| " - Seguimi." Una suono nuovo tra l'inferno, meno di un sussurro. "Ce la fai?" continuò, la voce più alta e insistente. Con la lucidità che gradualmente si insinuava nei suoi anfratti cerebrali, strappandolo pezzo a pezzo dalle fauci del Segno, il Cantore potè forse realizzare che sembrava giungere dalle sue spalle, al di là della porta di ingresso della stanza. Le creature in procinto di rigenerarsi tra materia e liquami vivi e e pronti ad assumere nuova forma. Il Cantore urlò contro quella voce, chiedendo - anzi, esigendo spiegazioni. "Niente, ma non c'è molto tempo, sbrigati!" Le attuali circostanze lo spinsero, a malincuore, quasi costretto, a seguire il consiglio di quella presenza, non prima di averla ammonita sul fato che l'avrebbe attesa qualora si trattasse di un inganno. Minacce che, forse, suonavano proprie di una preda in trappola, che stoicamente si aggrappava alla vita, o a come era solita intenderla, credendo di poter ancora darle un proprio corso, di imprimerle una forma personale e consona alla propria volontà. "Vieni allora, presto!" Solo il tempo avrebbe potuto svelare quanto si trattasse di illusioni o meno. Nella corsa lungo i corridoi, tra quegli anfratti simili a un budello che avvertiva e seguiva il loro percorso, che segnalava la propria presenza con spasmi e tremolii impercettibili, la figura umana che correva pochi metri davanti a lui gli pareva sudicia, dai vestiti consunti, ma non gli parve familiare. D'altronde, come poteva dirlo da quella distanza, e di spalle? A nulla valsero gli ordini del Cantore, che più volte gli intimò di fermarsi, costantemente rimbeccato da quel non c'è tempo divenuto un mantra, sempre più affannoso man mano che i passi e i ringhi si facevano più vicini e frequenti, ben sapendo cosa significassero. Dopo quella breve corsa giunsero in uno spazio insolito - almeno per quanto avesse visto nei sotterranei sino allora. Era come se quel piccolo angolo fosse miracolosamente scampato al processo di formazione della nuova carne, al cui centro stava una porta blindata che l'uomo aprì in gran fretta, vi si buttò dentro sfruttandone l'estremità come centro di rotazione e rimanendo lì in attesa, a un passo dal chiuderla. "Se non entri sprango la porta, mi dispiace." Il Cantore imprecò. La presenza delle creature più vicina. Non erano solo il loro passo pesante, i loro versi ferini. Poteva avvertirli, ora più che mai. Tutti intorno a loro, e non solo. Come se il Segno vivesse in loro, secondo una modalità diversa. Difficile dare una spiegazione. Come se ci fosse una componente aggiuntiva in quelle bestie a cui bisognava dare un nuovo nome. "Sto chiudendo, addio." Una frase che non potè far altro che ridestarlo eventualmente dai suoi dubbi e pensieri, quindi decise di tuffarsi nel cunicolo.
Giunti in quel cunicolo spoglio, anch'esso oscuro ma incontaminato, Hide pretese nuovamente spiegazioni, ma l'uomo dai capelli giallo paglia e il viso provato sembrò concentrarsi di più sui movimenti all'esterno della porta. Aggrappato a quest'ultima, col cuore ancora in gola per quanto vissuto, li sentiva fremere all'esterno, come se avvertissero qualcosa di loro interesse. "Kami maledetti - " rispose infine: " - sei già uno di loro?" Il Cantore sembrava non capire. L'uomo scosse la testa cercando di scacciare quel pensiero, ma sentì l'altro domandare cosa intendesse. "Sì. Loro riescono ad avvertirti se sono dentro di te. Anche se lei non ti ha ancora del tutto in suo possesso. E tu hai davvero una brutta cera." Ridacchiò debolmente, poi riprese: "Non che la mia sia migliore." Forse preso dagli ultimi scampoli del Segno, o forse no, il Cantore sguainò la lancia e la puntò all'uomo. Nessun mistero adesso. Non più. Aveva dieci secondi per convincerlo che fosse uno dei ricercatori del museo. Meglio divorato, disse, che ingannato e poi comunque abbattuto. L'uomo alzò le mani e si mise schiena al muro, gli occhi sgranati e ogni senso sull'attenti con quanto forza gli restava in corpo. "As-aspetta, perdonami, aiutami a capire: perché sei finito qui?" Dopo alcune esitazioni gli disse il vero: era lì per investigare, e non restava altro che proseguire. Lo spinse in avanti come un secondino fa col prigioniero, e proseguirono in quel corridoio. Il tintinnio dell'acqua che si infiltrava giù dal soffitto era costante, e puntualmente cadeva giù in pozze di varie dimensioni, dove ogni goccia creava cerchi concentrici e perfetti in cui si dissolveva nel nulla come fumo. "E' iniziato tutto circa un anno fa" rispose l'uomo, quando il Cantore gli chiese cosa fosse successo, e perché le guardie non fossero intervenute. "Trovai quasi per caso un mollusco curioso - mi parve subito un cefalopode, ma con organi insoliti. Sensazionale, insomma. Non potevo crederci. Sembrava quasi ibernato. Questo ovviamente non mi fece trascurare la cautela, di questo sono sicuro, certamente. E presto, man mano che riacquisiva vitalità, mi fu chiara la sua natura straordinariamente aggressiva, quasi insensata ai miei occhi. Lo misi costantemente sotto sedativi e potetti esaminarlo senza problemi, eppure la vita non lo abbandonava. Quasi ne fosse una forma pura, definitiva. A tratti primordiale, oserei dire." Era chiaro che non fosse quello ciò che aveva chiesto il Cantore. Come se l'uomo non avesse prestato la giusta attenzione a quella domanda, parlando a briglia sciolta per puro desiderio personale. O chissà cos'altro. Chiese ancora circa la guardia cittadina. Su quanto sapesse della vicenda, e se l'uomo sapesse quanto fosse vasta l'infezione quando il quartiere era stato sigillato. " - Non so dire con esattezza" disse l'uomo, massaggiandosi il collo. "E' probabile che le spore abbiano infettato anche loro. Se non riesce a prenderti e a plasmarti, non significa che tu sia salvo dal suo controllo. Le spore si infiltrano dentro di te e mettono radici, poco per volta. Influenzano sempre più le tue decisioni senza che tu te ne avveda. Se hanno isolato il quartiere, e da quello che mi stai dicendo... credo che lo spettro delle possibilità si riduca notevolmente..."
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