| Il cielo tetro di quel giorno salutava Kiri con lacrime copiose, trasformando le vie del villaggio deserto in un pantano, attraverso cui i suoi stivali andavano più volte a immergersi, intralciandogli il passo. Satura di quel liquido, eppure mai sazia, la terra nera pareva affondare sotto il peso di quella cattiva giornata, densa di umidità e di malesseri sopiti, promettendo un maltempo prolungato e persistente, lo sfogo dei Kami di fronte ad un loro simile caduto. Per un momento, Haruki provò ad immaginare le onde del mare, l'impetuosa spuma alimentata dal vento rabbioso, la sferza degli elementi naturali abbattersi sul solido legno delle imbarcazioni ormeggiate. Un moto di sconforto lo assalì. Un pessimo inizio, per il suo viaggio. Adesso di fronte alle mura del villaggio, il genin controllò un'ultima volta il suo equipaggiamento. La sensazione dell'ingombro dettato dalla bilame gli trasmise un'ondata di sicurezza, mentre all'ombra di quella protezione, la figura celata in parte da un mantello, egli volgeva l'attenzione agli ultimi preparativi. La folla dei suoi pensieri gridava alla fretta, rimembrandogli il giaciglio lasciato furtivamente; ma gli attimi di quell'esame passarono tranquilli, lenti come lo scorrere di un fiume pigro. Forse l'esigenza di definire, attraverso quei gesti misurati, un distacco netto e definito, un nuovo inizio. Perchè altri attimi sarebbero giunti, densi di sangue, e quella pioggia così forte, quel molle terreno ai suoi piedi, quello stesso villaggio sarebbero stati lontani, ricordati solo nel suo più intimo essere. Non più dubbi, non più esitazioni. Aride e fredde erano le parole, e quegli spazi meravigliosi, perchè chiamati casa. Muovendo lunghe falcate, il ninja si avvicinò alla guardiola, posando sull'occupante le verdi iridi.
Haruki Yamato, genin di Kiri...vorrei richiedere il permesso di recarmi al Campo Base.
|