Certo di avere ormai il Vermiglio in pugno, Fuyuki non si accorse di essere finito vittima a sua volta di una potente Arte Illusoria, generata anch'essa nel preciso istante in cui entrambi gli sfidanti si erano guardati negli occhi. Era bastata quella frazione di secondo, seppur inaspettata, a Shuiroyasha per soggiogare la mente del Quarto Hokage in maniera subdola. Quest'ultimo conosceva i rischi della mossa avventata che aveva fatto pur di piazzare il suo Jutsu ai danni di Kinji, ma il fatto di esserne rimasto fregato a sua volta, senza nemmeno aver modo di rendersene conto, era una beffa non da poco. Del resto, come era possibile cogliere la sottile finzione di quella che pareva invece essere una realtà tangibile, nonché veritiera?
Quando si vide arrivare contro l'avversario, il Sannin aveva già afferrato il suo rotolo delle armi e lo aveva aperto di fronte a sé, con uno scatto della mano. Nel comporre i sigilli per eseguire l'Hagane no Tsūshinmō, tuttavia, si rese conto di essere stato meno rapido del solo. Qualcosa a cui non diede molto peso, sia a causa della stanchezza, sia perché l'influenza di quell'area di gravità attorno a Kinji gli stava dando del filo da torcere da quando l'Uchiha aveva fatto ricorso allo spettacolare potere del suo Mangekyou. Sul momento, quel calo di precisione non sembrò essere attribuibile a nulla di diverso, rispetto alle carte che il vermiglio aveva giocato fino ad allora. Ad ogni modo, sciolta la serie di seals, lo Yondaime riuscì a richiamare decine di shuriken vorticanti che andarono a comporre un muro di solido metallo, il quale fu in grado di smorzare del tutto le correnti d'aria generate dal battito d'ali di Yugure. Lo stesso non poté dirsi per il Jutsu di Shuiroyasha. Mosso da foga e collera, il Jonin si era spinto fin oltre il suo limite, usando ogni mezzo a sua disposizione per mettere alle strette il suo nemico. In un primo momento, la lama di fulmine rimase incastrata fra le stelle d'acciaio in continuo movimento, ma non appena il terreno sotto i piedi di entrambi gli sfidanti sembrò distorcersi, la fermezza dell'Hokage vacillò quel tanto che bastava affinché il suo nemico trovasse uno spiraglio per ferirlo al fianco e, ancora una volta, privarlo di parte del suo chakra.
Comprese che ci fosse qualcosa che non andava soltanto quando l'appannamento della vista ed un improvviso capogiro gli fecero perdere la concentrazione sul controllo del suo chakra. In preda ad un malessere ingravescente, Namida precipitò lungo la gola non appena le suole dei suoi sandali ebbero perso il contatto con la parete rocciosa sulla quale si era fermato per resistere alla manovra offensiva dei guerrieri dell'Eremo dei Rapaci. Persino quella caduta però risultò anomala, poiché il Quarto si vide precipitare ad una gravità diversa dal normale, mentre i colori spenti dal potere del Mangekyou si facevano ancora più offuscati. Con il respiro affannato ed un dolore costrittivo al petto, Fuyuki sembrò incapace di riaversi, ma l'urlo della sorella strettamente aggrappata alla sua spalla bastò per farlo rinsavire, anche solo per un istante. L'eco di quel grido si sarebbe perso nel crepaccio, che agli occhi di Kinji sembrava aver inghiottito il suo avversario.
In realtà, sfruttando l'Hiraishin, la Lacrima Cremisi si era riportato in un istante in cima alla gola, nel punto in cui si erano conficcati i primi kunai con i quali aveva aperto le danze, al principio dello scontro. Trovando riparo dietro ad un masso, lo Hyuga provò a riprendere fiato, ma quel dolore al petto non sembrava essere intenzionato a scemare. Aveva la stessa intensità dell'attacco cardiaco che aveva avuto diversi anni prima, al termine dello scontro con Sanzu, il bastardo che si era portato via la vita del padre di Chiaki, Takayoshi Aida. Memore di quell'avvenimento, avendo combattuto al suo fianco, Aki provò ad ipotizzare
"Non sarà mica..." ma prima ancora che il furetto potesse concludere lo shinobi scosse il capo con convinzione, in segno di dissenso.
- No, lo escludo... - rispose con un fil di voce, sentendo il respiro farsi pesante. Il cuore batteva in maniera incessante, come un tamburo di guerra che sanciva l'arrivo di un nemico ineluttabile.
- Come puoi esserne certo? Se non hai intenzione di farlo fuori, perché insistere nel...- È fuori discussione. - replicò lui, intransigente.
Anche se Shuiroyasha non sembrava essere sottomesso al potere del Segno Maledetto, qualsiasi esso fosse, lui avrebbe combattuto finché la lotta non si sarebbe risolta con un vincitore. Anche se il suo avversario non gli si era rivelato ostile, anche se aveva manifestato più volte la sua volontà di continuare a servire la Foglia, non si sarebbe arreso a causa di quel malore. Se avesse perso contro di lui, con quale coraggio avrebbe potuto sedere sullo scranno dal quale intendeva rivoluzionare le sanguinose tradizioni di Konoha? No, avrebbe lottato fino alla fine, anche a costo di rimetterci la vita. Ne valeva del suo nome di shinobi, del suo orgoglio di Hokage.
- Non esiste che io mi arrenda. Andrò sino in fondo. - aggiunse, ribadendo a Fuyu la sua volontà di continuare la lotta. Sguainò ancora una volta la sua katana, avvicinandosi silenziosamente sull'orlo del precipizio, là dove anche Yugure si era ormai inoltrata per rimanere vicina al suo eremita, in caso di un attacco a sorpresa. Tuttavia, ciò che avrebbe atteso lei e Shuiroyasha era una Tecnica che andava ben oltre quanto Fuyuki aveva mostrato fino a quel momento. Qualcosa che avrebbe costretto il falco a pensare alle proprie penne, costringendo il suo protetto a guardarsi le spalle da solo.
In silenzio, Namida si calò lungo la gola per un paio di metri, ritrovando stabilità subito dopo sulla parete verticale, così da poter rivolgere lo sguardo sul crepaccio che si apriva per decine di metri sotto di lui. Non appena ebbe modo di scorgere i suoi avversari, nel cuore del baratro, impugnò la katana nera con entrambe le mani e ne portò la punta lungo il suo fianco destro, torcendo appena il torace. Il movimento gli provocò ancora più dolore, ma lo sopportò senza fiatare. Chiuse gli occhi, mentre i due furetti rimanevano perfettamente immobili. Il Chakra Eremitico si spostò dal suo corpo alla lama, la quale luccicò di riflessi cremisi e azzurri sotto le luci superstiti di un tramonto che stava per far spazio ad un meraviglioso cielo notturno. Il processo durò una manciata di secondi e si svolse in perfetta armonia, come se carne e metallo fossero l'una il prolungamento dell'altro.
« Senpou... »
Poi, un singolo sgualembro a fendere l'aria. Un colpo che poteva sembrare innocuo, ma che era in realtà il frutto di anni di addestramenti estenuanti per mantenere viva la memoria di Kenshin, il furetto che gli aveva tramandato la conoscenza delle Arti Eremitiche e di quel Jutsu. Qualcuno che, per Namida, aveva lo stesso valore che Akane Uchiha aveva avuto per il giovane Kinji. E nel cuore di quel crepaccio ai piedi delle montagne di Tetsu no Kuni, gli allievi di due menti brillanti si sarebbero dati battaglia sino alla fine, senza esclusioni di colpi, come fossero macchine incapaci di percepire la fatica che, invece, li aveva ridotti allo stremo. Il fendente di Fuyuki aveva tagliato l'aria ad una velocità impressionante, scagliando il chakra accumulato sulla lama in un globo azzurro che si fece sempre più piccolo, fino ad assumere le dimensioni di un proiettile. Non appena avrebbe impattato contro il bersaglio mirato dallo Hyuga, una roccia che svettava sopra i suoi avversari, questo avrebbe generato una deflagrazione talmente violenta da far crollare le pareti di ghiaccio. Il Vermiglio e la sua fedele Yugure avrebbero dovuto essere più che bravi, per resistere all'esplosione e a risalire in superficie, per evitare che il crepaccio collassasse sopra le loro teste e li seppellisse sotto tonnellate di roccia. Ciò nonostante, la Lacrima Cremisi era certo che Kinji non avrebbe deluso le sue aspettative e che ne sarebbe uscito indenne, anzi pronto a lanciarsi ancora una volta contro di lui. Per questo, avrebbe approfittato di quel lasso di tempo per accumulare ancora un po' di Energia Naturale e farsi trovare preparato, quando sarebbe giunto il momento di far ricorso alle ultime forze per decretare chi avrebbe vinto quella sfida.
« Zetsubouganshoku! »