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[249 DN - Fuori Kiri]
Tamburellava con le dita sul rivestimento ligneo della scrivania sita all'interno dello studio. Era in attesa; aveva il presentimento che stesse per accadere qualcosa. Le promesse poste in essere in seguito alla dipartita del Taisei consistevano nello svolgere un equo processo per il giudizio dei colpevoli. Lesta la segretaria si introdusse all'interno della stanza, senza indugiare, per riporre la lettera tra le mani del Mizukage. La esaminò, celermente, facendola roteare tra l'indice ed il pollice della mano destra, poi, senza esitare, ne aprì il contenuto e lo lesse accuratamente. Riguardava il suddetto processo ed era richiesta la presenza dei Kage. Non poteva rimangiare la propria parola, quella data in quelle circostanze assai nefaste e quindi non aveva altra scelta che recarsi nel loco designato. Prima di ciò, però, avrebbe dovuto diramare ordini ai vari sottoposti di alto rango affinché il villaggio avesse tutte le protezioni necessarie a respingere un qualsiasi attacco esterno. Con un colpo di tosse catturò l'attenzione di Aoki.
- Dovrò andare al processo. Confido che tu e Fuyu controlliate il villaggio in mia assenza. Qualora dovesse accadere qualcosa non esitate a contattarmi, sarò di ritorno il prima possibile.
Proferì, cinico e quasi inespressivo. Decise di affrontare da solo quel viaggio; essendo uno shinobi della Nebbia non avrebbe avuto problema alcuno a celare la propria figura agli occhi dei viandanti. Poi, come seconda motivazione, vi era il fatto di non voler privare il villaggio di una persona che avrebbe potuto contribuire alla difesa del villaggio. Sarebbe partito il giorno prima del processo, avvalendosi della copertura offerta dall'ombra della notte. Prima di perseguire il proprio viaggio, si fece consegnare una maschera da Anbu e ripose la veste da Mizukage in una cartella che avrebbe portato con sé. Non poteva fare certo a meno di quell'oggetto che, seppur cerimoniale, ne ostentava la caratura.
[...] Fece i primi passi all'interno del territorio di Kumo accompagnato dal simposio offerto dall'astro solare durante le prime luci mattutine. Aveva già cambiato le proprie vesti, disfacendosi della maschera, per essere riconosciuto dalle sentinelle poste ai confini del Paese onde evitare intrusi sgradevoli. Non indugiò ulteriormente e si diresse direttamente nel luogo adibito a mo' di tribunale per quel processo. Tra le strade aveva potuto incrociare lo sguardo con svariate personalità, influenti e meno, che si dividevano il potere nel mondo ninja; Daimyo e, presumibilmente, l'intera congrega dei Kage. Non diede importanza agli sguardi che si posavano su di lui e sulle Hiramekarei, avvolte tra le bende e riposte lungo la schiena. I Ninja di Kiri incutevano ancora abbastanza timore e non poté che giovarsi di quelle reazioni concitate. Varcata la soglia d'entrata del palazzo di giustizia si accorse che già in molti avevano preso posto nelle rispettive sedute. Attese che il personale gli indicasse il posto riservatogli e, nel mentre vi si recava, salutò con inchini accennati i suoi colleghi. Pareva che tutti avesse risposto all'appello, cosa che non gli dispiacque. Poteva individuare anche i lineamenti dell'Uchiha, l'unica persona verso la quale non rivolse alcun tipo di saluto. Aveva ancora dei problemi con Konoha e non sarebbe stato quello il luogo dove li avrebbero risolti, semmai ci fosse stata la volontà da ambedue le parti. Ripose le Spade al suo fianco, poggiandole sul bracciolo dello scranno che gli era stato riservato, avvolgendola tra le spire del suo braccio sinistro. Le iridi diamantine fissarono i volti degli imputati; lo riconosceva chiaramente, tra gli altri, il capo di quella fazione che aveva messo in subbuglio l'intero continente ninja. Kataritsuen; sembrava che non avesse perso il proprio fascino nonostante i vari mesi di prigionia. Hayate voleva che soffrisse, la morte sarebbe stata una via troppo facile per i misfatti che aveva compiuto, per i delitti di cui si era reso reo. Tamburellò con le dita, in attesa che iniziasse il processo.
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