La Montagna dell'Orso - Sulla via del ritorno, Role libera per Jurōjin Kurashiki

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.Kuroro
view post Posted on 3/12/2022, 13:38 by: .Kuroro     +1   -1
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Jurōjin "Il Tengu"
Narrato - Parlato - Pensato


Lentamente gli occhi di Jurōjin si aprirono.
La presa del sonno e della stanchezza andavano ad affievolirsi sempre più, lasciando lo shinobi nel suo classico stato di trance post-dormita. Uno sbadiglio, i palmi delle mani sulle ginocchia, schiena piegata e piedi scalzi poggiati sul freddo pavimento in legno.
Sul comodino accanto al letto, la maschera che di lì a poco avrebbe indossato per tutta la giornata, le fiale del suo Siero, un kit medico basilare per medicazioni rapide ed un bicchiere ormai vuoto, con delle gocce d'acqua sul fondo.
Facendo leva sulle gambe, si mise in piedi e si stiracchiò prima di avvicinarsi alla finestra e guardare lo spettacolo che lo accoglieva ad ogni suo risveglio: alberi e foglie, la natura che non aveva mai ammirato ad Iwagakure per ovvie conformità geografiche.
Aveva trascorso gran parte della sua vita in quel posto, ed altrettanto tempo all'interno dei laboratori nascosti nella montagna dell'Orso, tra libri ed esperimenti. Anche dopo esser stato allontanato dal quartiere e dalla famiglia, per Jurōjin la natura rigogliosa restava un qualcosa di raro da vedere, salvo alcune missioni, come quella per diventare Jonin. Una missione di soccorso poco prima dall'arrivo del Morbo e della devastazione che portò lo shinobi a passare da Jurōjin Kurashiki al Tengu: all'abbandono della sua identità celata perennemente dietro la sua maschera.


- Mi sono ripromesso di tenere la mia identità nascosta da quel momento in poi... E chissà se tornerà mai la forza o la voglia di parlare di quello che è successo quel giorno.

Nessuno aveva mai più visto il suo viso o il suo sguardo, nessuno conosceva la motivazione ed ormai nessuno più ricordava il suo vero nome.
Anche al suo ritorno dopo il morbo, la pressione della famiglia Kurashiki sembrava esser stata così forte, che nessuno pronunciava il suo nome, come se fosse stato per sempre dimenticato. Da quel momento decise di farsi chiamare Il Tengu, in modo da poter agire tranquillamente per conto di Iwa, ma senza essere giudicato.
La sua conoscenza medica era diventata però così grande e vasta, che il suo nome iniziava a girare per le vie della città: in molto cercavano il suo aiuto, i suoi consigli, non sapendo chi si celasse dietro quella maschera.


- Mi chiedo cosa accadrebbe se rivelassi anche ad una sola persona la mia vera identità. Forse nulla, o forse tutto quello che ho costruito come Tengu si sgretolerebbe in pochissimo tempo.

Tutto però cambiò radicalmente nel momento in cui, tra le vie della città, la voce che il membro più conosciuto, nonché capo della famiglia Kurashiki, il "Chirurgo del Miracolo", era stato gravemente colpito dal morbo e che a stento riusciva a respirare.
Forse in cerca di redenzione o semplicemente voglia di dimostrare quel che era in grado di fare, Jurōjin non ci pensò due volte e recarsi a gran velocità in quello che era stato per anni il quartiere della sua infanzia.
Ne riconobbe con emozione i piccoli vicoli, le scritte sui muri, le buche nei pavimenti sterrati che conducevano alla grande casa dove era cresciuto. Le tre grandi Pietre dove era solito allenarsi nel lancio di kunai ed Aghi, con ancora i piccolissimi fori creati nell'arco degli anni.
Al suo arrivo, fu accolto con grande piacere dai membri della famiglia e condotto in una piccola stanza, la più luminosa della casa. Non appena varcò la porta, un brivido risalì lungo la sua schiena, bloccandolo per qualche attimo.


- E' tutto ok, dottore? Le serve qualcosa?

- Non si preoccupi, è tutto ok. Stavo solo... guardando la situazione.

Riconobbe quella che un tempo era la sua stanza. Era stata scelta per lui perché la più luminosa, quella con la finestra più grande, per permettergli di studiare meglio. Sui muri della camera, stranamente, erano ancora appesi i suoi appunti di quando era un giovane Genin.

Forse è rimasto così perchè l'hanno portato qui in gran fretta, senza badare al resto. La luce solare è la prima alleata della guarigione.

Si avvicinò al letto, e con rammarico, vide che lì disteso davanti a lui, c'era suo padre: pallido, emaciato e tremante, quasi irriconoscibile.
Ponendosi alla destra della piccola struttura in legno, spostò il lenzuolo che copriva il corpo del Chirurgo, poggiando una mano sinistra sullo sterno, applicando una piccola pressione. Con la destra invece, afferrò il polso con sicurezza, ponendo indice e medio su di esso. Non parlò per qualche secondo, prima di riprendere.


- Il polso è buono. Il suo chakra però sembra avere delle enormi turbolenze. Vi chiedo gentilmente di lasciarci solo e di chiudere la porta.

Il viso del capo famiglia si aggrottò lievemente non appena il Tengu parlò, ma poi, forse per la stanchezza, si rilassò nuovamente in un lieve sospiro.
Non appena tutti furono fuori, Jurōjin riportò l'attenzione su suo padre, e parlò nuovamente, quasi consapevole di poter essere riconosciuto.


- Signor Kurashiki, la situazione non è la più rosea. Ma le dico che non è impossibile da risolvere. Inizieremo con delle infusioni di chakra all'altezza del torace, per poi proseguire, con la stessa operazione, sulla testa e sui polsi. La devo avvertire che non sarà piacevole, ma purtroppo l'unico modo per contrastare gli effetti del morbo su di lei, necessitano di una metodologia aggressiva e precisa.
Lei è un medico e sa bene che queste situazioni vanno accettate. Posso proseguire?


- Prosegua pure, sono ben consapevole che ormai la medicina convenzionale non ha più effetto su questo maledetto morbo.

Senza badare troppo alle parole del padre, Jurōjin tolse i guanti ed iniziò a concentrare parte del suo chakra nel palmo della mano e nei polpastrelli, per poi posarli dolcemente sullo sterno di Dotome. Ancora una volta una piccola pressione per rilasciare un abbondante flusso nel corpo dell'uomo, lasciandolo per un attimo senza fiato. Un urlo strozzato dalla forza di volontà si udì per qualche attimo, prima di vedere il corpo del Chirurgo spegnersi e svenire dal dolore. Ripeté l'operazione su testa e polsi, per poi rimettere i guanti ed attendere. Per qualche attimo l'intero corpo di Datome fu avvolta da una flebile aura verdastra, che, prima di diventare violacea, sparì del tutto, quasi assorbita dal tocco di Jurōjin.

Passò una mezz'ora abbondante prima che il Chirurgo riprendesse coscienza ed anche colorito. Riuscì addirittura a mettersi seduto con la schiena poggiata sulla struttura in legno del letto, sembrava quasi rinato.


- Io... Non so come lei abbia fatto, ma la ringrazio vivamente. Sicuramente saprà che sono a capo della famiglia di medici più conosciuta in questo Paese, ma nessuno di noi era riuscito a trovare un rimedio per questo anatema che la natura di ha mandato. Ancora grazie, e sarà il benvenuto in qualunque momento qui.

Era buffo sentir dire quelle parole a suo padre. Nel loro ultimo incontro, il suo discorso fu completamente l'opposto ed era certo che, se avesse tolto la maschera, tutto si sarebbe nuovamente ribaltato. Ma forse, dentro di lui, quella riconoscenza bastava a farlo andare avanti. Dopotutto era riuscito a fare quello che per anni aveva inseguito, e con esso anche l'approvazione di suo padre era giunta.

- Signor Kurashiki, viviamo per questi momenti. Viviamo per la conoscenza e per la nostra arte. Tempo fa, una persona molto cara a me, mi allontanò dai miei cari e dai miei affetti, ma questo mi ha reso quel che sono adesso. Se adesso sono stato in grado di curarla, Signor Kurashiki, è solo grazie a quella persona.

Datome non comprese quel che Jurōjin voleva dire, ma il suo viso ed i suoi occhi brillarono di nuova luce nel momento in cui il Tengu fece qualcosa che forse neanche lui stesso avrebbe mai immaginato.
Si avvicinò alla porta, si voltò verso suo padre e per un solo attimo, scostò la maschera dal suo viso, rivelando la sua identità. Senza dire altro rimise sul volto e si congedò, salutando il resto della famiglia, tornando alla Montagna dell'Orso, dove era certo avrebbe rivisto suo padre.

 
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