[Fase IV] - Eidolon, gaeshi(1o pg) - Bloodyrose(2o pg) - Steve - Lucifergirl(1o pg) - Egeria(1o pg) - (!) - Crystal

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view post Posted on 6/5/2018, 21:43
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Mhh... mhhhh..

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*Battito, tamburo ancestrale. Di vita, marcia, sentimento, luce e calore. Uno con i loro, forte abbastanza da superare la corrente del destino, da strappare le loro anime al fiume lucente che aveva lasciato indietro i corpi. Con esso rinvennero i sensi, cristallizzarsi dello spirito, quindi, lentamente, coscienza, diga della psiche.
Come animali tratti nel recinto dalla mano del pastore, i ninja della Nebbia si sarebbero destati nel disorientamento, nel dubbio... ma nella sicurezza del proprio senno. Erano loro, tra loro, nonostante tutto, e presto si sarebbero riconosciuti l'un l'altro. In tutto questo il battito proseguiva, eterno e costante, spandendo il proprio eco ed il proprio lume nello spazio. Definiva corpi, volti, forma e sostanza, scorrendo rosso sulle pareti e trovando nel loro petto una cassa di risonanza. Ogni palpitazione vi depositava una goccia di calore, acqua nel deserto per i loro corpi neonati.
Nel chiaroscuro della grande stanza in cui si risvegliarono, dipinti d'ombra e cremisi ad ogni ondata di luce, i ninja si sarebbero accorti di non avere più alcuno dei loro possedimenti terreni. Premuti contro i mattoni tiepidi del pavimento, avrebbero avvertito immediatamente di essere nudi, inermi, privati di armi e protezioni. Se davvero i Kami avevano deciso di concedere loro una seconda opportunità, l'avevano fatto ridonandoli al mondo così come vi erano arrivati per la prima volta.
Non appena si fossero ripresi, avrebbero notato una scalinata di fronte a loro, ed oltre, in una pietra tanto nera da assorbire quasi ogni ascesso di luce, una porta a doppia anta.*


GDROFF///Ebbene si. Vi hanno rubato il costume mentre eravate in doccia, e adesso?
Dovrei farvi tutta la ramanzina riguardo le scadenze, ma sappiamo tutti bene che dovrei farla prima a me stesso... perciò sarò breve: avete fino al 13; se non potete, fatemelo sapere per tempo. Le regole sono nel topic specifiche.

Sapendo questo, prendetevi il tempo che vi serve per pensare, scrivere, farmi domande. Tenete presente infine che niente di tutto ciò risparmierà i vostri personaggi da quanto affronteranno in questa role.///GDRON
 
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view post Posted on 6/5/2018, 22:20
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Artificial Flower's Lullaby

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4IYHNxM

Si risvegliò dopo non sapeva bene quanto tempo. Viva, era viva: su questo non aveva mai avuto dubbi, sapeva che Jashin l'avrebbe protetta, ma il punto era... Cosa ne era stato di lei?
Sentiva freddo, e una sensazione strana sulla pelle. Capì in fretta che era un'assenza, quella di vestiti, armi, e...

«NO NO NO!!!»

Si alzò in piedi urlando, guardandosi attorno e tastando le mattonelle, ma invano.

«NO! FIGLI DI PUTTANA VI AMMAZZO! RIDATEMI LA MIA FALCE!»

Gli occhi azzurri pulsavano di energia e la coda sferzava l'aria rabbiosa. Non vedeva Chinuri da nessuna parte, e senza di essa si sentiva realmente nuda. L'essere senza vestiti era un problema da poco: gli abiti non le servivano, la sua arma sì.

Nella rabbia velata di angoscia si rese conto di non essere sola... E che tutti erano messi esattamente come lei: senza abiti, senza armi, senza niente. Distintivi, Spade, tutto era stato lasciato al di là del... Qualsiasi cosa li aveva inghiottiti.

Imbarazzo? Non percepito.
Scazzo? Visibilissimo sul volto, nei pugni che si chiudevano rabbiosi, nella coda che si agitava e negli occhi che saettavano da un punto all'altro.
Quasi non riconobbe chi aveva con lei, se non dopo qualche secondo di aggiustamento.

«Urako!»
Fece un passo verso di lei, mentre con la coda dell'occhio riconosceva la chioma rossa di Yu, quel ragazzo con cui aveva eseguito una missione da Genin, nell'orfanotrofio. E quello poco lontano...

"Ah. Pure il Mizukage? Proprio vero che se togli fregi e orpelli, gli umani sono tutti uguali..."

Il suo ego da semidea non aveva certo bisogno di quella scena per essere alimentato. In mezzo a tanti ragazzi, ben piazzati e atletici chi più chi meno, lei con i suoi marchi sacri, le corna e la coda si sentiva superiore. Come poteva non esserlo? Loro erano semplici esseri umani, lei una Figlia di Jashin.

Peccato che fossero tutti infognati lì, indipendentemente da chi fossero i loro genitori.

«Ohi, gente! Chi non è morto batta un colpo!»

Non percepiva odori strani, rumori che non fossero i loro respiri, e non vedeva niente se non quella scalinata. La strada le pareva ovvia, ma si rendeva conto che andare in gruppo, forse, avrebbe aumentato le sue possibilità di uscire da lì.

gaEo3EO


 
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view post Posted on 8/5/2018, 23:04
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|| Continua da Qui ||

Tenebra. Un mare denso e palpabile di nero inchiostro. Stava dappertutto. Fuori, attorno a lui, in ogni direzione, ma soprattutto dentro. Negli occhi, nei polmoni, nella gola, nella mente. Una sensazione strana, quasi come di piacevole pace per qualcuno che era abituato a pensare fin troppo. Era come se tutto stesse volando via, inghiottito da quel nero pece. Divorato lentamente, come il fuoco avrebbe potuto fare con una fotografia. Il suo nome, la sua famiglia, i suoi amici, il suo lavoro, i suoi obiettivi, le sue promesse, tutto piano piano veniva consumato, coperto da quella coltre di nulla assoluto. La sua stessa esistenza stava svanendo in quel corposo mare di china, mentre scendeva sempre più giù, lontano dalla superficie ogni secondo di più, senza poter fare nulla per reagire. Senza poter fare nulla per impedirlo. Ma in fondo perché avrebbe dovuto? Se non aveva più un nome, né un passato, né un presente e tanto meno un futuro, perché mai avrebbe avuto bisogno di opporsi a quella lenta discesa? Era quasi gradevole crogiolarsi in quell’illusorio dondolio vuoto, quasi bello poter pensare di alleggerirsi completamente dei pesi della vita, delle delusioni, delle responsabilità, dei segni che inesorabilmente un’esistenza lasciava incisi addosso, laddove nessuno poteva vedere, laddove solo pochi riuscivano ad arrivare. Ma appunto…“Quasi”. In realtà il procedere di quell’inchiostro faceva male. Quando tentava di cancellare alcune cicatrici, alcuni volti, alcuni eventi, faceva dannatamente male. Come usare carta vetrata sulla carne viva. Come essere lacerati fisicamente, perché quelle cose e quelle persone erano talmente radicate in lui da essere difficili da cancellare con così tanta facilità, senza lasciare danni. Avrebbe voluto gridare, urlare forte di lasciarlo stare, di non toccare quelle memorie e quei legami, ma l’inchiostro lo soffocava. Avrebbe voluto muoversi, nuotare verso l’alto dove pensava fosse l’uscita di quella polla d’ombra, ma la pressione lo schiacciava impedendogli qualsiasi azione. Non poteva fare nulla, solo attendere impotente che tutto gli venisse strappato via, anche quelle che ormai erano solo immagini sfocate. E piangere lacrime che quell’inchiostro avido avrebbe divorato ugualmente al resto.
Fu allora che una vibrazione scosse tutto, rompendo quell’ovattato silenzio in cui era stato rinchiuso. Un battito. L’inchiostro sobbalzò impaurito, si scosse quasi fosse senziente e avesse capito di essere in pericolo. Un altro battito. Il corpo del ragazzo riprese coscienza di sé. Il sangue tornò a irrorare i tessuti, combattendo quel gelo che da prima lo avvolgeva. Mosse un dito, poi la mano, piegò il gomito, un ginocchio e quel mare sussultò di nuovo, iniziando a perdere densità. L’opacità di quella china prese a farsi sempre più scostante, ritraendo le proprie grinfie da Yu, da ciò che aveva divorato, da ciò che aveva rubato. Da denso e scuro inchiostro, lentamente quel mare andò via via schiarendosi, ripulendosi, rivelandosi lentamente flutto dopo flutto, fino a diventare pura e limpida acqua cristallina. L’aria però mancava ancora e, ben presto, i polmoni del ragazzo si ribellarono, minacciando di collassare. A quel punto, un altro battito.


La coscienza lo agguantò prepotente, facendogli spalancare gli occhi di scatto e tirare un lungo respiro secco, come se fosse appena riemerso da una lunga apnea. Aveva la gola secca e i sensi ancora ovattati, adombrati, come se avesse del cotone a otturargli gli orecchi e davanti agli occhi delle lenti inadatte alle sue diottrie. Un po’ come se fosse ancora nel dormiveglia piuttosto che essersi svegliato del tutto, come se quell’improvviso destarsi fosse stato troppo rapido perché il suo corpo seguisse unanime l’ordine emanato dalla mente. Mugugnò, infastidito da quel cerchio alla testa pressante, strizzando gli occhi per cercare di schiarire meglio la vista, sbadigliando per fare in modo che gli orecchi si stappassero del tutto, iniziando a muoversi lentamente per interrogare il proprio corpo sullo stato in cui versava. I muscoli sembravano reattivi; intorpiditi, ma reattivi. Riusciva a muovere le gambe, le braccia, il collo…non era proprio in formissima, si sentiva stranamente pesante, spossato, ma, mano a mano che passavano i minuti, quella sensazione migliorava, come anche il cerchio alla testa iniziò a dissolversi, dandogli modo di rendersi conto di essere in un luogo che non conosceva - di sicuro non sul proprio letto - e di essere completamente nudo. Realizzato questo, si alzò a sedere di scatto, forse temendo d’essersi ubriacato ed addormentato in un qualche vicolo del ghetto del villaggio facendosi ripulire dalla testa ai piedi, prima che le ultime immagini di quanto accaduto ad Ishi no Kuni iniziassero a riaffiorare nella sua mente, una dopo l’altra nella loro ineluttabile fatalità. Taisei e Kyo Dan che si bisticciavano l’attenzione e la fedeltà degli Shinobi con argomentazioni futili. Le Bestie che sfondavano la barriera. Il chakra che lasciava il suo corpo per confluire in una specie di fiore maligno richiamato da Kataritsuen e poi quell’abominevole statua animata…e i serpenti spettrali che aveva vomitato su di loro. Ricordava bene la sensazione che aveva avuto. Quella fredda e razionale consapevolezza che sarebbero morti tutti…così contraria ed opposta alle sue ultime gesta, istintive, irrazionali. Il grido di resistenza di un essere umano pronto ad afferrare anche un filo di ragnatela pur di uscire dall’inferno.
Ci aveva provato. Ci aveva provato a salvarsi e a salvare Takumi ch’era vicino a lui, ma non sapeva come fosse andata a finire effettivamente. Non che fosse difficile immaginarlo. Anche se, a dirla tutta, non gli sembrava di essere poi così morto. Avvertiva il pulsare regolare del proprio cuore procedere all’unisono con quel battito costante che tutto sembrava definire in quel luogo sconosciuto, illuminato a sprazzi ritmici di luce rossastra. Yu li fissò diversi istanti percorrere le pareti della stanza dal soffitto, lungo le pareti fino al pavimento, ma fu solo quando quel lucore andò ad impattare impalpabile su altri corpi, nudi come il suo, che Yu tornò definitivamente coi piedi per terra.

Era nudo. Probabilmente vivo. Le sue armi erano sparite. E c’erano altre persone, nude anche loro. Un brutto bruttissimo presentimento si impadronì di lui. Come se fino a quel momento essere totalmente privo di tutto ciò che solitamente lo aiutava a combattere non fosse stato un problema, come lo fosse diventato solamente ora che iniziava a prendere coscienza di non essere davvero morto come credeva. Si mise in ginocchio, tastando il terreno nervosamente, aspettando sistematicamente i battiti e la luce scarlatta per far saettare rapidamente gli occhi in giro nella vana speranza di intravedere qualcosa oltre ai corpi degli altri. Kenmaki e il suo Hakanai però non si trovavano da nessuna parte…tanto meno il Tesoro dei Rospi. Come minimo, se non era morto per colpa di quei serpentoni, ci si sarebbero messi ‘Kichi, ‘Tatsu e Naminè in comunità a farlo, era poco ma sicuro! Come cazzo aveva fatto a farsi ciulare tutto?


KUSO!

Sbattè il pugno chiuso a terra, facendosi discretamente male, ma senza rompersi nulla. Frustrato, non tanto dalla nudità, quanto piuttosto d’essere rimasto senza le sue armi. Per quanto fosse una cosa idiota, si sentiva dannatamente scoperto senza il suo Hakanai e in quanto a Kenmaki…beh, per quanto non fosse un asso con le armi da combattimento corpo a corpo, era confortante avere dell’acciaio con sé. Non sapeva nemmeno spiegarselo bene…di fatto non era come suo padre lui, non era mai stato come suo padre, tuttavia non riusciva a stare senza quell’ombrello di lame per quanto in battaglia lo usasse di rado. E ora che non lo aveva a portata se ne rendeva conto più che mai: proprio come il contenitore in bambù e il soffietto che gli permetteva di creare le sue bolle, era parte di lui ed esserne privato lo rendeva inquieto.
Tornò a sedersi infastidito, cercando di concentrarsi su qualcos’altro, di raccapezzarsi, ma di unire i pezzi non c’era proprio modo. Mancava un puzzle intero tra il momento in cui erano nel piazzale a quello in cui si era risvegliato in quello strano posto pulsante, cercare di fare chiarezza lo rendeva solo più indisponente ed irritabile. Così, incitato dai primi movimenti degli altri presenti, cercò di capire chi fossero. Amici? Nemici? Persone che conosceva? Attese i battiti di luce per usare gli occhi in quella penombra screziata di rosso intermittente, favorendosi col naso…che l’avrebbe sicuramente aiutato a riconoscere eventuali odori già sentiti in precedenza. Di fatto, riconobbe diverse persone. In tutto ne individuò cinque oltre a sé stesso.


Urako, il Mizukage, lo Squalo, uno che non conosco, Shitsuki…il suo odore è un po’ cambiato, ma è lei di sicuro e poi c’è anche…Takumi. Non fece nemmeno in tempo a fare tutto il giro di pensieri che avrebbe dovuto. Chiedersi perché lui fosse lì dato che lo aveva malamente scostato, darsi dell’idiota per aver anche solo sperato di averlo salvato da qualunque cosa stesse succedendo in quel luogo, visto che tanto erano tutti condannati e razionalmente lui lo aveva capito nell’esatto istante in cui quella statua aveva iniziato a rigettare serpenti spettrali ovunque, e poi pensare egoisticamente che in fin dei conti non gli dispiaceva che Takumi fosse lì. No. Non fece in tempo a fare nessuno di questi collegamenti, prima che si sentisse stringere in un abbraccio forte che lo colse totalmente di sorpresa, lasciandolo lì per lì basito, quasi pietrificato prima che l’odore della persona che lo cingeva non gli arrivasse direttamente alle narici. Takumi?!

Oi! Iniziò a districarsi dall’abbraccio. Oi, mollami, Takumi! Liberò un braccio, poi l’altro e spinse con ben poca grazia sul petto del più grande. Mollami ho detto! Finalmente libero da quella stretta improvvisa, inaspettata, insensata - ai suoi occhi - oltre che imbarazzante fuori di misura, il Rosso era già bello che incazzato. Ma che cazzo t’è preso, eh?!

Peccato che il castano non avesse intenzione di risparmiargli nulla. Prima di qualsiasi risposta esauriente, Yu si vide mollare un pugno in testa, di nocca, che lo fece istantaneamente imprecare e portare le mani alla parte lesa, mentre tornava seduto dopo essersi sbilanciato in avanti nell’intento di allontanare Takumi che gli si era accollato addosso a piovra. Ma che cazzo aveva quel cretino? Doveva essersi svegliato con le idee alquanto confuse se prima lo abbracciava e poi lo picchiava, questo era poco ma sicuro…più confuse del solito, quanto meno. Ah, ma se sperava di cavarsela, si sbagliava di grosso. Ma che cazzo aveva in testa quando aveva provato a salvare quel deficiente? Marciume di sicuro. Delirio pre morte. Altrimenti non si spiegava. Se era incazzato? Era furioso. Tra questo e l’assenza di armi e qualsivoglia vestito, il Rosso era cotto a puntino per scattare come una belva inferocita e Takumi non fece altro che peggiorare le cose. Ancora prima che Yu potesse dire “a”, quello se ne partì per una trafila che sul momento il Chunin non comprese e nemmeno aveva voglia di sforzarsi a comprendere. Lo vedeva che Takumi era incazzato e agitato come una vipera, oh lo vedeva bene, ma quelle parole…cazzo se lo fecero arrabbiare. Lui aveva provato a salvargli il culo e quello gli dava del baka? Ma stiamo scherzando? E poi che era quell’isteria ossessiva compulsiva? Ah ma se si aspettava che se ne sarebbe stato zitto e buono a subirsi tutta quella ramanzina immeritata, si sbagliava di grosso. Che Yu fosse incazzato era già ben chiaro da diversi fattori: la mascella tesa mentre stringeva i denti, i pugni chiusi stretti tanto forti da farsi male, gli occhi minacciosi e taglienti come lame. Tutti dettagli piuttosto evidenti che non fecero che peggiorare parola dopo parola del più grande fino al punto di rottura.

Tamare. Un sibilo, seguito dall’inevitabile. TAMARE! Gli tappò la bocca con una mano, afferrandogli il viso e facendosi vicino a muso duro, inviperito come non mai, cieco di rabbia a quel messaggio tra le righe - e neanche troppo - che lo sfogo dell’amico avrebbe dovuto comunicargli E sarei io il baka?! Sputò, intriso di fiele. Razza di coglione, giuro che la prossima volta ti lascio cr…! Fu un colpo di fortuna che proprio in quel momento uno degli altri “destati”, lo Squalo per l’esattezza, passasse di là chiedendo se qualcuno avesse visto la sua spada, con fare notevolmente agitato. Il suo intervento, inconsapevole e provvidenziale, fu abbastanza per far svampare il peggio dell’arrabbiatura di Yu che voltò lo sguardo nella direzione dello Spadaccino, mollando la presa sul viso del castano preferendo sfogarsi con l’ironia che con parole che, se ne rendeva conto, non pensava veramente. Nessuna spada qui. Solo uno Shinobi in crisi esistenziale.

E dicendo quelle ultime parole, non attese nemmeno che Kanada levasse le tende, prima di scoccare un’occhiata eloquente e bruciante a Takumi che, cogliendo probabilmente l’occasione di allontanarsi ora che era libero, si fece leggermente più distante. Sembrava essere un po’ più lucido di poco prima, tant’è che mostrò un palese imbarazzo seguito da delle scuse stringate, dopo le quali cadde un silenzio ingombrante. Fu solo dopo alcuni istanti in cui evidentemente Takumi cercò di riprendere il controllo di sé che la voce del più grande si fece ancora sentire. Gli diede ancora del baka ma, questa volta, vuoi per il tono, vuoi per i modi, Yu ne venne infastidito meno. Ma non per questo lasciò perdere.

Scusa sai, se ho provato a salvare il culo a entrambi. Disse con un mezzo muso e un’aria piccata. Non gli avrebbe fatto cambiare idea su quel punto: aveva fatto la cosa giusta, per quanto fosse stata pressoché irrilevante di fronte all’enormità di quanto successo. Tentare, provare, non era mai la cosa sbagliata. Ma tranquillo, la prossima volta eviterò di pensare a uno che tiene alla propria vita tanto quanto a un pelo del suo scroto. Si alzò in piedi, ormai stare seduto su quelle mattonelle stava iniziando a fargli diventare il culo quadrato e poi Shitsuki stava sclerando poco più in là…di sicuro a breve si sarebbero svegliati un po’ tutti. Ripensò a quello che aveva detto, osservando i presenti al passare della luce rossa che coincideva col battito costantemente presente di quel luogo pulsante, e sbuffò una mezza risata. Pff…che poi non è servito proprio a nulla, se sei qui anche tu. E poi eccolo finalmente quel messaggio nascosto - ma nemmeno tanto - che prima la rabbia non gli aveva permesso di vedere: Takumi si era solo preoccupato per lui. Era piacevole, da un certo punto di vista…anche se, a suo modo di vedere, il più grande aveva dei seri problemi ad esprimersi.

“Non farmi più prendere certi infarti” dice lui, come se potessi promettere una cosa del genere.

No, in effetti era contro il suo modo di fare, promettere cose che non sapeva se sarebbe stato in grado di mantenere…figuriamoci quelle che era sicuro non fossero minimamente fattibili! Glissò su quell’affermazione, lasciando correre, senza dire nulla, senza promettere nulla, concentrandosi sull’altra metà del discorso del castano, più leggera, fatta con quel sorrisino che lo contraddistingueva e atta a spezzare definitivamente la tensione che si era creata. Sarcasmo. Alla fine non era stato Takumi a decidere di finire lì, come non lo aveva deciso nessun’altro di loro probabilmente…ed erano solamente un nulla dell’esercito che il Mizukage si era portato appresso fino nel Paese della Pietra. Chissà tutti gli altri che fine avevano fatto. Chissà Kai che fine aveva fatto. Scosse la testa per scacciare l’immagine del fratello, non era il caso di concentrarsi su di lui adesso.

Beh, siamo in buona compagnia direi. Disse per rispondere a Takumi, un modo come un altro per confermare d’aver sotterrato definitivamente l’ascia di guerra. E la strada mi pare ovvia.

In fondo in quella stanza non c’era nulla se non quella scalinata con una porta scura in cima. Nera come l’inchiostro, tanto che quelle pulsazioni di luce sembravano venire inghiottite dalla sua superfice. Apparentemente quella era l’unica via. Leggermente obbligata, abbastanza da poterla temere, come quell’intero posto. Chissà dove diavolo erano finiti esattamente…Nella statua? Altrove? Quel posto sembrava fin troppo ampio per poter essere contenuto in quella bambola animata di cattivo gusto. Per quanto fosse stata grande, sembrava impossibile potesse contenere quel luogo, quindi doveva essere da un’altra parte, no? Boh, forse. Non era detto e, a dirla tutta, non aveva nemmeno troppa importanza. In quel momento non era rilevante capire la ragione o il dove, era importante trovare l’uscita e per farlo c’era bisogno che fossero tutti assieme. Quindi, quando la voce di Shitsuki riverberò in quell’antro chiedendo di farsi sentire, Yu si fece avanti per sé stesso, Takumi e quel tipo che si era rivolto al castano chiedendo dove fossero. Non lo conosceva personalmente, però quel viso segnato dalle cicatrici gli ricordava un Chunin del villaggio…ne aveva sentito parlare. Di cognome faceva qualcosa come…Shimizu? No, forse era Suzuki o Suzaku, non ricordava.

Qui siamo in tre! Rispose quindi alla ragazza, inquadrandola chiaramente per la prima volta, iniziando a notare delle strane protuberanze sulla sua testa. E sono sicuro di aver visto anche lo Squalo aggirarsi qui intorno. Fu a quel punto che uno di quei battiti mise in luce in maniera evidente un paio di corna sul capo della ragazza, una coda appuntita che partiva poco sopra i glutei - su cui Yu indugiò qualche istante con un certo interesse - e una serie di strani segni tribali che le segnavano la pelle. Era più che certo che quando si erano conosciuti in quella missione all’orfanotrofio, non avesse avuto nulla di tutto ciò. Era una canaglia, questo si. Una canaglia con una lunga falce a tre lame, ma non aveva né corna, né coda, né segni. Che fosse un effetto collaterale di quel luogo? Se sì, perché solo lei? L’unico modo era chiedere spiegazioni direttamente all’interessata…Di conseguenza, Yu si fece avanti, cercando di essere il più neutro possibile nel porre la domanda che avrebbe dovuto saziare la sua curiosità. Scusa Shitsuki, ma sbaglio o l’altra volta non eri così? Fece, per poi provare a spiegarsi, indicando la propria testa mimando la forma delle corna di lei. Insomma è una nuova moda di voi donne o devo pensare che sia uno strano effetto di questo posto?

 
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view post Posted on 9/5/2018, 15:14
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Into the Gedo, Gennaio 249 DN


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Un velo cupo dinanzi ai suoi occhi; era vivo. Non aveva alcuna reminiscenza di ciò che era accaduto dinanzi a quell'infima creatura... L'ultimo ricordo che poteva rimembrare riguardava la sua mente che si stava annebbiando, relegandolo in un meandro statico della stessa. Percepì qualcosa, inizialmente, pervenire al suo udito; un rumore iterato, un tonfo cadenzato nel suo petto. Lo sentiva chiaramente, come se nient'altro lo potesse turbare e destare da quella stasi in cui era immerso. Le iridi diamantine si rivelarono, sebbene fosse soggetto ad un'apparente cataratta, le palpebre diedero loro l'opportunità di avvedersi della realtà vigente. Inizialmente i sensi erano ancora intontiti e l'unica sensazione persistente era quella di una briosa brezza lambirgli il derma. Deglutì, faticosamente, per poi portarsi lentamente la mano destra all'altezza del volto; fu la prima cosa di cui si accorse. Prima di perdere i sensi e di divenire un obiettivo innocuo aveva legato l'elsa delle Sogliole al palmo della mano, ma... era sparita. Non si perse d'animo, la cosa più rilevante al momento era che fosse ancora in vita. Non si auspicava un finale del genere dato che le sue speranze di sopravvivere erano per lo più legate all'indulgenza da parte di quella creatura o verso chiunque fosse rimasto ancora in vita dopo quei serpenti chakrati. Si vessò il collo, deviando la chioma argentea sulla spalla destra; non impiegò parecchio tempo prima di accorgersi di essere completamente sprovvisto di indumenti. Nudo. Vedeva chiaramente i due tatuaggi impressi sul petto; tempo immemore era trascorso da quei momenti... Uno era il Kanji con cui era stato marchiato durante l'esame per divenire Genin, recante un significato che lo avrebbe accompagnato per tutta la vita: morte. L'altro invece, era ancora più gravoso, poiché gli rimembrava quanto non fosse stato perspicace per comprendere i fallaci desideri decantati da Watashi. Era stato così stupido che quel ricordo continuava a inficiare sul suo animo, affliggendolo. Deriva da quella situazione l'odio recondito covato per chi palesa devozione per delle divinità ultraterrene non aventi alcuna trasposizione fisica nel mondo terreno. Secondo l'Efebico non vi era alcuna possibilità, nemmeno per estrema ipotesi, che potessero sussistere delle entità capaci di modificare a proprio piacimento le sorti e il destino dei ninja, o delle persone in generale.

Si issò in piedi, facendo non poca fatica data la destabilizzazione fisica in cui verteva, per osservare il loco dove si trovasse. In un primo momento non diede molta importanza al fatto che fosse nudo; optò per carpire quale fosse la situazione in atto. Orientò lo sguardo nell'ambiente in cui era circoscritto per dare un senso a tutto quello che stava accadendo. Già solo il fatto d'essere vivo lo fece ponderare; era vero? reale? Che potesse essere solamente il frutto di un'illusione? In verità avrebbe potuto appurarsene incidendo una ferita sul suo corpo, ma scartò celermente tale congettura in quanto riteneva il potere di quella creatura troppo intenso per poter essere debellato in una maniera così subdola. Era troppo facile. Lo aveva fatto prostrare dinanzi a sé senza nemmeno attaccarlo direttamente, ma usufruendo di serpenti evanescenti che, probabilmente, avevano assorbito tutto il suo chakra. Forse questa poteva essere validata come motivazione a quel suo stato di incoscienza, ma in tale caso non poteva comprendere il perché della sua sopravvivenza. Niente da fare, sebbene tentasse di rivelarne il segreto. Fu in quel momento che le sue iridi si adagiarono sui corpi, altrettanto nudi, di alcuni personaggi ivi presenti.

Privi di ogni cosa, così come lui. Privi di vestiario, di armamenti, di qualsiasi cosa avessero prima dell'incoscienza. Eh, ma... C'erano delle donne. Non che non avesse una cultura a riguardo, ma effettivamente mai aveva avuto l'opportunità di contemplarne la beltà nuda e cruda. Riconobbe alcuni di loro, incontrati già in precedenza, dopo aver abituato le pupille alla penombra cremisi, come il collega Spadaccino, la Jashinista e Urako. Quest'ultima l'aveva conosciuta quando ancora era un chuunin e stava elaborando una strategia per destituire Hogo. Era in una locanda dell'isola natia di Ki Momochi; la ricordava chiaramente. Gli altri, invece, poteva accostarli alle figure presenti nei molteplici fascicoli di cui si prendeva cura ogni giorno per ovviare alle problematiche burocratiche che gli competono. Certamente non poteva conoscerne il nome; erano troppi gli Shinobi per essere informato sulla loro identità. Era inconfutabile, però, che appartenessero al villaggio di Kiri, almeno su quello era sicuro. Shitsuki, invece, non poteva destare alcuna perplessità; le corna che gli aveva mostrato durante il ricevimento nello studio erano identiche, sebbene le vedesse leggermente sfumate data la condizione dell'ambiente in cui erano stati "radunati".

Per qualche secondo rimase impietrito; diciamo che era sì il Mizukage, ma non si era mai avvalso della sua posizione per portare acqua al proprio mulino. Cioè? Era ancora vergine. Eh si, purtroppo. Per di più non aveva mai visto dal vivo gli organi genitali femminili e il seno, ovviamente. Tralasciando tale digressione alquanto ininfluente, non diede adito alle conversazioni che i suoi commensalistavano avendo. Non gliene importava un granché, dato che la sua maggiore preoccupazione riguardava l'assenza delle Hiramekarei. Anche lo Squalo aveva subito la stessa sorte, e fu alquanto bizzarra la richiesta rivolta ai presenti, ovvero se avessero visto la Samehada. Ovviamente no, erano tutti dannatamente nudi, non di certo potevano infilarsela in un qualche orifizio per celarla ai suoi occhi solo per diletto. Oltre al lato ironico della situazione, anche l'Efebico aveva subito le medesime conseguenze emotive scaturite dall'allontanamento dalle fedeli Hiramekarei. Mai si era trovato in loro assenza; anche durante il coma esse erano state legate al suo braccio sebbene ciò implicasse una convalescenza maggiore, dato che assorbivano parte del suo chakra indirettamente.

Non poteva farsi logorare dalle emozioni negative; le avrebbe ritrovate, prima o poi, ora doveva risolvere il problema incombente. Quale? Doveva trovare una via d'uscita. L'unica scelta plausibile era da riporre nella porta che si trovava dopo una scalinata. Essa pareva palpitare, come se fosse viva, assimilando i fragori di luce che ivi si riflettevano, trasfigurandoli in oscurità. Quella peculiarità non lo rassicurava particolarmente, denotandone un eventuale pericolosità. Ma cos'altro erano in grado di fare? Non potevano fare nulla se non provare ad intraprendere quella via. L'Efebico salì la scalinata con passo cadenzato, quasi volesse avere la massima accuratezza nel verificare l'innocuità della stessa. Era meglio non tralasciare alcun dettaglio, essere minuziosi e non sottovalutare il posto ignoto in cui si trovavano. Vi si avvicinò, cercando di captare un qualsiasi rumore provenisse dall'altra parte. Apparentemente nulla, nessun suono sinistro, nulla che potesse fuorviarlo dal suo obiettivo. Forse non era in grado di recepirli dato che le pulsazioni rendevano meno efficienti i suoi sensi. Cercò, anche, di individuare degli spifferi dai quali avrebbe potuto osservare cosa vi fosse, ma tutto risultò vano.

Volse le spalle alla porta per ritornare dagli Shinobi che attendevano, probabilmente, un'ordine da parte del Mizukage.

- Shinobi, non so dove ci troviamo né cosa sia successo dopo aver perso i sensi e quasi tutto il nostro chakra. Non credo sia l'effetto di una Genjutsu, sarebbe qualcosa che va al di là di qualsiasi potere. L'unica cosa che possiamo fare è aprire quella porta e vedere cosa ci aspetta...

Non poté fare a meno di osservare, con la coda dell'occhio, le curve dei corpi femminili che lo attorniavano mentre proferiva parola. E' un maschio, dopotutto. Rinvenne dallo stato ormonale in cui stava per essere intrappolato, per comunicare ai suoi sottoposti l'azione successiva che non avrebbe implicato un loro diretto coinvolgimento.

- Userò un mio clone per aprire la porta. State pronti per qualsiasi cosa dovesse uscirne. Non possiamo sottovalutare nulla.

Concluse, componendo gli jutsu per la tecnica della moltiplicazione superiore del Corpo. Ne evocò uno, onde evitare di consumare ulteriormente le esigue risorse di chakra che aveva a disposizione. L'intenzione era quella di usufruirne per aprire la porta e non rischiare direttamente la vita qualora avessero incontrato una creatura similare a quella immensa della piazza.



CITAZIONE
<abilità/attivazione> - **Sensi migliorati** - [Stm: -2] [Liv 5: 14/20] "I ninja sviluppano i loro sensi per localizzare pericoli e nemici i agguato, ma ogni individuo possiede un senso che è naturalmente superiore agli altri. Può essere qualcosa di semplice come la vista, oppure più particolare, come il tatto o l'udito. Ogni senso ha le sue caratteristiche che comprendono sia svantaggi che vantaggi, ma ognuno è stato dato un solo dono da Madre Natura o dal duro allenamento.

Udito:
le orecchie del ninja captano il respiro e perfino il battito cardiaco del nemico, rendendo per lui uno scherzo udire i discorsi altrui anche da lontano. Questo, tuttavia rende sensibili i suoi timpani e quindi subisce +1PF dalle ferite all'Udito. Al Lv.0 l'abilità permette di percepire vagamente il mondo circostante tramite un meccanismo simile all'ecolocazione, ma con raggio pari ad 1/10 del normale."

Liv 5: 200 m di raggio

<attivazione> - Moltiplicazione Superiore del Corpo - (Chk: 50 x copia) “L'utilizzatore si concentra e componendo un unico sigillo forma delle copie non-illusorie che potranno agire in turno proprio composto solo da una azione , oppure sprecandone una dell’originale. Se colpite svaniscono. Le copie hanno statistiche pari ad 1/3 [arrotondato per difetto] dell’originale [Tranne la Slt che non la possiedono], Possono usare tutte le sue jutsu e le tecniche, i cui bonus saranno ridotti ad 1/3 della tecnica reale.”
 
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view post Posted on 9/5/2018, 16:37
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Gli attimi sfuggenti che separano sonno e veglia, sogno e realtà, cullati da una pulsazione calda, morbida, regolare... rassicurante. Ad ogni palpito una nuova sensazione di tepore, che stempera la leggera carezza del freddo che le sfiora il dorso, le gambe e tutte le membra lasciate esposte dalla sua posizione fetale – non che riesca ancora ad averne piena coscienza. Sente... freschino, come quando fai la doccia d'estate e ti appisoli con la finestra aperta, combattendo nel dormiveglia, con ostinata pigrizia, la necessità di ripararti dalle correnti d'aria.
Qualsiasi cosa fosse accaduta prima è lontana, sfuocata: può anche averla solo immaginata, per quanto la riguarda.
Almeno, finché Shitsuki non si mette a urlare.

“Nnnngh...”
Le palpebre sono così pesanti.
Si sente così stanca.

«NO! FIGLI DI PUTTANA VI AMMAZZO!»

“.... nnnh.... nani... ??”
Biascica faticosamente o forse non biascica affatto, non riesce a capirlo, gli occhi socchiusi che iniziano a carpire i bagliori cremisi, la mente insonnolita che associa senza una fretta particolare le ondate di tepore allo stimolo visivo ed a quello uditivo.

«RIDATEMI LA MIA FALCE!»


Shitsuki è tanto arrabbiata.
No, non è un motivo valido per provare a tirarsi in piedi – sì, ha realizzato di essere sdraiata per terra, la pelle premuta contro le mattonelle tiepide di qualche posto scuro che si illumina in maniera ritmica.

La pelle che percepisce con precisione estrema le variazioni di temperatura della superficie contro cui è premuta, l'andare e venire delle ondate di calore.
La pelle incollata alle mattonelle, senza nulla che la separi da esse, anche in punti normalmente coperti, che ora sente curiosamente... all'aria?
La pelle nuda, insomma.

«Urako!»

A quel punto apre gli occhi del tutto e...

… e...


….............e ….................


…......................................................e no. Era meglio restare svenuta.


Ingoia tutti i “nani”, i “nandato”, i “che accidenti succede”, i “cosa è questa storia”, gli “è indecente”, gli “Shitsuki copriti si vede tuttoooooo” e gli “Yu, sei uno svergognato, girati”, perché là è praticamente strapieno di uomini completamente nudi, dalla testa ai piedi, per non parlare delle tette di Shitsuki che sembrano anche più grosse del solito – sorvolando sulle corna - ed ogni pulsazione scopre nuovi affascinanti scorci anatomici in movimento senza lasciare il minimo beneficio del dubbio QUINDI, come in tutte le situazioni che non ha la minima idea di come gestire, non le resta che applicare la prima regola dello Yaka-manuale delle Situazioni Scabrose.
Imboccare l'uscita di emergenza.
Effettuare una ritirata strategica.
E visto che scappare no, non può scappare da nessuna parte, l'unica alternativa è infilarsi in un angolino: buona buona, in silenzio, in un tacito e reciproco patto di non-esistenza, il più lontano possibile da tutti gli altri esseri umani, sia mai che a qualcuno venga in mente di passarle vicino e sfiorarla in qualche maniera.
Io fingo di non vedere voi, voi fingete di non vedere me e stiamo tutti tranquilli e sereni.
Situazione scabrosa schivata, no?
Che è un patto farlocco visto che quelli non possono effettivamente vederla, né probabilmente si sforzeranno di farlo, visto il caos che sta scoppiando tra chi litiga e si prende a pugni e chi scorrazza in giro cercando le armi perdute, sventolando in giro cose in maniera decisamente poco pudica.

Magari, quando si toglierà le mani dagli occhi, qualcuno avrà magicamente trovato i loro vestiti e potranno iniziare a parlare civilmente di come uscire di lì.


Die Frau ohne Schatten

La donna senza ombra – le impalpabili molecole atmosferiche circondano Urako come fanno con ciascun essere vivente: ciò che le distingue da quelle ordinarie è la sottile ma persistente carica di chakra che le pervade, grazie alla naturale traspirazione dell'epidermide della kunoichi.
In caso di necessità stringente l'adrenalina attiva il chakra in sospensione: interagendo con le particelle, esso le polarizza e le condiziona a vantaggio dell'utilizzatrice.

Acqua: le particelle vengono condizionate in modo da rifrangere la luce, replicando i colori caratteristici dell'ambiente circostante. L'effetto ottico è quello di una pellicola, che avvolgendo la kunoichi completamente la mimetizza alla perfezione.

Utilizzabile anche in movimento; non interferisce con le Abilità Sensitivo e Sensi Migliorati (Udito, Tatto, Olfatto) dell'avversario; individuabile tramite doujutsu oculari (si noterà una nuvola di chakra dalla forma grossolanamente umana).

 
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Tenebre. Avevano repentinamente preso il sopravvento sul suo mondo, su quella commedia dalle tinte macabre che stava tragicamente consumandosi nelle polverose rovine che, con discreta indifferenza, avevano accolto quelle che erano le sue ultime memorie. Erano state troppo rapide, per poterle contrastare. Non c'era più nulla da vedere, nessun'altra emozione da dover provare. Tutto finito. Solo freddo, ombre e rimorsi per una morte così squallida, per una vita sprecata, calpestata senza alcuna cura da coloro che avrebbero dovuto rendergli almeno un briciolo di quella cosa meravigliosa che era la felicità. Buffo. Aveva promesso a se stesso che non avrebbe raggiunto così presto quei maledetti dei suoi famigliari, che sarebbe sopravvissuto per far loro sfregio, per ottenere quei meriti che gli spettavano e riappropriarsi così dell'esistenza che per lungo tempo avevano cercato di piegare senza fare i conti con l'oste. E invece la sua fiamma s'era esaurita prima del previsto, soffocata senza diritto di replica dal manto oscuro degli ingordi shinigami.
Lentamente la coscienza fece ritorno, destandosi a ritmo della pulsione costante del suo cuore redivivo. Aveva la sensazione che battesse letteralmente nel suo cervello, per quanto profondi fossero quei tonfi. Stordito com'era, non facevano che confonderlo. Era come se si fosse appena svegliato da un improvviso svenimento, o da un trauma cranico. Per quanto tempo era rimasto in quello stato? Dove si trovava? Era morto? Domande che frullavano violentemente nella sua mente, legittime eppure così dannatamente scontate che, se avesse avuto forza a sufficienza e lucidità necessaria a comprendere quanto stava accadendo, si sarebbe dato dell'idiota. Aprire gli occhi fu un'operazione difficile tanto quanto mettere a fuoco il nulla che lo circondava. Era un luogo sconosciuto, cupo, delimitato da pareti come la pece che soltanto quel pulsare distante e assordante riusciva appena a irradiare di luce cremisi come il sangue. Un'atmosfera piuttosto romantica, per quanto macabra. Fece per sollevarsi e mettersi a sedere, governato dall'incertezza e da un maledetto mal di testa che pareva pressargli attorno all'arcata sopraccigliare. Pessimo inizio.


Cazzo che mal di testa..

Si sentiva come un panno sbattuto a destra e a manca, strizzato energicamente e gettato nell'armadietto sino a prossimo utilizzo. Fece per gettare indietro la testa, ponendo il gomito sinistro sul pavimento per sopportare il peso del busto e la destra sul viso, pressando la parte lesa come se del misero calore potesse in qualche modo risolvere la sua situazione disastrata. Quel continuo pulsare a cadenza regolare non aiutava poi. Era come un martello pneumatico che andava a stuzzicare li dove non avrebbe dovuto, scavando con insistenza. Certo che se era finito all'inferno, se cominciavano in quella maniera chissà cos'altro avrebbe dovuto sopportare. Le sensazioni erano troppo reali persino in quel mondo oscuro. Rimase per qualche minuto in quella posizione, cercando di rimettere assieme le idee, chiedendosi se effettivamente quello non fosse un qualche girone infernale in cui la sua anima era stata buttata per espiare in eterno tutti i peccati che aveva commesso nella sua breve vita, dal tradimento alla vendetta, dalle torture all'omicidio premeditato dei suoi stessi consanguinei. Cercando la forza dentro di sé e imprecando a denti stretti per quel dannato battito assordante che non faceva altro che peggiorare la situazione, fece per rimettersi in piedi, attento a non cedere ai capogiri. Sentendosi piuttosto leggero, fece per tastarsi addosso alla ricerca di qualcosa, ma non trovò altro che la sua pelle. Era completamente nudo, privato dei suoi vestiti, del suo arsenale, di tutto. Bene no? Man mano che riprendeva il controllo, il suo umore peggiorava.
Non era solo la dentro. Pensava seriamente di essere stato sbattuto in una sorta di inferno personale per figli di puttana a dire la verità, ma a quanto pareva si sbagliava di grosso. Per quel poco che il suo sguardo riusciva a captare a seguito della pulsione distante eppure dannatamente vicina, che pareva riverberare come un eco nel suo cuore e spandersi per tutta l'area, fu in grado di vedere delle silhouette. Fra queste ne riconobbe una, ovviamente, e tutti i ricordi di quanto successo poco prima di risvegliarsi in quel posto dimenticato dai Kami parvero investirlo come un'onda, infrangendosi violentemente contro i vuoti della sua mente.


Yūzora? Non c'erano dubbi a riguardo, per quanto fosse impossibile che anche lui fosse finito in un posto come quello. Non poteva che essere lui. Anche la voce coincideva con la sua, in quell'imprecazione che aveva udito poco prima che il rosso si mettesse a sedere. Pronunciò il suo nome in un sussurro, quasi con incertezza. Ricordava d'averlo visto morire con i suoi stessi occhi e di essere stato colpito a sua volta, cadendo vittima di quel gioco pericoloso ordito da quei maledetti del Taisei; un'immagine quella che era rimasta indelebile nelle sua mente e che l'aveva ferito più profondamente di quanto avesse immaginato. Vederlo muoversi e parlare era una sensazione che nemmeno lui sapeva descrivere appieno. Sentiva soltanto una sensazione di leggerezza al cuore, laddove la stretta aveva fatto un male cane. Non ci pensò mezza volta a fiondarsi verso di lui, incapace di trattenere quelle sensazioni strane, quasi allarmanti. Non capiva. Non voleva capire. Semplicemente, in quel preciso istante, aveva bisogno di esternare quello che aveva dentro, pur non sapendo esattamente come farlo.

Raggiuntolo, gli si pose di fronte, in ginocchio, e lo strinse fra le braccia in un gesto di geloso affetto che mal si addiceva al suo essere cinico e menefreghista, cogliendolo del tutto impreparato. Aveva bisogno di percepirlo, di toccarlo. Lo sentiva dimenarsi, cercare di divincolarsi da quell'abbraccio per cercare la libertà, implorarlo con veemenza di lasciarlo andare, ma non riusciva a mollarlo, non ancora. Saperlo vivo era meraviglioso, un qualcosa che non si sarebbe aspettato. Era un po' come aver ritrovato un qualcosa di perduto, di caro. Ma a quella felicità, a quella gioia intrinseca che non riusciva a convincerlo a staccarsi dal corpo dell'amico creduto morto, subentrò la collera. Aveva idea di quanto male gli avesse fatto vederlo nei suoi ultimi istanti? Ci aveva pensato a come si sarebbe sentito, se fosse sopravvissuto solo lui? No. Non aveva pensato. Aveva semplicemente agito, altruisticamente o egoisticamente che fosse, senza pensare alle conseguenze, né per se stesso né per lui.
Fu il rosso a distruggere quel contatto, divincolandosi in extremis da quell'abbraccio e allontanandolo con una furiosita incredulità. Per giunta. Voleva sapere cosa gli era preso? Non era forse evidente? Glie ne mollò uno proprio in testa, per fargliela pagare e altresì per sfogare in qualche modo tutta la frustrazione del momento. Non riusciva a capacitarsi di come non capisse quanta paura avesse provato all'idea di perderlo così, solo per cercare di salvargli il bel culetto bianco che si ritrovava.
Cosa cazzo t'è saltato in testa eh?! Hai la minima idea di cosa ho provato a vederti cadere come un sacco vuoto?! Nervoso, amareggiato, vomitò tutta la preoccupazione e il dolore provato in quei pochi istanti in un colpo solo, senza pensare, alzando un po' la voce. Uno sfogo in piena regola, quasi isterico avrebbe detto, se solo avesse potuto guardarsi. Mi si è fermato il cuore, razza di un baka che non sei altro! Ecco, l'aveva detto. Con la collera aveva a che farci da una vita, ma l'apprensione era una cosa nuova, un qualcosa che lo spaventava. E più si chiedeva cosa stesse facendo, cercando di riprendere le fila delle sue emozioni, più s'innervosiva. Era piombato in un pericolosissimo circolo vizioso, che solo un intervento esterno poteva fermare, o quanto meno placare.

Schiumante, il compagno reagì nella maniera più inaspettata. Si. Stupidamente - e soprattutto inconsapevolmente - il castano si aspettava un minimo di comprensione, ma a quanto pareva quel posto aveva altri programmi per lui. Gli inveì contro, intimandogli di tacere, alzando la voce e tappandogli la bocca con una stretta che gli fece male. D'istinto gli afferrò il polso, pronto a reagire e liberarsi da quella presa poco gentile, ma non appena incontrò il suo sguardo a pochi centimetri di distanza parve pietrificarsi sul posto. Risentimento, ostilità. Questo trasmisero quegli occhi chiarissimi, simili a una coppia di lame pronte ad affondare nella sua anima per lasciarla esanime in un lago di sangue. Otteneva solo questo a quanto pareva.


Smettila di guardarmi così..smettila!

Non faceva che peggiorare la situazione. Odiava quello sguardo iracondo, gli ricordava cose che avrebbe voluto dimenticare e faceva male. Un male insopportabile. Specie perché aveva imparato a tenere a colui che adesso stava inveendo contro di lui sputando fiele come una boccetta stracolma. L'intervento ignaro di quello che riconobbe dopo un paio di secondi come lo Squalo fu come un piccolo getto d'acqua su di un fuoco divampante: finalmente Yūzora fece per mollare la presa, definendolo un "shinobi in crisi", mentre lui continuava a guardarlo in cagnesco, massaggiandosi la mascella dolorante. Un silenzio imbarazzante piombò fra di loro, uno di quelli che generalmente è difficile da spezzare, che pesano. Si rese conto quindi di aver fatto qualcosa di sbagliato, di aver inveito per rimproverare un gesto che in realtà aveva apprezzato e di aver dato fiato alla bocca solo per liberarsi dalla frustrazione. Aveva dato libero sfogo a dei pensieri confusi, senza ragionare, senza porre filtri, mettendo a nudo sentimentalismi stupidi, pericolosi, e prendendosi il rinculo peggiore che avesse potuto immaginare. Si sentiva un cretino, ed era imbarazzato. Gomen.. Che altro poteva dire, dopotutto? Oramai la frittata l'aveva fatta e non si poteva tornare indietro, ma era sinceramente dispiaciuto. Non voleva scatenare quello che aveva scatenato e probabilmente adesso il rosso l'avrebbe odiato come chiunque altro. Ottimo risultato, davvero. Una persona a cui teneva aveva appena dimostrato di tenere a lui e per tutta risposta gli aveva dato dell'idiota per quel suo maledetto egoismo, senza nemmeno un ringraziamento. Solo non farmi più prendere certi infarti, baka. hai una parola da mantenere. Aggiunse, dopo una pausa che gli parve eterna. Era un coglione, e il rosso ovviamente non si fece mancare l'opportunità di rinfacciarglielo, affermando che la prossima volta avrebbe evitato di cercare di salvarlo se teneva così poco alla sua vita. Non aveva capito un accidenti. Poi uno non gli doveva dire che era un baka.

Non è questo. Sospirò, cercando di mantenere quel poco di calma che era riuscito a racimolare. Non si sentiva a suo agio, si sentiva fuori luogo, quasi indesiderato. Una sensazione stupida e insensata, che esorcizzò cercando di spiegarsi. Ti sono grato per aver pensato di salvarmi il culo, davvero.. ma non farmi più prendere certi infarti. Era proprio quello il fulcro della faccenda, anche se espresso in maniera decisamente poco chiara come al solito. Era incapace di parlare direttamente, di ammettere qualcosa che lo facesse apparire come fragile o che mostrasse una sua debolezza. "Mi sono preoccupato per te.", o ancora "Ho avuto paura di perderti per sempre." erano espressioni veritiere che la sua stessa mente rifiutava di accettare. Dopotutto lui era solo un emerito stronzo e quello che doveva fare il rosso era "non fargli prendere infarti". E poi è meglio qui che altrove. Soggiunse, cercando di passare sopra al momento per allentare la tensione al meglio che poteva, nonostante tutto. Fece per alzarsi da terra. Pensi che ti avrei lasciato qui da solo, anche fosse? Tsé, illuso.. E sorrise, di quel sorrisino irriverente che lo contraddistingueva, enigmatico, che voleva dire tutto e nulla. Era ferito, aveva un pessimo umore, ma non l'avrebbe dato a vedere; aveva già fatto abbastanza.

A quel punto si aggiunse un nuovo figuro a quel teatrino di confessioni, arrabbiature e riappacificazioni improbabili. Si avvicinò alquanto confuso - come lo erano tutti, dal risveglio in quel luogo dalla luce cremisi, claustrofobico - e chiede proprio a lui se sapesse dov'erano finiti. Davvero? Gli sembrava uno che sapeva qualcosa? Volse lo sguardo smeraldino su di lui, guardandolo con sufficienza, infastidito.
Mi sono appena svegliato, ho avuto un confronto piuttosto acceso appena adesso e sono nudo come un verme. Credi davvero che io sappia dove diavolo siamo? Un po' acido, ma se l'era pure un po' cercata. Non ci voleva chissà cosa a capire che erano tutti nella stessa situazione, dopotutto.. bastava guardare quell'esaltata urlante alla quale il rosso si era avvicinato, indicando la loro presenza. Lo seguì con lo sguardo e stette attento e in silenzio, osservando di tanto in tanto la donna-demone con più insistenza. Bella era bellissima, ma cavolo se avrebbe voluto tapparle la bocca. Cosa diamine urlava a fare? Sospirò. L'unica cosa praticamente certa è che quella porta li in cima è l'unica via d'uscita che abbiamo, e che questo pulsare incessante proviene da oltre quest'ultima. Proruppe, continuando il discorso lasciato in sospeso con quel ragazzo dalla capigliatura chiara e le cicatrici sul volto che ingenuamente si era avvicinato per chiedere. Chissà, forse siamo tutti morti e questo è l'inferno. Sorrise, sarcastico. Morto o meno non sarebbe rimasto con le mani in mano e praticamente l'unica cosa che potevano fare era oltrepassare la porta in cima alle scale, sperare di ritrovare il loro equipaggiamento - o in alternativa un qualcosa di utile - e tornare a casa sperando sempre di non incappare in qualche demone. Il Mizukage pareva essere dello stesso avviso, e per precauzione compose i jutsu per creare un perfetto clone di sé. Sarebbe stato quest'ultimo ad aprire la porta. Dal canto suo, il castano non poté che attendere paziente, incrociando le braccia al petto e tenendo d'occhio tanto il superiore quanto il compagno, ancora accanto a quella bomba sexy che pareva attrarre come le calamite gli sguardi dei maschi presenti. E lui non era da meno. Dopotutto, gli occhi sono fatti per guardare.



<abilità/attivazione> - Sensi Migliorati - [Stm: -2] [Liv 2: 41/50]
"I ninja sviluppano i loro sensi per localizzare pericoli e nemici i agguato, ma ogni individuo possiede un senso che è naturalmente superiore agli altri. Può essere qualcosa di semplice come la vista, oppure più particolare, come il tatto o l'udito. Ogni senso ha le sue caratteristiche che comprendono sia svantaggi che vantaggi, ma ognuno è stato dato un solo dono da Madre Natura o dal duro allenamento.
[Si dovrà mantenere in scheda solo uno dei seguenti Sensi]

Udito: le orecchie del ninja captano il respiro e perfino il battito cardiaco del nemico, rendendo per lui uno scherzo udire i discorsi altrui anche da lontano. Questo, tuttavia rende sensibili i suoi timpani e quindi subisce +1PF dalle ferite all'Udito. Al Lv.0 l'abilità permette di percepire vagamente il mondo circostante tramite un meccanismo simile all'ecolocazione, ma con raggio pari ad 1/10 del normale."

Liv 2: 500 m di raggio
 
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view post Posted on 11/5/2018, 19:11

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Il buio la faceva da padrone e sembrava avvolgere ogni cosa fra le proprie spire nere come la pece, rendendo difficile riconoscere forme distinte al suo interno. Gli occhi s'aprirono lenti, accompagnati dal continuo rintocco che per diversi minuti lo aveva cullato in quel sonno indotto e di cui avrebbe volentieri continuato ad usufruire. Forse per la prima volta aveva spontaneamente rinunciato al caldo abbraccio di Morfeo per scoprire quel che stava accadendo. Fece leva sulle braccia, sedendosi, faticando più del dovuto per quella semplice azione. Era visibilmente spaesato e confuso e diverse immagini si affollavano nella sua mente, contorcendosi in un groviglio di pensieri senza capo ne coda. Gli occhi rividero le immagini di quell'armata vestita di cremisi farsi avanti oltre la barriera, gli eserciti messi sotto scacco dalle azioni del capo del Taisei ed infine quella enorme statua animata e furente. Quasi gli parve di percepire nuovamente il gelido tocco di quelle escrescenze di chakra che mestamente si erano dipanate dalla bocca del mostro. E solo in quel momento sembrò rinvenire definitivamente.

(Sono morto?!)

Domanda lecita e senza un'apparente risposta soddisfacente. Si pizzicò il volto per cercare di comprendere ma quel che ottenne fu semplicemente un doloroso rossore sulla guancia destra. Poteva sentire chiaramente la porosità della propria cute e persino il dolore ma ciò non era di certo abbastanza per poter avvalorare la tesi secondo la quale non fosse effettivamente defunto.
E fu allora che percepì il freddo. Una situazione straniante e che fino a qualche istante prima era stata poco più che un semplice sentore secondario, ora diveniva improvvisamente preponderante nella mente dello spadaccino. Toccò con fare curioso prima il petto, per poi passare alle braccia ed infine alle gambe. Fu strano constatare il fatto che fosse completamente nudo come un verme. E fu ancora più difficile comprendere che persino la sua fidata compagna era sparita.


Sammy, dove sei?!

Chiese a nessuno in particolare, con fare evidentemente sconsolato. Per troppo tempo era stato privato del possesso della sua spada e quella situazione diventava ogni volta più snervante. Persino il fatto di essere nudo era passato in secondo piano nello scoprire di quella mancanza. Era stato privato di parte del suo essere, in quanto guerriero e spadaccino. Senza quella spada era un semplice shinobi come tutti gli altri, senza la minima particolarità o tratto distintivo. Un signor qualunque.
Nel frattempo, in lontananza, qualcosa sembrò destarlo da quei pensieri funesti. Urla ed imprecazioni si perdevano in quell'anfratto illuminato ciclicamente dal quel battito costante che rendeva finalmente visibile quel che aveva attorno. Mettendosi finalmente in piedi si accorse di non essere solo in quella grande stanza e che pian piano diverse figure iniziavano ad assumere forma oltre le ombre. Le urla di disapprovazione venivano da poco lontano e sembravano appartenere a qualcuno che, come lui, s'era visto privato della propria arma. Una voce femminile a dirla tutta ma che di femminile, per le parole proferite, aveva ben poco. Cercò di acuire la vista per poter comprendere meglio le fattezze di quella presenza e quel che vide lo lasciò quasi senza fiato: due corna le spuntavano dal capo mentre una lunga coda sembrava muoversi autonomamente sferzando l'aria attorno a se. Ma soprattutto...


(Che tette!)

I suoi occhi vennero inevitabilmente calamitati da quelle due protuberanze. No, non le corna. Sarebbe rimasto li a guardarle per ore ma evidentemente aveva altro da fare.

(Non è vero...)

E invece io sono il narratore e dico che tu hai altro da fare, quindi adattati. Dicevamo...
Voltando il capo a destra e a manca lo spadaccino riuscì a scorgere altre figure oltre quella donna dalle strane forme demoniache. Tutti volti più o meno già intravisti durante la traversata verso il Paese della Pietra e fu quindi immediato collegare quelle facce a dei propri colleghi di Kiri. Si avvicinò ad un paio di loro per cercare di capire se fossero nelle sue stesse condizioni e se per caso avevano visto da qualche parte la sua compagna. I due erano intenti a discutere animatamente tra di loro e si interruppero di colpo al suo sopraggiungere.


Scusate ragazzi, avete per caso visto il mio spadone? E' piuttosto grosso è vistoso, è difficile da non notare...

I due shinobi lo guardarono quasi straniti per quella richiesta. Nonostante questo quel giovane dai capelli rossi provò comunque a dar soddisfazione allo spadaccino, di fatto facendo notare allo Squalo che nessuno aveva visto la sua spada. Rivolse quella stessa domanda più o meno a chiunque trovasse a tiro, senza però ottenere i risultati sperati. Si ritrovò infine vicino ad Hayate, anche lui coinvolto in quella stessa situazione e privato delle sue compagne. Probabilmente l'efebico era l'unico che poteva comprendere il suo stato d'animo a differenza degli altri presenti ma questo non servì di certo a rincuorarlo. Erano tutti nella stessa situazione e nessuno aveva una spiegazione per quel che era successo. L'unica cosa certa era la grande scalinata poco distante ed il grande portone a doppia anta proprio in cima ad essa. La stanza non sembrava avere infatti altre vie d'uscita ed oltre il continuo battito in sottofondo non presentava altri tratti particolari.
Attese quindi la mossa del Mizukage, pronto ad adoperare uno dei suoi cloni per poter aprire la porta e scoprire quindi cosa vi fosse alle sue spalle. Iniziò quindi a concentrarsi per poter percepire altre eventuali fonti di chakra nei dintorni. Oltre lui, in quella stanza erano presenti altri sei individui. Peccato che ne potesse contare a vista solo cinque. In uno degli angoli più bui della sala una presenza stava cercando di mascherare la propria posizione, celandosi agli occhi dei presenti. Mitsuaki s'avvicinò quasi d'istinto a quella forma indistinta d'energia, fissandola incessantemente per diversi secondi. Un sorriso divertito si dipinse sul suo volto nel constatare l'identità di quella persona.


Ciao Urako è da tanto che non ci si vede...anche se in realtà io non riesco a vederti quindi quello che ho appena detto non vale.

Il richiamo a quella strana abilità della ragazza era palese ma lo spadaccino ci fece poco caso, preferendo tornare a concentrarsi sul piano originario.
Si voltò quindi nuovamente verso la scalinata, attendendo pazientemente che la copia dell'Artefice aprisse quella porta.


Sono pronto a prendere a pugni qualsiasi cosa esca da quella porta!

<attivazione/passiva> -Sensitivo- [Liv 0: 61/61]
"Chi possiede questa'abilità è in grado di percepire la presenza e, in caso, il chakra, di coloro presenti in un certo raggio d'azione. Quest'abilità è in parte passiva, infatti è sufficiente possederla per percepire le presenze vaghe e indistinte. Si riuscirà a distinguere il numero delle presenze e la loro direzione, ma non la distanza da sé e in generale la posizione precisa. Per ottenere una visione chiara di ciò che si ha intorno, sarà necessario concentrarsi per qualche tempo. A questo punto l'abilità risulta attiva; in questo stato è possibile conoscere la posizione precisa di tutte le creature dotate di Chakra nel proprio range d'azione e inoltre, sarà possibile associare i chakra a quelli delle persone che si conoscono o che comunque si ha già avuto modo di esaminare. Il ninja che ha attivato il Sensitivo può individuare qualsiasi fonte di chakra, anche la più debole, ragion per cui può conoscere il punto in cui è stata piazzata una trappola a base di chakra, il cui segnale è piuttosto statico e debole per cui non richiede grande concentrazione.

- Nella modalità attiva è possibile individuare istantaneamente tutte le persone nascoste (indipendentemente dal livello di Nascondersi o di Sensitivo), tuttavia sarà impossibile individuare persone che riescono a celare in qualche modo il proprio chakra (es. tramite abilità Controllo chakra superiore, tecniche, attivazioni, direttive del master, etc...) . risulterà impossibile anche distinguere una Genjutsu dalla realtà una volta che si è sotto il suo effetto. Le azioni morte effettuate mentre si mantiene attiva l'abilità ripristineranno solo metà della Stm prevista per lo sforzo del mantenimento.

-Al Lv.2 sarà possibile individuare l'abilità "Sensitivo" altrui, ma solo se diretta verso di sé o nelle immediate vicinanze."

Liv 0: 3 Stm a turno; 1 turno necessario all'attivazione; 2 km di range

NB: Per individuare le Trappole basate sul chakra (int) si deve utilizzare l’ abilità sensitivo in modalità attiva, pagando il rispettivo costo, ma senza aspettare alcun turno.
 
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view post Posted on 12/5/2018, 01:51
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I ricordi erano confusi, lo stesso la sua percezione del corpo. La sua coscienza galleggiava ancora sopita da qualche parte nel cosmo, dimentica di ciò che era avvenuto alla sua carne un tempo indefinito fa. Sembrava passato un secolo, un'eternità da quando ancora aveva ancora delle braccia, delle gambe, un busto, una testa... ma pian piano tutto tornò a riaffiorare dall'oscurità, nello stesso silenzio di una bocca sommersa che cerca l'aria per non affogare, e con la stessa violenza.
Tornò ad essere e insieme a lui tornarono tutti i ricordi che lo definivano... compreso quello del Gedo Mazo e dei serpenti di chakra che avevano divorato la sua anima, trascinandola all'interno della statua. Takeshi si portò una mano sugli occhi, come a voler contenere una quantità indefinibile di pensieri nella sua testa, prima di alzarsi in posizione eretta, ancora un po' barcollante. Confuso, più che altro. Fu il suo tatto a percepire per primo il battito ritmico che pareva provenrie da ogni lato, avvolgendolo in una sensazione di calore ma allo stesso tempo... inquietudine, e fu la vista ad informarlo che non era da solo. Altre figure cominciarono a delinearsi attorno a lui, esseri umani, persone, come il chunin di Kiri disperse in un mondo sconosciuto.

Era questo che accadeva dopo la morte? Perchè Takeshi, assistendo al teatrale spettacolo della fine del mondo ad opera del Gedo Mazo, non poteva definirsi in alcun modo se non deceduto. Aprì e chiuse la mano destra più volte, come a volersi sincerare di non vivere un sogno... ma quella pareva a tutti gli effetti realtà, solida e indiscutibile realtà. Erano allora esseri di puro spirito quelli che si erano radunati in quella stanza, ombre senza un corpo? Il filosofeggiare del Suzaku non avrebbe portato da nessuna parte, almeno in tempo brevi, ma ci pensò la visione dei suoi compagni di disavventure a distrarlo. Mettendo a fuoco le loro fisionomie e i loro volti, unito al brusio delle loro voci, Takeshi riconobbe in loro almeno due dei suoi colleghi ninja, con cui aveva condiviso la chiamata alle armi, il viaggio in mare e, a quanto pareva, anche questa nuova esperienza sovrannaturale.
E tutti loro erano nudi. Come lui. Privato dei vestiti e delle armi, il biondo si sentiva vulnerabile, più di quanto non lo fosse già. E non solo per quanto riguardava l'aspetto fisico: l'idea di essere visto da così tante persone lo disturbava in modo anomalo, e anche il viceversa lo faceva sentire... indiscreto. Dopo un breve momento di indecisione decise però che non poteva rimanere in disparte e si forzò a superare il proprio imbarazzo per avanzare verso di loro, raggiungendo i due che aveva riconosciuto ad una prima occhiata: uno dei due era un ragazzo dalla folta chioma rossa, l'altro un castano dallo sguardo affilato e la lingua ancor più tagliente. Mentre ad ogni passo un peso oscillava tra le sue gambe provocandogli un leggero fastidio dato dal non essere abituato a muoversi in quella condizione, un ragazzino poco più basso di lui quasi gli sbattè addosso, troppo intento a tastare a terra con le mani. Visibilmente concentrato nella sua ricerca, rivolse le sue iridi cristalline a Takeshi domandandogli se avesse visto la sua Spada. Un altro che ho già visto, pensò vagamente il ragazzo, mentre rispondeva con fare sconsolato mostrando le mani vuote e indicandosi il fianco, laddove avrebbe dovuto esserci il fodero.


Mi dispiace, è sparita anche la mia arma.


Vabbè, assomigliava proprio al famoso Mitsuaki Kanada quello, che coincidenza. Proseguì, e quando raggiunse i due shinobi li trovò impegnati a concludere quello che sembrava più un litigio che un riappacificamento. Prese un respiro profondo, cercò di cancellare dalla sua mente il fatto che gli interlocutori fossero nudi, si fece avanti.
Scusatemi, sono un po' confuso... avete per caso idea di cosa sia questo posto e come ci siamo finiti?
La domanda non parve piacere al castano che -lingua affilata, Takeshi, te la sei andata a cercare- gli riversò addosso un po' di bile in eccesso conservata dagli avvenimenti precedenti. Takeshi poteva capire la sua frustrazione e per questo rimase in silenzio, riflettendo sul fatto che difficilmente qualcuno, lì, sapesse in effetti dove fossero. Concordò comunque con un cenno del capo all'idea del ragazzo. quella porta era l'unica via da percorrere, dovunque li avesse portati. Decise quindi di gettare un occhio agli altri, attirato dalle grida e dagli improperi che un essere femminile decisamente avvenente stava lanciando a tutti e a nessuno. Per un attimo si sorprese a pensare che forse l'essere tutti nudi non era poi così male ma se ne pentì subito quando realizzò che a breve anche lei lo avrebbe visto al naturale, e un lieve rossore gli salì alle guance. Fu uno sforzo notevole cercare di concentrarsi e imporsi che era una cosa che si poteva superare. Era un po' come tornare agli spogliatoi dell'Accademia, quando dopo la lezione sul campo gli studenti si facevano la doccia tutti insieme: la "creatura" aveva anche delle corna prominenti e una coda, tecnicamente poteva convincere il suo cervello a non considerarla proprio del tutto una donna nel senso di femmina umana no? Per fortuna che c'era una sola ragazza tra loro.

Ma quello più in là, non era una faccia conosciuta? Takeshi rabbrividì per un momento quando trovò un nome al volto dell'albino, i cui lunghissimi capelli candidi come la neve erano inconfondibili: Hayate Kobayashi. Subito si trasformò in una sottospecie di sollievo: se c'era qualcuno che poteva infondere fiducia in una situazione del genere, quello era il Mizukage. E subito dopo il rosso rispose alla donna demoniaca, confermando la presenza anche di Takeshi... e quella dello Squalo. Spalancò gli occhi per la sorpresa, ma non fu niente in confronto al nome con cui la chiamò. Un nome che risvegliò un ricordo sbiadito, ma mai dimenticato. Si avvicinò anche lui a ruota dietro al ragazzo, con fare molto dubbioso, e a ruota pose anche la sua domanda.
Sei... sei Shitsuki? Quella Shitsuki? Ehm... ti ricordavo diversa...

Edited by _Crystal - 12/5/2018, 08:59
 
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Mhh... mhhhh..

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*Le enormi ante si schiusero senza eccessiva resistenza, il loro crepitio ben presto conteso con uno spazio ben più vasto. L’apertura non era più ampia di una feritoia quando, già, i sensi dei sette incominciarono a catturarne il calore. Giunse sulle ali di un vento secco, estraneo alle coste e ai boschi dell’Acqua: il suo tocco era piacevole ma irruento, galvanizzato dalla variazione di pressione. Assieme, e coerente, venne la luce. Forte, dal giallo all’arancione, quindi nuovamente al giallo, danzante sulle note di quel battito profondo. Avrebbe ferito i loro occhi, da principio, ma lentamente si sarebbe fatta accettare. Lo stesso non avrebbe potuto dirsi per la visione che li attendeva dietro il bagliore.
Un'immensa camera prese forma ai loro occhi, la pianta rettangolare puntellata più riprese da mastodontiche colonne. Il pavimento e le mura erano eretti nello stesso mattone rossastro che li aveva accolti nell’anticamera, la pietra resa quasi trasparente dal passaggio delle ondate di luce, ora ben più intense ed estese, che riverberavano da un lato all'altro sopravvivendo ben oltre il proprio impeto originale.
Dal loro punto di uscita, del tutto secondario rispetto alla mole della stanza, i sette avrebbero potuto misurare la lunghezza della navata in cinquecento, seicento metri, la sua larghezza nella metà, la sua altezza in almeno cinquanta. Nessun architetto umano avrebbe mai potuto progettare un simile luogo, né tecnica ingegneristica realizzarlo. Poteva esistere solo nelle viscere di una creatura soprannaturale.
Sconosciuta che fosse la sua origine, presto ai sette divenne chiaro quale dovesse esserne lo scopo. Un lungo tappeto cremisi segnava la lunghezza della stanza, passando tra le colonne e terminando ai due estremi. Da un lato, più vicino al loro punto d’osservazione, un colossale affresco copriva il muro dove avrebbe dovuto trovarsi il portale d’ingresso. Dipinta era una scena di guerra, lo stile privo di scrupoli nel riportarne l’enorme violenza… cosi come la fedeltà delle parti rappresentate, perfettamente riconoscibili ai convenuti e quasi vitalizzate dalle onde di luce. Uomini: da un lato vestiti di nero, dall’altro di rosso, il loro scontro capace di dividere in due la parete e il mondo intero, di cui non rimaneva che una traccia incenerita, a stento visibile sotto le pile di cadaveri e i fiumi di sangue. Ma anche in quel momento di massima atrocità, comunicava l’autore, una speranza rimaneva: a destra e a sinistra, stretti attorno allo scontro in una cornice inespugnabile, i nove demoni protendevano fauci, zanne e code verso gli uomini, travolgendoli e strappandoli a quella valle di lacrime. Lungi dal soffrire, tuttavia, le vittime erano purificate, le loro espressioni rasserenate, le loro vesti sbiancate. Salivano, anime leggere, verso la sommità dell'opera, scomparendo nella luce di un cuore rappresentato come icona sacra.
Fin qui niente di sconvolgente, non certo per loro, ma il significato dell'affresco non aveva nulla a che fare con fede, fantasia o superstizione... i sette avevano preso misura della sua veridicità già nella violenza dello scontro cui le loro anime erano state sottratte, ed ora, voltandosi dall'altro lato dell'immensa navata, avrebbero trovato nuove conferme. Lontano, appesa alla sommità della camera, l'immacolata fonte di luce e calore pulsava di vita propria, più fulgida del sole a mezzogiorno, indubbio oggetto di culto. Osservarla avrebbe ferito lo sguardo, e la distanza non avrebbe comunque permesso di distinguere altro che si trovasse da quel lato.
Emersi dall'anticamera, i sette avrebbero dovuto accontentarsi di esplorare il lato in cui si trovavano... non che mancassero dati interessanti: alla base dell'affresco, poco lontano dalla loro posizione, sette sai bianchi riposavano appesi ad altrettanti sostegni.*



GDROFF/////Ahhhhhhh, ricordo la prima volta che ho fatto il chierichetto...
Ammirate ed emergete. Potete prendere i sai, sempre che non vi faccia piacere l'aria calda tra le chiappe.
Scadenza: 22/5.///GDRON
 
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view post Posted on 15/5/2018, 23:13
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Il tempo di chiamarla per nome, e Urako svanì. Sotto i suoi occhi, dal nulla, come se le ombre l'avessero inghiottita.

"Ma che... Ho le allucinazioni?"

Non poteva escluderlo del tutto. Era possibile che Urako non fosse lì, e se da una parte sperava che si stesse evitando quella dannatissima seccatura, dall'altra... Beh, le avrebbe fatto piacere una faccia amica.

Il primo a risponderle fu Yuzora. Un altro ragazzo si era alzato, in cerca anche lui della sua spada che a quanto pare rispondeva al nome di Sammy, ma Yu si era rivolto a lei dopo una breve colluttazione con un giovane di cui a Shitsuki interessava davvero poco. Amici? Amanti? Poteva capire la gioia di rivedere una persona cara dopo la quasi certezza di morte, sì... E il pensiero volò a Shintou quasi senza volerlo.

"Dovunque tu sia... Ci ritroveremo. Gli umani non separeranno ciò che Dio ha unito."

L'autoconvinzione era uno dei superpoteri maggiori dei Jashinisti.
Strinse i pugni, scosse la testa, e tornò a guardare il ragazzo dai lunghi capelli rossi che si stava stupendo del suo nuovo aspetto. Malgrado la frustrazione ancora la agitasse, Shitsuki si obbligò a fare un lungo respiro e a calmarsi: non avrebbe giovato a nessuno mettersi a strepitare istericamente.

«Yu... Quanto tempo» lo salutò, senza riuscire però a sorridere. Con le mani sui fianchi, scosse la testa in segno negativo, senza indugiare con lo sguardo sul corpo dell'altro dato che non aveva nulla che un corpo maschile non doveva avere.

«Non sbagli. Ma non c'entra questo posto, e non è una... Moda.» Sbuffò una mezza risata, come se trovasse ridicolo quel pensiero. «Jashin mi ha benedetta con un nuovo potere, e un nuovo corpo.»

Aprì le braccia, come a farsi vedere meglio, incurante del fatto che cinque persone sulle sette in quella stanza si erano già prese tutto il tempo del mondo per guardarla bene. Non provava imbarazzo, perché avrebbe dovuto? Come detto a Yu, quel corpo era un dono di Jashin, non c'era nulla di cui dovesse vergognarsi.

...Certo, a suo marito non sarebbe piaciuto, ma non era la prima volta che succedeva. E soprattutto non era per sua volontà che si era ritrovata nuda in mezzo a uomini semi-sconosciuti.
In ogni caso, bisognava andare avanti.

A rivolgersi di nuovo a lei fu un ragazzo che... Aveva già visto, sì. Infatti lui si ricordava della Jashinista, ma per la ragazza ci volle del bello e del buono per rammentarsi del volto del Suzaku.

«Sì, sono Shitsuki... L'unica, credo. Shtsuki Agiwara. Tu...»

Aggrottò le sopracciglia, in un palese sforzo mnenomico.

"È quello della missione di scorta? No... Ci siamo già visti, ma quando? Mmmmmh..."

«...Eravamo insieme nella missione a Kanashima?»

Azzardò la cosa più plausibile che le veniva in mente. Mai però si sarebbe riuscita a ricordare il suo nome, quello doveva rammentarglielo Takeshi perché era un'informazione che proprio non era rimasta in memoria.

Intanto, mentre gli allegri shinobi nudi discutevano, il Mizukage apriva la porta. Non successe nulla, quindi la Jashinista si avviò assieme agli altri su per le scale, ritrovandosi in una stanza che non poteva essere chiamata stanza. Era un tempio, una cattedrale, ed era enorme.

"Che culto sarà?" si domandò avanzando sul pavimento di mattonelle, lentamente, un passo dopo l'altro. Ammirò l'enorme affresco che raffigurava scene di battaglie, e riconobbe i Bijuu come personaggi fondamentali del racconto.
Era però il simbolo sacro a farle aggrottare la fronte.

«Un cuore... Luminoso? E quelle cose che salgono sono persone...» Ragionava a voce alta, cercando di interpretare quelle raffigurazioni. «Il cuore luminoso potrebbe essere dove siamo noi adesso?»

La risposta era no, probabilmente, perché voltandosi capì che quel dipinto non era una metafora: c'era davvero una luce, potente e abbagliante, troppo per i suoi gusti. Strinse gli occhi cercando di metterne a fuoco i contorni, ma invano.

Qualcuno stava già andando a prendere le vesti bianche strategicamente posizionate sotto l'affresco. A Shitsuki si contrasse lo stomaco, e storse la faccia in un'espressione di disgusto.

«Volete davvero indossare quella roba?» apostrofò il gruppo a voce alta. «Se siamo in un tempio dev'esserci qualche divinità, o entità superiore in ballo... Volete asservirvi già così?»
Stava parlando col Mizukage, ma i gradi non valevano molto per lei. Era solo ben decisa a non indossare roba che potesse essere ricondotta a una qualche cerimonia per un'entità che non era Jashin.
«Siete così legati alle formalità da aver problemi ad apparire al naturale? Siete shinobi, il vostro corpo dovrebbe essere la vostra arma migliore...» Insinuazioni? A bizzeffe. Ma era irritata, era nervosa, era di pessimo umore, e in quel momento qualsiasi cosa le dava sui nervi.

E poi, figuriamoci se la recentemente riscopertasi signora del Buio si metteva addosso degli stracci bianchi dedicati a qualcosa che faceva tutta quella luce.

gaEo3EO


 
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view post Posted on 17/5/2018, 23:12
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Dicevamo: reciproco patto di non-esistenza, vero?
Perché allora quel Mitsuaki è venuto proprio lì davanti a lei, e l'ha anche salutata?
Non avrebbe potuto riconoscerlo tanto dalle caviglie quanto dalla voce, e ci mancherebbe! Con tutto il baccano che faceva sul ponte della nave!
E fortuna che è pure lo Squalo. Lui, tra tutti gli shinobi di kiri.

“Mitsuaki-san...” borbotta stringata, senza sprofondarsi in salamelecchi, mantenendo saldamente le mani davanti agli occhi. Non fa i salti di gioia nel rivederlo – rivederlo... beh, si fa per dire - ma il problema ora non è più solo quello della sfilata del reparto Ortofrutta: si è appena accorta che la sua più grande trovata strategica ha una falla grossa come una casa.
L'hanno beccata dopo nemmeno due minuti, per la miseria!!!
Forse più d'una sola falla, considerando che – mentre il ragazzo le rivolge il sedere muscoloso per riportare l'attenzione sul Mizukage – non ha la minima idea di cosa egli possa aver percepito. Potrebbe trattarsi dell'odore, forse del chakra. Vorrebbe quasi domandarglielo.

… ma anche no.

Terzo problema: si stanno tutti preparando ad aprire la porta che ha intravvisto prima di battere in ritirata, il che porta al problema numero quattro. Cioè farsi una ragione di quella situazione, levarsi le mani dalla faccia ed alzarsi in piedi. Non può restare indietro.
A quel pensiero, un sospiro accorato le riempie istantaneamente il torace: sa di starsi comportando in maniera inadeguata alla situazione. Piano piano, le sono tornati alla memoria gli attimi prima del buio anche se come al solito, la sua mente fatica ad accettare che quelle immagini siano realmente esistite.
Sa anche che non importa cosa il suo cervello accetti o no: si trova in territorio presumibilmente ostile di cui non conosce assolutamente la struttura. Sa di essere parte della forza militare della sua isola, e che nonostante il Mizukage non sembri essersi accorto della sua presenza, è suo preciso dovere seguirlo ed attendere ordini... una volta aver fatto presente di esistere.
Vedersi arrivare Shitsuki totalmente nuda, appena svegliata, le aveva fatto venire un mezzo colpo, ma avvicinarla sarebbe stato il passo meno complicato per rimettersi in carreggiata.

Il clone di Hayate Kobayashi dischiude l'uscio, l'epidermide eburnea quasi luminosa nella penombra che si rischiara di colpo, ma nulla viene loro incontro eccetto la luce e quel vento caldo, piacevole sulla pelle del tutto spoglia; Urako non perde altro tempo, scatta in piedi e saltella dietro al resto del gruppo, fermamente intenzionata a non rimanere sola in quella specie di anticamera. Sgattaiola qui e là, si porta nel posto meno disturbante a disposizione: al fianco dell'unico altro essere femminile oltre lei, che la fa sentire decisamente meno a disagio del resto del branco, ma in quel salone sembrano essere diventati tutti incredibilmente piccoli e insignificanti. Così va molto, molto meglio... incrociare per errore parti anatomiche indesiderate diventa più accettabile, se non ti importa più niente quando succede.
Fa guizzare gli occhi rapida, diffidente, in tutte le direzioni – temendo di percepire d'improvviso un qualche movimento estraneo a quelli dei ragazzi, mentre coglie scorci del grande dipinto all'estremità della navata.

Le ricorda la scena di prima che saltasse fuori il mostro con le catene: quella con gli eserciti e tutto, solo che gli umani toccati dai Cercoteri sembrano quasi contenti di essere morti.
Onestamente, le sembra una cosa poco verosimile.
Dall'altra estremità, una luce fortissima: le basta un solo tentativo per rinunciare a fissarla direttamente, e nemmeno prova a spiegarsi razionalmente cosa accidenti sia. Ci sono fin troppe cose che non capisce lì, ma è piuttosto sicura che gli altri hanno una gran voglia di mettere in moto le meningi al posto suo – e la prima è proprio Shitsuki.
Potrebbe non avere tutti i torti sul coso luminoso, è un peccato però che continui a sbraitare in quel modo: a dirla tutta, in un frangente del genere sente di essere disturbata più dal suo strepitare che dalle circostanze ambientali.
“Shitsuki...”
La chiama piano, l'avrebbe fatto più volte se fosse stato necessario, alzando leggermente il volume di voce ad ogni richiamo, finché la donna-demone non fosse riuscita a sentirla. Delle osservazioni religiose della Agiwara se ne fa poco, il suo rapporto con la trascendenza è sempre stato poco più che appena tiepido... e se fosse bastato mettere su quei cosi bianchi per uscirne viva, non le sarebbe importato un fico secco l'asservimento o meno a chicchessia. “Le tue sono osservazioni valide” - la blandisce sussurrando “però mi sentirei più tranquilla se abbassassi la voce. In questo modo, se arrivasse qualche elemento ostile faremmo in tempo a sentirlo avvicinarsi”

“E scusa se sono sparita in quel modo. Risveglio brusco.”
Non spera seriamente che basti così poco a calmare l'altra, ma almeno ci ha provato.



CITAZIONE
Resta invisibile, dopo che gli altri prendono i rispettivi sai – se non accade nulla nell'immediato – ne prende uno anche lei e lo indossa, mantenendo comunque l'occultamento.
 
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view post Posted on 18/5/2018, 23:47
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Into the Gedo, Gennaio 249 DN






Sentì il torpore dell'adrenalina quasi scuoterlo, accomunando la sua di sensazione con quella percepita dalla copia. Non indugiò ulteriormente, permettendo alla copia di avanzare, nonostante dinanzi a sé si ergesse un'inenarrabile fasto di luce. Una brezza, tiepida, quasi mai avvertita dal Mizukage, iniziò a lambirgli la pelle, acquietandola. Inizialmente non fu in grado di osservare minuziosamente la stanza che si aprì al loro cospetto; dovette pazientare affinché le iridi diamantine si adattassero all'inaspettata variazione di luminosità per poter inquadrare le prime sagome. Dopo una manciata di secondi poté ammirare cosa venisse celato dietro quel bagliore; un'immensa stanza, un tempio a dire il vero. Era parecchio grande e retta da una serie di colonne imponenti, quasi a richiamare le arcaiche zone di culto di tempi ormai remoti. Predominava il cremisi, in qualsiasi zona orientasse il proprio sguardo, e ciò lo contagiava con una sensazione opprimente, il timore di essere rinchiuso, senza via d'uscita.

Qualcosa, però, lusingò la sua attenzione. Un dipinto sovrastava la parete laterale della navata principale; non tergiversò ulteriormente e vi si recò, per comprendere appieno cosa ivi fosse stato affrescato. Rasentò la pittura con i polpastrelli della mano, percependo indirettamente le emozioni che le sagome raffigurate stavano provando. Era come se quella scena fosse la realtà in cui erano stati immersi, totalmente; una trasposizione della vita in quella mera illusione, loro erano stati relegati in un mondo che non gli apparteneva. Li poteva vedere chiaramente i due schieramenti e i Bijuu che contornavano l'intero campo di battaglia, così come era successo poco prima... Forse. In realtà non sapeva quanto tempo fosse trascorso dal momento in cui si era prostrato dinanzi al potere incommensurabile dell'immonde creatura, non sapeva se anche gli altri Shinobi, che si erano radunati nella piazza, si trovassero nella medesima contingenza. Le vittime mietute, però, si innalzavano verso il cielo, contraddistinto da un cuore quasi pulsante. Erano delle figure candide, umane o transeunte non gli era dato modo di saperlo.

Forse... forse si trovavano nel limbo che precedeva quella luce. Curioso, volle innalzare lo sguardo verso il soffitto del tempio e fu in quell'effimero momento che compose i puzzle di quell'insolito indizio. Non riuscì a sostenere la luce che veniva sprigionata, dovette calare il capo per non deteriorare le proprie pupille. Neanche avvalendosi del palmo della mano, posto all'altezza della fronte, quasi a copricapo, poté osservarlo ulteriormente. Giunse la voce di Yuzora ad estraniarlo dalla stasi emotiva in cui s'era relegato. L'odore, secondo quanto stava asserendo, pareva essere similare a quello ferroso del sangue, ma non riusciva ad individuarne la fonte. Beh, le belle notizie non tardavano ad arrivare. Ad aggravare la situazione sopraggiunse la paranoia di Shitsuki, alquanto cieca e troppo accolita a quel suo Dio insulso per poter carpire oggettivamente in che nefasto momento si trovassero.

Non c'erano vie d'uscita; l'unica che, forse, poteva assumerne le sembianze e su cui riporre le proprie speranze, era proprio quella luce. Da quel che poteva dedurre dal quadro, loro erano le stesse persone che si stavano librando in volo verso quel cuore... L'unica cosa che dovevano fare era indossare le vesti bianche che giacevano al di sotto dell'affresco.

- Non mi interessa delle divinità, Shitsuki-kun. Dobbiamo sopravvivere e non c'è altro modo per uscire di qua se non da quella luce. Il quadro raffigura quello che ci è capitato... Non sappiamo cosa ci attenderà, ma non abbiamo altra scelta. Ti esorto ad indossare quella veste; non accostarla ad un rituale religioso... E' solamente un indumento. Non ti obbligo, ma sarà una tua scelta.

Su quelle ultime parole fu piuttosto irruento. Il suo intento era quello di usufruire dell'autorità garantitagli dalla posizione di Mizukage e del giuramento che la Jashinista gli aveva, in qualche modo, fatto all'interno dello studio. Sapeva che, comunque, non poteva insistere; in quel luogo non c'erano né cariche, né divinità. Celermente si recò verso i sostegni su cui erano appigliati i sai, per poi indossarlo senza indugiare ulteriormente. Raccolse la coda al di fuori della veste, lasciandola scivolare sul tessuto della stessa. Diciamo che il nudismo non gli era alquanto adatto, essendo un novizio in quel campo. Osservò con sguardo deciso e impavido gli altri Shinobi, come se volesse convincerli a replicare la sua decisione. Si auspicava che anche Shitsuki cambiasse idea perché non si sarebbe mai perdonato di aver permesso che un ninja di Kiri venisse lasciato indietro. In quel caso sarebbe stato lui il responsabile, non Jashin, un presunto Dio il cui interesse risiedeva solamente nel portare benefici alla propria causa. Watashi ne era stato un esempio lampante e sul petto riportava l'effigie che gli rimembrava del suo folle credo.

- Shitsuki, manderò la copia nella luce. Non ha un quantitativo di chakra smisurato, ma potremmo verificare cosa potrebbe accadere a chi non indossa un saio.

E così fece, lasciando che il secondo Hayate Kobayashi si inoltrasse nella luce. Non sapeva cosa li avrebbe attesi, nemmeno cosa sarebbe potuto accadere alla copia. Voleva solamente sopravvivere e salvarli.

 
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view post Posted on 19/5/2018, 15:23
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Ah beh, ha fatto un buon lavoro davvero!

Sbuffò una mezza risata rispondendo a Shitsuki, mentre questa apriva le braccia per farsi ammirare meglio. Non gli importava granchè sapere che la donna fosse una di quei fanatici di cui tutto si diceva in giro per Kiri, meno che fossero degli stinchi di santi. Aveva sentito parlare degli adoratori di quel presunto Dio, forse aveva anche letto qualche cosa nei libri della biblioteca del Villaggio, tuttavia non aveva mai creduto fino in fondo a quanto riportato alle sue orecchie o sulla carta. Leggende, voci, credenze, giudizi prevenuti…quanto ci fosse di vero in chi diceva o scriveva che fossero cannibali, necrofagi, immortali e quant’altro, era difficile dirlo su basi tanto fragili. Sapete com’è, no? A certe cose si crede solamente quando le si vede, e dal punto di vista di Yu, per gli Jashinisti non era diverso. Prese atto che Shitsuki era una di loro, ma il tutto si fermò lì. Non che non fosse curioso in merito…questo era ovvio, tutto ciò che non era chiaro lo incuriosiva, ma nella situazione in cui erano, ciò che gli premeva di più era capire se quel suo aspetto fosse una conseguenza di quel posto o meno e la Kunoichi aveva saziato il suo dubbio. Si fece quindi da parte, quando il Chunin con le cicatrici in viso rivolse a sua volta parola all’albina, lasciando che i due parlassero senza averlo tra i piedi, seguendo piuttosto lo svolgersi del breve piano messo in atto dal Mizukage che aveva preso in mano la situazione, o così sembrava. D’altronde dubitava avesse le idee più chiare di loro, ma se non volevano starsene lì guardandosi l’un l’altro, bellamente nudi, in quell’antro oscuro illuminato a sprazzi, beh…provare ad uscire era l’unica via.
C’era la non improbabile possibilità di fare un salto dalla padella nella brace, tuttavia anche restarsene lì a far nulla non avrebbe portato alcun giovamento. Meglio tentare, decisamente, piuttosto che languire nell’ignoranza e nella paura di vedere che diavolo nascondessero quelle porte. Non che fosse piacevole l’attesa in quel caso. Tutt’altro, fu tesa e pesante come poche altre. Seguì il clone di Hayate salire i gradini e schiudere quell’uscio per infilarcisi dentro. Una lama di luce intensa, squarciò le tenebre dell’antro in cui si trovavano, illuminando il pallido profilo della copia mentre questi spariva al di là delle ante nere, lasciandoli nel silenzio assoluto. Yu si tese, in attesa di qualsiasi cosa…non sapeva nemmeno cosa aspettarsi. Avrebbe potuto spuntare di tutto da quella fessura luminosa nell’oscurità, tuttavia l’unica cosa tangibile che il Chunin riuscì a percepire, fu una carezza calda sulla pelle che precedette il segnale del Mizukage a salire la gradinata.

Il passaggio di luminosità tra l’ambiente precedente e il nuovo, fu un tantino traumatico. L’intensa luce che dapprima aveva galvanizzato la penombra dell’antro in cui si erano svegliati, al solo superare la soglia ferì gli occhi di Yu che si ritrovò costretto a chiuderli fortemente e schermarli con una mano in attesa che si abituassero al nuovo ambiente. Il calore percepito in maniera blanda poco prima, si fece più marcato. Un’aria secca che a Kiri mai aveva avuto modo di sperimentare. Era piacevole…un tocco caldo sulla pelle nuda che li accolse in quell’ambiente del tutto differente dal precedente. Ci volle un po’ perché gli occhi si abituassero al bagliore intermittente, in comunione col battito costante che permeava il luogo, ma non appena riuscirono ad accettare quel lucore aureo che tutto abbracciava, riverberando in ogni dove, si spalancarono stupiti. Ancor prima di saettare da un capo all’altro constatando se effettivamente il posto fosse sicuro, lo sguardo chiaro del Rosso si dipinse di meraviglia e incredulità. Di punto in bianco erano entrati in un tempio…nonono, non era una tempio quello, ma una cattedrale. Enorme. Un colonnato costeggiava su entrambi i lati la navata che si innalzava per almeno una cinquantina di metri ed era percorsa, nel proprio centro, da un tappeto scarlatto che ne seguiva la notevole lunghezza. Il pavimento, le mura e tutto erano costruiti in un mattone rossastro che sembrava farsi trasparente al passaggio delle onde di luce, ora molto più intense rispetto a prima. Come potesse esistere un luogo del genere, Yu non riusciva a capirlo…era talmente vasto, che era difficile pensare fosse stato eretto dall’uomo. Se sì, probabilmente ci avevano messo centinaia d’anni. In ogni caso era indubbio fosse spettacolare. Gli occhi del Rosso scattavano qui e là cercando di cogliere quanti più dettagli possibile, quando si soffermarono sull’affresco che campeggiava sulla parete di fondo più vicina al punto da cui gli Shinobi erano entrati. Catturato dalla rappresentazione, Yu vi si pose dinnanzi a una certa distanza per poterla ammirare nella sua interezza: una scena di guerra. Una visione non troppo diversa dagli ultimi attimi che avevano preceduto il suo risveglio in quel luogo. Due eserciti si affrontavano, dividendo letteralmente in due la parete, mentre i Bijuu accerchiavano il campo dello scontro mietendo vittime in entrambi gli schieramenti…tuttavia coloro che cadevano sotto i colpi dei demoni - quanto meno quelle che sembravano essere le loro anime - non sembravano soffrire. Sotto forma di spiriti purificati salivano verso il cielo, scomparendo in un cuore luminoso posto in cima all’opera.
Una bella storia, no? Le atrocità della vita, cancellate dalla morte, ad una occhiata superficiale dell’opera…Una di quelle fanfaronate da credenti a cui il Rosso non avrebbe mai dato fiducia nemmeno se gliel’avessero ordinato sotto tortura. Peccato che ci fosse ben poco di inventato in quel dipinto. Infatti, dall’altro lato della navata in cui si trovavano, appesa al soffitto, splendeva immacolata la fonte di luce e calore che ritmicamente inviava ondate più intense che si espandevano in tutta la cattedrale. Una luce talmente forte da non poter essere guardata direttamente, tanto che Yu fu costretto a distogliere rapidamente lo sguardo. Ma gli occhi non erano il suo unico senso. Non poteva guardare apertamente quel fulgore, tuttavia poteva provare a sentire se ci fosse qualche odore strano in giro.
A dirla tutta, quella storia cominciava ad essere un po’ inquietante. Sotto il dipinto aveva notato sette sai bianchi, simili alle vesti candide delle anime purificate che erano state rappresentate nella pittura e quella luce…sì, la luce sembrava proprio essere del tutto comparabile a quella che accoglieva quegli spiriti.


Da un certo punto di vista, quell’opera potrebbe rappresentare quanto ci è accaduto - anche se non sono state le Bestie Codate a farci questo - da un altro, potrebbe voler indicare la via da percorrere…Da un altro ancora, le precedenti ipotesi potrebbero coincidere tra loro.

Non gli piaceva quella scelta a scatola chiusa. Mettersi quel saio poteva rappresentare un biglietto d’uscita, una condanna o entrambe le cose, ma saperlo a quel punto era impossibile e ciò che il suo naso gli indicò non fu per nulla confortante. Sondando gli odori della stanza, Yu ne individuò uno davvero insolito…Stranamente, dai sai appesi sotto al dipinto, non proveniva alcun odore in particolare, come se nessuno li avesse toccati per metterli lì, come se fossero nati assieme a quel luogo, tuttavia dal lato opposto della stanza, proprio dove campeggiava la luce, proveniva un lezzo strano. Metallico. Sembrava quasi sangue, ma aveva una nota diversa tra le sue trame. Una sfumatura forte che, però, il Rosso non riusciva a definire con chiarezza.

Da laggiù proviene un odore insolito. Disse quindi, rivolto a tutti e a nessuno. E’ ferroso…abbastanza da ricordare il sangue, ma ha una sfumatura diversa. Qualcosa che non riesco a definire bene.

Controllò più e più volte, cercando di isolare quella nota che non riusciva a riconoscere per aiutarsi nel discernere la fonte dell’odore, ma non fu proprio in grado di venirne a capo. Si volse di nuovo verso il dipinto e la mano andò automaticamente al fianco, cercando l’Hakanai, ma trovando solo l’aria. Innervosito, il Chunin schioccò la lingua, incrociando allora le braccia al petto, cercando di fare chiarezza su cosa fosse più saggio fare. Shitsuki aveva già esposto il suo personalissimo punto di vista…un po’ troppo da invasata secondo i gusti del Rosso. Dubitava bastasse mettersi uno straccio indosso per asservirsi ad una divinità - sempre ammettendo la loro esistenza - anche se, se c’era qualcuno con qualche competenza in merito, lì nel loro gruppo, questa era proprio la donna-demone. Ma il punto principale di tutto restava sempre e solo uno: se ci fosse stata anche solo una possibilità su un milione che indossare quel saio avesse potuto garantire loro la possibilità di andarsene da lì, lui l’avrebbe fatto. Veste sacrificale? Poteva essere. Ma poteva anche trattarsi di un invito a presentarsi di fronte a nonsisabenechecosa con un abbigliamento consono. O entrambe le cose. O nessuna di queste. Quindi, non sapendo, cosa era meglio fare? Starsene lì a domandarsi se fare una scelta o l’altra era la cosa giusta, oppure scegliere e decidersi una volta per tutte pur di non languire nel dubbio? Per quanto riguardava il Rosso, anche senza le parole del Mizukage ad esortare Shitsuki, la risposta era abbastanza ovvia. Non potevano restarsene lì per sempre.

Francamente, disse dirigendosi agli appendini per prendere uno di quei sai bianchi se c’è anche solo una possibilità che questi affari siano il biglietto d’uscita per questo posto, me lo metto volentieri. Anche col rischio di cadere dalla padella nella brace.

Escludere qualcosa solo per paure tanto bigotte, gli sembrava seriamente stupido. Asservirsi, non asservirsi…di certo non sarebbe stato quel pezzo di stoffa a comprare la sua lealtà nei confronti di qualcuno, tanto meno la sua assoluta abnegazione. Se lo infilò, senza pensarci troppo, una manica e poi l’altra, stringendo la corda in vita e facendo uscire dal collo del pastrano i capelli, tanto in contrasto con quella stoffa candida. Ecco, fatto. Per lui la sagra del pisello era finita.
A quel punto, non restava altro che vedere che fine avrebbe fatto la copia del Mizukage, mandata dallo stesso in fondo alla navata, a precederli, per verificare gli effetti della luce su chi non indossava il saio. Che fosse essenziale o indifferente averlo, lo avrebbero saputo a breve, forse, contrariamente alla strada da percorrere. Quella, come lo erano stati i gradini e la porta nera in precedenza, sembrava essere ovvia e obbligata. D’altronde tutto pareva dire
“prendi il saio bianco, indossalo, percorri la navata lungo il tappeto rosso e dirigiti verso la luce”, era abbastanza evidente. L’unica cosa oscura era se questo percorso fosse un bene o un male per loro. Anche se, muoversi, era pur sempre meglio che starsene lì, bloccati. Dietro di loro in fin dei conti non c’era nulla: se una via d’uscita esisteva, di sicuro non era da dove erano venuti. Gli scappò un sospiro, mentre i ricordi non più recentissimi, ma ancora abbastanza freschi, di una circostanza similare, grattavano sulla porta della memoria. Sì, perché alla fine, la situazione in cui era non la stava vivendo per la prima volta: essere impossibilitato a usare il chakra, privato delle sue armi, imprigionato in un luogo sconosciuto…Anzi, almeno questo giro un po’ di chakra gli era rimasto. Quando era stato chiuso con Urako nel Ragno, invece no. Ma avevano avuto un grosso aiuto da Kai quella volta, lui aveva indicato loro la chiave di volta per riuscire a scappare. ‘Sta volta, invece…

Già…dove sarà il nostro coltello ‘sta volta?



<abilità/attivazione> - Sensi Migliorati - [Stm: -2] [Liv 0: 61/70] "I ninja sviluppano i loro sensi per localizzare pericoli e nemici i agguato, ma ogni individuo possiede un senso che è naturalmente superiore agli altri. Può essere qualcosa di semplice come la vista, oppure più particolare, come il tatto o l'udito. Ogni senso ha le sue caratteristiche che comprendono sia svantaggi che vantaggi, ma ognuno è stato dato un solo dono da Madre Natura o dal duro allenamento.
Olfatto: l'odorato del ninja è fine come quello di un segugio e gli permette le seguire le tracce di chi vuole a patto di conoscerne prima l'odore. Le tracce che egli è in grado di percepire possono essere vecchie di tanti giorni quanto più alto è il livello dell'abilità (di oggi con Lv.6, vecchie di un giorno con Lv.5, due giorni con Lv.4 e così via);
[L'abilità Sensi Migliorati può scovare i nemici "Nascosti" o individuare le "Trappole" piazzate ma deve essere attivata per ogni trappola e ninja nascosto, se ad esempio l'avversario piazza due trappole e si nasconde; si userà tre volte.]
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view post Posted on 19/5/2018, 18:28
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Aveva un umore davvero pessimo e questo, generalmente, non era un buon segno. Anzitutto non gli piaceva per nulla quel posto oscuro, sconosciuto e dalle tinte sinistre: quel costante pulsare, per quanto mitigato abbondantemente dalle ante chiuse della porta scura che ne separava la fonte dalla loro attuale posizione, pareva essere quasi assordante per un orecchio sensibile come il suo, specie perché la confusione che aveva in testa sin dal precipitoso risveglio sulle fredde mattonelle del luogo non l'aveva per nulla abbandonato, rimanendo fastidiosamente latente. Secondariamente, non gradiva il modo improvviso, persino insulso avrebbe aggiunto, con il quale ci era finito in quel posto. Se era davvero morto come sosteneva, se n'era andato senza nemmeno lottare, come un agnellino prostrato. Proprio un toccasana per l'autostima, per uno che aveva sempre lottato con le unghie e con i denti per sopravvivere, andando contro tutto e contro tutti nonostante ogni cosa gli suggerisse costantemente quanto fosse meglio abbandonare quel mondo maledettamente sbagliato. Ad aggravare poi c'era la compagnia che aveva trovato, egoisticamente gradevole per quanto profondamente errata. Anche quel mezzo litigio col compagno dalla capigliatura rossastra non l'aveva certo aiutato nel tranquillizzarsi, ma inutile piangere sul latte versato. Se aveva ragione e se entrambi si trovavano in quel posto claustrofobico significava che erano morti, che i loro corpi giacevano sul campo di battaglia, gelidi, uno accanto all'altro, e che il loro spirito era finito dritto ai cancelli dell'inferno. Si. Perché quella che svettava silente in cima alla scalinata poco più avanti non poteva certo essere la porta del paradiso. Strano. Essere shinobi portava anche gli angeli ad essere attesi alle porte di quel posto infame?
Sospirò, stringendo le braccia al petto e osservando, con espressione decisamente poco incline al dialogo pacifico, dapprima la copia dell'Efebico venir generata attraverso rapidi sigilli, poi la donna-demone e il compagno dalla chioma fulva dialogare. Finalmente. Aveva smesso di urlare come un'isterica, ottimo passo avanti; se se la fosse piantata pure di mostrarsi, aprendo le braccia per attirare l'attenzione sul suo meraviglioso corpo demoniaco sarebbe stato pure meglio. Non gli era certo indifferente e dubitava fortemente che fosse indifferente pure agli altri.. la qual cosa non gli dava affatto fastidio, attenzione, erano uomini e ci stava ammirare le curve di una donna così avvenente, ma quell'atteggiamento sfacciato, in quel dato momento, non faceva che innervosirlo. Poi s'aggiunse pure il biondo che, avvicinandosi per parlare con lei, si nascose proprio dietro al corpo del rosso. Nemmeno quella avesse potuto risucchiargli l'anima, o morderlo in posti poco consoni. Finito all'altro mondo con un'esibizionista strepitante e un branco di verginelli. Pure nella morte non c'era pace.

Da li a poco venne aperta la porta. Uno spiraglio appena, accompagnato da un cigolio piuttosto tetro per orecchie ben tese come le sue. A quel rumore, l'attenzione del castano venne catalizzata tutta verso la fessura largamente illuminata che parve trafiggergli gli occhi con veemenza, talmente intensa parve in un primo momento in mezzo all'oscurità in cui erano. Fu costretto a chiuderli per qualche secondo, a schermarli col dorso della destra per poterli riaprire pian piano e cercare di abituarsi alla nuova luce. Al segnale del Mizukage, parve accennare appena col capo prima di avviarsi, cauto, sino in cima alla gradinata. Titubante forse, ma altresì curioso. Passo felpato come quello d'un felino, occhi assottigliati e ancora affaticati dalla densità luminosa, e finalmente si ritrovò nella nuova, stupefacente, area di quello strano spicchio d'oltretomba.


Saranno pure degli stronzi quaggiù, pronti a vederci soffrire e a divertirsi un mondo.. ma hanno buon gusto. Mi aspettavo mantenessimo sempre una qual certa oscurità nel percorso di redenzione, ma come primo tour nel regno dei morti va bene un po' di luce no? Tanto la mazzata arriverà fra poco.. meglio addolcire la pillola prima, così il retrogusto è due volte più amaro..

Non si aspettava nulla di meno da quel posto tanto contorto, surreale. Un'immensa aula d'una cattedrale, puntellata di colonne per delimitare l'ampiezza delle navate secondarie rispetto alla principale, evidenziata agilmente da un lungo tappeto cremisi che andava da destra a sinistra, irrimediabilmente inghiottito lungo la via che conduceva alla luce. Non poté indugiare molto su quest'ultima parte della navata, poiché troppo intensa per poter piantare le proprie iridi smeraldine e capire, man mano che l'occhio prendeva abitudine, cosa vi fosse oltre. Di sicuro erano entrati da un ingresso secondario, questo era evidente; dopotutto non ci voleva un genio a capire che la porta che avevano appena oltrepassato si trovava proprio sul fianco della navata secondaria e sapere che di solito, nei templi dedicati a qualsiasi tipologia di culto l'ingresso principale era posto in posizione centrale rispetto alla navata principale. Forse era quella luce a indicar loro l'uscita, ma quel rumore sinistro che riusciva appena a percepire fra un pulsare assordante e l'altro non lo invogliava certo a correre in quella direzione. Non era facile capire cosa esattamente fosse, ma era quasi del tutto certo che fosse il rumore dello zampillare di qualcosa di liquido. Inutile pensare all'acqua, sarebbe stato sin troppo facile e le cose la dentro, ne era certo, non lo erano. Ci avrebbe messo la mano sul fuoco.
Fu lo spostarsi del compagno dalla chioma fulva in direzione opposta che fece da tramite per la sua meravigliata attenzione, consentendogli di notare, dopo un primo momento d'indugio sul corpo nudo e ben delineato del compagno, l'enorme affresco che si stagliava a conclusione della navata principale. Si avvicinò a sua volta per esaminarlo, osservarlo, dedurre. La scena che vi era raffigurata era senza dubbio familiare, ma aveva delle significative differenze rispetto ai ricordi che affollavano confusi la sua mente sugli ultimi accadimenti prima di quel posto. V'erano due fazioni in lotta, pile di cadaveri, bestie codate a circondare il campo di battaglia.. una scena cruenta a cui l'autore del dipinto aveva aggiunto ogni singola stilla di sangue versato sotto forma di colore. A questa però v'era l'aggiunta di un qualcosa di pacifico, di divino se vogliamo: coloro i quali venivano trucidati dai demoni, parevano perdere ogni colore, ogni impurità, e ascendevano verso le grezze pennellate di luce, irradiata da quello che aveva l'aria di essere un cuore. Singolare. Che fosse un indizio di quello che li attendeva? Alla base del dipinto, appesi su anonimi ganci, sette anonimi sai, candidi come quelli dei purificati in ascesa nel dipinto. Erano invitanti? Per nulla, ma almeno avrebbero aiutato a coprire i loro culi al vento, nonostante quel calore fosse piacevole sulla pelle nuda, quasi una coccola con un batuffolo di cotone.


Si dice che la veste non fa il monaco, o sbaglio? Ma se preferisci indugiare sui corpi nudi di cinque uomini basta dirlo. Non ho certo problemi a rimanere nudo. Quella fu la sua risposta alla rimbeccata saccente della donna-demone, pungente, emersa con un sorrisetto cinico che era un programma e con una certa sufficienza nell'atteggiamento. Credere che indossare uno stupido saio fosse sinonimo di devozione a qualcuno era davvero un ragionamento da fanatico bigotto, cosa che in effetti aveva manifestato sin da principio. D'altro canto però capiva quello che voleva dire. Non avevano certezza che indossando quel saio sarebbero incorsi alla salvezza, né che andare verso quella luce, vestiti o meno, avrebbe garantito loro qualcosa di certo. Erano costretti, obbligati dalle circostanze; che quella fosse l'unica via non ci pioveva, così come era sicuro che quel dipinto rappresentava la mossa che avrebbero dovuto fare, suggerimento o condanna che fosse. Bisognava capire adesso se conveniva farlo mettendo uno stupido tendone bianco davanti ai genitali o se proseguire come mamma li aveva fatti, incuranti delle premonizioni dettate dalle pennellate dell'affresco. Oltretutto il precedente commento del rosso non lasciava spazio a molti dubbi sul fatto che non ci fosse nulla di buono ad attenderli oltre la luce, comunque fosse: un odore ferroso associato al rumore di un liquido zampillante era quanto di più vicino ci fosse alla descrizione dello scorrere del sangue, per quanto lo riguardava. Sperava di sbagliarsi.
A quel punto fu il Mizukage a prendere parola per convincere la donna a "seguire il gregge" e indossare il saio, dando una sua personale interpretazione del dipinto appena osservato. Senza voltarsi del tutto, il castano osservò con la coda dell'occhio il rosso indossare il saio e al contempo commentare, a seguire, non tanto quanto esplicato dall'Efebico ma quanto detto dalla donzella.
Ben detto. Concordava con ogni parola, anche perché l'idea di stare fermo immobile in un posto così strano e senza la parvenza di vie d'uscita non era il massimo. Era insensato, inutile. Dovevano evadere da quella prigione surreale in qualche modo, e come aveva, appunto, ben detto il compagno, se quel saio rappresentava l'unica garanzia che avevano di fare qualche passo avanti, seppur minima, si sarebbe assunto anche lui tutti i rischi del caso. Ma non si fermò soltanto a concordare col compagno. D'altronde, non era esattamente d'accordo con quanto aveva affermato il sovrano circa l'interpretazione dell'affresco, tanto che lo fece presente di li a poco. Se mi consentite, Mizukage-sama.. non credo che questo dipinto indichi quello che abbiamo vissuto nelle rovine. E' molto simile, ma non rappresentazione perfetta. S'introdusse nel discorso, dopo che l'Efebico ebbe finito di esortare la donna-demone a considerare la veste solo per quello che era: un mero indumento. Potrebbe essere una rappresentazione passata di una vecchia contesa fra Taisei e Kyo Dan, o meglio un'esortazione a lasciarci andare. E' come se l'autore ci stesse dicendo "indossate questi sai e proseguite verso la luce", facendo credere che ad attenderci vi sia beatitudine. Simile, come dicevo.. ma ci sono sostanziali differenze con la realtà che noi conosciamo. Primi fra tutti i demoni. Non sono stati loro a farci questo, ma quella statua agonizzante richiamata probabilmente da rituale del leader del Taisei. Qui non c'è nulla che la rappresenti. Potrei azzardare che sia una mera rappresentazione al culto dei nove, o al massimo un indizio su come procedere. Da prendere con le pinze, insomma. Nulla più. Ragionò a voce alta, voltandosi ancora una volta verso l'affresco per poter avvalorare le sue parole con un'ulteriore occhiata critica. Non c'erano dubbi sull'incertezza della cosa: poteva rappresentare un buon indizio o una mera fregatura. Ma avete ragione a dire che non abbiamo scelta. Se non altro il nostro percorso è obbligato, quindi non ci resta che affidarci alla sorte e cercare una via d'uscita attraverso quel tratto illuminato. Non sono sicuro che questi servano a qualcosa.. Disse, prendendo uno dei candidi sai dal gancio sotto l'affresco. Come se bastasse indossare un qualcosa di bianco per essere puri agli occhi di qualsiasi entità si celasse nella luce. ..ma vale la pena non lasciare nulla di intentato. Da quella parte, oltre a quanto percepito da Kyōmei, ho avvertito come il rumore di un liquido zampillante. Spererei non siano correlate le due cose, ma la vedo dura. Concluse, sbuffando un sospiro. Erano nella merda; forse era l'unica cosa sicura li dentro.

Sicuro stavano per imbattersi in una sorta di purgatorio, ma se quella era l'unica via per tornare a casa non c'era altra soluzione se non armarsi di pazienza e proseguire alla cieca. Gli piacque l'idea del Mizukage, di mandare avanti la copia che poco prima aveva aperto per loro la porta e scoprire cosa li attendeva senza indossare il saio. Certo, per quanto ne sapevano potevano incorrere alla medesima cosa indossandolo, ma un tentativo schifo non faceva. Nell'attesa di qualche responso, fece dunque per indossare il candido saio che aveva precedentemente prelevato, infilandoselo e stringendo con con cura la corda in vita, alla stessa maniera in cui stringeva l'obi (con uno strattone secco).
Su una cosa condivido.. questi cosi fanno alquanto schifo. Si rivolse improvvisamente a Shitsuki, quasi a darle ragione che, sul piano estetico, era proprio meglio rimanere nudi. Ma meglio tenere il pisello dentro, che quello probabilmente era il primo punto che avrebbero preso di mira insieme al culo.



<abilità/attivazione> - Sensi Migliorati - [Stm: -2] [Liv 2: 41/50]
"I ninja sviluppano i loro sensi per localizzare pericoli e nemici i agguato, ma ogni individuo possiede un senso che è naturalmente superiore agli altri. Può essere qualcosa di semplice come la vista, oppure più particolare, come il tatto o l'udito. Ogni senso ha le sue caratteristiche che comprendono sia svantaggi che vantaggi, ma ognuno è stato dato un solo dono da Madre Natura o dal duro allenamento.
[Si dovrà mantenere in scheda solo uno dei seguenti Sensi]

Udito: le orecchie del ninja captano il respiro e perfino il battito cardiaco del nemico, rendendo per lui uno scherzo udire i discorsi altrui anche da lontano. Questo, tuttavia rende sensibili i suoi timpani e quindi subisce +1PF dalle ferite all'Udito. Al Lv.0 l'abilità permette di percepire vagamente il mondo circostante tramite un meccanismo simile all'ecolocazione, ma con raggio pari ad 1/10 del normale."

Liv 2: 500 m di raggio


|| Editato col permesso del master. ||

Edited by ¬BloodyRose. - 20/5/2018, 16:03
 
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Eh sì, era proprio lei. La Shitsuki Agiwara che aveva massacrato gli abitanti di quella casa degli orrori durante una missione, sull'isola apparentemente maledetta di Kanashima. Era stato letteralmente un'avventura da incubo, ma impallidiva di fronte a quello in cui si erano ritrovati invischiati nel presente. A quanto pareva, i loro incontri non erano dettati affatto da circostanze fortunate.

Esatto, era la mia prima missione da Chunin. Il mio nome è Suzaku Takeshi.


Si presentò con un cenno del capo, a lei come agli altri che lo stavano ascoltando. Ripetè il suo nome perchè si rendeva conto che, a parte le cicatrici sul volto, non era affatto una persona che si metteva in mostra e, per questo, che rimaneva impressa nella memoria - e in ogni caso non conosceva di persona nessuno degli altri-. Dopo lo scambio di convenevoli, però, furono questioni più importanti e vitali a richiedere la sua attenzione: il Mizukage aveva infatti deciso di evocare una sua copia e mandarla ad aprire la porta, l'unica via d'uscita da quella situazione. O almeno, questo era quello che sembrava.
Luce e calore furono i primi risultati di quell'azione, assieme al battito che parve farsi più forte. O era quello del cuore di Takeshi, al vedere la maestosa costruzione architettonica che si ergeva poco oltre: non era paragonabile a niente che avesse mai visto in tutta la sua vita. L'ambiente spazioso evocava un senso di sacralità che spinse al silenzio il ragazzo, ammutolito: la luce accecante che proveniva dal fondo della navata impediva persino di scorgere il termine dell'edificio, che pareva essere infinitamente lontano.
Takeshi non si trovava a suo agio in un posto simile: era tutto troppo grande, troppo incommensurabile. Non che fosse mai andato d'accordo con la spiritualità e i Kami, se n'era sempre disinteressato preferendo ad essi la quotidianità e la praticità. Tuttavia tutto ciò che stava accadendo suggeriva in lui ragionamenti e pensieri che si spingevano nella metafisica: collegato a chiedersi dove si trovavano o come ci erano arrivati, la vera domanda era "cosa siamo adesso?". Ognuno di loro aveva visto la propria essenza e quella di tutte le altre persone nella piazza venire estirpata dal corpo per mezzo degli eterei serpenti del Gedo Mazo; era quindi probabile -ma non certo- che i loro corpi fossero ancora lì, distesi a terra... e allora, cosa erano adesso? Puro spirito? Era questa la prova definitiva dell'esistenza dell'anima?
E anche se fosse, come mai riusciva a sentire e percepire con i cinque sensi l'ambiente che lo circondava, come se avesse ancora un corpo fisico? Poteva solo essere tutta un'illusione, un autoinganno della coscienza per sforzarsi di ricondurre questa loro esperienza a una condizione cognitiva a cui fossero abituati. Quelli del ragazzo erano tutti vaneggiamenti privi di fondamento che non avevano altro che mettere in dubbio ciò che stava vedendo con i propri occhi.

Ma un'altra domanda, ben diversa, si sarebbe presto fatta spazio. Perchè solo loro? C'erano chissà quanti shinobi, provenienti da tutti i Grandi Villaggi; perchè solo loro sei di Kiri avevano avuto questo privilegio? Se poteva capire che fosse stato scelto Hayate, in quanto Kage e Spadaccino, o Shitsuki, per via dei suoi particolari poteri... perchè anche il Suzaku? Non era niente di più, niente di meno, che un semplice chunin al servizio del proprio Paese. O era stato molto fortunato -o sfortunato, a seconda di cosa avrebbero trovato più avanti- oppure poteva essere che anche tutte le altre persone fossero finite... da qualche parte, come loro. Cercò di ricordarsi cosa fosse successo tra lo svenimento e il risveglio, in cerca di qualche indizio... ma nulla.

Nel frattempo, i suoi compagni di disavventure stavano discutendo dell'affresco e degli abiti che lì vicino avevano trovato. Il ragazzo si fermò accanto agli altri ad esaminare il dipinto sulla parete, riflettendo sul significato che l'artista aveva voluto trasmettere all'osservatore: pareva che i Bijuu fossero il tramite per raggiungere una sorta di paradiso, una pace estatica che ben poco aveva a vedere con il massacro della guerra che stava avvenendo al centro dell'opera. L'interpretazione, almeno ad un primo sguardo, era piuttosto intuitiva e fu il castano ad esporla ad alta voce -e Takeshi si trovò in accordo anche con le sue osservazioni-: tutto li spingeva ad indossare i candidi sai e avanzare verso la luce. Il Suzaku non ci pensò su troppo e, non appena fu possibile, afferrò uno dei vestiti per indossarlo pur di terminare quella nudità che lo stava lievemente destabilizzando. Il contatto con la stoffa lo fece sentire decisamente più a suo agio e meno vulnerabile, ma il pensiero di ciò che avrebbero dovuto affrontare a breve non lo confortava per niente. E mentre anche loro stavano indossando gli indumenti, e cercando di convincere Shitsuki a fare lo stesso, Takeshi si concesse un altro sguardo alla cattedrale, sempre con un battito cardiaco imponente e primordiale in sottofondo. Sovrappensiero, decise di rivolgere un po' a tutti un po' a nessuno la domanda che si era posto precedentemente.


Ehi... Secondo voi, perchè solo noi ci siamo trovati qui tra tutti? Non siamo state le uniche vittime della statua... C'è qualcosa che ci accomuna, o è solo un caso? E dove potrebbero essere finiti gli altri?


Nel mentre, la copia del Mizukage si dirigeva verso la luce, cercando di svelare i misteri che si nascondevano al termine della luminosa navata.


Edited by _Crystal - 26/5/2018, 21:03
 
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