Il Ritorno della Terza Spadaccina!

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view post Posted on 13/6/2012, 14:19     +1   -1

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krah

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*Era un umido pomeriggio a Kiri, fra qualche ora il Sole sarebbe tramontato, sparendo in una coltre rossiccia proprio dietro quel tornado di Nebbia, la stessa sigillata dal Momochi. Vi erano poche nuvole a coprire il cielo, proteggendo con un ultimo e disperato sforzo quella terra, nascondendola dai raggi di quell'astro caldo, di cui gli stessi ninja del suddetto Paese avevano scelto di privarsi, per gioire, allenarsi ed uccidersi tra le spire di quella possente nebbia che ora era stata strappata via dal loro possesso. Anche se l'Inverno era ancora lontano soffiava un vento gelido e sinistro, che con la sua brezza malinconica riportava in mente brutti ricordi alle genti di Kiri, riguardanti non solo il dominio di Oto, ma anche la scomparsa della valente Mizukage Momochi, della fuga degli Spadaccini e della sconfitta. Quelle folate di vento suscitavano solo questo: sconforto. Un malessere generale ed opaco, che sfibrava, facendo passare a chiunque la voglia di proseguire nei propri intenti. Certo, un ninja non si deve far abbattere, soprattutto quelli di Kiri, rinomati per la spietatezza con il quale agiscono... Ma un uomo è pur sempre un uomo. Anche se prova a rinunciare alla sua umanità, anche se l'elimina quasi completamente, rimane comunque una piccola scintilla, fiammella in lui, che lo fa sentire vivo, vicino ai Kami.

Tutti speravano che quella giornata finisse, assopendosi secondo dopo secondo, fino a sparire, e venir dimenticata. Molti lo speravano: illusi. Quella giornata non era ancora volta al termine, e non era affatto vuota, anzi, tutt'altro. Presto un evento avrebbe scosso quella terra stessa, avrebbe sconvolto molti individui, avrebbe suscitato rabbia e apprezzamento. In altre parole avrebbe fatto un qualcosa per riportare la Vita in quella nazione nera, ancora stanca ed emaciata per lo scontro subito. Una kunoichi avrebbe fatto il ritorno per dare una mano alla patria, una kunoichi spadaccina che l'aveva abbandonata per il suo bene, una kunoichi che aveva sofferto come una cagna per essa: Kaminari "Ryu" Shozoshi, il Becchino.


Il Becchino, il Terzo Spadaccino di Kiri. Il Dominatore della Tempesta, della Sventura, della Morte e delle Maledizioni. Utilizzatore delle Rai Roga, quella coppia di lame costruite con un metallo trovato chissà dove, ai margini del continente tutt'ora conosciuto, che a loro volta rendono possibile il magistrale utilizzo dell'elemento Fulmine, permettendo al suddetto Shinobi di poter far proprie un'infinità di jutsu devastanti, non solo per chi le subisce, ma anche per chi le utilizza.
Autolesionismo. Un dolore che porta altro dolore. Un dolore sopportabile, un dolore giusto, un dolore che serve alla causa.
Un dolore che forgia il carattere, temprandolo, rendendolo più duro nel migliore dei casi, distruggendolo nel peggiore, rendendo il presunto Spadaccino una larva, incapace di intendere e di volere, incapace anche di vedere a causa della cecità per la forte luce delle saette di cui si faceva vanto. Già, anche se è il mizukage a scegliere apparentemente i propri sette Spadaccini, è la spada poi con il suo flusso del Karma ad accettarli o meno. Molti considerano queste armi solo degli oggetti portentosi, ma non è così: esse hanno un'anima, come tutte le spade del resto, ma queste vanno oltre il già complesso concetto di Katana. Le Sette Lame della Nebbia sono delle creature vere e proprie, animate da energie intrinsecamente simili a quelle che muovono l'uomo, a cui ancora oggi non si riesce a dare una spiegazione.
Il Becchino, Figlio della Tempesta che lo protegge, aiuta e fustiga anche. Tempesta che non l'abbandona mai, distruggendo tutto ciò che ha intorno a se, spezzando legami non solo con persone ma anche con luoghi. Infatti più e più volte Mizukage del passato esiliarono questa loro arma, poiché con le sue nubi irruente distruggeva qualsiasi cosa, portando non solo danni, ma anche irreparabili morti. Questa è la Tempesta: non solo il Vanto del Becchino, ma pure la sua Afflizione.


Kaminari stava ritornando a casa, ma non da sola. Con se aveva Yukai e Kahori, rispettivamente la figlia e l'allieva, quelle due che aveva incontrato e preso con se in quell'isola vicino all'arcipelago di Kiri, quando rivide anche quella sorta di spettro di Illya, che l'aveva a modo suo istruita, facendole capire molte cose riguardo la vita, la morte ed anche se stessa. L'aveva fatta maturare quel giorno, rendendola molto più forte di quanto era prima, non solo da un punto di vista pratico e puramente fisico, ma anche mentale. Ed il tempo era passato iracondo, facendola crescere sempre di più, fino a farle ottenere parte dei poteri di un Drago, a farsi ribattezzare da uno di questi.


Ed era proprio con questa forma che stava ritornando.


Il cielo si oscurò travolto da delle nuvole nere come la pece, cariche non solo d'energia elettrica, ma anche d'acqua, che subito riversarono a terra con cupidigia, bagnando ancora una volta quella terra, portandole la notte su delle ali invisibili. Kaminari era li, nel cielo, trasformata completamente in drago: quel suo nuovo corpo era lungo diversi metri, così tanti da svanire nella coltre nera, tutto aggrovigliato su se stesso. Vi erano numerosissime squame appuntite a ricoprire quel fisico da serpente gigante, tutte nere e resistentissime, che a modo loro riflettevano quei numerosi bagliori di luce dei fulmini, che man mano incominciavano a ruggire con violenza e impeto. Tutta Kiri poteva vedere quell'essere, quella creatura sul nel cielo, TUTTI.

Ruggì, mentendo in quell'urlo tutta se stessa, chiamando a se il Villaggio stesso e l'attuale mizukage.*


- KIRIIIII! -



*Poi scomparve dentro quella tempesta scura come la morte, ricadendo a terra con le sembianze di un fulmine dalle gigantesche dimensioni, del medesimo colore delle nubi del cielo. Tagliò l'aria con una velocità impensabile, producendo un sibilo fastidioso, snervante. Poi un boato. Quando la saetta toccò a terra si liberò in una grande ondata d'energia un'esplosione di Nebbia nera, che in breve tempo avvolse gran parte di Kiri.
Nel mezzo di questa vi erano tre persone: Kahori, vestita con una tunica grigia e verde, la quale teneva in braccio la piccola Yukai, incurante di tutto e davanti a questa Kaminari, con addosso un paio di pantaloni mimetici, aventi delle chiazze che andava dal bianco al grigio scuro, a coprirle il petto vi era una semplice maglietta chiara, strappata in alcune parti, che lasciavano intravedere numerosi tatuaggi sulla pelle pallida, legato al collo vi era il coprifronte di Kiri, non ancora inciso, e legato con una cinta dietro le sue spalle un grande ed immenso Sutra... Un sutra che Ryushi conosceva perfettamente: era quello contenente le tecniche dei Sette, ed il Sigillo della Fedeltà. Il tesoro alla fine aveva fatto ritorno a casa.*


- Vermi... Chiamate il Mizukage. Ora.

*Sibilò alla gente che si trovava nel luogo dell'impatto, in quella piazza di fronte alla residenza della guida di Kiri.*

Edited by .Kiessa - 15/6/2012, 15:18
 
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Negli ultimi riflessi che anticipano il nascere delle tenebre, un sogno può divenire paurosamente reale. Il sogno è specchio di desideri, di ricordi e delle coscienze dannate. si mostrano in sogni angosciosi le paure e le passioni, e Hayate non ne fa eccezione. Lui giovane genin della Nebbia, un talento che sarebbe arrivato ai suoi albori nel giro di poco tempo, ostacolava l'andare del tempo giacendo nel soffice letto armato di Kunai agli ambo i lati del giaciglio in appositi foderi. Scuoteva le sue addolorate membra, sudava, mormorava e domandava al nascente buio dei fantasmi del passato. Anime dannate, erano tante, tantissime. Non riusciva a capire, non sapeva capire. Seppur ancora giovane e non propriamente maturo si domandava del perchè di un esistenza che era destinata a perire, come ovviamente accaduto nella recente missione da lui affrontata, ma nonostante questo aveva capito : gli uomini nascono per soffrire le atrocità della realtà e vivono per morire inesorabilmente. Per la sua stolta mente tutto questo è follia, abituato alla logica delle cose, alla logica della realtà. Brutta cosa la vita, eh?

Spalancò le iridi perlacee e vivide, una luce temprata dall'imbrunire del giorno andava schiarendosi sempre di più lasciando spazio al normale ambiente Kiriano. Una mano era poggiata sul petto, l'altra invece oziava sulla fronte del giovane. Respiro regolare e quieto. Stanco e stressato si mise a sedere su quella branda da lui adeguatamente sospesa. Si strofinò gli occhi, dopo essersi sorretto in piedi e essersi diretto verso il bagno e giunto ad una piccola fontanella si bagnò le mani per poi rinfrescarsi le palpebre che bruciavano per l'umidità di quella piccola casa. Una brezza fredda soffiava tra gli spiragli degli anfratti della sua casa, chiamiamola così. Passava tra i capelli provocandone una sensazione rilassante, empirica, cinematografica.

Osservò con modica attenzione quanto succedeva nel suo villaggio natio, movimento, clamore s'udiva tra la gente che accorreva per le strade. Il giorno si fece notte, l'oscurità prevalse alla luce, il male al bene. Uomini colti dalla speranza, quella che avrebbe dovuto guidare le loro anime verso una vita benevola, sfarzosa, senza intoppi ne morti vane. Ma chi poteva dire che essa esistesse davvero? Che fosse davvero presente o che fosse solo un invenzione della perversa ed incontrollabile mente umana? Tutto ciò che egli desideravano, agognavano era realmente raggiungibile? Domande, sensazioni, ricordi. Era tutto ciò che affiorava nel suo animo, domande riguardo le sue capacità e la possibilità che gli potesse acquisire una delle sette, sensazioni sul degrado che aveva invaso Kiri dopo che la nebbia si fosse ritirata in un solo turbinio, totem di un umanità volta al termine. Ricordi di morti e sangue versati per raggiungere il suo obiettivo, non poteva dimenticare quanto liquido cremisi avesse visto, toccato, durante il periodo di sosta alla casata di Yukio.

Gocce, crepitii colsero ora la sua attenzione distogliendolo dai brutti ricordi del passato. La pioggia scendeva, infrangendosi contro il vetro, cigolando infine verso il marmo che la sorreggeva, cadendo sul manto della strada. Un eterna caduta, malinconia era quella che ora temprava il suo animo. Nuvole buie s'accostavano l'un l'altra creando un fredda pelliccia color pece. Il cielo aveva freddo, era ammalato. Anche lui, lo era. Impresso sul suo corpo un altro tatuaggio. Dannato Dio, aveva osato temprare il suo derma con un disegno perverso, un uomo senza braccia nè gambe delimitato da un cerchio. Che aveva fatto di male per meritare tutto ciò? Uccidere, no, sarebbe stato troppo stupido. Invece era stato l'ostentare, il non affrontare i propri desideri a portarlo su quella via, su quella strada che gli aveva fatto solo del male, aveva percorso l'intero suo corpo con dolori, apatie, domande post apocalittiche. Ora era deciso, si sarebbe diretto verso la residenza per ovviare ad uno dei desideri che lo tormentava. Si lo sappiamo qual'è.

Ma qualcosa destò lo spigolo del suo occhio destro, un animale, metafisico svolazzava nel cielo di Kiri, una minaccia s'avventava sul paese dell'acqua? Pericoli inondavano la gente di paura non propriamente apposita per la gente di Kiri. Aveva visto quella figura nei libri durante l'accademia, lunghezza alare ampia, una pelle ricoperta da squami appuntite, si era un drago, almeno palesava la sua figura. Per osservar meglio quanto accadesse aprì la finestra e potè udire nella sua forma più consueta l'urlo che richiama il nome del suo villaggio.
Kiri.

S'accinse ad incamminarsi verso la direzione intrapresa da quella creatura, con celere passo fino a saltare di casa in casa per tagliare la strada da percorrere. Ansia percuoteva ora il suo animo. Era arrivato finalmente alla residenza e potè osservare tre figure che svettavano nella piazza di fronte. Portò la mano lungo il fodero dei Kunai, non sapeva chi fossero, nemici o amici. Dovette aspettare che la nebbia nera creata dal tonfo del loro arrivo si librasse in aria affinchè potesse vedere il coprifronte della nebbia legato al collo. Era un'alleata, presumibilmente. Avanzò tra le prime linee del corteo che si era venuto a creare per osservar meglio la scena. Era una donna, pressochè tappezzata la maglia in vari punti lasciava intravedere tatuaggi lungo il corpo, proprio come lui. Ma notava qualcosa di familiare in lei, l'aveva già vista quella faccia da qualche parte. Si, ora ricordava. Era stato durante una delle sue letture notturne della storia delle sette, citava una ragazza dalla bionda chioma che era diventata la nuova becchina, colei che era in possesso delle rai roga. Era incredibile, ora ne aveva un'altra di fronte a sè. Prima il Mizukage, ora lei. Era un segno del destino? Troppi Era, è è meglio.

- Bentornata a casa, Becchina.

Mormorò con se stesso
 
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Bardiel92
view post Posted on 15/6/2012, 19:15     +1   -1




*Vi fu un tuono, tanto forte che la terra stessa sembrò tremare. Un lampo, tanto intenso che l'intera Kiri venne illuminata a giorno. I duri profili delle case si stagliarono contro il cielo nero, mentre la pioggia continuava a cadere, ininterrotta, inesauribile. Per quanto ancora sarebbe andata avanti? Ormai le strade erano ridotte ad un unico fiume fangoso, che sembrava muoversi lento, ma uniforme, sotto quella fitta pioggia. Il cielo riversava sui peccatori della Nebbia la sua furia, la sua tristezza, il suo pianto. Ancora una volta, sembrava che gli dei li stessero punendo per ciò che avevano fatto, per i segreti che portavano nei più oscuri recessi dei loro cuori, per quei pensieri che venivano immediatamente accantonati, tanto erano odiosi alla mente. Ma chi era, in realtà, a portare quei peccati nel fondo del proprio animo? Kiri, o quello sparuto gruppo che era rientrato pochi mesi prima, sperando di cambiare le cose, di riportare il Villaggio alla sua antica gloria? Erano stati stupidi, in quel momento, come mai prima d'allora. La Nebbia non si sarebbe mai fatta dominare tanto facilmente, specie non da dei traditori, che avevano agito per il bene di Kiri voltando le spalle alla loro patria.
Come, come recuperare a quel tremendo errore? L'essenza stata di quella terra se n'era andata, perduta, forse persino per sempre. Una colpa, quella, che gli gravava sul cuore, che ogni giorno diveniva più pesante, che ogni secondo lo corrodeva, lo consumava. Avrebbe voluto piangere, sfogare la propria rabbia contro quel cielo che sembrava avergli portato via ogni cosa, verso quegli dei che, ammesso che fossero esistiti davvero, gli avevano portato via quasi tutto quello che aveva di più caro. Quando quella punizione sarebbe cessata, si chiedeva? Quando Kiri avrebbe riacquistato la sua antica gloria, il suo ardore, il suo desiderio di sangue e vendetta? Gli stessi abitanti parevano aver dimenticato il loro passato, il loro essere, la loro realtà. Quando Kiri era diventata tanto molle, tanto pacifista, tanto sottomessa? Cosa poteva mai essere accaduto in quei pochi anni?

Ryushi chiuse gli occhi. Tentò di ricordare come fossero le cose sotto il governo dei Momochi, ma quei ricordi sembravano essere talmente lontani da assomigliare più ad un sogno che alla realtà, più alla fantasia che al passato. Era davvero possibile riportare tutto a quel livello, a quel momento, alla perfezione cui si era giunti? Una domanda tormentosa, a cui il Mizukage non era in grado di trovare risposta. Il suo cuore e la sua mente erano vuoti, pieni solo delle menzogne per placare e rassicurare i suoi concittadini.
Menzogne, si rese conto con orrore. Si stavano avvicinando a Konoha, a quella costruzione di illusioni e frivolezze che riusciva a dare ai suoi abitanti una vita serena. Si stavano abbassando ad un livello tanto infimo, per chiudere gli occhi dinanzi alla realtà e cercare rifugio in un caldo, speranzoso mondo che non esisteva. Lo Spadaccino si alzò all'improvviso, sentendosi colpevole di un qualcosa di orribile. Possibile che Kiri non si accontentasse più della verità, per quanto dura potesse essere, ma avesse bisogno di menzogne per essere tenuta al sicuro? Era stata la scomparsa della Nebbia a causare tutto questo, a fiaccare tanto gli animi da cambiare in quel modo le persone? Il ragazzo strinse con forza i pugni, trattenendo a stento l'impulso improvviso di prendere a pugni la scrivania. A che sarebbe servito rompere quel pezzo di legno, se la mentalità degli abitanti, insieme alla sua, non fosse cambiata? Scosse con forza la testa e si risedette, accarezzando distrattamente l'elsa della Samehada. L'ultima sua compagna, l'ultima sua amica, l'unica parte di sè stesso che ormai non disprezzava, per cui non provava ribrezzo. Solamente su di essa poteva contare; se non ci fosse stata lei, di certo la vita dello Spadaccino sarebbe terminata molto tempo prima.

In quell'istante, il tempo sembrò fermarsi, ogni cosa divenne immobile, tranne le nuvole, che si muovevano turbinando, fondendosi e separandosi, e i fulmini che da esse traevano vita. Lo Squalo era immerso nei propri pensieri, turbolenti come quelle scure nubi, fiammeggianti come quei lampi, dolorosi come nessuno dei due poteva esserlo, quando la porta del suo studio si spalancò all'improvviso. Gli anbu, il Lupo e la Volpe, si trovavano già alle sue spalle, anche se non avevano ancora proferito parola.
Il ragazzo si voltò, corrucciando la fronte. La sua segretaria, insieme ad un altro paio di shinobi, era davanti alla scrivania, chiusa fra le scure ombre di morte che vegliavano sula vita del Kage. Tentò più volte di cominciare a parlare, ma sembrava come incapace di formulare pensieri coerenti. Impiegò un paio di minuti prima di riuscire a sussurrare qualcosa di sensato, qualcosa che fece contorcere le viscere del chunin, che fece tremare il suo cuore.*


Segretaria:"Kaminari Shozoshi... è appena tornata... nella piazza."

*Senza nemmeno una parola, s'alzò, uscendo di corsa dalla stanza. Si concesse appena il tempo per afferrare la Samehada, che fremeva come poche volte prima di allora. Davvero era tornato un altro membro dell'Oni no Shuu? Davvero Ryushi stava per rincontrare uno Spadaccino, una persona con cui realmente condivideva qualcosa? In pochi secondi, era già fuori dalla residenza e, un passo dopo l'altro, si ritrovò a correre verso la piazza. Solo dopo un centinaio di metri si fermò, il fiato pesante e gli abiti zuppi di pioggia.
Che stava facendo? Perchè aveva provato tutta quell'improvvisa gioia, quella strana felicità nel sapere che al mondo ci fosse ancora qualcuno simile a lui? Strinse l'impugnatura della sua unica, vera compagna, mentre cercava di ritrovare la propria lucidità. Si sistemò la Samehada sulla schiena, scostandosi al contempo i lunghi capelli dalla fronte. Perchè lei era tornata proprio in quel momento? Perchè aveva atteso tanto, anche dopo la liberazione di Kiri, anche dopo la morte di Gin Aikido? Che altro stava cercando fuori da Kiri, che cosa poteva sperare di trovare in quel mondo fasullo e ostile?

Lo Spadaccino rabbrividì. Dov'era lei mentre i resti dell'Oni cercavano di farsi di nuovo posto nella loro vecchia casa? Dov'era mentre venivano umiliati, torturati, derisi, disprezzati? Dov'era quando era stato costretto ad uccidere il suo signore, un Mizukage che, pur non riconosciuto da lui, era il suo diretto superiore? Dov'era, soprattutto, quando Kugi era morto, quando la sua vita gl'era scivolata via dalle dita, mentre il cielo piangeva per l'allievo deceduto e la stupidità del suo maestro? Dov'era sempre stata?
Ryushi si guardò attorno con un certo odio, cercando di capire cosa stesse facendo, cosa stesse sperando di fare. Si aspettò quasi di vedere dei muri di cristallo, con i freddi occhi dei cadaveri, a sbarrargli la strada, indicandogli l'unica direzione che avrebbe potuto seguire. Non c'era scelta? Era davvero obbligato a proseguire, nonostante le sue sensazioni, nonostante i suoi pensieri? Sbuffò ed un leggero tremito, forse dovuto alla pioggia ed al freddo, anche se nemmeno lui ne era sicuro. Dietro di lui scivolarono silenziose due ombre, guardandolo con scuri occhi interrogativi. Il ragazzo sorrise e riprese ad avanzare, sotto quell'incessante pioggia, un passo dopo l'altro.

Gli ci vollero diversi minuti per raggiungere la piazza, che si aprì davanti a lui. Un capannello di gente era radunato agli angoli, guardando di traverso verso quelle due figure che si ergevano, tetre, nella solitudine del temporale. Seguito dagli anbu, lo Squalo avanzò, fino a trovarsi a pochi metri dalla ragazza.
Accanto a lei, una bambina, coperta da un'ampia veste verde, era in piedi, immobile, e stringeva una neonata fra le braccia. Poco più in là, Kaminari Sozoshi, il Becchino, lo fissava con occhi glaciali. Era diversa da come Ryushi la ricordava. Non aveva mai parlato molto con quella ragazza, ma il solo fatto di essere parte dello stesso gruppo, dell'Oni no Shuu, dei traditori, dei codardi, lo faceva sentire legato a lei. In mezzo a quella vera e propria tempesta, notò appena gli strappi nella maglietta e i tatuaggi che ricoprivano la sua chiara pelle.

Chiuse gli occhi e li riaprì meno di un secondo dopo. Sorrise.
Un sorriso senza allegria, senza felicità, appena velata di un certa cortesia. L'unica cosa che quell'espressione poteva comunicare era la tristezza.*


Ryushi:"Bentornata, Kaminari-san."

*La chiamò con voce bassa, sicura e, sperava, anche calma, mentre i suoi chiari occhi erano fissi in quelli di lei.*
 
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view post Posted on 15/6/2012, 21:30     +1   -1

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*Deciso e sicuro di se arrivò di fronte a lei il Mizukage della Nebbia, la figura su cui si reggeva lo stesso villaggio che guidava, una persona che come lei aveva dato molto a Kiri, fino a logorarsi. Una persona che s'era macchiata di una grande infamia, fuggendo, ritornando poi nella patria, per servirla, fino ad arrivare a quel punto: diventare la colonna portante di una delle più grandi potenze mondiali. Quello spadaccino marchiato da Illya e poi da Kaminari stessa, a Suna, quel valente guerriero che nell'Oni no Shuu era - forse - secondo all'Osamura e le sue Cento Spade.*

- Porta la piccola all'asciutto.

*Fece secca la ragazza, rivolgendosi all'allieva che senza aspettare ulteriori conferme si allontanò da quel luogo, in cerca di una taverna o qualsiasi riparo. Era necessario, sennò la bambina si sarebbe ammalata, e quella era l'ultima cosa di cui necessitava la Becchina. La stessa che ora camminava lentamente verso lo Squalo, mentre la Nebbia nera man mano si espandeva sempre di più, abbracciando qualsiasi individuo nella piazza, facendo sentire ai suddetti una strana sensazione sgradevole, a dir poco nauseabonda.*

- I nostri collaboratori sono stati ripagati.

*Sibilò schietta continuando con il suo passo marziale, fermandosi a circa dieci metri da lui, facendo scivolare le mani suoi suoi fianchi. Osservò attentamente quello che ora era il Mizukage, scrutando nei suoi occhi, immergendosi in quella rivoltante tristezza che la mandava così tanto in bestia. Una tristezza tale che le mise un nervoso indicibile nel corpo, tanto che iniziò a mordersi il labbro inferiore con i suoi denti aguzzi.*

- L'Antica Alleanza con loro riportata in auge.

*Un nervosismo tale che la spinse a togliersi le bende legate alla bocca e al collo, o meglio, a strapparsele di colpo, buttandole così a terra per poi calpestarle. Le sue parole parevano non sortire effetto, sembrava tutto vano, nulla toccava quella persona, nemmeno quella pioggia irruenta che picchiettava la sua pelle e quei fulmini fragorosi che con il solo suono davano l'impressione di spazzare via tutto quanto, Villaggio incluso.*

- I Sette Sutra degli Spadaccini riportati a Kiri.

*Alzò la mano destra di fronte ai suoi occhi, poi aprì le dita e le strinse subito per afferrare un qualcosa che si materializzò di colpo in una piccole esplosione scura, la quale poi si mostrò in tutto il suo macabro splendore ai presenti: la ReiKiri, quell'immensa Dai-Katana dalle sembianze simili alla Kubikiri, la Tagliateste, ma con la lama completamente nera con bagliori cremisi e i fili seghettati, in modo non solo di tagliare l'anima delle proprie prede, ma anche di straziarla.*

- Ed il mio Potere... Cresciuto vertiginosamente, Ryushi "Same" Oizashi...

*Rimase interdetta, senza dire più nulla, bloccandosi di colpo. Gli occhi smeraldini si fecero sempre più opachi, diventando spenti, ma vivi. Le pupille s'assottigliarono sempre di più, diventando solo due piccole fessure traboccanti si cattiveria. Le labbra prima contratte per la rabbia si stesero all'indietro, in un sorriso malvagio, insano. Le stesse labbra che si mossero ancora una volta, per permettere a Kaminari di dire ciò che pensava in quel momento.*

- ... Ma quegli occhi.. Quei DANNATI occhi..

*Le facevano capire una cosa che non voleva accettare. Le facevano nascere in lei una forte emozione negativa che si sarebbe potuta scaricare anche su altri presunti ''innocenti''. Le facevano intendere che stava per cedere, per mollare, per arrendersi. Le facevano... Afferrare con forza la ReiKiri, alzarla in aria e poi a terra, facendo ruggire da questa una forte ondata scura diretta verso il Mizukage stesso. Era la Sciabolata Nera del Becchino.*

- TU! Hai voglia di vivere, vero Ryushi?!? VERO?!?

*Avrebbe potuto parare quel colpo, ne era certa, aveva una vaga idea della sua forza e naturalmente come lei anche lui era migliorato in tutto questo tempo. Era un attacco simbolico, un'ondata di Yonakiton piena di frustrazione, disperazione, delusione. Ma non solo, no. Era anche carica di voglia di proseguire, di prepotenza, di fierezza. Un fendente che per molti sarebbe stata un'offesa, ma che per spadaccini come loro, era il miglior modo per dialogare, in un modo intimo, unico, che solo loro sapevano decifrare. Lama contro lama.*
 
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L'attesa batteva pulsante tra le mille sensazione recondite nella sua mente, un moto che diventava interminabile, quasi insopportabile, che rendeva ancor di più struggente la calma che tentava di imporre al suo efebico corpo. Solo il ticchettio della pioggia battente sulla strada e lo spirar della brezza fredda cagionava gli unici rumori di quelli interminabili momenti. Immerso in quel vorticare tenebroso che stanziava lì, di fronte alla sua figura che rendeva ancora più tetra e dotata di anima propria quella nebbia che contraddistingueva Kiri e la proteggeva da chiunque, o da qualsiasi cosa potesse portare danni al villaggio.

Il vociare della gente del villaggio si faceva sempre più alto, più curioso. Perchè quella donna era tornata a Kiri dopo un bel pò di tempo? Aveva preso parte ad una pericolosa missione che le aveva permesso solo ora di ritornare? Queste erano le domande che il giovane Hayate si poneva nella sua stolta ignoranza di ciò che era accaduto, di ciò che era diventato storia del villaggio e che gli era stato celato nei particolari minimi. Attimi, interminabili secondi s'abbattevano contro quel momento impassibile, che necessitava di ore per essere commentato, per essere perlomeno pensato e assimilato. Ma lui no, non poteva, osservava solamente lasciando che i ricordi defluissero nella lunga coda della sua mente. Spingevano, s'urtavano, erano davvero tanti. Perchè ricordi? Ovvio, anche se erano passati uno o due minuti essi diventano ricordi. Ma anche pensieri che avevano pressochè da battibeccare con i loro compagni di vita per il non rispetto della fila.

Ebbe modo di vedere l'imminente figura del Mizukage che con passo felpato s'apprestava a dare il benvenuto alla sua compagna, dopotutto facevano parte di uno stesso clan, e ad un suo soldato. Seppur lui non sapesse nulla sulle loro vite, riguardo le loro vicende era fiducioso che quello era solo un ritorno a casa, nulla di più. Potè notare l'eleganza delle sue movenze, nonostante fossero un pò affrettate.

Non udiva nulla, il vocio della gente, il mormorio della pioggia battente ostacolava il normale fluire delle parole alle sue orecchie. Ciò continuava ad accadere anche se si fosse spostato più avanti. Nella discussione tra i due possessori delle spada si potè ben vedere che la giovane che sorreggeva tra le sue delicate braccia il neonato s'allontanò dalla Becchina che era visibilmente con il volto virato verso la sua figura. E ora lei, che con passi piccoli e silenti s'apprestò ad avvicinarsi alla figura del suo Kage, mentre la nebbia Nera si appropriava dei suoi occhi, delle sue vesti, del suo spirito. Sporco, proprio come si sentivano tutti i Kiriani. Sporchi da una nebbia che li respingeva, che non ritornava ad essere un tutt'uno con il popolo, un tutt'uno con il cielo. Un tutt'uno con se stessi.

Ella Palesò le mani lungo i fianchi, per poi riportarle verso il volto per destare dal suo corpo le bende che vi erano legate, forse ferite, forse solamente accessori del suo vestiario, o forse non ne poteva sapere proprio niente. Si stava ponendo troppe domande, anche io ne sono cosciente. A render ancor più vana la speranza del giovane Hayate era quel nefasto turbinio di fulmini che s'abbatteva a poche frazione di secondo l'un l'altra. Tutto andava contro il suo udito, non c'era un altro senso per udire?
Qualcosa però destò l'attenzione del sognatore, aveva impugnato la sua spada, l'aveva esposta in direzione del Kage, segno di rispetto tra compagni? O sfida tra assassini? E qui ci vuole, Cazzo.

Un'ondata di luce scura si stava per abbattere sulla figura del Mizukage, proprio in quel caso sarebbe dovuto intervenire per proteggere il suo Kage, per rendere vana l'azione della Becchina. Ma come? Era mostruosamente più forte di lui, con più esperienza di lui, tutto più di lui. Potè solamente portare la mano destra all'elsa della Dai-Katana sfoderandola quel poco da renderla libera da metà fodero sperando che quel colpo sarebbe stato vano grazie alla potenza di Ryushi-same.



 
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Bardiel92
view post Posted on 16/6/2012, 10:35     +1   -1




*Cominciò a parlare, fissandolo con i suoi freddi, tetri occhi, mentre il sorriso dello Squalo svaniva. Dietro un ordine secco, la bambina si allontanò, con l'infante stretta fra le braccia, e la pioggia, se possibile, aumentò ancora d'intensità. Ormai il ragazzo poteva sentire le gocce sferzargli la pelle, come se tentassero di lacerarla, di fargli provare il dolore che anche la loro padrona aveva dovuto sopportare. ma a quelle sensazioni, a quelle minacce, a quella tristezza, Ryushi era indifferente. I suoi chiari occhi era fissi su quelli di Kaminari, che aveva cominciato ad avanzare con passo sicuro verso di lui. Una nebbia nera, minacciosa ed ostile, quasi sibilando apparve alle spalle del Becchino, circondandola in pochi secondi. Istintivamente, lo Spadaccino sfiorò l'elsa della sua arma, che fremette, impaziente e anche, così sembrò al suo compagno, irrequieta.
Poi, Kaminari cominciò a parlare. Patti rispettati, alleati ripagati, forza accresciuta.

Al ragazzo, mentre lei s'avvicinava sempre più, non sembravano altro che scuse. La sua mano si strinse attorno all'elsa della Samehada, che si mosse sempre più, quasi chiedendogli ciò che lui già pensava, quello che, forse, segretamente sperava. Anche la sua compagna, dinanzi a lui, sembrava essere giunta alla stessa conclusione. I suoi denti si fecero quasi più aguzzi, mentre le pupille degli occhi si strinsero, divenendo nulla più che scure fessure di odio e impazienza. Ancora un passo e i due si sarebbero praticamente sfiorati. Ancora un passo e le loro armi sarebbero cozzate le une contro le altre, Acqua contro Fulmine, Samehada contro Rairoga, Squalo contro Becchino. Compagno contro compagno.
All'improvviso, la ragazza afferrò qualcosa, come se un'arma si trovasse sospesa lì, a mezz'aria. Nelle sue mani apparve una lama lunga e liscia, affilata anche solo allo sguardo. Una spada le cui sembianza erano ben note al chunin: era sen'ombra di dubbio la Kubikiri, l'arma dei Momochi, l'arma che, rubata loro, era ancora in mano ai nemici. Osservò per qualche secondo il nero metallo, l'aria di morte e dolore che emanava dal suo filo, e rabbrividì. No, quella non era la Tagliateste. Era una sua copia, un'imitazione che sembrava essere uscita direttamente dagli Inferi.

La spada si alzò e ricadde con forza verso il Mizukage. Gli anbu dietro di lui erano già pronti a muoversi, a parare quel colpo e ad eliminare il pericolo, ma un cenno del capo del loro padrone, appena percettibile, bastò per fermarli.
Era da tempo che non lo faceva e, quando alzò la Samehada per intercettare quel colpo, sorrise. Le due lame cozzarono una contro l'altra e un suono terribile, un misto fra uno stridio ed un urlo di dolore, riempì l'aria. Ryushi fece alcuni passi indietro, colto da un improvviso senso di nausea. La vista gli s'appannò, mentre una rabbia terribile, un odio tetro verso quell'arma aberrante lo riempì. Come un'onda durante una tempesta, i sentimenti della Samehada travolsero il suo animo, tanto da lasciarlo disorientato per qualche istante. Aveva parato il fendente, allora perchè sentiva quel dolore terribile nel petto? Perchè la sua anima si stava contorcendo, insieme a quella della sua compagna? Fissò i suoi occhi su quelli della Spadaccina, mentre cercava di riprendere fiato.

Avrebbe voluto interrompere quell'inutile duello, cercare di parlare con quella che un tempo era stata una compagna, ma ormai qualcosa s'era rotto nella sua mente, di certo spinto dal dolore che la sua spada aveva provato. Era come se quella nera Kubikiri avesse lacerato loro l'animo, se avesse reso vano il loro tentativo di combattere, se stesse cercando si spezzarli dentro.
Con un urlo, lo Squalo si scagliò verso il suo avversario, che non era una preda, ai suoi occhi, come quasi sempre accadeva. Era un rivale, qualcuno contro cui combattere per la supremazia. Era un suo pari.
Lanciò una prima stoccata, seguita da un fendente, poi da un altro e da un altro ancora. Ogni volta che le due armi si sfioravano, un acuto dolore gli attraversava il petto, partendo dall'animo della sua spada, della sua compagna. L'ira cresceva e il controllo sulle sue azioni, sempre più, diminuiva, lasciandolo in balia di quella tremenda furia che gli imponeva di colpire il nemico, di andare avanti fino a quando avesse sentito il dolce nettare della vita scorrergli fra le dita.

Era quello che avrebbe dovuto fare fin dall'inizio. Non gestire un Villaggio, non essere una guida per i concittadini, non essere un esempio da seguire. La sua vita era stata un susseguirsi di fallimenti, colorata di sangue e morte. Come avrebbe mai potuto illuminare la strada ad altri, spingerli ad andare avanti, essere un faro per chi s'era perso? Lui stesso era il primo ad essersi allontanato dalla strada, ad essersi smarrito, a cercare risposte a domande che, forse, nemmeno conosceva. Allora come? Come? Perchè?
Gridò, rabbia e frustrazione insieme.*


Ryushi:"Tu dove sei stata in tutto questo tempo, Kaminari? Dov'eri mentre i resti dell'Oni no Shuu tornavano a Kiri, tentavano di riprendersi la loro patria, cercavano di farsi spazio tra l'odio e il disprezzo? Dov'eri mentre combattevamo, mentre ci umiliavamo, mentre cercavamo di trovare un significato a ciò per cui ci eravamo sacrificati? Dov'eri mentre morivamo?
A difendere il tuo onore, a diventare più forte? Per cosa? A che serve difendere l'onore se non si vince, Becchino? Tu dei fuggita dalla battaglia, sei scappata proprio mentre noi abbiamo cominciato a lottare. Ci hai abbandonati, hai abbandonato una causa per cui avevi giurato!"


*Si separò dalla sua avversaria il tempo necessario per riprendere fiato, per tentare di riprendere il controllo, per cercare di far svanire quei contorni rossi che, come sempre, inghiottivano ciò che lo shinobi vedeva, tingendo il mondo di sanguigno.*

Ryushi:"Perchè ci hai messo tanto per tornare, Kaminari-san?"

*Chiese con tono calmo, mentre la pioggia gli sferzava il volto e lo feriva.*
 
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-let
view post Posted on 16/6/2012, 11:56     +1   -1




Era quasi ora di chiusura ma Tatsuhiko non aveva alcuna intenzione di tornare a casa, l'acciaio si stava plasmando tra l'incudine e il suo martello, piega su piega, in modo da aumentarne la durezza, in modo che la spada che stava nascendo non si sarebbe mai spezzata. C'era qualcosa di magico in quel lavoro, nelle lame che creava. Un potere latente, un canto di morte che aspettava solo di essere suonato. Mentre lavorava il suo sangue fremeva. Come a ricordargli quale era il suo vero potere, quelle sue stesse ossa che si agitavano nella carne, quasi fossero gelose di come il loro padrone osservava quelle spade. Questo piaceva a Tatsuhiko, l'odio per il suo sangue, e per il clan di suo padre non era mai sopito. Estrasse la lama dall'acqua, ormai era pronta... un tuono... più tuoni... e un improvviso buio. Tatsuhiko appoggiò la lama completata su un panno e corse fuori.

UN DRAGO!!

In cielo un enorme drago si stagliava in tutta la sua magnificenza. Il drago continuò il suo viaggio fino a scendere in una piazza poco lontana. Tatsuhiko non se lo fece ripetere due volte, con l'incoscienza tipica dei ragazzini partì di corsa verso la piazza per vedere cosa sarebbe successo. I vicoli erano nel caos, gente che correva ovunque, chi scappando dal punto dove era arrivato il drago, ed erano la maggior parte, chi invece correva in quella direzione, per lo più altri shinobi.

Dovette farsi largo con forza tra la folla per raggiungere quel luogo, ma finalmente la raggiunse. Sì fece largo tra la folla di curiosi assiepati agli estremi della piazza, la cosa più evidente era che non c'era nessun drago, lo avrebbe visto anche da dietro la testa delle persone davanti a lui. Finalmente raggiunse la prima linea, superò l'ultimo cittadino che gli si parava davanti e rimase bloccato.

Davanti a lui il Mizukage, lo spadaccino che possedeva la mitica Samehada, stava combattendo con una ragazza, dai capelli chiari e l'abbigliamento marziale e coperta da tatuaggi che spuntavano la dove il vestito logoro lasciava intravvedere la pelle sottostante. Ne aveva sentito parlare, e come poteva essere altrimenti, lui che venerava gli spadaccini di Kiri sopra ogni altra cosa.


La Becchina e lo Squalo.

I due Spadaccini scambiarono diversi fendenti, senza che nessuno prevalesse sull'altro. Poi il Mizukage urlò la sua furia contro la ragazza. La accusò di aver abbandonato il villaggio e i suoi compagni. Tatsuhiko era giovane, e aveva vissuto al di fuori di quel mondo per quasi tutta la sua vita, ma era evidente che c'erano dei conti in sospeso tra i due. Tatsuhiko rimase a guardare, con un euforia che cresceva mano a mano dentro lui. La stessa provata guardando le immagini di morte e sangue nella casa del suo Clan, solo mille volte più forte. Di fronte aveva due dei più letali assassini di questo mondo e le loro spade erano l'esempio di come l'arte della morte potesse trascendere l'umano. In estasi il ragazzo rimase in attesa.
 
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Slayde
view post Posted on 16/6/2012, 11:59     +1   -1




*Sempre la stessa storia. La solita monotonia del villaggio, sempre il cattivo tempo, sempre quella maledetta nebbia che circondava tutti e tutto, che amarezza. Quel giorno, prima di partire per la missione, il mal tempo sembrava essere interminabile, scariche di fulmini all'orizzonte, e la poggia, che incessante, continuava a battere su ogni punto del villaggio, creando dei rumori piuttosto fastidiosi; inutile parlare della nebbia, che come sempre, ci accompagnava nelle dure e noiose giornate, ma quel giorno sembrava volesse far da contorno alla pioggia, rendendo quel posto ancor più macabro.

Era da pazzi uscire per le strade del villaggio, ma pur di non rimanere in casa con quei maledetti, decisi di coprirmi per bene ed andare a fare una passeggiata, per poi sedermi sulla panchina vicino il fiume sotto il grande lampione, magari per pensare, e starmene un po' solo per fatti miei.
La pioggia battente iniziò a picchiarmi sulla testa, creando quel ticchettio insopportabile, rendendo difficile la mia concentrazione. L'aria era abbastanza calma, nonostante la tempesta, non soffiava molto vento, solo una leggera brezza fredda, per rinfrescare quel posto tanto angusto.

Poi nel cielo una scossa molto più violenta, e dall'immenso cadde un fulmine a forma di drago, blu intenso, come il color dei fulmini appunto, e grande fino a ricoprire l'intero villaggio, con la pelle squamosa, ed il volto cupo, che metteva paura a chiunque lo osservava.*


-Cosa diamine succede? cosa è quella cosa?-

*Sembrava provenire dalle porte del villaggio, qualcosa stava per accadere, forse qualcosa di brutto. Non era passato molto tempo dall'ultima rivoluzione, solo tre anni, e il rischio di una nuova battaglia era sempre alto; speravo davvero di non dover battermi contro altri ninja, non per paura, ma non avevo molta voglia.

Mi levai dalla banchina, e di corsa mi diressi verso le porte del villaggio, addentrandomi sempre più nella nebbia, che si faceva sempre più fitta e più puzzolente, forse sintomo di qualcosa di brutto.
Non ci misi molto ad arrivare, conoscevo quasi a memoria il villaggio, con tutte le scorciatoie possibili. Non potè fare a meno di notare il mizukage-sama, ed un'altra figura, una donna, che teneva tra le mani qualcosa, una spada. Non ne ero del tutto sicuro, non le avevo mai viste, ma dalla forma strana, riuscii a capire che si trattava di una delle sette spade del nostro villaggio. Forse era più saggio rimanere nell'ombra, nascosto agli occhi di quei due, magari ascoltando i loro discorsi, e capire meglio cosa stava per accadere. Due spadaccini insieme, chissà cosa avrebbero potuto creare, forse scontrandosi avrebbero raso al suolo l'intero villaggio. Forse proprio lei aveva dato origine a quello strano fulmine.*



 
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Dampyr
view post Posted on 16/6/2012, 13:38     +1   -1







Lontano dalla massa confusionaria, lontano dalla gente, lontano da tutti e tutto il nero di Kiri contemplava la sua ossessione dall’ alto della sua magione.
Quanto avrebbe voluto vederla radere al suolo, finire nel dimenticatoio della Storia, vedere gli dei stessi che si accanivano contro le sue porte ed essere finalmente liberi. Rifletteva nel vento e i suoi pensieri vorticavano nella sua anima nera quando dall’ alto del cielo plumbeo, carico di pioggia e rabbia, qualcosa stava facendo la sua comparsa.
Gli dei dall’ alto dei loro immortali seggi avevano forse dichiarato guerra a Kiri?? Che i dolori, i sogni, il suo più intimo desiderio era stato ritenuto giusto e valevole della loro attenzione??? Vi chiederete “PERCHè PARLI COSì???”
Semplice, perché un Drago, antica e mitologica figura di potenza e volontà, comparve nella volta plumbea abbattendosi con voracità e potenza al centro di Kiri. Accompagnato da tempesta, fulmini e saette il suo essere portò scompiglio nei cuori della gente della Nebbia Assassina. In tutti tranne che in uno: sorriso vi fu nel suo volto, occhi cremisi che ebbero scintille. Un anima nera che si agitava sempre di più: scattò in piedi sul poggiapetto e urlò…un urlo acuto, potente, prolungato e via di corsa tra foreste, tombe e sangue fino ai neri cancelli di quell’ immondo paese.
Veloce era il kaguya, lo shura percorse il villaggio sentendo un fremito nelle sue ossa pregustando un qualcosa che ad ogni passo lo faceva sempre di più scemare. Né un combattimento, né morte né distruzione ma allora cosa accadeva in quel remoto angolo di mondo? Su quella terra bagnata di sangue? Presto detto.
Lei, come dea, era al centro di quella piazza, la maglia, rotta in più punti, lasciava intravedere i tatuaggi, la sua pelle candida risaltava. La sua potenza le sue movenze erano come quelle delle antiche guerriere delle leggende delle carovane dell' ovest. L’ aura che emanava rendeva Kaito così eccitato ma al tempo stesso portava la sua nera anima in un vortice di odio e passione. Quel viso quegli occhi, le sue spade ricoperte della forza del fulmine e con lei, anzi contro di le, il Kage-lo squalo- si stavano fronteggiando!!
Riconobbe quel volto, riconobbe quella forza tanto a lungo orbata dalla sua terra, lontana, nascosta e con lei una delle sette!! Kaminari Shozoshi era infine ritornata alla nebbia!!!
E con essa fecero ritorno i cimeli, il retaggio più puro e più significativo di Kiri: Le Spade della Nebbia!!! Gli vide entrambi fronteggiarsi, spadaccino contro spadaccino, onore e gloria della nebbia!! Loro che tra tutti svettavano, loro che tra tutti sarebbero infin caduti rovinorosamente e con loro Kiri, la malefica!!
Entrambi suoi obbiettivi ancora posti ad un livello ed a un’ altezza che il suo sguardo e le sue attuali condizioni non gli permettevano di giungere.
Sorrise la sua anima, finalmente il tempo era giunto, finalmente dopo lungo tempo poteva muoversi. Del loro combattimento, delle loro ragioni, motivazioni e filosofie di vita poco gli importava; quello che gli importava e che infine il retaggio di Kiri era giunto e con esso lui poteva finalmente muoversi.
Solo la curiosità lo spinse a restare, la curiosità di vedere i forti fronteggiarsi, nello spirito più puro e cruento dei Kaguya, e così il suo sguardo fece da testimone a quell’ evento e a quella battaglia e la sua mente vagava e la sua anima sorrise…che la danza cominciasse!!!





 
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view post Posted on 16/6/2012, 17:08     +1   -1
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Quel pomeriggio, Arashi era annoiato e, come suo solito in quei casi, si era rintanato sull'albero dietro casa. Ciondolava, non sapeva cosa fare e l'unico modo che gli veniva in mente per ammazzare il tempo era stare lassù a pensare. Rifletteva, ma tanto sapeva già l'inutilità di questo. Non avrebbe pensato a niente di importante, avrebbe soltanto lasciato vagare i pensieri liberi nell'aria, fino al cielo. Pensieri stupidi, pensieri che avrebbero potuto cambiargli la vita, pensieri che avrebbero cambiato la vita ad altri. Penseri di vita, di morte, di bellezza e libertà, di male e prigionia. Tutto questo fluiva via altrettanto velocemente dalla testa del Kaguya quanto ci entrava. Perfino una brezza leggera trovò spazio tra i suoi viaggi metaforici, lo stesso venticello che stava soffiando all'esterno del suo corpo. Immerso dentro di sè, fu quasi scaraventato giù dall'albero quando una corrente d'aria, molto più violenta della prima, decise di irrompere sul Villaggio. Inizialmente l'unico effetto fu quello di sbilanciare leggermente il ragazzo, ma poi Arashi tornò a vedere. E quello che stava succedendo non sembrava davvero un normale fenomeno. Portate dal vento, nuvoloni neri stavano arrivando a turbare il cielo sopra Kiri. Fulmini e tuoni si susseguivano senza sosta, mentre la pioggia iniziava a far cadere le su prime lacrime. In mezzo alla tempesta, un Drago. Un essere mostruosamente incredibile, una creatura delle leggende dalla forza paragonabile tanto ai Kami quanto ai Demoni. Un Drago nero che si faceva spazio tra i fulmini, come se fosse lui a controllarli, e che si dirigeva verso Kiri. Mascherandosi dietro una di quelle macchie di oscurità, scomparve alla vista. Di nuovo, un fulmine saettò a terra, mentre si udiva il terribile ruggito del dragone che chiamava Kiri. Senza quasi rendersene conto, Arashi era già sul posto col fiatone. Nella sua mente, la figura di una ragazza che teneva un infante in mano passò in secondo piano. Al centro della sua attenzione, come di quella di tutti gli abitanti che erano accorsi, stava lei. Il Kaguya non l'aveva mai vista -o comunque non si ricordava di averlo fatto- ma alcune reminiscenze del passato, tra i quali un racconto del padre sulle Sette, fecero luce sulla sua identità. Non c'era dubbio.


(Chi altro avrebbe potuto scatenare una tempesta simile, se non il Becchino, Kaminari Shozoshi, proprietaria delle leggendarie Rai Roga?)


Davanti a lui, stava una sorta di leggenda vivente. Una dei Sette Spadaccini, che aveva abbandonato il Villaggio, creduta morta e chissà quant'altro, ma che adesso era tornata in patria. Lo stupore di Arashi, per quanto fosse già a livelli inimmaginabili, si moltiplicò quando vide arrivare un'altra leggenda. Più umana, dato che comunque lo aveva già visto, ma comunque uno di quei ninja che non ci si dimentica spesso di mettere nella lista. Ryushi Oizashi, il Mizukage. Se il ragazzo avesse spalancato di più gli occhi, probabilmente gli sarebbero usciti fuori dalle orbite senza problemi. Non riusciva a spiccicare parola di fronte a un evento del genere -ma anche se lo avesse fatto, erano tutti incantati cme lui e non ci avrebbero fatto caso- e non poteva fare altro che stare a guardare mentre i due si scambiavano alcune frasi. Ebbe comunque il riflesso di muoversi in avanti quando iniziò anche lo scambio di colpi, ma si trattenne. Un ninja morto non faceva comodo a nessuno, e il Mizukage sarebbe stato sicuramente in grado di badare a un assalto del genere. Se qualche genin fosse entrato in mezzo, i fulmini non sarebbero stati clementi con lui. Ancora, non capiva perchè il Becchino avesse attaccato, ma lo Squalo pareva ancora tenergli testa. Dal punto di vista di Arashi, era uno scontro tra persone che nella sua immaginazione erano paragonabili ai Kami. Non avrebbe potuto fare niente. Preso dall'impotenza, strinse i pugni e strinse i denti, sperando che questo scontro inutile e senza senso avesse termine.
 
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Karaburan
view post Posted on 16/6/2012, 19:06     +1   -1




Lo sfogo angosciante di una rabbia repressa per mille anni, l'accecante furia di un kami furioso, e poi, ancora e ancora, un eco, la volontà di trasmettere, anche nell'ultimo istante, un dogma alla realtà circostante, ormai incapace di contrastare l'avvento del divino disceso in terra, di un messaggio di distruzione, di catarsi estrema e ancestrale, pronto a diffondersi nel mondo intero.
I lampi, da che mondo era stato creato, esprimevano tutti la stessa cosa.
Affacciato alla finestra della sua camera Haruki, osservava Kiri, catturando ogni suo tetto, ogni suo vicolo, ogni suo frammento con le verdi iridi luminose, pronto a ricevere quello stesso messaggio. Il giorno moriva, l'astro luminoso discendeva, eppure continuava a trasmettere i suoi raggi, sempre più deboli, sempre più tenui. La gente chiudeva bottega, si rifugiava correndo in casa, sbatteva le porte: grandi nubi nere, scure e minacciose, annunciavano l'arrivo dell'araldo dei fulmini, una pioggia che, dapprima leggera, costrinse il giovane genin a chiudere le finestre, portandolo a osservare le imposte sbattere per il vento che, sempre più forte, soffiava gelido, strappando calore alle membra degli abitanti del villaggio. Il pianto del cielo scrosciante, i suoi improvvisi moti di rabbia: per Haruki, niente poteva essere paragonato a quello spettacolo, alla fonte che, scaturita dal cielo, purificava, almeno per un attimo, l'animo di coloro cui erano stati toccati. Vi era qualcosa di magico, sacrale, nella bruma leggera, nel dominio temporaneo di una natura indomata, tesa a ricordare agli uomini la loro innocente purezza.
Ma quella notte, tra i suoi meandri, nascondeva qualcosa di mostruoso, e di artificiale.
Le prime violente folgori erano già esplose, quando il ragazzo lo vide...Un Drago, enorme creatura, colpita da lampi sempre più numerosi che, con la loro luce, mettevano in mostra il corpo terrificante, nera ossidiana squamosa, ancor più oscura del cielo, degli inferi, degli incubi così vividi da risultare dolorosi anche al risveglio. L'intera creatura si erse, fendendo l'aere con la sua stessa figura, poi gridò, un urlo carico di una forza mostruosa, tanto da provocare un brivido di paura nel corpo del genin. Fu un attimo, un marchio impresso a fuoco nella sua mente. E poi con con uno stridio assordante, un lampo, ferendo il cielo stesso, annunciò la sua discesa.
Un urlo, stavolta di paura, interruppe quella visione allucinata: dal piano di sotto, i suoi genitori avevano assistito allo stesso evento. Non una follia, nè la visione di un qualche immaginifico dio: quel che aveva davanti, stavolta, era qualcosa di reale, una minaccia verso le persone che aveva giurato di aiutare, verso la sua stessa famiglia.
Non c'era per tempo per pensare.
Non c'era ragione di fare una scelta diversa.
Senza perdere un secondo di più, Haruki recuperò la katana bilame. Un balzo dalla finestra...e fu subito in strada.

Un vicolo, il tetto di una casupola, attraverso i giardini di più case: lontano dallo stupore e dalla paura provocate dalla mitica bestia, il percorso di Haruki si tracciava da solo, sgombro dalla folla crescente tra le strade e da qualsivoglia ostacolo, se non quella nebbia sempre più fitta che lo avvolgeva, provocandogli ondate crescenti di nausea. La foschia di un malessere sopito, di un rancore freddo e ostile...Scrollò quella sensazione di dosso. Doveva agire, cercare di arrivare alla piazza, soccorrere eventuali feriti e svolgere il suo dovere. Ogni secondo in più accreceva in lui quell'esigenza dolorosa, il grido della Nebbia ferita cui aveva prestato giuramento. Giunto finalmente alla fine, il genin svoltò con uno scatto...restando del tutto frastornato.

Urla, assordanti e animalesche, poi soltanto una calca confusa: vista da quella prospettiva, la folla riunitasi a contemplare il punto di impatto non rassomigliava ad altro che un muro di carne vivente, spesso e impenetrabile. La bestia dalle tante teste continuava a pronunciare un nome, passandolo di bocca in bocca, ora carico di rispetto, ora di malcelato disprezzo. Un nome...Ma cosa stava succedendo? Haruki tese nuovamente l'orecchio.
Kaminari Shozoshi, il Becchino.
Il genin spalancò gli occhi, visibilmente sorpreso: cresciuto a Kiri, aveva certamente riconosciuto quel titolo. Gli Spadaccini...il vanto degli assassini della Nebbia, l'onore ambito da molti degli uomini di Kiri. Ma che ci faceva quella donna lì? E cosa ne era del drago? Spinto dagli interrogativi, il ninja scivolò tra la folla, conquistandosi faticosamente uno spazio in prima fila...un posto d'onore per lo spettacolo di morte e sangue, di lame incrociate che infuriava nella piazza. Lì, proprio al centro, due contendenti si scontravano furiosamente, spazzando l'acqua con il filo delle loro lame, cercando la carne dell'avversario. Parole frammentate giungevano al genin nel trambusto, cariche d'odio e di risentimento. Le forme si confondevano, si avvicinavano e si separavano, aumentando la confusione, l'esaltazione della folla. Un bagliore, aprì gli occhi allo shinobi frastornato: con un fendente, il Mizukage in persona mirava al corpo di una fanciulla, la stessa Kaminari. Un sibilo, poi un boato: il colpo era andato a vuoto.
Il frastuono...la gente...
Era..Era un ARENA!?


Questi tizi...sono assetati di sangue. Com'è possibile che abbiano già dimenticato di quella bestia? Cosa cazzo sta succedendo!?

Stordito, il genin indietreggiò di qualche passo...venendo subito inghiottito dalla folla. Onore, armi...non sembrava proprio che quelle persone ci stessero facendo caso. E di certo per Haruki quei concetti non significavano nulla: vedeva solo due esseri umani uccidersi tra di loro, peraltro supportati da una schiera consenziente. L'istinto gli gridava di agire, di impedire quello scempio...ma cosa avrebbe potuto fare? Nulla, non a quei livelli. Con un urlo di frustrazione, il ninja sfruttò le sue capacità per arrampicarsi su un tetto vicino, lontano dal chaos circostante. Da lì, la folla pareva un onda indistinta, agitata dal flusso di potere spaventoso dei due Spadaccini. Lo Squalo e Il Becchino...Haruki pregò che in cuor suo quello scempio avesse davvero un senso, e che quella gente, nell'osservarli, vedesse un qualcosa a lui precluso.
 
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view post Posted on 17/6/2012, 20:07     +1   -1

69days in Estatic Fear
krah

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Gdr Off - In primo luogo mi voglio complimentare con tutti quelli che hanno postato così celermente, durante lo stesso giorno in cui ho mandato il pm. Mi scuso per averlo fatto di sabato, e naturalmente non voglio togliere nulla a chi non l'ha fatto, anche se spero che prima o poi (Ma meglio prima :asd: ) lo facciano.
Sono sorpresa, bene o male il livello del role da quanto ho letto si mantiene su buoni livelli, c'è da migliorare, come anche io e molti altri del gdr devono, anzi, tutti, però sono pienamente soddisfatta. Leggendo qua e là ho notato delle belle frasi, dei bei post ed un bel modo di ruolare. Se continuerete di questo passo, e mi riferisco ad una buona parte di voi che avete postato - ma anche a chi non l'ha fatto, però prima vorrei vedere il vostro diciamo ''livello'' in questo topic :asd: - probabilmente, se un giorno vorrete prendere una delle Sette di Kiri... Chissà. ;)
Come ho già detto in Barboni proverò a rendervi partecipi, giusto per non rendervi la ruolata noiosa... E poi.. Alla fine.. Eheh.
Postate, e non deludetemi! Good luck & Have fun :D - Gdr On

*La lama azzurrina del Mizukage, la Samehada, cozzò contro quella nera e cremisi della Becchina, la ReiKiri. Il fascio di luce oscura aveva avvolto il giovane guerriero, suo compagno, ma esso con la sua abilità di Spadaccino rimandò indietro il colpo, facendolo seguire da altri potenti colpi di spada, sempre se quella si poteva considerare ancora una spada. Quella che teneva fra le mani era una delle creature più furiose e potenti al mondo, tra le più crudelmente meravigliose di quel mondo, assetata in tutto e per tutto al potere, arrivando al punto di non strapparlo solo alle vittime che egli stessa maciulla, ma anche al portatore stesso. Però lo sentiva, lo Yonakiton, quel Chakra maledetto fagocitato nell'inferno stesso, era pericolosa per questa, difatti, ogni volta che tentava di colpire Ryushi e lui si difendeva con la Samehada questa fremeva di rabbia e dolore, facendo assorbire queste emozioni allo Spadaccino, il quale nel mentre urlava domande con furia, domande che spesso avevano straziato il suo animo e la sua mente. Domande a cui avrebbe dato risposta.

Una risposta che sarebbe arrivata... Dopo un altro colpo. Afferrò con rabbia la ReiKiri, attingendo a tutto il potere delle sue emozioni negative, devastanti, autolesioniste, facendolo fluire nell'acciaio scuro della spada. Saltò più in alto che poté, ed in quell'istante una folgore l'investì con tutta la sua potenza, facendola calare sul compagno con una potenza indicibile. Quello spettacolo che durò per pochissimi istanti, quei pochi che facevano chiedere a chi l'aveva visto se fosse stato vero o solo un prodotto della sua immaginazione, finì con un potente boato che si espanse in tutto il campo di battaglia, colpendo tutti quegli spettatori ninja di Kiri. Ryushi naturalmente riuscì a rimandare indietro il colpo, ma con grande fatica, la stessa provata da Kaminari nel tentare di mandarlo a segno.

Quando gli spettatori aprirono nuovamente gli occhi, dopo lo scontro di quelle due potenze, rimasero stupefatti. Nel campo vi erano numerose cicatrici nel terreno, causate non solo dai fulmini del Becchino, ma anche dalle ramificazioni create all'ultimo momento dalla stessa, le quali ora si trovavano ovunque. Alcuni di questi tralicci, poco più piccoli di un albero, non si limitarono a conficcarsi nel cemento delle varie costruzioni intorno al perimetro di quella piazza, ma anche nella carne di alcuni sventurati genin, che con stranamente non provarono un dolore fisico... Ma spirituale, che man mano svanì, debolmente, ma con costanza. In quegli istanti, tutti, poterono sentire le emozioni della Becchina, o meglio, di sprazzi della sua vita, di cui quel colpo era pieno: non follia, non pazzia, non rabbia.

Quei pochi genin videro per un istante nella loro mente la residenza del Mizukage, con tutti gli spadaccini presenti, e lo sconforto che egli stessi provavano.
Quei pochi genin toccarono la sofferenza che gli spadaccini provarono nel lasciarsi alle spalle Kiri.
Quei pochi genin sentirono alcune delle loro parole, in cui non traspariva paura, terrore o altro nei confronti del nemico. La codardia non fu il movente di quell'atto.
Quei pochi genin capirono, che l'atto compiuto da quegli shinobi, quel giorno, non era mosso dalla codardia, bensì era una scelta curata, sofferta, dolorosa. Un atto necessario per potersi riprendere la Nebbia.
Quei pochi genin compresero quanto l'Oni no Shuu, l'organizzazione dei fuggiaschi di Kiri, fosse determinata e fedele ai propri doveri nei confronti di Kiri.
Quei pochi genin del Villaggio Segreto di Kiri... Capirono che le due persone che ora si stavano scontrando con tanto ardore, per quel brandello di terra, per non permettere più che essi fossero sottomessi ad altri all'infuori dei propri superiori... Avevano sacrificato, nella realtà, se stessi.

La vita, per loro, era diventato un dettaglio, una nullità in confronto alle Sette Spade, ai Sette Sutra delle Tecniche degli Spadaccini e al Sutra stesso del Sigillo della Fedeltà del Mizukage.*


- Come vuoi, Ryushi "Same" Oizashi.

*Sussurrò in tono pacato, distante circa venti metri dal mizukage, nella sua direzione, tenendo sempre stessa quell'immonda e maligna Dai-Katana, il cui metallo s'era bagnato più e più volte del sangue di nemici. Fece un salto, un altro ancora, portandosi sopra un blocco di cemento che s'era alzato dopo l'impatto di quel colpo, poggiando il piede sinistro nel punto più alto di questo, e quello destro sul polpaccio, rimanendo perfettamente in equilibrio.*

- Come volete, Shinobi del Villaggio Segreto di Kiri!! Ora vi dirò per quale motivo, Io, la presunta Spadaccina Traditrice della Nebbia, non sono ritornata al mio Villaggio insieme ai miei compagni!

*Stavolta urlò con tutta la sua forza, facendosi anche male alla gola. Però non le importava del dolore, non gliene fregava nulla, aveva sofferto infinitamente di più rispetto a questo. Poteva continuare ancora a lungo.*

- Quasi tre anni fa... Il nostro gruppo di ribelli si trovava in un rifugio segreto, offertoci da valenti guerrieri, qui raccogliemmo informazioni, ci allenammo e iniziammo una lunga catena di missioni per conto di altri, sotto una falsa identità, per raccogliere fondi per la NOSTRA causa. Ovvero quella di riportare la libertà qui, dove vivete ora. Eravamo uniti, legati indissolubilmente, però, con lo scorrere del tempo, alcuni di noi, morirono durante l'impresa. Morirono da traditori, per proteggere Kiri, per privare il piacere al nemico di ottenere informazioni, jutsu, spade e uno Sharingan ottenuto dalla Regina Illya ''Chou'' Momochi.

*Fece una pausa, guardandosi bene intorno, osservando negli occhi di quei valenti guerrieri che ancora dovevano trovare la propria via, ma che lei stessa, se essi avrebbero voluto, sarebbe stata disposta ad allenare, uno ad uno, fino a permettergli di ottenere i loro sogni.*

- Non passava giorno in cui non pensavamo a casa. Non passava giorno in cui non ci preparavamo per decapitare pubblicamente chi aveva osato prenderci sotto il nostro dannato naso la nostra fottuta casa. Non passava giorno in cui non avevo il desiderio di far ingoiare a quei bastardi che vi avevano messo dei chip per controllarvi le loro stesse macchine..

*Mosse la lama, creando un arco immaginario nell'aria di fronte a se, riordinando le idee. Inspirando ed espirando. Dopodiché riprese.*

- Io rimasi impossibilitata a combattere per un bel po'. Durante la convalescenza soffrivo come una cagna. Soffrivo ancor di più nel sapere che i miei compagni... Erano partiti per Kiri. Ancora stanca e debilitata provai a seguirli, oltrepassando terre inospitali, nascondendomi nella stiva di una nave diretta dal Paese del Fuoco a quello del Fulmine, per poi gettarmi in mare nel bel mezzo del tragitto.. Proprio quando stavo per vedere in lontananza la nostra cara Patria. Nuotai in quelle acque turbolente, venendo scaraventata dai flutti, finendo in un'isola dell'arcipelago di Kiri... Un'isola appartenuta agli Yotsuki, come testimoniavano alcune incisioni in un tempio abbandonato in cui entrai per rifugiarmi.. E qui.. Qui capii che non dovevo tornare a Kiri. Esatto Ryushi, proprio quando mi mancava un niente per ricongiungervi a voi.. Qualcosa mi distolse dalla nostra missione. Ne trovai un'altra.

*Abbassò lo sguardo, poggiando la ReiKiri sulle sue spalle, chiudendo gli occhi. Ora stava per dire un qualcosa che avrebbe sconvolto non poche persone.*

- In quel tempio.. Protetto dagli spiriti vi era una fanciulla in fasce, morente. La presi. La stessa fanciulla che tutti avete visto poco fa. Quella bambina cambiò la mia vita, mi distolse da ciò che dovevo fare. Quella bambina aveva, e continua ad avere, ed avrà un valore inestimabile. Una valore più grande di me, ed un valore più grande di te Ryushi. Perché lei... Lei...

*Riaprì le palpebre, alzando la ReiKiri in aria, con la punta verso l'alto, nel cielo, diretta alla Tempesta. Ed urlò ancora, con tutto il fiato che aveva, ammutolendo per quei brevi istanti il rumore della pioggia, dei fulmini, dei venti impetuosi.*

- E' la diretta Erede al trono di Kiri!! L'ultima persona ad avere in se il sangue di Illya "Chou" Momochi. L'ultima persona ad essere imparentata con una delle più grandi Mizukage che il nostro Villaggio abbia mai visto. Mizukage con cui Kiri arrivò all'apice della sua potenza, arrivando al punto di annichilire in splendore tutti gli altri paesi, villaggi ed organizzazioni!

*Ringhiò questa incredibile verità al mondo intero, lasciando spiazzati tutti i presenti, Ryushi stesso.*

- Cosa potevo fare? Ritornare a Kiri? No. Era pericoloso. Troppo. Così continuai il mio intenso allenamento, viaggiando in continuazione, giungendo anche in luoghi che voi stessi non vorrete mai neanche sognare. Arrivai a giungere dagli stessi collaboratori che ci avevano offerto rifugio e riparo, ma stavolta le carte in tavola erano cambiate. Non avevo più la loro fiducia, ed in fin dei conti, chi si fiderebbe di una persona che ti bussa in casa ridotta ai minimi termini? Così spesi tempo per riguadagnarmela e ci riuscii. Voi non lo sapevate fin ora, Shinobi di Kiri, ma il nostro villaggio ha nuovamente un suo potente alleato, grazie a me.

*Sospirò, tenendo bene alzato lo spadone avvolto dal chakra demoniaco, guardando con attenzione le sue forme rigide ma al contempo sinistramente sinuose, ipnotiche.*

- Fatto questo sono ritornata qui, perlustrando prima il luogo in cui s'era eretto il tempio di questo Unico Dio, di come io come tutti voi ho avuto visione.

*Terminò il suo racconto. La sua Storia.*
 
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Dampyr
view post Posted on 17/6/2012, 21:20     +1   -1







Pochi sono i racconti di gesta eroiche o meno, di imprese, di ideali che vale la pena raccontare. Ma questo, questa storia, questa donna gli valeva tutti. Kaminari Shozoshi era tra queste, era tra quelle persone, tra quelle storie che uno si sarebbe portato dentro per sempre.
Si anche uno come lo Shura, anche lui…lui che tra tutti i presenti era meno legato a Kiri, che era lì per un crudele gioco del destino, lui che tra tutti avrebbe voluto vederla soffocare tra le sue stesse spire ora era lì…fermo e immobile a guardare ad essere spettatore di un combattimento che era molto più che un sguainare lame facendole cozzare contro. Era un combattimento di ideali, di forza, di volontà di vita…una vita spesa a servizio di una patria…concetti a lui molto distanti ma che entrambi i contendenti mettevano nelle loro spade, le loro anime erano racchiuse in quel ferro, in quell’ acciaio che era molto più che una lega mettalica battuta con notevole perizia da artigiani leggendari. Era un SIMBOLO, erano le loro vite, le loro anime erano racchiuse in esse forgiate con loro quasi e combattendo si mostravano più “nudi” di ogni cosa su questa terra. Le ossa si muovevano dentro di lui, il sapore della battaglia, l’ eccitazione, la voglia di scontrarsi era irrefrenabile. Senza freni come la samehada, squalo tra le spade, affamata di morte sangue e chakra a volontà, non una spada ma un essere vivente; così si sentiva Kaito come quella spada vorace, eccitata dal chakra dei guerrieri, vogliosa del sangue dei prodi, di quelli che le ancelle, degli dei della battaglia, sceglievano personalmente sui campi di battaglia i più meritevoli, quelli più valevoli di questo onore, portandoli al loro cospetto, qui avrebbero atteso il momento finale, la conclusione di tutto, la battaglia finale. Si sentiva efettivamente così e i suoi occhi brillavano, il suo sorriso era appena percettibile su quel volto duro e pallido come il marmo e dentro di lui un mare in tempesta; mille sensazioni, mille idee, mille pensieri e una solo volontà: partecipare anche lui!!
Idiozia direte voi?? Ormai dovreste sapere come è fatto il nostro antieroe e avere lì ha portata di mano i suoi obbiettivi lo rendeva euforico ed eccitato. Contenette però la sua aura assassina, la sua voglia e si godette lo scontro, d' altronde non era ancora giunto il suo momento e quella non era la sua battaglia, sperando comunque in cuor suo che entrambi vibrassero il feral colpo. La pioggia batteva sempre più forte, il ticchettio monotono portava tra le sue gocce il suono e l’ immagine di quella scena come se si trovassero in uno spazio con mille e passa specchi; il silenzio regnava, solo il cozzare delle lame veniva udito dalle orecchie degli astanti. La forza e la velocità dei colpi creavano quasi un muro invisibile, una cupola d’ aria, che non permetteva alla pioggia di colpirli e quando entrambi levarono il colpo all’ unisono, cozzando il metallo rovente per i colpi parati e ricevuti, quella si spezzò e una cascata d’ acqua li ricoprì entrambi, e lo stridiio del metallo era inquietante.
Uno spettacolo!!! Per lui, Kaguya, era uno spettacolo vedergli e l’ odio crebbe ma riconosceva il valore e la forza, quelli non poteva non riconoscergli. E poi il boato…il silenzio…rotto solo da quel ticchettio monotono…la dea, l’ amazzone di Kiri aveva vibrato un colpo eccezionale, librandosi nel cielo plumbeo come drago che si leva in alto furioso e onniscente tra la volta celeste, in alto dove nessun uomo poteva giungere. Così lei, che incarnva quell' antico essere, aveva spazzato il campo di battaglia e con lui anche chi era accorso ad assistere a quell’ incontro. Ma qualcos’ altro di più importante vi era, qualcosa di più intimo, di più prezioso e delicato: come cristallo, fragile che rimanda le tonalità della luce nell’ arcobaleno, così fu quella visione che insieme al dolore del colpo portò in loro altro.
Si visione!!! Ma era una visione diversa da quel dio menefreghista, bugiardo e diciamolo, vigliacco( per Kaito gli dei tutti sono vigliacchi) che voleva esaudire tredici desideri di tredici idioti! Era…intima, calda. Intima e segreta, come un cristallo, come la parte della nostra anima più pura più delicata, ecco com’ era quella visione. Una comunione di spirito con i sentimenti e la parte più interna, più vera, più delicata dell’ anima della Becchina di Kiri: le sue speranze, le sue gioie, la sua frustrazione e rabbia, le sue paure e dolori i suoi amori un pezzo di quell’ anima era incanalato in quel colpo che abbattendosi, come fulmine, come drago astrale, spazzando coni suoi artigli la viva roccia, le case le cose le persone aveva toccato in profondità gli animi dei presenti.
Anche la nera anima di Kaito, si anche la sua, soprattutto la sua. Alzandosi, rimettendosi in piedi dopo quel colpo fragoroso, di potenza e anima la vide issarsi a mò di dea rediviva sul tetto, pinnacolo più alto che il suo colpo aveva lasciato intatto, o almeno non pericolante!!
E lì, in alto in modo tale che tutti la potessero vedere, che tutti potessero ascoltare cosa c’ era dietro la sua scomparsa parlò e raccontò una storia. Si una storia così come stò facendo io con voi, ma la differenza e che io sono un semplice narratore, forse bravo o forse abbastanza ammaliante o forse nessuna delle due cose, ma che racconta storie di altri; ma lei…lei raccontava la SUA STORIA!! E questa era centomila volte più cruda e pura, più sentita, più vera e ricche di emozioni di qualsiasi altra storia che io potrei narrarvi questo è perché era la sua VITA!! L’ ha vissuta direttamente lei, con le sue contraddizioni, amori, paure e tutto il corollario che una vita può darti e la vivi te, solo te, è tua e di nessun altro. Brilla come poche cose al mondo ecco perché il suo di racconto era mille volte migliore del mio che racconto da spettatore vite di altri!
E benché lo Shura fossero avaro di sentimenti, non poteva fare a meno di capire, comprendere o tantomeno riuscire minimamente a percepire dai dolori alle sofferenze che quella donna, che reggeva i confronti con le dee del combattimento e della guerra, aveva patito. D'altronde anche il suo di cammino era è e sarà lastricato di violenze sangue e morte, dolore e frustrazione. E poi la notizia più sconvolgentedoveva ancora arrivare e quando arrivò lo Shura non poteva più permettersi di restare sopito, come serpete nascosto nell’ ombra: una delle bambine, di quelle infanti che si portava appresso come balia amorevole era…era… L’ EREDE AL TRONO DI KIRI!!! E lì la sua mente viaggiò, soppesò e...esplose in boato di odio e di voglia!! Ora Kaito non poteva più restare fermo era finalmente giunto il suo momento la sua occasione e lo aveva fatto con le sembianze di una donna, drago e spadaccino di Kiri!!!!





 
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Slayde
view post Posted on 17/6/2012, 22:27     +1   -1




*Il dibattito tra i due shinobi sembrò diventare molto più serio, quasi una discussione. Ma come mai due rappresentanti del nostro villaggio volevano farsi la guerra a vicenda? Perchè? Sembravano due bambini capricciosi piuttosto che il kage e la spadaccina. Potevano unire le forze per riportare al massimo splendore il nostro amato villaggio.
I loro sguardi cominciarono a cambiare, si poteva leggero il disprezzo e la rabbia, e la sofferenza negli occhi di entrambi. Fors un tempo erano pure due cari amici, eppure ora erano lì faccia a faccia, pronti a sguainare le spade, due delle sette più forti e temute in tutto il mondo ninja.
La Samehada, grande quasi il doppio di me, la spada del nostro kage, si vocifera che sia in realtà uno squalo in grado di rubare chakra e tranciare le carni, micidiale per chiunque avrebbe osato sfidarla. Le Rai Roga, o per lo meno così sembravano, invece in grado di governare i fulmini, generando una forza incredibile e la velocità dei fulmini appunto, un mix perfetto per sterminare interi eserciti.

Entrambi accecati dai vari sentimenti si gettarono in un duello che forse avrebbe visto un solo vincitore. Le due spade cominciarono a scontrarsi, creando solo alcune scintille tra loro; nessuna delle due stava ancora mostrando il vero potenziale. Inutile intervenire nello scontro per cercar di fermare quei due, forse ne sarei rimasto ucciso, l'unica soluzione adatta era quella di rimanere all'ombra dei palazzi, continuando ad osservare quei due. Il cielo sulle loro teste iniziò a tuonare, e la pioggia iniziò a piovere con più insistenza. Sembrava che anche il cielo stava piangendo per quei due, che trattenendo le emozioni, continuarono a colpirsi senza esclusione di colpi.*


-AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA-

*Cosa era successo? Una serie di armi snodate dalle Rai Roga si andarono a conficcare nelle mie carni. Forse mi avevano scoperto.
Poi la spadaccina, dopo aver riposto le spade al loro posto, si gettò in un discorso furibondo, raccontando la sua vita in pochissimo tempo.

Al termine tutto mi sembrava più chiaro, quella lì non era una semplice ricercata, ma voleva la pace nel nostro paese, scegliendo la strada buia. Ecco il perchè del conflitto con il misukage-sama.*


-Cosa? quella ragazza parente dell'ex mizukage? non non ci credo...-

*Cosa aveva intenzione di fare quella pazza? arrivata chissà da dove, chissà dopo quanto tempo, e voleva cacciare il nostro mizukage? colui che ha combattuto per noi, per liberarci, e tutt'ora continua a proteggerci? perchè mai dovevamo permettergli qualcosa del genere? raccontava di aver vissuto fuori dal villaggio, con molti altri ninja, tutti desiderosi di riportare la pace nel nostro villaggio, quella pace stabilita dal nostro capo... Sembrava piuttosto che voleva la guerra...
In base ai suoi racconti ne ha passate di tutte i colori, ma come possiamo crederle? chi ci può dare una conferma su quello che racconta? E sopratutto chi ci confermava la parentela della ex-mizukage con quella bambina? Perchè è stata tenuta nascosta a tutti?

Tante erano le domande che mi offuscavano la mente, tanti i perchè e poche le risposte. Forse solo quella donna avrebbe potuto rispondere. Sempre se quello che dice è tutto vero.*



/edit : ieri sera mi addormentai al pc ed erroneamente inviai la risposta. L'ho completata :) /


Edited by Slayde - 18/6/2012, 12:39
 
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view post Posted on 18/6/2012, 00:12     +1   -1
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Donna di immemore imprese, splendeva nel raccontare quali animi avevano varcato la sua persona nel peregrinare dei suoi viaggi. I suoi erano occhi aperti, rivolti verso un mondo nuovo. Un dipinto riflesso dalla luce di mille colori, come un sogno della realtà stessa. Immaginava rendendo vana la simbolica ragione dell'uomo che lo porta a sostenere tesi o ipotesi che rappresentassero la realtà. Ma era la realtà quella che volevano vivere? Siamo proprio sicuri di questo? Siamo sempre condotti dalla speranza, mezzo con il quale ci teniamo aggrappati a quel filo che non vorremo mai che si tagliasse, a quel qualcosa che renderebbe i nostri desideri nullità o impensabili da portare a termine. Ogni cosa, ogni minima stranezza veniva guardata secondo un nuovo occhio, per poi venire subito dimenticata nel processo di un'esistenza in bilico tra l'onirico e il mondo del risveglio. La sua stessa identità veniva a volte strappata dalla sua mente, per poi tornare dopo pochi istanti attratta dalla sua vera anima. Tutte quelle scene, tutto quel parlare, era come se fosse in un sogno, un dormiveglia estatico in cui realtà e pensiero si amalgamavano in un concetto privo di forma o senso. In quel momento la mente stessa era assopita in un torpore tanto struggente da rendere incontrollabile il flusso caotico dei pensieri che vi scorreva dentro. Posti inesplorati di sé venivano indolemente a galla, altri inabissavano senza fretta verso il fondale di pece del subconscio.

Vi sono storie che non vengono narrate quasi mai, storie di cui è meglio non saper niente. Ci fanno paura perché si insinuano nella nostra mente e nel nostro corpo la silenziosa morte del dubbio, che ci corrode dall'interno fino a ripulirci della nostra sicurezza, di ciò in cui crediamo e vogliamo credere. Ma essa era una di quelle che doveva essere saputa, una che avrebbe potuto portare rassicurazione, estasi nelle anime dei Kiriani. Di questo Hayate ne era consapevole, come era consapevole che tutto quello che stava accadendo era scritto nel destino, era stato tutto deciso dal fato affinchè egli avesse potuto provare ad avere nelle proprie mani una delle sette. Oramai la sua mente insana aveva un solo obiettivo, una sola dipendenza che lo avrebbe portato alla morte in caso di fallimento. Non avrebbe avuto altre possibilità, successo o morte. Strana la vita, ti riesce a portare in uno stato di felicità e poi, e poi ti cala in un immenso mare di tristezza, di insicurezza. Lui era lì, a galla tra questi due mondi sperando di non cadere, ma le stesse speranze proliferavano nel secondo mare.

Ancora, ancora quella ragazza tentava di infliggere, di provocare male ai suoi lembi, ostinata nel suo comportamento, nell'oziare ricevendo solo spadate come risposte. Non era in grado di sopraffare la Samehada, di renderla inutile confrontandola con la sua sorella, la ReiKiri. Era anch'essa una speranza, ahimè, ma che non riuscì a portare a termine. Credeva di essere ormai diventata più forte dello Squalo, di poter trafiggere la sua difesa, di poterlo battere. Ma era un illusione del suo cuore, soltanto questo. Hayate poteva udire nel suo ondeggiare continuo i suoni che erano provocati dallo sfregarsi delle lame l'un contro l'altra, dal loro fragore, dalla passione dei colpi portati. Come se in quelle battute di duello si potesse vedere un velo d'amicizia, di ritrovamento. Era come se dietro quelle lame fosse celato l'abbraccio di un ritorno benevolo, di un ritorno voluto da ambo le parti.

Quella giovane ragazza, sospinta da una rabbia celata nel proprio anima si librò nel cielo plumbeo, coronato di nuvole nere ed un atmosfera resa eterea dal vorticare della nebbia, ora infestata dalle tenebre. Virò in area come un sol drago soleva fare, quel drago che ella stessa aveva palesato attraverso le sue membra, a cui aveva reso onore facendogli conoscere Kiri, la sua terra Natia. Un colpo fragoroso calpestò la terra del paese dell'acqua liberandolo da tutte quelle oppressioni che rendevano amaro il vivere normale senza protezione. Un colpo costituito da ben oltre quello che poteva immaginare, gioie, poche a dire il vero, frustrazioni e rabbie come quella di non essere ritornata a Kiri dopo un lungo periodo di tempo, di aver abbandonato la sua terra nelle mani di incoscienti che rendevano nullo il lavoro dei Mizukage passati. Era sospinta dal velo delle sue paure, dei suoi dolori che incanalò nella lama d'acciaio. Rese rabbia tutti i suoi sentimenti. Un gran boato si propagò fino all'estremità dei confini di Kiri, sobbalzarono tutti i presenti dal loro status, caddero goffamente a terra. Lo stesso Hayate nonostante avesse fatto forza sulle ginocchia non era riuscito a tenere testa all'ondata di pressione che era stata provocata, addirittura era impensabile che egli avesse potuto parare il colpo di Kaminari.

In quel momento non riuscì ben a capire cosa invadesse la sua mente perversa, potè vedere solo immagini, non recondite nei suoi ricordi, nemmeno se si volesse scavare più a fondo. Era nuove, mai accadute a lui personalmente. Sofferenza, sconforto, dolore. Tali erano i sentimenti che erano scaturiti da quelle immagini, come se esse fossero sue, come se fossero diventate parte di sè. Ora capiva, capiva quando era difficile avere responsabilità, cercare di fare del bene al villaggio sapendo che sarebbe stato fatto anche del male. Ma ciò che deviò la sua mente nel vorticar dei pensieri furono le parole della Becchina che con tono alto cercò di catturare l'attenzione dei presenti. Iniziò a narrare tutta quella polvere, la storia, che l'aveva resa partecipe. I Momochi, tale era la dinastia che portò Kiri ad anni di splendore, quello che lo stesso Hayate si riservava di fare negli anni avvenire.

Udì, udì, solo questo poteva fare. Dedicò totalmente la sua attenzione, la sua mente alle parole della ragazza che l'ammaliava con la sua storia. Narrava di dolori, pericoli, speranze di un ritorno a Kiri da parte dell'Oni Shuu. Ma tutto ciò gli era stato impossibilitato poichè lungo la via aveva incontrato una persona, anzi, una bambina a dire il vero che le aveva cambiato il modo di vedere le cose, il modo di vivere e che fece rinascere in lei le speranze di una patria riportata allo splendore. La nuova erede di Kiri, solamente colei che poteva detenere il potere per dinastia. La figlia di Illya Momochi, presumibilmente. Ricordava d'aver ascoltato eventi riguardanti tale figura, quanto fosse priva di pietà e dedita al combattimento e al volere del proprio popolo.
Rimembrava quanto fosse stata importante insieme a suo padre che le aveva trasmesso fin da piccola le nozioni per essere una grande Mizukage. Per essere una portatrice di Morte.







Edited by Dr.Steve - 18/6/2012, 03:13
 
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