覚醒 Kakusei: scontro finale, [Fase 4]

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¬BloodyRose.
view post Posted on 27/4/2018, 15:53 by: ¬BloodyRose.
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Non aveva voglia di morire. Appoggiato svogliatamente sulla ringhiera di quella nave maledetta piena zeppa di shinobi suoi pari, leggermente curvo sui gomiti, con gli occhi smeraldini lungimiranti, attenti in prossimità dell'orizzonte dove la superficie movimentata dell'oceano veniva maggiormente impreziosita dalle pennellate di luce conferite dal timido riverbero dei raggi dorati dell'astro solare, non riusciva a pensare a nient'altro. Non era considerabile strizza, quella che ghermiva il suo cupo animo in quelle lunghe ore di viaggio verso il Paese della Pietra; nonostante fosse ben consapevole che una volta trovatosi davanti a quelle creature demoniache quel suo povero cuore avrebbe perso molto più di un semplice battito al secondo per l'irrimediabile senso d'impotenza e la smisurata disparità di forza, ancora quella sensazione paralizzante era ben lontana dalla sua mente. Semplicemente, considerate le circostanze e i pericoli che correvano, era piuttosto stupido illudersi di poter tornare a casa come nulla fosse, tutto d'un pezzo. Per quanto avrebbero combattuto, sputando sangue dalla bocca, incassando, stringendo i denti, e per quanto la fortuna avesse loro arriso durante l'aspra battaglia, quei demoni erano chiaramente ben oltre le loro capacità, persino se messe assieme. Non erano nemmeno riusciti a scacciare a parole una lumaca piagnucolosa da un lago senza rischiarci seriamente la pelle, figuriamoci se sarebbero riusciti a combattere e sopravvivere a una vera e propria guerra contro quei mostri. Perché di questo si trattava no? Quella chiamata alle armi non poteva significare nient'altro che questo. Alle alte sfere non importava ovviamente che tipo di persone fossero, che sogni avessero, cosa desiderassero; erano semplicemente componenti comodi della forza lavoro, o tutt'al più carne da macello (a seconda dei casi). E tale si sentiva il castano, in quel dato momento: un pezzo di carne in mezzo a tanti altri pezzi succulenti, sparato direttamente e senza diritto di replica nel bel mezzo del fuoco incrociato per l'utopica speranza di poter salvare il mondo. Proprio così. Quello era il punto focale, il fottutissimo tarlo che non smetteva di pizzicare e scavare dolorosamente nei meandri del suo cervello, sin troppo funzionante in quei lunghi istanti d'impasse: non aveva alcuna motivazione plausibile per combattere, se non quella di difendersi e di proteggere quel poco che gli era rimasto. Non glie ne infischiava un bel nulla di quel mondo che lo aveva spesso maltrattato, che l'aveva messo al mondo per buttarlo in pasto ai peggiori animali, trasformandolo in un emerito bastardo, talvolta amato e desiderato, altre odiato. Alquanto rare erano le cose a cui teneva veramente. Si potevano contare davvero sulle dita di una mano. Per il resto, "il mondo" poteva benissimo bruciare fra le fiamme dell'inferno. Ma questo non toglieva che, pur forzosamente e contro ogni pronostico positivo, avrebbe fatto la sua parte: se anche avessero voluto addentare un bel pezzo di carne bianca del povero figlio di puttana che era, dovevano sudare parecchio. Non era tipo da arrendersi e mai lo era stato, specie quando in ballo c'era la sua stessa vita.
A distrarlo da quel suo continuo sbuffare, stappandolo dai pessimi pensieri che si stava facendo sulla questione, fu un qualcosa di insospettabile e semplice, una piccola sfera iridescente che timida si spinse, sospinta dal vento, abbastanza vicina al suo viso da poter essere intercettata con la coda dell'occhio destro, prima di scoppiare in una miriade d'impercettibili goccioline d'acqua. Curioso. Accompagnato dal suo sesto senso, decise di guadagnare nuovamente la posizione eretta e di volgersi maggiormente verso l'interno per guardare meglio; ce n'erano una miriade di quelle bolle, a cavalcare leggiadre le correnti d'aria da prua a poppa, e proprio a prua venne attratta irrimediabilmente la sua completa attenzione. Anche lui era li? Pessima notizia. Avrebbe preferito di gran lunga saperlo al sicuro, piuttosto che rischiare di vederlo morire davanti ai suoi occhi. Eppure v'era anche un qualcosa di rassicurante nel saperlo li, pronto a combattere: era come un faro, una speranza, in mezzo a quell'agglomerato denso d'oscurità color pece. Decise di avvicinarsi piano, costeggiando la ringhiera sino ai gradini sui quali sostava il rosso, e non ci voleva un genio a capire quanto fosse sovrappensiero mentre soffiava distrattamente le sue bolle dall'hakanai.


Anche tu qui? S'intromise non appena ritenne d'essere abbastanza vicino da essere ascoltato dal suo interlocutore, sforzandosi di rivolgergli uno dei suoi sorrisi pungenti che irrimediabilmente venne macchiato da quanto stava frullandogli in testa. La Dea Bendata deve proprio volerci bene, non trovi? Aggiunse, non tralasciando di far trasparire quel tocco d'ironia tipico del suo modo di porsi, liberamente, appoggiandosi di schiena alla ringhiera e osservando attentamente le iridescenti che il ragazzo stava producendo con un semplice soffio, quasi fosse uno spettacolo magnetico.

Non poté non ridacchiare alla risposta ricevuta, condita anch'essa da una sorta di ironia che pareva maggiormente atta a puntualizzare. Ovviamente non era uno sciocco e sapeva piuttosto bene che la "fortuna" era del tutto casuale, una stronza che non badava affatto a chi aveva davanti e che s'aggrappava a chiunque le capitasse a tiro indistintamente, senza farsi condizionare dal bene e dal male, dai meriti e dai demeriti. Non faceva pesi e misure, ma alle volte sembrava vederci benissimo, nemmeno si divertisse un mondo ad evitare di proposito coloro i quali avevano più bisogno delle sue attenzioni. Ne sapeva qualcosa lui, che la sua "fortuna" se l'era costruita da solo, faticando, senza chiedere mai nulla.
Mettiamola così, il mondo è pieno di sorprese. Fece scivolare dalle labbra quel pensiero, criptico eppure abbastanza eloquente sotto il suo contorto punto di vista. Era una sorpresa doversi trovare ancora una volta a combattere assieme, rischiare assieme; era una sorpresa che fossero quasi destinati a dover morire sotto gli occhi dell'altro. Per questo era combattuto sul considerare positiva o negativa la presenza del rosso su quella nave. Alle volte davvero il destino sapeva essere un gran birbone. E proprio mentre pensava a quanto stramba fosse la situazione in cui erano piombati, giunse la rimbeccata del giovane interlocutore, a scottarlo come un'intensa fiammata, improvvisa. L'aveva colto in contropiede, era evidente dalla sua espressione interrogativa che man mano che veniva assimilata la sorpresa venne a tramutarsi in un broncio da premio. Cos'aveva detto che non fosse comprensibile? Baka. Si, in quel momento se lo meritava tutto. Diamine, d'accordo che non era bravo a far uscire a parole quello che aveva dentro, ma da qui a parlare per enigmi ce ne voleva, suvvia. Voglio soltanto dire che.. ecco.. è curioso. Sembra che siamo destinati a questo. Fece lo sforzo di spiegarsi meglio, facendo una fatica bestiale a trovare le parole giuste. Uno sbuffo. Non mi piace l'idea di morire. Borbottò con un filo di voce, nemmeno fosse un segreto da custodire gelosamente o una vergogna ammetterlo. Chi non aveva paura della morte? Aveva visto tanti di quegli uomini tanto baldanzosi e sicuri di sé crollare all'idea della sofferenza e della morte che alle volte veniva da ridere a pensare a quanto effimera fosse quella maschera d'onnipotenza che molti ponevano sul proprio volto. Lui non faceva eccezione ovviamente. Anche lui indossava la maschera del menefreghismo e della superiorità, per schermare quello che gli era intimo; lo riconosceva. Che discorsi..
A quella semplice confessione, che per il castano era stata abbastanza difficoltosa nonostante non l'avrebbe mai ammesso, Yūzora smise di fare le sue bolle e, sollevandosi finalmente da terra, si avvicinò abbastanza per puntargli l'hakanai a pochi centimetri dal naso, rimbeccandolo scocciato per quanta negatività era insita nelle sue parole. Di primo acchito dovette sollevare interrogativo un sopracciglio, rimanendo immobile a sorbirsi tutta la manfrina e quell'arnese di bambù puntato contro, poi, ripensando all'appellativo colorito che il rosso gli aveva rivolto, prese a ridersela. Doveva proprio ammettere che il ragazzino era fantasioso nelle sue espressioni, chissà quanti libri divorava.
Probabilmente hai ragione, ma che ci vuoi fare, sono un tipo problematico. Rispose alle sue parole, riconoscendo che continuare a pensare così dannatamente in negativo non avrebbe certo migliorato le cose.. ma al contempo sorridendo sornione, quasi fosse orgoglioso di essere un "tipo problematico". A quel punto il rosso allontanò lo strumento da lui e soffiò un'altra serie di bolle, piccole e numerose; Takumi l'osservava ancora, ma al sorriso adesso era stata sostituita un'espressione neutra, forse un po' curiosa. Quando faceva così c'era qualcosa che non andava, e per quanto cercasse di sollevare il suo di morale il rosso pareva trattenere tutto dentro. Non gli era sfuggita la cosa. Cosa ti passa per la testa? Attese giusto qualche momento per porre quella domanda a bruciapelo. Spronandolo a parlare forse avrebbe potuto ricambiare il piccolo favore di poco prima, aiutandolo a buttar fuori ogni preoccupazione per esorcizzarla, estirparla. Parve sorpreso a sentire quella domanda innocua (e nemmeno troppo), tanto che creò nuovamente le sue bolle e fece per osservare il loro moto ondeggiante e sparpagliato, cominciando il discorso alla larga. Un sorrisetto furbo si dipinse sul suo bel viso e gli occhi verdi l'osservarono di sbieco, tanto che rimase sorpreso da quell'espressione. Sollevò nuovamente il sopracciglio, osservandolo scettico. Sembrava stesse per fare una marachella, o una punzecchiata.. e quello che pervenne era effettivamente un qualcosa di molto simile. Sospirò, girandosi e appoggiandosi sulla ringhiera coi gomiti, voltando appena il capo per guardarlo negli occhi con un sorrisetto giocoso. Vuoi controllare tu stesso? Un semplice invito, volutamente provocatorio; chissà se il ragazzo l'avrebbe accolto, dando credito all'orgoglio di non "essere da meno", o respinto, facendo vincere l'imbarazzo o, diversamente, il pregiudizio. Un gioco altamente pericoloso, uno dei tanti che si divertiva a fare a dir la verità. Sfortunatamente fu la seconda opzione a vincere sulla prima, seppure un improvviso trambusto verso il ponte aveva troncato l'attenzione del rosso e, di conseguenza, pure la sua.

Uno spettacolo più unico che raro, quello che stava consumandosi sul ponte della nave. Un ragazzino dalla lunga chioma castana, dall'aspetto piuttosto sofisticato nel suo complesso, stava letteralmente seguendo e scoppiando una ad una le fragili creazioni del rosso, suscitando nei più incredulità e in altri, meno puntigliosi, un certo sollazzo. Ovviamente il castano si affiancava più al primo gruppo, anche perché, a parte la scena bambinesca, del tutto fuori dai canoni per un ragazzo di quell'età in una situazione come quella, credeva di aver riconosciuto chi fosse. L'aspetto del ragazzo non gli era nuovo.
..ma quello non è lo Squalo? Espresse perplesso, osservando la scena con curioso biasimo. Se ci aveva visto giusto, quello doveva essere uno dei possessori delle "magnifiche sette", come venivano spesso chiamate; per essere maggiormente precisi, il possessore della vorace Samehada. Tutti alla nebbia sapevano delle sette spade, venerate per le grandi imprese che i loro possessori avevano perpetrato insieme ad esse. Erano un concentrato di storia quelle, e gli spadaccini che le brandivano erano un ordine sovrastimato, se considerato quel ragazzo. Brandire una spada esotica insomma non era sinonimo di qualcosa di sacrale a quel punto, tutt'altro. Dopotutto quello era un ragazzo come tanti altri, solo con un giocattolo fra le mani che aveva fatto grandi cose nelle mani altrui. Che poi, "grandi".. ci erano pure scappati con quelle, con la coda fra le gambe.
A un certo punto però accadde qualcosa di ancora più singolare del vedere uno dei possessori delle sette scoppiare le bolle di sapone in giro per la prua della nave: all'ennesima bolla di sapone vicino al volto, il giovane Squalo parve non riuscire attraverso il semplice tocco della mano a farla esplodere come le altre. Sollevò un sopracciglio il castano, spostando la sua attenzione sul rosso al suo fianco che sorrideva furbo osservando lo spettacolo. Doveva esserci il suo zampino, senza ombra di dubbio: sapeva perfettamente cos'era in grado di fare con quelle bolle. L'attenzione tornò tutta sullo spadaccino che, dopo un paio di tentativi, si vide scoppiare autonomamente la bolla incriminata, prima ancora potesse nuovamente toccarla: si accasciò sulle assi di legno, tragicomico, cominciando ad urlare di non vederci più e, nemmeno nel giro di due secondi, alzandosi da terra facendo finta che nulla fosse accaduto. Oh cercò di trattenerle le risate il castano, soffiando, cercando di darsi un contegno.. ma non ce la fece. Cominciò a piegarsi in due dalle risate, pensando alla scena che aveva appena visto; la mano davanti agli occhi per nascondere l'espressione inusuale in un riflesso incondizionato, l'altra a reggersi lo stomaco. Kami. Da quant'è che non rideva in quella maniera? Ascoltarsi mentre si ammazzava dalle risate non faceva altro che farlo ridere di più, in un circolo vizioso, nemmeno mettesse benzina sul fuoco da solo. Yuzora era stato un genio.

Dovette ricomporsi nel giro di poco, con una certa fatica a dir la verità, respirando piano e riconquistando gradualmente il controllo di se stesso. La nave era ormai attraccata sulle coste del Fuoco e toccava procedere a piedi da quel punto in poi. Sospirò.
Adesso si cammina.. Commentò fra sé, stiracchiandosi un momento come un gatto che si mette in moto dopo esser rimasto troppo tempo fermo a prendere il sole. Ovviamente fu subito al fianco del rosso, unica conoscenza in mezzo alla marmaglia di sconosciuti suoi compaesani e unica presenza rassicurante in quel compito tanto pericoloso quanto sorprendentemente surreale. Ah, Yūzora. Non morire, me ne devi ancora una. Aggiunse, rivolgendo al compagno un occhiolino complice nel rimembrare quel piccolo debito, che il castano stesso aveva confermato tempo prima che avrebbe riscosso "a tempo debito". Yūzora non gli fece una promessa di quel genere, né gli garantì che non sarebbe morto in quella spedizione: gli promise però che avrebbe venduto cara la pelle, e su quello sapeva bene che era un ragazzo di parola. Sorrise. Questo è il baka che conosco. Si. Da quel punto di vista la presenza del rosso era una manna dal cielo.

Attraversarono le lande verdeggianti del Paese del Fuoco a passo svelto, tenendo abbastanza serrati i ranghi per non perdersi di vista nel folto delle foreste che componevano il territorio. Ebbero modo, lungo il tragitto, di incrociare di sfuggita l'ombra, gigantesca e fugace, di una di quelle creature codate. Stava dirigendosi anch'essa nella loro stessa direzione, quasi quell'emanazione perpetua d'energia esercitasse un richiamo per quei demoni che ancora erano a piede libero. L'idea di poter incrociare nuovamente il cammino con la lumaca piagnucolosa non era più soltanto un'idea, ma in cuor suo il castano sapeva che sarebbe successo. Se dovevano far finire ogni cosa, tutti i demoni dovevano essere messi a tacere. Ne sarebbe stato contento il Rokubi, no? Finalmente era arrivata la sua opportunità di non "rivedere mai più le loro brutte facce". Le successive parole del Kobayashi arrivarono a destinazione come una sferzata improvvisa di vento. Ammirevole che volesse risollevare gli animi, instillare un minimo di speranza nei cuori in tumulto dei suoi sottoposti.. peccato che per il castano quelle parole erano quelle che erano, ovvero piccole menzogne al servizio della verità. Le bestie codate ERANO al di sopra della loro competenza, e le loro possibilità di sopravvivere erano esigue se non nulle. Poco male. Oramai erano in ballo, tanto valeva ballare.

Ed ecco varcati i confini della Pietra, una terra grigia, all'apparenza morta, squassata dalla guerra. Aveva un certo fascino, nonostante a comporla fossero pietre e macerie, lasciate alla mercé del tempo. Giunsero ben presto sul posto indicato e furono accolti da uomini bardati di vesti scure che, spronati dall'ordine perentorio del Mizukage, fecero per scortarli alla presenza di un certo "Kataritsuen". Supponeva potesse essere il pezzo da novanta del Taisei, altrimenti non ci sarebbe stato motivo per il Kobayashi di chiedere di essere ammesso alla sua presenza. S'inoltrarono quindi sino a raggiungere uno spiazzo delimitato da imponenti colonne rovinate dal tempo e piena di sculture deformi che parevano essere soldati di pietra a guardia del luogo. Affascinante.


Non siamo i soli e non siamo i primi ad essere arrivati. Suppongo che da qui in avanti ne vedremo delle belle, specie se i demoni stanno muovendosi.

Non era felice di quella cosa ovviamente, ma come detto non aveva senso oramai piangere sul latte versato: erano in gioco oramai, dovevano giocare e farlo al massimo delle loro capacità, altrimenti sarebbero periti. A prendere parola, dando adito ai dubbi che parevano essere quelli di tutti, fu una donna dall'atteggiamento sicuro, una sovrana, da quel che poteva vedere dalla sua posizione il castano. Quelle domande dirette avevano portato il leader del Taisei a prendere parola, rimestando ancora belle parole per chiedere di quello sforzo che.. non si seppe in cosa sarebbe dovuto consistere, poiché qualcosa avvenne mentre le parole parevano essere lette da un copione ben scritto. Una scossa colse impreparati tutti loro e Takumi dovette fare appello a tutta la sua calma interiore per mantenere il sangue freddo, in attesa di ordini: ben presto all'interno di quello spiazzo si riversarono anche i componenti dell'ordine avversario e la tensione fu subito palpabile. Cosa sarebbe successo da li a poco soltanto i Kami potevano saperlo, ma quel che era certo è che l'avrebbero trovato pronto.
All'ordine del Mizukage di tenersi pronti ad ogni evenienza, Takumi aveva già risposto d'istinto: mano sinistra a tenere fermo il saya sul rispettivo fianco, il pollice della stessa a spingere all'infuori lo tsuba per facilitare l'estrazione della lama e la destra pronta sull'elsa a sfoderarla del tutto. Assottigliato e attento a ciò che si muoveva attorno, lo sguardo smeraldino vagava da una parte all'altra delle rovine, mentre con le orecchie ben aperte cercava di tenersi pronto a un gioco d'anticipo.



Penso serva a un piffero, ma lo metto lo stesso.

<abilità/attivazione> - Sensi Migliorati - [Stm: -2] [Liv 2: 41/50]
"I ninja sviluppano i loro sensi per localizzare pericoli e nemici i agguato, ma ogni individuo possiede un senso che è naturalmente superiore agli altri. Può essere qualcosa di semplice come la vista, oppure più particolare, come il tatto o l'udito. Ogni senso ha le sue caratteristiche che comprendono sia svantaggi che vantaggi, ma ognuno è stato dato un solo dono da Madre Natura o dal duro allenamento.
[Si dovrà mantenere in scheda solo uno dei seguenti Sensi]

Udito: le orecchie del ninja captano il respiro e perfino il battito cardiaco del nemico, rendendo per lui uno scherzo udire i discorsi altrui anche da lontano. Questo, tuttavia rende sensibili i suoi timpani e quindi subisce +1PF dalle ferite all'Udito. Al Lv.0 l'abilità permette di percepire vagamente il mondo circostante tramite un meccanismo simile all'ecolocazione, ma con raggio pari ad 1/10 del normale."

Liv 2: 500 m di raggio
 
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