| « Un abisso chiama un altro abisso, al fragore delle tue cascate, tutti i tuoi flutti e le tue onde sono passati sopra di me.
Di giorno l’Eterno mi largisce la sua benignità, e di notte innalzo a lui un cantico, una preghiera al Dio della mia vita. » Scese. Come discesa nelle regioni dell’irrazionale, dell’onirico, del patologico. L’Inferno…oscuro budello di viscere, dove il nostro scendeva nella solitudine che accompagnava l’inferno personale in ognuno di noi. La luce filtrava dalle pareti stesse in quella discesa monotona ed eterna sempre uguale a se stessa. Come le anime dei dannati che dovevano scontare i loro peccati in terno, nella stessa identica maniera in un ciclo infinito, fino a quando l’universo stesso non fosse esploso e la vita rinata, il samurai scendeva e scendeva ancora. Solo, come ogni guerriero lo è nella battaglia, ma con gli occhi vivi di chi non fa parte di quel mondo e di quel mondo ne avrebbe tratto forza per sconfiggerlo. E in quella discesa vi fu l’orrore, consapevole, che l’Inferno ora lo accoglieva. Che l’Abisso era in lui, come Shintou era nell’Abisso. Eterno, ed eternamente viva, la sua tragica minaccia. Dianzi a me non fur cose create se non eterne, e io eterna duro. E in quel budello la tragica violenza e coscienza che ormai non poteva tornare indietro fu manifesta ma non per questo ebbe paura. Scese come freccia e la speranza nel suo cuore non fu doma né spenta. Ne fu, anzi, accresciuta. In quel torbido budello, nelle viscere dell’Orrore Eterno, Shintou fece una promessa a se stesso. Una promessa che fondava le sue basi, le sue radici, nella stessa anima del ronin. Un anima che era lì anzitempo e che non era gradita di certo. Forse bramata ma non di certo sarebbe stata ghermita. Non sarebbe scomparsa nel Buio. Fu questa la promessa.
Il tunnel si restrinse e si ritrovò naturalmente a scivolare lungo una sorta di scivolo umido, coperto della stessa sostanza vischiosa che aveva incontrato all'inizio. Sostanza che intaccò i suoi abiti, logorandogli e la sensazione di fastidio pungente si impadronì delle sue membra. Chissà cos’era quella sensazione. Forse acido? Poteva studiarla…ma di certo non aveva il tempo né glielo avrebbero concesso, né la sua mente si soffermò così a lungo. Aveva altro da fare. Era lì per uno scopo ben preciso. Di scientifico o filosofico non aveva nulla. E finalmente i suoi piedi toccarono terra. Un luogo ameno e sconosciuto si aprì dinanzi ai suoi occhi, mentre cercava di rimettersi in piedi. I suoi occhi danzarono nello spazio per capire dove fosse finito. Una caverna, ampia, si aprì davanti ai suoi occhi rubino, dal soffitto a cupola pendevano stalattiti nere. Al centro un lago, color giallo ocra, fumante e bollente e schifosamente maleodorante. Sembrava che tutto fosse l’opposto di quello che sulla Terra era considerato bello. E quindi? Ora? Dove doveva andare? Yamamoto non sembrava averlo seguito e sinceramente nemmeno aveva visto quale strada stesse prendendo il nano. Era solo. All’Inferno. L’unica sua guida era scomparsa e la sensazione di estraneità fu terribile. Ora era davvero solo. Ma, e questa fu più un credo che non una certezza, pensava che già sapessero che qualcuno di non voluto, qualche estraneo, un vivo, fosse nel loro regno. Quindi si prese un momento per se. Tornare indietro era impossibile: quella sostanza era corrosiva ai massima ed era meglio starle alla larga. Tutto era morte. E non credeva che l’Epiguro, anche se fosse riuscito a tornare su, si riaprisse così semplicemente. Poteva solo continuare ad andare dritto. Direzione? Una qualunque bastava. Non aveva né appigli, né guide, né un’idea su dove esattamente e in che parte dell’Inferno fosse. Quindi un piede davanti all’altro gli parve, al momento, una buona idea. Il lago fu davanti a lui…lago…lago? Yama aveva detto qualcosa a proposito di un lago. «Scendi... Centro... Se vedi un lago... Indietro!» ma a cosa si riferiva esattamente? Le parole gli arrivarono confuse e sconnesse, difficile capire l’integrità della frase e dell’avvertimento, se mai lo fosse stato, di Yamamoto. Quindi a quale lago si riferiva? A questo? Si grattò la nuca…perdeva tempo. O per meglio dire, si stava chiudendo in pensieri che poco avrebbero giovato. Un piede davanti all’altro, un passo alla volta, avanzare. E questo avrebbe fatto.
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Rumore. Intorno a lui. Catturò I suoi sensi. Dalle pareti della caverna, dalle stalattiti, l’orrore nacque. Prese vita e si formò davanti a lui. Rumore schifoso. Infernale. Paura e orrore che prendevano corpo in ammassi scheletrici, con innumerevoli zampe, che ticchettavano sulle pareti in un lugubre concerto. Sembravano insetti…sembravano perché lui li associò a simil insetti. Ma d’insetto non avevano nulla. Creature che abitavano quei luoghi, che si cibavano di anime e che sembravano come vomito liquido sulle pareti. Scendevano ed erano innumerevoli. Una legione senza fine. E non erano lì per dargli il benvenuto. L’Inferno, finalmente, gli stava dando a suo modo il benvenuto. Un benvenuto fatto di zampe, orrore, paura, e Buio. Fu presto circondato dalla masnada nera, con quelle zampe lugubri che ticchettavano sul terreno, vogliose e maledette. Furono intorno a lui. Occhi che lo guardavano. Su crani deformi, sopra un corpo schifoso. E così fu tempo. Basta pensieri. Si sarebbe fatto largo con il ferro, il sangue e la volontà. La luce spuria dell’irezumi e delle sue cicatrici brillò nefasta, mentre Higanbana nacque dalle profondità del suo chakra e della sua anima, che si tramutò in acciaio. Tre lame enormi, screziate di rosso morsero la terra mentre gli occhi rubino sfidarono la masnada nera. Un movimento pesante, mentre Higanbana ronzò nefasta, partecipando al lugubre concerto dell’orchestra tenebrosa. Le sue lame svettarono al cielo, mentre l’asta venne appoggiata sulla spalla destra. Tremò il braccio di Shintou, mentre stringeva la sua sorella d’acciaio. Divaricò le gambe e gli occhi danzarono su quei volti uguali e maledetti.
«Chiedervi di condurmi da chi comanda, sarebbe troppo?»
La sua voce fu un sussurro. Tagliente come la sua falce, affilata come il filo di Ryujin jakka. Il chakra, a mò di fiume in piena, si liberò e fluì nella sua falce mentre petali di giglio e di giglio del ragno rosso, fluirono in quell’aria nefasta. Et in arcadia ego. Anche nella morte vi può essere la speranza. Anche all’Inferno l’Arcadia. Non avrebbero annullato la luce della volontà di Shintou, che avrebbe tagliato qualunque cosa, pur di arrivare ad avere il controllo del suo potere. La sua volontà più forte dell’Inferno. Il suo Io più luminoso del Buio che tentava di ostacolarlo.
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« E SIA…»
La falce morse l’aria con uno stridio infernale, mentre le cicatrici pulsarono violentemente. Lo zankusen avrebbe tagliato ogni cosa. Ogni nemico che si sarebbe frapposto fra lui e il compimento del suo destino. E Shintou balzò tra di loro e lo zankusen, luce spuria e azzurrognola screziata di rosso, avrebbe impattato sull’orrore. Lo Shinmei Ryuu avrebbe brillato anche all’Inferno.
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CITAZIONE Attivazione Personale- Hyakuretsu Ōkazan[chk 200][+120 alla difesa con armi/+ 120 all’attacco con armi] Letteralmente, "Colpo Dei Cento Petali Di Ciliegio", tecnica del genere ougi, ovvero "Significato Profondo". Unione del kaan con il suono nuovo chakra acquisito ad Oto. Ma soprattutto diretta manifestazione del suo nuovo essere e della sua nuova condizione di Immortale. I precetti dello Shinmei rimangono nella sua anima, ma vengono ampliati dalla sua nuova condizione, dal suo corpo finalmente libero dalla malattia, dalle sue cicatrici che corrono sul suo corpo illuminandosi di un blu elettrico, e da quel nuovo chakra che lo rende ancora più forte ora che è finalmente libero. Se il kaan era un mantra buddista di meditazione, per sbloccare le proprie capacità nascoste sia fisiche che spirituali riuscendo a rendere manifesta la sua forte volontà in un simulacro, in un oggetto qualsiasi che faceva da tramite per la forza interiore, il Ki, del maestro e poter diventare capace di oltrepassare i propri limiti ed arrivare alla quintessenza della propria tecnica, questo colpo è il passo successivo. Tutto questo viene superato, portato ad un tale livello superiore, perfetta unione, dopo sacrifici, morte e inferni passati, all’unione tra la sua vecchia via e la nuova. La spettacolare esecuzione dello Hyakuretsu Ōkazan ha inizio con un singolo fendente di spada, che genera nel terreno, a non più di pochi metri di distanza dall'utilizzatore, una circonferenza del diametro di tre metri. Istantaneamente l'area all'interno della zona così circoscritta viene investita dal ki dello Shinmei, e sembra irradiarsi in una colonna di luce che subito si compatta in una tempesta di quelli che sembrano alla vista piccoli petali di giglio e giglio del ragno rosso. Alla comparsa dei petali di luce, la vittima sembra investita da una fitta pioggia di lame. In realtà, l'esecuzione effettiva è ben diversa da ciò che traspare dall'esterno: il fendente di spada di apertura irradia ki nell'area prescelta, ma ad esso seguono dai due agli otto brevi movimenti di spada, tanto più brevi quanto sono numerosi. Questi colpi si imprimono nel ki, che li riproduce sotto forma di lame di energia che vanno a colpire l'avversario come se fossero eseguite direttamente da sotto suoi piedi. I "petali di ciliegio" che sembrano danzare nell'area circolare dello Hyakuretsu Ōkazan sono condensazioni di energia, che seguono ogni movimento delle armi di Shintou, potenziando così i suoi attacchi con armi ma anche le sue difese con le stesse. Saranno tanto più numerosi quanto meno è perfetto il controllo del ki da parte dello Shinmei. Si dice che i grandi maestri Shinmei riescano a generare una colonna di luce talmente intensa da bruciare gli occhi, nella quale danza come trasportato dal vento un singolo petalo di ciliegio, un livello al quale Shintou tutt'oggi aspira con risultati incoraggianti ma ancora ben distanti dalla perfezione. ~ Zankūsen Kai: Anche le armi di Shintou risentono del nuovo chakra. Di fatti il metallo vibrerà delle medesime pulsazioni del possessore. Si concretizzarà sotto forma di lama energetica in un raggio d'azione piuttosto ampio, come se fosse un prolungamento della spada, e seguirà fedelmente il movimento della nodachi. Le sue armi e l’attaccamento con esse è indissolubile, così intenso dall'impedire a chiunque di scindere il rapporto fra coloro che adesso sono definibili compagni di ventura. Shinta riesce a controllare e a modellare il suo chakra, o Ki, sulla lama della sua spada per sprigionare da essa una vera e propria bordata di energia. In termini da regolamento può decidere se i suoi attacchi ravvicinati con armi possano essere a lungo o vasto raggio con un costo in più di stamina pari a -7/-10. In più potrà decidere se infondere il proprio chakra elementare o quello sconosciuto di Oto. Se userà il fuuton le ferite da taglio saranno aumentate di *1.1 Quello del Doton farà si che i suoi attacchi con armi prendano il malus Contundente sostituendolo al malus Taglio Se userà quello sconosciuto di Oto i suoi attacchi con armi non potranno essere contrattaccati ma solo difesi. //Attacco semplice a vasto raggio//
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