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覚醒 Kakusei: scontro finale
, [Fase 4]
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Steve.
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1/5/2018, 16:40
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Steve.
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Fukagizu, Gennaio 249 DN
Una mera pace si dissolse. Inaspettata. Fu quantomeno effimera la sensazione di essere in una situazione di stasi, i cui effetti non si erano ancora rivelati. I sinistri rumori provenienti dal limitare della barriera divenivano più ingenti, infidi, raggelando gli animi dei presenti. Le creature codate stavano logorando l'ultimo estremo baluardo della difesa che ivi era stata frapposta; non sarebbe trascorso molto tempo prima che venisse divelta. Percepiva un fremito solcargli la schiena, derivante dall'adrenalina che stava affluendo nei suoi muscoli. Un momento astruso a dire il vero, generalmente chiunque rischiava di essere soggetto a sentimenti nefasti, ma l'Efebico si infervorava. Chyie e Hideyoshi quasi vollero acuire la gravità della contingenza, rendendo più burbere le parole proferite dal Mizukage. Il tentativo di alleviare l'entità della discussione fu vano; non vi sarebbe stata soluzione alcuna se non la distruzione di una delle due fazioni. Non potevano coesistere, i loro ideali erano univoci e contrastanti. Gli Shinobi erano delle vittime, degli insulsi burattini senza volontà alcuna. La scelta sullo schieramento da prediligere era ardua, divenendo quasi un'ossessione per chi voleva cogliere la verità che si celava dietro alle loro parole, andando oltre le azioni che inscenavano.
La verità.
Era così difficile da scoprire?
Si.
Attanagliava la sua mente su quel che avrebbe potuto fare, su quel che avrebbe dovuto fare. Invece era rimasto lì, fermo, a guardare gli eventi succedersi, lasciando a qualcun'altro la possibilità di porre fine alla mania malefica d'una ideologia fallace. L'Efebico lasciò che la sua mente si affacciasse ancora un istante sul baratro della follia, rischiando di ritrarsi con un brivido di ribrezzo, impossibilitato a mantenere oltre lo sguardo su quell'abominio. Un angoscia impalpabile si posò sul suo animo, logorandolo dall'interno. Fallace era quella speranza, lo stesso Hayate era consapevole di tutto ciò, situati in un mondo riverso in una tempesta indomabile ove neanche il ninja imponente per antonomasia avrebbe potuto contenere le sue redini riportandolo sulla retta via. Erano i loro cuori, freddi, austeri, affabili, a dover redimere da quel peccato la società che si andava instaurando.
Si volse, per un attimo, redimendosi dal turbinio di pensieri in cui s'era immerso, rinvenendo. Le iridi diamantine si adagiarono sulla figura di Kataritsuen, il quale s'erse nel mezzo della piazza in tutta la sua autorità. Vari secondi, millesimi a dire il vero, per poi avvedersi di cosa stesse accadendo. Delle scie luminose apparvero sul campo di battaglia, quasi avvolgendo i corpi dei presenti. Non poté fare nulla; era stato un ingenuo. Avrebbe dovuto ponderare una tale possibilità, ma non era stato capace di farlo. Le Hiramekarei fremettero, per un attimo, quasi come se volessero destare il Mizukage da quel catartico senso di colpa in cui era intrappolato. Vide tutto ciò che aveva costruito crollare dalle fondamenta; il suo sogno di riunire nuovamente Kiri e riportarla agli albori d'un tempo, così come aveva promesso al Momochi, divenne una chimera.
Una chimera che divenne più nefasta quando, sotto ai suoi piedi, un fragore viscido si delineo, dando vita a dei simboli a lui ignari. L'effetto fu quasi immediato; sentì il chakra venir inghiottito, come se qualcuno lo stesse assorbendo. Non gli ci volle molto per comporre il puzzle di quel quadro ideato dal capo del Taisei; stava usufruendo del potere degli Shinobi lì presenti per mettere in atto il suo piano. Sorrise, il misfatto stava per avere luogo. Non era affatto felice, ma beffato. I dubbi che aveva a riguardo si erano rivelati reali e quasi si compiacque con Kataritsuen per essersi fatto beffa delle loro capacità. Non si sarebbe mai aspettato un piano del genere, né tanto meno che il campo di battaglia fosse stato manomesso per prevalere sulle loro indecisioni. In quegli istanti non era in grado di elaborare un piano celere per ribaltare la situazione; le urla, i gemiti dei suoi colleghi, degli shinobi ivi accorsi con lui risuonare nell'ambiente. Era davvero finita per loro? In realtà non sapeva ben carpire cosa stesse accadendo. Anche lui, nonostante fosse dotato di un potere che andava al di là del normale, fu vittima di Kataritsuen. I primi a cadere esanimi a terra, privi di sensi, furono i genin; non potevano ostacolare con la medesima fermezza da lui attuata la privazione che stavano subendo. Il loro chakra era ridotto e non ci volle molto prima che ne fossero sprovvisti. Prima di divenire carente dal punto di vista fisico, cercò di legare con le bende l'elsa delle Hiramekarei al palmo della mano destra per poi usare le stesse come leva, per tenersi più tempo irto in piedi. Voleva assistere, voleva vedere con i suoi stessi occhi cosa il futuro riservasse per loro.
Iniziò ad ansimare, aveva il respiro corto ma cercava di rallentarlo e non sprecare ossigeno inutilmente. Doveva cercare di convogliare il potere che gli era rimasto per non subire immediatamente le conseguenze di quei simboli. Le Sogliole non erano uno strumento benevolo in quel momento; anch'esse pretendevano di essere nutrite e non sarebbe riuscito a bilanciare il proprio chakra per mantenere un equilibrio stabile per un'altra manciata di minuti. Quella sua remissività si tramutò in rabbia; voleva vendicarsi, tranciare la testa del capo dell'Ordine, così come quella di Manpeiko. Si vessò il volto con la mano sinistra; tossì varie volte per poi sputacchiare qualche goccia di sangue sul palmo della stessa. Stava per rimanere senza forze, il suo corpo stava risentendo delle conseguenze in modo esponenziale. Ogni secondo che passava, l'assorbimento diveniva più ingente. Si, stava accadendo, come mai aveva pensato che succedesse. Se avesse potuto scegliere come morire, avrebbe preferito farlo combattendo, non essendo una vittima inerme d'un potere che andava al di là del suo potenziale.
Volse lo sguardo verso i suoi uomini... Alcuni proferivano frasi che non giungevano nitide al suo udito, altri richiedevano un qualche tipo di ordine per mettersi all'opera. Cosa volevano fare? L'intera piazza era diventata una trappola, nessuno avrebbe potuto sfuggirne e le creature codate si sarebbero divertite con i loro corpi. Sarebbero morti? Si, probabile, ma si auspicava il contrario... ovviamente. Nemmeno tentare di usufruire del richiamo gli avrebbe salvato la vita; le stesse evocazioni avrebbero sofferto gli effetti di quella tecnica, era tutto inutile.
-
Mi dispiace..
Bisbigliò, riferendosi a tutti gli shinobi che avevano risposto affermativamente alla sua adunata. Serrò il pugno per poi colpire violentemente il terreno, con la poca forza che gli era rimasta. Si sentiva nullo, futile. Fu solo in quel momento che udì, sebbene non fosse un suono chiaro, un boato provenire dalle viscere della terra. Terra che si stava aprendo lasciandone fuoriuscire un essere, un mostro immonde. Il suo sguardo glaciale vi si posò; neanche dilatando gli occhi poteva comprenderne dettagliatamente le caratteristiche. Le fattezze richiamavano la sagoma d'una statua, la medesima materia di cui era composto pareva esserne similare, ma sembrava tutt'altro. Era viva, così come i presenti... Con ferocia ed ostinazione tentava di uscire allo scoperto, lasciandosi alle spalle le viscere in cui era sepolta. Non ci sarebbe stato un prosieguo, non ci sarebbe stato un futuro. Quell'essere infido non era benevolo, almeno quelle erano le prime deduzioni che elucubrò a mente offuscata a causa della instabilità fisica. Da una parte quella statua animata, dall'altra i bijuu che si stavano facendo strada verso la piazza, scaraventando e distruggendo ogni edificio si ergesse sul loro cammino. Erano tra due fuochi, con un potere che, celermente, stava attingendo dalle loro anime. Era la fine, decisamente. Sperava che Fuyu, una volta appresa la notizia, facesse tutto ciò fosse in suo potere per approntare una difesa disperata per respingere l'eventuale attacco nemico, ma quella forza era insormontabile. Nessuno avrebbe mai potuto contrastarli, nessuno, dopo che anche i Kage e gli Shinobi
avrebbero perso la vita.
La consapevolezza di non poter far niente è la cosa più empia che potesse accadergli... Infima la glaciale brezza si prendeva gioco di lui, quasi allietandolo con quel suo spirare leggiadro. Del chakra avente la forma dei Serpenti fuoriuscì dalle fauci di quella immane creatura, riversandosi su ogni persona presente nella piazza. Nessuno escluso, tutti diventarono delle loro vittime... Era stata emanata una sentenza per chiunque fosse ancora alimentato dalla linfa vitale. Non v'era scampo alcuno, neanche per Hayate Kobayashi, colui che si decantava come salvatore di Kiri. Tentò di sferzarne la direzione con colpi di piatto delle Hiramekarei, ma le sue speranze furono vane. Provò anche a spostarsi, a volte, ma fu altrettanto futile la sua insistenza. Vide quasi tutti accasciarsi, alcuni avevano provato a lottare per difendersi, altri, invece, non avevano dovuto neanche attendere la comparsa dei serpenti per perdere i sensi. Mentre l'intero ambiente era luogo di distruzione, tra boati e urla, orientò lo sguardo verso il palmo della propria mano, percependo come il chakra ne effluisse.
Le iridi iniziarono a vedere offuscato; quella cataratta cominciò a diffondersi sempre più, relegandolo quasi alla penombra, riusciva a contraddistinguere solamente le sagome, null'altro. Anche gli altri sensi si stavano ridimensionando; il suono ovattato, il tatto poco sensibile. Quel dannato Kataritsuen aveva un bidone dell'immondizia al posto del cuore. Li aveva solamente sfruttati per i propri obiettivi e loro non erano riusciti ad opporre resistenza. Ci fu un attimo, poi, di mera coscienza, prima che anche quest'ultima lo abbandonasse. Libero dai propri pensieri, libero da tutto, tranne delle proprie Hiramekarei che aveva saldamente legato al palmo della mano per iniziare l'eventuale scontro. Le sentì, quasi come se quelle sorelle lo stessero avvinghiando per proteggerlo. Non lo avrebbero tradito. Mai. Poi l'oblio. Il color pece dell'oscurità prese possesso della sua mente. Nulla più. Solo un ultimo urlo.
Poi... quiete.
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