Rei non era una ficcanaso. Non approfittò del momento in cui Masaru era a fare la doccia per girare e tocchicciare tutto, anzi: si limitò a fissare quello che c'era di esposto, a carpire eventuali dettagli superficiali, ma non andò in giro per le stanze a indagare su quella che era una sua compagna di squadra.
Non doveva ottenere il potere su di lei, né il controllo: non era per quello che era kunoichi.
Dunque, quando la Takeda uscì, trovò Rei più o meno nello stesso punto dove l'aveva lasciata. Poterono quindi iniziare a muoversi, a cominciare dall'equipaggiamento necessario... Ovvero una mappa della zona in cui dovevano andare.
Se ne procurarono una più aggiornata e dettagliata dagli uffici competenti -sì, era tempo che passava, ma meglio impiegarlo così che perderlo per un sentiero sbagliato- e si misero in viaggio per quel piccolo villaggio sulla costa che corrispondeva alle coordinate trovate sul muro di Ookami Gurei.
Si trattava di una zona pianeggiante, a una decina di metri sul livello del mare. C'era un porto, ma questo non era loro di grande aiuto, visto che non potevano avvicinarsi via mare a meno di fare lunghi, arzigogolati, e molto inutili giri.
Procedettero spedite, e nonostante le proteste Rei obbligò Masaru a fermarsi per riposare un paio d'ore ogni sei di marcia. Non per dormire, nessuna delle due ne aveva bisogno, ma Masaru doveva mangiare e, in generale, arrivare stanche e sfinite sarebbe stato solo controproducente.
«Il nostro corpo è la nostra migliore arma. Dobbiamo prendercene cura, o al momento di usarlo fallirà.»Durante queste pause, studiarono la situazione e il da farsi, condividendo prima di tutto le informazioni che avevano trovato nelle loro rispettive indagini. Rei le parlò del torneo, dei due bambini, del vecchio Anbu con le iscrizioni di sangue e le foto dei morti sulla parete. Masaru le raccontò del nanetto barbuto apparentemente invischiato in affari loschi, e degli altri soggetti incontrati nel negozio di Ranmaru.
«Possiamo quindi ipotizzare che questo torneo sia finanziato da qualche organizzazione criminale o soggetto poco raccomandabile... E che vi prendano parte delle persone disperate o con il desiderio di dimostrare qualcosa.»Masaru era d'accordo, e ricordò anche del probabile giro di scommesse che sicuramente non sarebbe mancato, in situazioni del genere. Poi discussero del tipo di approccio che era d'uopo prendere.
Potevano fingersi due partecipanti, ma il timore di Masaru era la visibilità.
«Quella stronza ci ha viste, sa chi siamo.»
«"Quella stronza" ti ha detto che non è lei il nemico, e abbiamo il sospetto che sia una Anbu. Possiamo anche partecipare come spettatori, comunque, dato che la nostra missione è recuperare informazioni sui cinque ninja scomparsi.»Per quello che ne sapevano, infatti, il Tetsu no Ken poteva anche avere avuto un'approvazione da qualche piano alto.
Tuttavia il dubbio della Takeda erano i controlli, e in effetti Rei concordò sul fatto che difficilmente sarebbe stato a libero accesso.
Tuttavia, quando la Jinton suggerì che, in caso di un invito scritto non si sarebbe fatta problemi a eliminare qualcuno di anonimo per prendersene uno, la bambina di Fibre la fissò con severità. Reale, severità. Non importava che fosse un soldo di cacio con la metà dei suoi anni, quella frase aveva triggerato il suo senso del dovere e, in quanto Chuunin e superiore, non poteva ignorarla.
«Masaru. Siamo ninja di Iwa, il nostro lavoro è proteggere i civili e gli innocenti, fintanto che ci è possibile.»Palesemente all'altra non piacque, e sicuramente all'
altro piacque ancora meno. Ma accettò l'autorità e lo spirito di collaborazione, promettendo che avrebbe cercato solo di stordire l'eventuale vittima.
«Meglio.»Optarono quindi per tenere quelle due opzioni libere, e rimandare la scelta definitiva a quando, raggiunto il villaggio, avessero scoperto qualche dettaglio in più.
«Rimane un problema di fondo.»Le stava rivolgendo uno sguardo molto eloquente, e Rei non fece fatica a capire a chi si riferisse.
«Shukaku?»Un sorriso accondiscendente, e una spiegazione molto calma, seguirono quella domanda quasi retorica.
«Sai già in che fase siamo. Non so fino a che punto sarò in grado di frenare i suoi istinti, ma qualsiasi cosa accada non dubito tu sappia cosa fare.
Non posso assicurare nulla poi su Momiji, praticamente è una mina vagante per noi e deve restare distante da chi va protetto.»
«Quindi come pensi... O pensate, che sia meglio agire per contenere i danni il più possibile? Siamo in missione assieme, ho bisogno di sapere come poterti usare al meglio in una strategia, cosa aspettarmi da te, come agire in modo da minimizzare i danni.»Poi disse una cosa che probabilmente avrebbe fatto meglio a non dire, non così direttamente almeno.
«Anko è una mina vagante, ma tu non sei da meno, Masaru.»Era stata calma, sincera, professionale. Ma vide comunque la reazione irritata e scontenta di Masaru, alimentata probabilmente dall'indignazione del Tasso dentro di lei.
"Ha poco da lamentarsi. Lo è, mai come in questi giorni tra l'altro! Con la luna quasi piena sarà un pericolo per tutti... Avremmo dovuto lasciarlo lontano!"
"Non era fra le opzioni, Cho-cho. Spero di non averlo offeso troppo, ma mi serve sapere come agire al meglio"
"Possiamo abbracciarlo? Gli abbracci funzionano!"
"Non in questo caso, piccina."Memorizzò quindi le indicazioni che le diede, e che consistevano in un "trattamento di favore" che nessun avversario le avrebbe mai riservato: insultarla, attaccarla, ostacolarla... Rei non avrebbe mai insultato a caso un suo collega, ma i nemici lo avrebbero fatto senza esitazione.
La cosa sfuggiva al suo controllo, e non le piaceva. Non c'era una soluzione, né semplice né complessa... Perché anche tenere Masaru lontana dall'azione sarebbe risultato nell'insofferenza e nella sete di sangue dell'Ichibi.
Un Comma 22 insomma.
Quando le fece capire che anche i piccoli contrasti che stavano avendo nella loro discussione stavano irritando Shukaku, Rei dovette chiudere gli occhi per nascondere la risposta di Choumei.
"Beh? CHE SI ASPETTA? Che tutti lo venerino e amino a priori? Ma è uscito di senno? Razza di borioso arrogante... Non capisce che coi suoi capricci rischia di mettere in pericolo tutti quanti, se stesso per primo?"Choumei non era stupido, o mite, o remissivo. Il Sette Code aveva dovuto ingoiare intere palettate di orgoglio per venire a patti col fatto che
aveva bisogno del corpo di Rei per sopravvivere. Vedere suo fratello che pretendeva oneri e onori, che rendeva difficile la vita alla sua ospite, e di conseguenza metteva nei guai Rei stessa, lo irritava oltre i limiti consentiti.
E Juuhachi non voleva che la rabbia del suo Bijuu si mostrasse nei suoi occhi, quindi li chiuse, riuscendo a dissimulare quell'accesso di ira che l'aveva presa con un piccolo scatto della testa.
Quando parlò, il tono era nuovamente monocorde, neutro come quello che aveva sempre usato coi superiori arroganti o coi dottori prepotenti.
«D'accordo, prendo nota. Allora direi che nel tuo caso è meglio non farti partecipare al torneo in nessun caso. Se dovessimo arrivare a ciò, potremmo dividerci i ruoli, tu fra gli spettatori e io nell'arena a cercare informazioni sugli altri concorrenti.»Concordarono sul fatto che dividersi era un rischio, ma la bambina non sapeva cosa inventarsi, così a tavolino. La pensierosa Jinton scosse anche la testa quando le chiese se la sua presenza vicina avrebbe potuto aiutare a mantenere il controllo, in qualche modo, ma la Jinchuuriki del Monocoda ne dubitava. Continuava a temere che Anko, vedendola come un nemico, riprendesse con quel suo "atteggiamento"... Che probabilmente significava insulti, offese, scherno e quant'altro.
«D'accordo. Allora vedremo se sarà possibile per me restarti vicino, quantomeno da schermare eventuali incontri con Anko.»Se fossero riuscite a spiegarsi, magari non ci sarebbe stato bisogno di usare la violenza inutilmente.
Nemmeno questo parve piacere alla Takeda, però.
«Non è fondamentale... Rei. Non puoi sempre fare tutto tu e non puoi sdoppiarti... Credo. Devo sapermi gestire.»
«No, non nel senso che intendi tu, almeno.»Le sorrise appena, immaginando ricordasse i fantocci di fibre che durante gli allenamenti erano usciti dal suo corpo, con apparente volontà propria.
«Non è una questione di sapersi gestire, ma di conoscere i propri limiti. Se tu ritieni di avere la situazione sotto controllo, a me sta più che bene.»La donna assicurò che avrebbe fatto quanto era in suo potere. La precisazione ultima che fece, quella sugli orologi e le profondità marine, non ebbe in risposta molto altro se non qualche cenno d'assenso.
Se lo sarebbe ricordata... Nell'improbabile caso in cui avessero avuto a che fare con degli orologi.
Si riposarono ancora qualche minuto, poi ripresero la marcia. Avevano notato che, evitando le rotte commerciali, avrebbero potuto accorciare il percorso di un giorno intero. Fra la fretta di arrivare e il desiderio di placare Shukaku, fu molto facile decidere la strada da percorrere.
Questa non offrì sorprese sgradite: era semplicemente un percorso in disuso, in parte smottato, dove a farla da padrona era la natura selvaggia. Grazie a quel tratto accorciarono della metà il loro viaggio, e giunsero finalmente in vista del piccolo villaggio di pescatori, in tempo per fare tutti i sopralluoghi del caso... Con la dovuta cautela.