| || Continua da Qui || Tenebra. Un mare denso e palpabile di nero inchiostro. Stava dappertutto. Fuori, attorno a lui, in ogni direzione, ma soprattutto dentro. Negli occhi, nei polmoni, nella gola, nella mente. Una sensazione strana, quasi come di piacevole pace per qualcuno che era abituato a pensare fin troppo. Era come se tutto stesse volando via, inghiottito da quel nero pece. Divorato lentamente, come il fuoco avrebbe potuto fare con una fotografia. Il suo nome, la sua famiglia, i suoi amici, il suo lavoro, i suoi obiettivi, le sue promesse, tutto piano piano veniva consumato, coperto da quella coltre di nulla assoluto. La sua stessa esistenza stava svanendo in quel corposo mare di china, mentre scendeva sempre più giù, lontano dalla superficie ogni secondo di più, senza poter fare nulla per reagire. Senza poter fare nulla per impedirlo. Ma in fondo perché avrebbe dovuto? Se non aveva più un nome, né un passato, né un presente e tanto meno un futuro, perché mai avrebbe avuto bisogno di opporsi a quella lenta discesa? Era quasi gradevole crogiolarsi in quell’illusorio dondolio vuoto, quasi bello poter pensare di alleggerirsi completamente dei pesi della vita, delle delusioni, delle responsabilità, dei segni che inesorabilmente un’esistenza lasciava incisi addosso, laddove nessuno poteva vedere, laddove solo pochi riuscivano ad arrivare. Ma appunto…“Quasi”. In realtà il procedere di quell’inchiostro faceva male. Quando tentava di cancellare alcune cicatrici, alcuni volti, alcuni eventi, faceva dannatamente male. Come usare carta vetrata sulla carne viva. Come essere lacerati fisicamente, perché quelle cose e quelle persone erano talmente radicate in lui da essere difficili da cancellare con così tanta facilità, senza lasciare danni. Avrebbe voluto gridare, urlare forte di lasciarlo stare, di non toccare quelle memorie e quei legami, ma l’inchiostro lo soffocava. Avrebbe voluto muoversi, nuotare verso l’alto dove pensava fosse l’uscita di quella polla d’ombra, ma la pressione lo schiacciava impedendogli qualsiasi azione. Non poteva fare nulla, solo attendere impotente che tutto gli venisse strappato via, anche quelle che ormai erano solo immagini sfocate. E piangere lacrime che quell’inchiostro avido avrebbe divorato ugualmente al resto. Fu allora che una vibrazione scosse tutto, rompendo quell’ovattato silenzio in cui era stato rinchiuso. Un battito. L’inchiostro sobbalzò impaurito, si scosse quasi fosse senziente e avesse capito di essere in pericolo. Un altro battito. Il corpo del ragazzo riprese coscienza di sé. Il sangue tornò a irrorare i tessuti, combattendo quel gelo che da prima lo avvolgeva. Mosse un dito, poi la mano, piegò il gomito, un ginocchio e quel mare sussultò di nuovo, iniziando a perdere densità. L’opacità di quella china prese a farsi sempre più scostante, ritraendo le proprie grinfie da Yu, da ciò che aveva divorato, da ciò che aveva rubato. Da denso e scuro inchiostro, lentamente quel mare andò via via schiarendosi, ripulendosi, rivelandosi lentamente flutto dopo flutto, fino a diventare pura e limpida acqua cristallina. L’aria però mancava ancora e, ben presto, i polmoni del ragazzo si ribellarono, minacciando di collassare. A quel punto, un altro battito. La coscienza lo agguantò prepotente, facendogli spalancare gli occhi di scatto e tirare un lungo respiro secco, come se fosse appena riemerso da una lunga apnea. Aveva la gola secca e i sensi ancora ovattati, adombrati, come se avesse del cotone a otturargli gli orecchi e davanti agli occhi delle lenti inadatte alle sue diottrie. Un po’ come se fosse ancora nel dormiveglia piuttosto che essersi svegliato del tutto, come se quell’improvviso destarsi fosse stato troppo rapido perché il suo corpo seguisse unanime l’ordine emanato dalla mente. Mugugnò, infastidito da quel cerchio alla testa pressante, strizzando gli occhi per cercare di schiarire meglio la vista, sbadigliando per fare in modo che gli orecchi si stappassero del tutto, iniziando a muoversi lentamente per interrogare il proprio corpo sullo stato in cui versava. I muscoli sembravano reattivi; intorpiditi, ma reattivi. Riusciva a muovere le gambe, le braccia, il collo…non era proprio in formissima, si sentiva stranamente pesante, spossato, ma, mano a mano che passavano i minuti, quella sensazione migliorava, come anche il cerchio alla testa iniziò a dissolversi, dandogli modo di rendersi conto di essere in un luogo che non conosceva - di sicuro non sul proprio letto - e di essere completamente nudo. Realizzato questo, si alzò a sedere di scatto, forse temendo d’essersi ubriacato ed addormentato in un qualche vicolo del ghetto del villaggio facendosi ripulire dalla testa ai piedi, prima che le ultime immagini di quanto accaduto ad Ishi no Kuni iniziassero a riaffiorare nella sua mente, una dopo l’altra nella loro ineluttabile fatalità. Taisei e Kyo Dan che si bisticciavano l’attenzione e la fedeltà degli Shinobi con argomentazioni futili. Le Bestie che sfondavano la barriera. Il chakra che lasciava il suo corpo per confluire in una specie di fiore maligno richiamato da Kataritsuen e poi quell’abominevole statua animata…e i serpenti spettrali che aveva vomitato su di loro. Ricordava bene la sensazione che aveva avuto. Quella fredda e razionale consapevolezza che sarebbero morti tutti…così contraria ed opposta alle sue ultime gesta, istintive, irrazionali. Il grido di resistenza di un essere umano pronto ad afferrare anche un filo di ragnatela pur di uscire dall’inferno. Ci aveva provato. Ci aveva provato a salvarsi e a salvare Takumi ch’era vicino a lui, ma non sapeva come fosse andata a finire effettivamente. Non che fosse difficile immaginarlo. Anche se, a dirla tutta, non gli sembrava di essere poi così morto. Avvertiva il pulsare regolare del proprio cuore procedere all’unisono con quel battito costante che tutto sembrava definire in quel luogo sconosciuto, illuminato a sprazzi ritmici di luce rossastra. Yu li fissò diversi istanti percorrere le pareti della stanza dal soffitto, lungo le pareti fino al pavimento, ma fu solo quando quel lucore andò ad impattare impalpabile su altri corpi, nudi come il suo, che Yu tornò definitivamente coi piedi per terra.
Era nudo. Probabilmente vivo. Le sue armi erano sparite. E c’erano altre persone, nude anche loro. Un brutto bruttissimo presentimento si impadronì di lui. Come se fino a quel momento essere totalmente privo di tutto ciò che solitamente lo aiutava a combattere non fosse stato un problema, come lo fosse diventato solamente ora che iniziava a prendere coscienza di non essere davvero morto come credeva. Si mise in ginocchio, tastando il terreno nervosamente, aspettando sistematicamente i battiti e la luce scarlatta per far saettare rapidamente gli occhi in giro nella vana speranza di intravedere qualcosa oltre ai corpi degli altri. Kenmaki e il suo Hakanai però non si trovavano da nessuna parte…tanto meno il Tesoro dei Rospi. Come minimo, se non era morto per colpa di quei serpentoni, ci si sarebbero messi ‘Kichi, ‘Tatsu e Naminè in comunità a farlo, era poco ma sicuro! Come cazzo aveva fatto a farsi ciulare tutto?
KUSO!
Sbattè il pugno chiuso a terra, facendosi discretamente male, ma senza rompersi nulla. Frustrato, non tanto dalla nudità, quanto piuttosto d’essere rimasto senza le sue armi. Per quanto fosse una cosa idiota, si sentiva dannatamente scoperto senza il suo Hakanai e in quanto a Kenmaki…beh, per quanto non fosse un asso con le armi da combattimento corpo a corpo, era confortante avere dell’acciaio con sé. Non sapeva nemmeno spiegarselo bene…di fatto non era come suo padre lui, non era mai stato come suo padre, tuttavia non riusciva a stare senza quell’ombrello di lame per quanto in battaglia lo usasse di rado. E ora che non lo aveva a portata se ne rendeva conto più che mai: proprio come il contenitore in bambù e il soffietto che gli permetteva di creare le sue bolle, era parte di lui ed esserne privato lo rendeva inquieto. Tornò a sedersi infastidito, cercando di concentrarsi su qualcos’altro, di raccapezzarsi, ma di unire i pezzi non c’era proprio modo. Mancava un puzzle intero tra il momento in cui erano nel piazzale a quello in cui si era risvegliato in quello strano posto pulsante, cercare di fare chiarezza lo rendeva solo più indisponente ed irritabile. Così, incitato dai primi movimenti degli altri presenti, cercò di capire chi fossero. Amici? Nemici? Persone che conosceva? Attese i battiti di luce per usare gli occhi in quella penombra screziata di rosso intermittente, favorendosi col naso…che l’avrebbe sicuramente aiutato a riconoscere eventuali odori già sentiti in precedenza. Di fatto, riconobbe diverse persone. In tutto ne individuò cinque oltre a sé stesso.
Urako, il Mizukage, lo Squalo, uno che non conosco, Shitsuki…il suo odore è un po’ cambiato, ma è lei di sicuro e poi c’è anche…Takumi. Non fece nemmeno in tempo a fare tutto il giro di pensieri che avrebbe dovuto. Chiedersi perché lui fosse lì dato che lo aveva malamente scostato, darsi dell’idiota per aver anche solo sperato di averlo salvato da qualunque cosa stesse succedendo in quel luogo, visto che tanto erano tutti condannati e razionalmente lui lo aveva capito nell’esatto istante in cui quella statua aveva iniziato a rigettare serpenti spettrali ovunque, e poi pensare egoisticamente che in fin dei conti non gli dispiaceva che Takumi fosse lì. No. Non fece in tempo a fare nessuno di questi collegamenti, prima che si sentisse stringere in un abbraccio forte che lo colse totalmente di sorpresa, lasciandolo lì per lì basito, quasi pietrificato prima che l’odore della persona che lo cingeva non gli arrivasse direttamente alle narici. Takumi?!
Oi! Iniziò a districarsi dall’abbraccio. Oi, mollami, Takumi! Liberò un braccio, poi l’altro e spinse con ben poca grazia sul petto del più grande. Mollami ho detto! Finalmente libero da quella stretta improvvisa, inaspettata, insensata - ai suoi occhi - oltre che imbarazzante fuori di misura, il Rosso era già bello che incazzato. Ma che cazzo t’è preso, eh?!
Peccato che il castano non avesse intenzione di risparmiargli nulla. Prima di qualsiasi risposta esauriente, Yu si vide mollare un pugno in testa, di nocca, che lo fece istantaneamente imprecare e portare le mani alla parte lesa, mentre tornava seduto dopo essersi sbilanciato in avanti nell’intento di allontanare Takumi che gli si era accollato addosso a piovra. Ma che cazzo aveva quel cretino? Doveva essersi svegliato con le idee alquanto confuse se prima lo abbracciava e poi lo picchiava, questo era poco ma sicuro…più confuse del solito, quanto meno. Ah, ma se sperava di cavarsela, si sbagliava di grosso. Ma che cazzo aveva in testa quando aveva provato a salvare quel deficiente? Marciume di sicuro. Delirio pre morte. Altrimenti non si spiegava. Se era incazzato? Era furioso. Tra questo e l’assenza di armi e qualsivoglia vestito, il Rosso era cotto a puntino per scattare come una belva inferocita e Takumi non fece altro che peggiorare le cose. Ancora prima che Yu potesse dire “a”, quello se ne partì per una trafila che sul momento il Chunin non comprese e nemmeno aveva voglia di sforzarsi a comprendere. Lo vedeva che Takumi era incazzato e agitato come una vipera, oh lo vedeva bene, ma quelle parole…cazzo se lo fecero arrabbiare. Lui aveva provato a salvargli il culo e quello gli dava del baka? Ma stiamo scherzando? E poi che era quell’isteria ossessiva compulsiva? Ah ma se si aspettava che se ne sarebbe stato zitto e buono a subirsi tutta quella ramanzina immeritata, si sbagliava di grosso. Che Yu fosse incazzato era già ben chiaro da diversi fattori: la mascella tesa mentre stringeva i denti, i pugni chiusi stretti tanto forti da farsi male, gli occhi minacciosi e taglienti come lame. Tutti dettagli piuttosto evidenti che non fecero che peggiorare parola dopo parola del più grande fino al punto di rottura.
Tamare. Un sibilo, seguito dall’inevitabile. TAMARE! Gli tappò la bocca con una mano, afferrandogli il viso e facendosi vicino a muso duro, inviperito come non mai, cieco di rabbia a quel messaggio tra le righe - e neanche troppo - che lo sfogo dell’amico avrebbe dovuto comunicargli E sarei io il baka?! Sputò, intriso di fiele. Razza di coglione, giuro che la prossima volta ti lascio cr…! Fu un colpo di fortuna che proprio in quel momento uno degli altri “destati”, lo Squalo per l’esattezza, passasse di là chiedendo se qualcuno avesse visto la sua spada, con fare notevolmente agitato. Il suo intervento, inconsapevole e provvidenziale, fu abbastanza per far svampare il peggio dell’arrabbiatura di Yu che voltò lo sguardo nella direzione dello Spadaccino, mollando la presa sul viso del castano preferendo sfogarsi con l’ironia che con parole che, se ne rendeva conto, non pensava veramente. Nessuna spada qui. Solo uno Shinobi in crisi esistenziale.
E dicendo quelle ultime parole, non attese nemmeno che Kanada levasse le tende, prima di scoccare un’occhiata eloquente e bruciante a Takumi che, cogliendo probabilmente l’occasione di allontanarsi ora che era libero, si fece leggermente più distante. Sembrava essere un po’ più lucido di poco prima, tant’è che mostrò un palese imbarazzo seguito da delle scuse stringate, dopo le quali cadde un silenzio ingombrante. Fu solo dopo alcuni istanti in cui evidentemente Takumi cercò di riprendere il controllo di sé che la voce del più grande si fece ancora sentire. Gli diede ancora del baka ma, questa volta, vuoi per il tono, vuoi per i modi, Yu ne venne infastidito meno. Ma non per questo lasciò perdere.
Scusa sai, se ho provato a salvare il culo a entrambi. Disse con un mezzo muso e un’aria piccata. Non gli avrebbe fatto cambiare idea su quel punto: aveva fatto la cosa giusta, per quanto fosse stata pressoché irrilevante di fronte all’enormità di quanto successo. Tentare, provare, non era mai la cosa sbagliata. Ma tranquillo, la prossima volta eviterò di pensare a uno che tiene alla propria vita tanto quanto a un pelo del suo scroto. Si alzò in piedi, ormai stare seduto su quelle mattonelle stava iniziando a fargli diventare il culo quadrato e poi Shitsuki stava sclerando poco più in là…di sicuro a breve si sarebbero svegliati un po’ tutti. Ripensò a quello che aveva detto, osservando i presenti al passare della luce rossa che coincideva col battito costantemente presente di quel luogo pulsante, e sbuffò una mezza risata. Pff…che poi non è servito proprio a nulla, se sei qui anche tu. E poi eccolo finalmente quel messaggio nascosto - ma nemmeno tanto - che prima la rabbia non gli aveva permesso di vedere: Takumi si era solo preoccupato per lui. Era piacevole, da un certo punto di vista…anche se, a suo modo di vedere, il più grande aveva dei seri problemi ad esprimersi.
“Non farmi più prendere certi infarti” dice lui, come se potessi promettere una cosa del genere.
No, in effetti era contro il suo modo di fare, promettere cose che non sapeva se sarebbe stato in grado di mantenere…figuriamoci quelle che era sicuro non fossero minimamente fattibili! Glissò su quell’affermazione, lasciando correre, senza dire nulla, senza promettere nulla, concentrandosi sull’altra metà del discorso del castano, più leggera, fatta con quel sorrisino che lo contraddistingueva e atta a spezzare definitivamente la tensione che si era creata. Sarcasmo. Alla fine non era stato Takumi a decidere di finire lì, come non lo aveva deciso nessun’altro di loro probabilmente…ed erano solamente un nulla dell’esercito che il Mizukage si era portato appresso fino nel Paese della Pietra. Chissà tutti gli altri che fine avevano fatto. Chissà Kai che fine aveva fatto. Scosse la testa per scacciare l’immagine del fratello, non era il caso di concentrarsi su di lui adesso.
Beh, siamo in buona compagnia direi. Disse per rispondere a Takumi, un modo come un altro per confermare d’aver sotterrato definitivamente l’ascia di guerra. E la strada mi pare ovvia.
In fondo in quella stanza non c’era nulla se non quella scalinata con una porta scura in cima. Nera come l’inchiostro, tanto che quelle pulsazioni di luce sembravano venire inghiottite dalla sua superfice. Apparentemente quella era l’unica via. Leggermente obbligata, abbastanza da poterla temere, come quell’intero posto. Chissà dove diavolo erano finiti esattamente…Nella statua? Altrove? Quel posto sembrava fin troppo ampio per poter essere contenuto in quella bambola animata di cattivo gusto. Per quanto fosse stata grande, sembrava impossibile potesse contenere quel luogo, quindi doveva essere da un’altra parte, no? Boh, forse. Non era detto e, a dirla tutta, non aveva nemmeno troppa importanza. In quel momento non era rilevante capire la ragione o il dove, era importante trovare l’uscita e per farlo c’era bisogno che fossero tutti assieme. Quindi, quando la voce di Shitsuki riverberò in quell’antro chiedendo di farsi sentire, Yu si fece avanti per sé stesso, Takumi e quel tipo che si era rivolto al castano chiedendo dove fossero. Non lo conosceva personalmente, però quel viso segnato dalle cicatrici gli ricordava un Chunin del villaggio…ne aveva sentito parlare. Di cognome faceva qualcosa come…Shimizu? No, forse era Suzuki o Suzaku, non ricordava.
Qui siamo in tre! Rispose quindi alla ragazza, inquadrandola chiaramente per la prima volta, iniziando a notare delle strane protuberanze sulla sua testa. E sono sicuro di aver visto anche lo Squalo aggirarsi qui intorno. Fu a quel punto che uno di quei battiti mise in luce in maniera evidente un paio di corna sul capo della ragazza, una coda appuntita che partiva poco sopra i glutei - su cui Yu indugiò qualche istante con un certo interesse - e una serie di strani segni tribali che le segnavano la pelle. Era più che certo che quando si erano conosciuti in quella missione all’orfanotrofio, non avesse avuto nulla di tutto ciò. Era una canaglia, questo si. Una canaglia con una lunga falce a tre lame, ma non aveva né corna, né coda, né segni. Che fosse un effetto collaterale di quel luogo? Se sì, perché solo lei? L’unico modo era chiedere spiegazioni direttamente all’interessata…Di conseguenza, Yu si fece avanti, cercando di essere il più neutro possibile nel porre la domanda che avrebbe dovuto saziare la sua curiosità. Scusa Shitsuki, ma sbaglio o l’altra volta non eri così? Fece, per poi provare a spiegarsi, indicando la propria testa mimando la forma delle corna di lei. Insomma è una nuova moda di voi donne o devo pensare che sia uno strano effetto di questo posto?
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