Da che mondo è mondo, da sempre la sapiente arte del "parley" ha aiutato, chiunque avesse la spiccata capacità di saper muovere la lingua a dovere, a tirarsi fuori dai guai. Ovviamente, come in qualsiasi ambito, è fondamentale sapere cosa dire, con i giusti modi e tempistiche. Kacchan, tutto sommato, non era poi così pessimo: nonostante i modi lo potessero identificare come un tipo rozzo, sapeva perfettamente quando mostrarsi a modo... Certo, i suoi trascorsi potevano dire il contrario, ma... Ok, non prendiamoci in giro: Kacchan era pessimo, a parlare, anzi. La stragrande maggioranza dei problemi in cui si era cacciato sicuramente li avrebbe potuti evitare tenendo quella sua boccuccia di rosa chiusa, sigillata a doppia mandata. Basti pensare a quanto accaduto con la Tsuchikage o, più recentemente, con suo cugino Hachi.
Insomma, era più forte di lui: non riusciva a stare zitto. E, di fatto, legato su quel tavolo, alla mercé del suo aguzzino, non poteva fare a meno di parlare, forse per stemperare la tensione che provava in quel momento, smorzare l'eccitazione che quella situazione sul filo del rasoio gli causava... Reazioni che, di certo, una persona sana di mente non avrebbe mai avuto: dove una persona normale avrebbe avuto paura e terrore, lui si sentiva fin troppo su di giri. Quel brivido che stava provando, nel ritrovarsi ad un passo dal baratro, dove una sola virgola fuori posto poteva fargli dire addio agli innumerevoli sacrifici che aveva fatto, per arrivare fino a lì... Le sue ricerche, tutto ciò che aveva costruito in quegli anni, con le Kage no Hotaru, rischiava di venir annientato, spazzato via, solo perché aveva deciso di aiutare quella serpe che poi lo aveva mollato li, al primo segnale di pericolo.
Digrignando i denti al pensiero di quell'infame, continuando a sproloquiare mentre il tizio che gli faceva da muta compagnia si prodigava a tirar fuori, con calma e producendo quanto più sferragliamento possibile, per incutere timore nel suo animo, tutti gli strumenti del mestiere, lo Yamanaka iniziò a saggiare la presa delle cinghie sulla sua carne nuda sperando, forse, di trovare un legaccio fissato male, o magari leggermente più allentato, per riuscire a liberarsi. Come però la vita insegna, da gran carogna qual è, i due stronzi che lo avevano condotto lì l'avevano legato fin troppo bene, tanto stretto che, a stento, riusciva a muovere polsi e caviglie.
Con un sospiro mesto, continuò pertanto a rivolgere la sua attenzione al suo "nuovo compagno di stanza" che, in tutto questo suo straparlare, sembrava non aver battuto ciglio. Niente di niente. Il pensiero che, forse, potesse non capirlo, o peggio, lo raggelarono sul posto, costringendolo a rivolgere lo sguardo al soffitto, pallido come un cencio. No, non potevano aver mandato uno incapace a comunicare per svolgere un interrogatorio sotto tortura... A meno che non avessero alcuna intenzione di torturarlo. Bella merda allora. « Non ci voglio morire qua, e che cazzo...» Farfugliò tra sé e sé, cercando nuovamente di allentare la presa delle cinghie da almeno uno dei suoi polsi. Era pronto anche a rimetterci un mano, se fosse servito ad uscire vivo di li, ma...
L'uomo nella stanza insieme a lui, finalmente, si prodigò a degnarlo di attenzioni, afferrandolo saldamente per il collo, spingendogli il viso verso l'alto in modo tale da lasciar scoperta la zona giugulare. E parlò. " Allora il bastardo la capisce la mi lingua..." Si ritrovò a pensare lo Yamanaka, sensibile al tocco della sua mano la quale, sapiente, si fermò proprio sulla vena giugulare, così sensibile nel riuscire a riconoscere le pulsazioni cardiache.
La voce bassa, roca dell'uomo, con quella sua particolare intonazione, nella cadenza delle parole, scivolano all'orecchio in maniera fin troppo suadente. C'era da dire una cosa: Kacchan non è omosessuale. Certo, la parentesi con Jikan gli ha permesso di esplorare lati della sua sessualità che aveva solo supposto, scoperti con Natsuko e Masaru, ma adesso.... Per parafrasarla alla "Kacchan maniera": Mi piace la patata, ma non disdegnerei una bella cavalcata con sto tipo"
Cercando quindi di mantenere la mente sgombra da certe visioni fin troppo perverse, lo Yamanaka cercò dei restare lucido, ancorato al presente e alla realtà, anche se, doveva ammetterlo, era maledettamente difficile. " Sono fottutamente malato in culo." Pensò, ringraziando i Kami di avere ancora addosso i vestiti, o di certo il tutto sarebbe stato fin troppo imbarazzante.
L'uomo allentò leggermente la presa sul suo viso, in maniera tale da permettergli di rispondere alla sua constatazione, sempre se, davvero, ne necessitasse una. A quanto pare aveva destato il loro interesse, ma fino a quanto? Se avesse collaborato con loro gli avrebbero concesso la salvezza? Difficile capirlo, allo stato attuale dei fatti. Occorreva fare c'è la pesca, forse: buttare l'esca con l'amo, attendere di attirare l'attenzione e...
« Mh…. Non li chiamerei, esattamente, fantasmi, quanto piuttosto… Costrutti Residuali. Vedi, la morte di un individuo lascia, dietro di sè, un Residuo Energetico, quella che comunemente chiamereste anima. Ogni volta che un essere vivente muore, il suo Residuo Energetico si ricongiunge alla membrana energetica che suddivide la nostra dimensione dalle altre presenti nell'universo. Io, semplicemente, intercetto i Residui Energetici e li tramuto in Costrutti, i quali poi eseguiranno i miei comandi. Ovviamente questi Costrutti Residuali sono amorfi, ma conservano dentro di sé una Traccia spazio-temporale che ne identifica l’Orma Terrena, ovvero l’essere a cui appartenevano, prima della morte. Grazie alle mie capacità, riesco ad insinuarmi nella mente altrui e, così facendo, riesco a trovare i Residui Energetici più affini a colui contro cui mi trovo. In questo modo la sua mente sarà suggestionata e vedrà i Costrutti Residuali con le sembianze di persone conosciute. Oh, beh, detto così sembra abbastanza difficile, ma… Si, se vogliamo semplificare tutto il procedimento all’osso, lotto con i fantasmi. » Spiegò Kacchan con voce roca, a causa del lungo silenzio che si era impostato negli ultimi giorni. Lo sguardo cobalto rimase fisso in quello dell'aguzzino, quasi a cercare di leggere uno spiraglio di quello che poteva passargli per la mente.
Un sorrisetto beffardo si delineò sul viso, i muscoli che gli facevano quasi male, nel fare quella smorfia, come se i suoi muscoli facciali avessero dimenticato come si facesse. « Potrei mostrartelo, se vuoi, ma... Come dite voi, noi soldati dell'ovest abbiamo un piccolo motore interno che ci permette di fare le nostre magie e sfortunatamente quei tuoi amichetti che mi hanno portato qui, beh... Me l'hanno messo fuori uso. Certo, basterebbe aspettare che il mio organismo smaltisca la droga che mi hanno fatto assumere, ma poi, davvero vorreste vedere i miei fantasmi in azione? Chi vi assicura che, magari, non li utilizzi contro di voi per scappare?» Si interruppe per qualche istante, giusto per dare il tempo al suo interlocutore di assimilare quanto detto.
« Facciamo un accordo: mi lasciate buono, mi liberate e tutti tranquilli e sereni, e io vi faccio vedere come funzionano i miei amichetti, senza fare male a nessuno. Perché, fidati, ce ne sono di fantasmi, qui dentro, che avrebbero una gran voglia di avere un confronto con chi li ha fatti passare a miglior vita e, credimi, non sarebbe un bello spettacolo...» Concluse, chiudendo gli occhi ed immettendo un profondo respiro. Difficile riuscire, nelle sue attuali condizioni, a materializzare alcunché, ma poteva pur sempre vedere qualcosa... Quando riaprì gli occhi, questi avevano iniziato a presentare, sulla sclera, una marcata venatura nera, preludio alla solita emorragia che ne causava l'oscurimento totale. Poteva apparire come una piccolezza, ma in quello stato era uno sforzo non da poco. « Eh sì, ne intravedo giusto qualcuno, intorno a te... Mh, devi averne uccisi parecchi, per esserne circondato in questa maniera. Cos'è, te ne interessa qualcuno in particolare, oppure semplicemente ai tuoi compari preoccupa che possa esserci qualcuno, nelle fila nemiche, con una capacità del genere? »
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