Chikai 誓い - Non pensarci due volte, Role libera per Lucifergirl88 (1°pg) e BloodyRose (2°pg)

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view post Posted on 5/4/2019, 18:38     +1   -1
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Non appena il suono appena graffiato della voce del compagno dalla chioma fulva lo raggiunse, capì di aver parlato troppo e senza soppesare. Era saltato subito a delle conclusioni che alla fine erano risultate erronee, attribuendo alla famiglia di cui aveva fatto cenno il suo interlocutore un'accezione del tutto tradizionale, di sangue. Credeva davvero che il rosso avesse qualcuno ad aspettarlo a casa, o forse s'era convinto di questo vedendo l'atteggiamento che aveva nei suoi riguardi. E poi era impensabile che un diamante come quello non venisse lodato, amato da coloro i quali l'avevano messo al mondo. A differenza di quanto fosse stato lui per la sua di famiglia, Yūzora era senz'altro un valore aggiunto, qualcuno di cui andare fieri. Non era un demonio. Non era come quel bambino sempre collerico, simile a un animale selvaggio pronto ad azzannare chiunque, tenuto in forzata cattività. Fece per osservarlo sorpreso, rammaricandosi per aver portato possibilmente a galla qualcosa di doloroso. Aver perso i genitori per lui non era un qualcosa di negativo, anzi.. era stato proprio lui a cancellarli dalla sua esistenza, seppellendo ogni cosa fra le fiamme e la cenere. Quell'accenno di malinconica ironia profusa nelle sue parole era dovuta al fatto di non aver mai provato sulla sua pelle cosa significasse essere realmente apprezzato, o amato dai suoi consanguinei. Sapere che anche il rosso non avesse mai provato quella sensazione si tradusse in una invisibile stretta al cuore, che lo costrinse ad abbassare lo sguardo e a darsi da solo del coglione. Gomen.. temo di aver straparlato senza pensare. sussurrò appena, in una autentica ammissione di colpevolezza per non aver tenuto la bocca cucita sull'argomento, o quanto meno per non averlo preso con la corretta delicatezza del caso. Si. Aveva intuito da quel suo modo cauto d'approcciarsi all'argomento che anche il compagno aveva delle riserve, delle mancanze che pesavano. Come lui se le teneva dentro con dignità. Comunque non ti sei perso assolutamente nulla, soltanto qualche noia e qualche rimprovero di troppo. fece per sdrammatizzare, sorridendo e sollevando nuovamente lo sguardo al cielo in un chiaro atteggiamento menefreghista nei confronti dell'argomento. Tipico di chi vuole soprassedere, di chi non intende dare importanza a qualcosa che importanza non ne ha.
Fortunatamente ben presto quel discorso melanconico venne surclassato, arrivando a concentrarsi su un qualcosa che non si aspettava. Non del tutto almeno. Il Kyōmei aveva asserito che parte della sua famiglia si trovava su quelle navi di ritorno al villaggio, a partire da quel ragazzino dagli occhi di ghiaccio che aveva loro lasciato la coperta sotto la quale sostavano. C'era da aspettarselo e non fu troppo sorpreso dal sentire quella rivelazione. Avevano avuto uno scambio fin troppo intimo, tipico di due amici di vecchia data o, appunto, di due fratelli affiatati. Quello che in verità fu una scoperta fu proprio il venire a sapere che della 'famiglia' del rosso faceva parte anche lui. Lo sguardo smeraldino scese subito per osservare il suo interlocutore, sorpreso. Davvero? Faceva parte della cerchia dei suoi affetti? Sorrise di rimando al suo sorriso, provando un profondo senso di gratitudine per essere parte di un qualcosa di così ristretto, per avere quel piccolo spazio nel cuore del più piccolo. Allo stesso modo però non gli era affatto sfuggita quella punta d'amarezza nell'ammettere che fosse un Hōzuki, o per riprendere le sue stesse parole un discendente 'malriuscito'. Era curioso venire a conoscenza di origini del genere, ma questo non cambiava assolutamente nulla. Yūzora era Yūzora, e per quanto non avesse ereditato le abilità dei suoi genitori rimaneva pur sempre un ottimo shinobi.
Non sei malriuscito. s'espresse allora, stringendosi un po' nella coperta come se un brivido freddo gli avesse attraversato la spina dorsale. Sei perfetto così come sei. ed era assolutamente vero. Non doveva essere per forza un Hōzuki per essere giusto, per essere degno di qualsivoglia lode. E poi che diamine avevano gli Hōzuki di così eclatante, a parte l'abilità innata di scolarsi un oceano e divenire a propria volta acqua di cesso in meno di un nanosecondo? Assolutamente nulla.

Gli venne da sorridere dal momento che aveva mostrato quella sorta di falsa esasperazione all'ennesimo invito non troppo velato in quel posto in cui voleva portarlo. Era adorabile quando metteva quei bronci, quando appariva spazientito o, come in quel caso, quando gli si avvicinava abbastanza da dargli un colpetto in piena fronte, al quale rispose con uno spontaneo 'auch'. Fintamente indolenzito si portò la sinistra a massaggiarsi il punto con due dita. Si. Lo sapeva perfettamente che gli aveva già accennato quella cosa, e ricordava anche quello che gli aveva risposto ma voleva ardentemente riscoprire quelle che erano state le parole all'interno di quel tempio, o fuori fra le rovine di Fukagizu. Voleva sentirgli dire ancora una volta dire quel sottinteso 'non vedo l'ora di venirci', cibarsi della sua estrema curiosità e di quel sorriso di cui gli fece dono prima di aggiungere che la prossima volta che glie lo avrebbe chiesto avrebbe potuto cambiare idea.


Non è vero. La curiosità ti mangerebbe vivo, e lo sai meglio di me.

Sorrise al pensiero, prima di formulare una risposta soddisfacente alla curiosità del giovane e al suo stomaco con la sindrome del rifiuto della carne alla griglia (cosa comune). Ma ancor prima di intraprendere quel discorso, fece in modo di spiegargli brevemente perché avesse deciso quel giorno di chiamarlo con quel nomignolo che tanto pareva dargli fastidio. E la reazione fu piacevole. Felice di non essere scontato. disse con un mezzo sorriso, ottenendo praticamente il lascia passare per quell'affettuoso appellativo che era sorto dal profondo, senza nemmeno ragionarlo. Era bastato osservarlo per associarlo alla fiamma contenuta nel kanji di cui era composta quella semplice parola. Era bastato perdersi nei suoi occhi per pochi secondi per trovare la sua vera essenza.

Voglio portarti in uno dei ryokan più belli di tutta Kirigakure, affacciato sul fiume dove ogni anno migliaia di lanterne vengono affidate ai flutti per la ricorrenza dell'Obon Matsuri. cominciò a spiegare, con un sorrisetto sornione. Era palese volesse rendere l'immagine attraverso le parole, arricchendo quella struttura delle sfumature dell'acqua, della natura e del fuoco delle lanterne serali. Hanno un ristorante aperto al pubblico e fanno una colazione da fare invidia al Mizukage in persona. Riso al vapore, zuppa di miso, pesce.. ma anche qualche dolcetto tipico con marmellata di azuki fatta in casa e tanto altro. Tutto di ottima qualità. e non scherzava. Era davvero un ottimo posto, sia per il cibo che per l'ambiente che aveva attorno.

 
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view post Posted on 7/4/2019, 14:37     +1   -1
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Takumi era davvero il primo ad accomunarlo al fuoco, piuttosto che all’acqua ed era anche il primo che gli dava un soprannome non tanto per i capelli, quanto piuttosto per il suo temperamento, per il suo modo di essere o chissà che altro avesse visto. Era piacevole. Significava che non si era fermato a giudicarlo nell’aspetto, non aveva valutato il libro dalla copertina, ma da quello che vi aveva trovato dentro. Parole che, a suo dire, erano una fiamma. Una fiamma a cui lui stava vicino, senza troppa paura di scottarsi, proprio come aveva affermato silenziosamente quel giorno sul promontorio, scegliendo la bolla che era rimasta accanto a Yu. Quasi si sentiva in colpa per aver pensato che volesse prenderlo in giro con quel nomignolo, anche se, insomma, dal castano di solito ci si aspettava questo genere di cose e non il ragionamento filosofico e sentimentale che aveva sciorinato poco prima. Infondo era di Takumi che si parlava! Quello con la lingua tagliente, con sempre pronte in gola batterie di cannonate e rastrelliere di lame, pronte ad essere usate al primo momento utile. Era del tutto normale aspettarsi una presa in giro anche in quel caso, no? Eh…e invece no. Era stato talmente sincero da risultare disarmante, tanto che il Rosso non riuscì a replicare granchè né a lui, né alla Volpe che lo stuzzicava. Non riuscì a fare altro che accettare, riconoscere, e in un certo qual senso appoggiare quel soprannome che poche spiegazioni erano riuscite a rendere bello ai suoi occhi. Incredibile il potere delle parole, eh? Anche poco prima Takumi era riuscito a rendere piacevole qualcosa che, in teoria, non avrebbe dovuto esserlo: prima sdrammatizzando sul fatto che il più piccolo fosse orfano, e poi quando, senza troppi giri e ragionamenti, aveva asserito che Yu andasse bene così com’era. Non erano molte le persone a cui aveva parlato di sé stesso in quei termini, generalmente cercava di non far vedere che l’essere un fottuto mezzo sangue senza alcuna capacità gli pesasse - cosa che effettivamente non era, perché non aspirava proprio a diventare una pozzanghera ambulante obbligato a portarsi dietro una borraccia per non disidratarsi - ma in quel momento, vuoi per lo scontro con suo padre nel sogno, vuoi per quella sensazione di libertà d’espressione che sentiva quando era col più grande, l’amarezza era uscita tutta. Ed era stato bello sentirsi dire da qualcuno che non fosse Kai, che era perfetto così, che non c’era bisogno fosse in alcun altro modo. Perché andava a lenire quella ferita vecchia e profonda che si portava dentro. Quasi una carezza sull’anima, un porgere la mano a quel bambino che dai suoi genitori non si era mai sentito dire nulla del genere. Dall’una per paura, dall’altro per un rancore insensato. Quanto meno dal suo punto di vista, perché era ovvio che, quell’odio e quel disgusto, per Aoi Hōzuki fossero più che giustificati. Ma erano fatti passati, come diceva Kurama, talmente passati che non appannarono per nulla il sorriso con cui Yu ringraziò il castano di quelle belle parole. Un silenzioso e celato “Arigatō”, più importante di quanto Takumi avrebbe potuto immaginare.
E forse anche per questo quel nomignolo, riuscì ad attecchire nella maniera corretta, perdendo quella patina canzonatoria, assumendone una del tutto diversa, dorata e preziosa. Unica. In quanto unica era la persona che glielo aveva affibbiato, perchè nessun’altro aveva mai trovato quella somiglianza. Gli sarebbe piaciuto capire o farsi spiegare in base a cosa, quel bizzarro giorno in cui si erano conosciuti, il castano avesse deciso per quel soprannome. Se fosse una cosa ragionata, se avesse delle fondamenta o se fosse stata una scelta di pancia. D’altronde quando glielo aveva dato, beh, avevano discusso tutto il tempo e lui si era dimostrato anche piuttosto scorbutico. “Harinezumi-chan” sarebbe stato più adatto da quel punto di vista. Però…però andava bene così. Anche senza sapere vita, morte e miracoli dietro quella scelta.


« Ma come? Proprio tu non vuoi risolvere questo “mistero”? »
Lo sai, no? Alcuni misteri non sono fatti per essere risolti. Questo è uno di quelli. Quanto meno, fino a quando non sarà Takumi a spiegarmi cosa di preciso abbia visto, per scegliere quel nomignolo.
« ...O quando cederai alla curiosità. »
Ahaha! O quando cederò alla curiosità, giusto.

In effetti non era da escludere che capitolasse prima lui, rispetto allo sbottonarsi spontaneo di Takumi, ma avrebbe provato ugualmente ad aspettare. Non si poteva mai sapere. D’altronde quella sera lo sentiva più vicino del solito. E non era solo per aver sfiorato assieme la morte, tanto meno il fatto d’essere sotto la stessa coperta. Era qualcosa di più profondo di così, qualcosa che valeva la pena conservare come un tesoro, un po’ come quelle bocce di vetro con la neve finta dentro, erano per i bambini fonte di immensa meraviglia.
La stessa meraviglia che fece capolino sul viso di Yūzora, quando il più grande iniziò a descrivergli il posto dove l’avrebbe portato. Ogni parola era una pennellata di colore, una sfumatura, un dettaglio di un’immagine che andò via via a delinearsi nella mente del Rosso pur non avendo mai visto quel luogo in vita sua. Vide la struttura in legno ergersi sul fiume nella notte dell’Obon Matsuri, mentre le lanterne galleggiavano placide sulle acque riflettendo la propria luce sui flutti, con solo la tranquillità della natura tutto attorno che faceva da sfondo a quella visione magica e serena. E dopo quell’introduzione che da sola sarebbe bastata a far riconfermare, non una, ma cento volte il suo “sì”, a quell’invito, il castano mise l’accento sulle ricche colazioni che si potevano consumare in quel ryokan, conquistando definitivamente il Rosso, prendendolo per la gola.


"Hai fame? Ti va del melonpan? So che ti piace tanto..."


Richiamata da un ricordo non troppo distante, rievocata dalla presenza di dolcetti tipici nel ristorante di cui il castano faceva accenno, la voce gentile e venata di tristezza di sua madre gli rimbombò in testa, ricordandogli quei panetti che la donna era solita preparargli per tirarlo su di morale quando suo padre lo bistrattava o quando in casa avveniva qualche brusco litigio. Anche nel sogno di Kurama sua madre aveva provato ad offrigliene uno, ma aveva rifiutato, temendo di essere mandato altrove, di perdere troppo tempo, di perdere ancora qualcosa delle memorie del giovane che ora gli sedeva accanto. Non si era concesso quel momento con lei. Non si era concesso di riassaporare quel gusto che spesso aveva addolcito le sue giornate buie dell’infanzia.

Ci sono anche i melonpan? Fece allora, speranzoso, come un ragazzino. Salvo poi rendersi conto effettivamente del fatto che Takumi avesse intenzione di portarlo in uno dei ryokan più belli di tutta Kiri. Doveva essere costoso! E poi come aveva conosciuto il posto? Non gli sembrava, per quanto fino a poco prima lo credesse discendere da una famiglia benestante, il tipo che si trastullava in quel genere di posti normalmente. Salvo magari, qualche occasione “speciale”, con una donna. Sembra davvero un ristorante di quelli coi fiocchi! Sei sicuro di voler andare in un posto così costoso per una colazione con me? Chiese, non nascondendo nella prima affermazione il fatto che, potendo, ci sarebbe andato pure la mattina seguente in un posto così, ma ricomponendosi presto nella seconda parte del discorso, accigliandosi. Poi, dimmi una cosa, Takumi. Aggiunse quindi, facendosi furbo, senza celare per nulla la malizia che sottintendeva la domanda seguente. Come lo hai conosciuto un luogo del genere?

 
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view post Posted on 12/4/2019, 18:07     +1   -1
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Quel bel sorriso che pian piano andò pennellandosi sulle labbra dell'irriverente ragazzino dalla chioma fulva fu per lui una sorta di grazia, un ringraziamento che non sentiva di meritare. Aveva detto soltanto la verità nell'affermare che fosse perfetto esattamente così com'era, e non di quella perfezione inesistente, utopica e strenuamente agognata. Nessuno era perfetto nel vero senso della parola in quel mondo, ma pur con tutti i difetti che potesse avere Yūzora andava bene com'era, perché senza quei piccoli difetti, quei bronci tattici e quel temperamento focoso che di tanto in tanto faceva capolino e lo portava a mostrare le zanne e a combattere, a rispondere a tono, non sarebbe stato più lui. O almeno questo era quello che pensava il castano. Era bello vederlo sorridere, al punto che anche le sue di labbra si piegarono in un sorriso sereno, perfettamente libero da tutti quei costrutti che spesso e volentieri lo rendevano insopportabile. Un potere che soltanto il compagno col quale condivideva la coperta quella notte pareva avere su di lui.

Fu dannatamente appagante anche veder spuntare sul suo volto la meraviglia alla scarna descrizione del posto nel quale voleva portarlo. Sapeva che avrebbe stuzzicato la sua curiosità. Era un posto davvero molto bello, degno di uno dei suoi schizzi sullo sketchbook; non eccessivamente costoso, ma sicuramente ben arredato e turisticamente ben posizionato. E se l'immagine stessa del locale, descritta quasi come se la stesse dipingendo con sapienti pennellate di colore sulla tela, non fosse bastata a convincerlo ci avrebbe pensato la cucina. Avevano davvero una buona varietà di cibi e bevande, e la produzione casalinga non poteva che essere un surplus, difatti, dopo aver soppesato un momento, fu proprio il rosso a chiedergli se in quel ryokan facessero anche i melonpan.
Certamente. Una volta la moglie del proprietario me lo fece provare e, per quanto il mio palato rifiuti categoricamente le pietanze troppo dolci, devo dire che non era male. Croccante fuori, morbido dentro; quasi si scioglie in bocca come una caramella. disse con un sorrisetto sornione, spudoratamente provando a far leva sul palato del compagno per spronarlo a immaginare il buon gusto di quella pietanza.

Sembrava entusiasta, eppure si sorprese nel sentirgli fare quella domanda circa la costosità del posto e sul fatto che ce lo volesse portare, al punto che la sua espressione assunse un che di interrogativo col sopracciglio destro sollevato.
Con chi ci dovrei andare, se non con te? un'affermazione piuttosto semplice ma che dava spazio a numerose e più che ragionevoli digressioni in merito, seppure non vi fosse alcuna apparente malizia a riguardo. E si, sono sicuro. Avevo detto che volevo portarti li, quindi ti ci porto. Non ha importanza quanto costa, non è un tuo problema. disse con un mezzo sorriso, prima di portare la mano alla bocca e sbadigliare. Non aveva dormito manco per il cazzo quella notte, e le precedenti aveva avuto un sonno piuttosto disturbato a causa dell'incubo che aveva fatto a Fukagizu e che non si era più manifestato. La stanchezza cominciava a farsi sentire. Ma la seguente domanda del compagno, pronunciata con quel tono furbastro e volutamente malizioso, lo colse in contropiede, tanto da fargli sgranare gli occhi per la sorpresa. Se avesse avuto qualcosa di liquido in bocca, sicuro gli sarebbe andato di traverso. Sei un curiosone. asserì sorridendo alla stessa maniera, stando al suo stesso gioco. ..diciamo che tempo fa ho avuto una notte di passione con la figlia del proprietario. Una tipa carina. Da allora ottengo sempre qualche sconto di favore ogni volta che visito il ryokan. confessò candidamente, col sorriso sulle labbra ma senza troppa enfasi. Vantarsi per essersi portato a letto una tipa lo trovava abbastanza squallido. Non voleva uniformarsi a quei decerebrati del riformatorio, che pareva non avessero visto una vagina nella loro vita, nemmeno quella della madre che li aveva partoriti. Aveva fatto sesso, punto. Nessun vanto, nessun premio. Non c'era un briciolo di considerazione da parte sua per quella ragazza, se non quella rara volta in cui si sarebbe sentito in vena di rifare un altro giro. Spregevole da parte sua, ma era totalmente inutile eludere la realtà: non gli importava nulla della figlia del proprietario del ryokan, eppure la teneva buona per poter sfruttare al meglio i vantaggi che ne derivavano.

 
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view post Posted on 14/4/2019, 14:54     +1   -1
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Gli sarebbe davvero piaciuto poter assaggiare un melonpan, fosse stato anche solo per poter fare un confronto con quelli che faceva sua madre, e da come ne parlava Takumi quelli di quel ryokan dovevano essere davvero ottimi! Gli sembrava quasi di poterlo addentare lì, in quel preciso momento. Di sentirne il gusto zuccherato, la consistenza più croccante fuori e più tenera dentro. Una nuvola di dolce piacere che stuzzicava gentilmente le papille gustative. Una buona merenda, o una buona colazione. Non era nulla di che in fin dei conti eh, però al Rosso era sempre piaciuto. Vuoi per la sua semplicità, vuoi per il suo essere perfetto con il tè, vuoi per il ricordo di sua madre che quel dolce risvegliava.
Quindi sentirsi dire che quelli di quel posto erano riusciti a colpire anche il palato di uno che per i dolci quasi aveva l’orticaria, come Takumi, era letteralmente un invito a nozze. Doveva assolutamente assaggiarli! E poco gli interessava se fosse palese che il castano stesse tentando di irretirlo con quel breve racconto, pure non gli avesse detto nulla, ma si fosse prodigato solo a confermare la presenza di quei panini zuccherati, probabilmente sarebbe stato altrettanto desideroso di addentarne uno. Non se ne trovavano tante di botteghe che facessero i melonpan in maniera decente a Kiri - quanto meno lui non ne aveva mai trovata nessuna - e quelli che faceva lui non erano minimamente paragonabili a dei veri melonpan, quindi la possibilità di gustarne uno fatto come si deve, gli faceva letteralmente luccicare gli occhi sognante. Quella era veramente un’ottima notizia! Anche se continuava a ritenere bizzarro che Takumi volesse portare proprio lui a colazione fuori. Avrà avuto stuoie di donne che gli sbavavano dietro, vedeva alquanto strano che non ci portasse qualcuna di loro, piuttosto che lui. Non potevano essere tutte come Honoko, la ex di Shi che lavorava al sushi-bar, o Ryōko, la sua di ex, che un bel giorno si era imbarcata e tanti saluti. Insomma, ce ne doveva pure essere qualcuna con un po’ di sale in zucca, eppure il semplice ribattere di Takumi gli fece mettere in discussione qualsiasi idea si fosse fatto. Non c’era malizia in quella domanda, non una frecciatina, non una presa in giro. E seppure lasciasse spazio a mille e più argomentazioni da porre per confutare la tesi, Yu se ne restò stranamente senza parole, ascoltando anche il resto del discorso sul quale davvero il castano non poteva avere più ragione di così. Non erano affari suoi se voleva sperperare denaro per portarlo in giro, e una promessa fatta, era una promessa da mantenere. Era giusto quello che il più grande gli diceva con quel mezzo sorriso, ma questo non cambiava quanto in realtà fosse strano che portasse lui, proprio lui, in un ryokan tanto bello.


« Secondo me ti fai troppi problemi. Vuole portarci te e non una qualche gallina starnazzante che gli zampetta attorno, e allora? Non mi pare ci sia qualcosa di strano: tu porteresti qualcuno di fastidioso a fare colazione con te? Non penso. »
Beh, no, ovvio. Non mi va di rovinarmi le giornate dal mattino di solito.
« E allora non farti domande inutili. Approfittane e basta, senza arrovellarti il cervello su dettagli che non hanno alcuna importanza. »
Mpf..!
« Che c’è da ridere? »
Nulla, solo… “Kurama maestro di vita”, mi mancava.
« Dovresti esserne fiero, sei un privilegiato ragazzo. Consigli gratuiti da qualcuno che ha più anni di esperienza di tutti quelli che conosci messi assieme! »

Lo sbadiglio che Takumi fece in quel brevissimo momento di pausa, fu letteralmente contagioso. Senza rendersene conto, anche Yu si ritrovò a sbadigliare sonoramente, con tanto di lacrimucce ai lati degli occhi, come se tutta la stanchezza provata, una volta ripresi i sensi, fosse tornata di colpo. In effetti, non si poteva dire avesse dormito quella notte e, probabilmente, a breve avrebbe ceduto al sonno per potersi riposare veramente. Se lo meritava d’altronde. Anche Takumi, però, aveva l’aria di uno che aveva dormito davvero poco.
Quella notte, probabilmente non aveva chiuso occhio: a dimostrarlo lo erano quelle note scritte su un pezzo di carta logoro e il fatto che, in un certo senso, lo avesse vegliato, finchè non aveva riaperto gli occhi. Avrebbero dovuto andare a letto entrambi, invece che stare lì fuori come due baka a prendere freddo sul ponte di una nave. Eppure…quanto meno per Yu, la compagnia del castano era più risanante di qualsiasi letto comodo. Anche solo stuzzicarlo un po’, come quando gli aveva chiesto come avesse trovato quel ryokan da favola. Oh, se n’era accorto di averlo colto in flagrante, la faccia di Takumi non nascose nulla. Anche se si riprese in fretta, il Rosso non mancò di allargare il sogghigno furbastro all’appellativo che il compagno gli affibbiò - e non protestò questa volta perché aveva ragione. Non lo stupì poi molto l’aneddoto che gli venne raccontato, in fin dei conti, se era stato malizioso, era proprio perché sospettava un qualcosa di simile, tuttavia fu divertente il modo in cui il castano si spiegò. Perché, sebbene sorridesse furbo, proprio come lo era stato Yu nel porre quella domanda - a cui volendo il più grande avrebbe potuto non rispondere, mandandolo a cagare e a farsi un bel mazzo di affaracci suoi - non cedette all’enfasi. Non si vantò di aver fatto chissà che prodezze, semplicemente ammise di essersi portato a letto al figlia del proprietario. Ammirevole, sicuramente nove conoscenze di Yu su dieci, avrebbero ricamato dettagli inesistenti, lodandosi per l’impresa.


Eeeeh, allora potresti presentarmela quando andiamo là. Fece il Rosso, in realtà senza grande interesse per la cosa, tant’è che forse per “rispetto dei territori altrui” quasi subito aggiunse dell’altro, con più slancio rispetto alla frase precedente. O, chissà, magari ha una sorella!

 
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view post Posted on 20/4/2019, 11:40     +1   -1
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Era davvero tanto difficile capire il perché volesse andare con lui e non con qualcun altro? Avevano attraversato assieme quel sentiero accecante composto da freddi mattoni e mastodontici affreschi dall'inequivocabile ispirazione fanatista scampandola davvero per un pelo, e avevano rischiato di perdersi per sempre. Gli sembrava scontato voler passare ulteriore tempo con lui. Era quasi un modo per legarlo maggiormente a sé, inchiodarlo in una vicendevole dipendenza. Si. Seppure non sapesse darsi un perché, Takumi si sentiva piuttosto legato al rosso. Teneva a lui come non aveva tenuto a nessuno, e pareva rincorrerlo come molti nel corso dei suoi anni al villaggio avevano rincorso e rincorrevano ancora la sua ombra. Non era sfacciato nel farlo (lo faceva in punta di piedi, senza destare sospetti, osservando da lontano), ma aveva bisogno di quei momenti, di quella vicinanza col compagno. Non era colpa sua se ne era stato colpito al punto da essere curioso, da desiderare passare quanto più tempo gli fosse concesso in sua compagnia. E poi era una compagnia assolutamente piacevole. Adorava punzecchiarlo e osservarlo esprimersi in un falso broncio oppure lanciarsi in una pronta risposta, e in un certo qual modo apprezzava anche essere punzecchiato da lui. Era un modo come un altro per vedere quel sorrisetto furbo e quell'espressione pennellarsi sul suo volto assolutamente perfetto. Esattamente come stava succedendo adesso.
Doveva aver visto la sorpresa farsi largo sul suo viso, perché quel suo sguardo verde chiarissimo pareva volerlo incalzare a confessare qualche segreto scottante. Poi non aveva ragione a pensare che quel ragazzo fosse una kitsune! Sorrise con una punta di sarcasmo pennellata sulle labbra, ma si mantenne molto superficiale nel raccontare come fosse venuto a conoscenza del ryokan, molto distante dal coinvolgimento emotivo che quella fatidica notte avrebbe dovuto invece imprimere a fuoco nei suoi ricordi. Non era proprio il tipo da vantarsi delle sue prestazioni sessuali. Trovava la faccenda estremamente triste, squallida finanche. 'Chi si loda, si imbroda.' diceva un detto, senza contare che le parole erano portatrici di menzogne e che i fatti erano quelli che contavano. Raccontarli ai quattro venti non li avrebbe resi reali e non gli avrebbe certo dato nessuna medaglia a valore come uomo, quindi perché farlo? Per apparire uno stupido coglione assetato di complimenti da parte dei suoi simili? No, grazie.

Si sarebbe aspettato di tutto a quel punto, ma non certo quello che provò nell'ascoltare la risposta risposta del rosso. Aveva smosso una corda strana del suo animo, qualcosa che lo paralizzo sul posto, che lo mise in allarme e che si espresse con un'espressione piuttosto tirata atta a mascherare quali pensieri gli stessero passando per la testa.
Non è questo gran che. sentenziò un po' lapidario, mal celando quel piccolo accenno di gelosia che faticava a reprimere. Credete fosse geloso della ragazzina? Oh no. A lui non importava nulla di lei, ne avrebbe potute avere quante ne voleva di belle ragazze con glutei sodi e un bel paio di tette. Era ingelosito del compagno. Pensarlo fra le braccia di qualcun altro gli dava una brutta sensazione, come una stretta fastidiosa allo stomaco. Era successa una cosa simile durante l'esecuzione di quel tale, quando quel bastardo impomatato di uno Yuki aveva rivolto tutte le sue attenzioni su Yūzora. Quella volta era andato via senza dire niente a nessuno, biasimandosi per quella sensazione che adesso pareva maggiormente pressante. Forse era la stanchezza a rendere il tutto più enfatizzato. E' una gatta morta. Non una grande soddisfazione, considerati anche i pochi gemiti trattenuti. s'apprestò ad aggiungere, alleggerendo un po' l'espressione sul suo viso con un plateale 'fare spallucce' e un conseguente sorrisino. Oh desiderava tantissimo che il compagno distogliesse la sua attenzione da quell'argomento e tornasse a concentrarsi su di lui, com'era stato poco prima. Senza nemmeno accorgersene nel vero senso della parola, quindi senza dare peso al gesto inconsapevole, si era fatto più stretto a lui. Fu istintivo, nemmeno dovesse svanire da un momento all'altro o scappare a gambe levate (cosa che sapeva benissimo non sarebbe successa).
Sembrava un gatto a difesa del suo territorio, e dentro la sua anima, nel silenzio, qualcuno accennò un sorrisetto alquanto divertito. Un sorriso contornato da fiamme blu.

 
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In realtà non era che gli interessasse granchè la faccenda della tipa. Non aveva il problema di non riuscire a trovare qualcuno da portarsi a letto, di tanto in tanto, al punto da dover chiedere aiuto ad un amico. Era più che altro una di quelle frasi di circostanza che si finiva per dire, quasi per complimentarsi con l’altro. Poi ovvio, ci fosse stata davvero l’occasione non avrebbe detto di no, ma pure non fosse capitato non era che si sarebbe dispiaciuto poi chissà quanto. Per fortuna non aveva solo la figa in testa. Anzi, a dire il vero, nella sua situazione attuale, era l’ultimo dei suoi pensieri, però quella frase gli era uscita quasi meccanicamente, senza farci troppo caso. Tanto che si aspettava quasi una rimbeccata dello stesso livello da parte del castano che, invece, sembrò prenderlo fin troppo sul serio. Gli parve persino di sentirlo tendersi al suo fianco, come se stesse trattenendo la rabbia, sebbene il suo volto non mostrasse alcun segno della stessa. Ma non era neanche gioviale…boh, era come se quel discorso l’avesse, in qualche modo, allarmato.
Le parole aspre che seguirono, non fecero altro che confermare la cosa. Per quanto Takumi avesse cercato di nascondere quell’impeto di gelosia, la cosa non sfuggì a Yu che, quanto meno un po’, aveva imparato a conoscerlo. D’altronde era passato dal definire la figlia del proprietario del ryokan “una tipa carina” a “non un granché” e “una gatta morta”. Insomma, c’era una bella differenza! Probabilmente l’aveva preso troppo sul serio e lo stava in qualche modo avvertendo di non farla fuori dal vaso o qualcosa di simile. Strano però…non aveva dato l’idea di tenerci poi così tanto a quella ragazza, se non per gli sconti che gli garantiva, quindi il Rosso proprio non si aspettava quella reazione. Seppure alleggerita da un sorrisino tirato ed un fare spallucce indifferente, sembrava proprio che la faccenda l’avesse in qualche modo scosso. E sarebbe stato tutto anche abbastanza normale se solo il più grande, totalmente in contrasto con quello che le sue parole sembravano voler intimare, non si fosse avvicinato ulteriormente a Yu, stringendosi di più sotto la coperta. Il calore del corpo febbricitante dell’amico si fece sentire subito. Un tepore piacevole, accogliente, che gli dava una sensazione familiare e confortevole. Non era fastidioso, anzi, se non fosse sembrato “strano”, il Rosso si sarebbe avvicinato ancora un po’, per poter godere di quel calduccio che contrastava completamente col gelo notturno. Era un po’ come avere uno scaldino sotto le coperte. Dava quel gradevole senso di sicurezza che si potrebbe avere solo quando ci si stende sotto le coltri del proprio letto. Gli aveva quasi fatto scordare il discorso precedente e quanto quel gesto dell’amico contrastasse con quanto pensato a riguardo da Yu. Se era geloso della ragazza, che senso aveva che si avvicinasse a lui in quella maniera? Magari erano solo due discorsi scollegati, magari non era da ricercarsi un legame tra le due cose. In fin dei conti poteva essere che Takumi avesse solo avuto un brivido di freddo. Aveva la febbre, no?


« Non penso sia per quello, se posso dare una mia opinione. »
E allora per cosa dovrebbe essere, secondo te?
« Questa è una cosa a cui devi arrivare da solo. »
Eeeeh? Così non vale! Butti il sasso e poi nascondi la man…la zampa!

Si voltò ad osservare il compagno. Non aveva aggiunto altro dopo quelle parole lapidarie e ben poco gentili nei confronti della ragazza. Se n’era rimasto in un silenzio quasi immusonito, tanto che il Rosso avrebbe potuto pensare ce l’avesse con lui se solo non ci fosse stato quell’avvicinamento. Freddo o non freddo, lui non si sarebbe stretto a qualcuno con cui era arrabbiato. E boh, non sapeva nemmeno lui perché gli fosse venuto da sorridere. Però ad osservare l’amico farglisi più vicino, come un gatto, quel tirarsi di labbra era nato in maniera del tutto naturale. Così come naturale fu la carezza che poso sulla nuca di Takumi, passando da sotto la coperta, quasi volesse riscaldarlo.

Che c’è? Chiese a bassa voce, come se temesse di disturbarlo. Hai freddo? Una domanda scontata, fatta forse più per rompere quell’imbarazzato stallo che altro, prima che il Rosso volgesse gli occhi alle stelle ridacchiando. Sai, non importa se quella tipa è una gatta morta, non era mia intenzione invadere i tuoi spazi. E poi, tanto, quel giorno avrò ben altro a cui pensare, giusto? Ponendo quell’ultimo interrogativo, tornò a guardare l’amico, sogghignando, mentre si pregustava tutte le delizie promesse e una mattinata in buona compagnia in un posto che aveva tutta l’aria di essere spettacolare. Sarebbe stato un altro ricordo, un nuovo tassello che avrebbe aiutato a sedimentare le memorie legate a Takumi, una sicurezza in più circa il dimenticare nuovamente una persona che per lui era diventata davvero importante. Ora che ci pensava, non era che sapesse poi chissà cosa del castano. Aveva qualche nozione, qualche cosa che aveva intuito passando il tempo con lui, vedendo la sua casa, ma nulla di più. Ti va di raccontarmi qualcosa? Chiese allora di punto in bianco, con aria giocosa. Non serve per forza che sia qualcosa di personale, puoi anche inventartela di sana pianta. D’altronde anche dalle storie puramente immaginarie si riusciva a carpire qualche dettaglio. Anche se in realtà Yu sperava in un racconto più diretto, ma non volendo forzare il castano, aveva preferito aggiungere quella postilla. Chissà, magari raccontando o sentendo parlare lui dopo - perché era sicuro che se avesse accettato, l’avrebbe fatto solo se avesse ricevuto in cambio la stessa moneta - sarebbe riuscito a chiudere quegli occhi rossi e assonnati. Allora, che dici?

 
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view post Posted on 3/5/2019, 17:53     +1   -1
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Non sapeva ancora dare una spiegazione logica a quello che stava provando al solo pensarlo fra le braccia di quella donna, ma sapeva sicuramente cosa stava provando. Era fastidio. Aveva capito che quella del rosso era stata solamente una frase di circostanza, un semplice voler punzecchiare su un argomento che avrebbe potuto essere potenzialmente imbarazzante.. anche se la sua reazione era stata ben diversa da quella si aspettavano entrambi. Aveva sentito come una becera sensazione d'allarme dal momento in cui aveva sentito quelle parole scivolare dalla bocca del rosso; un alquanto infantile moto di gelosia che l'aveva portato a rovesciare le carte in tavola, a preservare quello che riteneva essere importante e a cercare di distogliere l'attenzione dal superfluo. Da compagna di una notte primaverile, quella ragazza era divenuta in un battibaleno un ostacolo, un'intrusa. Si. Era proprio così. Per questo si era avvicinato al rosso senza pensare effettivamente di volerlo fare, in un patetico riflesso dei suoi timori. Era lui che stava cercando di preservare e non certo quella ragazzetta. Lei non era importante e non lo era mai stata. Lui si.
A quel punto fu Yūzora a compiere il passo successivo, più che sufficiente a far sciogliere il broncio celato dietro al sorrisetto del castano. Sentì un brivido corrergli dalla nuca sulla quale il compagno aveva posato una carezza sino alla spina dorsale, un formicolio piacevole, e subito la tensione del suo corpo venne meno. Socchiuse gli occhi languido, godendosi quell'attimo esattamente come un gatto che riceve una dolcezza improvvisa. Avesse potuto strusciarsi l'avrebbe fatto volentieri e sperava vivamente che quel tocco non venisse meno, che quel momento non terminasse mai.
Si.. ho freddo.. confermò in un sospiro decisamente appagato, simulando poi un sorrisetto sornione che la diceva davvero lunga su quanto stesse mentendo. Sentirgli poi dire che non gli importava nulla della figlia del proprietario del ryokan e che quel giorno aveva ben altro a cui pensare fu un sollievo, come se magicamente quell'opprimente sensazione che l'aveva colto fosse scomparsa. Anche se non aveva evidentemente compreso il motivo di quel suo comportamento. Avrebbe voluto dirglielo che non era certo per quello che aveva reagito in quel modo e che anzi avrebbe voluto un'invasione da parte sua dei suoi spazi, ma non disse nulla e si limitò a rispondere alla domanda retorica con un semplice Corretto. accompagnato dallo sbuffo di una mezza risata, mentre con lo sguardo smeraldino andava cercandolo per poterlo osservare in viso. Se ci avesse rimesso davvero la pelle a Fukagizu, quel momento sarebbe stato quanto di maggiormente vicino al paradiso il castano potesse agognare.

Rimase un momento interdetto alla successiva richiesta del compagno, tanto semplice quanto dannatamente difficile da soddisfare. Raccontare qualcosa, anche inventata: un tentativo come un altro di entrare (seppure in punta di piedi) all'interno della sua sfera personale, sicuramente.
Qualcosa dici.. riprese per temporeggiare. Aveva un certo riserbo a mettersi a nudo con le persone, a parlare del suo passato e a far cadere quell'alone di mistero che spesso lo ammantava. E non soltanto perché del suo passato aveva quasi esclusivamente ricordi poco o per nulla piacevoli. E' che non voleva essere compatito, non voleva essere un povero martire agli occhi della gente e non voleva elemosine.
S'espresse in un piccolo sbuffo che voleva essere principio di una mesta risata, quindi prese coraggio, dopo interminabili secondi di silenzio.
Sono arrivato a Kiri nel 238 DN, avevo una decina d'anni. prese a dire, consentendo al rosso di avere accesso a parte del suo passato senza preoccuparsi troppo delle eventuali conseguenze di quella sua scelta. Come comitato di benvenuto sono subito stato buttato in un riformatorio, come la peggior feccia raccolta dalla strada. Ho conosciuto tanti di quei disadattati dal fare gradasso che se ci penso mi vien da sorridere. continuò, inclinando appena la testa di lato e chiudendo gli occhi. Cominciava ad avvertire una certa stanchezza, tanto che trattenne uno sbadiglio al meglio che poteva. E' stata dura li dentro. Siamo stati allevati come dei soldati, trattati come ragazzini a cui servono le maniere forti per rigare dritto. E ovviamente fra di noi valeva la regola del più forte, quindi puoi immaginare. e tacque, lasciandogli qualche secondo per immaginarsi l'ambiente. C'erano regole ferree la dentro, per non parlare del cibo a mala pena commestibile e un letto. Non esisteva solidarietà ma bullismo nudo e crudo, specie nei confronti dei nuovi arrivati che osavano alzare il capo troppo presto e senza merito. Un posto decisamente poco consono a uno come lui, a tal punto che pareva davvero si stesse inventando un sacco di fandonie. Fortunatamente sono sempre riuscito con l'astuzia a districarmi nel pantano, riuscendo a creare le mie regole e un certo clima di terrore nei miei confronti che mi permettesse di non essere preso di mira. Ma non sempre andava così, e allora si ricominciava con la battaglia a chi ce l'aveva più duro. Cose così. e sorrise al ricordo di quanto fosse disagiato quell'ambiente, di quanto fossero fragili le menti di quei ragazzetti e di quanta crudeltà un bambino potesse essere capace. Erano davvero una mandria di gran bei figli di buona madre li dentro. Uno peggiore dell'altro. Ma non era per niente pentito di quel momento della sua vita. Raccontava con disinteresse, quasi quello che avesse passato fosse roba di poco conto; e in effetti lo era, dopo quanto aveva passato durante i suoi primi dieci anni. In confronto quello che aveva passato al riformatorio era un piccolo paradiso di insulti e cazzotti.

E tu? Cosa mi racconti? chiese quindi di punto in bianco dopo qualche istante di silenzio, troncando il discorso sul suo passato e aspettandosi che anche il rosso avesse qualcosa da voler condividere con lui.

 
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view post Posted on 5/5/2019, 14:21     +1   -1
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A dire il vero, quella richiesta poteva essere a doppio taglio. Perché, insomma, se poi Takumi avesse chiesto a lui di raccontargli qualcosa, che avrebbe potuto tirare fuori? Di quando ancora abitava nel quartiere Hōzuki? Di quando era un moccioso senza spina dorsale che credeva d’essere un rifiuto, perché glielo avevano inculcato letteralmente in testa? Di quando era stato fautore della separazione della sua famiglia ed era stato mandato all’Hikisaku? Di sicuro non sarebbe andato a raccontargli delle missioni svolte per conto del Villaggio…o di Kurama, quindi che avrebbe potuto sciorinare? Tutto quello che poteva dirgli faceva parte di un passato patetico che, francamente, non era molto felice di condividere. Non voleva essere giudicato da lui, non per quelle vecchie storie che appartenevano ad uno Yu ben diverso da quello che era ora. Anche se, in fin dei conti, forse Takumi non l’avrebbe fatto. Con quel sogno si era dovuto ricredere, no? Pensava che l’avrebbe preso in giro e, invece, il castano aveva affrontato l’argomento in maniera del tutto diversa da come il Rosso si era immaginato. Riuscendo a non farlo sentire esageratamente idiota nel rivelare quell’incubo. Quindi, magari, avrebbe fatto la stessa cosa anche qualora gli avesse rivelato dei dettagli sul suo passato, chissà. Ci avrebbe pensato a tempo debito, d’altronde Takumi ancora non aveva nemmeno accettato di parlare a propria volta, poteva pure essere che non ci sarebbe stato alcuno scambio di racconti. Inutile fasciarsi la testa in anticipo! Piuttosto preferì godersi quel primo momento di silenzio in cui avvertì chiaramente il corpo del più grande rilassarsi sotto al suo tocco. Fu proprio come se si fosse sciolto sotto la sua mano posata sulla nuca, la tensione dei nervi scivolò via e lo stesso volto mostrò quel rilassamento inaspettato, assottigliando gli occhi come un gatto.
Sembrava che, senza volerlo, avesse trovato un punto debole del più grande e diciamo che ne approfittò un po’. Conscio che Takumi avesse un reale bisogno di riposare, tenne la mano sulla sua nuca, muovendo appena il pollice, strappandogli quel sospiro appagato accompagnato dalle parole più false che avrebbe potuto sentire.
Sogghignò, mentre Kurama sbuffava scocciato.


« Sì, certo. Freddo. Ha il corpo che a momenti brucia e dice che ha freddo. » Un basso ringhio infastidito, riempì la mente di Yu, prima che la Volpe aggiungesse qualche altra parola sbuffando la rabbia. « Che razza di ruffiano. »

Ridacchiò Yu, in coincidenza sia con l’affermazione dell’amico, sia col moto irritato di Kurama, rivolgendo quindi a Takumi un Bugiardo…, simile a quelli che lui aveva detto al demone e che Kai aveva rivolto a lui stesso. Ma non levò la mano, la lasciò dove stava, nonostante fosse cosciente che non ci fosse un reale bisogno fisico di quell’attenzione da parte sua. D’altronde, se almeno aiutava il più grande a rilassarsi, era comunque qualcosa di utile.
La fece scivolare via, solamente quando il castano accettò di parlare. Di raccontare. Cosa, Yu non ne aveva idea e probabilmente nemmeno Takumi, perchè rimase diversi lunghi istanti in un silenzio incerto, come se temporeggiasse, insicuro su cosa dire e se dirlo. Fino a quando, alla fine, con una risata che sembrava una presa in giro verso sé stesso, presce a sciorinare parole su parole. Il Rosso iniziava ad avvertire la pesantezza delle membra causata dal sonno che stava tornando a bussare alla sua porta, ma non si fece distrarre. Mantenne alta l’attenzione, scoprendo qualche dettaglio di Takumi che non conosceva. Ad esempio che lui non era originario di Kiri - veniva da fuori, chissà da dove e chissà perché le sue gambe lo avevano portato alla Nebbia - e che una volta lì era stato mandato in riformatorio. Ne aveva sentito parlare il Rosso di quei posti. Non erano dissimili dagli orfanotrofi, ma le regole erano sicuramente più ferree, in quanto generalmente ci mandavano quei ragazzini che andavano “raddrizzati” più che quelli rimasti senza famiglia. Era strano avessero mandato lì il castano, non capiva in base a cosa non avessero scelto di affidarlo a uno dei tanti orfanotrofi del Villaggio. Spesso, mentre il più grande raccontava con disinteresse, le sue parole rievocarono in Yu immagini da lui stesso vissute. I bulli, i piccoli gruppetti rivali che si andavano a formare inevitabilmente in quegli ambienti, le corse pazze per andare a mangiare perché non ce n’era mai abbastanza per tutti, le risse. Tuttavia, al contrario suo, Takumi era uno di quelli che aveva adottato la tattica di creare il terrore attorno a sé, lui invece…lui era disposto a farsi ammazzare purché alla sua famiglia non fosse torto un capello. Un modo di fare stupido e crudele, soprattutto per chi restava. Perché quello non era il modo corretto per proteggere chi amava. Era solo la maniera egoistica con cui voleva farselo credere. La maniera egoistica con cui poteva agire una persona che aveva accettato di essere un rifiuto. Strinse i pugni, irrigidendosi schifato a quei ricordi, venendo richiamato alla realtà proprio dal castano che pose quella domanda che Yu, in fondo, si aspettava, ma a cui non sapeva bene cosa rispondere, non volendo apparire un verme agli occhi del più grande.


Io? Mmmh… Tentò di prendere qualche secondo di tempo, riordinando le idee confuse, alterate, rovistando per trovare qualcosa che valesse la pena dire e che non fosse una copia carbone di ciò che il compagno aveva appena detto. La Direttrice del primo orfanotrofio in cui stavo, la chiamavamo Ōkami-san, perché aveva gli occhi grigi di un lupo. Iniziò prendendola larga, utilizzando la Direttrice come appiglio di partenza…lei che, in fin dei conti, era stata la figura più lungimirante di quel periodo. Avevo l’impressione che lei riuscisse a leggermi dentro, a capire cose su di me prima ancora che le capissi io. Un giorno, dopo l’ennesima rissa, ero stato mandato nel suo ufficio…e lì lei si avvicinò e mi chiese una cosa che ancora ricordo tutt’oggi. Mi disse “Senti Yu…ma tu dove sei?” e io ovviamente non capii cosa diavolo volesse che le rispondessi. Rise, ma la risata era venata di tristezza e amarezza. Stava arrivando al punto. Probabilmente lo avrebbe solo sfiorato, non gli andava molto di parlarne, se ne vergognava da morire, e non aveva la benchè minima idea di come, alla fine, avesse preso coraggio e deciso di fidarsi del castano per raccontargli una cosa simile. Insomma, io ero lì no? Proprio davanti a lei, in carne ed ossa, poteva farmi una domanda meno stupida quell’adulta? Pensavo più o meno questo, ma Ōkami-san era tutto meno che stupida. Lei aveva capito tutto e soffriva molto più di me nel vedermi gettare via così. Gli adulti la chiamavano tendenza masochistica all’autodistruzione, io la chiamo idiozia di un debole, ma a quel tempo non lo capivo. Ero solo un Hōzuki mal riuscito, un rifiuto che non aveva alcun diritto di vivere come meglio credeva. Aveva la testa bassa, guardava le mani strette a pugno, teso, mentre quelle parole scivolavano fuori con fatica, ma pregne di un disgusto che non era difficile da percepire. Ōkami-san aveva ragione: io non ero veramente lì. Ero talmente lontano che c’è voluto davvero uno scossone per farmi capire quanto tutto ciò che stavo facendo fosse squallido. Rialzò la testa, e stavolta c’era un sorriso pallido sul sui viso. Non c’erano solo brutti ricordi in quel vecchio orfanotrofio fatiscente. Per fortuna non ero da solo. C’erano delle persone che mi volevano bene lì dentro. Loro dicevano che eravamo una famiglia e, nonostante tutto, siamo riusciti a cavarcela in quell’ambiente che non era molto diverso da quello dove sei stato tu. Uno di loro è riuscito pure a ripescarmi da dove mi ero nascosto, riportandomi a galla con un’ira talmente bruciante che non avresti mai detto si trattasse di uno Yuki. Rise. E per fortuna direi, no? Fu come togliersi un grosso peso dallo stomaco, mentre parlava, lentamente acquisiva più sicurezza - tanto ormai ci era dentro fino al collo - esponendo tutto, a grandi linee. Non voleva essere commiserato da Takumi, non voleva nemmeno che provasse pena per lui…in cuor suo sperava che odiasse quello Yu debole, tanto quanto lo detestava lui e che non lo giudicasse per quel passato, che non puntasse il dito, che non pensasse fosse ancora come il vecchio sé. Fu quasi con l’intento di distogliere l’attenzione dalle sue parole che, di punto in bianco, si fece perplesso. Senti, secondo te…in base a cosa decidono di mandare un ragazzino in orfanotrofio piuttosto che in riformatorio?

 
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view post Posted on 13/5/2019, 21:04     +1   -1
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Condividere qualcosa con un'altra persona, che sia una passione comune o un sentimento, era un rischio che aveva deciso a sue spese di non correre più. Sin da quando era soltanto un bambino avevano abusato delle sue passioni per il semplice gusto di schernirlo, sminuirlo e piegarlo. Passare intere giornate a scarabocchiare su un quaderno per poi tornare a casa dai genitori a mostrare il risultato di tanto impegno era roba da bambine, un qualcosa di squallido; così come squallido e riprovevole era qualsiasi cosa facesse. Era sempre l'ultima ruota del carro, qualsiasi cosa facesse: un cucciolo d'uomo dal sangue demoniaco accantonato in una sterile teca, costretto a crescere nella solitudine di un amore mai veramente esistito. Persino provare un sentimento per qualcun altro che non fosse se stesso, o per la musica, o per il disegno a cui tanto era attaccato, aveva finito quasi per ucciderlo. Aveva deciso per questo di non sbottonarsi troppo nel raccontare chi fosse, da dove venisse e quale fosse il suo vissuto. Eppure pur mostrando un ostentato disinteresse, accennando poco o nulla delle sensazioni che quelle parole suscitavano in lui (quasi che quella narrazione non lo riguardasse affatto), esporre parte del suo passato al rosso non era stato terribile. Sentiva di potersi fidare di quel ragazzo; avvertiva quasi un bisogno nel farsi conoscere, di mostrargli chi fosse. Ma pur provando questa inspiegabile sensazione nei suoi confronti aveva anche timore che mostrargli chi fosse veramente l'avrebbe portato ad allontanarsi irreparabilmente, a disprezzarlo. Per questo aveva omesso tutto quanto successo prima del suo arrivo a Kiri. Cominciare a raccontar di sé con un "ho bruciato casa mia con dentro tutta la mia famiglia" non è certo un modo ottimale per guadagnare la simpatia di qualcuno, dopotutto. Anzi.

Quando la patata bollente passò dalle sue mani a quelle del compagno al suo fianco, che pareva aver ascoltato con molta attenzione le sue parole ma aveva preferito non commentarle (forse per non metterlo in una situazione di disagio nel dover rivangare ancora quel torbido passato), anche il rosso ebbe un momento di titubanza. Cominciò il suo racconto prendendolo molto alla larga, partendo dalla presentazione di una direttrice d'orfanotrofio, una certa Ōkami-san come usavano chiamarla i bambini, e facendogli intuire quello che aveva già praticamente intuito con una stupida gaffe: nessun genitore, vissuto in un orfanotrofio. Non sapeva esattamente che tipo di differenze ci fossero fra un riformatorio e un orfanotrofio, se non l'impronta aspra e militare del primo rispetto al secondo. Nel suo immaginario la seconda struttura era un piccolo rifugio per cuccioli dispersi, una sorta di seconda famiglia se vogliamo. Ne aveva una visione più rosea rispetto all'istituto in cui aveva vissuto buona parte della sua adolescenza e forse in parte lo era, ma l'attenzione sui piccoli dettagli di quella narrazione personale non sarebbero stati trascurati. Specialmente se si trattava delle esperienze di quel ragazzo, del quale aveva davvero il bisogno di sapere tutto.
Silenzioso ed estremamente attento lo osservò per tutto il tempo col suo sguardo smeraldino, cogliendo ogni sfumatura d'emozione che passava sul suo viso o si mostrava attraverso le reazioni del suo corpo a certe argomenti. E sentire le sue parole gli fece male, un male sordo e totalmente inspiegabile che pareva rifrangersi persino nell'anima. Ecco cosa voleva intendere quando aveva amaramente espresso di essere un Hōzuki malriuscito, ed ecco perché la cosa lo gettava costantemente in un'angoscia che difficilmente avrebbe del tutto dimenticato. Lo capiva. Comprendeva dannatamente bene come dovesse sentirsi Yūzora nel rivangare certe cose.
Sorrise distogliendo appena per qualche attimo lo sguardo alla prima domanda, di un sorriso tiepido. Non aveva intenzione di commentare quel racconto, poiché non voleva metterlo a disagio più di quanto già non avesse fatto nell'invitarlo a dirgli qualcosa, a renderlo partecipe. La risposta a quel quesito fu un laconico
Già.., accompagnato da un più eloquente posarsi della mano sulla sua spalla, un po' come se volesse suggerirgli tacitamente che adesso non aveva più nulla da temere, che quel dolore era passato e che se si fosse ripresentato ci sarebbe stato lui ad alleviarlo, anche nel rispettoso silenzio che stava mostrandogli. Non era compassione, affatto. Non doveva compatire niente e nessuno, perché nemmeno lui voleva essere compatito e non avrebbe riservato lo stesso la trattamento alla persona che gli stava accanto. Era soltanto un semplice modo di dirgli 'rilassati, andiamo avanti, io sono qui'. E non gli importava se avesse osato tanto nell'avvicinarlo ancora di più a sé, con quella stretta amichevole.

Non possiamo modificare il passato, in alcun modo. E non possiamo rinnegarlo. Ci ha resi quelli che siamo oggi.

Dovette pensare, quasi ridendo di se stesso per quell'affermazione tanto filosofica quanto tremendamente palliativa di un qualcosa che nemmeno adesso riusciva ad accettare. Avesse potuto cancellare il suo passato l'avrebbe fatto più che volentieri, e mai avrebbe accettato di essere trattato come era stato trattato. Ma a distoglierlo da quel lampo di collera montante e da quel piccolo sorrisetto di scherno che si era pennellato sulle sue labbra fu la seconda domanda del rosso, una domanda che per un momento lo lasciò interdetto e che lo costrinse a guardarlo negli occhi, quasi potesse trovarvi una risposta soddisfacente. Non saprei.. prese a rispondere, un po' perplesso e pensieroso a riguardo, aggiungendo presto dell'altro per completare una supposizione che tale rimaneva e che si avvicinava molto alla sua visione personale e generale delle cose. ..forse è questione di carattere, e di provenienza. Sai, ho sempre pensato che gli orfanotrofi, pur con le dovute complicazioni presenti in ogni ambito giovanile, fossero più una seconda casa, un'opportunità di essere felici di nuovo. D'altro canto il riformatorio è una prigione, un covo di delinquenti da raddrizzare a suon di botte e duro lavoro. Un posto dove, vuoi o non vuoi, riescono a piegarti, a lobotomizzarti il cervello, inculcandoti una disciplina e una devozione che non ti appartengono. continuò, ma verità era che non lo sapeva. Con lui la disciplina che impartivano in quel posto aveva funzionato soltanto in parte, e non certo per volere altrui. Aveva deciso di sua sponte di servire la Nebbia che l'aveva accolto e buttato in quel letamaio di sudore e sangue, poiché pur con tutte le difficoltà del caso non poteva mai essere peggio di casa sua. Per questo io sono stato sbattuto in un riformatorio, e tu in un orfanotrofio. Volevano dare a te la possibilità di avere un'altra casa, di essere felice.. e a me di crescere come un randagio addestrato al servizio di Kiri. E a pensarci bene ero davvero un randagio; mangiavo bacche, lucertole.. ed ero pelle e ossa, ostile. Non devo aver fatto una buona impressione ai piani alti. e se la rise per sdrammatizzare.

 
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view post Posted on 18/5/2019, 14:27     +1   -1
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« Allora lo sa quando deve tenere la bocca chiusa! »

Quasi ringhiò la Volpe, rendendosi conto che effettivamente la lingua lunga di Takumi colpiva solo quando il padrone voleva colpire. Perché, contrariamente a come aveva fatto con lui al tempio, di fronte al discorso di Yu, il castano non aveva quasi aperto bocca. Se n’era rimasto in un silenzio attento per tutto il tempo, ascoltando il racconto per intero, divorando ogni parola e, il Rosso ne era certo pur non avendolo quasi guardato, seguendo ogni sua reazione visibile o invisibile che fosse. Non faticava proprio ad immaginarsi gli occhi verdi del più grande fissi su di sé, con quell’intensità che da sempre gli aveva mostrato e che solamente nell’incubo di Kurama gli era stata sottratta. Se lo immaginava proprio, seduto lì come un gatto, con lo sguardo attento posato su di lui, registrando ogni movimento, ogni cambiamento nella sua espressione e ogni suo minimo gesto. E, in un certo senso, quegli occhi erano stati quasi un incoraggiamento a continuare, a buttare fuori quel rospo amaro incastrato in gola. Perché di questo si trattava, di qualcosa che intorbidiva l’acqua cheta che dimorava in Yu. Sedimenti ormai finiti sul fondo, ma che se smossi sporcavano nuovamente tutto, agitandosi nell’acqua, insudiciandola, rubando la trasparenza che di solito aveva. La sua ferita. La sua oscurità. Il suo dolore. Questo aveva messo sul piatto di quel racconto. In maniera del tutto velata e appena accennata…senza entrare nei particolari di quando viveva ancora nel quartiere Hōzuki, senza specificare nulla su suo padre o sua madre. Non gli andava di fare la lagna, tanto meno di appesantire troppo quella che era nata come una richiesta innocente, che non pensava sarebbe andata a parare così in profondità. D’altronde, era certo che Takumi avesse capito da sé. Il silenzio rispettoso con cui l’accolse fu una conferma più che evidente, rotto solamente da un lieve sorriso e da quel “già” che, anche così, diceva più di qualsiasi gran discorso avesse potuto fare. Ma sapete cosa fu ancora più eloquente? Quella mano che andò a posarsi sulla sua spalla, cingendogli le spalle.
C’era calore in quel gesto, sia morale che fisico. E per quanto inizialmente ne fu un po’ stupito, presto il suo corpo si rilassò in quella che definì una piccola coccola. Avvicinatosi ulteriormente all’amico, ora il suo odore era più nitido che mai e così il calore emanato dal suo corpo. Una temperatura confortante in quel gelo notturno - per quanto non fosse per nulla normale - che lo avvolgeva come la coperta che copriva entrambi, ma con effetti decisamente migliori. Era bello in fin dei conti…quella mano sembrava voler suggerire un “tranquillo, io ci sono”, e tra quella sensazione e il piacevole miscuglio del profumo di Takumi col calore emesso dal suo corpo, Yu si rasserenò poco a poco. I muscoli si allentarono, le spalle si rilassarono e piegò leggermente la testa indietro, usando l’avanbraccio del compagno come quei cuscini cilindrici - e solitamente non troppo comodi - che a volte vengono usati per alleviare alcune patologie.


« Eeeeeeh…sei un ruffiano pure tu. Allora è proprio vero che chi si somiglia, si piglia. »
Non è vero. Punto sull’orgoglio, mentì spudoratamene con l’unico a cui non poteva farlo, per poi aggiungere quel pelo di verità che bastava. E’ solo che questo calduccio è…piacevole.
Kurama sogghignò. « Ah si, eh? »

Un sospiro appagato, fatto ad occhi chiusi, mentre un sorriso soddisfatto faceva capolino sul viso del Rosso, scacciando i residui dell’angoscia di poco prima, seguito dall’ovvio sbadiglio causato da quel distendersi. Era davvero stanco, e probabilmente si sarebbe perso via da lì a qualche minuto se non avesse posto quella domanda a Takumi. La voce del castano che iniziava a rispondere, gli fece socchiudere gli occhi e voltare il capo nella sua direzione, guadagnandosi attimo dopo attimo un po’ d’attenzione in più, palesata dall’alzarsi progressivo delle palpebre sulle iridi chiare. Se l’era sempre chiesto in fin dei conti: a parte i casi evidenti, cosa definiva se si doveva finire in orfanotrofio o in riformatorio? Il carattere? L’attitudine? Non ne aveva proprio idea e, a quanto pareva, nemmeno il castano. Però ci provò ugualmente a dargli una risposta, ragionando su cosa sapeva e sulla propria esperienza personale per trarre delle conclusioni che potevano essere corrette come anche no. A suo modo di vedere, gli orfanotrofi erano quanto più si avvicinava ad una seconda casa, una seconda opportunità, invece i riformatori erano più una specie di prigione in cui ragazzini con caratteri distorti venivano raddrizzati a forza. Di conseguenza, secondo questo ragionamento, a Yu avevano voluto dare una seconda occasione di avere una casa ed essere felice, mentre, non sapendo cosa fare d’un randagio come era lui, avevano ben pensato di renderlo quanto meno un soldato tra le righe di Kiri. Una visione talmente romantica della cosa che, alla risata del castano che derideva come si fosse presentato al Villaggio la prima volta, seguì quella del Rosso.

Hai una considerazione fin troppo alta del modo di ragionare degli adulti. Rise, non credendo affatto che i piani alti si fossero sprecati in una riflessione così profonda nel prendere quella decisione. Se davvero avessero avuto a cuore le sorti dei ragazzini della Nebbia, gli orfanotrofi non sarebbero stati così stracolmi da scoppiare, né tanto meno talmente fatiscenti da dare l’idea di poter cadere a pezzi da un giorno all’altro. Inoltre, accettare quella verità avrebbe significato che a lui era stata data la possibilità di scegliere cosa diventare, mentre a Takumi no. E la cosa non gli piaceva. Non aveva un senso…neanche si fossero messi a decidere la cosa tirando i dadi. Sai… Dopo qualche istante in cui riprese fiato da quella risata, riprese parola, cambiando discorso, ma attaccandosi alle ultime parole dell’amico. Quando ci siamo incontrati la prima volta, nel parco, ho pensato che tu fossi il discendente di una famiglia benestante. Ridacchiò, tirandosi un po’ su, cercando di riprendere una posizione più composta. Eri ben vestito, a volte ti sfuggiva qualche parola che ti faceva sembrare un dizionario stampato…Non ho mai pensato nemmeno per un momento che non fossi originario di Kiri, tanto meno che fossi arrivato qui come un randagio. Direi che sei migliorato parecchio da allora, eh? Sogghignò, cercando di immaginarsi un Takumi ragazzino, pelle e ossa, vestito di stracci, coi capelli sporchi e arruffati e selvatico come un animale. Tranne nel cibo. Non saranno più bacche e lucertole, ma continui a mangiare come un uccellino. Uno sbadiglio gli chiuse la gola, costringendolo a farlo uscire prepotentemente mentre si stiracchiava. Chissà come sarebbe andata se il vecchio me e il vecchio te si fossero incontrati prima…

 
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view post Posted on 24/5/2019, 18:26     +1   -1
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Assistere al rilassamento da parte del compagno, avvolto sentitamente da quel suo braccio, fu quasi come ricevere un sorriso sincero per il castano, che tutto si sarebbe aspettato tranne che un maggiore avvicinamento e un accoccolarsi della nuca su di esso, accompagnato da uno sbadiglio contagioso che lunga la diceva sul suo stato di stanchezza. Anche lui era ovviamente provato da quella notte insonne e, mentre ammirava silenzioso quei suoi lineamenti assolutamente perfetti che avevano scosso il suo estro artistico e avevano stregato il suo sguardo, non poté che soffocare a sua volta uno sbadiglio, stringendo appena gli occhi e impedendo alla mascella di spalancarsi in maniera volgare, prima di soffiar fuori con un sospiro uno sbuffo d'aria dalle labbra. Entrambi erano davvero arrivati al capolinea, eppure la loro attenzione reciproca era rimasta immutata. Mentre emetteva fiato per rispondere alle sue domande, sentiva Yūzora farsi più attento, sollevare le palpebre che per un momento avevano donato ristoro agli occhi stanchi e partecipare alla conversazione nella maniera che si confaceva. E lo stesso valeva per lui. Non voleva perdersi un solo attimo di quella sera sotto il cielo stellato, passata in mare aperto insieme alla persona che maggiormente aveva avuto timore di perdere in quel dannato tempio di luce. Non sapeva nemmeno lui dare una soluzione al perché tenesse così tanto a quel ragazzino, pur avendo con lui condiviso ben poco rispetto a tanti altri. Sentiva di esserne attratto come una falena in cerca di una scia luminosa da seguire nell'oscurità e ne era incuriosito come un gatto che osserva un movimento repentino di un riflesso nell'acqua, ma non ne capiva ancora il perché. Perché provava un senso di protezione nei suoi confronti, e non in quelli di Eichiro? Eppure Eichiro lo conosceva da ben più tempo e aveva passato con lui davvero momenti pessimi così come anche momenti che, nella loro pur non rosea condizione in riformatorio, potevano definire significativi. Perché aveva paura di perderlo? Aveva perso così tante persone lungo la strada che oramai avrebbe dovuto esserne abituato; dopotutto il mondo era pieno di persone e scomparsa una ne avrebbe presto rimpiazzato il posto con un'altra. Ma l'unica risposta che sapeva dargli il suo io era 'non esiste nessun altro Yūzora, se lo perdi non rivedrai mai più la luce'. E quel pensiero, solo quel pensiero, faceva male. Scosse appena il capo. Erano deliri dovuti alla stanchezza, senza ombra di dubbio.

Ridacchiò assieme a lui il rosso, all'ammissione di come era effettivamente giunto in quel di Kiri e giudicato secondo i loro diretti superiori un 'randagio da mettere subito nella carreggiata giusta'. Era vero che aveva avuto una troppo alta considerazione degli spiccioli ragionamenti di coloro i quali decidevano le sorti di semplici bambini con quel suo discorso, e probabilmente quelle stesse decisioni erano prese con estremo disinteresse verso la persona coinvolta. Possibilmente c'erano gli orfanotrofi al collasso quel giorno, o forse il destino aveva tirato un dado e decretato il loro smistamento senza tener conto del loro futuro, delle loro attitudini e dei loro desideri. Li avevano semplicemente collocati come meglio conveniva in quel frangente, e se fossero morti tanto meglio. Nessuno avrebbe pianto per loro, a nessuno sarebbero mancati. Un'amara quanto veritiera visione devi fatti, considerato che il suo era un parere personale e non un discernimento della psiche di chi quel giorno aveva scelto che sarebbe stato rinchiuso in un riformatorio e non gettato nell'oceano come pasto per gli squali o lasciato nella foresta a morire lentamente di fame e freddo.


..a quest'ora chissà cosa ne sarebbe stato di me, se quel giorno non mi avessero trovato e non avessero avuto quel briciolo di pietà nei confronti di un bambino affamato e sporco..

Ma quei pensieri furono accantonati ben presto in un angolo oscuro e probabilmente dimentico della sua psiche, nel momento in cui la stanca risata del Kyōmei smise di diffondersi per lasciare posto ad altre supposizioni, altre parole, che lo costrinsero a voltarsi in sua direzione e osservarlo, mentre si stiracchiava appena per prendere una posizione maggiormente composta. Parlava della prima volta che si erano incontrati, e non poté non sorridere a quel ricordo tanto burrascoso quanto fatale. Aveva stravolto ogni cosa quello scambio di sguardi, allora. Sono arrivato qui come un randagio, ma in effetti provengo da una famiglia benestante. rispose al suo sogghignare furbo con uno sguardo affilato, dal sentore malizioso, condito con un sorrisetto che aveva dell'ironia ma che celava bene tutta l'asprezza che provava verso coloro i quali l'avevano messo al mondo e l'avevano cresciuto. Ma sono migliorato si. E con il cibo sono sempre stato molto selettivo. Non mi piace appesantirmi e non mi piace perder tempo ad abbuffarmi, anche se ammetto che qualche volta anche io commetto dei piccoli peccati di gola. Come con i taiyaki. concluse, senza aggiungere ulteriori dettagli sull'istruzione ricevuta o su come la sua famiglia fosse venuta meno. Stava anche dicendo troppo, e questo non andava bene. Non doveva abbassare così tanto la guardia e mostrare in quella maniera il fianco. Ma oramai era andato e i freni stavano venendo meno a causa di quel sonno che, proprio in quel momento, l'aveva portato ancora una volta a reprimere uno sbadiglio e ad adagiarsi con la testa all'indietro. Socchiuse gli occhi, mentre il rosso si domandava come avrebbero reagito ad incontrarsi prima d'allora. Sorrise. Non sarebbe cambiato nulla. s'espresse, rispondendo apertamente a quella che sembrava essere semplicemente una domanda retorica ma che per lui era risultata una vera e propria domanda in attesa di una risposta. Avresti attirato la mia attenzione come hai fatto al parco e io.. fu interrotto da un sospiro ..avrei fatto di tutto per proteggere la mia fiamma. disse, senza probabilmente rendersi conto di aver utilizzato proprio queste parole. Aveva parlato a sproposito, a briglia sciolta e senza nessun freno inibitore; succedeva spesso quando il canto di Morfeo si faceva più soave.

Sai.. riprese poi, dopo qualche secondo di silenzio ..all'inizio, quando ci siamo conosciuti al parco, avrei sinceramente voluto strozzarti, ma poi.. appena ti ho visto.. non so come, ma avrei voluto semplicemente perdermi nei tuoi occhi. confessò candidamente, quasi volesse condividere le sue impressioni sul loro primo incontro come aveva appena fatto il compagno. Anche se mi guardavi con una certa voglia omicida. e sorrise, come se quello fosse uno scherzo del destino. Gli unici occhi che negli anni che aveva trascorso a Kiri avevano attratto il suo fervido interesse, quel giorno l'avevano guardato con un certo disprezzo. Si. Era proprio un pessimo scherzo del destino.

 
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view post Posted on 25/5/2019, 15:50     +1   -1
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Già, chissà che avrebbero fatto se si fossero incontrati quando Takumi era un ragazzino selvatico e ostile, e Yu una sottospecie di ameba capace di accettare qualsiasi cosa. Due rifiuti, uno ritenuto tale dalla società, uno che si era convinto di esserlo e che, probabilmente, appariva in quel modo alla maggior parte delle persone. Un incontro tra due individui di questo tipo, prometteva sicuramente scintille! Infatti, il Rosso era per lo più certo che sarebbero finiti a fare a pugni…quanto meno il castano a darli e lui a riceverli senza dire una parola. L’idea che aveva era più o meno questa. Difficilmente vedeva l’immagine dei vecchi loro, sedersi uno accanto all’altro come stavano facendo in quel preciso istante, a parlare. Lui di certo non avrebbe aperto bocca! A Kai e gli altri ci erano volute settimane a fargli spiccicare qualche parola di seguito all’altra, la vedeva dura che un bambino appena conosciuto riuscisse in quell’ardua impresa. Anche se - e non era cosa da nulla - c’era da ammettere che nel loro vero primo incontro, Takumi non aveva fatto per nulla fatica a farlo reagire. Ogni parola era riuscita a punzecchiarlo nella maniera adeguata: vuoi per il momento difficile che stava vivendo, vuoi per quel periodo in cui era un po’ più vulnerabile, ma ci era riuscito. Con qualcun altro avrebbe probabilmente raccolto il suo libro, rivolto delle scuse spicce e levato le tende senza farsi troppi problemi. Ma non col castano. Lui era riuscito a trattenerlo e nonostante l’inizio un po’ burrascoso - ok, molto burrascoso - la giornata, poi, aveva avuto dei risvolti positivi. Quindi chissà, magari anche il piccolo Takumi, per quanto inselvatichito, sarebbe riuscito a fare breccia nella corazza che si era costruito attorno.
Restavano comunque solo ipotesi di eventi mai avvenuti, di strade mai intraprese, in quanto le loro vie si erano incrociate per la prima volta quel giorno al parco. Prima, per un motivo o per l’altro, erano stati schiaffati in istituti differenti, cresciuti in modo diversi, eppure…alla fine erano arrivati nello stesso punto. Sapeva che la maggior parte della gente, spesso e volentieri non tollerava il comportamento del più grande. Ma, in realtà, sarebbe stato meglio dire che nemmeno provavano a vedere cosa c’era dietro. Il meccanismo di difesa del castano ormai lo conosceva…gli permetteva di fare una scrematura delle persone che non valeva la pena conoscere, ovvero di tutte quelle che non facevano il minimo sforzo per andare oltre la copertina brutta e rovinata del libro che avevano tra le mani. A quel punto rimanevano solamente gli altri, pochi sicuramente, ma Yu era uno di quella manciata e la cosa, francamente, non gli dispiaceva affatto.


« A me sì, invece. Eccome. Non avevi qualcun altro a cui affezionarti a questo modo? Chessò, gatti dispettosi, tassi inopportuni…Serpenti velenosi? »
Senti come diventi acido, quando si tratta di lui! Se la rise di gusto Yūzora a quell’uscita della Volpe. Era più forte di lui, proprio non riusciva a passarci sopra, a vedere Takumi come qualsiasi altra pulce umana che avesse attorno. Chi lo sa se si era accorto che, in un modo o nell’altro, il castano non riusciva ad essergli indifferente. E comunque non è mica una cosa che si sceglie coscienziosamente. E’ un po’ come se ti chiedessi perché proprio io, tra la miriade di anime che c’era.
« Ti ho già detto perché. » Ma fu un brontolio indistinto quello del demone, come se avesse piantato il muso.
Vero. E sai benissimo che io so che tu sai che non è proprio così.
« …Insolente. »
Gōmen, hai ragione…Ma è anche per questo che ti piaccio!
« Pff…insolente e vanitoso! »

Non rispose Yu a quell’ultima affermazione. Se la rise e basta, avvertendo anche il broncio di Kurama svanire, rendendosi conto di quello che il suo tramite umano non aveva espresso apertamente, ovvero che quegli aggettivi calzavano a pennello anche a lui stesso. Il Rosso era un concentrato di perseveranza e superbia, perfettamente equilibrate, avviluppate tra loro talmente strettamente che definire dove finisse una per dare origine all’altra, era complesso anche per lui che condivideva il corpo e l’anima col ragazzo. Senza contare i mille altri fili che componevano quella treccia dalle tante sfaccettature, rendendo il giovane un complicato tessuto dai tanti colori, simile proprio al muro di cui aveva parlato durante la sua prova…che in fin dei conti, non era che lo specchio di tutte le persone che sorreggevano la lastra di ghiaccio su cui riposava. E non poteva farci nulla, tra di esse LinguaLunga era una di quelle che spiccava di più. E le sue radici, per quanto giovani, erano piantate talmente in profondità da non avergli permesso di riuscire alla perfezione in ciò che si era precedentemente prefissato. Di per sé lo sapeva che non potevano esserci né gatti, né tassi, né serpenti velenosi, ma, per quanto, quel moccioso presuntuoso proprio non riusciva a farselo piacere. Anche se, doveva ammettere che con il suo umano, aveva un comportamento diametralmente opposto a quello con cui si era mostrato nel tempio di fronte a lui.

I rimuginii della Volpe, rimasero un sottofondo indistinto di pensieri tra pensieri, mentre l’attenzione di Yu veniva nuovamente accesa dalla voce flautata del compagno che, seppur stanco, sembrava avere voglia tanto quanto lui di approfittare di quella nottata particolare. Gli occhi di Takumi erano sempre più piccoli ogni attimo che passava, ma cercavano ancora i suoi in quel loro dialogare fatto sì di parole, tanto quanto di sorrisi, di gesti semplici, di confessioni senza troppe pretese. Fu curioso sentire che, in effetti, il più grande, provenisse da una famiglia benestante, prima di arrivare a Kiri come un randagio mangialucertole. Perché anche lui non era che fosse proprio il culo nella catena sociale del Villaggio, prima di finire in orfanotrofio. Suo padre, per quanto fosse un pezzo di merda, era un membro importante del Clan Hōzuki, di conseguenza, almeno dal punto di vista economico, la sua infanzia era stata piuttosto agiata. Non che questo bastasse per vivere bene, ma era comunque una famiglia privilegiata la sua e proprio per questo andava incontro ancora di più a tutti i difetti di essere fin troppo conosciuti nel quartiere. Probabilmente anche per Takumi non era stato proprio un idillio. Non fece domande di approfondimento in merito, ma l’aspro sorriso che si dipinse sul volto dell’amico a quella conferma fu più loquace di tante altre parole. Non rivangò ulteriormente l’argomento, preferendo sottolineare e specificare - una strenua difesa agli occhi del Rosso - le motivazioni dietro al suo mangiare come un uccellino, rivelando probabilmente l’unico dolce che fosse di suo gradimento.


I taiyaki piacciono un sacco anche a me! Non come i melonpan, ma accompagnati da un bel bicchiere di latte non li si può rifiutare, vero?

Almeno adesso conosceva un dolce con cui presentarsi a casa dall’amico. Arrivare sempre con roba salata risultava monotono, variare di tanto in tanto non poteva che essere un bene. E poi, dai, i Taiyaki erano ottimi! Con quella simpatica forma di pesce e la marmellata di azuki all’interno risultavano davvero piacevoli al palato. Gli venne naturale sorridere. Per qualche ragione era contento che non fossero proprio come il giorno e la notte, ma che ognuno avesse qualche eccezione che lo accomunava all’altro. Quella felicità innocente che caratterizzava i bambini e che li faceva rispondere con un accalorato “Anche a me! Anche a me!” quando l’amico che avevano prescelto, manifestava preferenze simili alle proprie. Una cosa stupida, si poteva essere legati pur essendo diametralmente opposti, eppure venire a conoscenza dicaratteristiche comuni era sempre qualcosa di speciale. Come particolare e unica, fu la risposta che Takumi diede a quella sua domanda retorica. Sempre più assonnato, il castano aveva appoggiato il capo al legno duro della balaustra della nave, e con una naturalezza disarmante rivelò la sua visione circa un piccolo sé stesso e un piccolo Yu che si incontravano nei loro anni bui. Aveva gli occhi socchiusi rivolti al cielo stellato e un lieve sorriso mentre le parole minacciate dal sonno uscivano dalla sua bocca senza freni e senza filtri, tanto da lasciare il Rosso a bocca aperta. Aveva davvero detto quello che aveva sentito? O il sonno gli stava tirando dei brutti scherzi poco simpatici? Di aver attirato l’interesse di Takumi quel giorno al parco, lo sapeva…se anche non con certezza, la cosa era divenuta palese durante l’incubo di Kurama, quando quell’attenzione da parte dell’amico era venuta a mancare. Ma il resto?
Aveva proprio detto “la mia fiamma”, vero? Non aveva capito male. E in quel caso che cosa intendeva dire…di preciso? Insomma, lui non era di nessuno ed era capacissimo di difendersi da solo, glielo aveva pure detto quando si erano legati a quei dannati pali, no? Non capiva proprio da dove gli fosse uscita quella frase, doveva essere sicuramente causa di stanchezza e febbre se si era messo a dire certe cose.


« Non è forse quello che pensi pure tu? Se si trovasse in pericolo non lo proteggeresti? Non hai fatto di tutto pur di riprendertelo? »
Sì, sì, lo farei, l’ho fatto, ma ecco…è strano sentirglielo dire. E’ davvero strano.
Sorrise il demone. « Mmmh…”strano”, eh? Avrei giurato che l’aggettivo giusto fosse un altro. »

Sì, l’aggettivo giusto era un altro. C’era solo un modo per definire quella sensazione: bella. Per qualche ragione era bello sentirgli dire quelle parole, veicolate dal sonno, dalla febbre, così a ruota libera. Ed altrettanto bello era il calore che gli davano, più caldo del corpo stesso dell’amico accanto al suo in quella notte gelida. Non ci fu una risposta da parte di Yu a quella confessione, non a parole. Semplicemente il Rosso sorrise, accomodandosi meglio e tornando ad appoggiare il capo sul braccio del compagno, prima di essere nuovamente blandito dalla voce assonnata di quest’ultimo. Per quanto anche ‘sta volta alcune cose che disse risultarono lievemente imbarazzanti, soprattutto accompagnate da quel suo ripetere il gesto di cui parlava, ciò che nacque dalla gola del Rosso fu una serena risata. Non sguaiata - era stanco - ma sicuramente sincera. Non metteva in dubbio l’iniziale intento omicida di Takumi nei suoi confronti, come anche il repentino cambio di prospettiva nell’esatto istante in cui lo aveva inquadrato a dovere, nonostante in un primo momento lo avesse scambiato per una donna.

Sembra che tu stia descrivendo l'incontro con una bella ragazza, piuttosto che con un sottoposto che ti è caduto addosso da un albero! Rise, strizzando gli occhi mentre cercava invano di ricambiare lo sguardo del castano. Però dai, voglia omicida è esagerato, non trovi? Ecco, forse era il caso di spiegargli che la maggior parte del suo cattivo umore di quel giorno non era stato dovuto a lui, quanto a qualcosa di precedente. Ero solo molto sotto stress…Stavo per partire per una missione importante in cui avrei dovuto fare da Taichō, se ben ricordi. Quello che non sai è che i compagni che avrei dovuto guidare erano anche i miei migliori amici e che da quella missione dipendeva la salvezza di mio fratello. Che in realtà poteva già essere morto. Fece un pausa, socchiudendo gli occhi, cercando di aprire le palpebre pesanti, ma non riuscendo ad alzarle più del tutto. Kurama gli stava dicendo di riposare, di lasciarsi andare e finire quei discorsi da umani un’altra volta, che ne aveva tutto il tempo, ma proprio lui gli aveva dimostrato che il tempo non era mai abbastanza. Doveva finire almeno quello che stava dicendo. Quindi ero un fascio di nervi. Prese un respiro, che sembrò più un sospiro, prima di continuare. Non dormivo la notte, pensavo troppo a tutto ciò che sarebbe potuto andare storto e avevo un assoluto bisogno di distrarmi. Così sono andato al parco…il resto lo sai. Gli occhi gli si chiusero, bruciavano troppo. Però sai, anche se all’inizio eri risultato fastidioso e un po’ effettivamente avrei voluto picchiarti, poi abbiamo passato una bella giornata. Almeno io mi sono divertito. Si sforzò di aprire gli occhi ancora una volta, cercando di mettere a fuoco il viso di Takumi. Arigatō.

 
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view post Posted on 2/6/2019, 15:13     +1   -1
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Sorrise soddisfatto nel venire a conoscenza di un altro dolcetto da poter eventualmente offrire al compagno. Seppure non fosse un gran degustatore di alimenti dolciari (lo nauseavano molto facilmente), quei piccoli pesci zuccherini avevano ottenuto un posto speciale nelle preferenze del castano. Avevano un sapore si dolce ma non eccessivamente tale, e la consistenza era davvero ottima. Quasi si scioglievano in bocca e, a suo dire, stavano bene anche con un po' di cioccolato fuso. Accompagnati col latte poi erano perfetti, tanto che al commento del rosso aggiunse con convinzione un Affatto. Sono davvero buoni. Era bello avere dei punti d'incontro, specialmente con quel ragazzo. Sembravano davvero il giorno e la notte: l'uno radioso ed energico come il sole cocente di mezzodì stagliato alto nel cielo terso e l'altro misterioso, cheto e pallido come la luna sulla volta notturna. Condividevano tante cose, probabilmente anche più di quelle che si aspettavano, eppure risultavano tanto simili quanto profondamente diversi. Vederli assieme doveva essere uno scherzo per uno spettatore esterno, e non si sarebbe stupito se qualcuno avesse chiesto 'che cosa ci fa uno come te con uno come quello?'. Che poi, che domande. A quel punto era anche più che lecito rispondere 'fatti un quarto d'ora di cazzi tuoi, che io mi faccio i miei'.

Accolse quel sorriso sincero e quel lasciarsi andare da parte del compagno con serenità, e fu grato che questi fosse tornato a poggiarsi sul suo braccio, intensificando con semplicità disarmante quel contatto che si scoprì bramare. Dopotutto era un po' come poterlo stringere a sé, seppure in maniera appena accennata. Ancora una volta dovette combattere contro la stanchezza che minacciava di farlo assopire, reprimendo fra i denti uno sbadiglio che ben presto venne tramutato in un sospiro. Aveva proprio un gran sonno, ma non gli andava di finire preda di esso prima che l'avesse fatto il compagno, anch'egli visibilmente provato da una notte non esattamente rigenerativa nonostante avesse almeno provato a dormire sul ponte a differenza sua. Voleva essere sicuro che fosse sereno e al sicuro, comodo sulle sue braccia e ben protetto dalla coltre che aveva voluto per forza di cose condividere con lui. Forse per questo aveva continuato a parlare dopo lunghi secondi di silenzio, raccontando cosa avesse provato la prima volta che si erano scambiati uno sguardo. Era un po' imbarazzante forse sentirsi dire che un altro ragazzo avrebbe voluto perdersi nei suoi occhi, ma non per lui. Takumi non ci vedeva assolutamente nulla di male nel voler scrutare oltre quegli specchi dell'anima e perdersi nella voglia e nella curiosità di poterlo conoscere, esplorare e scoprire. Anzi. E si sarebbe aspettato qualsiasi reazione, ma non quella risata sincera, che lo costrinse a voltare appena il capo e a gustarsela, vedendola pennellata sapientemente nei meravigliosi lineamenti del suo viso segnato dalla stanchezza. Sorrise a sua volta al commento sulla descrizione generale della situazione dal suo punto di vista, seppure preferì non commentarlo. Non era il caso di lasciare intendere più di quanto volesse e rischiare di spezzare quel contatto, quell'idillio.
Mi ricordo.. rispose semplicemente alle sue parole, in un sussurro, ricordando molto bene quella strana domanda che il Kyōmei gli aveva posto a fine giornata, quel giorno in cui il destino aveva voluto che s'incontrassero. Ricordava ancora vividamente il suo sguardo mesto e la sensazione che gli diede, come se una spada di Damocle pendesse sulla sua testa assieme alla responsabilità di essere Taichō nella spedizione che avrebbe dovuto affrontare. Adesso gli era tutto molto più chiaro e capiva che non era stata soltanto la responsabilità ma anche il timore di perdere qualcuno di importante per un suo errore ad aver quadruplicato il peso che portava, quel giorno.
L'osservò cedere inesorabilmente sotto l'opprimente velo della stanchezza, che lo costrinse a chiudere gli occhi nonostante continuasse a parlare, a tenere viva quella conversazione oramai intervallata da lunghe pause. Soltanto quando s'espresse in quel ringraziamento volse il capo in sua direzione e li riaprì, appannati ma belli come quel giorno. Curioso. Avrebbe giurato di aver sentito un piacevole e continuo vibrare ovattato, dannatamente simile alle fusa di un gatto. Ma non poteva essere no? Erano in mare aperto e al posto dell'odore del pesce la nave emanava puzza di carogna. La stanchezza stava giocandogli sicuramente brutti scherzi! Sorrise Takumi, di un sorriso indebolito dall'opprimente bisogno di riposare.
Sai.. prese a dire, stringendosi un po' più la coperta addosso, nemmeno avesse avuto un brivido di freddo ..se fossero necessarie altre cento volte che un ragazzino impertinente mi piombasse addosso in un bel giorno di primavera per poterti incontrare, le ripeterei tutte e cento. concluse, senza mai distogliere lo sguardo dal suo, senza desiderare altro che confermargli con assoluta forza e convinzione che anche per lui quel giorno era stato inaspettatamente piacevole e l'avrebbe ripetuto ancora, ancora e ancora. Curioso come quel giorno stessero entrambi scappando (chi dallo stress, chi da compagnie poco gradite) e si fossero trovati per proseguire assieme.



Edited by ¬BloodyRose. - 5/6/2019, 21:50
 
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Tenere gli occhi aperti era diventata una fatica peggiore di qualsiasi allenamento avesse mai fatto in vita sua. Le palpebre erano pesanti come macigni, gli occhi conglomerati di sabbia fastidiosa. E bruciavano. Bruciavano anche se l’unico accenno di luce, che illuminava con un alone giallognolo il punto in cui si erano sistemati i due shinobi, era una lanterna dalla fiammella incerta e vacillante, influenzata spesso e volentieri dalla brezza che minacciava di spegnerla un momento sì e l’altro anche. Eppure doveva aprirli. L’aveva fatto. Anche se ormai la vista era offuscata dal sonno e la sua mente iniziava ad essere più di là che di qua - come si soleva dire - si era sforzato di guardare il compagno in faccia mentre lo ringraziava per quella giornata di ormai mesi prima. Non l’aveva mai fatto. Si era tenuto per sè che, in fin dei conti, aveva apprezzato un sacco quel tempo passato con lui…strano tizio che aveva incontrato per caso e di cui non conosceva quasi nulla. Ma nonostante questo avevano battibeccato, erano andati a pranzo, poi Takumi l’aveva portato su quel promontorio spettacolare, avevano parlato e, mano a mano che il tempo passava, tutte le preoccupazioni che in quel periodo saturavano la mente di Yu erano andate via via affievolendosi, facendogli godere quella meritata boccata d’aria fresca ch’era stato l’incontro col castano. E da quel giorno, vuoi o non vuoi, per un motivo o per l’altro si erano ritrovati a condividere diverse situazioni…spesso poco piacevoli, ma stemperate dall’altrui presenza. Ricordava ancora quando il più grande l’aveva ospitato a casa sua dopo la presunta morte di Shi. Aveva dormito sul suo letto che aveva lo stesso identico odore rilassante che avvertiva in quel preciso momento. Avvolgente, piacevole, ormai familiare, ma non per questo scontato. Assieme a quel continuo vibrare ovattato del tutto simile alle fusa di un gatto, gli dava una sensazione di tranquillità tale da non preoccuparsi né di dove fosse, né con chi, né per quale motivo. Stava bene dove stava, e il suo accoccolarsi meglio appresso il corpo caloroso del compagno ne fu chiara conferma.
Sorrise, beato, lasciandosi amabilmente cullare da quel rumore gradevole e dal profumo dell’amico, senza nemmeno riuscire più a fare caso alla sua controparte demoniaca che, diversamente da lui si era immediatamente allarmata nell’avvertire quel particolare rumore provenire da un essere umano.


« Lo sapevo che c’era qualcosa di strano in lui. Tsè..che pessima accoppiata. » Borbottò quelle parole in un ringhio basso, tanto che la mente assonnata di Yu non riuscì nemmeno ad afferrarle bene.
Mh..? Che hai detto?
« …Te ne parlerò a tempo debito. Devi dormire, adesso. Ci penso io a restare vigile per entrambi. »

Le parole di Takumi, gli giunsero proprio prima che il sonno lo afferrasse del tutto, trattenendolo ancora qualche istante cosciente, mentre scivolava rapidamente nel dormiveglia. Non vide il sorriso pallido che si dipinse sul volto del castano, ma avvertì il tirarsi della coperta e la voce flautata, un po’ corrotta dalla stanchezza. Ciò che il più grande gli disse era del tutto simile ad un giuramento. Una promessa. Ne aveva decisamente il sapore, senza contare che sentirgli confermare che, anche da parte sua, quel giorno in cui si erano conosciuti era stato piacevole e importante tanto da essere disposto a rivivere cento volte l’esperienza di un ragazzino che gli cadeva addosso pur di poter ripercorrere quei passi, fu dannatamente gradevole. Non che pensasse che non fosse contento di conoscerlo, anzi, però tra il pensare una cosa e sentirsela proprio dire c’era una gran differenza. E ancora più differenza c’era nel percepirla sulla sua pelle. Fu inevitabile sorridere, soddisfatto, appagato, in un certo modo felice, mentre il sonno iniziava a portarselo via.

La tua sembra una promessa… Biascicò. Guarda che ci conto. La voce si spense piano piano, mentre il Rosso si stringeva meglio l’haori addosso, inspirando inconsciamente l’odore che l’aveva guidato verso la salvezza. Ah, Takumi… parve un momento ridestarsi dopo alcuni lunghi istanti di silenzio. Scordati che ti restituisca l’haori. Così. Senza nessuna spiegazione in merito, un “lo tengo io” senza arte né parte, né contestualizzazione. Non cosciente almeno. In realtà, dopo quelle parole di cui probabilmente non si sarebbe ricordato granchè il mattino seguente, Yu prese un lungo respiro compiaciuto, borbottando un ī nioi che sarebbe valso sicuramente più di mille parole. Non ci poteva fare nulla, Takumi aveva davvero un buon odore e fu con quel profumo sotto al naso che si addormentò, tranquillo, sereno, dimentico di dover affrontare una conversazione spigolosa con il Mizukage di lì a qualche giorno. Come la prima volta che si erano incontrati, il castano era riuscito a strapparlo via dalle preoccupazioni, dai sensi di colpa, dalle responsabilità, alleggerendo la sua anima con un nonnulla se non con il solo fatto di essere lì accanto a lui. Con le sue prese per il culo, i suoi sorrisi, i suoi silenzi e i suoi gesti taciti che riuscivano a dire di più di quanto non facessero le parole.

 
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view post Posted on 16/6/2019, 11:41     +1   -1
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Era uno spettacolo poterlo tenere stretto, avvertire un contatto che non era soltanto quello di due amici che chiacchierano come di consueto, ma era anche e soprattutto fisico. Sentirlo accoccolarsi contro il suo petto era come lo spontaneo esprimersi di un desiderio represso, un regalo inaspettato ma assolutamente gradito che lo costrinse, nonostante il sonno che minacciava di strapparlo alla realtà, a sorride. Si. Era davvero felice di avere accanto quell'irriverente ragazzino, di averlo conosciuto seppure in maniera assai burrascosa. Cominciato tutto come uno stupidissimo scherzo del destino, aveva cominciato sin da subito a incuriosirsi a quel folle che preferiva schiacciare un pisolino in bilico su di un ramo e, senza alcuna possibilità di fare diversamente, ad affezionarvisi. Adesso, dopo tutto quello che avevano passato, erano li. E chissà quante altre ne avrebbero dovuto passare assieme da quel giorno in avanti. L’unica cosa certa era che non lo avrebbe mai abbandonato. Qualsiasi cosa sarebbe potuta succedere, Takumi sarebbe stato presente per quell'angelo che aveva completamente stravolto la sua vita, strappandolo da una solitudine che rapida adombrava la sua anima. Non che adesso fosse cambiato poi tanto, continuava a mal sopportare la confusione e le persone senza decenza di un paio di sinapsi correttamente funzionanti, ma con Yūzora era senz'altro diverso. Sentiva di essere diverso. E la cosa lo spaventava, ma d’altro canto era impossibile allontanarsi da quel Fuoco piacevolmente caldo e dannatamente magnetico. Non poteva farci nulla. Non era proprio in grado di far finta di non averlo accanto.
Quella stramba vibrazione del tutto simile alle fusa di un grosso gatto avido di coccole parve intensificarsi all'improvviso, ma non ci fece troppo caso e non s’allarmò; probabilmente era troppo stanco e cominciava ad immaginarsi determinate cose. E poi, nonostante tutto, era piacevole quel suono profondo e continuo.
Disse quelle cose con assoluta convinzione al compagno, di fatto esprimendo una sorta di promessa che avrebbe mantenuto anche senza il bisogno di farla esplicitamente. Perché teneva davvero tanto a quel ragazzino coraggioso e senza peli sulla lingua, al punto tale da arrivare a baciarlo pur rischiando di gettare alle ortiche tutto il resto. Sapeva che era pericoloso quel sentimento, oh se lo sapeva. Si auto alimentava, e si acuiva nel momento in cui rischiava seriamente di perderlo, com'era successo. Si sentiva in qualche modo patetico, come un bambino che ricerca le attenzioni di un amichetto, ma non poteva farci nulla. La risposta assonnata del giovane non si fece attendere, e sorrise Takumi a quelle parole. Un sorriso sereno, mentre lo osservava chiudere definitivamente gli occhi e sospirare, come se resistere al sonno fosse diventato troppo persino per una volontà ferrea come la sua. Lunghi secondi di silenzio seguirono, secondi nei quali anche il castano chiuse gli occhi, cedendo alla pressione delle palpebre e al morbido rifrangere delle onde contro lo scafo, poi ancora il rosso s’espresse, costringendolo ad aprirli nuovamente.
Puoi tenerlo.. rispose debolmente, quasi sospirando. Non era importante che l’haori tornasse fra le sue mani, poiché aveva senz'altro ottenuto di meglio cedendolo al compagno. Ma cosa aveva detto poi? Si sorprese e senza volerlo avvertì il suo cuore in petto saltare un battito. Quell'espressione di gradimento da parte del Kyōmei l’aveva colpito, facendogli avvertire delle sensazioni strane, simili alla gratitudine e all'espressione della contentezza. Non aveva forse sentito una cosa simile al tempio di luce? Si.. discutendo con il se stesso incatenato alla colonna aveva chiesto quale fosse il suo odore preferito, e quell'altro aveva risposto 'il cioccolato', non prima di aver eluso la domanda. Che fosse perché era proprio il suo odore a essere il suo preferito? Sorrise a quel pensiero, stringendo maggiormente quel ragazzo a sé, coprendolo e avvolgendolo con cura, condividendo con lui il calore del suo corpo. A quel punto si avvicinò abbastanza da poter inspirare l’odore dei suoi capelli, godere del suo respiro, sfiorare le sue labbra. Anche tu hai un buon odore.. sussurrò, sapendo perfettamente che quelle parole avrebbero trovato comunque uno spazio nella sua memoria offuscata dalla stanchezza, e senza pensarci due volte lo baciò; un bacio a fior di labbra, ma pregno di un sentimento tanto intenso quanto confuso. E aveva un sapore stupendo, un sapore dolce.
E così, dopo una carezza sul viso, poggiò il capo contro la balaustra e si addormentò, tenendolo stretto come fosse la cosa più preziosa che avesse.



Edited by ¬BloodyRose. - 16/6/2019, 12:57
 
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