Missione 3B - Bianca come neve, Per ~ErudaJibibi

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view post Posted on 16/11/2020, 14:32     +1   -1
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Artificial Flower's Lullaby

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"Sii te stesso, Kaede, ma non lasciare che questo ti uccida."
Probabilmente uno dei più importanti e difficili insegnamenti che una madre possa dare a un figlio. Il ragazzino avrebbe interiorizzato quanto appena spiegato dalla donna, cercando sicuramente di migliorare e non ripetere gli stessi errori. Era giovane, doveva imparare, e l'unico modo per imparare è sbagliare e correggersi, ma... Solo il futuro avrebbe rivelato se Kaede ce l'avrebbe fatta in tempo, o se l'essere se stesso l'avrebbe portato alla morte.

E di morte ne scese parecchia, quel giorno.
Lasciando Kaede all'esterno a fare da palo, Masaru si occupò di liberare la strada per la loro missione.
Il primo fu il cane. La bestia si vide lanciare contro un biscotto, che annusò immediatamente. Ma l'animale aveva già dimostrato di essere ben addestrato e fedele, e tutti gli indizi portavano al fatto che fosse il mastino di un signore della droga. Possedeva un fiuto encomiabile per le polveri chimiche, e non cadde nel tranello... Ma cadde per il dardo della kunoichi.
Un guaito, un tonfo, e poi il silenzio.

Attirati dal suono, arrivarono le due guardie che si occupavano del perimetro della casa, e l'esperienza da assassina di Masaru le permise di mettere fuori gioco entrambe in silenzio. Nascose i corpi sotto la casa, lasciando qualche macchia di sangue sui fiori che costeggiavano il portico.

Da lì, fu facile entrare e non troppo impegnativo distinguere domestici da guardie addestrate. I primi erano più gracili, come ci si aspetta da persone che devono semplicemente occuparsi di rifare i letti e servire in cucina.
Mandò a nanna una cuoca e una cameriera, che però fece in tempo a cacciare un urlo. Questo attirò l'ultima guardia della casa, e ci fu qualche istante di colluttazione nel salone principale, un mobile schiantato, e un tentativo di immobilizzare la donna che però si rivelò troppo più esperta e abile del corpulento guardiano.

«Bene, ora basta così.»

La voce giunse all'improvviso, un istante prima che la lama di Masaru affondasse nel collo dell'uomo. Avrebbe avuto tempo di ucciderlo comunque, se era quella la sua intenzione, ma con la coda dell'occhio vide che tre persone si erano palesate nella stanza più grande della casa, quella dove erano esposti mobili e vasi di pregio, pergamene dipinte, e tutte le suppellettili che facevano capire che i proprietari della magione erano di schiatta più che benestante.
E i proprietari in questione sembravano essere usciti dalle loro stanze, perché quelli di fronte a Masaru non erano sicuramente delle guardie del corpo o delle servette.

Al centro si trovava un uomo con un taglio di capelli alla samurai, rasati sopra e annodati sulla nuca. Indossava un elegante kimono giallo con motivi neri, aveva una katana alla cintura ma non la stava impugnando.
Dietro di lui, chiaramente la più a disagio del trio, c'era una donna più o meno della stessa età di Masaru, coi capelli però leggermente striati di bianco sulle tempie. Non bella di per sé ma piacevole nei lineamenti, dava l'impressione, con gli abiti e il portamento, di essere una nobildonna che malgrado stesse provando nervosismo e paura, non lasciava andare la propria dignità... E nemmeno la mano di una bambina di circa dodici anni, che fissava Masaru con infantile e interessata curiosità. La piccola aveva i capelli di un insolito rosso carota, segni di ustione sulle mani e sulla guancia sinistra, e grandi occhi neri che sembravano appartenere a una donna adulta, non a una piccola creatura.

«È chiaro che se avessi voluto uccidermi non ti saresti presa il disturbo di ammazzare tutte le mie guardie e la servitù.»

L'uomo era piccolo di statura, ma la voce era ferma e decisa, tipica delle persone che compensano col carisma le mancanze date dalla natura.

«Quindi avanti. Chi ti manda e cosa vuoi?»
 
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view post Posted on 27/11/2020, 21:26     +1   -1
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« Shinobi. Se è davvero ciò che desidera, non sarò certo io a negarglielo,
voglio che egli possa scegliersi la sua strada.
»

"Non sei costretto a guardare." questa è stata l'affermazione schietta ma sincera di Masaru, che aveva intuito il suo nervosismo, forse dovuto proprio al fatto che stavano andando dritti dal vero fautore di tutta quella situazione.

La certezza che non ci sia nessuno nei paraggi all'infuori degli interessati di tutta quella vicenda, utilizzare le proprie capacità, fiutare eventuali pericoli, e poi agire. Non vuole guardare il giovane, consapevole che quel cane è destinato a soccombere.
Sente fin troppo vicino il ticchettio dell'arma di lei, il fischio del dardo che sfreccia verso il bersaglio, e quel guaito. Non si è quasi accorto di come la donna continua nel suo lavoro, perfettamente concentrata sul suo obiettivo. La osserva mentre fredda e silenziosa come un'ombra fa cadere la morte sui due uomini, e Kaede se ne resta lì, fermo, in un momento di stasi, non riuscendo a distogliere lo sguardo stavolta.
Alla madre non sfugge, lo aveva avvisato, un giorno, di certe possibilità, ma lui ha tanto insistito nel lavorare per proteggere le persone, salvarle. Da un lato avrebbe preferito che suo figlio non assistesse ad un tale spettacolo nel giorno del suo compleanno, dall'altro è lieta che l'abbia fatto.

Kaede se ne accorge solo quando la vede fargli cenno con la testa, ed egli sembra riprendersi, ricordando che quegli uomini avrebbero potuto fare la stessa cosa a loro. Ricaccia indietro il bambino interiore che tanto ha a cuore la vita altrui, almeno per il momento, mentre lei nasconde i corpi lui acquisisce fattezze non sue e prende le veci della sentinella principale, come secondo i piani.

E se per Masaru è così dannatamente semplice, dato che per lei si tratta solo di fare il suo lavoro - continuando a rinnegare quella parte di sé compiaciuta da tutta quella morte e non trovando alcun piacere in ciò - beh, per il bambino è diverso, con quel forte odore di sangue a permeare l'aria, fa del suo meglio, stringe il pugno, ciò che non vede lo sente, anche al di là del microfono, lo sente in quel silenzio assordante, lo sente anche in ogni piccolo rumore che riesce a cogliere dalla trasmittente, uno ad uno.
Talmente preso dal cercare di fare il suo lavoro che quel grido al di là del microfono lo fa sussultare, guardandosi in giro per accertarsi che nessuno venga a controllare, per poi voltare per lunghi attimi lo sguardo verso la casa con il cuore in gola.
Nononono. Non sta andando come ha detto che dovrebbe. Non sta andando, non sta andando, nonstaandandopernientebene...

Non è andata come previsto. Sente la sua voce, Masaru, ancora la lama non lacera le carni dell'ultima guardia, che se ne resta alla sua mercé con il terrore di essersi visto la morte dinnanzi agli occhi. Lo sente, le rivolge al parola. E' un po' stanca, eppure la kunoichi della polvere resta calma; quella sicurezza e quel carisma nei modi, non sono propri di un servitore né di un sottoposto. Gli occhi grigi puntano verso di Lui, lo studiano, poi studiano la sua compagna, o concubina, non ha importanza.
In seguito, al di là delle lenti, la vede, la fonte di chakra che appena prima era stata attenta a percepire. Già, l'abilità sensitiva, senza di essa avrebbe comunque intuito una simile probabilità, viste anche le anomalie, ma concentrarsi su di essa le è servito piuttosto a capire se ci sono altre minacce invisibili ad occhio nudo.

"Dovresti saperlo." gli risponde senza perdersi in formalismi.

Qualcosa però si è incrinato nel frattempo, nella apparente calma della Takeda, la quale difficilmente si aspettava che il suo più pericoloso nemico fosse proprio una bambina. Una bambina dall'aria innocente ma al tempo stesso matura, quasi certamente cresciuta a quel modo contro il suo stesso volere, usata, sfruttata, cosa che le ricorda dannatamente...

La bambina prende l'aspetto di un'altra, ben più familiare, che ora la guarda grave.
Stavolta non è divertita. Lei.

Figlio di puttana.

Forse è per questo che, colta in quella piccola crepa emotiva inaspettata, la Jinton commette un piccolissimo errore di calcolo nella seguente fase, che la vede prima che ad interrogare, a cercare di portarsi in una posizione di vantaggio senza la quale difficilmente ne sarebbe uscita - e neppure è certa che interrogandolo le dia davvero ciò che vuole, perché non era così che doveva andare il piano iniziale, perché rischiavano di perdere tempo prezioso - ed una simile posizione prevede appunto strappare a quell'uomo ciò che gli dona sicurezza.

"Liberala." le sussurra a fior di labbra la bambina, in un misto di compassione e rabbia, prima di ridare alla piccola il suo reale aspetto.

Alla sua risposta, l'uomo la guardò come se fosse una perfetta idiota: "Non ripeterò la domanda una seconda volta." le disse a metà tra l'irritato e il compassionevole.

Masaru non si lascia catturare dalla sua irritazione, ancora immutata, affonda la lama e strappa la vita all'uomo che tiene prigioniero a sé, prima che possa tentare qualcosa. Un avvertimento mentre lascia correre le parole. Rimane sicura, fredda, distaccata. Risulta difficile, se non addirittura impossibile leggerle dentro. "Risposte, sono ciò che voglio. Puoi decidere se darle a me qui e subito o direttamente ai miei superiori, il che potrebbe non essere piacevole. Qualsiasi cosa mi farete, non andrete comunque molto lontano."

Ed è mentre sta pronunciando l'ultima frase che la donna decide di sfilare via una delle cartebomba - caricata non troppo da distruggere tutto ma nemmeno troppo poco da non avere effetto a pochissimi metri di distanza - in modo da poterla applicare sul cadavere per scagliarlo contro la bambina e riparandosi con il braccio, nel caso. L'idea sarebbe quella di sfruttarlo come diversivo, eventualmente usando una bomba lucente per accecare, nel caso in cui la cartabomba non avesse funzionato o se non fossero rimasti storditi. Da lì in poi, sarebbe dipeso tutto da come avrebbero reagito i presenti.
Ma soprattutto...

Sa quello che fa. Sa quello che fa. Sa quello che fa. Sa quello che fa.

Da quello che il piccolo grande Kaede avrebbe fatto, irrequieto poiché consapevole che i piani non sono andati come dovevano e che lei si trova lì dentro, da sola, con... oh per i Kami, ha parlato al plurale ma non è certo di quanti siano davvero. No Kaede, sta fermo e buono lì, come ti ha ordinato lei. Anzi, se senti qualcos'altro oltre ai dialoghi, scappa, corri via come ti ha detto. Non esitare un istante di più.
Questo è quello che pensa il Kaede shinobi, cercando con una difficoltà crescente di non ascoltare il bambino interiore, il quale desidera andare ad aiutarla realmente, piuttosto che starsene lì. Sì insomma, lei è il suo superiore... eppure...

Gli occhi castani di quella guardia fallace sono assorti, la mano che si stringe nell'elsa dell'arma più immediata a disposizione, quella sensazione di disagio che rende più ostico respirare. Si inumidisce le labbra, riflettendo il da farsi.

code © psiche


CITAZIONE
Okay, sgozzamento ovviamente, al quale segue cartabomba - non troppo carica - con annesso cadavere che si tenta di lanciare contro gli avversari ---> Bomba lucente? Dunno, dipende se lei lo vede necessario. La suddetta se il nemico è vicino, quindi tentativo di sparargliela in faccia; genjutsu se il nemico è ancora distante.
Se, e dico se riesce a rincoglionire l'obiettivo, tenta con 'bagliore fatale' contro la mocciosa. No, non si è dimenticata degli altri due, l'idea sarebbe di usare una genjutsu contro il tizio appena possibile o se le è d'intralcio, va da sé che se le richiede troppo tempo tenta un approccio più diretto.
Non do nulla per certo ovviamente.
 
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Masaru sapeva che stava rischiando. Lo sapeva, ma vuoi per la tensione, vuoi per il disagio di rivedere nella piccola dai capelli rossi una figura per lei traumatica, vuoi per la consapevolezza di avere ancora il figlio là fuori, sebbene in collegamento... Masaru rischiò.

E non le andò bene.

Aveva parlato, aveva articolato qualcosa a cui il nobiluomo stava per rispondere. Solo che la kunoichi aveva voluto forzare la mano, già sporca del sangue di molte vite; ne aveva tolta un'altra, e nel tempo in cui la guardia gorgogliava morente per la gola recisa aveva fatto il gesto di estrarre una carta bomba.

«Kia!»

All'urlo dell'uomo, la cartabomba esplose in mano a Masaru. La colpì, ustionandole gravemente il braccio e parte del collo e del petto, e picchiandole contro gli occhiali con tale violenza che le graffiarono il viso. Solo il sigillo di cui erano dotati impedì che volassero via, perché l'impatto fu notevole. Spinta all'indietro, Masaru si ritrovò a terra cadendo su un fianco, con il cadavere della guardia in una pozza di sangue davanti a sé.

Le voci sul fatto che il boss faceva saltare teste avevano un fondo di verità, fondo che Masaru toccò con mano. E di quella mano perse l'uso, perché guardando la sua estremità poté vedere solo piaghe da ustione, sangue, e dolore fortissimo. Avendo scelto di non caricare una delle carte bomba maggiori si era salvata (forse) le dita, ma di certo per il resto della missione avrebbe dovuto contare su un arto in meno.

«Risposte, quindi. Voi assassini prezzolati siete sempre più stupidi di quanto vogliate sembrare.»

Alzando gli occhi, Masaru si sarebbe trovata la punta della katana dell'uomo a pochi centimetri dalla gola.

«Le risposte si ottengono facendo domande, non cercando di lanciare delle bombe addosso a donne e bambini.»

C'era del reale disgusto negli occhi e nel tono di voce del nobiluomo, che guardava Masaru dall'alto, tenendo la sua spada pronto a trapassarle la trachea se avesse tentato di muoversi troppo in fretta.

«Quindi, vediamo di insegnarti come si fa. Io adesso ti farò una domanda, e tu mi risponderai.
Per chi lavori?»


Una domanda, scandita con fermezza. L'uomo era di fianco a lei, e tre metri più indietro moglie e figlia erano rimaste immobili. La donna teneva ancora per mano la ragazzina, la quale mostrava segni di fastidio; arricciava il naso e le labbra, mentre faceva dondolare leggermente la lunga manica destra del kimono, che le copriva ora interamente la mano fino alla punta delle dita.
 
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« Shinobi. Se è davvero ciò che desidera, non sarò certo io a negarglielo,
voglio che egli possa scegliersi la sua strada.
»

Un urlo riecheggia nell'aria, quello dell'uomo. Difficile dire sul momento se ha chiamato la bambina per nome o semplicemente le ha dato un ordine in codice. Tuttavia sono ben altre le cose sulle quali il pensiero della donna si concentra, l'ombra di quel movimento repentino e sussultorio del braccio della piccola, che la mette in dubbio, e il pericolo certo di quanto sta per avvenire.
Un'esplosione rimbalza nel microfono, eco di quella che sente nell'altro orecchio, infastidendo il ragazzino che digrigna i denti e sussulta spaventato per l'intensità di quel suono e cosa esso lascia presagire.
Il cuore adesso è a mille, si guarda in giro per controllare che non ci sia qualcuno e lo sguardo punta in ultimo alla villa, occhi sgomenti in trepidante attesa. Le sue stesse gambe vengono bloccate da una volontà vacillante, prima che possano portarlo dove non vuole.
E' tutto un maledetto deja vu per lui. Il sentirsi impotenti di fronte a quella situazione, il desiderio che questo fa nascere: voler fare qualcosa. L'incertezza di cosa realmente stia accadendo, la vaga speranza che quell'esplosione sia in realtà un segnale positivo, a loro vantaggio, salvo poi udire la voce dell'uomo.

Dunque non è solo toccando le cose che può farle esplodere, quella bambina - come aveva erroneamente pensato vedendo le ustioni sulle sue mani - ma anche a distanza. L'onda d'urto genera una forza tale che la spinge brutalmente contro il muro. Il respiro vien meno, i polmoni cercano di prendere più ossigenazione possibile, più per la situazione in sé e la stanchezza che non per quanto subito; il cuore sobbalza cercando di riacquisire un battito regolare e le orecchie fischiano per pochi secondi, durante i quali risuonano come sorde martellate i passi dell'uomo.

"Risposte, quindi. Voi assassini prezzolati siete sempre più stupidi di quanto vogliate sembrare." la sua voce giunge alle orecchie della ragazza madre come un rimbombo attutito e incomprensibile, tornando chiara e limpida per ogni secondo che passa.

Oltre all'udito, anche il suo corpo torna a farsi sentire pienamente al suo cervello, portandole dolore. Diversi tipi di dolore che le occupano per qualche istante la mente, bruciante dal braccio, al petto, sino al collo. Da quest'ultimo partendo lieve, per poi farsi sempre più atroce nella mano sinistra, quella che aveva afferrato la cartabomba esplosa prima del previsto. Su bambina, concentrati.
Nonostante tutto il malessere che prova, acuto come mille spilli penetranti, la Jinton non cede, tenta di mettersi in una posizione che le dia vantaggio tattico nei movimento, solo per bloccarsi prima di poter effettivamente tentare qualcosa. Solleva lo sguardo, del medesimo colore della lama che adesso le viene puntata alla gola.
Lo porta su di lui, mantenendo la calma nonostante la precarietà della sua situazione, e fino all'ultimo non gli da la soddisfazione di lasciar trasparire debolezza alcuna, quel dolore che minaccia di manifestarsi nella sua espressione.

"Se per questo neppure sfruttarli a proprio vantaggio."
gli dice lanciando una fugace occhiata verso dove dovrebbe trovarsi la bambina. Figuriamoci se si lascia abbindolare da certe stronzate morali da chi subdolamente ne mostra poche. "Ti dirò per chi lavoro solo quando avrai risposto alle mie di domande."

Ah. Pessima idea, sempre la solita, vero Masacchan? La sua sfrontatezza, quel suo modo velato di mandarlo diligentemente a fanculo le porta in dono un bel calcio in faccia. Oh no, non è per dire. Quel calcio lo riceve eccome, impatta sul suo bel faccino con un'altra esplosione di dolore, la quale non le porta seri danni ma si concentra tutta sul naso assieme a quel bruciore intenso. Adesso sono tre i rivoli di sangue, uno dal labbro rotto, uno dalle narici e uno dove l'hanno graffiata i suoi stessi occhiali per l'onda d'urto.

"Non sei nella posizione di avanzare pretese, feccia." le dice con crescente irritazione, "quindi facciamo che prima tu rispondi alla mia domanda, e poi forse io risponderò alla tua."

A questo punto la Takeda decide di fare una scelta con un suo scopo: "La Tsuchikage non è per niente lieta di quello che stai combinando sotto il suo naso."

Quando nomina la Tsuchikage, l'uomo rimane fermo ed è palese per lei che non si aspettava affatto una risposta del genere.

"Sei... Una shinobi?"
le domanda, sorpreso. Guarda poi oltre Masaru, probabilmente verso la scia di cadaveri che si è lasciata alle spalle. Poi torna a guardare lei e le punta nuovamente la spada alla gola.

"Perché Iwa mi vuole mettere i bastoni fra le ruote? Qual è la tua missione, uccidermi?"


Masaru lo fissa senza timore, rimanendo calma.

"No. Capire."


Sente la punta della lama premere contro la gola.

"Capire cosa?"
le chiede sospettoso e irritato, "se stai cercando di prendere tempo rispondendo a monosillabi, sappi che non è una buona idea."

Ma questo non basta a spaventarla, è sofferente, indebolita, ma continua a combattere nonostante tutto, attraverso le parole: "Lasciarmi porre le mie domande risponderebbe alla tua..."

Nel di lui sguardo un lampo di furia, la punta della katana preme ancora e Masaru può sentirla penetrarle leggermente l'epidermide, facendo fuoriuscire una perla cremisi.

"Domanda, dunque. In fretta."


"La roba che produci, di cosa è fatta?"


A quella domanda egli solleva un sopracciglio: "Vuoi sapere solo questo?" le chiede con scetticismo marcato.

Va bene, non vuole una domanda per volta. Sperava di prendere tempo, la kunoichi, per studiare meglio le sue prossime mosse e riprendere le energie con il controllo del chakra, che considerate le ferite attuali è meglio averne il più possibile a disposizione. Tuttavia, per ogni minuto che passa senza trarre fuori qualcosa egli si innervosisce e lei sa bene a cosa porterebbe tirarla per le lunghe.

La donna sospira a bocca chiusa, reingoiando un gemito quando tenta di stringere la mano offesa per valutare i danni interni, sentendo atroci scariche di dolore dall'arto, quasi rivivendo in un certo senso le fitte che le provocava il sigillo prima che lei eliminasse la strega. Fa quanto in suo potere per ignorarlo: "Sei tu a produrla? Dove? E chi altro è coinvolto?"

"Ti sembro così idiota da produrre direttamente? La roba viene da fuori città, e se vuoi sapere di cosa è fatta basta analizzarla."
Risponde rapidamente, sembra scocciato. "Adesso ti aspetti pure che ti elenchi i miei collaboratori. Vi facevo più intelligenti, voi shinobi."

Subito dopo indica la mano ancora sana di Masaru: "Se non vuoi che finisca come quell'altra, ti conviene vuotare il sacco ora e subito, mi sto stancando dei tuoi giochetti. Sei qua per scoprire i miei traffici?"

Masaru ne sa abbastanza di criminalità organizzata da capire che quello che sta dicendo è più che sensato.
E lui sembra sincero, oltre che molto irritato.

La kunoichi continua a mantenere la sua famosa e misurata calma nonostante la situazione precaria. "Mi aspettavo una cosa del genere, in realtà. Ad ogni modo, pur avendo già diverse informazioni, anche su di te, a noi interessa arrivare a chi la produce. Se non sei tu allora hai due possibilità. Indirizzarmi al produttore ed ottenere l'amnistia qui e subito... oppure uccidermi e come il produttore venire braccato assieme alla tua famiglia. E se conosci la Tsuchikage saprai che ottiene sempre ciò che vuole." c'è fredda quanto palese minaccia nelle ultime affermazioni, sincera a sua volta mentre lo fissa. È lo sguardo di un predatore ovviamente, più che della preda. Giusto per accentuare il messaggio.

Il predatore riceve in cambio uno sguardo perfettamente suo pari.

"Facciamo invece che io ti consegno alla Tsuchikage. Parlo direttamente con lei, le faccio capire che il suo intento di mettermi i bastoni fra le ruote è finito nell'imbarazzo e nello spreco di risorse, e che converrebbe a entrambi collaborare assieme.
Tu hai salva la vita, io ci guadagno un socio in affari.
Altrimenti, ti faccio saltare la testa qui e ora, e poi mando quella, alla Tsuchikage."


No. Dalla faccia non sembra proprio che stia bluffando, l'uomo in questione. La bambina la osserva attentamente - non quella dai capelli rossi - per la prima volta confusa nel non riuscire a comprendere appieno il volere della kunoichi, che fissa in silenzio il nobile.

Sono parole dure, anche nella scelta più allettante risulta fallace che tutto sarebbe andato per il meglio per lei - l'ha compreso persino Kaede dall'altra parte della trasmittente, il quale prende una decisione - anche se forse insultandola non ne sarebbe uscito vivo neppure l'uomo viste le premesse della sua discussione con la Koizumi, ma poco importa in quel momento, perché sinceramente parlando...

Oh, la bambina sorride. E' particolarmente contenta della sua scelta.

...si è un po' rotta il cazzo.

Quello che agli altri era sembrato un mero ponderare la sua scelta in quei lunghi istanti si rivela tutt'altro, riconcentrare le proprie forze sulla percezione del chakra, al fine di acquisire maggiore mira sul bersaglio; accorgersi di una presenza aggiuntiva mentre essa, ben celata visivamente dalle sue abilità, sta lanciando la tempesta di polvere, così da accecare gli avversari, anche se il rischio sarebbe stato di accecare Masaru stessa.
Indipendentemente dall'esito però, ignorando ad ogni costo la somma stanchezza al consumo attuato in precedenza, con la volontà di non fermarsi a guardare rischiando di veder morire suo figlio, la Jinton fa appello a tutte le forze che le sono rimaste: decide di approfittare del momento e da quel momento in poi, più che in precedenza, entra in gioco il fattore tempo, dipeso tutto dalle azioni dei vari elementi presenti nella sala.

Se anche il nobile avesse continuato a tenerle la spada puntata alla gola o, peggio, tentato di decapitarla, ella avrebbe spostato velocemente la mano sana che è certa sia ancora bersaglio principale dell'uomo in un punto protetto, componendo solo con essa i sigilli per la jutsu da usare, ovvero sostituirsi con un oggetto tra quelli che ricorda di aver visto a distanza ravvicinata, con la priorità massima di spostarsi da un punto che la vede come bersaglio facile e di cui i nemici hanno ancora memoria.
Seppure non sia così semplice eseguire sigilli con una sola mano, osare resta per lei di vitale importanza, anche se l'abitudine la porta involontariamente a muovere anche l'altra ed ella si sforza di reprimere il dolore tra i denti digrignati, un dolore che è l'equivalente del sentirsi mille aghi conficcati nella carne.
Da quel momento, se tutto sarebbe andato come previsto, ella avrebbe cercato di lanciare una genjutsu della sonnolenza alla bambina, mentre suo figlio caricava contro l'uomo, minaccia per lui concreta e che si palesa in quel momento come pericolo verso Masaru, con l'intento di colpirlo con il bastone alla nuca e tramortirlo.

code © psiche


CITAZIONE
Lui:
Nascondersi
Tempesta di polvere.
Lancia contro l'uomo alcuni spiedi nell'intento di colpire punti importanti ma non fatali che possano indebolirlo, ad esempio dietro le ginocchia se gli è di spalle oppure dritto nel coso eme, se gli è davanti (sì che è un bambino coccoloso ma se vede qualcuno a lui caro minacciato c'è poco da fare...).
Carica il bastone con forza contro la nuca dell'uomo, pronto a combattere lui e chi altro si pone a minaccia.

Lei:
Controllo chakra all'inizio
Sensitivo
Sostituzione
Genjutsu sonnolenza sulla bambina.
Probabilità che attacca que'ultima se non funge. Dipende da tanti fattori.

So che avevo accennato di farle dire una frase ad effetto ma non me ne vengono in mente quindi va beh.
 
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Il boss, che ancora non aveva un nome per Masaru, non era il proprietario di quella villa e l'occupante di quel ruolo solo per caso. Se in giro potevano esistere rampolli nobiliari eletti a capo di altri esseri umani solo perché figli di qualcuno importante, per l'uomo di fronte a Masaru non doveva essere stato così. Dimostrava controllo della situazione, lucidità e freddezza, caratteristiche che, tendenzialmente, o vengono insegnate bene o si apprendono con gli errori e l'esperienza.
Malgrado avesse Masaru in pugno, non si stava crogiolando negli allori, non stava incappando nell'errore più classico del mettersi a fare un monologo sulla propria vittoria, o in quello più sottile del lasciare che l'altro prendesse tempo facendo intervenire un complice... O almeno, così credeva.
Di sicuro non stava dando troppa corda alla Takeda, ma aveva comunque bisogno di tempo per farla parlare, oltre che a macchiare il tatami col suo sangue. Per questo era arrivato a quell'ultimatum: da uomo abituato a trattare col potere, era convinto di poter trovare un accordo con Chiye Koizumi, qualcosa che andasse a vantaggio di tutti... Perché se ti arrivano i ninja in casa, devi risolvere il problema alla fonte o i prossimi non sarai in grado di vederli. Lo sapevano tutti, e chi non lo sapeva lo imparava a proprie spese.
Inoltre, nel Paese della Roccia gli shinobi non erano famosi per essere gentili e premurosi. Quel giorno ci aveva già rimesso una decina di uomini sotto il suo servizio, chi gli garantiva che la prossima volta non avrebbero puntato direttamente a sua moglie o sua figlia?
Quindi, a Masaru veniva presentata una scelta: morire lì e subito, o rientrare a Iwa con le pive nel sacco, e la certezza quasi totale di altri lunghi mesi di disonore per un'ennesima missione fallita.

Ad anticipare quella decisione, però, giunse l'intervento di Kaede. Stanco di ascoltare la sua compagna di missione che veniva umiliata in quel modo e minacciata di morte, il ragazzino si era fatto strada nel giardino, seguendo la scia di corpi fino alla stanza in cui aveva deciso di lanciare una tempesta di polvere.
E all'interno di tale stanza, in effetti, la tempesta arrivò. Nel giro di un attimo tutto divenne polveroso, e si alzarono contemporaneamente le imprecazioni dell'uomo, e le grida della donna con la bambina.

«Nakuda! Non muovetevi!»

L'uomo indietreggiò, smettendo di minacciare Masaru, che riuscì, sebbene con un po' di sforzo ulteriore, a sostituirsi all'angoliera di cedro posizionata nell'angolo opposto a destra, rispetto alla porta in cui era entrata. La polvere le impediva di vedere alcunché, ma poteva sentire che le voci della famiglia provenivano da un punto distante circa due metri da lei, alle sue ore 11.
Kaede invece, estraneo alla polvere ancora per qualche momento, aveva avuto il tempo di vedere il boss che si posizionava saldamente davanti alla figlia, tenendo la katana nella destra e poggiando la mano sinistra sulla schiena della moglie, china a proteggere la bambina facendole scudo col proprio corpo. Malgrado la polvere, il capofamiglia tentava di tenere la testa alta e di guardarsi attorno, spostando la guardia nella speranza di incrociare un nemico in avvicinamento.

Era il momento buono per attaccare. L'uomo era uno spadaccino non eccezionale, ma non inesperto, e malgrado gli occhi non fossero funzionanti possedeva ancora delle orecchie e dei riflessi discreti. Kaede scelse di caricare, azione che notoriamente è costituita da passi decisi e più pesanti del normale, e il boss riuscì a parare il colpo diretto alla nuca, che lo colpì di striscio strappandogli un urlo di dolore. Non riuscì a tramortirlo, però, visto che la spada aveva deviato parzialmente il bastone.

«PADRE!»
«Scappate!»

L'urlo acuto della piccola era colmo di preoccupazione. Non vedeva, era nervosa, sentiva il padre in difficoltà, era normale che urlasse. Ma all'ordine di fuggire, madre e figlia scattarono verso la parete scorrevole per tentare di mettersi in salvo dalla tempesta di polvere. Si stavano dirigendo verso la direzione opposta rispetto a quella da cui era entrata Masaru, ovvero la camera da letto da dove erano usciti i tre originariamente, posta a ovest. La Jinton non poteva vederle, ma era in grado di sentirle muoversi, e poteva indovinare in che direzione stavano andando.

L'uomo alzò la katana, ma invece di menare un fendente dall'alto fintò velocemente e tentò di colpire Kaede con un mandritto, parallelo al terreno, diretto verso il suo fianco sinistro all'altezza del costato.

«Saranno due le teste!»


CITAZIONE
Allora. Qui c'è un problema di cui credo abbiamo già parlato, e se non lo abbiamo fatto ne riparlo qui.
Scrivermi un elenco di cose che i tuoi pg/png vogliono fare non costituisce un post. Le citazioni devono essere delle aggiunte, delle precisazioni, delle indicazioni ulteriori, quindi lì un elenco va bene... Ma solo se è il seguito di un post scritto con un minimo di dovizia di particolari. Dal tuo post leggo che Kaede lancia una tempesta di sabbia e Masaru una sostituzione, queste cose vanno bene e sono ben descritte (anche se non hai minimanente spostato il focus su Kaede quando lo hai fatto muovere, poteva essere un'aggiunta utile ma non è importante). Tutto il resto di azioni che seguirebbero è un elenco striminzito piazzato in fondo al post; gli spiedi, poi, non sono nemmeno nominati nel post, ma solo nella parte citata, quindi questi non li conto proprio.
Capisco che le tue sono formulazioni di ipotesi (vedo che la mano esplosa è stata di lezione), quindi non mi aspettavo descrizioni approfondite, ma così sarebbero davvero troppo risicate anche in un play by chat. Vanno bene per giochi come DnD dove l'esito dipende da un dado, non dalla tua descrizione.
Quindi, dato che non hai descritto da dove Kaede si avvicina, lo posiziono io al bordo sud della stanza perché arrivare dal giardino sarebbe la scelta più logica quando hai fretta.
Riparti con lui al centro della stanza ingaggiato con il boss e Masaru all'angolo nord-ovest, accecata fintanto che Kaede non ritira la tempesta.
 
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view post Posted on 28/12/2020, 16:24     +1   -1
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« Shinobi. Se è davvero ciò che desidera, non sarò certo io a negarglielo,
voglio che egli possa scegliersi la sua strada.
»

Il giovane fa tutto in suo potere per ignorare quei cadaveri, per non incrociare i loro sguardi vitrei, quelle vite spezzate dalla scure di colei che aveva sempre amato e rispettato come una madre, più che un mentore. Il suo nervosismo difficilmente latente come invece può esserlo quello di Masaru, si porta avanti con cautela e circospezione, lui, fa il suo lavoro, con una logica diversa rispetto a quella della suddetta, nota quest'ultima rimasta colpita a sua volta dalla tempesta, non c'è tempo per darle supporto medico, non ancora, e riesce ad avvicinare sino al centro della stanza l'uomo, colui che non ha voluto scendere a patti con loro.
Il suo attacco viene comunque percepito, nonché abilmente parato, il che lascia adito per Kaede alle abilità del nobile. Non gli sfugge il fatto che lui stia cercando di proteggere la sua famiglia, che potrebbe addirittura apparire normale, non fosse per quell'immagine che continua ad avere dinnanzi agli occhi, quella riferita alla sua prima vera missione.

Non fosse anche per il fatto che quella famiglia sia in grado di far saltare teste o per le minacce appena procurate alla Jinton nonostante la richiesta della donna di concludere in modo più normale rispetto al primo approccio e senza altri spargimenti inutili o umiliazioni, nonostante quanto avvenuto.
Il giovane Masamune non bada troppo a quanto succede attorno a sé, piuttosto si concentra sul vero obiettivo e invece di cercare di difendere, la sua mente audace e inesperta gli suggerisce di colpire nuovamente dietro la nuca, ora scoperta, muovendo il bastone veloce a volergli dare un colpo secco e deciso. In seguito, nel caso in cui il suo attacco abbia successo, si assicurerà dell'incoscienza dell'iìuomo, ritirerà la tempesta e si concentrerà sul resto dei presenti, altrimenti cercherà un compromesso a parole tenendosi sulla difensiva.

Nel frattempo la Takeda si concentra sugli altri sensi a sua disposizione, in assenza della vista: calcola i passi, il numero, il ritmo, il tempo, la distanza. Le possibilità sono molteplici, tra tutte la più probabile è che la madre, di certo convinta che lei sia ancora nello stesso punto, sia dietro la figlia a volerle fare da scudo, pertanto i passi poco più avanti sono senza dubbio della piccola.
Ma la loro importanza è relativa, sapere il punto esatto dove si troveranno nei prossimi secondi è fondamentale per la riuscita della sua jutsu, puntando in seguito la mano sana, una volta eseguiti seppur a fatica i sigilli, verso dove percepisce i passi, a voler sollevare da terra chi ne verrà colpito.
Se suo figlio ritirerà dunque la tempesta, ella opterà finalmente per una semplice e innocua genjutsu al fine di addormentare la bambina, altrimenti dovrà usare la soluzione più drastica e meno piacevole, per l'appunto l'uso della jutsu fuuton della scure su madre e figlia, giusto per ricordare a quell'uomo che con gli shinobi di Iwa non si utilizzano certi mezzucci.

code © psiche


Se non è chiaro qualcosa:

> Lui: colpo di bastone dietro la nuca
- se riesce ---> si assicura che sia ko, ritira tempesta e si concentra sulla situazione.
- se non riesce --> si pone sulla difensiva cercando di parlare al nobile, ma tiene tempesta.

> Lei: <ninjutsu elementale> - 風 - Fuuton: Alzata - [Chk: 50/70][Def/Res: +70/100]
"Sfruttando il vento in modo più preciso ma meno efficace, il ninja crea una corrente ascensionale per cercare di deviare un attacco a distanza verso l'alto o proiettare in cielo l'avversario. Di conseguenza, se riesce ad parare completamente un attacco ravvicinato dell'avversario, esso si troverà proiettato verso l'alto di un paio di metri e vulnerabile a qualunque attacco; l'attacco successivo avrà un bonus di 1/10 del totale."

- Se riesce a prendere la pargola E la tempesta si annulla --> genjutsu sonnolenza
- Se prende la madre E la tempesta si annulla --> ok, qui sono cazzi. Del tipo che magari quella è distratta e ha il tempo di lanciare comunque la genjutsu (ok, mi son fatta prendere dalla tenerezza di una mocciosa e sto cercando di darle una possibilità, era inaspettata per la missione va bene? YoclRCs :uffi: )

- Se riesce a colpire qualcuno ma comunque la tempesta non si annulla --> io ci ho provato, rip
<ninjutsu elementale a vasto raggio> - 風 - Fuuton: Taglio della Scure - [Chk: 95/120][Int: +110/160]
"Il ninja manipola l'aria che lo circonda, formando una lama di vento di dimensioni tanto grandi da colpire anche un intero gruppo di avversari. Questo attacco avrà anche delle ripercussioni sull'ambiente circostante: riducendo in macerie una buona porzione di terreno, sarà più facile nascondersi tra di esse, e l'esecuzione delle Ninjutsu Elementale di terra e sabbia sarà più immediata. Il livello di nascondersi di tutti i combattenti sarà alzato di 1, e gli attacchi di elemento terra/sabbia saranno potenziati di 1/15 (non cumulabile). Colpisce massimo due avversari."
 
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view post Posted on 4/1/2021, 21:23     +1   -1
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Guardando Kaede agire in missione, più di un ninja veterano gli avrebbe detto che quel lavoro non faceva per lui. O che doveva tornare in Accademia, ripassare le basi e farle proprie.
Il suo avversario, sebbene accecato, era uno spadaccino armato di katana. Menando un mandritto ampio, non sarebbe stato preciso o forte come un affondo, ma avrebbe comunque coperto una buona area. Forse non lo avrebbe preso, ma il rischio c'era. E infatti, così fu.
L'unica cosa che salvò Kaede dal trovarsi con un polmone squarciato fu che il suo bo era più lungo della katana impugnata dal suo nemico. Non difendendo, il ragazzino aveva lasciato spazio al nobile per entrargli nella guardia, ma aveva guadagnato tempo per infilarsi a sua volta in quella dell'altro. La punta della katana lo ferì al fianco sinistro, ma una secca bastonata in testa fece perdere la presa al padrone di casa, che non riuscì a proseguire nella sua opera di taglio. Perse la presa sulla katana e cadde in ginocchio, intontito dalla botta per un attimo, prima di scivolare sul fianco senza più muoversi. Era perfettamente vivo, solo con un piccolo trauma cranico e un bernoccolo che non avrebbe tardato a manifestarsi.
Kaede era ferito, ma non profondamente. Il dolore era bruciante sebbene non debilitante, e il sangue uscì subito dalla ferita macchiandogli i vestiti. Avrebbe avuto bisogno di cure, ma per il momento riusciva a respirare e reggersi in piedi.
Poteva agire, e la prima cosa che fece fu ritirare la tempesta di sabbia.

Contemporaneamente, però, Masaru stava facendo i conti con le due in fuga. Si trattava di una questione di pochi secondi, in cui ogni frammento di tempo e spazio poteva fare la differenza tra vittoria e sconfitta. Mentre suo figlio si occupava del nobile, lei doveva pensare alla famiglia di quest'ultimo.
La sua esperienza e i suoi sensi amplificati da ninja le permisero di compensare la mancanza della vista, e di riuscire a percepire la fuga di madre e figlia. Si spostarono nella stanza di fianco al salone in cui si trovavano, e si stavano dirigendo verso la veranda, presumibilmente per scappare in giardino.
Un passo, un altro, e la Takeda colpì. Colpì a segno, perché la sua ventata impattò contro le due fuggiasche poco prima che scendessero in giardino saltando dalla veranda.

«Aaaaah!»
«Mamma!»


Volarono all'indietro, cadendo dolorosamente sul tatami mentre la tempesta di sabbia, finalmente, cessava. Nakuda, la donna, non aveva mai lasciato la mano della bambina, e poiché la caduta non era pensata per ferirle gravemente era a terra, ma sveglia. Obbedendo a un istinto antico come l'umanità, tirò a sé la piccola e vi si raggomitolò sopra, nascondendola contro il pavimento. L'ultima, disperata risorsa di chi non ha altro se non se stesso per proteggere il proprio cucciolo.

Così facendo avrebbe reso più difficile la Genjutsu di Masaru, che non vedendo bene il piccolo bersaglio avrebbe dovuto perdere quel mezzo secondo in più per identificarlo. Tempo che la bambina impiegò per urlare.

«ANDATE VIA! ANDATE VIA O VI FACCIO SALTARE LA TESTA A TUTTI! NON TOCCATE LA MIA MAMMA, ANDATE VIA!!!»

Era un urlo soffocato dal corpo della donna che lo smorzava, ma era comunque estremamente rabbioso, offeso. Se c'era della paura, non la stava manifestando, però al tempo stesso non si stava cercando di liberare dalla presa di sua madre.
Quello che Masaru poté percepire, più nettamente di Kaede che ancora doveva sviluppare meglio i propri sensi, fu un aumento della concentrazione del chakra nella bambina.
Kaede, però, qualcosa lo percepì a sua volta. Un sottile, minaccioso odore di bruciato provenire da quello stretto fagotto che era Nakuda con sua figlia al centro.

«ANDATE VIAAAAAA!!!»
 
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view post Posted on 16/1/2021, 20:53     +1   -1
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voglio che egli possa scegliersi la sua strada.
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Kaede riesce a mettere k.o. il nobile, l'adrenalina gli scorre nelle vene, lo porta in uno stato di euforia per quella piccola vittoria che per un attimo si dimentica di tutto il resto. Finché le grida delle due figure femminili non gli entrano a forza nell'orecchio, nella mente, e lo sguardo grigio punta con sorpresa verso le suddette.
Non ha prestato troppa attenzione ai dintorni mentre attaccava, un errore comune a molti giovani alle prime armi, ciò non toglie che non abbia intuito quanto avvenuto, quel che osservano i suoi occhi lo testimonia.
Vede con chiarezza ora le condizioni di Masaru, stringe le mani sul bastone sentendo la stessa sensazione che ha pungolato lei nel vedere suo figlio rischiare un colpo fatale.

Il ragazzo si ricorda il perché si trovano lì e chi sono le persone che stanno affrontando, la minaccia della piccola gli rimbomba in testa raggelandolo per un momento, risale alle sue narici con un odore pungente, confermando che era lei quella che faceva il lavoro sporco per il padre, così il bambino interiore sembra mettersi finalmente da parte.

Sembra.


La Takeda cerca invece di pensare quanto più rapidamente le sia possibile, cambiare le carte in tavola. Se vedere la scena di una madre proteggere con la vita sua figlia l'ha toccata com'è successo molto prima con quelle due bambine, non lo lascia a vedere. Per quanto stanca, per quanto dolorante, per quanto desiderosa di poter solo concludere, deve pensare al lavoro, lei.
Il nobile una volta sveglio difficilmente avrebbe parlato, a meno di prendere in ostaggio quello che si è confermato dal principio come il suo punto debole. Basterebbe solo...

"Benissimo allora," afferma con convinzione controllando che non ci sia nessuno all'esterno senza dare le spalle ai nemici - per quel che ne può sapere l'uomo potrebbe stare bluffando - neanche al giovane che sente allontanare con un piede la spada dell'uomo da quest'ultimo, per sicurezza rimettendosi nell'orecchio la trasmittente, "andiamocene Korin."

"Che sciocchezza, basterebbe infilzare fino in fondo la madre con la katana dell'uomo per uccidere anche sua figlia. Poi torturiamo lui finché non parla o ce lo portiamo via legato e addormentato."

Quella voce bianca e quella risatina malevola che solo lei può sentire, che risale dai più profondi e oscuri recessi del suo animo, le rimbomba in testa, ma lei fa del suo meglio per ignorarla, pensando invece a correre all'esterno. Un piano che per quanto crudele poteva essere efficace e per un momento non può negare di averci pensato di sua sponte.

Un piano che si rivelerà necessario come ultima isola nel caso non funzioni neanche quello costruito sul momento che ha in mente, ovvero uscire, rendere invisibili le proprire fattezze nel mentre che passa dall'altra stanza sorvegliata dal cane, così da aggirare il nemico e poter finalmente usare la genjutsu sulla bambina e andare avanti con il piano, e se stavolta la jutsu non avesse funzionato, per quanto uccidere bambini le sia una cosa ancor meno gradita dell'uccidere innocenti, avrebbe risolto con un dardo della sua balestra contro la nuca della suddetta.
Considerato che come suo sovente ha intenzione di portare a termine fino in fondo quel...

...

Perché Kaede è ancora lì fermo?

"Ce ne andremo... è una promessa," lo sente enunciare al microfono con la voce quanto più serafica che gli riesca in quella situazione tesa, "p-però p favore, non vogliamo te o i tuoi genitori, solo delle informazioni sugli uomini che hanno tentato di uccidere me e il mio compagno..."

Come se già non l'avesse fatta innervosire per il fatto di non essersene andato, per quanto nobile e provvidenziale il suo gesto. Quali le sensazioni non appena lui ha aperto bocca, facendole intuire per tempo le sue intenzioni? Quale stato d'animo? Ha perso qualche anno di vita? Le sono venuti altri capelli bianchi? Le si è fermato il cuore in una morsa a tenaglia tra i brividi freddi?
Forse tutte queste cose insieme, forse nessuna. Certo è che quel giovane che le appartiene riesce a strapparle via la maschera di neutralità in maniera sconvolgente: pallida, in quel caleidoscopio di emozioni la Jinton fa una smorfia attonita, finanche terrorizzata nello strabuzzare gli occhi.

"Lasciarlo in vita è stato un errore."

"Non lascerò mio figlio lì a morire." le rsponde con schiettezza e fastidio.

Il suo corpo agisce per lei, trovando ora nel suo stesso piano una via di salvezza per la folle quanto ingenua audacia di quel ragazzino, i passi avanzano felpati ma allo stesso tempo rapidi verso la sua destinazione mentre le dita della mano sana già iniziano a formare i sigilli per la sua jutsu.

E in tutto questo, troppo concentrata sul da farsi, ancora non si è accorta di aver detto quelle parole a voce.


Ma Kaede sì.

code © psiche


CITAZIONE
Sigh. Spero sia venuto decente sia come post che come strategia.
Nell'ordine l'idea è di usare Nascondersi, Genjutsu sonno (che originale) - se non funziona vado di dardo balestra - e... beuf... la donna la prenderebbe in ostaggio con una lama puntata contro il collo, kunai o katana, devo deciderlo.
 
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La tensione si sarebbe potuta tastare con mano, in quella stanza imbrattata di sangue. Pochi istanti, determinanti per la vita o la morte delle persone che ancora respiravano lì dentro.

Quando Masaru pronunciò quella frase, inizialmente la risposta fu il silenzio. Poi a muovere la testa fu Nakuda, la donna che faceva da scudo alla sua piccola dinamitarda. Era spaventata ma, come molte madri, era pronta a tutto pur di proteggere la sua famiglia con ciò che aveva, fosse anche solo il suo corpo da martoriare. Guardò Masaru, cercando di capire se stesse dicendo la verità, ma subito girò gli occhi su Kaede. Tra i due, era quello che aveva mostrato più umanità per il momento, fosse anche solo per il modo gentile con cui si stava rivolgendo alle due dopo aver stordito, e non ucciso come sua madre aveva e probabilmente avrebbe fatto, il padrone di casa.

«Chi sei, Korin?» chiese Nakuda, parlando finalmente con una voce dolce e profonda, che riusciva a mantenere calma nonostante tutto. «La tua compagna voleva informazioni sul giro di droga... E la droga gira molto. Se non mi dici chi sei, non ti posso aiutare a trovare chi cerchi...»

Continuava a tenere ben nascosta la bambina, celandola alla vista con le braccia e le maniche del kimono. Masaru nel frattempo si stava allontanando, ma percepiva comunque il chakra in movimento dietro quell'involto di tessuti. La bambina stava in silenzio, il leggero odore di bruciato si stava dissipando, e il giovane shinobi approfittò di quell'ultimo istante di calma per mandare all'aria l'ultimo brandello di copertura che gli rimaneva.

«Kaede, il mio nome è Kaede Masamune e sono uno shinobi di Iwa.»

Nakuda fece una faccia leggermente perplessa, come se non avesse capito, ma rispose comunque.

«Il tuo nome non mi dice niente, Kaede-kun... Di trasporti a Iwa se ne fanno molti, mi servirebbe qualche dettaglio in più...»

Kaede non ebbe tempo di decidere se dare ulteriori informazioni alla donna, perché le sue orecchie captarono quella frase che Masaru si era lasciata sfuggire. Nakuda vide il ragazzino sbiancare, e quel momento di distrazione generale fu quello in cui Masaru si infilò per agire.

La Genjutsu colpì Nakuda facendola cadere sopra sua figlia, sulla quale era ancora chinata.

«Mamma?! MAMMA!!!»

L'odore di bruciato riprese immediatamente. La piccola spinse di lato la propria madre addormentata, emergendo dalle stoffe con i capelli scompigliati e i grandi occhi sgranati, lucidi, colti da un leggero tremore che poteva essere paura, rabbia... Ma che probabilmente era entrambe.

Kaede non si muoveva ancora, fissava Masaru inebetito mentre questa estraeva con rapidità la balestra. Nel tempo in cui la piccola puntò la propria mano contro la kunoichi, Masaru premette il grilletto.
Il dardo si conficcò con un suono ovattato nella fronte della bimba, che cadde all'indietro con la mano ancora tesa verso l'alto.
Un rivolo di sangue le scendeva lungo la tempia, macchiando il tatami e unendosi al sangue già versato in quella casa. La piccola senza nome, ma con un potere facilmente riconducibile a un ramo dei Bakuton, si spense in silenzio in mezzo ai genitori privi di sensi, che furono risparmiati dalla straziante visione della morte della propria figlia.

Kaede, invece, non rimase in silenzio.
Dalla sua gola uscì un suono strozzato, un gemito che voleva essere un urlo e che ben si manifestava sul suo viso sconvolto.

«Cosa... Ma... Che...»

Ansimava, guardando la bambina morta senza poterle togliere gli occhi di dosso. Quando ci riuscì, li piantò in quelli di Masaru.

«PERCHÈ LO HAI FATTO?»

Un grido roco, umido di pianto non espresso, investì la kunoichi.

«Stava parlando! Mi stava rispondendo! È... Era una bambina! MASARU! NON CE N'ERA BISOGNO!!!»

Era arrabbiato. Veramente, seriamente arrabbiato. Il sangue gli macchiava il fianco, la tensione adrenalinica era calata con la fine del combattimento, e quella mazzata emotiva gli faceva venire gli occhi lucidi e la voglia di rompere qualcosa.

«E-e-e quello che hai detto? Ti ho sentita! Tuo figlio?» Balbettava, in un inizio di crisi isterica e nervosa da manuale. «Io sono tuo figlio? Sei... Sei mia madre???»

Il bo nella sua mano tremava visibilmente, così come le labbra del ragazzino che, non si sa per quale miracolo, riusciva a rimanere sull'orlo del pianto senza valicare quel sottile confine.
Ne stava attraversando un altro però, necessario ma molto doloroso.
Stava abbandonando l'infanzia, e incontrando le prime amarezze dell'adolescenza... Circondato da cadaveri, da testimoni inermi e con davanti ai piedi una bambina con un dardo conficcato tra gli occhi.
 
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view post Posted on 6/2/2021, 15:05     +1   -1
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« Shinobi. Se è davvero ciò che desidera, non sarò certo io a negarglielo,
voglio che egli possa scegliersi la sua strada.
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Vederlo a quel modo... avrebbe voluto risparmiargli una simile scena, ma ha anteposto la sicurezza di entrambi a tutto il resto. Stavolta permane nella sua freddezza statuaria mentre lo osserva, mette da parte le emozioni scaturite nel vederlo in quello stato e si impone serietà con suo figlio.
Non sente di avere molto tempo per cercare di spiegargli perché quella bambina era una minaccia, perché alla fine aveva deciso di eliminarla, vedendo quello che la sua candida mente non riusciva: un'innocenza sfruttata da quella coppia per i loro scopi, senza dubbio già macchiata del sangue delle sue precedenti vittime e che in futuro era destinata inevitabilmente a diventare come lei, come loro.
Lo dimostra la facilità con cui ha ubbidito al padre facendole saltare la mano, senza pensarci due volte, a pari modo la sua intenzione di far saltare la testa a tutti quanti al primo sentore di minaccia.
Difficile spiegarglielo in così breve tempo, quello che invece gli riferisce è ben altro, ma non per questo meno grave: "No, era lei che stava facendo parlare te."

Tuttavia, la sua maschera in apparenza immutabile cominciò ad incrinarsi seriamente quando lo sentì pronunciare quelle parole: ha sentito tutto? L'ha detto ad alta voce?
Le sarebbe stato difficile descrivere la propria espressione in quel momento, le iridi fisse su quelle identiche del figlio, colta da un insormontabile oceano di emozioni che non riusciva a definire con certezza, che la irrigidisce, ed è come se quelle parole le abbiano strappato la capacità di parlare, molte le cose che vorrebbe dirgli, ma nessuna senza il timore che possa essere quella sbagliata.
La leggerezza che sente, l'essersi tolta quel peso incalcolabile che si portava da troppo tempo sulle spalle, porta con sé una tremenda reità che la priva anche della più piccola gioia d'essersi rivelata a lui.

Non è così che sarebbe dovuta andare...

Discosta gli occhi dal fanciullo, come se non riuscisse più a reggere il suo sguardo. Persino il dolore alla mano non è minimamente paragonabile. Chiude le palpebre un istante e prende un bel respiro silenzioso, ricercando quella calma che da sempre la caratterizza.

"Kaede," gli dice ferma ma pacata, obbligandosi a guardarlo e ad affrontare le responsabilità di ciò che le sue azioni e parole hanno scaturito in lui, "ti prometto che ne riparleremo, ma prima ti chiedo di concludere questa missione."

Si prepara a fronteggiare a pugno duro eventuali insistenze, come sa esser tipico di molti bambini ed anche plausibile in un contesto del genere. Lui però, suo figlio, non è come quei bambini.
Si sforza fino all'ultimo di sembrare più adulto di quanto non sia in realtà, ricaccia indietro qualsiasi cosa stesse per risponderle e obbedisce in silenzio ai suoi ordini di tornare a fare da sentinella all'esterno, seppure ancora molto arrabbiato con lei, che lo osserva uscire.

"Kaede, aspetta."

Lui si ferma, voltandosi con quello sguardo furioso, che si sfuma di confusione nel vederla porgergli il proprio rotolo, nel dubbio che nel suo non ci sia abbastanza materiale, "devi medicarti il fianco."

Sembra pensarci un momento, lui, poi si avvicina e le prende il rotolo, ma invece di andarsene lo vede tirare fuori gli oggetti che servono e metterli nella sua mano sana. "Prima tu!" le dice indicando il suo braccio rovinato che lei comincia a non sentirsi più, con quello sguardo che non ammette repliche, lasciandola visibilmente incredula. Probabilmente sta fiutando anche il principio di un'infezione, anche se non è che sia difficile da capire pure senza il suo fiuto, qualsiasi ferita aperta, e piuttosto ampia, se lasciata troppo a lungo esposta può creare problemi dopotutto.
Non le dà nemmeno il tempo di dire o fare nulla, si accorge che effettivamente con una sola mano potrebbe avere problemi di rapidità e loro non hanno molto tempo a disposizione, allora comincia a medicarle l'arto leso.

E lei rimane lì, ferma, con la mano sana ancora sollevata a reggere garze e quant'altro, non sapendo bene cosa dire per quel gesto altruistico stavolta rivolto a lei nonostante le tensioni degli istanti prima, ma lasciandolo fare. Non riesce a trattenere un piccolo sorriso mentre lo osserva, che le viene fuori dal calore gentile e privo di malizia che sente diffondersi verso di lui.
Di tanto in tanto lo sguardo le cade sul nobile e verso il cancello principale, giusto per sicurezza.
Non ci mette tanto, il piccolo Masamune, sembra aver assimilato molto bene gli insegnamenti ricevuti. Una volta terminato, prende quello che resta dalle mani della madre e si avvia verso l'esterno, senza dire nulla. Ovviamente avrebbe apposto le dovute medicazioni sulla ferita prima di trasformarsi nella guardia.

Ha visto e sentito anche troppo per quel giorno. Non è un caso che una volta uscito Masaru spegne il proprio microfono, così che lui non debba sentire; chiude la porta principale, così che lui non debba vedere. Torna a voltarsi verso le sue prossime vittime.

"Quell'uomo ci ha umiliate."

Nel frattempo lascia che ogni emozione venga inghiottita.

"Ha minacciato noi. Nostro figlio."

Si lascia avvolgere da quella parte di lei che emerge dagli abissi.

"E sanno il suo nome, il suo volto."

Si abbandona ad essa, all'odio e al rancore verso l'umanità - verso quella in particolare, che di umano ha solo il nome, dedita alla violenza come il mondo in cui è cresciuta, che anche quelle persone come lei rappresentano per quanto possano fingere... - che questa porta con sé, proprio come ai vecchi tempi.
Raccoglie la spada del nobile con la mano sana e gli si avvicina, glaciale lo studia con iridi del medesimo colore della lama che tiene in pugno, prende la mira, solleva l'arma.
Il primo colpo alle gambe è accompagnato dallo scricchiolio sinistro di ossa che si spezzano e dall'urlo atroce con cui contorcendosi si risveglia l'uomo, al quale non dà il tempo di capire cosa stia realmente accadendo poiché riceve il secondo colpo alle gambe, quello che gliele amputerà definitivamente.

Altro il sangue sparso, che intinge il pavimento, che le macchia la pelle e i vestiti, che gocciola dalla lama della katana. "Minacciarci e umiliarci a quel modo," la sua voce è taglientenel raddrizzarsi in tutta la sua statura, al di sopra di quell'uomo, la sua espressione quella di chi non si sarebbe fermato dal fare il suo lavoro.

Fino alla fine.

"Imparerai cosa succede a chi si mette contro di noi."

E non è poi difficile intuire cosa sarebbe accaduto di lì in poi. Avrebbe preso in ostaggio la compagna dell'uomo, ancora incosciente, inerme a qualsiasi cosa quella donna avesse voluto farle poiché non ha smesso un istante di usare la sua genjutsu su di lei.
Se l'uomo non avesse collaborato nel rispondere alle sue domande, gli avrebbe detto chiaramente che se continuava a perdere tempo sarebbe morto dissanguato e se a quel punto lei non avrà avuto le risposte che desidera, allora dovrà chiedere alla sua compagna e non sarà piacevole, enfatizzando il messaggio senza pensarci due volte in caso di resistenze.

Gli avrebbe chiesto tutto quello che sa, sui traffici di droga, su chi la produce, su chi la ritira, dove, da quanto tempo, con che modalità e frequenza. L'ubicazione di chi produce o anche solo i punti di incontro, se davvero non avesse saputo dirle il punto esatto del suddetto. Se ce ne sono altri, chi è coinvolto. Nomi, date, luoghi, tutto ciò che possa essere utile ai fini della missione.

Al termine del suo interrogatorio, se lui non avesse risposto lei avrebbe agito secondo le premesse fatte, passando con il chiedere informazioni alla donna, minacciandola con la dovuta durezza. A conclusione di tutto ciò, indipendentemente dagli esiti, Masaru avrebbe deciso di porre fine alle sofferenze di entrambi, tagliando la testa a lui - se non dovesse morire per dissanguamento - e colpendo al cuore la donna, prendendosi la premura di addormentarla prima di colpire.
Ora che sa il nome di suo figlio non può lasciarla in vita - cosa che non confesserà al giovane, portandosi lei sulle spalle il peso di quella colpa e dell'ennesima vita strappata.
E' sempre stata una regola sacrosanta per lei quella di non far soffrire sotto la propria lama le vittime innocenti e inermi che deve uccidere, a meno che non ci sia un motivo seriamente, ma molto seriamente, valido per farlo.

In ultimo l'idea sarebbe di andarsene in conclusione, celando le proprie fattezze con l'abilità nascondersi, portando con loro tutto ciò che hanno come prove e informazioni.

code © psiche


CITAZIONE
Inutile dire che mantiene la genjutsu, inoltre ora che la bambina è stata neutralizzata annulla sensitivo ed usa il controllo chakra per riprendere le forze. Gli eventuali attacchi che usa invece con la katana sono normali, non sto manco a elencare.

Il pargolo usa trasformazione.

Uso garze, cerotti, acqua ossigenata, emostatico. Sì insomma la roba che serve per medicare. XDDD
 
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Pessimo momento per le rivelazioni, per le discussioni, per parlare in linea generale. Occorreva agire, e Masaru lo sapeva bene, per questo pose fine senza troppe cerimonie alle chiacchiere riportando la concentrazione sulla missione ancora in corso.

Madre e figlio si medicarono rapidamente le ferite. Se Kaede aveva un taglio più gestibile, l'ustione di Masaru peggiorava di minuto in minuto. Sangue, siero, pus in formazione, e un odore acre e dolciastro di carne bruciata sottolineavano la fondamentale necessità di trovare un medico e un ospedale il prima possibile. Forse non sarebbe morta, ma non era garantito che tutti i nervi della mano sarebbero tornati come prima.
Tanto a che servono le dita a una specialista di ninjutsu, no?

Rallentato il processo di aggravamento della ferita, Kaede tornò a farsi strada tra la scia di cadaveri fino a sorvegliare l'ingresso. Masaru, invece, poté dedicarsi a sfogare qualcosa di molto poco ninja, ma di estremamente umano: la vendetta per le umiliazioni subite.
Poteva gestirla in mille modi, ma scelse quello di colore rosso. Altro sangue inondò il tatami, altre urla spezzarono l'aria già appesantita.

Il padrone di casa ebbe il più orrido dei risvegli, e nonostante fosse un uomo indurito dalla vita, la situazione in cui si trovava gli fece capire in fretta che era stato sconfitto. Guardò il corpo senza vita della figlia, quello privo di sensi della moglie, e il lago di sangue in cui stava morendo poco a poco.

Rise, una risata stanca e amareggiata, e con incredibile dignità si tirò su a sedere, mentre il colore lasciava gradualmente il suo incarnato.

Diede a Masaru quello che voleva, anche se non con la completezza che la kunoichi desiderava. Le diede nomi, ma le specificò che alcuni erano falsi e che lui per primo non conosceva -né aveva mai avuto interesse a scoprire- chi fossero veramente gli uomini e le donne dietro quegli pseudonimi.
Il traffico di Neve era stato avviato da circa una decina d'anni, e si era espanso su tutto il territorio della Roccia. Si organizzava in decine di nuclei operativi, nessuno dei quali operava a stretto contatto con tutti gli altri, proprio per mantenere la sicurezza della discrezione in caso di interventi delle autorità, come in quel caso.

Kato Tsukimi, questo era il nome del padrone di Villa Camelia, era subentrato a suo zio, il precedente capofamiglia e gestore del traffico in quell'area, morto di infarto tre anni prima. Gestiva la rete di spacciatori in città e il trasporto della Neve a Iwa da nord, che avveniva a cadenza irregolare, per non allertare le guardie con la ripetitività. Si cambiavano spesso i corrieri, mescolandoli tra gente comune proveniente da tutto il Paese.
Il mercante che Kaede e il suo amico erano stati assoldati per proteggere era una nuova recluta, che aveva pesato i piedi a qualcuno di più importante di lui. Tsukimi non sapeva i dettagli, non si interessava alle scaramucce dei gradini bassi della piramide organizzativa, lui non era altro che un punto intermedio, un capoarea di grande importanza in città, ma di poco conto all'interno della rete.

Rete che, senza nemmeno troppa fantasia, era gestita dal Ragno. Il presunto capo di tutta l'organizzazione era una figura misteriosa, mai incontrata di persona, che mandava missive scritte a macchina e firmate con un timbro, con cui diramava ordini, che venivano poi passati ai sottoposti, che a loro volta comunicavano ai sottoposti, e così via.
Un'organizzazione impeccabile, che aveva vissuto molte battute d'arresto ma mai nessuna definitiva.

Masaru non era la prima e non sarebbe stata l'ultima ad aver tagliato un filo della Ragnatela. L'uomo ci tenne molto a farle capire questo, mentre la vita lasciava lentamente i suoi occhi.
La Neve aveva troppi clienti, anche i più impensabili. Donava euforia, energia, e una altissima dipendenza, e ne facevano uso le persone più disparate.

«So che mi ucciderai comunque. Quindi non mi interessa cosa succederà alla Rete. Hai ucciso mia figlia, hai sterminato la mia casa... Sei peggiore dei criminali che ti pagano per fermare.»

Socchiuse le palpebre, chinando la testa in avanti.

«Ti auguro... Di vedere tuo figlio fare la stessa fine... Che tu hai fatto... Fare alla...
Mia.»


E con quell'ultimo, sereno e profetico messaggio di odio, Kato Tsukimi spirò, evitando a Masaru il disturbo di ucciderlo di persona. Sua moglie non avrebbe potuto opporre resistenza, passando dal sonno indotto al sonno eterno, dove si sarebbe, forse, ricongiunta coi suoi cari che l'aspettavano dall'altra parte.

Masaru aveva finito. La sua missione consisteva nel recuperare informazioni sul traffico di droga che aveva causato l'avvelenamento di un giovane Genin, e poteva tornare indietro con molte informazioni, un figlio traumatizzato, un braccio da salvare e un rapporto di molte pagine da scrivere.



CITAZIONE
Oh beh. Pare che abbiamo finito.
A te l'ultimo post, descrivi il vostro ritorno a Iwa e cosa intendi fare per il braccio. Uscire dal villaggio non sarà un problema, ma già prima di abbandonare i confini Masaru e Kaede sentiranno diverse persone passarsi la voce di un massacro a Villa Camelia, e le preoccupazioni di un pazzo assassino a piede libero.

Il paese è piccolo, la gente mormora, e sia Masaru che Kaede sono piuttosto provati quindi la trasformazione non durerà in eterno. Lungo la strada non ci saranno sorprese, incontreranno una stazione di posta dove potranno noleggiare dei cavalli per tornare più in fretta a Iwa se lo vorranno.
 
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view post Posted on 22/2/2021, 17:29     +1   -1
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Il volto di una madre
♤♤♤♤
« Shinobi. Se è davvero ciò che desidera, non sarò certo io a negarglielo,
voglio che egli possa scegliersi la sua strada.
»

Se ne sta lì in piedi ad ascoltarlo, pronta a reagire al minimo passo falso dell'uomo, pur non vedendone una reale necessità considerata la sua collaborazione nel rispondere. E' stato sconfitto sotto ogni fronte, deprivato di quanto possedeva con pochi, semplici ma atroci atti.
E' una vittoria netta che le dona ciò che vuole da quel nobile, seppure non tutto. Una vittoria di cui si potrebbe gioire visto che non ci sono stati morti dal suo fronte.
Ma lo sguardo di Masaru non è quello del vincitore. Se il tragico finale di quella missione sia stato o meno scaturito per un suo stesso errore di calcolo, non cambia come si senta in merito e non soltanto per quanto accaduto con Kaede, o per quel che ha dovuto vedere.
Il nobile non troverà piacere alcuno nei suoi occhi color acciaio, nemmeno nel vederlo spirare dopo le orribili parole che le sputa addosso - più taglienti della lama che ella impugna - per quanta rabbia possa sentire nel sentire ancora una volta coinvolto suo figlio in cose per cui avrebbe dovuto pagarne o combattere solo lei.
C'è solo una fredda eloquenza, che sfocia in una malinconia tale da farle serrare la mascella, le labbra, la presa sull'elsa. Eppure porta a termine il suo lavoro.

"Finalmente hai capito."

Accoglie quelle parole con disgusto, arricciando leggermente il labbro mentre la fronte si aggrotta con irritazione verso la fonte di esse. Non più la bambina illusoria, né Tamashi, ma colui che l'aveva cresciuta come un aguzzino più che un mentore. Già. Da diverso tempo ha capito quello che invece la figura si ostina ad ignorare per preservare sé stessa: non è così che funziona il suo nindo.
Ignora quell'uomo a priori, pur sentendone la presenza alle sue spalle, rimane invece inginocchiata di fianco al corpo della donna uccisa, si volta verso la bambina deceduta lì vicino e, con la stessa delicatezza che avrebbe con uno degli splendidi fiori che colorano il suo giardino, chiuse dolcemente le sue palpebre rimaste spalancate dopo aver visto quell'angelo della morte.

Sente alle sue spalle la risata della figura crudele e persistente di fronte a quella che per lui è sempre stata una debolezza di lei, solo perché lui era abituato a cose che avevano poco a che vedere con l'amore e molto con il carnale, anche con chi aveva intenzione di uccidere - una delle cose di lui che la facevano gioire di averlo tolto dalla faccia della terra, una delle poche vittime per le quali nel profondo sentiva una punta di compiacimento.
"E' per questo che non sei mai riuscita ad essere alla mia altezza, nemmeno con tutto il potere dell'universo nelle tue mani. E come per quell'idiota che ti stava dietro, il figlio che avete generato farà la stessa fine."

Difficile dire dall'esterno in che modo quelle parole abbiano colpito Masaru, mentre si risolleva in piedi e lo osserva senza timore, forse nemmeno lei riesce a dargli una spiegazione, ma una cosa è certa...

"Hai ragione, non sono alla tua altezza."

Non si lascerà uccidere da lui.

"Sei tu a non essere alla mia."

Né da ciò che lui rappresenta nel suo animo. Se non per sé stessa, almeno per preservare quella figura di cui suo figlio ha diritto e merita di avere.

Un'affermazione a cui non segue risposta, il silenzio di chi non sa come ribattere da un essere che com'è giunto svanisce, in un batter di ciglia, effimero come i suoi profani insegnamenti, lasciandola sola con i suoi morti e le stanze tinte del loro sangue. Non può procrastinare oltre, seppur si sia conclusa la missione si trovano comunque nella tana del nemico.

Rabbia, rancore, odio, dolore, tristezza, ma anche un'ondata di confusione. Molti i pensieri per la testa, altrettante le emozioni, ed è difficile concentrarsi tanto quanto tentare di definirle, ma lui cerca di restare focalizzato sul suo obiettivo, di non pensare e di trattenere quelle lacrime che minacciano più volte di risalire.
Non si accorge del tempo che è passato, che gli appare così statico nel desolante e fatale silenzio che lo accompagna.
Non più un suono dopo l'urlo atroce che risuona dalle porte chiuse ed è quasi ironico che nonostante tutto ciò nessuno sia ancora accorso a controllare, forse pensando che sia per volere del nobile.
Non si accorge di quanti minuti sono trascorsi finché non la vede uscire, dal lato della villa piuttosto che dall'ingresso, in tutta la sua cruenta beltà, e vederla così, imbrattata di sangue, ferita, stanca e mortale, riporta davanti ai suoi occhi le immagini strazianti di ciò che ha visto, che già prima non riusciva a dimenticare, e con esse quelle terribili sensazioni nel suo cuoricino martoriato.

Occhi identici ai suoi nel colore, meno sinistri, che la osservano non più come la persona che credeva di conoscere. Colei che gli è sempre stata inquietante e misteriosa sin dalla prima volta che ebbe incrociato il suo sguardo, che lo aveva salvato dall'atroce destino che voleva dargli la strega - ma che come conseguenza a lui ignota ha colpito invece lei - che aveva imparato a stimare e amare con una naturalezza disarmante, ricambiato da lei a modo suo.
E' come guardare lo stesso serpente con una pelle diversa, del tutto nuova, quale animale migliore per definirla in quel momento, ammaliante ma pericoloso, che come esso gli porta lo stesso timore che lo paralizza sul posto - dopotutto prima di quella missione non l'aveva mai vista uccidere davanti ai suoi occhi.
Certo, è ancora furente con lei, eppure resta lì fermo ad attenderla e quando lei si gira per incrociare il suo sguardo, non è il volto della giovane donna misteriosa che vede, non della spietata kunoichi artefice di quella strage, né tantomeno del suo mentore.


Quello... è il volto di sua madre.




Avrebbero preso le dovute precauzioni, nascondendosi agli occhi altrui, specie considerata la concitazione tra le genti del posto. Una volta fuori dal villaggio, una volta giunti ad una certa distanza da esso ed alla prima occasione avrebbero cambiato nuovamente aspetto - una coppia di uomini in abiti civili, quanto più anonimi possibili - e Masaru avrebbe preso loro dei cavalli per raggiungere quanto prima la Roccia, e pur essendo la prima volta che Kaede andava a cavallo, lei lo istruì con pazienza, il silenzio spezzato dal galoppo spasmodico dei destrieri, molte le occhiate lanciate da lei verso suo figlio, per accertarsi di non vederselo svenire di nuovo.
Non avrebbe avuto senso andare a piedi e allungare inutilmente il viaggio, vista anche la stanchezza di entrambi, col rischio di trovarsi alle calcagna qualcuno del villaggio.

In nessun caso sarebbe riemerso il discorso interrotto, troppo silenzioso lui per parlarne, forse per rabbia o per timore, ma anche scostante quando è lei a tentare, senza insistere e per un bel po' di tempo non l'avrebbe visto.
Inevitabile la tappa in ospedale, se non altro per questioni burocratiche legato al lavoro, ma solo dopo aver fatto controllare il braccio da Hisoshi, vista la sua poca fiducia verso i camici bianchi all'infuori di lui.
Il rapporto sarebbe stato infine stilato da lei stessa, omettendo i piccoli sbagli fatti dal giovane e limitandosi ad accennare i propri solo a livello logico, e non emotivo. Probabilmente nella speranza di ricevere anche solo un rimpropero per il suo operato, tuttavia privata persino di quel desiderio.

L'unico che non sarebbe parso pessimista in merito al futuro tra loro due sarebbe stato proprio Hisoshi.
Li ha cresciuti entrambi. Può dunque intuire quello che si cela nel loro animo, nel loro cuore, sapendo che il loro desiderio l'uno di riabbracciare l'altra è qualcosa di troppo profondo e radicato, ben oltre la loro stessa volontà, e inevitabilmente avrebbe reintrecciato le loro strade.

code © psiche


CITAZIONE
Bene, siamo dunque alla fine.
So che hai fatto del tuo meglio per rendermela il più gradevole possibile e lo apprezzo, non so cosa ti aspettavi da parte mia, e non mi riferisco solo al livello di role in sé ma anche a scelte e diverse altre cose.
Per mia stessa indole non amo particolarmente trame incentrate solo sulla logica, più che sull'azione e il combattimento, e ammetto che la durata della stessa non ha aiutato.
Eppure non posso dire di lamentarmi davvero, perché la trama in sé è ben costruita, anche piacevole se giocata in un certo modo e se si è amanti del genere, e ammetto che il fatto stesso che il nemico maggiore da cui dovevo guardarmi era una bambina mi ha colta alla sprovvista, accidenti ai punti deboli! XD
Inoltre, per quanto assurdo mi è piaciuta la piega presa sul finale, seppure non come avevi calcolato... forse. Sia per la scena sia perché mi ha permesso di sviscerare al meglio i punti che mi interessavano e che volevo approfondire, in modo naturale azzarderei.
Riguardo le tempistiche sapevo a cosa andavo incontro, neanch'io ero proprio una scheggia.
Sulla grammatica non mi esprimo, sarebbe stupido e inutile fare il "trova l'errore" visto di chi parliamo.
Molto ben gestiti e costruiti personaggi e ambientazioni, ammetto che per ogni post ero sempre curiosa di vedere coseh(tm). L'ultima frase del nobile è stata una stilettata che ha colpito più me che lei. T___T

Durante sta missione ho pure sentito di aver ritrovato la mia Masacchan, non quella dipinta dagli altri.


Spero non sia stato troppo pesante masterarmi a livello di pathos.

A te un 9!
 
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view post Posted on 23/2/2021, 18:49     +1   -1
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Dunque.
Sappiamo bene che non è stata una missione facile. Un po' non lo era di base (ma una B a una giocatrice esperta non deve essere facile, o qualcosa sta andando male da qualche parte), un po' te la sei complicata tu. E con tu intendo tu Elda, non Masaru, che la maggior parte delle volte ha solo seguito la sua coerenza e indole... Peccato che non fossero state considerate a monte le conseguenze delle azioni.

Credo che il problema più grosso, che ti ho segnalato più volte durante la missione, è che ti aggrappi molto alla scheda e così facendo ti instradi su binari sicuri, ma che ti danno una strada e una possibilità di movimento limitate. Poi, ovviamente, non sto dicendo di dimenticarsi le schede, le skill, le abilità e tutto il pacchetto ninja... Solo che, a volte, certe problematiche sono nate soltanto perché hai pensato in modo strettamente ninja, forse sopravvalutando le capacità di una Masaru che alla fine della fiera è umana, inserita in un contesto di umani.
Esempio banale: il tizio che hai menato e lasciato nella stanza. Sapevi che era con dei compagni, eppure non li hai considerati. Non è un errore a livello off, ma semplicemente una conseguenza di gioco. Al massimo può essere considerato in game un errore di Masaru e una mancanza di lungimiranza, ma quelle sono interpretazioni che puoi dare tu e che potrebbe avere lei come personaggio.

Buono il rapporto con Kaede. Mi avevi chiesto spazio per giocartelo, per interagire e crescere, e direi che la relazione madre-figlio è evoluta parecchio in questa esperienza. Certe volte lo hai lasciato indietro, malgrado ti avessi detto che era tuo e dovevi/potevi usarlo come più ti piaceva, ma ci siamo recuperate in corsa senza troppi danni.

Masaru, poi, è uno di quei personaggi che a volte bisogna leggere con le didascalie. Ha un background denso e complesso, che ritorna molte volte in giocata, e mi sono trovata spesso a dover fare mente locale perché non capivo chi stesse parlando (le voci interiori sono un dramma, se non sei sul pezzo e conosci tutti i parlanti), o perché Masaru stesse agendo così.

Il braccio esploso è stata una punizione tra l'off e l'on, ma penso tu lo abbia capito. Per il futuro, attenta a descrivere bene le azioni che fai nel post, e non solo nello specchietto riassuntivo finale. E soprattutto: non strafare. Meglio poche cose ma fatte bene, meglio un giro di post in più che un guazzabuglio appallottolato insieme pieno di ipotesi, condizionali e "se avesse avuto successo", cosa che è capitata un po' di volte.

Capisco poi che le tempistiche della missione non hanno aiutato a mantenere alta l'attenzione tutto il tempo. È normale voler stringere, quando passa così tanto tempo. Mi dispiace averti fatto attendere e averti tenuto in ballo più del previsto, spero che nel complesso sia stata abbastanza piacevole e ti abbia dato spunti utili per il tuo gioco.

Passando alla valutazione, come hai notato tu stessa ogni tanto hai fatto confusione con i tempi e i modi, oltre a qualche refuso di battitura qui e là.

Nel complesso, quindi, ti assegno un 8.
Ricevi 2240 p.ti Exp, 5 PM (perché hai fatto un massacro di innocenti ma tecnicamente le informazioni le hai portate a casa), e 300 ryo per le piccole spese.

Tieni, incarta e porta a casa, ci rivediamo dopo il time skip u.u/


Edited by gaeshi - 25/2/2021, 06:21
 
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view post Posted on 28/2/2021, 23:35     +1   -1
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Per giocata B con voto 9 fanno 1035 Ryo al Master. Mi fa piacere sia andata bene, grazie e buon proseguimento!
 
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