Forme e Vuoto, Quest eremitica dei Serpenti per Sir Onion (1° pg)

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view post Posted on 24/11/2019, 10:02     +1   -1
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*Lo seguì fuori, nella bruma di un mattino cui mille volte aveva assistito, e mai in quel luogo. I capelli candidi madidi di sangue, ogni goccia in terra impetuosa come un temporale, ogni capello impregnato un muscolo scoperto. Eppure l'andatura non ne soffrì, non vacillò, disegnando un sentiero di impronte su pavimento altrimenti impraticabile. Ogni piede trovava il suo corrispettivo, bagnandosi dello stesso rossore e facendolo proprio. Così poté seguirlo, solo così, perché camminare fuori di quel selciato avrebbe significato sprofondare in un abisso senza fondo. Uno che guardava, e si lasciava guardare, fatto di piume di corvo, risate ed occhi traslucidi. Fatto di un'oscurità che scorreva nelle vene, densa e senza fondo, capace di smembrare la forma in sostanza.
Nessuna casa oltre le rovine della Piramide, nessun villaggio ad attenderli, ma nessuno dei due se ne sorprese. Vide i tronchi di salici, le radici come tentacoli nelle pozze basse, immagini antiche e familiari ad entrambi.*


(Perché? Che cosa stai aspettando?)

*Gli rivolse, senza muovere un muscolo, senza nemmeno poterne rinvenire la sensibilità. Erano ormai inestricabili, lo sentiva, lo sapeva. L'aveva saputo fin dall'inizio. Tutto ciò che riuscì ad ottenere fu che l'altro si fermasse, forzandolo a sua volta ad arrestarsi. Era lì che doveva accadere?
Si voltò, finalmente, rivolgendogli uno sguardo che non apparteneva a quel tempo o a quel luogo. Lo reperì da qualche parte, in un altro cortile, in un altro luogo ad entrambi familiare, in cui si era combattuto e si combatteva. Sempre azzurri, ma non severi, non gelidi. Sfida, ardore, astuzia, il taglio di un adolescente nell'orbita di un adulto.
Lo riconobbe immediatamente, ed immediatamente fu trascinato al suo livello.*


(Che significa? È questo dunque il mio supplizio? Condannato a cederti anche questo di me?)

*Gli rivolse, sapendo di non aver alcun diritto a chiedere, non più di quanto la preda ne abbia col predatore. Ma egli non si mosse in alcun modo verso di lui, né approfittò oltre dello stato in cui l'aveva forzato. Si limitò a guardarlo, immobile, con quegli occhi da ragazzino, animati dalla stessa fiamma glaciale che lo aveva quasi spazzato via a Konoha.
Solo allora sollevò un braccio verso la linea degli alberi, indicando, e solo allora poté rendersi conto che non c'erano solo legno e radici a perforare il fango.*


(Che... che significa?)

*Domandò ancora, non aspettandosi davvero una risposta ma non potendo non sbilanciarsi. Erano, dopotutto, inestricabili, e così da due angoli diversi contemplarono la medesima immagine.
Profili familiari, ma distorti, come figure osservate attraverso un vetro opaco. Uomini, forse donne, il sudore della fronte tutt'uno con l'acqua che arrivava alle caviglie. Non dissero una parola, non a lui almeno, lasciando che fosse il ritmico infossare dei loro attrezzi a riempire il cortile. Lavorarono sotto il loro sguardo, rapidi, zelanti, aprendo una voragine laddove prima non c'era che fango. Rivelarono la profonda sottigliezza del mondo, l'oscurità che vi si annidava al disotto, i viticci deformi e assuefatti dei salici.
Aveva già visto una scena simile? Se si, dove? Si trattava di un sogno, di un ricordo, di una visione? Una sensazione familiare lo attraversò, l'ennesima, seguita da un brivido forte di diecimila sibili.*


(Ma che diamine... cosa stanno facendo? Perché?)

*Eccoli portarli, passando alle sue spalle come in processione, sostenendoli con lunghe, improvvisate portantine. Un trionfo involuto, l'ultimo, prima che giustizia venisse fatta. Ed egli la avvertì a sua volta come propria, come adatta, forte dello sdegno che da sempre provava nei confronti di quelle creature. Uno che tracimava nella paura, nella rabbia, fatto in parti eguali di consapevolezza e ignoranza.
Ma per quanto potesse condividere i sentimenti della folla, per quanto volesse convincersi della innata colpevolezza di quel cumulo di vermi, nel profondo nulla avrebbe potuto liberarlo dal senso di colpa. Entrambi si tenevano a distanza, ma entrambi appartenevano a quel bolo. Erano andati troppo oltre per mantenersi tra i carnefici, avevano sacrificato troppo a quell'altare per tirarsi indietro ora.
Quando le fiamme lambirono l'abisso, purificandolo ed accendendo le quinte di quel fragile piano di una luce soffusa, calda, egli sentì di dover saltare. Di dover sparire, e con lui tutto ciò che quelle creature rappresentavano. Divenire foschia, lasciare definitivamente il mondo ai puri, ai penitenti.
Ma non ebbe il coraggio di muoversi. Li vide contorcersi, muti li seppe soffrire, e non ebbe il coraggio di muoversi.
Chiuse allora gli occhi, arrendevole, sperando che cessasse, che svanisse. Li riaprì al freddo dell'alba, la mente limpida e il cuore tumultante.*




Bousun, Yuki no Kuni, 13 marzo 249 DN, ore 11.00


*Bocche spalancate ed occhi cavati, un mutismo capace di penetrare cuore ed ossa, di ridurre il mondo alla quiete. Ma non una naturale, non una nata dalla serenità o dal bisogno. Una forzosa, ineluttabile, come quella di chi è picchiato e messo all'angolo, costretto, per paura, a morire in silenzio.
Questa fu l'immagine che la periferia di Bousun regalò al Cantore, mentre lentamente, nero tra i tetti imbiancati dalla neve ormai gelata, avanzava tra quel che poco più aveva rispetto alla rovina. Tale era lo stato delle cose che persino ad uno come lui, avvezzo com'era a quel tipo di condizione, sfuggì da principio la vita cittadina che, nonostante tutto, animava l'abitato.
Ma non erano anime. Non ad occhi esterni, non importa quanto consumati. O forse si, forse proprio per questo: solo a lui, che aveva fatto una ragione di vita del disperato preservarsi, dello strenuo mantenersi umano in un oceano di annientamento, chi aveva perso tutto poteva apparire davvero indigente.*


(Ma è causa o conseguenza di quanto starebbe avvenendo in questo luogo? È il culto ad indurre questa rovina, o è proprio a causa sua che questa gente vive a tal modo?)

*Né si sentiva alcun bisogno di un simile ragionamento. In un mondo come quello, in un tempo come quello, la miseria aveva natura alluvionale. Strabordava al passaggio di guerra e malattia, inquinando ogni terreno e sedimentandosi come un limo soffocante. Ed era qui, nutrita da simili condizioni, che nuova fauna emergeva.*

"Salve, capitano."

*Rivolse, tacitamente anche a coloro che non gli avevano rivolto parola, ai tre che gli vennero incontro dal massiccio delle mura. Tre militari, ad un primo sguardo, e proprio per questo ben distinguibile chi li guidava. Un uomo dai lineamenti duri, avvenenti avrebbe senz'altro detto qualcuno, la chioma corvina ben presto presentata agli occhi del Cantore mentre si voltava per affiancarlo, giacché il Kokage non ruppe il passo quasi per nulla. Si lasciò guidare, ascoltando il resoconto dell'uomo senza tradire alcuna emozione. Lo stavano aspettando, e fin qui ben poca sorpresa, ma Hideyoshi non poté non sorprendersi di quanto il Culto avesse raggiunto un livello di istituzionalità in quel luogo. Il capitano si premurò bene di dichiarare la propria fedeltà ai Serpenti, prima ed anzitutto, tanto per sé quanto per tutta la città.*

(Questo tempo gli appartiene. Come fango attraverso la terra sventrata... come la peste in un corpo debilitato.

La prova che si può fiorire in ogni condizione, qualora si possiedano le credenziali giuste.)


*Pensò, mentre la voce del militare lo riportava necessariamente al qui ed ora, descrivendo le ripetute sparizioni che si erano andate assommando in uno dei quartieri della città. Nishikori non aveva idea del perché, o, a quanto sembrò, del come,e perciò la soluzione migliore era stata porre l'intero abitato sotto sigillo, tentando di nascondere l'aggravarsi della situazione a città e paese. Nella concreta impossibilità di tenere la prima all'oscuro, era da chiedersi per quanto ancora il secondo potesse rimanerlo. Molti se ne erano già andati, ed una storia del genere, sulla bocca del paesano impaurito, aveva le gambe lunghe.
Forse sarebbe stato meglio che Yuki intervenisse. Forse no.*


(Non ho il lusso di remare contro. Né qui, né altrove. È volontà dell'eremo che la questione sia risolta dal Culto, e palesemente senza interferenze.
Il che significa evitare in ogni modo una fuoriuscita di notizie... e possibilmente di sangue, tanto per il caos che si scatenerebbe, quanto per la perdita in termini di fedeli.)


*Pensò, impervio alla naturalezza con cui si trovò a scivolare in quel ruolo. Era ora il grande emissario, il nunzio apostolico e risolutore. Tornò a guardare il capitano, rallentando il passo.*

"No, capitano.
Con il vostro permesso, vorrei ispezionare di persona il quartiere, ed almeno tentare di introdurmi nel museo da solo. Se quel che dite è vero, e questa città è già pesantemente compromessa, allora un intervento armato è davvero l'ultima risorsa.
Inoltre... chiunque sia dietro queste sparizioni non può non essere stato messo in allerta dalle vostre indagini, e tentare un assalto alla cieca difficilmente causerebbe altro che il suo dileguarsi nell'ombra.
A vostro giudizio, successivamente alle prime ispezioni, le sparizioni sono rallentate?"


*Domandò, neutro. Il colpevole poteva essere un uomo, certo. Era dopotutto la risposta più semplice... ma suonava sbagliato, anche senza avere alcuna informazione. Hakuja aveva parlato di eventi insoliti, persino per i Serpenti...*
 
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view post Posted on 8/1/2020, 22:08     +1   -1
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Il capitano lo guardò, e nei suoi occhi sembrò sorgere un principio di sospetto che si traduceva in una domanda inespressa. In una serie di domande inespresse. Dopo poco distolse lo sguardo, verso la strada, e si decise a rispondere.
" - Come vuole lei. Entrerà da solo nel museo, se è questo che vuole."
Sembro farsi strada sul suo volto un leggero disappunto misto a un'insondabile e composta tristezza.
"In fondo i nostri interventi non hanno portato risultati, a proposito della sua domanda. Sono solo serviti ad evitare che la cosa si sparga al di fuori della città, in ogni senso. Non so se questo è davvero causato dalla nostra indagine, ma ci deve importare relativamente al momento."
Passarono davanti a un tempio dove vecchie campane corrose per l'età ciondolavano appese come enormi pere marce. Bambini dagli occhi scuri guardavano da un vicolo sulla destra. L'aria greve del fumo si levava dal carbone di legna dei focolari e gruppi di vecchi sedevano intabarrati sulle soglie delle case intorno a questi, e il fiato che usciva alternativamente dalle loro bocche in forma di vapore indicava che fossero ancora vivi, e stessero discutendo di Dio sa cosa. Giunto nei pressi del quartiere nord-ovest un vecchio dagli occhi imploranti si fece loro incontro barcollando e timoroso e allungò una mano. Fate la carità disse loro, che gli sfilarono davanti.

"Quello è il museo" e Nishikori gli indicò l'enorme struttura a un centinaio di metri da loro, al termine del viale. Le ronde intensificate, e l'influsso dei sigilli intorno al quartiere ancora udibile da lì, anche per un mediocre sensitivo come il Cantore - e d'altronde lui era abituato a percepire e a convivere con ben altre presenze.
"Come pensa di procedere dunque? E' ancora della sua idea?"

Perdona il ritardo, e il post piuttosto scarno a non ricompensarlo a dovere. Decidi se perseguire nella crociata solitaria, e come impostare l'indagine - se entrare nel museo o trovare altre vie, decidi tu insomma


Edited by Jöns - 14/1/2020, 18:34
 
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view post Posted on 19/1/2020, 22:52     +1   -1
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Bousun, Yuki no Kuni, 13 marzo 249 DN, ore 11.00


*La risposta del Cantore non parve convincere Nishikori, che immediatamente gli rivolse uno sguardo enigmatico. Sospetto, disappunto, tristezza? Non aveva importanza. Acconsentì a che il ninja procedesse come ritenuto opportuno, ma, immediatamente dopo e senza tradirne il tono, oppose quella che parve assomigliare ad una giustificazione, una difesa del proprio operato.
Il Kokage non gli rivolse lo sguardo, non ora che si era voltato, ma neppure si trattenne dal venirgli in soccorso. Nonostante non potesse provare alcuna pietà per quegli individui, non davvero, qualcosa in lui si era andato smuovendo. Difficile dire se l'origine fosse nella mera umanità di chi gli parlava, nella miseria circostante o nel contrasto tra le due.*


"Avete fatto il vostro dovere e più, capitano. Il mio sarà un sopralluogo, o perlomeno intenderà esserlo. Mantenete pronte le vostre forze."

*Disse, gli occhi rivolti a sua volta alla strada, lontano dalla compassione che quelle parole potevano lasciar sottintendere. Gli aveva parlato come un commilitone? Come un superiore? Come un'autorità religiosa? Era quel sentimento parte del ruolo in cui si era calato? Non ebbe né il tempo né la volontà di saperlo, perché ben presto alla miseria della periferia andò a sostituirsi quella del borgo. Marciarono oltre il relitto marcescente di un mercato rionale, circondati dalle bocche mute e dagli occhi cavati di innumerevoli abitazioni deserte. Un tempio, quindi, in debita rovina laddove solo un culto poteva fiorire, affacciato su un piazzale popolato soltanto da polvere e sterpaglie. La vita di Bousun si rifugiava dietro le poche mura abitate, discreta e defilata, o, in mancanza, rintanata ai lati di vicoli secondari. Non necessariamente nascosta, ma certamente di pura cornice, la sua presenza non mancò di rivelarsi ad Hideyoshi. Come muffa nel retro di una dispensa, come alghe in fondo ad un pozzo, irriducibilmente legati a quel luogo, erano gli abitanti che ancora non l'avevano abbandonato. Bambini all'ombra di un vicolo, anziani rannicchiati attorno ad un braciere, creature mendicanti che tentavano di raggiungere la sua misericordia... nulla. Egli passò oltre, incapace di dirsi se quella terribile insensibilità provenisse dal disgusto per il Culto, dalla determinazione per il proprio compito o dall'usura che il proprio animo aveva patito in innumerevoli, identiche istanze.*

(E questa volta la mano è la mia.)

*Fu a questo punto che Nishikori gli rivolse nuovamente parola, indicando la loro destinazione al termine dell'ultimo viale imboccato: il museo non appariva, ad un primo sguardo, diverso dal grigiore rovinoso che lo circondava. Una grande struttura, maestosa in altre circostanze, le mura un tempo bianche macchiate di fuliggine ed altrettanto le ampie vetrate ai piani superiori. L'ingresso era sorvegliato da un portone imponente, a doppia anta in legno massiccio, l'intaglio visibile anche da quella distanza.
Un sentore sinistro vi promanava, da lì come dagli immediati dintorni, ed un brulicare cadenzato e disciplinato si andava sostituendo a quello erratico fin lì sperimentato.*


(Un perimetro sorvegliato. Ronde, e più di un sigillo... ne avverto l'intensità anche da qui.
Il che significa che chi c'è dietro questa storia probabilmente può fare altrettanto.)


*Immaginò, soppesando quella che da sempre era stata una delle sue più grandi mancanze: il controllo del chakra, e tutto ciò che ne discendeva. Gli uomini di Nishikori avevano peccato di indiscrezione, almeno da quel punto di vista... ma poteva biasimarli? L'intento era contenere il fenomeno, contro sconosciuti e a corto di tempo e risorse. Era un miracolo che avessero individuato un punto da cui partire.*

"Si.
Entrerò da un ingresso secondario, se potete fornirmene l'ubicazione... e farò un sopralluogo. In caso mi trovassi in pericolo, o in qualsiasi caso ritenessi opportuno il vostro intervento, invierò un messaggero.
Se avete ulteriori informazioni da condividere con me riguardo la struttura, o la situazione in generale, questo è il momento capitano."
 
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view post Posted on 6/2/2020, 15:57     +1   -1
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"Certo, esiste un ingresso secondario, nel versante nord del museo. I miei due uomini ve lo indicheranno. Quello che so dirvi è di dominio pubblico, non abbiamo ancora ispezionato a fondo il museo. Le indagini sono proseguite più discretamente possibile sino a una settimana fa, quando abbiamo messo il quartiere sotto sigillo e iniziato a setacciarlo palmo a palmo. E il museo è l'unico luogo che ci manca, tra quelli che conosco almeno. Troverà anche un po' di personale là dentro, ricercatori e pochi altri, come immagina non ha avuto bisogno di molta manovalanza in questi giorni. Ma per loro era una normale giornata di lavoro come molte. Ed è un bene che loro lo abbiano pensato. Se anche qui non troveremo nulla, confesso di non sapere proprio cosa pensare". Alzò lo sguardo verso il museo in quella luce avara che chiamavano giorno, filtrata dalle fredde nubi di quel tardo inverno. Si guardò alle spalle come in cerca di qualcosa che poteva essergli sfuggito, ma non vide nulla oltre le loro impronte nella neve.
"Entrerà nella sezione dedicata alla botanica. Il museo è sviluppato su quattro piano, di cui uno interrato. Credo le ci vorrà fino a stasera per completare l'operazione" e detto ciò frugo le tasche della giubba e gli porse un oggettino grande quanto una noce.
"Questa è una trasmittente. La prema se si troverà in difficoltà, cercheremo di darle supporto."




Salì le fredde scale metalliche, a destra una fredda parete di pietra, quindi aprì la porticina di acciaio e il calore corporeo che ancora serbava nella mano sembrò trasferirsi immediatamente alla maniglia. Nulla che potesse preoccuparlo oltremodo. Attraversò un piccolo corridoio illuminato dal bagliore azzurrognolo delle lampade al neon, quindi trovò sulla parete alla sinistra un cartello metallico con scritto Uscita e dopo questi una porta, oltre la quale si spiegava il museo. La sala era illuminata con una luce flebile che filtrava debole dalle finestre e dalle grandi vetrate. Nessuna luce accesa. Nessuna presenza dei paraggi. D'altronde, il museo non attendeva ospiti da quasi una settimana. Il soffitto alto dieci, quindici metri. Degli affreschi a malapena distinguibili in quella penombra. Proseguendo nella sala, i vari esemplari collezionati e catalogati, ordinati e sottratti al caos più allucinato che li aveva partoriti e confinati in una forma specifica e riconoscibile che li avrebbe resi tali anche se l'ultimo di loro fosse divenuto polvere, sino a che qualcosa non li avesse espunti dalla memoria umana.
. Sakura. Un piccolo bonsai spoglio e secco. Ai piedi del vaso, dei fiori essiccati e rattrappiti, di un bianco sporco che portava ancora i segni di un rosa chissà quanto lontano nel tempo. Ai piedi della teca, sulla sinistra, vide delle macchie. Dopo un po' capì che fossero liquide. Sangue.
 
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view post Posted on 19/2/2020, 12:36     +1   -1
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Bousun, Yuki no Kuni, 13 marzo 249 DN, ore 11.40


*Lo lasciarono all'angolo, appena prima del perimetro di sigillo, indicandogli la scalinata per l'accesso secondario.
In ferro battuto, scevra della monumentalità che caratterizzava la scalinata frontale, questa non aveva ceduto allo stesso stato di silenziosa rovina, scegliendo invece più discretamente di ossidarsi nel corso degli anni. Quando la imboccò, ricetrasmittente in una tasca interna del pastrano e mani ben lontane dal corrimano lucente di condensa, il Cantore avvertì distinta sotto di sé una pioggia di fiocchi di terra e ruggine. Ne seguì il percorso obbligato, alla sua destra l'anonimato della parete, fino a raggiungere una piccola porta blindata. Anche attraverso il guanto l'acciaio della maniglia lo derubò del poco calore che il moto aveva accumulato, forzandolo, non fosse per altro che il mero disagio, ad una breve pausa.
Gli occhi osservavano il proprio, vago riflesso sulla superficie metallica.*


(Ricercatori... un normale giorno di lavoro...
Era. Ha detto "per loro era...". Intende il giorno in cui li hanno sigillati? Una settimana fa?)


*La mente ripercorse da sé, immaginando le circostanze di una simile quarantena. Li avevano avvertiti? E se si, avevano lasciato provviste all'interno della struttura? Non sembrava immaginabile che potessero entrare ed uscire liberamente, non stando a quanto il capitano aveva detto o a quanto si intendesse dalla situazione. Eppure, allo stesso tempo, la disinvoltura con cui il militare gli aveva presentato il loro stato non lasciava adito alla possibilità della loro morte per inedia.
Ma qui era del Fango che si parlava, dove digiuno e supplizio erano una cosa e una soltanto.
Un ultimo brivido, e fu dentro.*




*L'interno non si presentava meno decadente dell'esterno: locali ampi ma spogli, muti, di un anonimo bianco perla inframezzato da contrafforti in legno chiaro. Così decorato lo spazio guadagnava ancor più in larghezza, larghezza che ora, privata di qualsivoglia anima non vegetale, si rivoltava contro sé stessa. A contendersela erano oscurità e luce, questa filtrante prevalentemente dalle grandi vetrate superiori. Al piano terra infatti, dove si trovava, il compito di illuminare sarebbe gravato di norma su una serie di lampade elettriche, ora un tutt'uno con il controsoffitto.
Avanzò cauto, guadagnando il centro dell'androne facendo ben attenzione a non intaccarne il silenzio. Si guardò attorno, quindi, prima di imboccare l'ampia scalinata per il piano superiore, decise di proseguire in uno dei corridoi del piano terra da cui era arrivato, assistito da quella penombra che sempre gli era stata amica.
Qui si concentrava l'esposizione botanica del museo, una serie di teche ed aperture su colture a serra interne al museo stesso. In giornate ordinarie quest'ala sarebbe apparsa in ordine, curata, le piante ciascuna in un ruolo impostogli dalla disciplina scientifica. Ora tuttavia, benché di disordine non potesse parlarsi, l'abbandono aveva fatto sì che tra le piante tornassero a vigere regole di sopravvivenza proprie di uno stato brado. Alcune, privilegiate dall'assenza di luci artificiali, prorompevano rigogliose dai loro confini, invadendo quelli di altre piante. Costoro o rispondevano alla stessa maniera, provocando un'elevazione fitta e intersecata, oppure, già indebolite, impallidivano e scomparivano. Molte erano secche, morte perfino, troppo dipendenti da temperatura ed umidità insostenibili senza mano umana.
Già, mano umana.*


(Nessuno qui, e nemmeno ad orecchio. Com'è possibile?
Luci spente, piante secche... hanno deciso di abbandonare quest'ala per mancanza di risorse?)


*La migliore delle ipotesi veniva, nella sua mente, istintivamente per prima. Una debolezza, ma una che era immediatamente temperata da ciò che il villaggio gli aveva insegnato.
Fu allora, proseguendo con la mente gravata da simili pensieri, che lo vide. A nasconderlo era l'ombra di un ciliegio bonsai, i fiori rattrappiti come vecchie labbra, in terra, la sfumatura elegante avvizzita ormai da tempo verso un bianco più vicino al legno d'intonaco. Non così il sangue, che, color pece all'ombra, avrebbe rivelato rossore e freschezza alle dita del Kokage. Lo vide, dapprima confondendolo con i resti dei fiori, quindi riconoscendolo per l'intensità del nero, e rimosso un guanto allungò due dita per saggiarne l'entità.*


(Liquido. Fresco.)

*Istintivamente l'altra mano corse sotto il pastrano, all'altezza della vita, incontrando il confortevole spessore dell'impugnatura della lancia. Il secondo pensiero, assieme ai mille che andavano a dilaniare la migliore ipotesi da poco affacciatasi, fu di contattare il capitano.
Ma qualcosa lo trattenne. Di nuovo.*


(Non ha alcun senso. Non ora. Non è abbastanza.)

*Si disse, pulendo il sangue contro il fianco del vaso per, quindi, mordere il polpastrello del pollice e comporre gli usuali sigilli di evocazione. Ad apparire, da sotto la manica, sarebbe stato un piccolo rettile dal colore scuro, al quale il Cantore avrebbe immediatamente fatto segno di non parlare.*

"Riconosci la natura di questo sangue? Se si, guidami verso una fonte. Altrimenti seguimi a distanza di venti metri. Se appare qualcosa o qualcuno, sparisci: l'esplosione mi avvertirà della minaccia.
Fa come ti ordino, verme: sono qui per il Culto, e a mandarmi è chi ti mangerebbe testa e corpo, non fossi io a farlo, se disobbedisci."
 
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view post Posted on 28/2/2020, 16:19     +1   -1
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Il verme, come lui l'aveva chiamato, non oppose resistenza né proferì parola. Avvolto nel braccio del Cantore la sua lingua saettava in ogni direzione, rientrando negli organi di Jacobson e uscendo nuovamente fuori, in un ritmico andirivieni che ormai ben conosceva. Quelle creature erano parte di lui, nel bene o nel male. Stavano prendendo, se non corrompendo, la parte migliore di se stesso. Loro così come il segno. Sarebbe stato possibile cadere più in basso?
Una decina di secondi, poi la testa del serpente si immobilizzò in alto. Ferma, immobile come una statua di sale. Fissava un angolo buio della sala, dove le fronde di una mancinella si perdevano in quell'ombra che tanto si addiceva alla sua nefasta natura.
Il serpente stava sibilando qualcosa, ma non appena si apprestò ad articolare le parole avvertirono un vigoroso spostamento d'aria seguito da un colpo al braccio del Cantore. Il serpente svanì, lasciando il Kokage con uno squarcio all'avambraccio, e - da quello che era riuscito a intuire - con un nemico all'apparenza invisibile.
 
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view post Posted on 2/3/2020, 08:28     +1   -1
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Museo di Bousun, Yuki no Kuni, 13 marzo 249 DN, ore 12.10


*Non seguì alcuno scambio. Le minacce del Cantore, nate sussurro, si persero in un sibilo mentre il rettile spostava lo sguardo alle sue spalle. E il Kokage non ebbe nemmeno il tempo di stizzirsene, di reiterare le proprie minacce, metterle in pratica o fraintendere quello che era un comportamento davvero inusuale per una creatura simile: proni a cedere di fronte ad una forza superiore alla propria, i serpenti non offrivano mai arroganza e sdegno a chi poteva ucciderli sul momento. Era solo all'apparire di una minaccia più prossima che, inevitabilmente, essi erano mossi a sfrontatezza.
Che il Cantore fosse riuscito a sospettare di ciò o meno, non avrebbe avuto presto alcuna importanza: al serpente non fu dato ammonire o giustificarsi, che un poderoso spostamento d'aria lo spazzò via dalla presa di Hideyoshi. Il braccio cui era aggrappato, e che a sua volta a lui si aggrappava, colpito da qualcuno, o qualcosa, con estrema rapidità.*


"Mgh!"

*Un gemito strozzato, un dolore sordo, distante per il corpo ma vicino ad occhi e mente. Sangue, immediatamente, sotto le vesti e in terra. Il proprio.
Istintivamente, sospinto dall'impatto, il corpo del Kokage ruotò su sé stesso. Non per assorbire il colpo, oramai ricevuto, ma per stabilizzarsi e, nel contempo, vibrare un fendente al buio con la lancia ancora retratta. La lama baluginò nel vuoto, fulminea, ma non incontrò alcuna resistenza, e terminato l'impeto si mantenne puntata nella direzione verso cui l'invisibile assalitore doveva, presumibilmente, essersi ritirato. Con lui lo spostamento d'aria che l'aveva annunciato.
Un braccio armato disteso, l'altro cinto a sé, pulsante. In un battito l'organismo del Cantore aveva centuplicato ogni sforzo ed ogni consumo, il metabolismo accelerato al punto da non permettere quasi soluzione tra sistole e diastole, il corpo bollente, il sudore inesistente. Ogni senso protratto a riconoscere e rispondere, a sopravvivere, il respiro frenetico e, al disotto, il volume del Segno, pronto a riempire qualsiasi spazio la forza vitale cedesse a fatica o sofferenza.
Così era, così sapeva dover essere.
Strinse i denti.*


(Che cosa... dove sei...?)

*Domandò, con gli occhi e lo spirito, scrutando l'oscurità in cui l'assalitore era sparito. Nulla.*

(Molto bene...)

*Si risolse, la mente via via più fredda, non estranea a quel tipo di combattimento. Le gambe si mossero da sole, misurando lo spazio con nuova attenzione; gli occhi in allerta. Le ombre del corridoio gli colarono addosso mentre scivolava via dalla luce pallida del giorno, silente, la maschera di un predatore ferito. Quello era divenuto il suo modus operandi, tanto in offesa quanto in difesa: una creatura notturna.*

<abilità/tecnica> -Abilità Nel Nascondersi- (Stm: -5 in combattimento) [Liv. 0: 61]
"Se il terreno lo permette, il ninja è in grado di nascondersi nel primo rifugio che trova sfruttando la sua azione offensiva. Tutti i nemici non saranno in grado di attaccarlo, se non con una tecnica a raggio totale. Nascondersi potrà essere utilizzato in qualsiasi momento, tranne prima dell'attacco del nemico. In questo caso prima bisognerà occuparsi dell'attacco poi ci si potrà nascondere. Si può scovare il ninja Nascosto con l'abilità "Sensi Migliorati" (olfatto e udito) oppure con "Sensitivo" in modalità attiva, entrambe le abilità dovranno essere pari o superiore all'abilità Nascondersi del ninja per poterlo individuare. Nel caso di Sensi migliorati (vista e tatto) è possibile scoprire il ninja nascosto solo se superiore all'abilità "nascondersi" avversaria.

- Se in nessuno dei casi sopracitati si riesce scovare il nemico nascosto, non bisognerà sprecare alcuna azione per cercare in quanto ogni volta che il ninja attacca, esce automaticamente allo scoperto. Tutte le volte in cui, da regolamento, è consentito attaccare il nemico rimanendo nascosti (es. clan Aburame, utilizzo dell'arma Blowgun ecc...) ad ogni attacco l’abilità Nascondersi subirà una diminuzione d'efficacia di due livelli fino ad un minimo del lv 6.

- L'attacco eseguito dopo essersi nascosti otterrà un bonus pari ad 1/20 rispetto al totale dell'attacco per l'effetto sorpresa (non applicabile se il ninja è stato individuato dall'avversario prima che potesse attaccare). Questo bonus, tuttavia, non si può applicare e sommare all'abilità Piazzare Trappole.

- Da Nascosti è possibile contrastare l'abilità "Sensitivo" sprecando utilizzi dell'abilità "Controllo del Chakra", ma per funzionare quest'ultima dovrà essere almeno di 1 livello superiore del sensitivo avversario”.

Azioni che un ninja può eseguire da nascosto:
- Mantenimento attivazioni o tecniche, tra cui le genjutsu, che sono state eseguite prima.
- Recuperare stamina, attraverso l’ azione morta
- Usare oggetti (anche quelli che normalmente non sono utilizzabili in combattimento)
- Piazzare trappole

[Utilizzabile 3 volte per scontro, se contro ninja di rango uguale o inferiore al proprio; max 2 volte contro ninja di rango superiore]
-La Trasmigrazione consente ad Hide di portare il suo talento per l'infiltrazione ad un livello inumano. Praticamente invisibile, il Cantore colpisce dall'ombra la notte stessa.-


*Così attese. Un passo falso dell'avversario, un segno di vita da parte del rettile che aveva evocato, un'occasione per acquisire qualsiasi informazione. Il corpo andava ritrovando la propria omeostasi, una temperatura controllata ed un battito defibrillato... ma, dietro lo sguardo gelido, la mente di Hideyoshi era attraversata da immagini di scontri simili, di agguati nelle profondità della terra e vittorie sofferte contro innocenti. Il viso di Gintan, morente, stretto laddove si trovava la lancia.*
 
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view post Posted on 12/3/2020, 15:46     +1   -1
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Quando il Segno iniziò a pulsare, a fremere sotto la sua pelle, pronto a ghermirlo, a contrarre la sua morsa donandogli supporto, come ogni simbionte usa fare nel momento del bisogno; fu allora che iniziò ad avvertirlo.
Impercettibile al principio, poi simile a un prurito, quando si divincolò tra i cunicoli del salone cercando riparo, la fioca luce che filtrava dai finestroni che rendevano il museo un caleidoscopio spettrale, gli indefiniti riflessi delle vetrine simili a figure provenienti da un distorto universo imprecisato, non segnato su alcuna mappa.
Palpiti continui, il segno che lo metteva in guardia. Si riconosceva. Si avvertiva nei paraggi. Le tempie che pulsavano, la testa pesante e i dolori più acuti, man mano che l'influenza del segno cresceva esponenzialmente, un incendio battuto da scirocco. Doveva essere cauto. Qualora non lo fosse stato, avrebbe potuto rovinare a terra urtando qualcosa di fragile, che sarebbe andata in frantumi con fragore di cristalli, o di ferraglia, rivelando in modo inequivocabile la sua presenza. Ammesso che questa non fosse già nota.
In una simile catastrofe riuscì comunque a intuire la grazia che gli era stata concessa. Le fu chiara in un'attimo, come la più fulgida delle illuminazioni. Poiché quando avvertì quel dolore diventare quasi insopportabile, capì che quel qualcuno, o quel qualcosa, stava giungendo alla sua volta. E non vedendolo in alcun modo, non gli restava che una sola direzione da cui questi poteva essere pronto a ghermirlo.

Prova a elaborare una strategia contro "la cosa". Vedremo nel prossimo post con che conseguenze
 
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view post Posted on 30/3/2020, 23:11     +1   -1
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Museo di Bousun, Yuki no Kuni, 13 marzo 249 DN, ore 12.15


*Scomparve, il suono dei propri passi non più percettibile di quello del sangue che sgorgava dalla ferita. Ogni pulsazione era un dolore distante, una macchia invisibile sotto il mantello scuro. Non permise che scivolassero in terra, non se poteva impedirlo, non finché avrebbe ritenuto la propria posizione sicura.
Nessuna traccia dell'assalitore, che, se davvero invisibile non era, una simile capacità poco gli avrebbe giovato in fatto di occultamento. Gli occhi del Cantore non potevano scovarlo, e gli altri sensi, fatto salvo il tatto per ciò che di rettile c'era in lui, rimanevano altrettanto ciechi. Così attese, in un silenzio perfetto, ad ogni secondo divaricando l'intervallo tra un battito e l'altro. Così il respiro si fece nuovamente flebile, la pelle gelida, opaca ed immobile.*


(Maledizione... così non va. Non si tratta di una bestia, o mi avrebbe inseguito, perlomeno cercato...
Sta giocando al mio gioco?)


*Impossibile investigare circa la natura del taglio. Non lì, non ora. Stretta tra null'altro che le pieghe del mantello, l'altra mano impegnata a tenere la lancia, la ferita avrebbe dovuto smettere da sola di sanguinare.
La presenza del Segno a sua volta cessava di incombere, come era solita fare in momenti come quello, in cui la tempra fisica e morale minacciava di incrinarsi. Una vecchia compagnia, quella, tanto che al Kokage servirono diversi istanti per rendersi conto che, benché la pressione del Potere di Otomika ai confini della propria mente si allentasse, la sua essenza continuava a permearne i sensi. Era lì, assieme a lui.
Lo sentì tornare d'improvviso, palesandosi sotto la propria ferita, pulsando assieme ad essa. Un prurito, un fastidio, un moto a stento descrivibile. Agli occhi del Cantore, benché nulla dell'ambiente circostante si fosse modificato, alterazioni coreografate e disorientanti, simili alle visioni che l'usura impostagli dal Segno provocava dopo diverse ora senza riposo. Così la luce filtrante dalle finestre variava sensibilmente il proprio corso, generando riflessi implausibili, infrangendosi sui muri opachi come fossero diamanti, accendendo le piante come foreste in fiamme.
Sbatté le palpebre. Una, due volte, ubriaco di quella sensazione.*


(C... che diavolo sta...)

*Non si sentiva così da... da quando? Non poté ricordare, e cercando con la schiena il rifugio di una parete seppe di non poter rimanere in piedi ancora a lungo. Tentò nuovamente di regolarizzare il respiro, ma la temperatura corporea era nuovamente schizzata alle stelle, trasformando ogni boccata in combustibile. Avvertì il Segno muoversi senza controllo, crescere, mentre l'ultimo scambio che aveva avuto con Kinji gli tornava alla mente. L'energia del Rosso che lo abbandonava, la figura di Ki, il suo sguardo...*

("Keiichi è morto."

"Sono state le sue ricerche a ridurre la sua vita, l'uso che ne ha fatto, ad ucciderlo."


"C'è stata una volta in cui, nonostante il mio corpo fosse sotto il controllo dello Spettro, sono riuscito ad essere più forte...")


*La ragione per cui aveva intrapreso quel viaggio fu l'inevitabile destinazione raggiunta dalla propria psiche, un'invariabile coordinata per chi, come lui, non aveva nient'altro a cui attaccarsi. Sarebbe sopravvissuto. Doveva sopravvivere.
Tentò con ogni fibra del proprio essere di contenere l'ansimare a cui si era ridotto, abbandonando del tutto la pretesa di tenere a freno il Segno impazzito. Se davvero Otomika aveva deciso di emergere in quel momento, non avrebbe avuto comunque speranza di fermarlo. L'energia lo pervase come un fiume in piena, e nessuna barriera vi era mai stata, minacciando di spaccargli in due la testa. Si appoggiò contro al muro, ad un passo dal collassare: sarebbe stato il momento perfetto per attaccare, quello, se davvero lo Spettro avesse deciso di annientarlo... ma ciò non avvenne, né alcuna forza cosciente avanzò la propria pretesa. Rimase solo l'impazzare del Segno, il suo cercare senza sosta, il suo straripare lungo la pelle in un vapore tanto denso da essere liquido
Improvvisamente, Hideyoshi ricordò l'ultima volta in cui si era sentito a quel modo. L'ultima volta in cui aveva sentito sé stesso muoversi oltre il confine del proprio corpo.*


(No... non può essere...)

*Ma pochi dubbi rimasero non appena i sensi del jonin, tesi strenuamente che fossero, si rivolsero nuovamente all'esterno. Le corde del proprio spirito colpite dagli stessi stimoli, ma con diversa risonanza: qualsiasi cosa lo avesse assalito esisteva sulla sua stessa lunghezza d'onda. Lo sentì muoversi, d'improvviso, avvertendo senz'altro quel che lui avvertiva.
Non ci fu tempo di domandarsi alcunché: la mano armata si mosse alla propria destra, dove la luce del caleidoscopio non arrivava, dove lui sarebbe corso a nascondersi. Una lieve pressione, ed il bastone telescopico della lancia si estese con forza per tutta la propria lunghezza, cercando di incontrare quel che aveva sentito avanzargli contro. Poco importava che gli occhi non lo vedessero.*
 
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view post Posted on 17/5/2020, 10:45     +1   -1
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Non seppe dire quando tutto ciò ebbe luogo, dove gli eventi si risolsero nell'unico sentiero. Ci era avvezzo, la sua era stata una strada lastricata di sangue e violenza e morte, di strappi concitati del tessuto del mondo in abissi di disperazione, qualcosa di cui era sempre più consapevole. Non c'era pace per loro, né poteva esserci, pecore di un pastore senza gregge sul sentiero battuto dai lupi.
L'impatto si risolse in un esplosione del cuore, e sapeva riconoscere cosa fosse causa di semplice adrenalina e cosa non lo fosse, e lo stesso accadde a ciò che la sua lancia aveva colpito e che squartò e poi spazzò via per qualche metro. Tutto stava tornando lentamente alla normalità, i battiti del cuore, la tensione delle sue membra, l'influenza del segno, la pressione sulle meningi. Lo stesso non poteva dirsi della cosa che giaceva a qualche metro di distanza, immersa nella penombra.



Qualora si fosse avvicinato, con la cautela che caratterizza un serpente letale, minuto e vulnerabile, con la curiosità propria di chi rifugge da una vita sepolta da prigioni di terra, avrebbe scorto quello che pareva un quadrupede sdraiato su un fianco. La poca luce dell'ambiente gli donava pochi altri dettagli. Pareva trattarsi di una capra, o un montone, comunque di un artiodattile munito di corna dovendo limitarsi a ciò che era dato al suo sguardo. Oltre al fatto che, a un certo punto, ebbe la vaga impressione che l'animale stesse iniziando a sgonfiarsi, come se il suo squarcio avesse avuto l'effetto di un minuscolo foro su un pallone pieno d'aria; non ebbe tempo di razionalizzare adeguatamente l'evento, perché un nugolo di propaggini uscirono d'improvviso dal corpo della bestia cercando di avvinghiarsi a lui, come fossero dotati di coscienza propria, come se avvertissero qualcosa in lui che valeva la pena avvinghiare più di ogni altra meraviglia lì esposta.

Scegli tu come distruggere questi bei viticci, sappi però che se questi dovessero toccare Hide avrebbero come una reazione catalitica col segno, benché solo temporanea. Dopodiché, indicami verso dove va Hide, se resta a perlustrare il piano terra, se prende delle scale che portano ai piani superiori, o se decide di imboccare la via verso i pieni inferiori.
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view post Posted on 19/5/2020, 14:59     +1   -1
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Museo di Bousun, Yuki no Kuni, 13 marzo 249 DN, ore 12.15


*Contatto.
Preda di un impeto fatto di disperazione ed istinto, la punta della lancia trovò materia solida ad intercettare la propria avanzata. Il Kokage ne avvertì la conferma lungo il braccio e la spalla, ben prima che cuore e mente se ne avvedessero. Come acqua lungo un letto arido di fiume, il brivido gli corse indosso irrorando speranze con conferme, accompagnato dal rantolo gorgogliante di qualsiasi cosa avesse incontrato il metallo.
Poi quiete. Di nuovo, terribilmente. Il Cantore ritrasse l'asta della lancia dentro sé stessa, ruotandola nella mano e raccogliendo il braccio al corpo mentre questo ruotava rapidamente in direzione della minaccia. Un istante di silenzio, i muscoli tesi in posizione di combattimento, ancora provati dall'esperienza trascorsa. Erano corde di violino appena toccate, private dell'impulso ma memori della vibrazione, la presenza del Segno scivolata nell'oscurità da cui era emersa.
Il respiro tornò sotto controllo, battito dopo battito, la mente avviata verso nuova lucidità mentre finalmente Hideyoshi muoveva un passo verso il nemico. Cauto, ma saldo: il venir meno di quel terrificante legame tra loro probabile conferma della morte della creatura. La trovò in terra, la posizione scomposta dalla caduta e le viscere parzialmente sparse in terra. La punta tagliente era penetrata nell'incavo della spalla sinistra, aprendosi quindi la strada senza sforzo attraverso la pelle marcescente ed aprendo il fianco della bestia. Perché di bestia si trattava.*


(Ma che... un quadrupede? Zoccoli?)

*La osservò dissolversi nella penombra, la pelle sottile, traslucida laddove direttamente illuminata. Il colore e la consistenza più vicina a quella di un corpo abbandonato alla corrente per giorni. In terra molto meno sangue di quel che ci si sarebbe aspettato da un animale di dimensioni simili.*

(Morto sul colpo... troppo sul colpo.)

*Fu allora che esitò, arrestandosi sulla scia del sospetto che, in qualche modo, la bestia si stesse fingendo morta per lanciare un ultimo, disperato assalto. Ma così non fu: come se la lancia le avesse trafitto il cervello, essa era spirata sul colpo, non lasciandosi sfuggire alcun lamento oltre quello iniziale.
Allora mosse un altro passo, e un altro ancora, con confidenza fatalmente crescente. Mantenendo l'arma estratta, raggiunse la distanza di poco più di un metro, prendendo a girarle attorno per avere una visuale migliore della parte frontale. Il sospetto riguardo cosa avesse di fronte lo insidiava ormai da diversi minuti, ad un tempo invitandolo alla cautela... e spingendolo a confermarne la natura.
Fu questa miscela letale a condurlo a metà strada, quando ormai il fianco aperto della bestia lo incontrava parallelamente. Lo osservò levarsi per qualche centimetro, quindi cedere sotto il suo stesso peso, come se la creatura avesse solo allora, finalmente, perduto le forze. Ma il moto stesso apparve innaturale, localizzato, in qualche modo non il prodotto concertato dei muscoli ma di qualcosa che muoveva dall'interno del ventre.
Fu soltanto nel vedere lo squarcio dipanarsi e i tentacoli emergere che ebbe le proprie conferme. Per allora, tuttavia, sarebbe stato troppo tardi. Troppo tardi per temere, troppo tardi per scappare.*


(MALEDIZ-)

*Il parassita lanciò i propri tentacoli verso di lui, marchiandolo di sangue e viscere nel processo. I riflessi gli consentirono soltanto di tranciare il primo in arrivo, nel moto esponendo inevitabilmente il resto dell'avambraccio. Con proprio orrore, Hideyoshi vide le propaggini avvinghiarglisi addosso, immediatamente tramutando il colore della pelle dal pallore originario in un grigio fin troppo familiare. Allo stesso tempo, quasi come in una reazione immunitaria, l'energia del Segno tornò a manifestarsi, circondando di chakra sfrigolante il punto di contatto ma, ancor di più, annientando il pensiero.
Lottò come poté. Brevemente, inutilmente, prima di venir trascinato dall'altra parte. I sensi al limite del cosciente.*




*Cemento e vetro cedettero sotto il proprio stesso peso, distorcendosi dimentichi di quel che avrebbero dovuto essere. Così il soffitto perdeva angolo e sfumatura, la scatola spalancata, il contenuto rivelato. Di fronte a lui molle devastazione, edifici sciolti ad un vento che non si lasciava percepire.
Ricordò cos'era stato, ricordò di essersi immerso nel lago. Era annegato? No, no. Non annegato. Non nell'acqua. Qualcosa gli aveva parlato, lo aveva avvicinato tra quelle stesse rovine. Molto simili le ricordava. Si sentì stanchissimo, al limitare del sonno, ciascun pensiero un appiglio estenuante.*


"˙ǝlᴉqᴉuǝʇsosuᴉ ǝuoᴉzɐʇnW ˙ǝlᴉƃɐɹɟ 'ǝloqǝp ɐzuɐʇsoS
˙oN ˙ɐɹoɔuɐ uoN"


*Si voltò, trovandolo lì accanto a lui, come sempre. Lo riconobbe non dall'aspetto, ma da un mosaico di dettagli immediatamente familiari, tutti quelli che la propria mente riconduceva ad Otomika. Quasi che qualcuno lo avesse ricomposto sulla base di un suo resoconto.
La voce rauca e gutturale, spezzata, lo raggiungeva da ogni parte. Proveniva dal ventre del Kokage, che lo osservava immobile, pupazzo di un ventriloquo.
Alle sue spalle, un sole nero. Intorno a lui la cornice di una porta, l'accenno di mattoni rossastri.*


"˙ǝɹɐuɹoʇ ǝʌǝp
˙ǝɹɐuɹoʇ ǝʌǝp ˙ᴉS ˙ǝʇuɐʌǝlᴉɹɹI
˙ǝpuǝɹdɯoɔ ᴉɯ uoN"


*Riconobbe il tono come quello della creatura che lo aveva avvicinato poco prima. Ne riconobbe l'essenza, così simile a quella della Progenie che ancora gli bruciava nelle vene. Desiderò morire, desiderò non essere mai stato "salvato". Era una carcassa putrescente, una crisalide in attesa del mostro che doveva uscirne.
Pianse, e i sensi lo abbandonarono nuovamente.*




*Primo a tornare fu il contatto col pavimento. Gelido, implacabile, dolente. Quindi la vista, l'odore acre, il sapore del sangue in bocca. Dapprima rammentò vagamente, come chi appena sveglio fa con il più singolare dei sogni. Vide l'orrore tentacolato di fronte ai suoi occhi, ma gli ci vollero diversi istanti per convincersi della realtà.
Quando lo fece, scattò carponi, quindi indietro, trascinandosi contro la parete. Il cuore impazzito, la mente confusa... ma nuovamente limpida.
Era morto. Immobile sul pavimento, esattamente come la creatura dal quale era emerso.*


(Non ce l'ha fatta? Come...)

*Speculazioni tra le più selvagge minacciarono di tradirlo, ciascuna verosimile ma, in quel momento, pericolosa quanto l'essere che giaceva morto di fronte a lui. Ansimò, per l'ennesima volta disperatamente ricercando in sé la forza di portarsi sotto controllo, di rimanere concentrato.
Fu allora che lanciò uno sguardo attorno, cercando il serpente che aveva evocato. Era stato lui a salvarlo? No, ridicolo anche solo pensarlo.*


(Serpenti... la missione... il capitano.)

*Istintivamente allungò una mano alla ricerca della trasmittente, estraendola non senza fatica e portandola alle labbra. La voce emerse pastosa, flebile, ma sufficientemente disciplinata.*

"N-nishikori-san. Qualcosa di terribile è avvenuto qui. Progenie.

Se mi sentite, ho... ho bisogno che mettiate in sicurezza il piano terra. Cautela.

Sono ferito. Non letale. Proseguo al seminterrato."


*Disse, chiudendo quindi il contatto e lasciando cadere il braccio a terra. Non appena l'ebbe fatto, gli sovvennero nuovamente le parole che Nishikori gli aveva rivolto prima di lasciarlo andare.
Alla luce di ciò che lo aveva appena assalito, assumevano un significato ben più oscuro.*


(... era una normale giornata di lavoro...
Ed è un bene che l'abbiano pensato... un bene...)


*Difficile dire se effettivamente avesse frainteso quel che il militare intendeva, se altro vi fosse stato. A quel punto, in quel momento, non sembrò aver senso chiederselo. Era necessario che proseguisse, e lo facesse da solo: Hakuja lo aveva inviato in quel luogo ben sapendo a cosa sarebbe andato in contro, ben sapendo che, se si fosse appoggiato sull'aiuto di altri per risolverlo, non avrebbe mai ottenuto accesso alle conoscenze che cercava.
Si forzò in piedi, cercando per l'ennesima volta tracce del serpente. Non trovandole, si mosse in cerca delle scale per il seminterrato. Il passo silente, il braccio ferito raccolto al corpo, la lancia ritratta nell'altro.*
 
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view post Posted on 19/5/2020, 21:46     +1   -1
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Risposte monosillabiche di Nishikori, poi il silenzio, l'attesa e l'attenzione, frasi di rimando, la preoccupazione che poteva materializzarsi dall'altro capo del campo elettro-magnetico agli occhi di chiunque. Oggetti forse ormai troppo distanti dalla mente del Cantore. Non ora. Non in questo stato. Non dopo quanto era accaduto lì, o era di là dall'accadere, come poteva saperlo di preciso? E forse era proprio quello a inquietarlo ancor più. Inquietudine che gli fibrillava il petto, certo, ma misera cosa in confronto a cosa l'avrebbe atteso se non avesse perseguito lungo quel sentiero. Vittoria o morte. Nessun altro miracolo lo avrebbe più salvato dalla fame insaziabile del Verme.
Proseguì. Le tracce del Segno sempre più lontane, mai evanescenti. Come un arto mozzato che, pur cessando di portare dolore, non potrà mai nascondere il peso della sua mancanza. Le ombre della sala si stringevano in un androne illuminato dalle luci opache provenienti dall'ingresso principale, i finestroni due occhi bianchi e assenti e il portone una bocca spalancata in un urlo di terrore. Ai suoi lati, le scale che portavano ai piani superiori, e giù, nascoste nel buio, i gradini che portavano già ai seminterrati. L'istinto lo portò verso questa direzione. La porta socchiusa era carta spiegazzata da macellaio, come se qualcosa l'avesse battuta e accartocciata, aperta nella sua direzione, dimodoché fu data al suo sguardo gli schizzi sanguinolenti che la punteggiavano.

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L'angusto spazio nebuloso che gli si parava davanti defluiva ai margini dei bagliori visibili di lampade al neon che illuminavano lo slargo con luce fredda e bluastra. Per un attimo gli parvero solo macchie, poi, come chi arrivi per nave in una notte nebbiosa a una falesia, si accorse che la carne drappeggiava a chiazze le pareti, ma non come se qualcuno avesse deciso di adornarle in una celebrazione barbarica, piuttosto come se le pareti fossero a chiazze divenute esse stesse carne. Viva e pulsante, e lo capì perchè il Segno tornò a irretirlo. Qualcosa si muoveva intorno a lui. Lo sapeva. Lo avvolgeva certo, ma c'era anche qualcos'altro. Lo osservavano, qualunque cosa fossero. Tracce di volti e arti e visceri irriconoscibili nella carnificazione delle mura. Borborigmi confusi, da cui inatteso si levò un gemito sommesso. L'origine, una delle stanze laterali dell'andito. Sembrava che fosse sul punto di entrare tra le viscere di un animale. Al centro, una figura inginocchiata, lo sguardo al pavimento. Gemeva ancora. Alle sue spalle qualcosa di curioso, come un incavatura nelle pareti, o uno squarcio tra le carni, ma presto il Segno lo avvertì di quelle due presenze che lo fissavano dal soffitto, e presto la figura inginocchiata iniziò a urlare in preda al dolore.

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Le due figure sul soffitto per ora restano immobili, a meno che Hide non abbia da obiettare, mentre il poveretto lo attaccherà alla rinfusa e senza pietà
 
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view post Posted on 3/6/2020, 06:28     +1   -1
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Museo di Bousun, Yuki no Kuni, 13 marzo 249 DN, ore 12.30


*Così, per la seconda volta da quando quell'intera impresa era cominciata, il Cantore di Lame si ritrovò a discendere all'inferno. Non un'esperienza nuova, per lui, ma comunque una cui l'uomo, qualsiasi uomo, anche quello a cui di umano è rimasto soltanto il nome, non può davvero abituarsi. Passo lento e circospetto, la mano stretta attorno all'impugnatura della lancia come il credente fa col proprio idolo, Hideyoshi affrontò i corridoi del museo diretto al seminterrato.
Diversa era la prospettiva rispetto a quando era entrato; non più un esploratore ardito, un risolutore, un predatore... ma un penitente, una preda, qualcuno ormai consapevole della propria vulnerabilità a qualsiasi cosa popolasse quel luogo. Qualcosa in lui urlava perché fuggisse, perché abbandonasse quella follia e scegliesse piuttosto di affrontare la furia dei Serpenti, ora così lontana ed eventuale al confronto. Eppure certa, eppure mortale, perché anche non lo avessero tradito ed ucciso, senza accesso al Senjutsu il Kokage sapeva che i suoi giorni, pur contati, diminuivano drasticamente in numero. Solo questo gli servì come conforto, così come tante, troppe volte era accaduto prima: la consapevolezza di non potersi voltare indietro, di non avere alternativa all'orrore e alla depravazione in cui volta a volta scivolava, lo spinse avanti, soffocò terrore... e vergogna.*


(Kinji-dono... spero vivamente che tu abbia ragione, spero che Keiichi-sama avesse ragione. Se solo il Laboratorio fosse rimasto in piedi, se solo...)

*Se solo il corpo del Kokage non fosse sparito, trafugato da Yo e condotto chissà dove, nelle profondità del villaggio con ogni probabilità... se solo. Perso in quel che avrebbe potuto essere quasi quanto in quel che era o sarebbe stato, Hideyoshi imboccò finalmente una delle scalinate che l'avrebbero condotto di sotto. Il livello di umidità parve aumentare ad ogni passo, divenendo presto rancido, soffocante e reminiscente di Ryuchi. Attorno a lui, tuttavia, un ambiente asettico e sinistramente ordinato, specie se messo a confronto con lo stato delle piante al piano di sopra. Le pareti lisce, uniformi fatto salvo un leggero strato di muffa agli angoli del soffitto, lo condussero avanti finché anche quest'ultima conclusione non venne meno.
Si fermò, appiattendosi lentamente contro al muro, mentre la porta d'accesso gli appariva dopo una seconda svolta. Qualcosa aveva chiaramente tentato disperatamente di infilarcisi dentro, oppure, in qualche modo, era stato trascinato fuori: il materiale dell'ingresso era infatti stato piegato e ritorto da una forza impressionante, che aveva, nel processo, sparso il proprio o l'altrui sangue per la lunghezza del lembo alterato. Un'immagine evocativa, foriera di pensieri terribili, sospetti indicibili. Se già scendendo lo shinobi non sperava di rinvenire anima viva lì sotto... no, anima umana, ora poté averne la certezza.
O quasi. Se davvero gli dèi avevano ritenuto, nella loro somma perversione, che qualcuno dovesse sopravvivere a quell'orrore... allora forse avrebbero concesso anche a lui questa grazia. Non importa come ne fosse uscito.
Proseguì, di fronte a lui un mutare di scena quasi repentino, affine a quel che il passaggio all'Oblio spesso imponeva sul mondo. Tutto attorno ciò che era bianco divenne rosato, rossastro; ciò che ancora era sano si fece malato. Le macchie sulle pareti, la muffa e l'umidità, protruse all'infuori come bubboni sulla carta da parati, il colore quello del sangue a stento rappreso. Un massacro si era consumato tra quelle pareti; qualcosa di orripilante di cui, Hideyoshi ne era ormai terribilmente certo, gli uomini di Nishikori dovevano essere almeno indirettamente responsabili. Non era possibile che non si fossero accorti, che non sapessero... e allora dovevano aver deciso di non intervenire, per completa impossibilità nel migliore dei casi.
Ma non era quello che il capitano gli aveva detto.*


(Kami... come è potuta accadere una cosa del genere? Come hanno fatto?)

*Aveva una risposta per sé, per il Suono, ma un luogo del genere... possibile che fosse la stessa? O che ci fosse un collegamento? Improvvisamente, assolutamente insperata, una speranza prese a farsi largo nella sua mente. Ma la circostanza era talmente assurda, talmente perversa, che non osava immaginarne le implicazioni. Non poteva trattarsi di una coincidenza, non almeno a quel livello. Ma Hakuja c'entrava qualcosa? Possibile che sapesse? Non era da escluderlo, considerato il livello di accesso che i Serpenti avevano al Suono...*

(Eri qui...? Sei ancora qui...?)

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*Onimio. Onimio Kaguya. Il nome prese a rimbalzargli in testa impazzito, ciascun rintocco un ricordo completamente fuori luogo, tanto inaspettato quanto angosciante. Contro ogni cautela, ogni necessità immediata, la mente del Kokage tentò di rammentare quanto l'ultimo rapporto riguardo la posizione e attività dello scienziato aveva confermato. Era passato più di un anno, ma le parole che aveva rivolto a Sayuri Maeda, la ragazza che aveva inviato ad indagare, gli tornarono chiare, più chiare di quelle vergate sulla carta da qualcun altro.*

("...interrogare ed uccidere il Dottor Dotoki. È stato avvistato l'ultima volta tra il confine dell'Erba e quello della Pioggia. Si tratta di un individuo tanto geniale quanto folle, e non è escluso che abbia modificato i propri connotati nel tentativo di depistare eventuali inseguitori.
Mi affido alle tue capacità per scoprire che ne è stato di Onimio Kaguya, se possibile la sua posizione attuale...")


*Che ne era stato di Maeda? E di Dotoki? L'ultimo avvistamento dello scienziato, braccio destro di Tashigama, facevano riferimento ad un laboratorio tra Kusa ed Ame... ma da allora era successo di tutto. Possibile che si fosse rifugiato qui? E se si, che avesse tentato di riprodurre qualcosa?
Difficile, difficilissimo... ma in quel momento al Kokage parve incredibile che la possibilità non gli fosse sovvenuta prima. La Progenie sopravviveva ancora in quel mondo, certo, ma sempre meno e con minor incidenza; un'emersione in quel punto, a quel modo e a quelle condizioni... non poteva non farlo sperare. E la speranza stessa non poteva non lanciarlo nella disperazione: se aveva ragione, allora le possibilità di ritrovare Onimio, o una sua traccia, una sua memoria, erano remote quanto quelle di salvare sé stesso.
Quali che fossero le risposte, ben presto il corpo pretese nuovamente di riportare la mente al qui ed ora. Nell'oscurità di quel corridoio, tra le porte a vetri opacizzate da sangue e condensa, Hideyoshi avvertì la marea del Segno montare nuovamente, le sue acque ribollire sotto nuova pressione.
Qualcosa si muoveva nei dintorni, scivolando ad un tempo lungo il pavimento e la schiena del Cantore. Mani, occhi, viscere, ben presto ogni centimetro del laboratorio pulsò al suo stesso ritmo. Un cuore, no, uno stomaco, la fame insaziabile e la digestione perenne. Ne avvertì l'odore, il suono, un gorgogliare sommesso e vibrante.
Poi, d'improvviso, un gemito. Inequivocabile, provenne dalla propria sinistra, poco più che un metro. Attese un istante, immobile, quindi mosse un passo oltre l'angolo.*


(Ma che...?)

*Qualcuno era in ginocchio, a terra, la testa piegata sul petto. Lievi lamenti alternati a vagiti l'abbandonavano, uno stillicidio luminoso dal viso fino ad una piccola pozza in terra... difficile dire se lacrime o saliva. Sul momento, vedendo finalmente anima viva che non apparisse mostruosa, l'impeto del Kokage fu di soccorso. Tanto per sé quanto per quell'anima altrettanto sventurata.
Mosse un passo in avanti, irruento se messo al confronto con quelli che l'avevano preceduto, sulle labbra la sagoma di un richiamo... ma immediatamente, maledettamente, qualcosa lo trasse indietro. L'immagine era quella più di un rituale che di un soccorso, e la posizione dell'uomo, così come di quel che Hideyoshi distinse immediatamente alle sue spalle, si allineava alla sua in una maniera che non poteva avere del casuale. Forse fu questo a trattenerlo, forse, tuttavia, fu l'immediato montare del Segno ai confini della propria mente. Un misto di paura e affrancamento, il riconoscere un proprio simile ed il timore che ne derivava.
Predatore incontrava predatore... no... preda incontrava preda.*


(Kami... no... vi imploro...)

*Si ritrovò a supplicare, mentre un velo di sudore freddo gli imperlava la fronte. Improvvisamente si sentì come di fronte al lupo, così tanti anni prima, raggelato dal terrore, lui un genin, il seminterrato uno dei più cruenti tornei mai organizzati. Così, udendolo soffrire, gli dèi si contesero le carni di quel sacrificio, ciascuna mano a sé traendo, dilaniando. Uno squarcio mortale si aprì nel torso dell'uomo, dallo sterno all'inguine, mentre i muscoli lacerati prendevano vita propria, i lembi di carne animati come tentacoli.
Lungi dal morire, l'uomo si tramutò in una fauce bipede, il grido di dolore ben presto torto in un ruggito agonizzante. Se fino a qualche minuto prima il jonin si sarebbe potuto ancora nascondere dietro un misero beneficio del dubbio, ora lo stato di cose appariva in tutta la propria ovvietà. L'orrore, che altro non poteva essere se non Progenie, si levò in piedi e gli balzò addosso in un unico movimento bestiale. Caracollò su gambe esitanti, in un primo momento, quasi che il governo del corpo non appartenesse più al cervello, ma ben presto abbandonò ogni pretesa di equilibrio per scagliarsi contro Hideyoshi.
Un Hideyoshi ancora immobile, pietrificato, lanciato in un incubo vecchio ormai tre anni. Lo stesso che lo aveva visto spiraleggiare fino in quel seminterrato. Erano state le stesse mostruosità a portarlo lì, a contaminarlo, a renderlo l'essere moribondo che era ora. Gli avevano tolto il nome di Kaguya, lo avevano costretto ad imparare ogni cosa daccapo, a trascinarsi, a dover arrancare di impresa in impresa per poter anche solo sperare di sopravvivere. Ne avevano fatto un animale, no, peggio... ne avevano fatto uno di loro.
Volute di energia, scure, un tutt'uno con l'ombra che impregnava quel luogo. La loro essenza era la sua, e così si avvertì scivolare in ogni anfratto, attraverso la pietra e la carne. Era il sangue sul pavimento, la polvere noncurante sulle apparecchiature, il respiro dei due che lo osservavano sul soffitto, le urla del poveraccio davanti a lui. In un unico istante si rivide per come era, per come sarebbe potuto essere, per come doveva essere.
Gridò, un tutt'uno con chi voleva annientarlo, ad un passo dal lasciarlo fare. Gridò fuori da quel momento e da quella sofferenza, gridò con tutte le forze di cui ancora disponeva, lasciando che fosse il Segno a riempire il vuoto.
Definitivamente, completamente. Com'era stato quel giorno nel deserto, quando la sua vita era diventata qualcosa di caricaturale, grottesco. Per un unico istante rivide il suo volto, avvertì la sua presenza, vicina come non mai. Lo scorse superare la terribile soglia che il chakra di Keiichi aveva tenuto sigillata per così tanto tempo, il suo passo una valanga, la sua volontà un terremoto. Sapeva cosa stava per accadere, ma fatalmente non importò più. Laddove nessuno poteva udirlo o vederlo, aiutarlo o schernirlo, la forza di continuare a lottare lo abbandonò.
Al suo posto, una furia cieca.


<attivazione> - 2° Stadio del Sigillo - (Vta: - 8 x turno)
"Rilasciando completamente il Seal maledetto, il ninja viene sopraffatto dall'oscuro potere cambiando il proprio aspetto fisico e aumentando notevolmente le proprie capacità. Consuma maggiori quantità di energia vitale, ma gli effetti liberati risultano quasi prodigiosi. Esistono quattro varianti di questo Sigillo, ognuna rappresentata da un elemento."

<attivazione> - Kaishi- (-15 Stm a turno)(Richiede il secondo stadio del Segno Maledetto)
"Dal momento in cui Keiichi ha sigillato nel Segno di Hideyoshi i tre Sentieri conosciuti, la natura del potere oscuro è stata, per il Cantore, sovvertita.
Le reminiscenze di Otomika, causategli dal Sentiero della Trasmigrazione, sono svanite, e così anche la presa sempre più incombente del Segno sulla giovane coscienza del ragazzo. Ora custode di un potere in costante conflitto interno, Hideyoshi non è più strumento di volontà oscure, ma loro, finalmente libero, fruitore. A prova di ciò, il marchio nero del Segno Maledetto è scomparso dal corpo del ragazzo.
Quando raggiunge il Secondo Stadio, i tre Sentieri si manifestano distinti, in lotta l'uno con l'altro per imporsi sul suo corpo, senza alcuna vittoria. I benefici e i costi conferiti da Kaishi si sommano alla normale natura del Segno."

- Il Sentiero del Vuoto, che conduce all'oblio, percorso da Otomika Kaguya. L'energia del Segno si fa nera, densa, dai riflessi blu, e il corpo del Cantore è attraversato da una scarica che rinvigorisce ed ingrossa la muscolatura. I capelli aumentano di lunghezza, e la mente del ragazzo è affilata come un rasoio. Qualsiasi sua reazione aumenta in rapidità, così come i movimenti e la violenza dei colpi, che cessano di mancare il bersaglio.
Concede un vigore sovrumano ed una maestria sconfinata, +60 Frz/Vel. Inoltre, quando sprofonda nel Vuoto, Hide recupera un quantitativo della Stm sottrattagli da Kaishi fino a quel momento pari a 5* il numero di turni in cui Kaishi è stato mantenuto attivo.

<taijutsu ravvicinata> -Vuoto: Yashin no Mai- (-15 Stm)
"Nessun uomo ha mai desiderato tanto; nessun uomo ha mai ottenuto tanto. Otomika Kaguya ha usato il suo talento e la sua determinazione per ottenere un potere spaventoso, e su tale forza ha fatto leva per schiacciare ogni ostacolo nell'ascesa verso il nulla. Uno spadaccino leggendario, uno shinobi spietato, un dominatore incontrastato.
Intrapreso il Sentiero del Vuoto, Hide è pervaso dalla sua immensa potenza. I punti deboli del nemico sono a portata di mano, il corpo guadagna un'energia terrificante, la mente non può più vacillare. Attorno a lui l'energia del Vuoto si fa tangibile, penetra fin dentro le ossa, scorre nei muscoli.
Con uno slancio istantaneo, il Cantore si proietta verso l'avversario vibrando una serie di colpi potentissimi, ciascuno rinforzato dall'energia del Segno, che si svincola esplodendo e sbriciolando l'ambiente circostante sotto forma di serpenti neri, dagli occhi scarlatti.
Conferisce un bonus di +230 a Frz. Qualora infligga Danno Certo, l'avversario sentirà il Segno corroderlo, e non potrà recuperare né Stm né Vta, in alcun modo, per i prossimi due turni.
Quando la tecnica è terminata, l'energia continua ad infuriare sul campo di battaglia, rimuovendo eventuali cambiamenti del paesaggio causati da jutsu propri o avversari.
<effetto jonin> - Shihai no Seika: L'ambizione di Otomika non può essere controllata in alcun modo, salvo dalla furia dello scontro.
L'energia più densa generatasi dall'impatto dei colpi non si allontana dai palmi del ragazzo, ed incapace di scaricare altrove si condensa in due armi dall'aspetto crudele e letale. Ciascuna è composta da una coppia di lunghe lame in forma di mezzaluna, strette nel pugno attraverso un manico centrale, e sigillate da una mitena circolare a proteggere il dorso della mano. Lungi dall'essere strumenti di difesa, i due scudi hanno il solo scopo di rappresentare il volto di un demone. Conferiscono un bonus di +5 a Frz, che aumenta ad ogni colpo bloccato o inferto fino a +40, Ferita da Taglio. Una volta raggiunto il pieno potenziale, l'Inno del Dominatore risuona infausto in lontananza, e gli occhi dei demoni si accendono di viola. Le lame cercheranno ora attivamente il sangue avversario, guidando i colpi del Cantore attraverso la difesa ravvicinata e riducendone l'efficacia di 1/20 ogniqualvolta è ripetuta la stessa tecnica, fino ad un massimo di 1/5.
Il Ballo dell'Ambizione è utilizzabile una volta per scontro. L'Inno del Dominatore sostituisce qualsiasi altra arma equipaggiata, e scompare al cambio di Sentiero."



*Lo sentì avvicinarsi, le loro coscienze toccarsi nuovamente, come un pianeta fa con un buco nero. Irresistibilmente rapito da quello squilibrio di forze, il corpo del Cantore prese a mutare fuori dalla sua volontà, rinvigorito da forza innaturale, assumendo tratti sempre più simili a quelli dello Spettro d'Argento. Memorie e pensieri non suoi iniziarono a popolarne la mente, mentre l'energia del Segno traeva senza alcuna pietà nutrimento dall'ambiente circostante, accelerando ulteriormente il processo di mutazione.
Era sul punto di perdersi completamente quando lo vide scattare di fronte a lui, lasciarlo indietro senza nemmeno degnarlo di uno sguardo. Lo vide superarlo, passare oltre, portandosi dietro un uragano con lo spostamento d'aria.
Lo seguì; sulle labbra un urlo a stento udibile nel roboare del chakra, nelle gambe e nelle braccia tutta la forza di cui disponeva. Nello scattare in avanti lasciò un cratere nel pavimento, mirando a sbriciolare l'entità di fronte a lui per poi scaraventare un maremoto di colpi sugli altri due.*
 
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view post Posted on 1/8/2020, 09:33     +1   -1
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Quando a deflagrare fu il potere del Segno i vetri della stanza si ruppero e si dispersero, piccole formiche in cerca della massima entropia e della morte termica. L'esplosione delle lampade al neon portò al buio più totale, e dalle luci provenienti dal corridoio le loro oscure sagome si muovevano tra le pareti in una nera danza senza nome. L'abominio venne dilaniato e squarciato, sino a renderlo quasi irriconoscibile, eppur si muoveva, e così i due taciti astanti anticiparono le mosse del Cantore e lo assalirono a loro volta. I barlumi di coscienza celati sotto una coltre di furia omicida ed egotismo ferino gli concessero un'innata consapevolezza, nulla più che un istinto. Era progenie in un certo senso, ma c'era anche qualcos'altro. Lo avvertiva colpo dopo colpo, un fendente dopo l'altro, la creatura bipede dalle vaghe forme rettiliane, le fauci enormi e terrificanti attorniate da carne che sembrava giunta lì alla rinfusa, assemblata secondo l'estetica di qualche divinità estranea e sconosciuta agli uomini. Era una forma nuova. Una forma quasi perfetta. Il chakra che si espandeva al loro interno, in secondo una modalità che non riusciva a comprendere. I colpi si susseguivano, furia contro furia, una bestia contro l'altra, una sola delle due figure alla sua volta, l'altra china sul corpo dilaniato dell'uomo come fosse sul punto di ridare gloria e vita alla nuova carne, e presto i tentacoli che si dipanavano dal mostro e che avevano avvinghiato l'altra figura si ritrassero, e l'altro prese ad avere nuovamente piccoli spasmi, come un embrione che urlava la sua maledizione al mondo tenebroso e maleodorante in cui era nato, giacendo così a terra farfugliando con quella che iniziava a prendere i connotati di una nuova mascella dai vaghi tratti da sauro, e con le sue nuove mani tentava un ultimo e disperato e inutile tentativo del suo amor proprio di respingere quella notte che lo attendeva, come un folle paracleto assediato dalle suppliche dell'intero limbo.
Sembrava che quelle forme fossero un tutt'uno con quell'ambiente, come se ad ogni ferita e ad ogni colpo la carne che lo drappeggiava si trasferisse a loro, come se spogliati ai minimi termini fossero tutti parte di un unico più grande e sinora sconosciuto organismo.
I tre si ritrovarono scaraventati a terra dalla furia, mai immobili in costante mutamento, digestione e vita rinnovata, di nuova gloria e vita della nuova carne.
"Sapevo saresti arrivato."
Una voce proveniente da uno dei corpi in ricomposizione, qualora la sua coscienza fosse giunta nuovamente a una sufficientemente rinnovata quiete.
"E' stata Oto a mandarti o quelle creature di cui ti circondi?"
Una voce ovattata e lontana, come se giungesse in quell'anfratto solo attraverso un tramite. In quel momento, se ci avesse fatto caso, li avrebbe effettivamente avvertiti. I serpenti erano lì. In qualche modo. Che lo stessero osservando? Ma, in fondo, come poter prevedere le reazioni e le intenzioni di creature così imprevedibili e diaboliche.
"Puoi venire a cercarmi se ne hai voglia. Così potremo chiarirci faccia a faccia. Mi chiedo proprio come tu sia cambiato adesso...
Potè scorgere un filo di sadica ironia in quell'ultima frase, mentre dalla cavità che si apriva nella parete di fronte all'ingresso della stanza sembravano muoversi tutte le viscere che la componevano, e presto fu espulsa una sacca simile a una placenta il cui protetto si dimenava tentando di squarciarla, levando infine sopra di sè la mano aperta e minacciosa, come in una sfida ai cieli invisibili percorsi da un vento che lì non aveva giurisdizione.

Edited by Jöns - 1/8/2020, 14:32
 
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view post Posted on 5/8/2020, 19:30     +1   -1
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Mhh... mhhhh..

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Museo di Bousun, Yuki no Kuni, 13 marzo 249 DN, ore 12.40


*Niente più parole, niente più tormenti. Le grida soffocate dall'esplodere di quell'intonaco suppurato, di quei cristalli torbidi, Hideyoshi si era lanciato contro chi incarnava, in quel momento e sventuratamente, corpo ed essenza del proprio malessere. L'abominio ad un passo da lui venne spazzato via dalla raffica di colpi, le molli carni dilaniate non dal taglio, ma dalla forza del mero impatto. Cadde a terra, né vivo né morto, invisibile agli occhi quanto alle orecchie del Cantore, che anche potendo nessuna attenzione avrebbe riservato a quell'essere sventurato.
Obiettivo, nell'oscurità perfetta, rimanevano i due figuri alle sue spalle, che pure lo assalirono, tentando di intercettarne la furente avanzata. Ed egli non ebbe necessità di vederli, o sentirli, perché nello spandersi del chakra maledetto per le mura ristrette della stanza il Kokage andò sperimentando una sensazione simile a quella provata al piano di sopra. Chi era in quella stanza incontrava i vapori corrotti con speciale risonanza, ed Hide, non diversamente da come un pipistrello percepisce la propria preda, era in grado di seguirne stato e movimenti quasi alla perfezione. Simile consapevolezza, che poco prima lo aveva lasciato sgomento e, per un fatale istante, scoperto, era ora mera circostanza, qualcosa di assodato e passeggero in quel turbinare istintivo che era per lui lo scontro.
Non chiuse mai gli occhi, né mai li usò, avvertendo la bestia muoversi a pochi centimetri da lui, tentando di montare una difesa che non sarebbe mai giunta in tempo. Il Kokage era semplicemente troppo furioso, troppo veloce, troppo corrotto; lo stesso cancro che gli aveva divorato sangue, ossa e muscoli negli ultimi anni tornava in quei momenti per rafforzarlo enormemente, il prezzo da pagare postposto in favore di immenso potere. Uno scambio usurario a cui ormai, a dieci anni da quando era stato marchiato, Hideyoshi sottostava senza nemmeno pensare.
Così demone e rettile danzarono per la stanza, tormentandosi di colpi, l'uno incapace, no, incurante di difendere l'attacco dell'altro, optando piuttosto per tentare di intercettarlo nello scambio.


(Carne. Ossa. Sangue. Ferro. Moto. Morte. Dolore. Violenza. Otomika.)

*Immagini indescrivibili si alternavano nella mente del jonin, al buio servo di fantasie alimentate tanto dai tormenti interiori quanto da ciò che
sensi gli consentivano di percepire. Ogni volta che la lama attraversava il corpo dell'abominio, il Cantore avvertiva la carne guizzare e spasimare, corpo morto animato da impulsi immondi, i tessuti plasmati all'occasione da ciò che il flusso dettava. Progenie, progenie senza dubbio... ma non solo: ad animarle era una forza che non aveva mai percepito prima. Ora, o meglio di lì a qualche istante, avrebbe potuto dirselo con certezza.
L'altro figuro si era chinato sul corpo dilaniato del primo abominio, lentamente catalizzando la sostanza necessaria ad intraprendere una seconda metamorfosi. Di nuovo una creatura rettiloide, di nuovo una mutazione indotta da quella trasmissione di carne, che scambiando placenta riuscì a ridare vita anche all'abominio in terra.
Non importò: raggiunti dalla lama del Kokage, smembrati e scaraventati in terra, presto non ebbero più le forze per rialzarsi... o, forse, l'opportunità, perché Hideyoshi li avvertì scivolare nella mucosa che fino ad allora li aveva sostentati. Che si trattasse di un riflesso involontario, dettato dalla necessità che quel luogo aveva di recuperare nutrienti, oppure un comando cosciente, Hide non ebbe il tempo di chiederselo: il fluire del chakra maledetto attraverso la stanza non si era ancora quietato che una voce lo raggiunse dal ventre di uno dei cadaveri. Scivolò sul pavimento, sul sangue e sulle viscere che gli insozzavano le gambe, dando l'impressione di essere fatta della stessa materia di quel luogo.
Anche in quello stato, anche ansimante, cuore e cervello in fibrillazione, Hideyoshi non poté fermarsi ad ascolare. Dove aveva già sentito una voce simile?*


(Ma cosa... chi...?)

"CHI SEI?!

CHE COSA HAI FATTO QUI?!"


*Domandò sconvolto, la voce butterata dal Segno, voltandosi da una parte e dall'altra di quel buio suppurativo. La bocca e il naso pieni di sangue marcio, l'odore insostenibile, ma il pensiero di essere stato gettato, per l'ennesima volta, in un gioco perverso era ancora peggiore. Sapeva che sarebbe arrivato? Sapeva chi lo aveva mandato? I Serpenti...*

(...)

*Fu allora che li avvertì, non molto diversamente da come aveva fatto a Ryuchi. Le sue capacità di sensitivo erano notoriamente carenti, almeno quando non si trattava di seguire i movimenti di quegli abomini... eppure avvertì l'essenza dei vermi, da qualche parte, sollecitata dalla parola di quell'entità. Erano lì, anche lì. Per seguirlo? Per osservarlo? Per ucciderlo?*

"BASTA! Basta con questi giochi... non ho nessuna intenzione di venirti a cercare, di fare da pedina per l'ennesima volta. Mostrati! Chiariamo qui e subito!"

*Ansimò, nella concitazione sfuggendogli l'ultima nota di quanto la voce aveva proferito: Hideyoshi le era noto, e, di più, mostrò interesse per il suo stato.
Ma, prima che simili nozioni potessero sovvenirgli, le pareti della stanza ripresero la loro peristalsi. Un moto sincronizzato, organico ma quasi sofferto, sintomatico di quello che avvenne di lì a pochi istanti. Un parto, il più oscuro si potesse immaginare, la placenta espulsa mentre il feto già si agitava follemente per uscirne. La fece a pezzi, artigliando e strappando per trarre il primo, agognato respiro.*


(Kami... avete davvero voltato le spalle a questo luogo...)

*Si scoprì a pensare, facendo un passo indietro rispetto al neonato, aspettandosi un nuovo assalto. Qualsiasi cosa fosse emerso da quella sacca, non avrebbe potuto permettere che uscisse di lì.*

GDROFF///Edit: ho schiarito i colori del parlato, perché non si vede una cippa contro sto grigio.///GDRON

Edited by Sir Onion - 6/8/2020, 08:33
 
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