Kiri, Dojo di Hōzuki Aoi - 5.17
25 Gennaio 253 DN
Erano successe troppe cose in quel lasso di tempo, questioni che richiedevano la massima attenzione da parte loro e la cui soluzione, purtroppo, non era né semplice né tantomeno immediata. Era palese che Yūzora non ci dormisse la notte dietro alla miriade di quesiti che fioccavano per gettare ombre sulle tracce che ricercavano avidamente, e suo malgrado anche il castano non si dava pace. Quante volte avevano fatto le ore piccole in studio? Quante volte si erano addormentati sulle pergamene dispiegate sul tavolo, con accanto i piccoli lumi consumati dalle fiamme? Ne aveva perso completamente il conto, dopo la terza volta consecutiva. Eppure era sempre stato fermamente al suo fianco, a sostenerlo e a cercare nel suo piccolo di estorcere qualche momento di tranquillità per entrambi. Adesso, mentre lo osservava allenarsi col fratello fra le quattro mura del dojo di suo padre, dando tutto se stesso, sembrava che il brontolone che la sera prima era stato letteralmente trascinato fuori dal suo ufficio per riposare a casa fra le soffici coperte di un futon, fosse sparito. La sua concentrazione era tutta sul fratellino, sui movimenti, sulla schivata e il successivo contrattacco, e nemmeno si era accorto della sua presenza silenziosa, mentre graffiava sapientemente la carta del suo taccuino da disegno con la punta appena temperata del lapis nel tentativo di immortalare la bellezza di quella battaglia e dei suoi contendenti.
Come avrebbe potuto immaginare, il Rosso si era svegliato molto presto quella mattina a causa dei pensieri che tartassavano la sua mente dalla sera prima, quando fra le sue braccia non riusciva a chiudere occhio, e seppure il suo intento era stato quello di non fare rumore per non svegliarlo e farlo riposare, il castano non era riuscito a soprassedere alla mancanza di calore umano al suo fianco ed era andato a cercarlo. La prima tappa era stata il suo ufficio, dove invece di trovare lui aveva trovato Kasumi, la DOLCISSIMA bibliotecaria che con estrema gradevolezza, oltre a dargli dello scansafatiche (questa era buona) lo aveva incastrato a sistemare gli incartamenti per la riunione che si sarebbe tenuta quella mattina stessa. Ovviamente aveva accettato, seppur brontolando male e lanciandole uno sguardo poco rassicurante. Stante il fatto che avrebbe comunque aiutato Yūzora a preparare tutto, chi la sentiva poi la moretta se avesse detto di no? Non lui. Piuttosto l'avrebbe strangolata. Fortunatamente, nella piccola deviazione di percorso, riuscì a farsi dare l'informazione che voleva e aveva raggiunto al più presto il compagno al dojo, dove avevano appena cominciato l'incontro.
Si era accorto di lui soltanto alla fine, quando suo padre - unico a rendersi conto della sua presenza - si era avvicinato a loro, scambiando quattro chiacchiere. Era un quadro davvero pittoresco. Hozuki Hisakata era tremendamente somigliante a Hozuki Aoi, per colore degli occhi, capelli e struttura fisica; Yūzora somigliava a loro per struttura, ma a differenza dei consanguinei era un meraviglioso esempio di come la natura esaltasse la bellezza attraverso il semplice utilizzo dei colori. Ai suoi occhi non esisteva altra perfezione che non fosse quello sguardo d'un verde pastello, simile alle acque chete d'uno stagno, su di lui. Lo attese con pazienza, origliando qualche parola ma non intromettendosi in faccende che non lo riguardavano. Non voleva sembrare invadente, anche perché era quasi certo che presto sarebbe stato rimproverato per essere arrivato al dojo piuttosto che rimanere a letto. Detto, fatto.
Accolse il compagno con un sorriso, sollevandosi da terra e riponendo il taccuino da disegno, distogliendo subito l'attenzione dal prezioso oggetto. Sei uno spettacolo di rara bellezza, ma credo di avertelo già detto a più riprese. s'espresse, cercando non soltanto di abbonirlo un po' ma anche e soprattutto per esprimere quanto meraviglioso potesse essere ai suoi occhi. Peccato che fu un fallimento, e di tutta risposta ricevette un Le sviolinate non ti serviranno questa volta. Si può sapere perché non sei rimasto a casa a riposare? Sarà una giornata pesante, lo sai. un po' piccato. Era difficile in quel periodo avere la serenità di sempre, la spensieratezza che quella frase avrebbe portato nel loro facile botta e risposta. Fece male sentirsi ammonito in quella maniera, ma incassò il colpo con un pesante sospiro. Sapeva che era il nervosismo a parlare e non il suo Yūzora. Avevo avvertito che ti stavi muovendo e non potevo starmene semplicemente sdraiato a letto. E poi lo sai che detesto stare senza far nulla. rispose, avviandosi assieme a lui in direzione del luogo che avrebbe accolto il meeting. Sei proprio un irrecuperabile baka. Per giunta. Davvero sperava che se ne sarebbe rimasto buono fra le coperte sapendolo lontano da lui? Stava per rispondergli a tono, mostrando un broncio da premio shinobi, ma il suo sorriso furbetto fu in grado di sgretolare ogni convinzione, ogni tentativo di resistenza. Si. Era un baka. Facciamo che te la abbuono se mi fai vedere i disegni che hai fatto in mattinata. Ma adesso dobbiamo sbrigarci. C’è ancora un mucchio di roba da preparare prima della riunione e se non mi presento ad un orario decente, sai chi la sente Kasumi? eccolo, quell'innocente e alquanto sottile ricatto a cui sapeva che, volente o nolente, avrebbe dovuto sottostare. Guardalo come cerca la scusa per curiosare tra i miei schizzi. ridacchiò, divertito dal suo tentativo per nulla fraintendibile di sbirciare fra le pagine abbozzate dei suoi disegni preparatori, salvo poi tornare con i piedi per terra. Dovevano fare ancora tante cose, ma almeno aveva preparato qualcosa di buon'ora insieme alla bibliotecaria. E no, non sarebbe stato lui a sorbirsi nuovamente la gentil donzella. Aveva già fatto il pieno per quella mattina. Hai. Ho già sistemato qualcosa prima di venire qui. Fai una doccia e completiamo il tutto. suggerì, trovando approvazione da parte del compagno. Sarebbe stata una lunga giornata e soltanto i Kami sapevano quanto desiderasse che quella storia si chiudesse in fretta.
Kiri, Palazzo del Mizukage. Sala Riunioni. - 8.55
25 Gennaio 253 DN
Avevano sistemato ogni cosa in maniera a dir poco certosina, predisponendo nella maniera più consona possibile la sala atta ad accogliere gli esponenti di quell'importante riunione. Ad essere stati convocati non erano soltanto gli spadaccini superstiti, con cui il castano aveva avuto a che fare soltanto grazie a Jorogumo, ma anche Hideyoshi Jiyuu. Aveva sentimenti contrastanti nei suoi riguardi, non tanto per l'aspetto non esattamente in salute che mostrava al mondo con invidiabile scioltezza, ma quanto per l'opinabile sincerità dei suoi intenti. Avrebbe dovuto tenerlo d'occhio, e soprattutto lontano da Yūzora. Una promessa a se stesso, mentre lo osservava silenziosamente accomodarsi al tavolo, ringraziando il padrone di casa per l'accoglienza. Quantomeno conosceva le buone maniere, a differenza di qualcuno di sua conoscenza che, accompagnato da Kasumi insieme ad altri shinobi del Kirigakure, era subito andato ad importunare quella povera anima pietrificata del Diavolo, in piedi in posizione marziale alla destra del Mizukage. Assottigliò pericolosamente lo sguardo. Perché quel pazzo dalla doppia personalità con le manie da fabbro doveva sempre mostrare il lato peggiore di se stesso? Sospirò. Sperava solo che non facesse troppo casino, altrimenti lo avrebbe preso per i capelli e lo avrebbe sbattuto al muro con tanta violenza da rimettergli apposto le rotelle difettose. Volse dunque lo sguardo smeraldino sul suo Yūzora, alla sua sinistra, perso nei suoi pensieri mentre beveva d'un fiato un bicchiere d'acqua. Non farti prendere del panico. Sono qui con te, e anche Jorogumo e quel damerino formato ghiacciolo amante del karkadè. sussurrò al suo orecchio, avvicinandosi marziale quasi a volerlo informare che tutti erano presenti e che era tempo di iniziare. Voleva trasmettergli un po' di fiducia, prima di accomodarsi al suo fianco. Matatabi, alquanto infastidito dalla presenza dell'umano che aveva osato chiedere al suo ninnolo se poteva controllarlo, rimase acciambellato nella sua anima frustando le due code con nervosismo. Cosa che si riflesse anche sul suo tramite, che influenzato dal suo umore chiuse gli occhi e sospirò profondamente nell'attesa di poter iniziare.