Effettivamente, posso dire di essere abbastanza certo che il sacrificio di Eiji si sia limitato ai ricordi dei genitori. Il tutto, però, non sottintende che quelle rotelle non gli manchino davvero, anzi. Lui aveva un modo tutto suo di affrontare gli ostacoli della vita, non era avvezzo a preoccupazioni o incertezze, semplicemente sapeva di poter abbattere ogni muro che gli si fosse parato davanti. Perché? Difficile dirlo. Non certo perché si aspettasse di essere il più forte sulla faccia della terra, questo era chiaro, ma forse perché si aspettava grandi cose da se stesso. Non aveva sacrificato quello che di più caro aveva per ritrovarsi con un pugno di mosche. Il suo destino sarebbe stato radioso, i suoi desideri sarebbero diventati realtà. Proprio per questi motivi sapeva di non poter essere fermato, di non poter perdere. Anche nel peggiore dei casi, nel più estremo, lui si sarebbe rialzato, avrebbe combattuto sino a quando il suo corpo non si fosse rivelato completamente inservibile. Nel fare tutto questo, nel portare avanti le sue convinzioni, cercava di prendere tutto quello che veniva con filosofia. La preoccupazione per la patria c'era e non era poca, ma vi era una differenza fondamentale tra il presente ed il passato. Quando si era allontanato dalla Nuvola per aiutare il Gobi, sapeva che assentandosi non avrebbe potuto combattere per la sua casa, per il suo paese, per i suoi fratelli. Adesso era lì, pronto a tutto pur di fermare quell'attacco. La differenza era proprio quella. Per quanto credesse nei suoi compaesani, era solo di se stesso che si poteva ciecamente fidare quando si trattava di proteggere quello che amava. Gli altri si sarebbero potuti far corrompere, abbattere dalle avversità. Lui no. Per stupidità, per testardaggine, per mille altre caratteristiche non sempre positive che lo rendevano Eiji Imai. Quel bambino non aveva speranza, il Kyo Dan non aveva speranza. Fin tanto che lui fosse stato il loro avversario, li avrebbe sbaragliati tutti, uno per uno, indistintamente. Per questo era così tranquillo, un po' perché era nella sua indole esserlo, un po' perché sapeva che avrebbe fatto del suo meglio e, sicuramente, avrebbe portato a casa il trofeo. Il tutto potrebbe apparire come un discorso abbastanza altisonante, borioso quasi. Non era questo il punto però. Viveva questo genere di momenti nella consapevolezza di avere ancora molta strada da fare, molti poteri da risvegliare ed esperienza ad accumulare. Solo la sua incrollabile fiducia nelle sue, pur limitate, capacità lo rendevano incline a tali pensieri. Si liberò dal tentacolo, quindi, pronto a controbattere.
- What the fuck mini-bro! Che razza di discorso è!? Il fatto che abbia dovuto lavorare con lui di recente non vuol certo dire che sappia qualcosa di particolare su di lui. Si è lasciato sfuggire che fa parte del Kyo Dan, mica qual è il suo numero civico! - Ed effettivamente sarebbe potuto essere così. In fin dei conti quel nanetto non conosceva le dinamiche che avevano visto coinvolti i due adepti, altrimenti avrebbe riconosciuto il nostro ragazzo. - Mi ha parlato di voi perché condividiamo ideali simili riguardo alla libertà delle bestie codate. But hey man... Il fatto che possa dire di trovarmi in parte d'accordo con voi su alcuni punti, non vuol dire che vi lascerò fare quello che vi pare. Kumo è casa mia. E io non ammetto parassiti in casa mia. Got it?! - Inutile dire che, nel pronunciare quelle parole, il suo tono di voce si fece estremamente minaccioso, proprio come il suo sguardo. Aveva capito di essere dinnanzi ad un essere particolare. Che fosse immortale o meno, questo sarebbe stato impossibile dirlo a primo impatto, stava di fatto che non portava alcuna falce con sé. Nemmeno Mameko a dire il vero, ma le armi che materializzava grazie al suo sangue assumevano forme alquanto esplicite. Nonostante tutta quella massa informe di parole, vi era un dettaglio che uno come lui non si sarebbe mai potuto lasciar sfuggire. Sangue. Lui viveva di sangue, dopotutto essere fedeli al Dio Jashin significava proprio questo. Vide chiaramente, anche grazie al fatto che gli occhi erano il suo senso più acuto, quella sottilissima goccia di liquido fuoriuscire. Sarebbe stato presto per azzardare supposizioni, ma qualcosa nella sua mente diceva che tutto quel potere si sarebbe potuto rivelare un'arma a doppio taglio.
Quindi caricò, ma non ebbe successo. Quel tipetto non era uno sprovveduto. Aveva schifato con facilità il primo colpo, difendendosi dal secondo. Si preannunciava una sfida interessante, nonché una preda succulenta. Nel fare tutto ciò, però, quel nanerottolo non smise mai di discutere con la seconda presenza nella stanza. Erano in perenne contrasto, ma lei pareva non essere affatto interessata allo scontro che si stava consumando, ciò non di meno non si era neanche palesata per dare manforte al compagno. La controffensiva di Yami non tardò a farsi vedere. Due tentacoli fatti di pura oscurità si scagliarono contro il nostro ragazzo, mentre questi era intento ad analizzare le parole della coppia. A quanto sembrava, Mameko aveva davvero commesso qualche atto ai danni dei suoi compagni, ma non era questo il momento di perdersi in pensieri inutili. Richiamata la kusarigama con il rapido movimento del braccio destro, Eiji iniziò a far volteggiare le tre lame ed il peso attorno alla propria figura, preparandosi alla difesa. Era una delle tecniche basilari del combattimento con quel particolare tipo di arma, che Hikaru gli aveva insegnato subito dopo la benedizione ricevuta dal Dio. Nonostante la semplicità del tutto, questa bastò per attutire i colpi, intercettando i tentacoli con l'arma e respingendoli. Rimase impressionato, comunque, dalla potenza con la quale i fendenti del ragazzino si abbatterono contro di lui. Se non si fosse allenato con Mameko, migliorando le sue capacità fisiche e mentali, probabilmente quella tecnica non sarebbe bastata. Stava dimostrando a se stesso di meritarsi quella promozione e, in fin dei conti, questo lo rendeva piuttosto felice. Anche queste distrazioni, però, vennero accantonate dal Chunin, concentrato sulla battaglia ma non solo. Lo vide, finalmente comprese quello che stava accadendo al ragazzo. Non era stata una svista quella di prima, il sangue era sgorgato dalla ferita e lo stava facendo nuovamente. Un sorriso sadico si dipinse sul suo volto, mentre osservava l'avversario con fare famelico. Quel potere era tanto, forse troppo per un giovane come Yami e questo, chiaramente, si ripercuoteva sul suo corpo in maniera negativa. Un vero peccato che Eiji, per lui, fosse proprio l'avversario peggiore. Da buon immortale qual'era, i combattimenti di lunga durata non erano un problema. Più ferite subiva più diventava forte, più ne infliggeva più si rinvigoriva. Sarebbe bastata una singola, misera, goccia di quella linfa vitale per chiudere i giochi. Se quel tappetto si fosse rivelato troppo sfuggente, non avrebbe dovuto fare altro che protrarre lo scontro fino a quando non si fosse logorato da solo. Quella parole femminili non fecero altro che avvalorare la sua tesi, anche se non tutto quello che sentì gli risultò gradito. Chi stava arrivando? I rinforzi di Eiji? O forse dei loro compagni? Doveva sbrigarsi, ma decise di attendere qualche momento. Dopo aver difeso quel contrattacco, a differenza di ciò che solitamente faceva, si prese qualche secondo. La schivata di Yami gli aveva permesso di oltrepassato l'arco che delimitava la porta. Era il momento propizio per analizzare la situazione e scovare, finalmente, quella ragazzina che si accompagnava a bambini demoniaci e, soprattutto, bombaroli.
Tutto era al proprio posto, come se lo ricordava, eppure qualche corpo estraneo adornava la stanza. Un certo odore di sangue si era palesato quando il ragazzo aveva messo piene nella voliera e no, non si trattava di Yami. Vide, infatti, un paio di guardie accasciate al suolo, distese in una pozza del loro stesso sangue. Avrebbe voluto sincerarsi delle loro condizioni, davvero, ma in quel momento non gli parve la scelta giusta. La vita di pochi per quella di molti. Idealmente non era propenso a lasciare nessuno indietro, ma se per verificare la loro morte si fosse fatto sfuggire Yami le conseguenze sarebbero potute essere catastrofiche. La cosa, logicamente, gli diede molto sui nervi. Non poteva aiutare i sui fratelli e, allo stesso tempo, non poteva allontanarsi da quel bambino. Eppure qualcosa mancava nel circondario, qualcosa di fondamentale. Dove stava quella stramaledetta bambina? Si guardò attorno più e più volte, ma nulla, non la vide. Non c'era altra scelta, era arrivato il momento di fare qualcosa che avrebbe dovuto fare molto tempo prima. Giocare le sua arma segreta, l'abilità temuta in tutto il mondo ninja e non solo. Il CAZZUTISSIMO, FOTTUTISSIMO, SUPEROVERPOWER sensitivo. Cele perdonaci, perché abbiamo peccato. No. Non c'era una seconda presenza in quella stanza. O meglio, c'era ma non come se la sarebbe aspettata lui. Inizialmente percepì solo Yami, man mano la sua capacità si affinava, però, iniziò a comprendere che il giovane non era solo. In lui albergavano due esseri, come due spiriti in un unico corpo. La bambina, non era altro che una seconda presenza che vestiva la stessa pelle di quel ragazzino che aveva appena attaccato. Cosa stava a significare? Era un fenomeno sin troppo particolare per ridurlo ad una semplice personalità multipla. Non avendo mai avuto a che fare con qualcosa del genere, non riuscì a darsi una spiegazione. Il fatto, però, di aver individuato finalmente quella presenza lo rassicurò parecchio. Non doveva più temere imboscate da un corpo estraneo, il suo avversario era uno, anche se non era solo.
Gli interrogativi iniziavano ad ammassarsi. Chi era Yugure? In cosa consisteva il tradimento di Mameko? Quanti altri uomini aveva il Kyo Dan all'interno delle mura? Chi stava arrivando? Cosa si nascondeva dietro il misterioso potere di quel bambino? Come mai all'interno del suo corpo albergavano due entità? Troppe, davvero troppe domande. Era consapevole che quel ragazzino non avrebbe perso tempo a rispondere. Lo aveva ignorato prima, lo avrebbe fatto ancora. Di contro, il suo lato femminile avrebbe potuto farlo, anche se aveva rivolto le sue parole soltanto verso Yami e mai verso di Eiji. Che fare? Combattere ed obbligare la controparte a parlare? Oppure tentare di smuovere la presenza, in modo tale da farle rivelare qualcosa? Forse era troppo presto per pensare di poterla asservire alla sua volontà, ma se avesse premuto ancora un po' sull'acceleratore. Se avesse forzato la mano a Yami abbastanza da metterlo in pericolo magari chissà, in cambio della speranza di aver salva la vita, Hikari avrebbe parlato. Decise, quindi, di tenersi tutto dentro per il momento e di procedere con l'attacco. Avrebbe balzato, facendo roteare il peso verticalmente, per poi scagliarlo contro il nemico. Questa volta, però, il suo intento non sarebbe stato quello di ferirlo, ma si trarlo in inganno. Avrebbe cercato di bloccare una parte del corpo dello stesso, oppure un tentacolo, con la catena ed il peso, per poi strattonarsi nella sua direzione. Avrebbe utilizzato la forza delle sue braccia per lanciarsi verso il nemico e, allo stesso tempo, sbilanciarlo. Se il tutto fosse andato a buon fine, con l'elsa della testa impugnata dalla destrorsa, avrebbe colpito il costato. Questa volta però i suoi intenti sarebbero stati chiari, almeno a se stesso. Ferire, non uccidere. Non ancora.