Pessimo momento per le rivelazioni, per le discussioni, per parlare in linea generale. Occorreva agire, e Masaru lo sapeva bene, per questo pose fine senza troppe cerimonie alle chiacchiere riportando la concentrazione sulla missione ancora in corso.
Madre e figlio si medicarono rapidamente le ferite. Se Kaede aveva un taglio più gestibile, l'ustione di Masaru peggiorava di minuto in minuto. Sangue, siero, pus in formazione, e un odore acre e dolciastro di carne bruciata sottolineavano la fondamentale necessità di trovare un medico e un ospedale il prima possibile. Forse non sarebbe morta, ma non era garantito che tutti i nervi della mano sarebbero tornati come prima.
Tanto a che servono le dita a una specialista di ninjutsu, no?
Rallentato il processo di aggravamento della ferita, Kaede tornò a farsi strada tra la scia di cadaveri fino a sorvegliare l'ingresso. Masaru, invece, poté dedicarsi a sfogare qualcosa di molto poco ninja, ma di estremamente umano: la vendetta per le umiliazioni subite.
Poteva gestirla in mille modi, ma scelse quello di colore rosso. Altro sangue inondò il tatami, altre urla spezzarono l'aria già appesantita.
Il padrone di casa ebbe il più orrido dei risvegli, e nonostante fosse un uomo indurito dalla vita, la situazione in cui si trovava gli fece capire in fretta che era stato sconfitto. Guardò il corpo senza vita della figlia, quello privo di sensi della moglie, e il lago di sangue in cui stava morendo poco a poco.
Rise, una risata stanca e amareggiata, e con incredibile dignità si tirò su a sedere, mentre il colore lasciava gradualmente il suo incarnato.
Diede a Masaru quello che voleva, anche se non con la completezza che la kunoichi desiderava. Le diede nomi, ma le specificò che alcuni erano falsi e che lui per primo non conosceva -né aveva mai avuto interesse a scoprire- chi fossero veramente gli uomini e le donne dietro quegli pseudonimi.
Il traffico di Neve era stato avviato da circa una decina d'anni, e si era espanso su tutto il territorio della Roccia. Si organizzava in decine di nuclei operativi, nessuno dei quali operava a stretto contatto con tutti gli altri, proprio per mantenere la sicurezza della discrezione in caso di interventi delle autorità, come in quel caso.
Kato Tsukimi, questo era il nome del padrone di Villa Camelia, era subentrato a suo zio, il precedente capofamiglia e gestore del traffico in quell'area, morto di infarto tre anni prima. Gestiva la rete di spacciatori in città e il trasporto della Neve a Iwa da nord, che avveniva a cadenza irregolare, per non allertare le guardie con la ripetitività. Si cambiavano spesso i corrieri, mescolandoli tra gente comune proveniente da tutto il Paese.
Il mercante che Kaede e il suo amico erano stati assoldati per proteggere era una nuova recluta, che aveva pesato i piedi a qualcuno di più importante di lui. Tsukimi non sapeva i dettagli, non si interessava alle scaramucce dei gradini bassi della piramide organizzativa, lui non era altro che un punto intermedio, un capoarea di grande importanza in città, ma di poco conto all'interno della rete.
Rete che, senza nemmeno troppa fantasia, era gestita dal Ragno. Il presunto capo di tutta l'organizzazione era una figura misteriosa, mai incontrata di persona, che mandava missive scritte a macchina e firmate con un timbro, con cui diramava ordini, che venivano poi passati ai sottoposti, che a loro volta comunicavano ai sottoposti, e così via.
Un'organizzazione impeccabile, che aveva vissuto molte battute d'arresto ma mai nessuna definitiva.
Masaru non era la prima e non sarebbe stata l'ultima ad aver tagliato un filo della Ragnatela. L'uomo ci tenne molto a farle capire questo, mentre la vita lasciava lentamente i suoi occhi.
La Neve aveva troppi clienti, anche i più impensabili. Donava euforia, energia, e una altissima dipendenza, e ne facevano uso le persone più disparate.
«So che mi ucciderai comunque. Quindi non mi interessa cosa succederà alla Rete. Hai ucciso mia figlia, hai sterminato la mia casa... Sei peggiore dei criminali che ti pagano per fermare.»Socchiuse le palpebre, chinando la testa in avanti.
«Ti auguro... Di vedere tuo figlio fare la stessa fine... Che tu hai fatto... Fare alla...
Mia.»E con quell'ultimo, sereno e profetico messaggio di odio, Kato Tsukimi spirò, evitando a Masaru il disturbo di ucciderlo di persona. Sua moglie non avrebbe potuto opporre resistenza, passando dal sonno indotto al sonno eterno, dove si sarebbe, forse, ricongiunta coi suoi cari che l'aspettavano dall'altra parte.
Masaru aveva finito. La sua missione consisteva nel recuperare informazioni sul traffico di droga che aveva causato l'avvelenamento di un giovane Genin, e poteva tornare indietro con molte informazioni, un figlio traumatizzato, un braccio da salvare e un rapporto di molte pagine da scrivere.
CITAZIONE
Oh beh. Pare che abbiamo finito.
A te l'ultimo post, descrivi il vostro ritorno a Iwa e cosa intendi fare per il braccio. Uscire dal villaggio non sarà un problema, ma già prima di abbandonare i confini Masaru e Kaede sentiranno diverse persone passarsi la voce di un massacro a Villa Camelia, e le preoccupazioni di un pazzo assassino a piede libero.
Il paese è piccolo, la gente mormora, e sia Masaru che Kaede sono piuttosto provati quindi la trasformazione non durerà in eterno. Lungo la strada non ci saranno sorprese, incontreranno una stazione di posta dove potranno noleggiare dei cavalli per tornare più in fretta a Iwa se lo vorranno.