specchio. Vedevano la diffidenza nel non sapere chi avessero davanti, capirono il disorientamento nel non sapere dove fossero, intuirono il fastidio dell'impotenza per non sapere cosa fare. Ed entrambi percepirono quanto fossero patetici e fuori posto, semplici chunin in mezzo a Kage, Spadaccini e shinobi estroversi. Il Suzaku a terra ammiccò una smorfia di disappunto, il Suzaku in piedi rispose alzando le spalle. Non ci fu bisogno di altro.
Com'era ovvio che fosse per due anime così tormentate, tuttavia, il seme del dubbio si insinuò dentro di loro: chi dei due era quello "vero", ammettendo che in quella circostanza avesse senso utilizzare un termine simile?
 
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view post Posted on 3/6/2018, 13:18
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Mhh... mhhhh..

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*Un incontro paradossale, l'ennesimo marchio di fabbrica dell'universo in cui erano stati catapultati. I sette vennero messi di fronte a sé stessi, per come erano stati prima che la statua li falciasse e per come erano divenuti ora, paludati delle vesti che il tempio aveva loro offerto... e, per un certo tempo, parve davvero che fosse tutto lì. Avrebbero avuto modo di parlare, di scambiarsi ulteriori informazioni, mentre lentamente ed impercettibilmente il calore della pietra contro le loro schiene, delle vesti sui loro corpi nudi, continuava ad aumentare al ritmo dei battiti. Un simile legame sarebbe ancora sfuggito loro, e necessariamente, dato che ancora la loro comprensione era frenata dalla cautela, dall'incredulità.
Ammesso che fossero riusciti a superarle, presto il santuario avrebbe conferito loro ben altri motivi di preoccupazione. Annunciandosi con un sinistro gorgogliare, la conca al centro, ora discretamente riempita del sangue lucente del cuore, prese a tumultare. Non una minaccia diretta, né per loro, né per il cuore, che continuò col suo battito accelerato... ma sarebbe stato sufficiente a metterli in allerta.
Ad uscirne, dopo qualche istante, la più improbabile delle entità.*




*Quattro zampe, due orecchie al limite dello sproporzionato, gli occhi chiusi ed il respiro affannato, quasi che avesse rischiato di affogare... una volpe, un cucciolo, non più alto del ginocchio di un adulto. Fradicio, l'animale balzò sull'orlo della conca, proprio laddove il canale principale sfociava, artigliando il marmo finché non fu in equilibrio. Benché scurito dall'umidità, il pelo apparve immediatamente loro di un rosso brillante, nero agli occhi e alle orecchie, e non folto, ma aderente alla figura anche da bagnato.
Una corda le cingeva il collo, legandolo al fondo della conca in una stretta né forte, né particolarmente corta. Le avrebbe permesso di uscire, di sgrullarsi di dosso il liquido in eccesso, ma non di fuggire. Non che la creatura sembrasse in grado: mancando di una coda, il suo equilibrio apparve immediatamente minato, fragile. Si mise a sedere, e solo allora, mentre dal corpo bollente si levava una elegante coltre di vapore, avrebbe aperto gli occhi.
Rosso sangue, il taglio di un felino nell'orbita di un canide.*


"... huh?"

*Fece, piegando il capo di lato ed assumendo un'espressione interrogativa tutta umana. Non sembrava minimamente intimorita.*

"Ciaaaaaaao. Io sono Kuraaama."

*Salutò, orecchie all'indietro, come avrebbe fatto un bambino di fronte ai nuovi compagni di classe, sul muso stampato un sorriso tutto denti... aguzzi. Li guardò per qualche altro istante, uno ad uno, quindi si spostò sulle figure legate ai pilastri.
E solo allora qualcosa sembrò scattagli in testa.*


"Mmmmh... che aspettiamo? Dobbiamo giocare."

*Domandò, quasi che fosse la cosa più naturale del mondo. Leggendo tuttavia quello che sarebbe stato un inevitabile moto di ignoranza negli occhi dei quattordici, quando non di espressa domanda, la creatura alzò gli occhi al cielo, sospirando come un'adolescente.*

"Il gioco, il gioco! Il gioco del tempio! Se non giocate si arrabbia.

Tu. Si si, sto parlando con te, bambina invisibile."


*Si rivolse improvvisamente ad Urako, quella vestita di bianco.*

"Vai alla colonna e apriti la gola."

GDROFF///Scadenza 13/6.///GDRON
 
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view post Posted on 4/6/2018, 16:46
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Per facilitare la lettura (ma neanche troppo) ho differenziato i font dei due Yu come segue:

Yu col saio:
Parlato
Pensato


Yu legato:
Parlato
Pensato

Uno specchio non avrebbe reso altrettanto bene l’idea di guardarsi per davvero. L’immagine che entrambi gli Yu avevano davanti lo sguardo era quella di come apparivano agli occhi degli altri, sebbene uno dei due fosse vestito in modo decisamente inusuale per i canoni che il Rosso aveva. Non era difficile capire che cosa stessero pensando entrambi di fronte a quella visione inquietante e totalmente inaspettata, ognuno era convinto di essere quello vero, ognuno vedeva nell’altro una mera copia. Riuscita bene, forse anche troppo, ma comunque una semplice imitazione dell’originale. Ci doveva essere un errore, un buco nella perfezione con cui, apparentemente, l’altro sé era stato costruito e messo lì per…sì, per cosa? Ingannarli? Confonderli? Difficile dirlo, ma di sicuro doveva esserci. Non poteva esistere un altro Yu, tanto più che dal punto di vista del Rosso col saio, la persona che aveva davanti a sé non solo aveva il suo aspetto, ma aveva anche le armi di cui lui era stato privato.
Ascoltò solo vagamente i discorsi degli altri: Shitsuki che proponeva di abbattere i pilastri, così su due piedi, il Mizukage che giustamente la dissuadeva dall’idea, Mitsuaki che scambiava qualche parola con l’altro sé. La sua attenzione era tutta per l’altro Yu, così come quella di quello Yu era tutta per lui in un insieme di meraviglia rabbia e paura…almeno finchè la voce di Urako non rimbombò nel tempio, reclamando un aiuto da parte di entrambi nell’individuare sé stessa nel gruppo opposto, mettendo in luce come anche i rapporti interpersonali apparissero gli stessi. Di fronte a quella scena, le convinzioni di Yu iniziarono a vacillare: certo, poteva essere che avessero in qualche modo sondato i loro ricordi per costruire uno scenario ad hoc, tuttavia era significativo come il comportamento di quelli che riteneva dei doppi, ricalcasse in maniera fedele quello dei reali loro stessi. Significativo e sinistro. Da un certo punto di vista era curioso di avvicinarsi a quello Yu incatenato e toccarlo, parlarci, capire; dall’altro…temeva di scoprire qualcosa che non si aspettava. Probabilmente anche per l’altro sé era così, anche se forse per lui chi fosse quello reale era più che ovvio vedendolo vestito in quel modo ridicolo e senza il suo peculiare equipaggiamento.


Come faccio ad indicartelo, Urako? Con il naso?

La sua stessa voce rimbombò nel tempio, senza che lui avesse aperto bocca. Era una sensazione strana…quindi era così che suonava la sua voce da fuori? Faceva proprio uno strano effetto come anche rendersi conto che al suo posto, avrebbe detto esattamente la stessa cosa. Si avvicinò allora al punto in cui l’Urako del proprio gruppo sostava, invisibile agli occhi, ma non al suo naso, rivolgendosi alla moretta che stava al di là della conca, disegnando con le braccia l’area in cui la Kunoichi si era fermata.

Sei più o meno qui.

Quindi si fece coraggio, costeggiando il bacino ricolmo di quel liquido lucente, ma tenendosi assolutamente distante almeno un metro dal bordo. Per qualche ragione, il suo istinto gli gridava negli orecchi di starci attento, urla acute e stridule come degli artigli affilati che segnavano una lavagna. Non sapeva bene cosa fare una volta dall’altro sé, non sapeva bene nemmeno cosa dire o come rapportarsi a qualcuno che avrebbe potuto essere perfettamente identico a lui, tuttavia era dell’idea che se si fosse davvero rivelato tale, lo avrebbe capito una volta lì. Quindi non si fece fermare dai tentennamenti. Tenne i dubbi che aveva stretti tra le mani, così come tentò di soffocare rabbia e paura, lasciando che solo la curiosità sbucasse in superficie. Oh non era facile, ma di sicuro lo Yu legato non stava meglio di lui…anzi. Essendo apparentemente impossibilitato a muoversi era costretto a subire quanto stava accadendo senza poter fare nulla, una condizione con cui non avrebbe fatto a cambio nemmeno se lo avessero pagato. Inoltre…ora aveva visto quei canalini in secca che partivano dai pilastri per immettersi nel corso principale: dire che non promettevano nulla di buono era un eufemismo se lo collegava all’odore di quella pozza.
Scosse la testa, però, per il momento doveva concentrarsi e capire con chi aveva a che fare.
Si fermò di fronte all’altro sé stesso ad una distanza tale da poterlo facilmente raggiungere con un pugno se avesse voluto. Ma non fu questo che fece come prima cosa. Semplicemente si fissò. Occhi negli occhi, acqua nell’acqua. Glielo avevano detto in tanti che il suo sguardo ricordava quell’elemento, ma non aveva mai avuto modo di toccare con mano…era proprio vero. La cosa più inquietante era che nelle iridi di fronte alle sue, vedeva chiaramente le stesse paure e le stesse perplessità che graffiavano il suo animo. Come aveva immaginato poco prima, anche la cicatrice sulla gota non mancava, era tutto identico…non restava che testare le reazioni, visto che al momento quel suo doppio lo stava giustamente guardando in cagnesco.
Senza avvertire né nulla, alzo ambo le mani e andò a pizzicare le guance dello Yu legato, tirandone le carni verso l’esterno, quasi come se avesse voluto vedere se quella faccia fosse vera oppure solo una maschera. La reazione fu immediata.


Ma che cazzo fai, baka?! Mollami subito! Lo Yu incatenato, iniziò ad agitarsi, muovendo il capo a destra e a manca per liberarsi dalla presa e non ci volle molto prima che ci riuscisse, rendendo pan per focaccia al suo torturatore con un bel morso sull’indice della mano destra. Sharò anche legato, ma i denti rieshco a usarli benisshimo!

Ahio! Cretino!

Con uno strattone Yu si liberò dal morso, pulendosi la saliva su quell’orrendo saio e lanciando un’occhiataccia all’altro sé che, di tutta risposta, sbuffò, ricordandogli che era stato lui ad iniziare. E a quel punto non gli si poteva dare di certo torto, soprattutto visto che, in fin dei conti, mettendosi nei suoi panni il Rosso era quasi convinto che avrebbe reagito esattamente alla stessa maniera. Ma in entrambi c’era ancora del dubbio, della diffidenza. Sia l’uno che l’altro la vedevano riflessa negli occhi del proprio doppio, tanto quanto la percepivano nelle proprie viscere. Una eco ridondante che, forse, solamente un’informazione personale avrebbe potuto dissipare almeno in parte. Tuttavia anche ciò che si riteneva potesse essere personale, non lo era mai abbastanza…Serviva qualcosa di diverso, qualcosa di talmente intimo che Yu fosse certo di non averlo mai detto a nessuno. Talmente segreto ed inconfessato da rasentare la vergogna. Fortunatamente non ci volle molto. C’erano ben due fonti di quel suo qualcosa vicino a lui, fare il collegamento non comportò notevoli perdite di tempo, tanto che la domanda uscì fuori traditrice ed inaspettata dalle labbra dello Yu dagli abiti candidi, un attimo dopo che l’altro gli diede il consenso a rispondere ad un interrogativo per chiarire chi dei due fosse quello vero o se lo fossero entrambi.

Qual è il tuo odore preferito, Yu?





Dannato, maledetto stronzo!

Prima gli faceva i dispetti, manco avesse avuto in faccia una di quelle maschere aderenti che simulavano la pelle umana, e poi gli faceva una domanda del genere?! Come non avesse saputo quanto fosse imbarazzante! Oh, ma certo che lo sapeva…sapeva pure che era una cosa di cui si vergognava talmente tanto che si sarebbe volentieri sotterrato. Faceva fatica anche solo ad ammetterla a sé stesso quella cosa, figuriamoci a dirla lì, dove orecchie che non avrebbero dovuto ascoltare avrebbero potuto sentire tutto. Col cavolo! Non gli avrebbe risposto…di sicuro non con la verità. Ma tu pensa questo. Aveva la sua faccia, si muoveva come lui, pensava come lui, agiva come lui…e ragionava pure come lui. Perché, sì, in fin dei conti, se fosse stato al suo posto, probabilmente sarebbe andato anche lui a ricercare una domanda del genere. Per quanto non cambiava il fatto che trovarsi dalla parte di chi doveva rispondere era alquanto imbarazzante.
Aveva sentito subito un po’ di calore in faccia, che non derivava per nulla da quelle pulsazioni di luce che arrivavano da dietro. Oh nono, quella era vergogna. Sperò francamente di aver lanciato a quel suo sé stesso vestito in modo ridicolo, un’occhiata abbastanza eloquente a riguardo, ma nel caso non fosse bastato…


Che razza di domande fai? Baka!

Rispondi.

La laconica risposta, condita da sogghigno ironico, non tardò ad arrivare. Aaaah se solo non fosse stato legato come una salame! A essere stronzo era perfettamente capace, lo sapeva benissimo, però non credeva di venire messo tanto in difficoltà da un altro sé stesso. Cavolo…non voleva rispondere, era troppo, troppo, troppo imbarazzante e scomodo dare quella risposta in maniera sincera. Tra l’altro l’avere la fonte del problema tanto vicino non aiutava affatto. Che aveva fatto di male nella sua vita? Perché non poteva piacergli un odore qualsiasi? Chessò…il pane appena sfornato, il ramen appena inscodellato. Ma no, quelli non erano abbastanza. Figuriamoci.
Chiuse e aprì i pugni per darsi una calmata, leggendo nello sguardo dell’altro sé stesso l’intransigenza di chi non aveva la benchè minima intenzione di mollare l’osso. La sua stessa intransigenza. Quella che gli aveva permesso di arrivare dov’era, senza arrendersi, sbattendo magari la testa su qualche muro, ma ehi, al limite lo si abbatteva o lo si scavalcava, no? Cosa che avrebbe fatto anche in quel momento. Era escluso dicesse la verità. Escluso che cristallizzasse in parole quel suo pensiero e gli permettesse di diventare reale. Avrebbe mentito.


…il cioccolato.





Eeeeeh…sei un pessimo bugiardo pure tu, eh?

A questo pensò Yu, vedendo il proprio doppio, distogliere lo sguardo dal suo mentre dava quella falsa risposta. La stessa che probabilmente avrebbe dato lui al suo posto. Non si sarebbe mai abbassato a dire quella verità scomoda di cui si vergognava. Non lo ammetteva quasi a sé stesso, figuriamoci se avrebbe mai permesso prendesse connotazioni reali sotto forma di parole. Eh, almeno un po’ aveva imparato a conoscersi da dopo lo scontro sul tetto. In effetti quella volta a Fuyu aveva risposto che non sapeva esattamente chi fosse, non si conosceva abbastanza. Ma da quel giorno aveva imparato diverse cose su di sé, alcune delle quali gliele aveva mostrate proprio l’ANBU, altre le aveva imparate lui tra un avvenimento e l’altro. E ora si ritrovava di fronte alla propria cocciutaggine. Non c’era davvero che dire, quello Yu era proprio come lui. Stesso aspetto, stesso modo di fare, stessi ragionamenti, stessi rapporti interpersonali…tutto in lui combaciava con quello che il Rosso era. Quindi? Erano veri entrambi? Impossibile da dire, ma apparentemente almeno era così. Tanto che alla frecciatina del Takumi incatenato, risposero “Urusai!” all’unisono.
Continuava ad essere sospettoso della cosa, ma quanto meno non più del suo doppio stesso. Restava una scena inquietante trovarsi di fronte ad un altro sé, tuttavia c’era almeno un lato positivo in quella faccenda: quel secondo Yu, era armato. Immobilizzato com’era non poteva di sicuro sfruttare le sue capacità, e dai segni che gli erano rimasti sulle braccia, era evidente che sforzare quelle catene non fosse stato d’alcuna utilità.
Fece un giro attorno al pilastro, cercando eventuali lucchetti o punti di fuoriuscita e giuntura di quei legacci fuori da qualsiasi logica, prima di rivolgersi di nuovo a sé stesso.


Ascolta. So che probabilmente mi darai del folle anche solo per averlo pensato, ma…mi daresti l’Hakanai? L’altro aprì la bocca per parlare, ma Yu non lo lasciò nemmeno iniziare. Forse con una bolla corrosiva si può fare qualcosa per queste catene, ci hai pensato anche tu, no? Solo che da bel salame quale sei non puoi muoverti per farlo. Io sì però. La bocca dello Yu legato si chiuse e la mascella si tese mentre digrignava i denti per la propria impotenza. Inoltre, anche non dovesse funzionare, è comunque meglio che ce l’abbia qualcuno che può usarlo, semmai accadesse qualcosa. Il fatto che glielo stesse chiedendo era già un sinonimo di un qualcosa che forse poteva definirsi rispetto. D’altronde avrebbe potuto prenderlo e basta, l’altro non avrebbe potuto fare nulla in ogni caso. Ma non voleva fosse una forzatura. Yu, questa cicatrice testimonia che combattiamo per le stesse cose e rincorriamo la stessa schiena. Disse, indicandosi il segno sotto l’occhio. So che non hai motivo di fidarti di me. Nessuno dei due lo ha, ma sai benissimo cosa è meglio fare.

E’ solo un prestito. Dopo lunghi istanti di silenzio, lo Yu incatenato lanciò un’occhiata tagliente alla propria replica, consentendogli quanto richiesto. Poi me lo renderai, chiaro? Altrimenti Naminnè…

…ti farà la pelle. Lo so. Sorrise per la prima volta alla sua immagine speculare, ricevendo lo stesso trattamento. Allora lo prendo, eh! Kenmaki te lo lascio…mi pare giusto così.

Al segno d’assenso dell’altro Yu, il Rosso si mosse per sganciare l’Hakanai e il contenitore il bambù, dalla cintura del proprio doppio. Pochi attimi e l’arma peculiare del Gruppo Awa fu di nuovo tra le sue mani. Una sensazione di piacevole ed effimera tranquillità lo scosse al solo contatto con la superficie lignea del cilindretto, poco prima di fissarlo al capestro che gli cingeva la vita. Sensazione che durò pochissimo, il tempo di pensare di prendere il soffietto per fare quanto preannunciato all’altro sé stesso, che improvvisamente qualcosa smosse l’apparente immobilità di quel luogo. Un sinistro gorgogliare del liquido luminoso del bacino, fece desistere Yu dai propri intenti, canalizzando l’attenzione di entrambi i Rossi sulla fonte di quel rumore. All’erta, almeno quello che poteva mettersi in posizione di guardia lo fece: la mano pronta ad estrarre l’Hakanai, mentre osservava il tumultuare del liquido, seguendone i movimenti fino a quando questi non giunsero al bordo della conca. Si sarebbe aspettato qualsiasi cosa, altre copie di loro sette magari, mostri abominevoli e chissà che altro ma…di sicuro non un cucciolo di volpe. Lo osservò tirarsi fuori faticosamente dal bacino luminescente: era ovviamente fradicio dalla testa ai piedi, ma per quanto il pelo fosse appiccicato al corpo, non era difficile individuarne le fattezze. Al garrese sarà stato alto si e no fino al suo ginocchio, aveva due orecchi sproporzionati…più simili a quelli delle volpi del deserto, rispetto a quelle che vivevano nei boschi, gli occhi ancora chiusi e il respiro affannato mentre cercava di riprendersi da un’apparente annegamento mancato. Il vello scurito dal liquido, era comunque riconducibile ad un bel rosso brillante, tranne all’interno degli orecchi in un prolungamento nero che arrivava sin sul muso, cingendone gli occhi.
Era…carino. Sì, tenero come lo erano tutti i cuccioli. Anche di più visto che essendo senza alcuna coda, aveva chiaramente problemi nel reggersi in piedi. Inoltre una corda gli cingeva il collo, ancorandolo all’altro capo probabilmente al fondo della conca, in quanto da lì la fune fuoriusciva. Era abbastanza lunga da permettere alla creatura di uscire e muoversi - per il poco che riusciva - cosa a cui però rinunciò ben presto, preferendo mettersi seduta. Fu a quel punto che aprì gli occhi, braci ardenti su quel musetto peloso, tagliate da un paio di pupille verticali come quelle dei gatti. Cosa inusuale…le volpi e i canidi non avevano quel tipo di occhi.


Cosa dovremmo aspettarci adesso?
Ad una prima occhiata questo cucciolo non sembra pericoloso, tanto più che è anche legato, tuttavia…non mi convince. Che sia solo l’ennesima stranezza di questo posto?


La voce di Mitsuaki giunse in quel momento, annunciando che la presenza che aveva sentito dall’altra parte della navata combaciava con quella volpe. Buono a sapersi perché, invece, dal fronte odore, beh, c’era davvero qualcosa di strano. Il puzzo che Yu avvertiva, quel lezzo metallico con una sfumatura sconosciuta, proveniva chiaramente dal liquido nella conca, mentre la volpe…eh, la volpe non aveva odore. Era come se non ci fosse. Un presenza neutra.
Qualcosa di completamente innaturale. Come innaturale fu sentirla parlare come un essere umano. O almeno lo sarebbe stato se Yu non avesse già avuto modo di avere a che fare con i Rospi. La osservò piegare il capo di lato, con un espressione palesemente interrogativa, salutandoli e presentandosi come avrebbe potuto fare un qualsiasi bambino. Kurama, questo era il suo nome, orecchi all’indietro, quasi fosse intimorito o un po’ timido, sorrise mettendo in mostra una chiostra di denti aguzzi, passando poi ad osservarli uno ad uno, scivolando poi sulle loro controparti legate ai pilastri. Difficile dire se fosse stata la vista di quelle colonne o degli individui ivi legati a far scattare qualcosa nella testa della creatura, fatto sta che di punto in bianco se ne uscì proponendo loro di giocare. Ma giocare a cosa? Yu guardò l’altro Yu, cercando aiuto nella controparte, si sa mai che lui ne sapesse qualcosa, ma ricevette un segno di dissenso in risposta e un’occhiata confusa almeno tanto quanto la sua. Gli altri non sembravano essere in condizioni migliori di loro, tanto che, alla fine, con fare abbastanza scocciato, la creatura tentò a modo suo di spiegare qualcosa che per lei era ovvio, ma che per loro era decisamente nuovo.
Il gioco del tempio, diceva. Cosa fosse era impossibile capirlo così, era chiaro solo che se non avessero partecipato qualcuno si sarebbe arrabbiato, ma chi? Il tempio?
Fu allora che la situazione precipitò in un modo assurdo. Senza dare modo a nessuno di capirci qualcosa, il cucciolo si rivolse direttamente all’Urako invisibile, dando chiaramente ad intendere di vederla senza problemi, invitandola ad andare alla colonna e ad aprirsi la gola.


COSA?!
COSA?!

Aspettaaspettaaspettaaspetta! il Rosso si intromise senza attendere un attimo di più, ponendo una mano avanti a sé come a chiedere una tregua. A quell’invito una serie di tasselli avevano iniziato a vorticargli in testa cercando di ricollegarsi gli uni agli altri e il risultato ottenuto non gli piaceva per nulla. I canali secchi, le loro vesti candide, l’odore metallico…tutto sembrava indicare che fossero gli agnelli sacrificali da sgozzare per un qualche motivo che al momento gli sfuggiva. Per altro la creatura non era stata affatto chiara nel dare quell’ordine, quella faccenda non gli piaceva per nulla e nemmeno all’altro Yu a vedere da come si era agitato e poi irrigidito lì sul pilastro. Ci hai chiesto di giocare, però dovresti saperlo che, prima di iniziare, tutti i giocatori devono essere messi al corrente delle regole, no? Parlò un po’ come avrebbe fatto con uno dei ragazzini dell’orfanotrofio, dismettendo contro voglia la posizione di guardia e cercando di sorridere per quanto la situazione non fosse divertente per nulla. Ma era meglio non dare parvenza di ostilità. Tu sembri conoscerlo bene questo gioco, ti andrebbe di spiegarci in cosa consiste e come si svolge?

Sì, esatto. Fece eco l’altro Yu, imprimendo nel proprio tono una certa curiosità. Che cos’è il gioco del tempio? E perché anche tu sei legato come noi?


<abilità/attivazione> - Sensi Migliorati - [Stm: -2] [Liv 0: 61/70] "I ninja sviluppano i loro sensi per localizzare pericoli e nemici i agguato, ma ogni individuo possiede un senso che è naturalmente superiore agli altri. Può essere qualcosa di semplice come la vista, oppure più particolare, come il tatto o l'udito. Ogni senso ha le sue caratteristiche che comprendono sia svantaggi che vantaggi, ma ognuno è stato dato un solo dono da Madre Natura o dal duro allenamento.
Olfatto: l'odorato del ninja è fine come quello di un segugio e gli permette le seguire le tracce di chi vuole a patto di conoscerne prima l'odore. Le tracce che egli è in grado di percepire possono essere vecchie di tanti giorni quanto più alto è il livello dell'abilità (di oggi con Lv.6, vecchie di un giorno con Lv.5, due giorni con Lv.4 e così via);
[L'abilità Sensi Migliorati può scovare i nemici "Nascosti" o individuare le "Trappole" piazzate ma deve essere attivata per ogni trappola e ninja nascosto, se ad esempio l'avversario piazza due trappole e si nasconde; si userà tre volte.]
Liv 0: 800 m di raggio



Edited by Lucifergirl88 - 4/6/2018, 21:05
 
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CITAZIONE
> Takumi Kirichetto
Parlato.
Pensato.

> Takumi Palo
Parlato.
Pensato.

Quell'incontro aveva senz'altro dell'incredibile e nessuno dei due Harada riusciva pienamente a capacitarsi del perché si trovassero davanti a un perfetto doppione. Lo stupore del primo si rifletteva nel secondo, animato quest'ultimo da una sensazione di forte disagio a causa della prigionia forzata. Persino la voce era pressoché identica, con quell'accenno soave che contraddistingueva il caratteristico tono flautato proprio del castano. L'unica a differenziare le due parti, una di fronte all'altra come fossero riflessi su di una superficie inesistente, erano le vesti e l'equipaggiamento (e in minima parte lo stato d'animo). L'imprigionato aveva posto davvero un'ottima domanda. Cosa stava succedendo? Come potevano essere due? Era una cosa che il castano non riusciva proprio a concepire, men che meno ad accettare. Forse a causa del suo carattere e del suo prepotente egocentrismo, che suggeriva alla mente di essere unico nel suo genere, di essere speciale nell'accozzaglia infinita di pregi e difetti che portava con sé; ma no. Molto probabilmente questa sua avversità era dovuta al fatto che sapeva giocare sin troppo bene con le illusioni e tutto quello che usciva fuori dai canoni del normale non poteva che abbracciare il campo delle arti illusorie, a cui aveva dedicato gran parte dei suoi studi e perfezionamenti accademici. Ma anche li c'era qualcosa che non quadrava, che non lo convinceva. Quel posto cominciava a mettergli i brividi, e ben presto quella sensazione avrebbe assalito anche il suo doppione appeso al palo, che non smetteva di osservarlo tra il meravigliato e il cagnesco, a buon ragione. Un atteggiamento che sentiva proprio, ovviamente. Come potevano fidarsi l'uno dell'altro, se entrambi credevano fermamente di trovarsi a confronto con un falso? Dalle caratteristiche pressoché eccellenti, su questo non ci pioveva (saio a parte per il castano libero di muoversi).. ma pur sempre un falso.

Oi.. Fece il castano imprigionato alla colonna per attirare l'attenzione dell'altro, dopo un lungo attimo di silenzio atto a studiare quella perfetta copia, che come lui fece altrettanto, senza dare troppo conto ai propositi distruttivi della donna-demone, ai tentativi del Mizukage di farla desistere e a quel timido intervento della gracile ragazzina nei confronti del rosso. Non sapeva esattamente come iniziare una conversazione con gli altri senza partire con una punzecchiata, figurarsi se avesse idea di come farlo con se stesso. Dato che sono legato come un insaccato pronto al consumo, ti spiacerebbe avvicinarti e darmi una mano a togliermi queste catene di dosso? Senza mezzi termini chiese a quel se stesso dai dubbi gusti in fatto di vestiario di aiutarlo, ma non era così semplice convincere uno scettico, sospettoso musone come solo lui sapeva essere. Oh ma aveva provato ad essere docile, a camuffare quel tono da "muovi immediatamente quel culo e non perdere tempo". Che carino. Peccato che il castano col saio non fosse un cretino, e che non avesse la benché minima intenzione di fidarsi del primo stronzo col suo stesso viso che incontrava lungo il cammino verso l'oltremondo. Se avesse avuto anche solo un minimo delle sue caratteristiche avrebbe dovuto saperlo che non ci sarebbe stata trippa per gatti, ma capiva bene la sua posizione: non poteva muoversi, e l'unica era cercare di fare leva su qualcosa o qualcuno. Avrebbe fatto sicuramente lo stesso, a parti invertite. No. Secco, con quell'espressione accigliata e un tantino menefreghista pennellata sui lineamenti del volto. Era una risposta ovvia quella, dopotutto. Non poteva certo pretendere di essere lui e avere pure esistenza facile, no? Se conosceva un po' se stesso, sapeva bene di non essere incline a cadere nelle evidenti fregature a occhi chiusi. Eeeeh, mi stai dicendo che non dai credito nemmeno a te stesso? No, quella non era una frecciata scoccata con precisione millimetrica, o se voleva esserlo aveva fallito nell'intento. Era un'espressione nervosa, tenuta a bada da un autocontrollo senza precedenti. Non ci voleva un genio a capire che stava cominciando a sfiatare come una pentola a pressione che raggiunge la temperatura. Sorrise, quello col saio. Un sorriso un po' tirato, fasullo come quei sette appesi all'amo, piombati fra capo e collo a complicare la situazione. Soprattutto a me stesso, specie in un luogo come questo. Al mio posto faresti lo stesso, no? Chiese di rimando, cercando un mezzo confronto. Aveva ipotizzato che quello potesse essere un percorso di redenzione, stando all'interpretazione che aveva personalmente dato affresco che avevano superato poc'anzi. Un purgatorio, che ben presto li avrebbe messi davanti a delle prove crudeli. E cos'era quella se non una dimostrazione crudele di quanto pericoloso potesse essere quel luogo? L'altro non poté fare a meno di incassare, digrignare i denti e stringere i pugni. Assurdo. Pensava davvero che fosse così stupido da affidarsi a una copia senza il minimo calcolo? Non aveva scelta, se non quella di chiedere. Se si aspettava che si sarebbe pure messo a supplicare, col cazzo che gli avrebbe dato il sazio. Dovette sbuffare una mezza risata per allentare la tensione accumulata. Mi avevano detto che ero uno stronzo, ma non pensavo fino a questo punto. E' inquietante.. Disse, sdrammatizzando in un certo qual senso ma, al contempo, cercando di smuovere qualcosa in quel cuore di pietra che si ritrovava. Non sapeva nemmeno lui come prendersi. Ti rendi conto che ti sei appena dato dello stronzo da solo? Serafico, quello col saio sorrise nel pronunciare dette parole, e l'altro ebbe uno scatto d'ira. Si dimenò come se avesse voluto scattare per assalirlo e dargli un pugno nelle gengive, incontrando irrimediabilmente la resistenza delle scure catene. Kono yarou.. Prese nell'immediato a borbottare, rimuginando su quanto stronzo sapeva essere. Ma non riusciva nel vero senso della parola a biasimare quella copia vestita di dubbio gusto. Al suo posto sarebbe stato diffidente tanto quanto lui. E continuò ad osservarlo con quel suo sguardo smeraldino assottigliato pericolosamente mentre, curioso della presenza del secondo rosso e, soprattutto, della figura incappucciata alla sua destra, si avvicinava proprio a quest'ultima. Non perdeva tempo. Era proprio da lui.

Un pesante sospiro sfuggì dalle labbra del castano bloccato alla colonna; non aveva senso insistere con se stesso, perché sapeva bene sarebbe stato quasi del tutto inamovibile da quella posizione. Specie al momento, che palesemente pareva alla ricerca di qualche indizio per poter capire cosa diamine stesse succedendo. Fare discussioni sterili non era proprio il caso; era come tentare di sfondare un muro di cemento armato a testate e senza il favore di alcuna protezione. Una battaglia persa in partenza insomma. A quel punto la sua attenzione venne completamente assorbita dalla coppia di rossi al suo fianco, intenti in una discussione a tu per tu che lo lasciò un tantino stranito. Non che fosse una novità in quel frangente. Aveva chiesto una cosa piuttosto particolare al se stesso imprigionato, quello con indosso il candido saio: quale fosse il suo 'odore' preferito. Curioso. Anche furbo, a dire il vero. Se non aveva intuito male il suo intento, questi aveva posto quella strana domanda perché ritenuta intima, e a pensarci bene quella poteva essere un'idea vincente per comprendere dove si trovasse l'inevitabile falla di una mera copia. Dal canto suo, quello che riteneva fosse il vero Yūzora parve quasi agitato alla domanda del suo doppio, come se la risposta fosse un qualcosa di tremendamente scomodo. Cercò suo malgrado di distogliere l'attenzione dalla questione, etichettando quel quesito come una mera stupidità senza significato, ma l'altro sembrava proprio inamovibile e pretendeva una risposta. Sorrise. Era proprio il rosso, in tutto e per tutto: voce, aspetto, atteggiamento.
Alla fine cedette e rispose. 'Cioccolato' aveva detto. Dovette sollevare dapprima un sopracciglio e poi intromettersi nella discussione; l'occasione era troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire, anche perché la reazione del rosso era stata decisamente spropositata per la semplice risposta data, quindi era decisamente poco credibile che fosse quella esatta.
Eeeh?! E c'è bisogno di tutta questa farsa per una cosa del genere? Sei un pessimo bugiardo. Malizioso, si sporse verso il compagno poggiando la testa sulla colonna, sorridendo alla sua maniera. Una punzecchiata innocente se vogliamo, atta a minimizzare e a godere almeno della reazione imbarazzata del compagno, che gli fruttò un doppio 'Urusai' da parte di entrambi i rossi, che si volsero contemporaneamente in sua direzione. Se la rise sotto i baffi il castano. Erano spassosi. E poi adesso era pure curioso di sapere la risposta corretta a quel quesito; avrebbe dovuto chiederglielo, una volta fuori da quel posto.

A poca distanza da quel singolare siparietto, a cui non aveva prestato troppa attenzione poiché preso da un impegno a sua detta ben più importante, per quanto la naturale curiosità avrebbe voluto vederlo attento a quella conversazione fra i due Yūzora, il castano con indosso quello stupido saio bianco stava ispezionando il corpo dell'incappucciato posto alla diretta sinistra della copia del rosso. O quanto meno, stava provandoci senza alcun risultato. Avrebbe voluto avvicinarsi e scoprirgli il volto, capire chi fosse, capire se fosse vivo, ma una strana forza glie lo impediva. Era come se ci fosse un vetro, fra sé e quell'individuo misterioso; la destra che aveva posto in avanti non riusciva ad oltrepassarlo, scontrandosi con quell'intangibile resistenza. Nemmeno con l'udito riusciva ad intuire molto, specie perché il cuore impazzito continuava a pulsare di calore, a echeggiare negli angoli più oscuri della sua mente come un monito. Che situazione. Sospirò avvilito. Non c'era modo di avvicinarsi e scoprire di più, anche perché non ebbe tempo di pensare a una soluzione convincente per poterlo fare che il liquido nella conca gorgogliò pericolosamente, mettendolo in allarme e distogliendolo dai suoi intenti. Anche l'altro si volse a osservare, teso come una corda del suo preziosissimo erhu.
Da quella pozza di luce fece la sua apparizione un cucciolo di volpe, col pelo completamente fradicio e reso più scuro dalla sostanza che lo inzuppava, una coppia di orecchie sproporzionate e uno sguardo stranamente felino, innaturale, d'un cremisi intenso e magnetico. Carino. Ma non fu l'indubbia tenerezza di quel piccolo essere a incuriosirlo, quanto più l'evidente mancanza di una coda - cosa che rendeva il suo passo instabile, costringendolo a sedersi a bordo della conca dalla quale era risalito affannosamente - e la strana catena che lo teneva legato per il collo, impossibilitato a scappare. Ma non ne sembrava afflitto, affatto. Notando la loro presenza, quel cucciolo prese straordinariamente a parlare e si presentò col nome di Kurama, snudando la dentatura in un sorriso aguzzo. Sembrava un bambino, e nonostante il castano li sopportasse poco non riusciva a non provare un minimo di tenerezza per quel cuccioletto. Gli animali erano sicuramente più nobili e sinceri nell'esprimersi delle persone, ma scosse la testa a quel pensiero: non poteva permettersi un sentimento come quello in un posto tanto pericoloso. Era uno spietato assassino, e tale sarebbe rimasto sino alla fine.


Siamo sulla stessa barca, piccolino.

Un pensiero fine a se stesso, che venne sostituito nuovamente dall'allerta non appena lo Squalo s'intromise per indicare loro che la strana presenza che aveva percepito poco prima era riconducibile proprio al cucciolo di volpe. Buono a sapersi, la sorpresa l'avevano appena scartata. Parlava di un gioco il piccolo essere, suscitando la perplessità di tutti e soprattutto quella del castano, che non sapeva se riderci su o tirare una bestemmia a qualche Kami. Pareva fosse in atto un gioco, allestito per l'occasione per loro. Le conseguenze, nel qual caso avessero rifiutato di prestarsi a tale intrattenimento, non erano chiarissime, ma non ci voleva un genio a capire cosa significasse quel 'se non giocate si arrabbia'. Rimaneva da capire chi si arrabbiava e quali fossero le regole di quel gioco, dato che come prima mossa la piccola Urako (di cui aveva ignorato l'esistenza sino a quel momento, in quanto invisibile) avrebbe dovuto avvicinarsi alla colonna e aprirsi la gola. Eccolo li, il funzionamento del tutto: loro erano agnelli sacrificali, pronti ad essere sgozzati in onore di non si sa bene cosa. Perfetto.

Questo gioco è tutto fuorché divertente. Ma era piuttosto ovvio, considerate le premesse.

C'erano tante sfumature oscure in quello che il piccolo Kurama aveva detto loro con l'innocenza tipica d'un bambino, come quell'ambiguità che non riusciva bene a spiegare quale delle due ragazzine avrebbe dovuto teoricamente tagliarsi la gola. Sperava che quella invisibile avesse un po' di sale in zucca e perdesse un po' di tempo, che tutti cercassero in qualche modo di farlo nel loro piccolo, con le domande o con il silenzio. Dovevano comprendere bene a cosa stessero giocando, quali fossero le regole e, se necessario, aggirarle per sopravvivere.
A prendere parola prima che potesse farlo lui stesso fu, come prevedibile, Yūzora. Quel ragazzo alle volte sembrava leggergli nel pensiero, poiché pose alla volpe le domande giuste, quelle che avrebbe voluto fare anche lui. Era una manna dal cielo averlo li, davvero. E dovette darsi mentalmente dello stronzo per averlo anche solo pensato. Annuì alle parole del rosso, incrociando la sinistra al petto e portando la destra al mento, pensieroso. Poteva aggiungere soltanto una domanda a quelle già poste dal compagno dalla chioma fulva.
Hai detto che se non giochiamo "si arrabbia". Chi si arrabbia? Il tempio? Un quesito stupido possibilmente, anzi quasi sicuramente. Kurama avrebbe potuto tranquillamente sottendere proprio la sua supposizione, dato che quel tempio pareva essere vivo, senziente.. ma meglio sembrare uno stupido a aspirare alla completa chiarezza, piuttosto che fraintendere e pentirsene dopo. Chissà, magari il cucciolo si sarebbe fatto scappare ingenuamente qualche informazione in più sull'intera situazione, considerando le loro domande e la confusione generale. Non sembrava ostile, per il momento. Almeno questo era positivo.
L'altro Takumi non aprì bocca invece; preferiva non aggiungere altro, non appesantire la conversazione già di per sé pregna di quesiti. Oltretutto, parlare per aggiungere qualcosa di già considerato era superfluo. Avevano detto tutto quello che c'era da dire, per quanto lo riguardava.



<abilità/attivazione> - Sensi Migliorati - [Stm: -2] [Liv 2: 41/50]
"I ninja sviluppano i loro sensi per localizzare pericoli e nemici i agguato, ma ogni individuo possiede un senso che è naturalmente superiore agli altri. Può essere qualcosa di semplice come la vista, oppure più particolare, come il tatto o l'udito. Ogni senso ha le sue caratteristiche che comprendono sia svantaggi che vantaggi, ma ognuno è stato dato un solo dono da Madre Natura o dal duro allenamento.
[Si dovrà mantenere in scheda solo uno dei seguenti Sensi]

Udito: le orecchie del ninja captano il respiro e perfino il battito cardiaco del nemico, rendendo per lui uno scherzo udire i discorsi altrui anche da lontano. Questo, tuttavia rende sensibili i suoi timpani e quindi subisce +1PF dalle ferite all'Udito. Al Lv.0 l'abilità permette di percepire vagamente il mondo circostante tramite un meccanismo simile all'ecolocazione, ma con raggio pari ad 1/10 del normale."

Liv 2: 500 m di raggio
 
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view post Posted on 5/6/2018, 19:23
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Artificial Flower's Lullaby

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Tutti, bene o male, parlarono col proprio doppio. La scena era straniante, tra chi si metteva alla prova, chi non credeva ai propri occhi, chi taceva e chi si impressionava.
Shitsuki invece guardava Shitsuki negli occhi, ignorando apertamente i teatrini degli altri dopo che le venne detto che abbattere i pilastri poteva essere rischioso per chi vi era legato.

«Normalmente ti direi di tagliarmi le mani, ma non abbiamo il necessario per ricucirle in fretta, vero?»



La Shitsuki col saio sospirò.

«No, ci vorrebbe troppo... E poi dovrei tagliarti più delle mani.»

«E in ogni caso sarei libera solo io, questi altri no.»



La Jashinista annuì di nuovo, avvicinandosi intanto alla colonna su cui se stessa era legata.

«Già. Quindi pensiamo a qualcos'altro... Innanzitutto ho bisogno di Chinuri.»

Fece per allungare la mano, ma vide se stessa irrigidirsi e lampeggiare gli occhi.

Shitsuki digrignò i denti, appiattendo ancora di più la schiena contro la parete. Per quanto sapesse che la sua falce era più utile alla se stessa libera, l'idea di perderla le faceva fisicamente male.
Non che potesse opporsi, però... Poteva sputare, tentare di mordere, ma di sicuro, legata così, non avrebbe saputo opporre una reale resistenza.
Dal basso, l'altra sé però parve capirlo.



«Senti, lo so. Lo so bene. Io mi sono svegliata mezz'ora fa senza nulla addosso, e senza Chinuri!» L'enfasi ovviamente era sulla mancanza di falce, non di vestiti. «E non abbiamo la più pallida idea di come fare o di cosa significhi tutto questo... Schifo.»

Shitsuki sbuffò stizzita.

«Ah, non chiedere a me, io mi sono appena svegliata. Cos'è questo posto? Un tempio?»



«Penso di sì... Un tempio con qualcosa dedicato alla Luce.»

«Pfft. E proprio tu ti sei messa un abito cerimoniale? Cos'è, da quando ci dà fastidio stare nude di fronte a dei mortali?»



«Senti, lascia stare e dammi Chinuri, okay? Che questa storia mi sta già rompendo fin troppo i coglioni.»

Si avvicinò e, senza troppi complimenti sfilò Chinuri da dietro la schiena di se stessa. Ne approfittò anche per recuperare la sacca delle armi, che l'altra le concesse con molte meno occhiatacce. Palese come si stesse contenendo per non insultarla o agitarsi nei momenti in cui il manico della falce abbandonava la schiena della legittima proprietaria per finire nelle mani della legittima proprietaria.

«Okay, ora va molto meglio. Vediamo di...»

Si interruppe, perché un nuovo giocatore apparve sul campo. Shitsuki fissò quell'adorabile cucciolotto fradicio che si tirava fuori dalla vasca, notò la mancanza di una coda... Ma non era una ragazza che amava particolarmente gli animali, probabilmente perché gli animali non avevano mai amato lei.
Quando cresci in una famiglia dove la caccia è fondamentale per la sopravvivenza di tutti, e spesso non è sufficiente a placare i morsi della fame, ogni essere non umano diventa cibo. Aggiungendoci i rituali, i sacrifici, le varie esperienze sanguinolente che Shitsuki aveva avuto con cani, gatti, uccellini e creature di ogni genere, non c'era da stupirsi che in quel momento il volpino bagnato non le provocasse alcun sentimento di pietà.

Quando parlò, poi, ecco che giunse la conferma: quella bestia non era nulla di carino e coccoloso.

«Giocare? Di che razza di gioco stai parlando?» ringhiò, impugnando la falce con entrambe le mani. Yu espose la domanda in modo molto più cortese e affabile, ma intanto il cervello di Shitsuki macinava come un mulino.

"Tagliarsi la gola... La bambina invisibile dev'essere Urako. No, no, col cazzo che la guarderò tagliarsi la gola. Se morirà, sarà perché l'avrò offerta io in sacrificio!"

Digrignava i denti, infastidita dal tutto.

«Ve l'avevo detto che questi vestiti erano una fregatura. Ve l'avevo detto!» sbraitò rivolta agli innocenti compagni, tirandosi il colletto del saio dal davanti.

«C'è del sangue da versare? Lo faccio io! Il mio vale molto di più di quello di questi mortali!»

«Senza offesa gente, eh» aggiunse la Shitsuki legata, che però approvava con cenni affermativi la decisione della controparte libera.



Estrasse un kunai e se lo puntò alla gola. Non tagliò ancora, ma guardò i suoi compatrioti aspettando reazioni. Il Mizukage, silenziosamente, le diede la sua approvazione.

Il pensiero che in quel mondo alternativo lei potesse aver perso i poteri concessi da Jashin non la sfiorava nemmeno lontanamente. La coda guizzava agitandosi sotto il saio, gli occhi lampeggiavano di collera.
Come osavano chiedere sangue.
Come si permettevano di imporre regole del genere.
Jashin era l'unico Dio a cui sacrificarsi, e il sacrificio non era un gioco, non lo era mai. Quello sarebbe stato un gesto di disprezzo, uno sputo in faccia a quel Dio della Luce a cui avrebbe piantato Chinuri in fronte.
Lo avrebbe trascinato nel Buio e corroso.
Avrebbe reso fiero il suo Signore e Padrone.
E sarebbe uscita di lì a testa alta e avrebbe ritrovato la sua famiglia.

gaEo3EO


 
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view post Posted on 7/6/2018, 19:10
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Into the Gedo, Gennaio 249 DN


La situazione parve divenire piuttosto esilarante; dopo aver redarguito la Jashinista sulle sue intenzioni, l'intero gruppo col saio volle instaurare discussioni bislacche con i propri doppi, quasi come se volessero avere un confronto con se stessi. L'unica cosa che poteva avallare e rendere migliore la condizione in cui versava Hayate, era quella di requisire le Hiramekarei a quello incatenato, sebbene fosse consapevole delle conseguenze emotive e fisiche che lo avrebbero potuto affliggere. Il Mizukage incatenato avrebbe compreso la motivazione della privazione a cui sarebbe stato sottoposto, dopotutto sembrava possedessero le medesime capacità mentali e in quel momento, averla con sé, non avrebbe migliorato alcunché. Forse, se fosse stata affidata nelle mani dell'albino col saio, avrebbe potuto adoperarla per uscire da quella mistica realtà.

- Credo di aver bisogno delle Hiramekarei. Sai anche tu che non potremo liberarti dalle catene e la Spada non può servirti a nulla al momento.

Incrociarono le loro iridi diamantine; da una parte uno sguardo freddo, cinico, volto a risolvere quell'enigma in cui erano stati intrappolati, dall'altra parte lo sguardo era ferito, iracondo, ma nel contempo consapevole di ciò che stava udendo. Scosse il capo, corrugando la fronte; ponderò a riguardo per una manciata di secondi, per poi riferire al Mizukage col saio.

- Sai anche tu che privarmi di loro non sarà facile. Non so cosa stia accadendo, ma sono sicuro che troveremo un modo per uscirne. Tu puoi farlo.

Gli disse, cercando di adagiare gli occhi sull'elsa delle Sogliole. Come se volesse dar loro un ultimo saluto, prima di esserne espropriato. Fu accondiscendente, comunicandogli il proprio consenso con un cenno del capo.

- Stanne certo.

Furono le parole di riguardo che il Mizukage gli rivolse. Dopotutto entrambi si erano resi conto dell'eguale coscienza e ragionevolezza insita in loro; difficilmente Hayate si sarebbe fidato in situazioni aventi un soggetto diverso, ma verso se stesso non poteva cogitare giudizi nefasti. Si avvicinò con passo felpato verso il pilastro corrispondente al suo doppio, osservando con la coda dell'occhio cosa stessero facendo i suoi sottoposti. Come lui, stavano discutendo con le proprie copie e cercavano di comprendere la motivazioni che si celavano al di là di quella realtà astrusa. La medesima idea era balenata nelle menti del gruppo del saio, difatti come il Mizukage, le stavano convincendo a farsi "prestare" le armi di cui detenevano il possesso. Sfilò la Spada dalla fodera riposta sulla schiena della copia cercando di non farle lambire la pelle dello stesso, dovette imprimere un po' di forza per farla divincolare dalle catene. Non appena la sfiorò, sentì un torpore di calore percuotergli nuovamente le membra, quasi destandolo da quell'inquietudine in cui era stato relegato sin dal loro allontanamento. Non sapeva se effettivamente ci fosse anche un doppione delle Hiramekarei, ma era come se fossero sue. Come se gli appartenessero, un legame indissolubile. Nonostante tutto anch'esse parvero confuse, difatti impiegarono del tempo, relativamente effimero, per accreditare quell'anima con la persona alla quale avevano concesso la propria fiducia.

La pseudo famiglia si era ricongiunta, ora doveva solamente elucubrare una strategia che lo preservasse da quella situazione. Usufruire delle Hiramekarei per liberare le copie non avrebbe portato al gruppo alcun beneficio, dato che erano così resistenti da richiedere un impeto tale da minacciare anche la loro incolumità. Mentre ponderava a riguardo, una nuova presenza fece la propria comparsa, rendendo ancora più astrusa e strana quella situazione. Dalla conca ne fuoriuscì un essere apparentemente similare ad una volpe, sebbene non fosse dotato di alcuna coda. Strano, a dire il vero, dato che quest'ultima è essenziale per animali del genere ai fini del loro equilibrio. Il pelo appariva d'un rosso acceso, sebbene fosse stato inumidito dal liquido all'interno di quel bacino, così come le iridi, sfumate da un cremisi rovente. Anche lui, così come i doppioni, era vincolato ad una catena che aveva la propria origine all'interno della conca, dato che la fune vi era immersa. Colui che aveva architettato quella fallace illusione si stava dilettando, come se i partecipanti fossero effettivamente dei suoi burattini. Come se le stranezze non fossero poche, quell'animale iniziò a parlare, annunciando loro il proprio nome, Kurama. Corrugò la fronte e portò il palmo della mano al mento, tipica espressione d'un pensatore alle prime armi. Poté fare una prima deduzione, ovvero che quel liquido non avesse alcun effetto su di quella volpe, o almeno non era visibile alcuna conseguenza. Forse se anche loro vi si fossero immersi, avrebbero potuto iniziare a comporre i pezzi di quel puzzle contorto. Un'estrema alternativa su cui sarebbe ricaduta la scelta solo se si fosse rivelata l'unica possibilità. Udì la voce dello Squalo riferire loro che quella presenza fosse analoga a quella che aveva percepito in precedenza provenire dalla conca. La cosa che carpì maggiormente la sua attenzione, fu il riferimento al gioco che avrebbero dovuto fare e, in caso di diniego, una persona indefinita avrebbe avuto da ridire. Non che la cosa gli andasse a genio, ma per il momento non aveva obiezioni da opporgli. Se la cosa non avesse inficiato la loro incolumità, avrebbe acconsentito rispettando la sua volontà. Le successive parole, però, fecero divampare in lui una rabbia recondita, accumulatasi sin dal momento in cui si era destato in quel tempio. Urako avrebbe dovuto sgozzarsi, o meglio, quella del gruppo col saio avrebbe dovuto tagliare la gola a quella intrappolata. Beh, mai lo avrebbe permesso. C'era un qualche legame tra di loro e acconsentire a quel gioco avrebbe messo a rischio la vita della stessa.

Furono molteplici le domande che gli vennero rivolte; Hayate, dal canto suo, si limitò ad osservare e cogliere eventuali comunicazioni non verbali da parte del corpo dell'animale. Dopotutto avevano già posto i quesiti che anch'egli avrebbe riferito. Sentì lo sguardo della Jashinista posarsi su di sé, dopo che si propose volontariamente per quel gioco. Cercava in qualche modo il suo consenso, dato che entrambi erano consapevoli della dote concessagli dal sommo Jashin. Era immortale; il Mizukage aveva potuto conoscere tale potere dai numerosi rapporti di shinobi appartenenti a quella setta. La guardò, per un attimo, per poi calare le palpebre e abbassare lievemente il capo. Le aveva dato il proprio assenso, ma avrebbe dovuto attendere una manciata di secondi almeno per dare modo all'animale di rispondere. Le fece capire tutto ciò mostrandole il palmo della mano, mentre teneva conserte le braccia all'altezza del petto. Doveva capire.




 
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view post Posted on 7/6/2018, 23:55
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//Legenda: parlato normale per Takeshi Saio, altro font per Takeshi Salame//

Così come per gli altri, anche per ciascuno dei Takeshi l'altro rappresentava il maggior punto di interesse di tutta la faccenda. Si squadrarono per un po', dopo un iniziale momento di silenzio: nella loro testa le possibilità scorrevano una dopo l'altra come diapositive. La prima e la più credibile, a loro modo di vedere, era che fosse sè stesso il vero e l'altro il clone, un simulacro creato da chissà quale tecnica illusoria. Ma allo stesso tempo, il tarlo del dubbio si insinuava nella mente dei due: il fatto che riuscissero a pensare era sufficiente a dimostrare la loro esistenza? Oppure anche quella poteva essere considerato un inganno, e in realtà il vero Takeshi si trovava di fronte? Ovviamente i ragionamenti erano speculari, ed ognuno si domandava se anche l'altro avesse una propria coscienza, tipica di un essere umano, oppure la realtà in cui erano intrappolati leggesse la propria mente e gliene presentasse una copia.
Per primo fu il Takeshi in saio a mordersi un labbro, più nervoso dell'altro riguardo alla questione. Se lui era quello vero, perchè era il ragazzo di fronte a lui a possedere armi ed equipaggiamento, anche se non in grado di utilizzarlo? Si rivolse quindi con tono ragionevole - e un pelo contrariato, a dire il vero- al suo doppione legato alla colonna, proponendo una sorta di tregua in quella silenziosa diatriba filosofica.


Comunque, sappi che non ho alcuna intenzione di liberarti -o almeno provarci- a cuor leggero. Per quel che ne so, potresti semplicemente essere qualcuno o qualcosa che mi legge nella mente e ha assunto le mie fattezze.


Per quello che ne sai
-rispose sfrontatamente l'altro, che sentiva di non avere nulla da perdere essendo già alla mercè del chunin con il saio- le nostre sorti in qualche modo che ancora non riusciamo ad immaginare. Che cosa succederebbe per esempio se adesso qualcosa ci attaccasse e tu non potessi combattere?
Cos'è, ora non ti fidi più neanche di te stesso?


E quando mai l'ho fatto?


La risposta non si fece attendere, accompagnata da una smorfia, e il ragazzo in piedi si avvicinò all'altro, sfilandogli il fodero dentro cui era riposta la katana per poi allontanarsi nuovamente.
E poi, sai benissimo che non ti farei del male a meno che tu non me ne dia motivo. Ne riparleremo quando sapremo di più su questa storia.

Ogni eventuale tentativo di replica fu interrotto dall'ingresso sulla scena di un nuovo personaggio: quello che sembrava un cucciolo di animale, simile a una volpe mancante però della coda, presentandosi come Kurama. Se in un momento normale si sarebbe stupito della capacità di parlare della creatura, in quel frangente si stupì invece delle prime impressioni dello Squalo e del Rosso, che riferirono ciò che percepivano con i loro sensi. Ad un primo istinto, da quelle caratteristiche, pareva che Kurama facesse parte integrante del luogo: possibile che fosse stata lei -o lui- a richiamarli lì? Ma fu quando nominò "il gioco del tempio" che di nuovo le menti dei due Takeshi andarono in subbuglio.
Per prima cosa, in quel momento realizzarono la disparità di numeri tra i giovani con il saio e quelli legati alle colonne: in effetti una ragazza pareva mancare all'appello, ed era proprio a lei che si era riferita la volpe con il termine di "bambina invisibile". Se solo non ci fossero state questioni più urgenti, l'avrebbe interrogata chiedendole il motivo per cui era rimasta così a lungo celata al resto del gruppo, ma si costrinse a mordersi la lingua: c'erano questioni più urgenti da sbrigare.
Come la richiesta irragionevole di Kurama, che le chiese di tagliarsi la gola. Così, secco.
Il Takeshi alla colonna sentì un sudore freddo scendergli giù per la colonna vertebrale, ma l'altro Suzaku non fu da meno. Non gli piaceva neanche un po', quel volto dolce e quel corpo apparentemente debole e malfermo accoppiato a quel monito così sanguinario. Dietro la trappola dell'innocenza si nascondeva il loro destino, il motivo per il quale si trovavano lì. Ma quale fosse questo motivo, ancora era un mistero.
Il Takeshi armato si limitò a mettere mano alla katana, in attesa di uno siluppo che lo avesse aiutato a chiarire. D'altro canto il biondo immobilizzato cominciava a sentirsi irrequieto e, dopo aver deglutito, chiese titubante
"Ma... se non volessimo giocare? Dov'è l'uscita di questo posto?"
 
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79 replies since 6/5/2018, 21:43   2833 views
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