Già, chissà che avrebbero fatto se si fossero incontrati quando Takumi era un ragazzino selvatico e ostile, e Yu una sottospecie di ameba capace di accettare qualsiasi cosa. Due rifiuti, uno ritenuto tale dalla società, uno che si era convinto di esserlo e che, probabilmente, appariva in quel modo alla maggior parte delle persone. Un incontro tra due individui di questo tipo, prometteva sicuramente scintille! Infatti, il Rosso era per lo più certo che sarebbero finiti a fare a pugni…quanto meno il castano a darli e lui a riceverli senza dire una parola. L’idea che aveva era più o meno questa. Difficilmente vedeva l’immagine dei vecchi loro, sedersi uno accanto all’altro come stavano facendo in quel preciso istante, a parlare. Lui di certo non avrebbe aperto bocca! A Kai e gli altri ci erano volute settimane a fargli spiccicare qualche parola di seguito all’altra, la vedeva dura che un bambino appena conosciuto riuscisse in quell’ardua impresa. Anche se - e non era cosa da nulla - c’era da ammettere che nel loro vero primo incontro, Takumi non aveva fatto per nulla fatica a farlo reagire. Ogni parola era riuscita a punzecchiarlo nella maniera adeguata: vuoi per il momento difficile che stava vivendo, vuoi per quel periodo in cui era un po’ più vulnerabile, ma ci era riuscito. Con qualcun altro avrebbe probabilmente raccolto il suo libro, rivolto delle scuse spicce e levato le tende senza farsi troppi problemi. Ma non col castano. Lui era riuscito a trattenerlo e nonostante l’inizio un po’ burrascoso - ok, molto burrascoso - la giornata, poi, aveva avuto dei risvolti positivi. Quindi chissà, magari anche il piccolo Takumi, per quanto inselvatichito, sarebbe riuscito a fare breccia nella corazza che si era costruito attorno.
Restavano comunque solo ipotesi di eventi mai avvenuti, di strade mai intraprese, in quanto le loro vie si erano incrociate per la prima volta quel giorno al parco. Prima, per un motivo o per l’altro, erano stati schiaffati in istituti differenti, cresciuti in modo diversi, eppure…alla fine erano arrivati nello stesso punto. Sapeva che la maggior parte della gente, spesso e volentieri non tollerava il comportamento del più grande. Ma, in realtà, sarebbe stato meglio dire che nemmeno provavano a vedere cosa c’era dietro. Il meccanismo di difesa del castano ormai lo conosceva…gli permetteva di fare una scrematura delle persone che non valeva la pena conoscere, ovvero di tutte quelle che non facevano il minimo sforzo per andare oltre la copertina brutta e rovinata del libro che avevano tra le mani. A quel punto rimanevano solamente gli altri, pochi sicuramente, ma Yu era uno di quella manciata e la cosa, francamente, non gli dispiaceva affatto.
« A me sì, invece. Eccome. Non avevi qualcun altro a cui affezionarti a questo modo? Chessò, gatti dispettosi, tassi inopportuni…Serpenti velenosi? »
Senti come diventi acido, quando si tratta di lui! Se la rise di gusto Yūzora a quell’uscita della Volpe. Era più forte di lui, proprio non riusciva a passarci sopra, a vedere Takumi come qualsiasi altra pulce umana che avesse attorno. Chi lo sa se si era accorto che, in un modo o nell’altro, il castano non riusciva ad essergli indifferente. E comunque non è mica una cosa che si sceglie coscienziosamente. E’ un po’ come se ti chiedessi perché proprio io, tra la miriade di anime che c’era.
« Ti ho già detto perché. » Ma fu un brontolio indistinto quello del demone, come se avesse piantato il muso.
Vero. E sai benissimo che io so che tu sai che non è proprio così.
« …Insolente. »
Gōmen, hai ragione…Ma è anche per questo che ti piaccio!
« Pff…insolente e vanitoso! »
Non rispose Yu a quell’ultima affermazione. Se la rise e basta, avvertendo anche il broncio di Kurama svanire, rendendosi conto di quello che il suo tramite umano non aveva espresso apertamente, ovvero che quegli aggettivi calzavano a pennello anche a lui stesso. Il Rosso era un concentrato di perseveranza e superbia, perfettamente equilibrate, avviluppate tra loro talmente strettamente che definire dove finisse una per dare origine all’altra, era complesso anche per lui che condivideva il corpo e l’anima col ragazzo. Senza contare i mille altri fili che componevano quella treccia dalle tante sfaccettature, rendendo il giovane un complicato tessuto dai tanti colori, simile proprio al muro di cui aveva parlato durante la sua prova…che in fin dei conti, non era che lo specchio di tutte le persone che sorreggevano la lastra di ghiaccio su cui riposava. E non poteva farci nulla, tra di esse LinguaLunga era una di quelle che spiccava di più. E le sue radici, per quanto giovani, erano piantate talmente in profondità da non avergli permesso di riuscire alla perfezione in ciò che si era precedentemente prefissato. Di per sé lo sapeva che non potevano esserci né gatti, né tassi, né serpenti velenosi, ma, per quanto, quel moccioso presuntuoso proprio non riusciva a farselo piacere. Anche se, doveva ammettere che con il suo umano, aveva un comportamento diametralmente opposto a quello con cui si era mostrato nel tempio di fronte a lui.
I rimuginii della Volpe, rimasero un sottofondo indistinto di pensieri tra pensieri, mentre l’attenzione di Yu veniva nuovamente accesa dalla voce flautata del compagno che, seppur stanco, sembrava avere voglia tanto quanto lui di approfittare di quella nottata particolare. Gli occhi di Takumi erano sempre più piccoli ogni attimo che passava, ma cercavano ancora i suoi in quel loro dialogare fatto sì di parole, tanto quanto di sorrisi, di gesti semplici, di confessioni senza troppe pretese. Fu curioso sentire che, in effetti, il più grande, provenisse da una famiglia benestante, prima di arrivare a Kiri come un randagio mangialucertole. Perché anche lui non era che fosse proprio il culo nella catena sociale del Villaggio, prima di finire in orfanotrofio. Suo padre, per quanto fosse un pezzo di merda, era un membro importante del Clan Hōzuki, di conseguenza, almeno dal punto di vista economico, la sua infanzia era stata piuttosto agiata. Non che questo bastasse per vivere bene, ma era comunque una famiglia privilegiata la sua e proprio per questo andava incontro ancora di più a tutti i difetti di essere fin troppo conosciuti nel quartiere. Probabilmente anche per Takumi non era stato proprio un idillio. Non fece domande di approfondimento in merito, ma l’aspro sorriso che si dipinse sul volto dell’amico a quella conferma fu più loquace di tante altre parole. Non rivangò ulteriormente l’argomento, preferendo sottolineare e specificare - una strenua difesa agli occhi del Rosso - le motivazioni dietro al suo mangiare come un uccellino, rivelando probabilmente l’unico dolce che fosse di suo gradimento.
I taiyaki piacciono un sacco anche a me! Non come i melonpan, ma accompagnati da un bel bicchiere di latte non li si può rifiutare, vero?
Almeno adesso conosceva un dolce con cui presentarsi a casa dall’amico. Arrivare sempre con roba salata risultava monotono, variare di tanto in tanto non poteva che essere un bene. E poi, dai, i Taiyaki erano ottimi! Con quella simpatica forma di pesce e la marmellata di azuki all’interno risultavano davvero piacevoli al palato. Gli venne naturale sorridere. Per qualche ragione era contento che non fossero proprio come il giorno e la notte, ma che ognuno avesse qualche eccezione che lo accomunava all’altro. Quella felicità innocente che caratterizzava i bambini e che li faceva rispondere con un accalorato “Anche a me! Anche a me!” quando l’amico che avevano prescelto, manifestava preferenze simili alle proprie. Una cosa stupida, si poteva essere legati pur essendo diametralmente opposti, eppure venire a conoscenza dicaratteristiche comuni era sempre qualcosa di speciale. Come particolare e unica, fu la risposta che Takumi diede a quella sua domanda retorica. Sempre più assonnato, il castano aveva appoggiato il capo al legno duro della balaustra della nave, e con una naturalezza disarmante rivelò la sua visione circa un piccolo sé stesso e un piccolo Yu che si incontravano nei loro anni bui. Aveva gli occhi socchiusi rivolti al cielo stellato e un lieve sorriso mentre le parole minacciate dal sonno uscivano dalla sua bocca senza freni e senza filtri, tanto da lasciare il Rosso a bocca aperta. Aveva davvero detto quello che aveva sentito? O il sonno gli stava tirando dei brutti scherzi poco simpatici? Di aver attirato l’interesse di Takumi quel giorno al parco, lo sapeva…se anche non con certezza, la cosa era divenuta palese durante l’incubo di Kurama, quando quell’attenzione da parte dell’amico era venuta a mancare. Ma il resto?
Aveva proprio detto “la mia fiamma”, vero? Non aveva capito male. E in quel caso che cosa intendeva dire…di preciso? Insomma, lui non era di nessuno ed era capacissimo di difendersi da solo, glielo aveva pure detto quando si erano legati a quei dannati pali, no? Non capiva proprio da dove gli fosse uscita quella frase, doveva essere sicuramente causa di stanchezza e febbre se si era messo a dire certe cose.
« Non è forse quello che pensi pure tu? Se si trovasse in pericolo non lo proteggeresti? Non hai fatto di tutto pur di riprendertelo? »
Sì, sì, lo farei, l’ho fatto, ma ecco…è strano sentirglielo dire. E’ davvero strano.
Sorrise il demone. « Mmmh…”strano”, eh? Avrei giurato che l’aggettivo giusto fosse un altro. »
Sì, l’aggettivo giusto era un altro. C’era solo un modo per definire quella sensazione: bella. Per qualche ragione era bello sentirgli dire quelle parole, veicolate dal sonno, dalla febbre, così a ruota libera. Ed altrettanto bello era il calore che gli davano, più caldo del corpo stesso dell’amico accanto al suo in quella notte gelida. Non ci fu una risposta da parte di Yu a quella confessione, non a parole. Semplicemente il Rosso sorrise, accomodandosi meglio e tornando ad appoggiare il capo sul braccio del compagno, prima di essere nuovamente blandito dalla voce assonnata di quest’ultimo. Per quanto anche ‘sta volta alcune cose che disse risultarono lievemente imbarazzanti, soprattutto accompagnate da quel suo ripetere il gesto di cui parlava, ciò che nacque dalla gola del Rosso fu una serena risata. Non sguaiata - era stanco - ma sicuramente sincera. Non metteva in dubbio l’iniziale intento omicida di Takumi nei suoi confronti, come anche il repentino cambio di prospettiva nell’esatto istante in cui lo aveva inquadrato a dovere, nonostante in un primo momento lo avesse scambiato per una donna.
Sembra che tu stia descrivendo l'incontro con una bella ragazza, piuttosto che con un sottoposto che ti è caduto addosso da un albero! Rise, strizzando gli occhi mentre cercava invano di ricambiare lo sguardo del castano. Però dai, voglia omicida è esagerato, non trovi? Ecco, forse era il caso di spiegargli che la maggior parte del suo cattivo umore di quel giorno non era stato dovuto a lui, quanto a qualcosa di precedente. Ero solo molto sotto stress…Stavo per partire per una missione importante in cui avrei dovuto fare da Taichō, se ben ricordi. Quello che non sai è che i compagni che avrei dovuto guidare erano anche i miei migliori amici e che da quella missione dipendeva la salvezza di mio fratello. Che in realtà poteva già essere morto. Fece un pausa, socchiudendo gli occhi, cercando di aprire le palpebre pesanti, ma non riuscendo ad alzarle più del tutto. Kurama gli stava dicendo di riposare, di lasciarsi andare e finire quei discorsi da umani un’altra volta, che ne aveva tutto il tempo, ma proprio lui gli aveva dimostrato che il tempo non era mai abbastanza. Doveva finire almeno quello che stava dicendo. Quindi ero un fascio di nervi. Prese un respiro, che sembrò più un sospiro, prima di continuare. Non dormivo la notte, pensavo troppo a tutto ciò che sarebbe potuto andare storto e avevo un assoluto bisogno di distrarmi. Così sono andato al parco…il resto lo sai. Gli occhi gli si chiusero, bruciavano troppo. Però sai, anche se all’inizio eri risultato fastidioso e un po’ effettivamente avrei voluto picchiarti, poi abbiamo passato una bella giornata. Almeno io mi sono divertito. Si sforzò di aprire gli occhi ancora una volta, cercando di mettere a fuoco il viso di Takumi. Arigatō.