La battuta finale

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view post Posted on 4/7/2018, 17:36     +1   -1
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Per mesi aveva tentato di capire, dopo quel giorno. [X]
Cos'era accaduto, quando Nami aveva tentato di colpirlo? Gli era sembrato di essere intangibile, quasi come uno spettro... ma come ciò fosse possibile, ahimè, non riusciva a capirlo. Aveva tentato di consultare shinobi più esperti di lui, ma invano. Dapprima i jonin della Nebbia si erano dimostrati incuriositi, ma ben presto si erano stufati di assecondare quelle che apparivano solo come le fantasie di un bambino. Ed insistendo, quello sconsiderato di Fue aveva attirato su di sé l'ira dei suoi superiori. Lo avevano costretto ad affrontare la vita, una missione dopo l'altra, impedendogli persino di riposare dopo ogni rientro. Oh, era uno strumento efficace, quello della paura. In fin dei conti, il ragazzino sapeva di dovere la vita a quel villaggio e sulla sua promessa i più grandi giocarono, fino a renderlo ciò che ogni ninja di Kiri dovrebbe essere: una pedina sacrificabile, una di quelle che può essere tranquillamente mandata avanti come esca, per distrarre l'attenzione dell'avversario dalla vera mossa.

Alla fine, non seppe più niente di quel misterioso avvenimento. Diventò, però, un vero fantasma.
Della sua gioiosa curiosità, così come della sua ingenuità, non rimase che cenere. Come poteva essere diversamente, dopotutto? Se vuoi vivere a Kiri non devi abituarti alla Nebbia, devi diventare la Nebbia. E così aveva fatto, lasciando che ogni suo proposito venisse inghiottito dalla coltre chiamata devozione. Là dove vi era stato entusiasmo, un tempo, presto vi fu cieca fedeltà al villaggio. Arduo prevedere quale sarebbe stato il destino di quel ragazzino senza più il dono della vista, quale la sua carriera, quale la sua morte.
Si chiudeva così la storia di Fue, stroncata da due stanghette poste sulla sua battuta finale. Aveva seppellito i suoi sogni, nello stesso giorno in cui aveva poggiato in uno sgabuzzino la sua biwa, per abbandonarla lì, indifesa di fronte alla polvere e allo scorrere del tempo. Aveva rinunciato ai suoi obiettivi, così come al desiderio di girare il mondo, ciò che lo aveva spinto a lasciare la sua terra natia e a finire nelle fauci dell'esercito della Nebbia.

E smettere di vivere davvero, dopotutto, non era come morire?

Questo giusto per non lasciare irrisolta la storia del mio secondo PG. Partito con tutte le buone intenzioni, ma diventato a causa di troppi fattori più un peso che un piacere. Addio.
 
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