Lo scricchiolio della neve sotto i suoi passi accompagnava il genin nella sua timida processione. Era la prima volta, da quando si era ammalato, che non si trovava fra le quattro mura di casa. Tutto era uguale a come se lo ricordava in giro per il Villaggio, tutto sembrava essere tornato quasi alla normalità, eppure tutto sembrava così terribilmente nuovo. Lui stesso era tornato quello di prima, ma, come il paradosso di Oto stesso, era così diverso. Avanzava lentamente, rapito da tutte quelle incongruenze, riemerso dai meandri della sua grotta più forte, ma allo stesso tempo smarrito e fragile al di fuori di essa. Come a cercare di riappropriarsi della sua confidenza, si soffermava su ogni volto, in cerca di uno conosciuto, come a ricercare in questi la sua appartenenza a quel luogo. Tutti sembravano presi dalla voglia di ripartire, di tornare a vivere, in lui quella scintilla sembrava ancora assopita. Erano successe così tante durante quei tre anni, in quell'utero che era stata la sua malattia. Da qualche settimana il suo flusso di chakra sembrava essere finalmente tornato alla normalità, ma proprio come un cucciolo appena rinato, non se l'era sentita di lasciare la sua tana, fintanto che la mamma non lo spingesse a farlo. Come ad incoraggiarlo a riprendere a sua volta a vivere, gli yūrei che nell'arco della sua malattia si erano presi cura di lui, avevano smesso di portargli la solita ciotola di riso, come a suggerirgli che era finalmente arrivato di il momento di tornare a camminare sulle sue gambe. Arrivato al limitare dei boschi, Ginko tornò a coprire i suoi occhi con la solita benda che lo aveva accompagnato sin dall'infanzia, per la prima volta nella sua vita per scelta, anziché per abitudine, rassegnato forse all'idea di non essere in grado di empatizzare con i volti che lo circondava.
- Che avendo passato troppo tempo con i morti, non sia più in grado di farlo con i vivi? -
Indossato nuovamente, dopo tre anni, il corpifronte sul braccio, era finalmente uscito di casa per saziare la sua fame, ma non solo quella del suo stomaco. Voleva sapere, doveva sapere. La yūrei che lo aveva guidato fino a quel momento non gli aveva più parlato, non si era più fatta viva, nonostante gli avesse promesso risposte una volta che il suo chakra fosse ritornato, così Ginko si era finalmente deciso a cercare quelle risposte. Il cimitero di Oto era stata la sua prima idea, ma durante la sua passeggiata per le strade del Villaggio, il timore di non essere pronto ad affrontare un luogo con così tanto potere e così tante anime, lo aveva portato a cambiare la sua destinazione. Certo, era in grado di interagire con i defunti, ma ancora lontano dal porteli controllare ed avere a che fare con presunti famigliari o con anime tormentate sconosciute, erano sicuramente due cose ben differenti. Senza contare che le manifestazioni che avrebbe trovato nel cimitero del Suono sarebbero state particolarmente cariche di odio e, memori del loro passato, estremamente potenti. Necessitava di un approccio più soft. La pietra memoriale fu quindi la conclusione più logica. Era sicuramente un luogo dall'immenso potenziale spirituale, ma allo stesso intriso di sentimenti meno aggressivi, più pacifici, essendo un luogo d'incontro fra anime, vive e no, in cerca di riconciliazione. Infondo era proprio questo l'effetto che il genin stava cercando quel giorno, cercare di attirare fuori quella misteriosa yūrei che tanto gli aveva dato, che lo aveva salvato. Affacciandosi sulla radura, Ginko notò immediatamente un'altra figura affianco alla sagoma del monumento. Non era più abituato a guardare il mondo velato da quella benda, ma allo stesso tempo, quasi come un déjà vu, poteva riconoscere quei lineamenti, quell'energia.
- Questa presenza... Mi ricorda qualcosa, qualcosa di lontano... Forse prima ancora di Oto... -
La sua mente cominciò a scorrere fra i vari ricordi, mentre la sua marcia si fermò bruscamente appena fuori la vegetazione che lo aveva accompagnato fino a quella radura. Era cresciuto in un cimitero dopotutto nel Paese della Pietra e non si sarebbe mai permesso di interrompere o disturbare il dialogo di una persona che stava cercando una connessione con qualcuno di caro. Nell'attesa, ormai rapito dalla curiosità, il genin continuava ad analizzare quella figura. Essendo cresciuto osservando gli altri dietro quella benda, Ginko aveva sopperito a quella visione velata del mondo sviluppando maggiormente gli altri sensi e, seppur fuori allenamento, imparato a riconoscere l'energie che lo circondavano. Più si concentrava su quella figura, più un dolce profumo di fiori continuava a rimbalzare nella sua mente, accompagnato da un miriade di voci indistinte, come il brusio di una folla. Con l'intensificarsi di queste sensazioni e ricordi sbiaditi, il genin era sempre più sicuro di aver già incontrato quella figura, ma allo stesso tutti quegli indizi non riuscivano a prendere senso nella sua testa. Decise dunque di scrollarsi di dosso quella curiosità e di aspettare che quella misteriosa persona avesse finito di rendere i suoi omaggi. Sarebbe rimasto impalato al limitare di quella radura e, una volta solo, si sarebbe avvicinato a sua volta al momento.