覚醒 Kakusei: scontro finale, [Fase 4]

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¬BloodyRose.
view post Posted on 3/5/2018, 18:07 by: ¬BloodyRose.
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Non furono le parole ad attrarre l'attenzione del castano; erano accavallate, insignificanti e confuse nell'inferno della caciara che i due principali protagonisti di quell'assurda vicenda stavano sollevando. Pure quelle che avrebbero dovuto essere le maggiormente importanti non dicevano assolutamente nulla, dimenticabili nella cieca convinzione che, fomentandosi da sola, sfociava inevitabilmente nel becero fanatismo. No. Erano i rimbombi esterni quelli che lo avevano messo in condizione d'allerta, che gli mozzavano il respiro nonostante i suoi occhi vagassero in mezzo a uno spettacolo dalle tinte grottesche e, in un certo qual senso, comiche. C'erano i demoni la fuori, desiderosi di accedere, di sfondare la barriera che, per il momento, teneva al sicuro tutti loro. Ed era come sentire il pulsare sordo del cuore in petto, in un eco sinistro che ghermisce l'anima e paralizza il corpo. Strinse maggiormente sull'elsa e, frustrato, digrignò i denti. Lo sapeva che quella sarebbe stata la fine; sapeva di essere, come tutti gli altri presenti, un viscido verme appeso ad un amo. Non importava quanto si dimenasse per trovare una speranza e non importava quanta forza avesse in corpo per lottare: ogni tentativo sarebbe stato vano. Beh. Forse era anche un bene lasciare una volta per tutte quel mondo di merda, ma non gli andava certo a genio farla finita in una maniera così squallida. Oltretutto non sapendo che uno dei pochi ad aver saputo condividere con lui dei momenti importanti, talmente vicino da poter perfettamente scindere dal resto il pulsare alquanto forsennato del suo cuore, sarebbe andato incontro al suo stesso destino. Quello, su tutto, non era per nulla facile da accettare.
Da li a poco accadde tutto sin troppo in fretta, tanto da confonderlo. Nonostante avesse avuto la prontezza di sguainare la sua arma nello stesso momento in cui percepì la barriera cedere del tutto alla carica disperata dei demoni codati, pronto a lottare indomito per salvaguardare la propria vita e, al massimo, quella del compagno alla sua destra, quel maledetto figlio di una cagna al centro delle rovine aveva sollevato qualcosa e un bagliore li aveva resi ciechi per qualche istante, costringendolo a chiudere gli occhi e pararseli col dorso della sinistra. Fu a quel punto che le cose precipitarono, che tutto quello che aveva attorno prese una connotazione distorta, come se un forte capogiro l'avesse colto con conseguente abbassamento di pressione. Una sensazione pessima, che non fece che peggiorare nella sintomatologia ad una rapidità impressionante.
Cedette in ginocchio, devastato dal malessere sempre più marcato, pieno di una collera senza precedenti che si rifletteva soltanto nel suo sguardo infuocato.
Kono yarou.. Espressione semplice, ma che abbandonò le sue labbra con estrema fatica. Sapeva che era colpa di quel disgraziato ragazzino con tanto di paraocchi, che non aveva fatto altro che attirarli li per metterli tutti letteralmente a novanta con la scusa di salvare il mondo. Ma saperlo non aiutava. Avere il capro espiatorio a non troppi passi di distanza non serviva a placare né la sua rabbia né tanto meno il panico che pareva montargli dentro come panna sostenuta da uno sbattitore elettrico.
Cominciava a sentire una certa nausea, al punto da costringerlo a lottare più che altro contro l'istinto di rigettare il poco che aveva mangiato quel giorno che contro il destino che stava abbattendosi su di loro. Aveva preso a tremare la terra, e quei glifi sotto i piedi vennero spezzati in un battibaleno, accompagnati da un suono acuto, stridente, fastidioso e profondo come unghie su una lavagna. Ebbe modo di sollevare lo sguardo, di rendersi conto di qualsiasi cosa stesse accadendo fuori dal suo diretto controllo: una statua dalle sembianze umanoidi, piena di occhi strabici, spiritati, agonizzante in una maniera atroce, stava spingendosi fuori dalla fenditura aperta nel terreno, in cerca di libertà. Ne rimase paralizzato, spiazzato, spaventato. Era davvero la fine, quindi. Che strano aspetto che aveva la Morte, pronta a ghermire le anime dei superstiti di quel maledetto rituale. Serpenti luminosi attraversarono uomini e donne, indistintamente dalla loro fazione e dai loro ideali; l'ecatombe senza precedenti non avrebbe risparmiato nessuno, nemmeno quelli più audaci da tentare strenuamente di contrastare quell'attacco.


A quanto pare dovrò espiare i miei peccati prima del previsto.

Sorrise a quel pensiero insulso, stupido, fuori luogo. Non avrebbe avuto tempo per espiarli, e non ne aveva nemmeno volontà. Era frutto di quello che gli avevano fatto, frutto dell'odio di un genitore che l'aveva quasi spedito all'altro mondo, di un fratello che l'aveva sempre sminuito, di una madre incapace di proteggerlo e di un villaggio che l'aveva trasformato nel peggior assassino di sempre. Non aveva rimorsi per essere quello che era, per aver fatto quello che aveva fatto. L'unico rimorso si presentò sotto forma di uno spintone, che l'aveva scansato dalla traiettoria di uno di quei serpentelli della fine. Un rimorso che aveva l'aspetto di un irriverente ragazzino dai capelli rossi, che in un ultimo sforzo aveva cercato di salvarlo, facendosi scudo poi con la sua arma a forma di ombrello e finendo per essere colpito sotto i suoi occhi. Quella visione, penosa, dolorosa, s'impresse a fuoco nella sua mente negli ultimi attimi che gli restavano da vivere.
Tutto parve svolgersi a rallentatore: grida silenziose fecero per uscire dalle sue labbra, mentre con le ultime forze rimaste si protendeva verso il corpo in caduta libera del compagno privo di vita. Non fece in tempo a piangerlo. Non fece in tempo a realizzare. Fu colpito. Tutto cadde lentamente nell'oblio e il suo corpo, guscio vuoto di un'anima nera, cadde al fianco del compagno che aveva appena raggiunto durante la caduta. Destino crudele sopravvivere a una delle persone che contano maggiormente, anche solo per un istante in più.

 
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