Sangue.
Scarlatto e sacro liquido.
Quante volte lo aveva visto scorrere dal proprio corpo, bagnarle la pelle e i vestiti, in volontaria offerta o durante missioni e combattimenti. Solo quando Shintou le aveva tagliato un braccio ne aveva visto scorrere così tanto, tutto in una volta.
Ignorò il rimproverò del Mizukage, perché in quel momento le parole di un mortale erano quanto di meno interessante potesse esserci. Stava guardando se stessa morire, ed era qualcosa di troppo... Strano, per perderselo.
Il bruciore sulla gola era familiare. La sua carne conosceva le gioie della lama, e quella sensazione di oblio che accompagnava la perdita di sangue.
Si sentiva la testa leggera, consapevole di star perdendo le forze per via della ferita mortale. Qualunque altro essere umano sarebbe spirato sul colpo, ma lei no.
Lei semplicemente avrebbe perso i sensi, poi dopo un po' si sarebbe ripresa.
Gliel'avrebbero messa nel culo, a quella Volpe, al tempio, a tutti.
Poi sarebbero uscite da lì... O una sola di loro. Quella che il loro Signore avrebbe ritenuto adatta.
Avrebbe riabbracciato Shintou, rivisto le sue sorelle, la sua famiglia. Sarebbe tornata al Santuario, come sempre.
Il suo corpo immortale avrebbe continuato a servire il suo scopo.
Per la gloria di Jashin...
Per la gloria...
Per...
Vide la luce abbandonare quegli occhi azzurri, e il capo cornuto reclinarsi dolcemente. Non ebbe tempo nemmeno di pensare, di metabolizzare la cosa, perché altro sangue fluì dal pilastro stesso.
Come un'arteria recisa, riversò il proprio contenuto su tutto e tutti, travolgendo le due Shitsuki, la viva e la morta.
"Porca pu-"Trattenne il fiato, chiuse gli occhi, e venne sbalzata via come un legnetto dalla marea. Si ritrovò sdraiata a terra poco più in là, vicino al pilastro esterno, boccheggiante.
Non per la mancanza di fiato, ma per il
dolore.
Sottile, intenso. Una pugnalata dritta al petto, un dolore malsano che la inebriava e le piegava le gambe allo stesso tempo.
«Nnngh~»Strinse i denti e i pugni, lasciandosi sfuggire un gemito probabilmente fraintendibile.
E in tutto questo, il saio bruciava ancora. Troppo.
Le urla di giubilo della Volpe le rimbalzarono addosso mentre di nuovo si trovò sbalzata a terra, costretta ad assistere alla rinascita della prima coda del Demone. Giustamente, quello li esortava a muoversi, a fare come aveva fatto lei...
E ce n'era maledettamente bisogno, perché stavano bruciando vivi!
«Forza... Chi ha bisogno di un colpo secco me lo dica...» ansimò la Figlia di Jashin, contratta per il dolore che quel saio incandescente le stava elargendo.
Si accorse di avere di fianco Urako, che le chiedeva come stesse.
«Starò meglio quando saremo fuori da qui» rispose seccamente. Non ce l'aveva con lei, ma la situazione era molto poco sopportabile.
E ovviamente, poteva sempre andare peggio.
Mentre tentava di rimettersi in piedi, sentì una voce chiamarla.
Una voce che conosceva bene, una voce che
non voleva assolutamente sentire in quel momento.Alzò gli occhi e lo vide. Lo riconobbe, e tutto il suo corpo ebbe un ennesimo spasmo di dolore.
«No... No, no, NO!»Scattò verso il palo, ma una forza si oppose tenendola lontana e facendola rimbalzare indietro. Sembrava un muro d'aria, una barriera invisibile, e la Jashinista cominciò a prenderla a pugni e batterci le mani sopra con furia.
«Shintou! SHINTOU!»C'era una vena di disperazione nella sua voce, mentre lanciava quei richiami forsennati a suo marito.
Che cosa ci faceva lì? Perché proprio lui? Fra tanti, tantissimi ninja convenuti, perché proprio lui era finito in mezzo alla squadra della Nebbia? E quel saio nero, cosa significava? Le sue armi, perché non c'erano Ryujin Jakka, Higanbana, dov'erano le anime affilate del Triangolo?
Il destino sapeva essere crudele... E le prove di Jashin altrettanto infami.
Le veniva da piangere per la frustrazione, mentre il dolore aumentava in ogni istante. Le ustioni non le permettevano di pensare lucidamente, e si trovò ad urlare dopo l'ennesimo colpo inutile a quella barriera.
«CHE CAZZO ASPETTATE ANCORA?»Il ruggito era per i suoi compagni.
I suoi inutili compagni per i quali si era messa il saio.
Stupida, stupida, stupida! Mai più avrebbe ascoltato l'opinione pubblica. Doveva fidarsi del suo istinto, non lo aveva fatto, ed ecco com'era finita!
«Shintou...»Si appoggiò a quel vetro irreale con un gemito sofferente. Suo marito era lì, a pochi metri da lei, le stava parlando... Ma non lo sentiva. Non lo poteva raggiungere, non era in grado di aiutarlo.
«Resisti... Troveremo una soluzione... Ngh!» Storse la faccia in un gemito di dolore quando le ustioni si irradiarono ulteriormente, e si staccò da quella parete d'aria ostile.
Doveva essere forte, anche per lui. Non doveva farsi vedere sofferente o piegata, ma doveva dimostrare di essere la Figlia di Jashin, il Cerchio, la donna che lui aveva sposato.
Lo avrebbe tirato giù da quel palo, a costo di staccare la gola a morsi a tutti, Mizukage incluso.
E avrebbe cominciato dalla più ragionevole.
«Urako.»La Yakamoto era ancora lì, e a quanto pareva si era decisa ad accettare la proposta di un coltello amico per il sacrificio.
Shitsuki estrasse un altro kunai e pose una sola domanda:
«Te o quella sul palo?»Il palo vinse. A passo deciso, Shitsuki si avvicinò alla compagna legata, guardandola negli occhi con decisione. Soffriva, soffrivano tutti, quel calore era sempre più difficile da sopportare. Se quei pusillanimi esitavano nell'ammazzarsi li avrebbe sgozzati uno per uno, ma sperava che dando il buon esempio anche gli altri si sarebbero convinti.
O quello, o bruciavano vivi: a loro la scelta.
«So che non credi in Jashin, quindi non penso ti dispiacerà se faccio una preghiera breve.»Deglutì, allungando la mano per accarezzarle la testa, e sollevò il kunai.
«Signore delle Lame, accogli questa anima impura e risparmiala dalla tua divina potenza. Proteggi noi tutti, e dammi la forza per sostenere questo dolore.»Deglutì di nuovo, strinse meglio la presa sul kunai. Le faceva male tutto, ma doveva colpire precisa... E lo fece.
Mirò alla giugulare, con un colpo secco del braccio sinistro per aprire uno squarcio lungo tutto il collo di Urako, aprendole la gola come aveva già fatto con l'altra se stessa.
Poi scattò indietro, temendo una nuova ondata cremisi come prima, e preparandosi di nuovo alla stessa sensazione di dolore lancinante che il cuore aveva emesso.