Jouri 場裏 - Spalti, per gli Spettatori

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view post Posted on 28/10/2019, 23:57
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Iwa
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Le iridi grigie colgono lo sguardo del giovane in quel momento. Beh, come ignorare quel complimento? Che con quel sorriso appare detto con sincerità e senza ironia.

"Ti ringrazio,"
gli risponde semplicemente, aggiustandosi poi gli occhiali.

"È una possibilità,"
questo il commento alle seguenti affermazioni del chunin, la sua voce è calma, ma al tempo stesso la kunoichi sembra stare riflettendo, finanche assottigliando lo sguardo nell'osservare i concorrenti, concentrata sulla svolta che hanno preso gli eventi.

Secondo quanto affermato da quella bambina, che risulta fin troppo precoce, i partecipanti devono eliminare tutti gli altri. Non del tutto scontata la reazione di alcuni ninja a quella richiesta, che si rifiutano di strappare vite innocenti.

"Mmmh... che noia."

commenta Shukaku, seccato dal fatto che ancora nessuno sembrava intenzionato a far fuori l'altro, men che meno quelle inutili formichine pustolose.

La più peculiare reazione tra tutte è quella del biondino di Konoha, che vomita contro la Tsuchikage colorite affermazioni d'apprezzamento sia su di lei che sulla sua dimora e sulla sua gente. Al punto che pure i commenti che fa Eiji passano in secondo piano.
No, la reazione di Masaru non si può semplicemente descrivere, non ci si può certo limitare a dire che annuisce piano, con quella mano ancora poggiata sul mento in maniera riflessiva, sollevando ambedue sopracciglia.
E meno male che dovevano essere quelli di Kumo, gli esaltati.


"Quel buffone ci sta insultando..."

sente il suo consorte ringhiare sommessamente, infastidito dalle parole del ragazzo di Konoha.

'Lasciamolo parlare,'
ribatte Masaru con calma, lanciando un'occhiata in direzione dei Kage, verso la Koizumi in particolare, a volerne carpire la reazione, 'suppongo che qualsiasi cosa faranno finché si trovano in gioco, dovranno risponderne direttamente ai piani alti.'

Lei resta in silenzio, continuando ad osservare. Se da un lato c'è la ragione quanto più umana possibile di non voler spargere sangue innocente per ambizione, è anche vero che essi non conoscono ancora bene la Roccia.
La Takeda ha delle ipotesi in merito, se ciò che dice la bambina più precoce dei tre è vero e non parole inventate sul momento per incalzare il proprio desiderio, la Tsuchikage potrebbe davvero stare mettendo alla prova la ferma volontà e l'obbedienza dei Genin, portandoli dinnanzi alla possibilità di dover eliminare in missione, in futuro, vite innocenti per diretto ordine dei superiori.

Vista la logica della Roccia, avrebbe senso... ma è anche vero che si tratta pur sempre di un gioco, quella bambina potrebbe star mentendo per confondere gli shinobi, e la ricerca di una soluzione alternativa, quindi l'utilizzo non solo della forza ma anche delle capacità cognitive per salvare capra e cavoli, potrebbe essere la prova stessa.

La sparizione della più quieta dei partecipanti per mano della sabbia sembra incalzare i Genin rimasti ancora in gioco, un ammonimento di cui il Monocoda sembra dilettarsi, lo sente lei quanto egli sia compiaciuto, ma evita di esternare reazioni in particolare...

...tranne per un momento. Un momento molto particolare. Una scena del tutto inaspettata, sempre da parte del biondino, che non appena si vede attaccare da quella demente di una Kamizuru, ha la faccia tosta di sfotterla come niente fosse, flirtando con lei.

Indipendentemente da quella che è la risposta della donna con le api, Masaru si trova a rivolgere la testa verso il suo patrigno e la mano a coprire quel suo sorrisetto spontaneo, riuscendo a trattenere a stento quella risatina sommessa che le sale al punto da smuoverle le spalle - tanto che sia Sakimoto che Shukaku risultano un tantino sorpresi da quella reazione - malignamente divertita dalla presa in giro rivolta alla signora tutta miele e tessuti.




♡ Ciao cuginetta. ♡
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view post Posted on 2/3/2020, 17:39
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prosegue da qui

La sensazione è quella di quando sai di star perdendo qualcosa di importante, ma soffocata da un miliardo di mosche fameliche.


Non è abituata a tutta quella gente.


Il muro dietro alla sua schiena è fresco, lenisce il calore irreale con cui il sole di Iwa le ha irrorato le membra, già accaldate da una marcia forzata più rapida di quanto non avrebbe mai deciso da sé.
Sente le guance accaldate come se avesse la febbre, e numerosi rivoli di sudore scorrerle dalle tempie e lungo la schiena.
I due ANBU al suo fianco, al contrario, non ansimano nemmeno.
È da quando sono partiti da Kiri, che si domanda per quale motivo nessuno di loro abbia mai pensato di andare da Kirotaba. Non erano forse più preparati di lei, sotto tutti i punti di vista?
Ripercorre mentalmente il percorso accidentato che ha battuto nell'ultimo mese. Ricorda quanto sia stato difficile per lei trovare la via per cavarsi d'impaccio, viste le premesse e le fissazioni a cui si è aggrappata con tanta ostinazione: niente del genere sarebbe passato per l'anticamera del cervello, a due soldati scelti come quelli che la scortano.
Sarebbero andati, avrebbero ucciso, sarebbero tornati con la Katana: poi Sigillo e tanti saluti alle paranoie sulla giustizia della nanerottola sudata, che si stringe all'involto bitorzoluto che si è portata dietro.

Il corridoio in cui sono fermi, in attesa, brulica di persone: venditori di bibite ghiacciate e dolciumi, alimenti salati e lecca-lecca, cappellini, visiere e piccoli giocattoli, oltre a numerosi spettatori abbigliati secondo una moda mai vista a Kiri e shinobi con l'uniforme bruna di Iwa; i ninja degli altri paesi sono già più rari, forse tutti stipati sulle gradinate a seguire l'evento in corso.
Occasionalmente un boato attraversa la roccia della volta, piovendo dall'alto, o attraversando con la furia di una valanga le aperture che conducono all'esterno, verso i palchi. In quei momenti gli ANBU non muovono una falange, lei si guarda attorno furtivamente e si sforza di imitarne il contegno impassibile.

È l'effetto tremendo provocato in lei dal ritorno alla civiltà.

Dopo settimane trascorse sepolta nell'obitorio e tra i libri prima, dopo quella passeggiata illuminante nelle carceri, trovarsi catapultata in terra straniera e per giunta in un luogo tanto gremito di persone... è come se – senza il metallo di Ago tra le dita – la sua vecchia sé fosse tornata a galla, soppiantando con le sue insicurezze e i cortocircuiti mentali l'embrione di Spadaccina faticosamente modellato nel grembo umido di Kiri. Chiude gli occhi e inspira a fondo: ha solo bisogno di un posto tranquillo.
Imparerà a far fronte agli imprevisti.
L'ha detto Kirotaba in persona: la forza di volontà è l'ultima cosa a mancarle, e ha la testa abbastanza dura da abbattere quello stadio sfavillante a suon di craniate.

La giornata è stata lunghissima, e dura da un numero imprecisato di ore – dal giorno precedente, poco ma sicuro.

Solo ieri è scesa a cucire il suo primo lavoro, ha trovato l'ufficio del Mizukage vuoto e ha pensato bene di partire. Per poi trovarsi una coppia di ANBU davanti casa, quando ormai stava uscendo con la sacca riempita in fretta e furia con qualche cambio, perché no... col cavolo che l'avrebbero fatta uscire da Kiri da sola, con una delle Sette per le mani, senza avere l'autorizzazione di Kobayashi-sama in persona. Tanto avrebbe comunque perso il traghetto di mezzogiorno. E no, di attraversare il braccio di mare a piedi nemmeno a parlarne: sarebbe bastata una stupidaggine per perdere Nuibari tra i flutti, specie sol vento irrequieto che si è messo a stuzzicare le onde da un'ora a questa parte. Così hanno raggiunto la terraferma all'imbrunire e preso la strada più lunga, quella per i Paesi Minori, per avere meno grane ai controlli doganali; hanno dormito per terra, tra i morsi feroci del freddo montano, tra le radici di una vecchia quercia nel Paese delle Terme, per poi riprendere la marcia all'alba, quando ancora la brina incrostava la vegetazione. E poi una corsa nel deserto polveroso del quinto Grande Villaggio.
Una varietà di climi, panorami, culture diverse da far girare la testa, infine la costruzione tanto possente da sembrare un miraggio, la nostalgia impressa nel suo animo dalla fretta di arrivare e dal rimpianto di avere tanta fretta, da non potersi nemmeno rendere conto dei passi con cui divori il duro suolo delle vie...

Un brivido le attraversa la schiena: deve staccarsi dal muro, l'ombra e l'acqua fresca consegnata loro dal servizio d'ordine hanno ormai fatto il loro lavoro. Mezz'ora è passata da quando Barracuda, l'ANBU più muscoloso dei due, ha fatto ritorno, riferendo che li avrebbero ricevuti al momento opportuno e di restare in attesa di ulteriori istruzioni.
Avrebbe una gran voglia di sedersi.
O di passeggiare avanti e indietro.
Tuttavia lo stoicismo statuario dei due soldati scelti non le dà scampo: loro sanno cosa ha addosso, sanno perché è lì, e non può permettere a sé stessa altri lussi, oltre quello di crollare svenuta nel momento in cui le membra non avessero più retto.

Ma sa di essere ben lontana da quel limite.



CITAZIONE
Non so quale sia il momento migliore per andare a tirare la manica al Mizukage, tanto vale che decida lui quando avviene il colloquio... ho suggerito che Urako sia arrivata mentre le prove sono già in svolgimento, ma si può sempre interpretare altrimenti. Mi serve anche per basare la calendarizzazione delle giocate d'ora in avanti, che mi è un po' andata in vacca nell'ultimo anno.
 
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view post Posted on 2/3/2020, 21:34
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Le prove proseguivano e l'Artefice osservava minuziosamente i propri sottoposti. Al suo fianco, Aiko e Sawa, contemplavano la medesima situazione, sebbene fossero preposte all'incolumità del Mizukage. Non che ne avesse bisogno, o vi fosse una possibile nefanda evenienza, ma era una procedura dalla quale non poteva sottrarsi. Qualora si fosse presentato da solo, gli altri Kage avrebbero potuto pensare che il villaggio non fosse sicuro, o quantomeno, che non vi fossero un numero tale di Shinobi da eseguire entrambi i compiti. Sedeva nella loggia d'onore, a pochi passi da Chiye, la donna con cui aveva giaciuto dopo il tramonto del Kyodan e di quell'accaduto. Difficilmente avrebbe dimenticato ciò che aveva visto, la volpe a nove code si era palesata a loro, per poi rifugiarsi nell'anima di un suo sottoposto. L'avrebbe tenuto sotto controllo, finché avrebbe potuto farlo. Aveva riposto la sua fiducia in Kyomei, e non l'avrebbe tradita così facilmente. Aveva visto di cosa fosse capace, le sue abilità e vi era solo una remota possibilità che potesse far prevalere la volpe sulla sua anima. In ogni caso, mentre verificava quale fosse lo stato in cui versavano i genin di Kiri, s'accorse che nell'arena vi era un'altra presenza a lui familiare. Fu proprio la voce di Aoki a confermarglielo.

- Mizukage-sama, sono arrivati degli Anbu di Kiri. Da quanto mi hanno riferito hanno scortato una Kunoichi che desidera incontrarti. Da quanto traspare dalle loro parole è una questione importante.

Proferì, riassestando gli occhiali in una posizione maggiormente consona alla sua caratura. Hayate le indirizzò solamente un cenno del capo, posto come assenso, per poi congedarsi dalla padrona di casa.

- Chiye-sama, ho questioni importanti da risolvere, tornerò appena possibile.

Le riferì, innalzandosi dal proprio scranno e invitando gli Shinobi giunti in quel di Iwa a seguirlo. Li avrebbe ascoltati nei porticati antistanti gli Spalti. Non avrebbero dovuto trovare nessuno in quel momento, dato che tutti erano impegnati a seguire il proseguo degli scontri. Fu in quell'istante che osservò i lineamenti di Urako, la Kunoichi che aveva richiesto di tentare di far propria una delle Sette. Quella a cui era stata indirizzata da Hayate era la Nuibari. Che fosse riuscita nel suo intento? Era scappata? No. Era successo qualcosa o non sarebbe venuta fin lì per chiedere qualcosa al Mizukage in persona. Le Hiramekarei fremettero, e così anche gli ultimi dubbi si dissiparono. Avevano percepito la presenza di una delle loro sette sorelle ed erano soggette all'estasi di una tale riunione. Finalmente uno dei suoi grandi sogni sin da quando era diventato l'Artefice stava divenendo realtà.

- E quindi, Urako-san, sei riuscita nella tua impresa?

Disse, rivolgendole un sorriso compiaciuto.





Edited by Steve. - 6/3/2020, 21:23
 
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view post Posted on 3/3/2020, 00:13
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Mi sono inventata un po' di roba che pensavo plausibile, se sbaglio edito!

Percepisce, più che vedere davvero, il rapido movimento degli ANBU al suo fianco mentre scattano sull'attenti: Hayate Kobayashi è lì, è arrivato, avvolto in abiti insolitamente formali che sembrano quasi accentuarne l'altezza; sarà stato poi uno scherzo della sua immaginazione e della stanchezza, ma i capelli argentei e la pelle diafana rifletterono la scarsa luce presente all'interno dei corridoi, facendolo apparire come una creatura sbucata da una dimensione ultraterrena, così diverso dai colori scuri degli shinobi del posto.

Più rapida che può, si inchina per salutarlo in maniera adeguata al suo rango, specialmente considerato il fatto che sono in pubblico e che lei è in condizioni poco meno che pietose, e non solleva la testa prima di udire la sua frase di saluto. Se non fosse più che certa della massima importanza della questione, potrebbe anche desiderare di sprofondare nel sottosuolo: che fine ha fatto il senso di urgenza?
Quello sfrigolare dell'impazienza, che l'ha stanata da Kiri e l'ha spinta a percorrere chilometri sotto scorta, manco fosse una bambinetta incapace di badare a se stessa?

“Mi rincresce immensamente di avervi disturbato, Mizukage-sama” - esordisce con voce più acuta del solito, tornando in posizione eretta, e lasciando che il sangue le defluisca dal viso - “... ma sì, Kirotaba-sama ha accettato la mia presenza.”
Potrebbe aggiungere qualche banalità tipo “ce l'ho fatta” oppure “sono onorata di bla bla bla”, ma le si è quasi seccata la lingua, e non le esce nient'altro di bocca.
Si aspetta quasi di sentirsi nella testa il sibilare la voce carica di disprezzo di Masuda Kirotaba, quancosa tipo “una cagna con la coda tra le gambe avrebbe più dignità! Finiscila, ragazzina, e tira su quella testa!” - ma il silenzio assoluto che le è calato dentro dalla mattina precedente non sembra volersi spezzare.
Forse lo Spettro dorme?
Tra le sue mani, Nuibari infagottata alla bell'e meglio non sembra niente di più complesso, antico o pregiato di una spranga di metallo inerte: un pezzo di ferro, come amava chiamare lei stessa un tempo niente meno che Kubikiri, sua sorella.

 
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view post Posted on 6/3/2020, 18:57
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Colse con letizia l'inchino indirizzatogli in segno di rispetto. Era quasi consapevole di quel che fosse accaduto, ma era più che mai lieto della riuscita della sua impresa. Uno dei sogni con cui era cresciuto era quello di restaurare il gruppo dei sette Spadaccini, così come fu nelle epoche precedenti. Non fu prolissa la Kunoichi, probabilmente provata da quel che aveva dovuto affrontare per brandire l'agognata Nuibari. Finalmente il Sarto aveva un nuovo possessore e le sue avventure sarebbero state decantate lungo l'intero Paese dell'Acqua, se non nel mondo ninja.

- Ora che sei giunta fin qui dovrò applicare il sigillo di fedeltà.

Disse, orientando lo sguardo verso Aoki. Con un cenno della mano ordinò indirettamente agli Anbu pervenuti di circoscrivere il perimetro in modo tale da impedire che qualcheduno giungesse in quel luogo. Necessitavano di non essere visti; era una delle tecniche che veniva tramandata da Mizukage in Mizukage e non avrebbe voluto svelare a ninja di Iwa, o di qualsiasi altro villaggio, le loro procedure.

- Aiko, erigi una barriera illusoria. Tu, Urako, brandisci la Nuibari. Una stretta presa sull'elsa.

Proferì, cercando di celare la propria felicità ai presenti. Nel momento in cui gli ordini sarebbero stati rispettati, avrebbe adagiato la mano sulla mano con cui avrebbe impugnato la Spada e avrebbe convogliato del Chakra al suo interno. Ora, avrebbe solamente atteso la risposta alle richieste di fedeltà che il Mizukage le avrebbe posto.

- Urako Yakamoto, sei fedele solamente a Kiri, a me, e alla tua Spada. Proteggerai con la vita Nuibari, così come lei farà con te. Avrà solamente te come Spadaccina finché vivrai. La rispetterai, in quanto, come avrai notato, anch'essa è dotata di una sorta di anima. E ora, Urako-san, sarai una mia sorella.

Concluse, lasciando che il chakra confluisse sulla mano. In realtà il legame veniva consolidato tra la Nuibari e Urako, Hayate sarebbe divenuto solamente il testimone di quell'avvenimento.






Edited by Steve. - 6/3/2020, 21:22
 
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view post Posted on 6/3/2020, 22:25
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Il Sigillo...
… è per questo che è venuta fin là. Annuisce senza aprire bocca.
L'aumento della frequenza del cuore è fasidioso, quando si è così stanchi, accaldati e confusi da un ambiente estraneo. È già abbastanza faticoso tenere tutto sotto controllo, senza che quello inizi a trottarle dietro allo sterno.

Si accorge solo ora del sorriso sinceramente compiaciuto che il Mizukage ha stampato sulla faccia, un'espressione che difficilmente ti aspetti di notare sul viso del Kage del Villaggio della Nebbia – ma è anche vero che Hayate Kobayashi sembra voler fare le cose a modo suo... già da quella volta sull'isola di Momo, quando era soltanto un potenziale criminale che complottava contro il Kyudaime.
Sembrano passati secoli, ere geologiche.

E d'accordo, che sia opportuno imporre il Sigillo è assodato, ma... qui?! Adesso?!
Quando nota il gesto rivolto verso gli ANBU, per poco non le viene un colpo. Peggio ancora, le pare proprio di riconoscere Aoki Kurage in persona tra gli accompagnatori di Kobayashi, che a sua volta è poco meno di un mostro sacro – specie tra i ninja medici. Un'altra di quelli che avrebbero potuto tranquillamente allungare una mano, e prendere Nuibari da quella del Sarto senza troppi problemi. Perché... perché non l'avevano fatto?

Non sussulta, quando viene chiamata per nome, di nuovo: è troppo tesa.
Si sorprende a domandarsi dove sia finita la persona che nemmeno quarantotto ore prima ha cucito il suo primo corpo, ed era appagata di averlo fatto, consapevole dei progressi e della strada da fare; dove fosse la kunoichi persa in ciniche elucubrazioni sulle leggi che regolano gli atti degli uomini, come se ne fosse estranea... perché quella che sta per essere nominata una dei Sette, ora, è poco più che un coniglietto spaurito.
Non ha nemmeno le forze per detestarsi.
Gli occhi che le schizzavano in tutte le direzioni, ora li deve inchiodare lì, sulla katana, che libera con gesti rigidi e legnosi dal drappeggio sgraziato in cui l'ha avvolta; il viso di Kobayashi non osa guardarlo più. L'acciaio pallido luccica nella penombra, freddissimo, mentre la destra si serra con più forza del necessario sulla fasciatura stretta poco sopra la cruna dell'Ago, e sulla mano cala la stretta gentile di un'altra mano, decisamente più grande e tiepida della sua, che è fredda come quella di una salamandra.

E mentre la testa irrequieta continua a domandarsi perché, perché lei, perché nessun altro più grande avesse osato, la risposta inizia a filtrare quieta attraverso le sue dita intirizzite: dal peso famigliare dell'arma, dal metallo che si stiepidisce a contatto con la pelle, dalla trama della fasciatura contro il palmo, da tutte le immagini che si srotolano davanti ai suoi occhi. Una storia di quasi un mese prima e di una vita fa, e di una voce beffarda che finalmente torna a risuonarle in testa – stavolta benvenuta fra tutte quelle domande inespresse.

«Saranno cazzi loro, ragazzina.
Fai ancora domande cretine, a quanto vedo.
Non ti ha ancora sigillata.
Mi pare presto, per farsela già sotto.»


L'angolo destro della bocca di Urako si solleva leggermente, e controlla a stento l'impulso di scoppiare a ridere. Iniziava a mancarle, il vecchio polveroso, sepolto in quel suo silenzio pieno di spocchia. È lui la prova che non si è sognata tutto... e che se l'è guadagnata, la maledetta spranga.
Percepisce il chakra estraneo farsi strada nell'arto, non irruento né rapace, ma indubbiamente più forte del suo: lo sente accumularsi e acciambellarsi come farebbe un gatto sul dorso della mano, acquistando calore sempre più, ma senza mai bruciare.
“Ryoukai!”
A Kirotaba non risponde; la voce chiara, con timbro deciso, risponde alla formula rituale del Juudaime senza tremare o balbettare, mentre il viso riprende rapidamente colore e perde quell'espressione pallida e stralunata con cui si era presentata a suo... fratello?
No, non crede di poterlo chiamare per nome: deve essere un modo di dire, o giù di lì.

Non per questo è meno piacevole.

 
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view post Posted on 10/3/2020, 01:11
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La procedura venne conclusa senza intoppi; nessuno si era aggirato in quel lato della struttura adibita per il torneo da Chiye. Ora, però, doveva garantire un viaggio di ritorno sicuro per la giovane Kunoichi o avrebbe potuto incontrare qualche minaccia a cui non avrebbe potuto replicare. Non che la reputasse incapace di difendersi, ma voleva prevenire qualsiasi tipo di possibilità. Sebbene fosse venuto a conoscenza delle vicissitudini che Urako aveva incontrato per perseguire la strada che l'avrebbe condotta alla Nuibari, farla accompagnare anche da Sawa sarebbe stata la scelta migliore. A volte quella donna incuteva timore persino in lui, per quanto sadica si rivelasse in determinate situazioni. Aveva fatto anche in modo di fornire tutte le cure necessarie a Yaomomo Basara, una chunin con cui si era imbattuta la stessa Urako le cui condizioni non versavano in uno stato ottimale.

- Urako-san, ti consiglio di riporre la Nuibari in delle bende, affinché passi inosservata agli occhi dei presenti. Non voglio che si sappia quale sia la tua identità. Sebbene ci sia una certa affinità con il villaggio di Iwa, ci sono ancora dei pericoli da affrontare. Per questo motivo oltre agli Anbu con cui sei giunta qui, ti farò scortare anche da Sawa-san. Ti avverto, non dare ascolto alle sue parole... sa essere alquanto strana.

Proferì, rivolgendole un sorriso divertito. Hayate poche volte si esponeva dal punto di vista delle emozioni, ma in quel momento si sentiva realmente estasiato dalla situazione. Finalmente la spada del Sarto aveva un possessore. Finalmente qualcuno era riuscito a brandirla. In ogni caso con un cenno dello sguardo conferì a Saiwa l'ordine di seguirla, dato che aveva comunque ascoltato le sue parole, e congedò il resto degli Anbu. Smosse il mantello da Kage, e con un cenno della mano salutò il resto del gruppo in procinto di intraprendere la via del ritorno verso Kiri. Avrebbe dovuto presiedere nuovamente al fianco degli altri Kage; c'era ancora qualcosa a cui avrebbe dovuto prestare attenzione, oltre, ovviamente, al prosieguo degli scontri.





Edited by Steve. - 11/3/2020, 13:27
 
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view post Posted on 10/3/2020, 23:17
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Kobayashi solleva la mano dalla sua, e Urako fa appena in tempo a scorgere le ultime stille di chakra azzurrino, prima che si dissipino del tutto, trapassate al di sotto della pelle apparentemente intatta; allenta e serra le dita attorno alla katana, sentendo l'arto leggermente più caldo, pesante e informicolato del sinistro, e poi... trattiene un'esclamazione soffocata, mentre una smorfia di fastidio prima e dolore poi le deforma i tratti del viso.
Dura un istante, il dolore acuto e feroce, come se qualcuno le stesse premendo un ferro rovente sulla pelle, mentre una vibrazione improvvisa scuote il metallo un tempo inerte: la presa su Nuibari no, non la lascia, anche se l'arma freme così forte. Istintivamente allontana da sé e solleva leggermente il braccio, mantenendo la spada saldamente in pugno.

I glifi arrossati di un vero e proprio Sigillo ora solcano il dorso della mano destra, al centro esatto, mordendo a fondo l'epidermide.

Lo fissa leggemente stordita; un sentimento che sente appartenerle fino a un certo punto le solletica lo stomaco – euforia...? Più i secondi passano, più la percezione diventa netta: quel sentimento... è dalla Spada che viene?
Vibra leggermente, come una bestia selvatica appena liberata nei boschi dopo una settimana di prigionia.
Si sforza di escludere quelle percezioni, di riportare l'attenzione sul Mizukage, sulle parole che lo sente rivolgerle; lentamente si ricorda di poter allentare la mandibola, e magari riprendere anche a respirare. Le ginocchia sembrano trasformate momentaneamente in gelatina.
Hayate Kobayashi sembra di ottimo umore: annuisce ancora frastornata alle sue indicazioni, incrociando brevemente con lo sguardo gli occhi color brace di Sawa Emi, prima di riprendere meccanicamente ad avvolgere Nuibari nel goffo drappeggio in cui l'ha infagottata nel viaggio di andata.

Stavolta distingue più nitidamente la sensazione inviatale dal metallo: una leggera stizza. Non desidera essere rinchiusa in quel modo. Aggrotta leggermente le sopracciglia e infila di nuovo l'arma nel fodero appeso a tracolla.
Dovrà farselo andare bene.
Un silenzio calmo e riposante le scende dentro, finalmente, così diverso, da quello vuoto che lasciava Kirotaba quando si ritirava in se stesso. Sente di dover ancora imparare a capirli, quei messaggi senza parole, ma sa che sarà solo questione di tempo; si sarebbe presa due o tre giorni di riposo, per lavarsi via di dosso gli effetti che la paura e l'incertezza le hanno inciso nelle carni nelle ultime quattro settimane, prima di riorganizzare la routine giornaliera di allenamento e i turni in ospedale. Avrebbero lavorato insieme con metodo, un passo per volta, fino a diventare una cosa sola. Ma ci avrebbe pensato con calma, una volta tornata a casa: ora sente solo il bisogno di spegnere il cervello, e la presenza della squadra al suo fianco è sufficientemente rassicurante da permetterle di farlo.
Non accusa ancora gli effetti del calo di tensione, ma sa che non tarderanno a farsi sentire.

“Vi ringrazio infinitamente. A Torneo concluso vorrei discutere con voi alcuni dettagli, quando sarete rientrato a Kiri. Vi prego solo di non divulgare la mia identità, se possibile. Buona fortuna coi candidati” - risponde brevemente, inchinandosi in segno di saluto prima di incamminarsi con gli ANBU verso l'esterno. Forse si sarebbero presi qualche ora per riprendere le forze – o forse di meno, o forse di più. Per una volta si sarebbe lasciata trascinare passivamente da qualcun altro, prima di tornare nel grigiore confortevole della Nebbia, così gentile a ripararla dai morsi feroci di quel sole esageratamente caldo.

 
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