Tutte le strade portano al Tempio, Eremo dei gatti - role libera tra -Egeria- e Jöns

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view post Posted on 18/3/2020, 18:22     +1   -1
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Lo osserva per qualche istante, senza capire: è serio, o il suo è sarcasmo?
Dopo aver battuto un paio di volte le palpebre, decide di aggirare il problema.
“Il nuovo Mizukage ha dimostrato di essere particolarmente umano” commenta, passando dal dondolare i piedi al carezzare le asperità della pietra su cui siede, tormentando i licheni con le unghie tagliate piuttosto corte - “più del suo predecessore. Dà l'impressione di essere una persona che tiene un minimo a chi lavora per lui.
Penso che valga la pena dargli una possibilità”
- e lo dice soppesando cautamente le parole dell'ultima frase... come se davvero il parere di un sottufficiale possa contare qualcosa. Meglio sorvolare sul fatto che Kobayashi sia probabilmente ancora circondato da gente abituata alla vecchia gestione, e che faccia sicuramente una bella fatica a piegarla al nuovo indirizzo.

“Penso che prima o poi capiti a tutti, l'idea di levare le tende.
Il discorso che conta, Hakurei-san, forse è lo stesso che farebbe un gatto, senza patriottismo”
-asserisce, spostando lo sguardo da un vago punto tra le rovine fino a cercare gli occhi dell'Eremita - “Minima spesa, massima resa.
Quanto costa lasciare il noto, per un'ipotesi o una speranza infondata? E quanto può costare una speranza fondata, se il noto non ha intenzione di lasciarti andare per la tua strada?”


Perché sta sta toccando da sé argomenti che cerca di evitare come la peste?
La seduta inizia a infastidirla: salta giù dal muretto, si poggia ambo le mani sui fianchi e inarca il dorso all'indietro, facendo schioccare tre o quattro vertebre, poi espira lentamente, con un'espressione decisamente adombrata - “Nei limiti del tollerabile, credo sia molto meno dispendioso mantenere lo status quo, a costo di andarsi a cercare intenzionalmente dei motivi; le alternative non hanno più peso di una fantasia notturna, quando vengono a mancare le risposte ai bisogni primari” riflette, praticamente tornando sui suoi passi rispetto alle tirate cariche di acredine che ha esternato pochi minuti prima; il tono sembra voler convincere se stessa, più che il ragazzo di Konoha. Devi avere proprio un gran bel motivo per levare le tende... e lei c'è andata a tanto così...
Cosa sarebbe cambiato se avesse accettato...?

Scuote la testa, riducendo gli occhi a due fessure, le mani ancora strette ai fianchi: non ha senso rimuginare, già allora era giunta alla conclusione che quella strada non le avrebbe dato nulla, e le avrebbe preso il poco che avesse mai avuto.
Solleva la testa, rassegnata a proseguire quella conversazione, almeno per concludere quella strana parentesi emersa apparentemente dal nulla.

“Conoscevo una persona che voleva scappare, ma credo si sia accorta del problema prima di concretizzare i suoi propositi. L'hanno ritrovato carbonizzato nel suo studio”.
Questo lo dice nell'immobilità più completa, tornando poi a poggiare la schiena contro il muretto, reggendosi sulle gambe distese. Pure la voce sembra farsi priva di vita, così come lo sguardo.
Lei stessa si stupisce di come sia riuscita a parlarne.
“E qualcuno dice che sia meglio così” aggiunge seccamente, quasi con sprezzo, sollevando in aria il naso all'improvviso, con aria vagamente altezzosa.
“Il Villaggio fa i suoi interessi, io i miei, penso che finché la maggior parte di essi coinciderà, non ci sarà motivo di crearsi problemi. Ti dirò, lavorare in ospedale è diventata un'occupazione quasi soddisfacente.
Mi ci potrei abituare...”
conclude incrociando le braccia sul petto con indolenza.

 
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view post Posted on 19/3/2020, 16:13     +1   -1
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I dubbi. I bivi delle diverse strade. Gli ordini sequenziali con cui si dipana la propria vita. Spesso - anzi, nella maggior parte dei casi - a prescindere dalla propria volontà. Spesso, e forse più, con la stessa meta del principio. Come aveva detto a Shintou Agiwara. Avrebbe dovuto farle lo stesso discorso? Quello stesso discorso, più simile a una ramanzina di un ubriaco, che aveva poi fatto quella sera stessa alla ragazza? No, era sin troppo lucido in quel momento per lasciarsi andare in quel modo.
Ci pensò un po' su. No, sentiva che non era il caso né la persona adatta con cui farlo, per tutta una serie di motivi. Sentiva di non voler mettere ulteriore carne al fuoco a quel clima di impercettibile tensione che avvertiva dall'altra parte e che, in un certo senso, riusciva anche a farlo divertire. Da quant'è che aveva perso quello spirito giocoso? L'ultima volta che gli era capitato era stato forse con Arashi Uchiha. Diversi mesi fa, dunque. Un periodo così pieno che stentava ancora a pescare in quei ricordi, come fosse in atto nel suo cervello un'istantanea seduta di psicanalisi che - per quanto istantanea - presto lo pose di fronte alla dura verità che non fosse il momento di trastullarsi coi ricordi e le impressioni più superficiali. Avesse avuto la lucidità di qualche mese prima, avrebbe notato una maggiore propensione alla fantasia nei suoi ragionamenti, come non gli accadeva da anni. E ora, con la tempre dell'esperienza, resa potenzialmente più sinistra e insidiosa.
"Una fine come un'altra in fondo" riesordì dunque dopo qualche secondo, scuotendo la testa e fissando lo spazio tra le ginocchia, le gambe che gigioneggiavano penzoloni sul muretto.
"Spero almeno l'abbia decisa lui, o lei" pensò tra sè e sè.
"Il mio restare al Villaggio si conta più che altro sull'ultimo concetto che hai detto. Mi ci sono ritrovato quasi per caso e ho visto che, nonostante le mie perplessità riesco a farlo discretamente. Riesco a portare il pane a casa, a sopravvivere e a proteggere ciò che mi sta a cuore."
Terminò la frase quasi macchinalmente. Ultimamente erano poche le cose che era riuscito a proteggere. E per quanto ancora avrebbe davvero potuto sopravvivere? Si incupì progressivamente. Restò in silenzio per un po', quindi scese di scatto dal muretto.
"Ma fino a quando questo ci sarà sufficiente? Quando questo inizierà ad apparirci riduttivo? Ricordi ciò ti dissi quando ti diedi il cimelio dell'Eremo? Che i nostri obiettivi sono sempre insignificanti?"




25 dicembre 248



Per molti anni aveva percorso quel viottolo che conduceva al quartiere Est di Konoha. La neve cadeva impercettibile, ma le strade iniziavano a coprirsi di coltre una coltre leggera. Bussò alla porta col dorso della mano e dopo un po' gli aprì. Si abbracciarono senza dirsi nulla. Restarono fermi per un po', quindi si spostarono in soggiorno.
"Ti prendo una tazza di tè."
"Le prendo io, maestro."
"Non sono ancora cerebroleso, ho messo tutto alla mia altezza."
Il suo tono ironico era diverso. Tradiva un'angoscia latente e forse inconfessabile a se stesso, visibile solo da chi lo aveva conosciuto bene in precedenza.
"E' sempre il più sveglio, maestro."
"Ah, non prendermi in giro in questo modo."
"Non lo faccio."
Sferragliò un po' in cucina, poi posò il vassoio con le tazze sul ripiano tra i braccioli della sedia a rotelle, si avvicinò al tavolo, quindi vi posò il vassoio.
"Grazie."
"Di che cosa."
Silenzio.
"Ho fatto bene ad affidarti a Setsuna."
" - La sua scelta è stata ottima. E' una brava maestra, come lei."
"Adesso non potrei certo più allenarti come si deve."
"Non nel fisico, magari. Ma non creda che si libererà di me così facilmente."
"No, almeno tu no."
Fissarono entrambi le tazze.
"Non ci sono ancora notizie?" chiese Izumo dopo un po'.
"No, di Orinosuke no. Jurobei è ancora in clinica. Tsukiyama è andata a trovarlo, ma io non ne ho avuto il coraggio. Bhe, lei è nella polizia, è il suo dovere. Non è più lo stesso dopo quella missione. Di questi tempi le catastrofi sono all'ordine del giorno."
"Stiamo vivendo una catastrofe."
"Sì."
Izumo posò la tazza sul tavolo e restò a fissarlo per un po'. Poi trovò il coraggio, o l'imprudenza, di fargli quella domanda.
"C'è qualcosa che ti turba in particolare? Di cui vorresti parlare?"
" - No, maestro. Niente."
Annuì. Come prevedibile d'altronde. Ipocognizione è un vocabolo difficile perchè poco usato, ma la cui importanza in una situazione simile è capitale. Indica la situazione di chi non possiede le parole - e di conseguenza i concetti, i modelli per interpretare la realtà - di cui ha bisogno per gestire i suoi rapporti con se stesso e col mondo che lo circonda. Se non si avessero le parole adatte per indicare, e quindi nominare, elaborare, le proprie fragilità, tristezza, angoscia, la conseguenza di questa incapacità nei casi di sofferenze intense sarebbe un drammatico corto-circuito che conduce al suicidio. O, talvolta, in qualcosa di peggio.
"Sono l'unico ad essere diventato chuunin dei suoi allievi, alla fine."
" - Eh, sì. Non che non sia felice per te, lo sai."
"Non ero né il più intelligente né il più studioso. Non ero neanche il più appassionato o il più abile."
"Però sei giunto alla meta. La vita ti ha messo alla prova più di quanto ha fatto l'Accademia. E ha deciso di promuoverti a pieni voti."
"Chissà perché."
"Perché sei stato in gamba, evidentemente. Perché sei un buono shinobi."
"Ora che ci penso, vorrei farle una domanda."
" - Dimmi pure."
"Perché lei è diventato shinobi?"
Vide Izumo poggiare il gomito sulla sedia e stare lì a pensarci un po' malinconico. Non che non avrebbe potuto prevedere una reazione simile, ma quella domanda era una delle poche la cui forma gli era tangibile e immediata.
" - Mio padre lo era, e mio nonno prima di lui. Mi è venuto naturale. Certo, la mia carriera è durata molto meno delle loro."
"Le piaceva?"
Una domanda che gli faceva forse più male.
" - Sai che non saprei. Forse, non me lo sono mai chiesto. Fin da quando sono nato ho sempre saputo che sarei diventato uno shinobi, come da tradizione di famiglia. Non ne so esattamente il motivo. Come l'animale non sa perché vive, in fondo. Visto quanto il riposo mi sta facendo diventare profondo?"
"Lo è sempre stato, maestro" gli rispose, celando con un sorriso il suo disappunto. "Secondo i termini del suo carattere. Giocoso. Ci metteva sempre molta allegria."
Izumo sorrise, lo sguardo sognante sul soffitto.
" - Però a ben pensarci, c'era una cosa che mi piaceva in particolare. Sin dai miei allenamenti all'Accademia. Le scintille. Generate specialmente dal cozzare dei kunai, delle spade, dal Raiton. Forse per questo è diventato il mio elemento. Non ci avevo mai pensato."
Gli parve tutto confuso e delirante, seppur con un sentore di promessa. Izumo non sembrava dello stesso avviso e per qualche ragione - non sapeva se avendo visto la sua espressione, o per chiarire ancor più quel concetto a se stesso - continuò.
"Mi hanno sempre affascinato. Era come se in quel momento, per un solo istante, la mia vita brillasse davanti a me. In una scintilla."




" - Bhe, io non lo penso più. Dopo tutte le storie che ho ascoltato. Dopo tutte le persone che ho incontrato. Ognuna con un suo percorso specifico. Ordinario e straordinario che sia. Dopo tutte le volte che ho rischiato di morire, l'ultima volta pochi giorni fa. Tre volte nello stesso giorno. In cui ho pensato che mi sarei fatto esplodere la testa con le mie stesse mani. Ma non è mai accaduto. Neanche questa volta. Molti intorno a me morivano, o in ogni caso la vita li colpiva così duramente da spezzarli.
- Com'è accaduto anche a te, con la persona di cui parlavi, no?
"
Nella foga del discorso, si ravvide per un attimo che stesse parlando con qualcuno in quel momento, per un solo istante, prima di perdersi, senz'ancora sprofondare, tra le calde braccia del solipsismo.
"Tutto questo. Il perché siamo ancora qui. Potrebbe davvero significare qualcosa. Non può sempre… essere un caso. Tutti questi eventi fuori dall'umana comprensione - Dei, demoni, esperienze mistiche se non addirittura trascendenti, complotti cosmici vecchi di millenni -, tutto questo mi sta rendendo sempre più convinto che da qualche parte, intorno a noi o chissà dove, esiste qualcuno o qualcosa che muove e plasma il nostro mondo e la nostra vita. Voglio capire cosa sia. Sono stanco di vivere come un ignavo. Voglio sapere cosa ci faccio qui, e qual è il mio posto. Qual è il posto e il destino di tutti noi. Proprio così. E' questo che mi renderebbe soddisfatto. Che, in fondo, è sempre stata la mia vera ossessione. Poter scoprire finalmente… la scintilla della mia vita."
Si accorse che stava osservando il suo palmo aperto, come se contenesse chissà quale arcano e vuoto segreto. Senza ricordarsi cosa i suoi sensi avessero percepito nel frattempo.
 
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view post Posted on 19/3/2020, 22:37     +1   -1
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Inaspettatamente, la presa di parola dello shinobi della Foglia agguanta il discorso e lo trascina in una spirale inarrestabile: accettazione, comunanza d'intenti precipitano improvvisamente in un'orazione che di sintonia per ciò che è dimesso, rassicurante nella sua consuetudine o rassegnato ne ha ben poca.

Accettazione per una morte, definita una morte come le altre – si trova ad incassare malvolentieri un concetto simile, applicato a quella persona, ma non può sottrarsi dalla consapevolezza che l'accaduto avrebbe potuto turbare così tanto solo la cerchia più ristretta dei conoscenti del morto. Decide di farsi andare bene quell'osservazione, anche solo in nome del distacco orgoglioso cui si aggrappa ostinatamente da settimane; in quel portare il pane a casa, immersi in una quotidianità priva di eccessivo rischio e pretese ambiziose, trova specchiata la sua routine ospedaliera: turni da rispettare, protocolli da seguire e in cambio una comoda rete di protezione in caso qualcosa andasse storto.

Il resto del discorso, al contrario, le dà quella sensazione di stanchezza che può causare una lezione di chimica eccessivamente specialistica, approfondita in un modo tanto preciso da risultare inapplicabile alla medicina organica.

“Sembra maledettamente faticoso” - commenta inespressiva, sollevando appena l'arco delle sopracciglia, rendendosi perfettamente conto di aver appena fatto precipitare nella polvere un anelito degno di dividere il cielo con le aquile.
“Sicuramente ti fa onore. È il genere di ricerca che intraprendono le menti destinate a grandi cose... ma ho l'impressione che per i soldati, le grandi imprese vanno in coppia con le peggiori grane.
Ti auguro di affrontare la tua ricerca da studioso, piuttosto che con la katana in mano: ho idea che sarebbe infinitamente meno rischioso.
Rischieresti di rimanerci secco prima ancora di trovare la soluzione alle tue domande, e dubito che tu ne abbia voglia.

Dal canto mio, credo di essere sopravvissuta solo perché ho sempre avuto qualcuno in vena di morire al posto mio, oltre a una buona dose di fortuna. Le cose sono due, quindi”
- e qui si interrompe per grattarsi la testa - “Evitare di farmi incastrare di nuovo in qualcosa che non posso gestire, e diventare brava a sufficienza da levarmi di torno rapidamente quello che non posso schivare.
Ha già l'aria di essere meno complicato della tua ricerca...

... stiamo ancora tenendo fede alla scelta dei Cimeli, Hakurei della Foglia: tu hai ancora voglia di scendere in battaglia, anche se la battaglia è della tua mente.
Io continuo a preferire di correre, correre velocemente, per evitare le cose spiacevoli che mi trovo puntualmente dietro l'angolo”
- sentenzia con un certo gusto, soddisfatta di aver tirato fuori un ragionamento più articolato del suo precedente Inno all'Inerzia e alla Stizza per i Rischi Indesiderati sul Lavoro.

 
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17 replies since 7/4/2018, 10:35   472 views
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