Kiri, Mizu No Kuni
28 Gennaio 253 DN
Per chi lo conosceva non era affatto strano vederlo gironzolare alle prime luci dell’alba, eppure quel giorno aveva superato ogni rosea aspettativa, complice quella fastidiosa sensazione negativa che, dopo aver soppiantato l’esultanza per aver finalmente ottenuto una risposta affermativa dal Rosso alla sua insistente richiesta, si era nutrita silenziosamente del suo già risicato sonno. E no, non era angoscia quella che gli attanagliava le viscere. Era semplicemente una pesante consapevolezza.
Mentre la polvere lucidante si depositava serenamente sulla lama della sua speciale katana (dono che aveva apprezzato particolarmente), seguendo il ritmo placido e costante del suo leggero picchiettare sull’uchiko, non poteva fare a meno di rifletterci. Era una missione pericolosa quella che si apprestavano ad affrontare e le probabilità di lasciarci le penne erano assai elevate, considerate le creature che si sarebbero frapposte al loro cammino. Senza contare che a rischiare non era soltanto lui, ma anche Yūzora. Se si concentrava bene sul suono caratteristico del metallo contro la nuguigami che stava facendo scivolare sapientemente sulla lama per la lucidatura poteva sentire le parole di raccomandazione di quel damerino formato ghiacciolo di proteggere l’unica persona che sostanzialmente contava nella sua vita; quella stessa persona che la sera prima aveva passato con lui momenti straordinariamente indelebili, che si sarebbe portato nell’anima sino all’ultimo respiro. Un sorriso agrodolce fece capolino fra i lineamenti del suo viso, mentre procedeva la peculiare cura dell’arma con un po’ di choji. Morire fra le braccia della sua kitsune quella stessa notte, avvolto dal calore del suo corpo, inebriato dal sapore delle sue labbra e intontito dall’estasi delle loro anime a stretto contatto sarebbe stato un modo perfetto per lasciare quel mondo. Ma ovviamente tutto questo non era concepibile. Non per uno shinobi. Meglio perire sbudellati da schifosissimi mostri composti di fibre nere in qualche buco di culo lontano da casa. Fa dannatamente più effetto.
Terminato il suo lavoro ripose accuratamente Yomikoe all’interno del suo fodero e, con un sospiro, si sollevò dal tatami per sistemare meglio le sue vesti e prepararsi ad uscire di casa. Era ancora molto presto e sarebbe arrivato all’appuntamento al molo con largo anticipo, dunque decise di prendere una strada diversa e meno diretta, lasciandosi trasportare per le stradine che nel corso degli anni passati alla Nebbia gli erano divenute familiari. Immerso nel silenzio peculiare di quell’ora osservava lungo il tragitto e ascoltava attentamente, come se inconsciamente volesse imprimerle nella memoria e gustare le sensazioni che quei blandi stimoli gli davano sino a quando gli era concesso. Sarebbe stato bello poter promette con fermezza che sarebbero tornati, ma non era così scontato. Una sola cosa era certa in quella spedizione: almeno il suo amato Mizukage sarebbe tornato sano e salvo a casa, con o senza di lui. Non che non ci tenesse alla sua pellaccia, sia chiaro.. ma era evidente che se il Kyōmei avesse avuto bisogno del suo corpo come scudo lo avrebbe ottenuto senza remissione di peccato. Degli altri due, francamente, come per tutti gli altri, gli fregava ben poco.
Distratto da quei pensieri, si ritrovò a percorrere senza nemmeno rendersene conto la strada per il ryokan in cui un tempo avevano fatto colazione e scorse Tanaka al suo interno. Arrestò la sua incessabile avanzata per qualche attimo, per poterlo osservare mentre era intento a sistemare i locali della sua rinomata attività con una perfezione invidiabile. A ben pensarci, quell’uomo era stato l’unico a non trattarlo come un animale selvatico e piuttosto come un figlio. Se fosse tornato sano e salvo dalla sua missione avrebbe dovuto ringraziarlo a modo, magari realizzando per lui qualche tela artistica da apporre nelle pareti delle stanze degli ospiti oppure delle lanterne. Abbassò lo sguardo con un sorriso, distogliendolo da quell’immagine familiare per potersi avviare altrove, dando le spalle alla struttura e ai suoi buoni propositi messi in dubbio dall’imprevedibilità del destino.
Dopo qualche metro, una voce sin troppo riconoscibile proruppe del beato silenzio del mattino, mandando in vacca qualsiasi pensiero agrodolce che si accavallava nella sua mente - con grande menefreghismo da parte del demone, che rimaneva acciambellato in dormiveglia. Tra tutti quelli che poteva incontrare (e non voleva incontrare proprio nessuno, per la cronaca) proprio quel rompiscatole. Ooooi Takumi! Che sorpresa vederti, come mai in giro a quest’ora? chiese spensierato il biondo, correndo in sua direzione. Inutile dire che il castano fece appello a tutto il suo autocontrollo, nella speranza di mantenere un dignitoso contegno davanti all’esuberanza sin troppo fuori luogo dell’amico. Vorrei poterti dire che sono felice di rivederti, ma mentirei spudoratamente. chiosò, emulando un atteggiamento falsamente esausto. E comunque non sono affari che ti riguardano. Quando imparerai a farti gli affaracci tuoi, Eichiro? continuò, continuando ad avanzare noncurante. Sapeva già che il ragazzino non lo avrebbe mollato tanto facilmente. Ah-ah davvero molto divertente. Cos’hai mangiato a colazione, simpatia? rispose offeso, piantando un broncio bambinesco. E poi non mi sto facendo gli affari tuoi, volevo solo fare conversazione e farti compagnia. Eccolo. Un motivo in più per maledire qualsiasi cosa conoscesse. Sarebbe arrivato in ritardo, nel tentativo di cercare un modo per seminarlo. Oh come sei gentile. Conosco perfettamente la strada e apprezzo particolarmente la solitudine, quindi ti saluto. Ci vediamo. disse secco, provando a far intuire al biondo che non era il caso di insistere, ma ovviamente il tentativo andò in fumo e il castano, dopo un po’ di insistenza da parte del ragazzo, lo gabbò con un diversivo e fece perdere le sue tracce. Aveva già perso sin troppo tempo.
Raggiunse il molo opportunamente in ritardo rispetto alla sua personalissima tabella di marcia, com’era prevedibile dopo il teatrino propinato dal sempre simpaticissimo Eichiro. Yūzora era già arrivato (lo avrebbe riconosciuto tra centinaia, anche celato com’era dalla mantella) e a quanto pareva, pur distante e silenzioso, anche il loro illustre ospite. Non era l’ultimo, ma era comunque deplorevole che fosse arrivato dopo il Mizukage. Aveva previsto di aspettarlo lì, non lasciandolo nemmeno un attimo da solo.. e invece era finita al contrario. Si avvicinò al Rosso, per poter sussurrare al suo orecchio quel semplice Gomen, una piattola fastidiosa. che era certo avrebbe fatto comprendere al compagno il motivo del suo ritardo.