Into The Sanctuary: Serviam!, Di come il Templare scacci il male

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Wrigel
view post Posted on 23/1/2020, 15:39 by: Wrigel     +1   -1
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« Che tutti coloro che sono stati scelti per fare e servire la giustizia,
secondo il tuo desiderio e la tua volontà
che costoro eseguano questa giustizia
la compiano,
la soffrano
e che conservino in loro e per tutto il popolo cristiano
e la luce.»
(Jacques de Molay)




Il cilicio sulla carne. Mortificazione della stessa, davanti al Triangolo inscritto nel Cerchio.
Il dolore costante, la ruvidezza del ferro a staccarsi dalla stessa, gocce di sudore a imperlare un corpo nudo, perfetto. Seni turgidi, occhi color ametista, su un viso d'angelo incorniciato da capelli color grano che scendevano fino ad oltre la vita.
Vi erano segni su quel corpo. Segni di una volontà, di un dolore, di un sacrificio giornaliero e costante per officiare se stessa al suo Dio.
Sue soffriva ogni giorno. Nel corpo, versando sangue, pregando, combattendo sacrificando gli Infedeli al suo Dio. Eppure c'era un dolore, che subdolo e malevolo, la stava portando ad impazzire.
L'invidia.
Non si addiceva a Sue, lei che era la più vicina al suo Dio. Lei che, guardandola in quegli occhi ametista, si poteva quasi intravedere Suo Signore.
Eppure questo sentimento malsano la privava del suo raziocinio. Infangando quel simbolo che portava sulle vesti e sul cuore, martirizzava se stessa e la sua carne in un atto di purificazione ed espiazione del peccato.
Lei la perfetta si stava scoprendo imperfetta.


« Tanto progredirai quanto farai violenza a te stesso.»


Le parole sussurrate, mentre la carne viene strappata. Il cilicio divenire rosso.
Si alzò. Vedeva quel simbolo...vedeva Shitsuki. E l'ira divampò.



I giorni al Santuario scorrevano nella pace. "Pace" che era parola strana da usare quando si trattava di jashinisti.
Esseri immortali, egoisti che trovavano nel sangue e nel dolore, proprio ma sopratutto altrui, la loro essenza. Votati ad un dio malevolo che orgasmava e sollazzava nel dolore e nella morte.
Ma pace era. Perchè così il Santuario delle Tre Vie era. A differenza di molti altri in quelle terre e nel mondo, il Santuario con a capo Getsumoto Agiwara proliferava nella pace e nella prosperità date da quel Dio malevolo.
E in quel Santuario, così anomalo e così ricco, il Cerchio sembrava essere nato.
Shitsuki Agiwara era tornata.
Il Gobi manifesto insieme ai Bijuu e a due Ordini millenari che si fronteggiavano per questi esseri immensi; chiamata a difenderli direttamente dal Divin Verbo, Shitsuki era tornata cambiata nello spirito e nella carne.
Lunga fu la sorpresa e l'ammirazione.
A lungo si confabulò, si parlò sottovoce, alle tavole o nei campi, di Shitsuki Agiwara e di quella trasformazione che la rendeva figlia di Jashin.
Se la santità dell'Agiwara era messa in dubbio fino a quel momento, quando si presentò sotto cotal guisa anche i più scettici dovettero prendere atto che davanti a loro vi era una Dea. O qualcosa di simile.
Di sicuro il Cerchio era tra di loro. No che la parola di Getsumoto fosse messa in dubbio, sia chiaro, ma nel mondo molti si professavano il Cerchio, nessuno di loro lo era.
Eppure Shitsuki, che nel segno di Jashin aveva proliferato, che nel suo Verbo mangiato e bevuto, la sua carne offerta a lui, il sangue dei suoi nemici versato, ora si ergeva in possanza tra di loro. Era chiaro che non era più una tra tanti.
I segni vi erano tutti. ignorarli era da pazzi, così come metterli in dubbio.
Nemmeno Sue lo fece, eppure sapeva che il Cerchio si manifestava, ma non nella completezza. Lunga era la strada per esserlo.
Tortuosa come il volere di Jashin che, capriccioso e volubile, amava dare e poi togliere, per poi riconcedere fino a che l'essenza stessa del Cerchio non fosse compiuta.
Shitsuki era il Cerchio per molti, non per Sue. Shitsuki avrebbe guidato lo Jashinismo in chissà quali nuove strade. Non per Sue.
Sue non lo credeva possibile. Il templare, che tanto aveva sofferto, ucciso, pregato e dato se stessa - anima e corpo votati a Lui soltanto - non poteva credere che una bimba piagnucolosa e viziata fosse davvero il Cerchio di quest'epoca.
Nella sua umile dimora il rosario, nervosamente, venne passato tra le mani. Il cilicio non faceva più male, non più della rabbia che serpeggiava nel suo cuore divampando nel gesto iroso di lanciare il rosario verso il muro.
Ansimò. la fronte imperlata di gocce di sudore. i lunghi capelli setosi si agitarono in una coda scomposta e dovette toglierli dalla sua fronte con un gesto nervoso della sinistra.
La vide tremare.





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Sue.
Il Templare del Santuario. Una donna che aveva sacrificato sé stessa per la Fede. Da libro di preghiera era passata alla falce.
Aveva combattuto contro gli eretici, proteggendo col suo corpo i pellegrini e i fedeli da chi era infedele, scoprendo poi che la sua causa - quella stessa causa a cui aveva votato se stessa - non era null'altro che letame.
e che le mani di chi doveva guidare ed essere migliore si macchiavano di crimini, di ripugnanti atti, che si stringevano la domenica in chiesa e che ricoperti di gioielli affamavano la Fede.
Perché non era importante il regno Dei Cieli ma quello in Terra. E di chi, stanco e affamato, bussava a bronzee porte entrando in navate riccamente decorate, si chiedeva perché loro dovevano vestire di stracci mentre a chi baciavano le mani le trovavano lisce e curate, con abiti di seta e gioielli che avrebbero comprato una nazione.
Sue era nata Fedele.
Era nata per servire Dio.
Ma quello stesso Dio fu inquinato da uomini luridi.
Jashin venne a lei mentre si teneva le budella, mentre lo stupro era finito e la morte arrivava ad alleviare il dolore.
Non era così per lei. La morte la strappava alla sua vendetta.
mentre vedeva i suoi fratelli trapassati a fil di spada perché venduti da un uomo troppo timoroso per essere quello che doveva essere. una guida e non un principe.
Pagavano per le cupidigie di altri. Pagavano e si domandarono dove fosse il loro Dio. Perchè permetteva che i suoi figli, fedeli che avevano combattuto seguendo i suoi precetti, ora affogavano nel loro stesso sangue, nella polvere e mani luride abusavano del suo sacro corpo che aveva donato a Dio e solo a Lui.

I ricordi affiorarono mentre quella spada, così grande da superarla in altezza, rimaneva sull'altare insieme alla falce; insieme ai vecchi simboli pagani, di quando era imperfetta. Ma non lontani dai nuovi.
Perchè dalla strada dell'imperfezione che Sue giunse alla perfezione e all'illuminazione. Insieme alla vendetta.
Una vendetta che arrivò dolce come il miele, brutale come quella spada così grande da far dubitare che una donna potesse brandirla.



[continua]
 
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