❝ S h i n e n 深 淵 ❞. L'Artefice
— Kiri - Bijuu. —
~ Kiri ( Paese dell'Acqua) ❝ Bijuu ❞.
Era lì. Dalle trame che le sue dita tessevano dipende il futuro della terra natia che tanto agognava, che avrebbe difeso elargendo la propria vita in favore di quella di Kiri. Non sarebbe mai scappato dalle intemperie, dalle difficoltà come fece l'Oni no shu. Come fecero i suoi predecessori. Aveva assunto, seppur usurpandola, una carica che richiedeva il massimo impegno e la più minuziosa dedizione. Il nuovo giunto aveva radicalmente smorzato l'aria di mera tensione che si poteva respirare all'interno di quella stanza, teatro pochi giorni addietro di una scena a dir poco riprovevole. Le diamantine coglievano lo sguardo di quelle appartenenti al Capo Anbu; quell'uomo, nonostante l'avvenimento, non aveva disonorato il proprio giuramento. Sembrava che ora riponesse la propria fedeltà nei confronti del nuovo Mizukage, sebbene le circostanze per le quali egli avesse assunto il potere, probabilmente, non gli erano congeniali.
Dopotutto vi era una fase che probabilmente avrebbe potuto sancire quel suo cambiamento. "Da grandi poteri derivano grandi responsabilità." Ne era conscio; avrebbe dovuto svelare le capacità che possedeva durante quel nefasto evento. Iniziare con un'effettiva invasione e minaccia globale da parte delle creature codate non sarebbe stata la prospettiva migliore, ma era un modo per acquisire maggior consenso e un'opinione positiva da parte sia del suo popolo, che da quelli limitrofi. Accolse l'assenso da parte della ragazza con un lieve sorriso esibito sul suo volto efebico, la quale dopo l'ammonimento espressole aveva dato qualche accenno di rispetto delle autorità. Probabilmente un po' ipocrita dato che, almeno per quanto concerne l'Artefice, si era avveduto dell'evidente noncuranza di tali dettagli da parte sua. Non ebbe modo di ponderare a riguardo poiché la voce della fanciulla tornò a catturare la sua attenzione. Dopotutto aveva ragione; avrebbe avuto più tempo per incantare e rendere le imbarcazioni più efficienti possibile.
- D'accordo, così sia.
Proferì, sentenziando con quelle parole la sua uscita di scena. Vessò il collo mascherando le mani tra i lunghi capelli perlacei; era da un paio di giorni che non riusciva a riposare adeguatamente nel suo giaciglio. Gravoso era il peso che sorreggeva e ora comprendeva effettivamente cosa significasse essere un Kage; dilazionare il proprio interesse in casi molteplici e di vitale importanza richiedeva una forza d'animo ingente. Aveva congedato i propri colleghi i quali avevano abbandonato la magione per preparare l'armamento ai fini della missione. D'altro canto, lui, non poteva ristorare le membra stanche. Doveva agire nuovamente, stavolta per selezionare coloro i quali avrebbero avuto l'arduo compito di essere i manichini che avrebbero dovuto incassare i colpi inflitti nei confronti di Satomi. Non poteva attaccare il Sanbi e, nel contempo, avere un'occhio di riguardo per l'incolumità della ragazza; non era ancora dotato dell'ubiquità... Forse era l'unico potere non ancora in suo possesso che avrebbe voluto.
La conversazione con Fuyu non fu prolissa, di poche e coincise parole. L'assenso dell'Anbu era inevitabile, avrebbe potuto replicare solo in quel modo ad un ordine del Mizukage. Asservimento? No, semplice fedeltà e lealtà. Prima di proseguire presso la meta che aveva stabilito, Hayate soggiornò un altro paio di minuti all'interno di quella stanza, osservandone la scrivania e, attraverso le finestre, quel mondo insano che lo circondava. Un attimo, un po' del suo tempo per dialogare con quell'io frastornato ma volenteroso. La spettanza che aveva avuto sin dagli albori dell'itinere da shinobi era divenuta attuale; l'anima relegata in un involucro colmo di spifferi sinistri. In pochi avrebbero potuto comprendere le contingenze che lo affliggevano, le paure che lo insidiavano. La paura, sì, esatto, quella che mai come prima stava iniziando ad assaporare. Non gli dispiaceva tutto ciò, sapeva che essa amplificava in modo ingente il potere e la rabbia insita in ogni essere umano. Sperava che il suo fosse un caso medesimo, sperava di non vacillare in quel viaggio apocalittico. Contare sui serpenti in un momento del genere era uno sbaglio; il loro ego e carattere li avrebbe portati a remare contro il loro firmatario. Era da solo. Si, ora stava considerando tale possibilità, ormai divenuta realtà. Gli altri membri dei sette, sebbene le loro peculiari abilità sia combattive che strategiche, non gli avrebbero garantito la forza necessaria per debellare una minaccia del genere. Solo le sue azioni avrebbero potuto far vertere l'ago della bilancia sulla vittoria.
Scosse la testa, liberando i capelli perlacei dalla coda che li teneva legati. Ora gli cingevano il viso, poggiandosi delicatamente sulle spalle. I suoi lineamenti sinuosi si esaltavano con quell'acconciatura, sembrava veramente una creatura mistica. Intraprese il percorso che lo avrebbe portato sul tetto, luogo ove era stato seminato il sangue di molteplici persone. Figure importanti, altre no, ma in quel caso avrebbe dovuto scegliere chi era abbastanza forte da poter morire. Si, esattamente. Le possibilità di tornare a casa vivo per chi sarebbe stato selezionato erano così infime da non essere quasi considerabili valutabili. Nel prosieguo del suo cammino molti furono i pensieri che balenarono nella sua mente fulgida; perché lo stava facendo? Perché non scappare nell'angolo più remoto del mondo e lasciare che gli altri si occupassero di quel problema? Perché, semplicemente questo.
Giunto sin lì s'accorse della presenza di molteplici giovani shinobi dinanzi a sé, i quali si prostrarono avvedendosi della figura del Mizukage. Doveroso rispetto, ma iniziava ad annoverare quel gesto come insignificante. Erano stati valutati attentamente da parte di Fuyu ed i suoi sottoposti; non era necessario che anch'egli mettesse alla prova le loro doti combattive. Si fidava della loro competenza, d'altronde ricoprivano un ruolo vitale per quanto riguardava la forza militare di Kiri. Le loro conoscenze, forse, erano anche superiori rispetto a quelle dell'Artefice.
- Chi siete.
Una sentenza, a dir poco. Entrambi i due lemmi vennero enfatizzati con tono autoritario. Poteva contarli sulle dita della mano, cinque ne erano. A meno che una di esse non fosse stata tranciata, ma così non pareva. Attese che i ragazzi rispondessero alla domanda; appartenevano tutti a dei clan, tranne uno. Uno che sembrava ricalcare le sue orme. Diverso da tutti, ma spavaldo e noncurante di non possedere un potere ereditato. I primi a catturare la sua attenzioni furono lo Yuki e l'Hozuki, non perché palesassero evidenti doti caratteriali o capacità strategiche, ma il motivo risiedeva nelle doti combattive tramandate dai loro clan. Sarebbero stati effettivamente utili sul campo di battaglia dove si sarebbe protratto lo scontro, probabilmente avrebbe potuto usare il potere dello Yuki per ghiacciare parzialmente una parte di Oceano e limitare i movimenti della creatura. Lo Hozuki, d'altra parte, avrebbe potuto facilmente celarsi nelle acque per prendere di soppiatto il Sanbi. Per il resto sarebbero state delle vittime, quindi la selezione non aveva un senso così profondo. Erano utili? Si, almeno così pareva.
- Akio Nakajima, genin del villaggio della Nebbia ed aspirante Spadaccino.
Le sue iridi diamantine si poggiarono con maggior cura sulle sembianze di quel Akio. Un aspirante spadaccino, apparentemente limitato per quel che riguardava fantomatiche doti di clan. Meglio, si diceva. Una vittima che non avrebbe provocato alcun scompenso alla forza militare. Sarebbe stato lui ad incassare i colpi della creatura al posto di Satomi, qualora gliene avesse rivolti.
- Hai paura?
Scattò, come se fosse preda di un ira funesta. Gli occhi sfumarono verso un colore cremisi; lo sguardo di un assassino. Uno sguardo che in pochi avevano visto. Uno sguardo che nessuno aveva potuto decantare sino ad allora. Voleva testare il suo sangue freddo, la sua capacità di aver paura. Se non l'avesse rivelata non l'avrebbe portato con sé. Le Hiramekarei trepidanti gli cingevano il collo; sarebbe bastato un attimo e avrebbe potuto tranciargli la gola. Poteva osservare il chakra che in esse confluiva; lo stava accumulando. La risposta che gli sovvenne in mente, però, non accolse un evidente consenso da parte del Mizukage, il quale mostrò in volto un lieve disappunto.
- Voi tre. Preparatevi. Tra quattro ore alle porte del villaggio.
Proferì, indicando i volti di quei tre con l'indice della mano. Una scena flemmatica, a dir poco, quasi come se volesse alimentare la suspance e la tensione che potevano assaporare in quel momento. Un climax ascendente, voluto da parte del Mizukage. Ripose nuovamente l'arma all'interno del fodero posizionato lungo la schiena, per poi rivolgersi al suo sottoposto, Fuyu, per dargli un ulteriore ordine.
- Ben fatto, Fuyu-san. Vai a riposarti prima di assumere una responsabilità così grande.
Un consiglio quasi paterno. Era a conoscenza delle responsabilità che avrebbe assunto, se si fosse riposato avrebbe iniziato nel migliore dei modi. Uscì dalla magione, non dalla porta d'entrata, ma balzando di tetto in tetto fino a raggiungere quella che parea la sua vecchia dimora. Non sapeva se vi fosse tornato, non sapeva se al suo ritorno la situazione fosse divenuta totalmente differente. Non sapeva alcunché ed era questo a fargli maggiormente paura. Rimase lì un paio d'ore, sdraiato sulle tegole d'un tetto con a fianco la propria fedele compagna. Gli occhi erano rivolti alla volta azzurrina, era difficile vederne il colore reale data la nebbia che aleggiava. Quest'ultima, però, sembrava lo abbracciasse, un'ultima volta, cercando di confortarlo senza alimentare le sue preoccupazioni...
Giunse il momento, finalmente, e non attese ulteriormente. Le porte del villaggio non erano distanti quindi intraprese celermente quel breve percorso che lo avrebbe portato a rincontrare gli "eletti". Prima che vi giungesse, però, la sua corsa venne arrestata dalla figura di Fuyu, sebbene fosse consapevole che non si trattasse di quella reale. Era la copia a cui era stato demandato il compito di controllare le azioni di Satomi. Era tutto andato come doveva e la ragazza non aveva fatto alcunché per destare la sua rabbia o ulteriormente denigrare la sua figura. Meglio così, si diceva. Lo congedò con un cenno del capo e balzò nuovamente. Le Hiramekarei erano trepidanti, non attendevano altro che cimentarsi in una nuova battaglia. Da poco avevano assaporato le carni di una creatura divina; un'altra in così breve tempo era semplicemente doverosa. Da lì a poco sarebbero giunti, per ora era il solo ad essere alla meta. Effettivamente era in anticipo, non poteva redarguirli.
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