Missione S - Portare gli uni i pesi degli altri, per .Astaroth e Griever_

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.Astaroth
view post Posted on 6/9/2018, 08:53 by: .Astaroth     +1   -1
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Ventiquattro ore. Un lasso di tempo assai breve, per prepararsi ad una missione così pericolosa. Eppure quell'attesa sembrava voler sfiorare l'eternità. Ripercorrendo la solita routine da shinobi, lo Hyuga osservava con perizia ciò che aveva disposto sul tavolo: i kunai a tre punte contenenti il sigillo di richiamo, i fumogeni, le bombe lucenti e le dieci carte bomba che aveva preparato poc'anzi, imprimendo sulla fredda carta il chakra del Katon. Tutto era al suo posto - come sempre, del resto - eppure vi era qualcosa di insolito a stonare con quella che, dopotutto, era la semplice abitudine di un ninja. E lui, ahimè, sapeva bene di cosa si trattasse. Fu riguardando ancora una volta quel disegno, aperto proprio accanto ai suoi dardi, che una lacrima gli rigò il volto. Poteva sembrare una cosa stupida per un guerriero temuto come lui, ma ormai da troppi anni gli piaceva essere viziato, prima di abbandonare casa per impegnarsi in un incarico... e in quel momento le labbra di Chiaki gli mancarono tremendamente, tanto quanto le carezze e gli abbracci dei suoi figli piccoli. Si fermò per un istante - anche se in realtà lo fece per almeno un paio di minuti - a contemplare i tratti che i pastelli avevano tracciato sulla bianca carta. In quell'immagine, erano tutti e sei (vi erano anche Yin e Yang, quelle due maledette palle di pelo) felici e raggianti, come una famiglia lontana dai problemi. Sorrise appena, riflettendo sull'ingenuità di Aiko e Amane, i quali per fortuna non sembravano aver percepito quanto invece profonde fossero le ferite che si erano aperte nei cuori dei loro genitori. Il suo pensiero non poté che andare a loro. Si chiese cosa stessero facendo, se il moretto avesse preso ancora il massimo dei voti durante le lezioni in accademia, così come se la più piccola fosse riuscita a pronunciare la sua prima parola. Non li vedeva da sette mesi e chissà se mai avrebbe avuto modo di farlo, qualora fosse sopravvissuto a Kirinaki. Non poté che sfogare la sua tristezza e la sua frustrazione, piangendo per la seconda volta nell'arco della stessa giornata. Chissà cosa avrebbero provato e pensato di lui, quando avrebbero scoperto della sua morte. E la sua Chiaki... oh, lei più di tutti avrebbe portato addosso il peso di quel fardello. Sapeva di averla addestrata a dovere e che la madre dei suoi figli fosse una ragazza forte, ben diversa dalla mocciosa che aveva conosciuto diversi anni prima. In quel momento, però, sperò solo che lo fosse abbastanza da reggere anche quella tremenda notizia... e che fosse anche comprensiva a sufficienza da perdonarlo, qualora il destino avesse fatto incrociare ancora una volta le loro strade.
"Chiaki... amore mio. Dovrai essere forte per loro, proprio come tua madre lo è stata per te." pregò tra sé, mentre afferrava il disegno per piegarlo e riporlo nella sua sacca ninja, anch'essa un dono assai gradito dei suoi bambini. "Loro sono il frutto del nostro amore e delle creature così innocenti non meritano ciò che quei cani hanno deciso per loro. Hanno tentato di privarli del futuro, dei sogni, proprio come hanno fatto con noi. Siamo uomini, prima che shinobi, ma per quei bastardi... oh, per loro non siamo che bestie destinate al macello."

EkNWK

Covo di Kirinaki.
17 Gennaio 249.

"Ma stiamo scherzando?"
Non riuscì a pensare ad altro, mentre tossiva per aver ingoiato il fumo e fissava gli occhi di Mira con lo sguardo imbambolato di un ragazzino che, per la prima volta, vede una donna nuda. Ok, la battuta sul ritardo poteva anche starci, ma prendersi gioco di lui dicendo a Naum di unirsi alla sua spedizione aveva dell'assurdo. Rise appena, fingendosi divertito... ma poi la sua espressione divenne una maschera di disgusto e terrore, non appena si fu reso conto della più ovvia delle cose. La kunoichi non stava affatto scherzando, anzi. Per carità, aveva anche senso essere accompagnato da un medico - specie perché, se avesse vomitato come il giorno precedente di fronte ad An Lefeng, avrebbe fatto bene ad avere il culo protetto da quella montagna di muscoli. Il vantaggio tattico era palese, ma valeva davvero più del dover sopportare quel petulante dislessico per tutto il tempo?
"... e poi dove cazzo l'ha visto tutto questo feeling?" si chiese tra sé, imprecando mentalmente verso Kami di cui non conosceva nemmeno il nome. Avrebbe voluto urlare per la rabbia, ma si guardò bene dal dar voce ai suoi pensieri. In fin dei conti, quell'energumeno con un solo cazzotto avrebbe potuto piantarlo nel terreno, nel migliore dei casi. Smise di tossire e a quel punto, schifato persino dalla sua stessa sigaretta, non poté che alzare le mani in segno di resa.

- Sta bene. - pronunciò senza troppi convenevoli, deciso quantomeno a trattare argomenti ben più seri del paese sanguinario di quell'elefante con la proboscide intrecciata - Tuttavia, è ancora precoce far dividere le nostre strade. Ricorda, Yūrei... - marcò con una certa evidenza quel nome, facendo intendere alla bionda di aver gradito la sua discrezione - Potremo entrare in azione solo dopo aver pattuito un luogo discreto in cui fare rapporto. Senza di esso, mi dispiace dirlo, ma tanto vale tagliarci la testa e darla in pasto a Kai.

"... o a Naum. Chissà se nella sua nazione del cazzo i kazaki, o quel che cazzo erano, svuotavano il capo delle loro vittime, mangiandone il cervello e tracciando parole indelebili col sangue sulla neve. Rosso anche quando è ghiacciato... oh Kami, bastardi e infami. Preferivo le balbuzie di Chiaki."
Anche in quel caso, non fece parola dei suoi dilemmi, seppellendoli nella sua mente come i kazaki avevano fatto con i cadaveri di donne stuprate e bambini troppo magri per poter saziare il loro stomaco e quello dei loro cavalli. Tra sé, tuttavia, sperò solo che le arti mediche di Naum non dovessero servire realmente - e chissà, magari il trovare un'utilità in quella bestia avrebbe corretto il loro rapporto, non di certo partito con il piede migliore. Il viaggio sarebbe stato lungo, purtroppo e ciò che li avrebbe attesi, ahimè, persino peggiore dei racconti indicibili del tirapiedi di Mira.

 
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