Cominciava ad abituarsi a quella condizione: il suo passo era diventato un poco più saldo, la sua andatura meno incerta. Purtroppo però sembrava che la sua vista non volesse saperne di adattarsi all'oscurità, continuando a lasciarlo privo di uno dei sensi più importanti. Per sua fortuna, l'udito era stato più magnanimo, continuando a fornirgli i suoi servizi, collaborando con il tatto per seguire quello strano vento intermittente che aveva ispirato il suo cammino.
Spero solo di non star facendo un enorme cazzata. Le parole gli uscirono di bocca prima ancora di passare per il cervello, cercando di arrivare ad un udienza che, a quanto ne sapeva, non esisteva.
Ma non poteva farsi scudo neanche di quella piccola certezza: già due volte era stato raggiunto da un curioso rombo, nato da chissà dove alle sue spalle; con un po' di fantasia, avrebbe potuto immaginare che qualcuno gli stesse parlando, ma il ragazzo voleva continuare a sperare di essere solo in quel buio sovrannaturale, dato che l'alternativa poteva essere potenzialmente peggiore.
Meglio la solitudine al dubbio di avere qualcuno alle calcagna -
Magari qualcosa che ci vede meglio di me in questo buio maledetto.Inutile dire che, da allora, il suo passo si era fatto un poco più veloce.
La sua cieca ricerca si interruppe all'improvviso quando il ragazzo si sentì pervadere da una sensazione insolita. Non era sicuro di come descriverla, ma riusciva a capire che qualcosa era cambiato nella zona a lui circostante: non aveva toccato alcuna parete da quando era li, quindi non avrebbe potuto dirlo con certezza, però poteva avvertire di trovarsi in uno spazio più ampio.
Un altro passo in avanti ed il ragazzo capì il perché di quella sensazione: anziché incontrare la stessa superficie solida che aveva sostenuto il suo cammino, i suoi sandali sprofondarono in una sostanza decisamente più familiare.
Sabbia.
L'associazione fu immediata: come poteva essere altrimenti, per un abitante di Suna?
A dirla tutta, ora che il freddo che lo aveva accolto in quel luogo si era smorzato -
Non me ne ero neanche accorto. - ad Hideo sembrava quasi di poter sentire il sole mattutino scaldargli la pelle, come se si trovasse di nuovo nel suo deserto natio. Il ricordo della sua terra natale gli portò un filo di conforto, un brandello di normalità in quel luogo trapuntato di incertezze.
Prima che potesse desiderare che la luce accompagnasse le familiari sensazioni che stava provando, un lampo intenso gli riempì la vista, colorandola di bianco. Istintivamente si coprì gli occhi, cercando di schermarli da quel bagliore improvviso e doloroso.
Barcollò di qualche passo all'indietro, cercando inconsciamente di allontanarsi da quella fonte di luce, solo per incontrare la ripida inclinazione della pietra dietro di lui; fu per puro caso (o almeno così sembrò a lui) che, scivolando giù da quella stessa inclinazione, Haiko non lo travolse. Si voltò ad osservare qualunque cosa avesse sollevato la sabbia che gli aveva improvvisamente inondato la schiena, giusto in tempo per accorgersi, ora che i suoi occhi stavano cominciando a tollerare nuovamente la luce, dell'immenso portone di pietra che aveva appena sigillato l'ingresso a quella distesa di sabbia.
Qualcosa mi dice che questo non è un buon segno.Lo stava facendo di nuovo, stava pensando a voce alta, doveva essere decisamente colpa dello stress.
Almeno stavolta c'è qualcuno ad ascoltarmi.Non ebbe neanche il tempo di assicurarsi delle condizioni della ragazza ora al suo fianco prima che la sua attenzione venisse completamente canalizzata dal ruggito assordante che aveva appena riempito quella enorme stanza.
Oh no, oh no. Spero solo che sia l'eco di questo maledetto posto che gioca brutti scherzi. - La sua voce, appena un sussurro, in confronto al verso assordante di qualunque cosa avesse fatto di quell'area la sua tana.
Una tana, perché qualunque cosa abiti qui, dubito sia umana -
...O ben intenzionata. E ancora una volta quel vizio con cui stava ancora venendo a termini tradì la sua paura.
La terra iniziò a tremare, animata da quel suono orribile la sabbia a smuoversi in maniera innaturale, solo la familiarità del ragazzo con il deserto gli consentì, a stento, di mantenersi in equilibrio sulle mutevoli sabbie. Senza che un filo di vento le animasse, le dune dorate si muovevano strisciando su se stesse, convogliandosi al centro di quella piazza ovale, dove una figura ricurva ed imponente stava emergendo dal sottosuolo. Anche se i dettagli più minuti furono offuscati dalla distanza, ad Hideo non fu difficile capire che le dimensioni della creatura, sufficientemente grande da poter svettare sopra molti palazzi del suo paese.
Alla vista di quella creatura, nata dalla sabbia e di essa padrone, Hideo non poté fare a meno di pensare a qualcosa che gli era stato detto non troppo tempo fa:
I Draghi sono Draghi proprio perché gli uomini non possono nulla contro di loro.Qui, ci sono i Draghi.Doveva sembrare pazzo alla ragazza, ammattito dalla paura: da quando si erano riuniti, il ragazzo non aveva fatto altro che sputare fuori frasi apparentemente senza senso. E forse era vero, forse la paura gli aveva offuscato la mente ed ora il Genin era ridotto a blaterare cose senza senso.
Ma quando la creatura, con un secondo, bestiale ruggito, cominciò a spingersi verso di loro in preda ad un ira che Hideo non provò neanche a comprendere, il ragazzo si trovò più preparato di quanto non si sarebbe aspettato. La mano dominante scivolò rapida ed istintiva nella sacca dell'argilla, di cui il ragazzo non si era neanche curato di confermare la presenza da quando si era risvegliato. Ingurgitata una grossa quantità d'argilla, la bocca sul suo palmo iniziò il duro lavoro d'impasto. Si trattava di qualcosa su cui si era esercitato più volte assieme a Ryu, ma di cui, a differenza delle sue creazioni più minute, non aveva mai fatto uso in missione.
Quale momento migliore, se non in una situazione di vita o di morte?Con quel delicato processo affidato ad una delle sue bocche, il Genin ripassò rapidamente le sue opzioni per evitare la carica che non aveva fatto altro che farsi più vicina. Non che avesse poi tante opzioni, l'unica cosa che poteva fare era scappare, il suo chakra non gli permetteva ancora di controllare alcun tipo di elemento che potesse frapporre una barriera tra di loro.
E qualcosa mi fa pensare che un muro non basterebbe a fermarlo.Venuto a patti con la mancanza di opzioni, Hideo decise di sfruttare quel piccolo vantaggio che gli dava la familiarità con il terreno di combattimento, sperando disperatamente che potesse eguagliare quella della creatura che la sabbia era in grado di controllarla. Una speranza vana, ovviamente, ma aveva bisogno di aggrapparsi ad ogni barlume di positività.
Approfittando al massimo del poco tempo a disposizione, il ragazzo si rivolse alla sua compagna, e con la voce più ferma che quella situazione gli permetteva, la istruì su un piano che lui stesso stava ancora finendo di formulare.
Corri nella direzione opposta, e cerca di non farti notare.Riproducendo sigilli ormai impressi nella memoria, il Genin disperse una grande quantità di chakra, per poi dargli forma affinché creasse due copie di se, che lo avrebbero assistito nella seconda parte del suo piano: correre.
Con tutta la forza che aveva lentamente recuperato, il ragazzo cominciò a correre, tenendosi vicino alla parete che delimitava quell'arena. Seppure quella potesse apparire come una semplice e disperata fuga, si trattava in realtà di una delle tecniche segrete del villaggio, una tecnica che in quel momento rendeva Hideo grato di aver seguito con attenzione qualche lezione del loro maestro di Taijutsu. Accentuando quanto bastava il movimento delle gambe e occasionalmente zigzagando nel suo percorso, il Genin sperava di sollevare un polverone abbastanza appariscente da confondere la sua presenza con quella dei cloni, guadagnandosi così un po' di tempo per finire di plasmare l'argilla nella sua bocca.
Forza, andiamo, ancora un po', maledette zampe, perché siete così complicate?Ora, non restava altro che attirare l'attenzione di quel mostro. Utilizzando la mano ancora libera, Hideo racimolò un altro po' di argilla, appallottolandola rapidamente prima di iniziare a modellarla. In decisamente meno tempo di quanto gliene sarebbe servito per completare l'altro suo progetto, il ragazzo rilasciò in volo una mezza dozzina di piccoli uccellini, programmati dal suo chakra per volare in direzione della creatura ed esplodergli addosso.
Non si illudeva di infliggergli qualsiasi forma di danno fisico, ma sperava di causare abbastanza fastidio da attirare su di se tutta la sua rabbia, lasciando tempo alla ragazza di pensare a qualcosa.
Sperando che le venga in mente qualcosa di meglio di farsi inseguire da un mostro grande quanto un palazzo.