神になる - Aiutami a diventare Dio, Incentrato su Exp per Gaeshi 1° pg

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view post Posted on 14/12/2017, 20:47     +1   -1
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Non era ancora nel pieno delle forze ma stava sicuramente molto meglio. Quando Shintou la baciò lo strinse a sé e si tirò su a sedere, abbracciandolo con la mano destra e ignorando le sottili fitte poco sopra il gomito sinistro, dove il taglio si stava rimarginando.
Ogni bacio, ogni tocco, serviva a rassicurarla; lo faceva per lei, per lei, e nonostante tutti i capricci, le testardaggini, i momenti di debolezza, lui ci sarebbe stato sempre.
Questo però non significava che lei dovesse abusare della sua disponibilità. Essere certi di una cosa e darla per scontata sono pericolosamente vicini, e Shitsuki non voleva adagiarsi sugli allori e rassicurarsi del fatto che, poiché suo marito la amava e la supportava, allora lei poteva prendersi il lusso di andare con calma.
Nessuno glielo avrebbe perdonato, lei per prima.

Era questo a cui pensava mentre Shintou le preparava una scodella di zuppa fumante. Carne e verdure, esattamente quello che le serviva. Con un braccio solo era difficile tenere il piatto in equilibrio e mangiare al tempo stesso, ma Shitsuki rifiutò di farsi imboccare come un'invalida e pretese di mangiare a tavola. Suo marito le fasciò quindi il braccio riponendolo nella manica dello yukata con attenzione, in modo che stesse fermo.
I Jashinisti guarivano ad una velocità sproporzionata rispetto alle persone normali, ma un braccio troncato richiedeva comunque qualche giorno di tempo prima di tornare operativo. Doveva lasciarglielo, quel tempo. Così come doveva lasciarlo a se stessa.

«No che non sono una vigliacca» borbottò, guardando Chinuri che, come lei, era stata pulita e curata. «E questa forza, di cui parli... So di averla sempre avuta d'animo, ma...»
Arricciò il naso. La modestia non era una delle caratteristiche pulsanti di Shitsuki, soprattutto per cose che la comunità le riconosceva da sempre. E, diciamocelo, il Jashinismo non predicava umiltà e modestia come altre religioni, semmai tutt'altro.

«...Devo capire come tirarla fuori. Come usarla per qualcosa che non sia parlare.»

Guardò di nuovo la sua falce, e lentamente annuì.
«Ce la faremo. Lo so.»

Sorrise e strinse ancora la mano di suo marito, che se ne andò lasciandole del tempo da sola. Ne aveva bisogno, e ne aveva bisogno anche lui; Shintou era bravo a celare tutto dentro di sé, ma Shitsuki poteva comunque immaginare quanto faticoso dovesse essere stato per lui. Sicuramente sarebbe andato a sfogarsi e distrarsi in qualche modo, magari a farsi due bicchieri con le sue Lame, oppure a sbattere il martello sull'incudine per qualche ora.

"Anche per questo devo migliorare... Per non obbligarlo più a fare certe cose."

Prese Chinuri, e la liberò dalla seta che la copriva. La sua falce era come lei: solida e robusta, screziata da segni di ogni tipo, ma senza grosse cicatrici da importanti battaglie. Shitsuki non ne aveva mai avute prima, e il nuovo corpo da Figlia di Jashin era ancora intatto e perfetto. Quella che le sarebbe rimasta sul braccio non era una medaglia al valore, non era un ricordo di un nemico che aveva affrontato e battuto... Ma poteva diventarlo.
Doveva solo abbattere il nemico più grande di tutti: se stessa.

Accarezzò il manico della falce, ne seguì il profilo con le dita, sfiorò le lame e decise che andavano affilate. Col braccio al collo, prese quindi la sua arma, la cote, e uscì in veranda così com'era, in yukata da casa e a piedi nudi.
Seduta sul patio che si affacciava sul cortile interno percorse più volte la lama con la pietra per affilare, generando scintille e rumore di ferro. Era un gesto abitudinario, la cura della propria arma era parte fondamentale dell'apprendimento al Santuario, e lei l'aveva sempre considerato un momento per rilassarsi ed entrare in comunione con Chinuri.
Evidentemente, però, non era stato abbastanza. Le spade di Shintou brillavano e ronzavano, la sua falce invece restava silente. Stabile, inattaccabile, salda... Ma silente.

«Tu sei parte di me, vero?»

Ma sì, tanto valeva provare a parlarci.

«Sei parte di me... Sei stata fatta con la mia anima... Eppure non comunichiamo, vero? Cioè... Tu sei in fondo alla mia mano e ci sei, punto...»

Il rumore della cote sulla lama fu l'unica risposta che le sue orecchie udirono. E come poteva essere altrimenti? Chinuri non era un essere vivente, per quanto non la si potesse nemmeno considerare una normale arma. Di sicuro però non parlava.

«Eppure... Nemmeno le spade di Shintou sono vive. E non gli parlano. Però ronzano, diamine, le sento anche io!»

Finì di affilare l'ultima lama e si alzò in piedi, prendendo la falce e tenendola sollevata davanti a sé. Era pesante, e anche parecchio; tenere il braccio teso era un esercizio massacrante che non riusciva a mantenere per più di un certo numero di secondi, ma non era quello l'allenamento a cui mirava in quel momento.
L'aria autunnale le solleticava la pelle con quel leggero freddo pungente ma non insopportabile. Il braccio sinistro rimase dentro la manica dello yukata, mentre il destro tornò lungo il fianco sorreggendo Chinuri.
Si mise al centro del cortile, sull'erba fresca, e roteò la falce in modo da appoggiarne la testa davanti ai propri piedi, impugnando il manico con decisione. Prese uno, due, tre respiri profondi. Ne sentiva la consistenza del legno contro il palmo, e quando la sollevò ne avvertì distintamente il peso. A occhi chiusi, immaginò la forma, le dimensioni, la curvatura delle lame. Conosceva così bene la sua falce che non faceva fatica a dipingerla nella sua mente con precisione.

Immaginò la falce che si alzava, si muoveva, e con naturalezza il braccio seguì quei movimenti facendoglieli percorrere. Sempre a occhi chiusi, Shitsuki si prese il suo tempo per, semplicemente, far muovere Chinuri. Con un braccio solo era faticoso ma non impossibile; era come tornare ai primissimi giorni dopo la Prova, quando la sua anima aveva preso forma tra le sue mani, tagliente e affilata.
Rotazioni, spostamenti, passi, affondi. Tutto con calma, mentre il suo corpo si scaldava per lo sforzo ma la sua mente rimaneva lucida e concentrata.
E dopo un certo tempo -non sapeva quanto, aveva gli occhi chiusi quindi non poteva calcolare quanto il sole fosse calato sull'orizzonte- iniziò a far scorrere il chakra dal proprio braccio lungo la lama. Quando lo fece, Chinuri apparve ancora più brillante nella sua mente: rossa e azzurra, l'energia la percorreva infondendosi in ogni suo centimetro, dal manico di legno levigato ai chiodi che tenevano le lame in posizione. Ogni singolo frammento e scheggia, non doveva dimenticarsi di niente, non doveva tralasciare nulla.
Il sudore le impregnava lo yukata, ma il cuore batteva forte e stabile. Ogni passo, ogni affondo e sollevamento era uno sforzo che passava in secondo piano, perché la mente della ragazza era focalizzata sul riempire di chakra la propria arma e sul sentire come questa rispondeva.

Era più pesante? Più leggera? Rimaneva la stessa, ma in qualche modo non era più una prosecuzione del braccio, non quanto poteva esserlo prima. Pur incastrandosi perfettamente nella sua mano, pur eseguendo i movimenti in maniera armonica, non era più un "qualcosa che lei muoveva" ma un "qualcosa che si muoveva con lei".

Lo yukata zuppo le dava fastidio. Se lo tolse, e mantenendo il braccio ferito contro l'addome riprese a spostarsi, a piegarsi, saltare, in quello spazio che era solo nella sua mente. Mai aprì gli occhi, perché conosceva la sua arma e la sua casa, sapeva dove colpire per non tagliare un albero, sapeva quando far scorrere chakra nel piede per non affondare nel laghetto.
Era una consapevolezza nuova che ai suoi occhi chiusi spalancava un mondo di prospettive mai abbracciato. Perché lei sempre si era affidata ai suoi sensi per dominare, mentre per la prima volta si armonizzava con qualcosa, con la sua falce.

Chinuri non ronzava, non era come le spade di Shintou, non aveva bisogno di farlo.
Le sue tre lame sussurravano, e il loro sussurro accompagnava Shitsuki nei suoi movimenti, che diventavano i loro movimenti.

Shintou l'avrebbe trovata ancora lì, con le bende madide di sudore e con l'erba scavata dai suoi passi, una figura demoniaca danzante di chakra e acciaio, sangue e carne, fusi assieme nell'armonia dell'universo.


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view post Posted on 14/12/2017, 21:30     +1   -1
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Shintou bevve con i suoi amici.
Gli serviva. Si scolò…un buon quantitativo di bicchieri. La testa si fece più leggera, i pensieri come bolle effervescenti che scoppiettavano lasciandogli addosso una strana sensazione di svuotamento.
In effetti si sentiva stanco. Pure troppo. Quei giorni erano stati impegnativi.
Non per ricucire il braccio, nemmeno per le ferite ma proprio per le parole, i gesti e il suo essere maestro.
In effetti ultimamente si stava guardando, vedendo nel riflesso dello specchio, non più un povero relitto umano ma un Maestro dello shinmei ryuu.
Anche se a volte rifiutava, più irrazionalmente, tale titolo. Non si sentiva pronto ad insegnare. Oppure non era capace con Shitsuki.
Odiava farle del male. Persino le parole che le aveva detto…a ripensarci si faceva schifo da solo.
Le pensava? O erano frutto dello sprone? E per spronarla doveva affossarla in quel modo?
Guardò il fondo del bicchiere: un liquido denso e rosso che prendeva forma nelle immagini di quell’allenamento.
Rigirò il bicchiere tra le mani e le immagini scorrevano, le parole vennero riudite…non fu bello il ricordo. Ma necessario, potevano dire alcuni.
Shitsuki era stata fortunata in quel lasso di tempo: aveva un occhio di riguardo all’ospedale, non aveva mai rischiato la sua vita – figurati se un immortale rischia la propria vita – ma non aveva mai provato il vero dolore.
Non quello fisico, che non si faceva mai mancare, ma quello dell’anima. Era stata fortunata: protetta dalle invidie, dalle perdite, dagli orrori, dal sangue degli amici e dai tradimenti.
Dallo schifo di quel mondo, in parole povere.
Solo ora doveva fare i conti con quella realtà. E si rendeva conto che non era come la credeva e che lei non era un Kami.
Ma accettarlo? Posò il bicchiere…non era di compagnia.
Gli altri non ne fecero un dramma. Bastava la presenza.
Una battuta di Kuma, qualche aneddoto di Seishin e i silenzi di Ryouku…o per meglio dire i suoi mugughi. A volte gli mancava tremendamente la lingua.
In passato era stato un tale chiacchierone il monaco dalla pelle color ebano e dagli occhi neri come la notte, che a volte – se si infervorava – ne dimenticava la mancanza.
Mancava Sue…ma era da un po’ che non si vedeva… un problema.
Un grave problema a cui sia Shintou che Seishin avevano già posto i loro pensieri. Il Templare del Santuario covava rabbia sotto l’apparente calma di ghiaccio che mostrava.
Sotto quella bellezza tagliente e gelida, vi era un fuoco che diveniva sempre più imponente.
Shitsuki doveva migliorare anche per fronteggiarla…perché Sue aveva la stessa testardaggine di Shitsuki, stesso fuoco ma sapeva usarlo meglio.
Lo domava e lo usava.
Mentre Shi chan faceva fatica ancora. Ma lì contavano anche i 500 e passa anni d’esperienza che c’erano tra le due.
Eppure Sue la temeva…Shintou si incupì in volto: Sue era un amica fraterna. Poteva levare la falce su di lei?
Seishin gli disse che se una delle due fosse stata nel giusto Jashin, e solo lui, avrebbe scelto.
Ma doveva prepararla alle future battaglie. Il suo ruolo era anche questo…difficile ma era il posto in cui aveva scelto di stare.
Anche se non lo credeva così maledettamente duro…


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Ritornò a casa. A dirla tutta aveva evitato accuratamente di tornarci presto. Non sopportava di guardare Shitsuki in quelle condizioni. Condizione in cui era a causa sua.
Cazzo!
Si vergognava come non mai, non sopportava di stare nella stessa camera a guardarla così…ridotta così..
…e invece ECCOLA Lì.
In piedi, a danzare sull’erba in una perfetta comunione con la sua falce. Il respiro in ogni movimento, in un passo ogni movimento della falce.
Acuire la mente…ecco cosa significava. Concentrarsi per trovare se stessi, il respiro del mondo.
Sentirne il respiro, immergersi in esso e trovare il momento per colpire.
Quando sia mente che corpo erano fusi insieme, quando la mente era l’acciaio, l’acciaio il corpo uniti in un tutt’uno.
Sgombrare la mente e lasciare solo l’essenziale: se stessi e l’avversario.
Chinuri le parlava ogni giorno lei doveva solo aprire il suo cuore. E la sua mente. Non doveva ascoltarla con la mente e la ragione ma con l’istinto, la volontà e l’anima.
Perché in Chinuri vi era fuso un pezzo dell’anima di Shitsuki che ronzava in comunione con la sua.
Unite erano più forti.
Il Cerchio…la perfezione…la comunione col mondo…questa era la quintessenza della tecnica di Shitsuki.
Si sedette. Osservandola.
La nascita di una tecnica.
Si impresse ogni movimento della sua falce, dei suoi piedi, come si muoveva… fuoco.
Acqua…due elementi contrapposti…la quiete e l’irrequietezza…l’immobilità e la mobilità…questo era Shitsuki.
Era duale e i suoi opposti andavano in conflitto ma il Cerchio…il Cerchio rendeva tutto perfetto e in armonia.
Ecco: armonia. I suoi movimenti erano armonici seppur contrastanti.
Attese fino all'ultimo per poi far sentire la sua voce.

«Hai acqua e fuoco moglie mia...sei duale. Calma e irrequietezza ma non ne controlli entrambi ma li fondi in un tutt'uno.»

Come solo il Cerchio poteva fare.

« La tua essenza è questa: essere armonia. Quando imparerai a sentire te stessa e Chinuri, carne e acciaio, acqua e fuoco, calma e irrequietezza allora troverai la tua quintessenza.
Fino a quel momento ti allenerò io ancora più duramente. Ma non voglio piagnistei nè che t'abbatta.
Sii come il fuoco, malleabile come l'acqua...ma prima...»


La prese delicatamente perchè era ancora debole.
Ogni cosa a suo tempo...

« Sii più fiduciosa di te stessa Shitsuki. Solo te puoi camminare e andare avanti per la strada che il destino ti ha messo davanti.
Io starò al tuo fianco in questo percorso. Ti sopporterò e supporterò. Se cadrai ti rialzerò, se inciamperai ti terrò in piedi...ma te aiutami e aiutati. Perchè determinati passi possiamo farli solo noi stessi.»

 
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Si accorse che c'era qualcosa di nuovo. Qualcuno. Un lieve turbamento in quell'ambiente, un suono felpato, un odore... Riconobbe Shintou anche a occhi chiusi. E doveva essere andato a bere, a giudicare da cosa il suo naso percepiva.
Sempre a occhi chiusi rimase, completando la sequenza che si era raffigurata, rallentando i movimenti fino a fermarsi del tutto.

Espirò, e aprì gli occhi. Era coperta di sudore, col fiato pesante, vestita solo delle bende che Shintou le aveva messo addosso. Ma era serena, una serenità che non percepiva da tempo. Simile al dormire abbracciati dopo aver fatto l'amore, a una tazza di the mentre fuori piove, simile alla sensazione di essere nel posto giusto, al momento giusto, completamente in pace con l'universo.

Sorrise. Il braccio ferito sanguinava là dove qualche punto doveva aver ceduto, ma le bende intrise di sudore e ora tinte di un vago colore rossastro permanevano in posizione.
Si chinò a raccogliere lo yukata poi si avvicinò a Shintou. La sensazione dell'erba sotto i piedi era strana, tutto il suo corpo sembrava doppiamente sensibile e percettivo. La coda si muoveva quasi animata da vita propria, sferzando l'aria e avvolgendosi su se stessa a ogni passo. Man mano che il flusso di chakra tornava quieto le parole del ronin fluivano in lei allo stesso modo: calme, calde, e allo stesso tempo rinfrescanti.

«Armonia. Sì, mi piace. È qualcosa su cui posso lavorare... Una base da cui partire. Un punto da cui disegnare il cerchio.»

Alzò il mento per incrociare i suoi occhi, e Shintou poté leggervi sicurezza. Il sogghigno che gli rivolse era consapevole e deciso, ben diverso da quell'espressione affranta e isterica che aveva due giorni prima.

«Non mi abbatterò più. Ora ho una base su cui poggiare i piedi... E abbiamo qualcosa da far crescere, sia tu come maestro che io come apprendista.»

Col braccio sano, che ancora reggeva Chinuri, lo cinse dietro le reni abbracciandolo piano. Si alzò sulle punte dei piedi, andando a posare un bacio sulle sue labbra aromatizzate al... Vino? Sake? Forse entrambi? Di sicuro aveva bevuto, ma la cosa non lo rendeva meno attraente.

«Dovrei lavarmi... Tra acqua e fuoco mi sento un raviolo al vapore. Mi riesci a dare una mano?»
Accennò un movimento col braccio ferito; fra quello, e il taglio che le apriva petto e schiena, era difficile riuscire a ripulirsi da sola in maniera soddisfacente. Purtroppo Jashin non le aveva dato una coda sufficientemente prensile. Ce l'avrebbe fatta, certo, ignorando le più basilari norme mediche... Ma se poteva evitarlo, perché complicarsi la vita inutilmente?

«E poi, volevo chiederti un'altra cosa.»

Una pausa, occhi negli occhi, un respiro profondo.
Si sentiva pronta? Sì. Si stava sopravvalutando? Forse.
Ma era una cosa che voleva almeno provare a fare. E la falsa modestia, l'umiltà, le manfrine sociali e le norme convenzionali tra lei e Shintou potevano andare tutte all'inferno: sincerità e schiettezza erano pilastri fondanti del loro matrimonio, e non avrebbe cominciato quel giorno a nascondergli i suoi desideri.
Quindi, fece la fatidica domanda.

«Mi insegneresti le tecniche dello Shinmei Ryuu?»

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view post Posted on 15/12/2017, 00:09     +1   -1
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« T’aiuterò a lavarti, Shi chan. Anche perchè puzzi persino per il mio naso.
Va bene l’amore ma che non manchi l’igiene! Non mi va di abbracciare un muflone che sa di muschio!»


Per quanto l’amasse la puzza rimaneva puzza, e Shitsuki puzzava. Quindi l’avrebbe messa nella vasca da bagno e l’avrebbe lavata e pulita per bene. Cambiate le bende, ricucito qualche punto saltato, disinfettato le ferite, lavate anch’esse, avrebbe aggiustato quella zazzera di capelli, o almeno pensava che fossero i capelli e poi l’avrebbe messa a letto.
In più il nuovo brillio negli occhi della sua luna lo rincuorò: sembrava che le nubi che adombravano il cuore di sua moglie, via via, si stessero levando. Una luce nuova filtrava da di esse ed era bello. Si bello…poter vedere che vi era una consapevolezza nuova, un nuovo modo di pensare ma anche di stare al mondo.
Vi era una crescita. Lenta, senz’altro, ma costante.
Anche perché Sue restava silente da troppo tempo. Un pensiero fisso oramai nei pensieri del samurai.
Uno scontro? Probabile. Conoscendo il Templare del Santuario era chiaro come le falci avrebbero danzato.
Ma quando?
Domanda difficile. Il tempo per uno jashinista era un accessorio di poco contro, tra l’altro, ma Sue quanto avrebbe aspettato? Non tanto…ne era sicuro. Presto avrebbe saldato quel conto.
Shitsuki doveva essere pronta. Doveva rispondere alle domande che aveva nell’anima, trovare le risposte e prepararsi a quello scontro tremendo.
Forse era Sue il Cerchio? Getsumoto aveva detto Shitsuki…ma Sue era più vicino a jashin di tutti, si diceva. Alcuni dicevano persino più di Getsumoto.
Stronzate, disse Kuma, Seishin disse solo che era probabile che il Templare fosse una prediletta. L’intera storia di Sue era votata a Dio.
Nata per servirlo. Un avversario difficile.
Ma sua moglie, senza volerlo, fu avanti. Quella consapevolezza le bruciava nel petto. Imparare lo shinmei ryuu…un passo avanti nell’essere il Cerchio. A Jashin la sentenza.

« Se è davvero questo che vuoi, allora te lo insegnerò.»

Sollevato? Si.
Perché non era il momento di dirle di Sue. Non era suo compito. Il suo era di addestrarla alle battaglie a venire, che sarebbero state tremendamente difficili perché non si potevano battere con del buon acciaio e qualche decapitazione. Shitsuki doveva divenire Cerchio. Acquisire la quintessenza della sua tecnica, imparare e crescere. Maturare e velocemente.
Il tempo stringeva.


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Shitsuki era guarita. Il braccio stava bene, le ferite un lontano ricordo cicatrizzate sulla sua pelle, la forza quella di un tempo.
L’aveva portata davanti alla cascata, vicino casa. Un piccolo lago perfetto con una cascata di duecento – trecento metri circa. Acqua pura, cristallina, limpida che sgorgava dai monti lì vicino per poi gettarvisi in picchiata fino a quel lago.
Non era il Tempio dello shinmei, oramai andato perduto per sempre, ma poteva fare al caso loro. Il bokken venne posato sullo specchio d’acqua…

« Hai chiesto di essere addestrata e lo sarai.
Ma a modo mio. Nel modo dello shinmei ryuu.»


Non doveva essere il suo Maestro ma doveva trovare la sua via anche nell’insegnare non solo nel comandare.

« Lo shinmei si chiama anche Lacrima di Dio.
Una tecnica molto antica, arcaica, risalente ad un epoca dove la spada e la legge del più forte erano le uniche regole e leggi.
Un tempo in cui l’uomo non era nulla e le forze di questo mondo già vecchie. Ha trovato i suoi segreti sul campo di battaglia. Non nei precetti o nei sutra.
Adattarsi.
Ci sono poche tecniche…»



Poche. Ma terribili. Non era un caso che si chiamasse Lacrima di Dio e Shintou non ne aveva mostrato che una parte. Poche. Basilari. Non le più distruttive.
Una di queste nemmeno mai l’aveva fatta vedere a sua moglie…respirò profondamente. Alzò gli occhi al cielo.
Non riusciva nemmeno a pensarci. Difficile scordarsi di una vita.
Si rigirò verso sua moglie, il bokken sulla spalla destra.

« Tipi di taglio di spada…
Kara Take. Kesa Giri. Saka Gesa. Hidari Nagi.Migi Nagi. Hidari Kiriage. Migi Kiriage. Saka Kaze e Tsuki.

Quando si combatte si punta ad uno di questi nove…da sempre. Lo shinmei ha una tecnica che può colpirli tutti e nove. Per cui è impossibile difendersi da questo attacco.
Ma prima d'imparare l'ultimo attacco bisogna impadronirsi del Kuzu Ryu Sen. Ma nemmeno questo è l'ultima tecnica dello shinmei. La più distruttiva... ma è solo una prova che il maestro fa all’allievo per provare se è pronto per l’Ougi.
Ougi: Ama Kakeru Ryu no Hirameki.»


L'Ama Kakeru Ryu no Hirameki la tecnica Batto più veloce in assoluto perché invece che essere effettuata portando avanti la gamba destra - in questo modo si evita di tagliarsi - viene portata dalla gamba sinistra. È quindi una tecnica molto pericolosa non solo per l'avversario, ma anche per chi la usava. Ma in ogni caso era un attacco imparabile e impossibile da schivare, tuttavia nel caso remoto che qualcuno riuscisse ad eludere tale offensiva, la forza generata dal movimento della spada "rompeva" l'aria intorno ai due avversari e il colpo successivo della tecnica arrivava sul bersaglio con il doppio della potenza.
Solamente chi aveva una forte volontà di vivere e nessuna intenzione di morire poteva padroneggiare questa tecnica. La tecnica che sanciva l’acquisizione di nuovo maestro della Lacrima di Dio.
Colpire contemporaneamente tutti e nove i punti vitali del corpo umano non lasciando spazio al proprio avversario, andando contro di esso senza paura alcuna forti solo del nostro spirito.

Ecco spiegato il perché del nome Lacrima di Dio.

« Di fronte a questo attacco anche gli Dei piangono. Ma non sei pronta a vederlo.
Non ancora. Quando lo sarai lo capirai…»


Perché allora Shintou si sarebbe scontrato contro di lei. Sul serio.
Ma non ora.

« Lo shinmei ryuu non ha forme quindi. Solo dei precetti e l’inizio. Il resto stà a noi.
Ma prima di imparare a colpire devi imparare a percepire


Si avvicinò alla cascata. Un cenno.

« Prova a far defluire la cascata al contrario. E senza ninjutsu

Si era impazzito per caso?!
Aveva sentito bene?! Far defluire al contrario quella montagna d’acqua?! Senza ninjutsu poi?!
Ma era ancora ubriaco? Kuma lo aveva fatto ubriacare o Ryouku con quelle sue erbe del cazzo, lo aveva drogato?!

« Devi imparare a sentire tutto il mondo. Anche il fruscio dell’erba, l’acqua stessa. Acuire la mente, racchiuderci in un unico punto. Contrarre il tuo mondo e il tuo avversario.
Sgombrare la mente da pensieri futili e colpire. Colpire lasciando che il cuore, l’anima e la mente vibrino con l’acciaio.
Rispondere alla più difficile delle domande…»


E posò il suo viso vicino al suo.

« TU CHI SEI?!»

 
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Gli fece una linguaccia quando la prese in giro per la puzza, arricciando il naso per fargli il verso.

«Allora te la fai con me. Perché tu puzzi d'alcool, caro il mio fiorellino di campo. E di... Ascella di Kuma, direi. Ha provato di nuovo a ribaltarti?»

Ma per quanto la puzza fosse puzza, Shitsuki lo amava. Così come amava prenderlo in giro e scherzare con lui, strusciandosi con la fronte contro il suo collo per asciugarsi il sudore, ridere dei suoi tentativi di fermarla, grattargli un corno contro la mascella scompigliandogli la barba e arrossandogli la pelle.
Fortunatamente l'odoroso scontro ebbe fine quando raggiunsero il bagno, e la calma e l'igiene tornarono a regnare in casa Agiwara.

E una promessa: Shintou le avrebbe insegnato le tecniche vere e proprie della scuola dello Shinmei Ryuu.

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Passarono i giorni, il suo braccio tornò perfettamente sano, adornato solo da quella linea che ne seguiva il profilo a memento di ciò che era successo, e marito e moglie si trovavano appena fuori dal villaggio, alla cascata che alimentava il pozzo da cui il Santuario attingeva.
Era di nuovo con la falce in mano e una semplice casacca da allenamento, e con lo scroscio dell'acqua come sottofondo ascoltò attentamente l'introduzione e la spiegazione di Shintou. Si aspettava di vedere un'esecuzione di tecniche, un movimento da imitare e ripetere... Invece il ronin la sorprese con una richiesta.

«Cosa?» Con gli occhi sgranati, guardò la cascata. Poi Shintou. Poi la cascata. «Senza ninjutsu?»

Il suo primo pensiero fu, logicamente, "È impossibile". Ma Shintou non l'aveva portata lì per ridere mentre la guardava tentare qualcosa di infattibile, dunque lo scacciò subito.
Mantenne gli occhi su quelli di Shintou anche quando le venne vicino, quasi urlandole contro quella domanda con cui, anche giorni prima, l'aveva verbalmente frustata.

«Sono Shitsuki Agiwara.»

Rispose, a bocca secca. Sapeva che non era la risposta che voleva, perché non era completa.
Le parole che seguirono volarono quasi fuori dalle sue labbra, senza controllo.

«E sono colei che porterà equilibrio nel Jashinismo.»

Era questo il punto focale. L'equilibrio. L'armonia, come l'aveva chiamata Shintou. Senza di uno non poteva esserci l'altro, e l'esistenza stessa del fu Shinta Himura portava a un disequilibrio nell'universo.
Lei era lì per rimettere in pari la bilancia del mondo.

Si avvicinò alla cascata, mantenendo attivo il chakra sotto i piedi, e inspirò profondamente. I primi schizzi già le colpirono i vestiti, raffreddandole la pelle, e impugnò meglio Chinuri per assicurarsi che non le sfuggesse anche col manico bagnato.
Fissò la cascata, il suo nuovo nemico designato, e fece scorrere il chakra come aveva imparato a fare. Fin nell'ultima lama di Chinuri, fino alla punta, ricoprendo completamente la falce. Non era una ninjutsu, no? Era solo una comunione d'intenti fra lei e la propria arma.
Fece un passo indietro, mirò alla base della cascata, e «YAH!» colpì disegnando un arco che risaliva verso l'alto.

Ovviamente non accadde nulla.

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Non accadde nulla.
Semplice. Logico. Nella natura delle cose: nessuno nasce imparato. Ma qualcosa c’era. Un piccolo passo.
A Shintou indirizzarla.
La cascata continuava il suo percorso.

«Il ninjutsu manipola l’energia del tuo corpo sprigionandola.
Ora la puoi chiamare ki, chakra, energia spirituale ma il concetto rimane quello. E ogni essere vivente la sprigiona. Persino le tue armi, persino la cascata.
E se pensi sia impossibile…»


Le sorrise.

«Quante cose impossibili fanno gli shinobi?
E poi non è fare una cosa contro natura, anzi. I salmoni risalgono la corrente, alcune volte la corrente dei fiumi scorre al contrario.
Non pensare che sia un atto impossibile.
Tutto può essere tagliato


Il creato stesso faceva parte di quella realtà e come tale vibrava. Lo shinmei ryuu non era altro che una tecnica di spada basata sullo sprigionare la propria energia, tagliando ogni cosa. Persino un Dio.
Trovare la forma nella senza forma, nell’armonia del tutto il caos del nulla.

«Come però?
E qui che entra in gioco una frase che ogni maestro dello shinmei si ripete sempre prima di entrare in battaglia.
Acuisci la mente. Solo la goccia d’acqua può bucare l’asse di legno, la corrente non può scioglierla.
Significa trovare il proprio respiro. Cioè la propria quintessenza, la propria natura. Ascoltarla e renderla manifesta. Come il ninjutsu rende manifesta l’energia interiore così lo shinmei mette in comunione la nostra anima con un oggetto.
Chiamalo simulacro, chiamalo come vuoi ma è da lì – da questo ponte – che rendiamo tangibile il nostro spirito combattivo all’avversario.
Una volta lo si faceva con un pugnale, un arma, una lancia…poi si è scoperta la katana e la si è adattata allo scopo. In un epoca dove la legge del più forte la faceva da padrone, dove l’uomo conosceva poco o nulla, e altre forze si aggiravano su questa terra.»


Una pausa. Il bokken a puntare la cascata.

«In un epoca del genere la forza di volontà era tutto.
Modificare con la propria volontà, lo stato delle cose.
E da quel momento questa massima è stata tramandata in Ryujin jakka quando venne forgiata, ed è fondamento di ogni Maestro.
Sebbene io non mi reputi tale per i troppi sbagli commessi.»


Ma anche se aveva sbagliato, lui era Maestro.
Un occasione per redimersi.

«Nella cultura interna alla tradizione Shinmei è molto radicata la convinzione secondo cui l'anima di un guerriero si identifica e risiede nella sua spada, estensione del suo braccio e strumento di compimento del suo dovere.
Così facendo, come le acque del mare che levigano la pietra rendendola liscia al tatto e priva di increspature, gli eredi della Divina Scuola Shinmei, nel corso di molte cruente battaglie hanno lavorato l'acciaio bianco di Ryujin Jakka rendendola uno strumento formidabile nelle mani di un guerriero Shinmei. Non più semplice acciaio ma un vero e proprio catalizzatore per le manipolazioni del Ki.
Ma puoi fare lo stesso con Chinuri perché lei è parte di te.»


La storia è i segreti della sua tecnica di spada. i concetti alla base con cui si era tramandata fino a lui. Tramandata in Ryujin Jakka che, nel corso dei 1500 anni di storia dello Shinmei, aveva combattuto, assorbito sangue e anima di ogni maestro.
Ma Chinuri era diversa. Era Shitsuki fattasi acciaio. Non era l’anima del Maestro assorbita in Ryujin Jakka che lo aveva scelto.
Era lei stessa.

«Devi però prima sentire tutto. Senti Chinuri, il suo respiro, il respiro di ogni cosa dentro e fuori da te e poi colpisci.
Colpisci a voler tagliare.
Senti l’arma. Senti il tuo cuore. Uniscili e poi..»


Il Bokken ronzò. Vibrò così tanto che pareva spezzarsi da un momento all’altro.
Un respiro profondo. Il tempo a fermarsi.
In quell’attimo anche il rumore della cascata si stava affievolendo come un sussurro. E Shitsuki potè sentire il Bokken vibrare non con le orecchie ma con l’anima. E vide dietro a Shintou un ombra.
Ungyō; uno dei protettori del Buddha. Infatti nella tradizione stava a significare che anche non si vedeva il colpo e non si sentiva la voce, lui stava già agendo per fermare i malvagi; ed era talmente forte e pronto ad agire senza timori che non aveva bisogno di armi o violenza evidente.
Infatti un Maestro e un samurai non agiscono mai per violenza o per brama di potere. Ogni volta che manifestano la propria volontà questa si tramuta già in gesto e azione.
Questo era alla base dello Zankusen. Tramutare la propria volontà in gesto. Il gesto ad essere azione atta a tagliare ogni cosa.
Ad imprimere nella realtà l’Io.
A divenire tutto con la propria arma e con ogni cosa che ci circondava.
Ma al tempo stesso essere nulla. Annullarsi per sentire tutto. Il maestro studente perché non l’abilità era l’artefice del suo grado ma la forza delle proprie idee. Di come affrontasse la vita.
Incidere la vita. Tagliarla. Assoggettarla ai propri voleri.
Farsi una vita. Non lasciare che fosse la vita a farsi noi.
Ecco perché il suo zankusen ora era perfetto. Non più una bordata di energia. Ma un taglio.
Silente. Perché non serviva urlare per rendere manifesta la propria volontà. Potente perché conscio di chi e cosa fosse.





97rAgGZ
«COLPISCI»





Il Bokken impattò sulla cascata. Un solo ed unico movimento.
Perfetto come un petalo di ciliegio. Potente come il fulmine. La cascata si fermò.
Un istante solo.
E in quell’attimo la cascata si ruppe a metà volando verso il cielo.

 
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view post Posted on 15/12/2017, 12:04     +1   -1
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Non doveva accadere nulla. Come poteva essere altrimenti? Shitsuki aveva appena messo piede in quel mondo ben più ampio e variegato che era l'addestramento formale nelle tecniche dello Shinmei Ryuu. Probabilmente Shintou le aveva fatto colpire la cascata per sperimentare la differenza tra prima e dopo, tra un attacco normale e uno consapevole.
O quello, o voleva farsi beffe di lei... E per quanto l'umorismo da gatto sornione fosse sempre pronto a colpire, quando si trattava di certe cose suo marito era estremamente serio.

E infatti, quando parlò non c'era ombra di sbeffeggio sul suo volto. Shitsuki lo ascoltò attentamente, per quanto fosse difficile a volte capire appieno quello che stava dicendo. Oltre alle parole vere e proprie, non di uso comune si poteva dire, erano i concetti stessi a essere complessi.
Trovare il proprio respiro... Che diamine significava? O meglio: come lo si poteva realizzare? Di certo non soffiando contro la cascata. E nemmeno bucandosi i polmoni.

No, il punto era la volontà.
Ed era lì che Shitsuki cadeva.
Mentre osservava ad occhi aperti la cascata che si immobilizzava e invertiva il suo corso, per ogni goccia che le cadeva addosso il pensiero che lei non era capace si faceva più pesante.

«Volontà...» ripeté a bassa voce, sotto lo scroscio possente dell'acqua.
Era priva di volontà? Nossignore. Semplicemente, le era andato sempre tutto bene. Aveva ricevuto grandi doni... Meritandoseli, certo, ma per chi era e non per cosa aveva fatto, non davvero. La sua volontà si era imposta facilmente, e non aveva dovuto affrontare grandi sfide.
Le conferme le erano comunque arrivate; il salvataggio di Benkei, il tradimento di Indra, la Figlia di Jashin... Lei stava facendo la cosa giusta.
Eppure le tremavano le mani di fronte a quella cascata.

«Perché?»

Boccheggiò quella domanda come un pesce cerca l'ossigeno.

«Perché ho ancora paura di non farcela? Di non bastare? Perché non sono come te?»

Piantò gli occhi su Shintou come se fosse lui il colpevole, ma non era così. Il ronin era solo l'esempio di ciò che lei non era, ma che poteva essere. Là dove Shitsuki aveva avuto conferme e sostegni, Shintou se li era dovuti creare e forgiare da solo. A lei avevano aperto la strada, lui se l'era spianata col sudore e il sangue.

«Io...»

Deglutì. La cascata arrivò al suo zenit, poi la natura fece il suo corso e la gravità riprese a scorrere normalmente.

«Ce la devo fare.»

La grande massa d'acqua ricadde nel lago, e la sua superficie si increspò sotto i loro piedi. Shitsuki si ritrovò fradicia, intenta a fissare la parete mobile, e con un brivido di freddo si rese conto di una cosa.
Non era l'atteggiamento giusto.

«No...


Io ce la posso fare.»


Non doveva essere solo "per gli altri". Non doveva diventare Cerchio per dovere.
Lei voleva poter sostenere suo marito da pari. Voleva acquisire sufficiente potere da mantenere l'equilibrio e la pace nel suo mondo. Proteggere Shintou da quel potere più antico dell'umanità stessa, e allo stesso tempo diventare abbastanza forte da fronteggiare da sola qualsiasi nemico. Essere davvero la dea che era diventata, non per dono di un'altra creatura divina, ma perché si era impegnata per esserlo.
Perché aveva cominciato a vedere, di cosa fosse capace il nemico, e non voleva più trovarsi contro una barriera insormontabile.

Ricordò la forza inoppugnabile del chakra di quegli eretici.
Ricordò la potenza incontrastabile di Benkei.
Ricordò con un brivido lo sterminato potere del Gobi.
Non avrebbe più lasciato che quelle sensazioni la sopraffassero. Lei e Chinuri avrebbero tagliato l'universo.

Afferrò la falce con due mani, e la sentì perfettamente calzante nei suoi palmi. Il sussurro del chakra che ribolliva in lei si armonizzava con la fredda, ferma presenza dell'arma che rappresentava la sua anima.
Guardò la cascata, ma non la vide. Quel che vide fu il taglio perfetto che avrebbe aperto in quel muro d'acqua, si prefissò l'altezza, il diametro, vide la luce del chakra che scorreva, vide le singole gocce d'acqua piegarsi al suo volere.

Vide tutto questo, e colpì.

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view post Posted on 15/12/2017, 13:09     +1   -1
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Gli occhi di Shintou la osservarono. Profondamente.
Doveva trovare il suo modo. Il suo Zankusen. La base dello shinmei non era copiare, avere la strada già pronta, ma forgiarsela da se. Per questo in un epoca dove le battaglie erano all’ordine del giorno, lo Shinmei Ryuu spadroneggiava sui campi di battaglia.
Antichi fasti di un epoca ormai andata perduta. Ma che poteva rinascere nel santuario.
Addestrare gli jashinisti e fargli risplendere come Asura. Come il Primo Maestro.
Ma prima doveva farlo con Shi chan.
Doveva trovare la sua strada, combattere e difenderla. Troppo fortunata era stata, non aveva ancora sofferto né dato il suo sangue per le proprie convinzioni sapendo di essere nel giusto, contro avversari terribili.
Solo ora si rendeva conto di essere solo come una rana dentro ad un pozzo, che non conosceva nulla del grande oceano. Doveva scoprire e scoprirsi; sia le qualità che i difetti, forgiarsi, temprarsi, adattarsi rimanendo fedele a se stessa.
Non bastava dire che era Shitsuki Agiwara, nipote di Getsumoto Agiwara, figlia di Jashin perché a nessuno sarebbe interessato. L’avrebbero presa e maciullata. Usata. Stuprata per i loro scopi.
Non con un nome doveva farsi largo, ma con Chinuri, acciaio, sangue e quella volontà ruggente. Doveva solo indirizzarla.
Doveva crederci.
Non rispose alle sue domande. Doveva trovarle dentro di se le risposte. Troppo semplice sarebbe stato indicargli il cammino.
Lo doveva percorrere con le sue gambe, doveva sanguinare, provare dolore su quella strada ma conscia che era quello che voleva. Perché se non sapeva chi fosse e quale forza si celasse dentro di lei, Sue l’avrebbe uccisa. E non solo lei. Perchè Sue non era che la punta di un iceberg di nemici che presto o tardi sarebbero giunti.
Lo sapeva.
Così come sapeva, molto bene, di quale forza, di quale fede, di quanta potenza si celasse nel corpo del Templare. Di quanto la sua anima fosse vicino a Jashin e la sua fede un muro incrollabile.
Se voleva iniziare ad essere il Cerchio Sue sarebbe stata la sua prima nemica e avversaria. Terribile avversaria, nemico ancora più subdolo.
Doveva temprare quel ferro che era sua moglie e farlo diventare acciaio che avrebbe tagliato ogni cosa.
A partire dal capirsi, dall’accettarsi e dal comprendersi.
Il respiro della propria anima. E poi..
…colpire.
Un colpo che per un attimo fu zankusen. Non potente. Ma l’inizio.
La cascata si fermò e si aprì. Non fu come quello di Shintou ma fu l’inizio della consapevolezza. Gli occhi di Shintou brillarono: il ferro iniziava ad essere battuto.
Non disse nulla. Né un applauso né si mosse. Ma un sorriso che fu uno squarcio di katana.

«Questo è lo zankusen.
L a mia tecnica preferita. Il lampo che fende l’aria.»


Si avvicinò a lei. Le aprì le gambe, le aggiustò la postura e la posizione. Lasciava mille punti scoperti per essere colpita.
Anche un cieco l’avrebbe decapitata.

«Il mio è più simile a quello del mio maestro. Ma si dice che quello del primo sembrava che avesse nove braccia. Un solo movimento. Mille colpi.
Lampi di luce che accecavano per poi tagliare.»


Il suo era un movimento che generava un colpo netto. Una prosecuzione dell’arma stessa. Come se la lama si allungasse all’infinito divenendo luce.
Un colpo capace di spazzare cento nemici o di tagliare a metà un uomo senza farlo sanguinare.
A Shitsuki trovare il suo.

«Riprova.
Un colpo può essere fortunato. Due è un caso.
Tre si inizia a pensare che forse hai capito. Trova il tuo lampo Shitsuki.
Ti addestrerò finchè non sarà come respirare. E al tempo stesso t’insegnerò a combattere.»


Rise sornione.

«Maneggi quella falce come una contadina!»

 
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view post Posted on 15/12/2017, 17:07     +1   -1
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Questa volta qualcosa successe. Non una voragine spaventosa, non un taglio chilometrico come quello di Shintou, ma qualcosa successe e Shitsuki sorrise.
Mentre la cascata tornava al suo posto, si girò verso Shintou e lo vide sorridere a sua volta. Il cuore le trillò per la contentezza: era la strada giusta!
Anche se ovviamente c'erano ancora molti accorgimenti da fare. Non si oppose agli aggiustamenti che le fece il ronin, anzi, ci fece molta attenzione in modo da non ripetere gli errori. Gambe più larghe, schiena più dritta, la spalla destra più in basso se voleva impugnare la falce in quel modo senza che la spalla sinistra andasse per i fatti suoi scoprendo completamente il fianco.
Una cascata non può pugnalarti, un nemico armato non penserà ad altro.

«Mille colpi? 'orca miseria...» fischiò d'ammirazione per quel primo maestro, quel fondatore dello stile mutevole che nei secoli aveva portato a loro due. Le sembrava strano che non ci fossero altri utilizzatori di quello stile, ma in fondo... Gli uomini muoiono, no? E si portano le loro capacità nella tomba, per sempre.
E poi i Jashinisti non dovevano considerarsi superiori, mh?

Annuì all'ordine di riprovare.
Uno era fortuna, due un caso, tre...
Tre?
Tre era il numero sacro.
Tre falci, tre lati del triangolo, tre volte al-

«Scusa cosa?»

La sua elucubrazione venne spezzata da quel commento irriverente. Gli occhi di Shitsuki azzannarono Shintou alla gola, tanto erano taglienti e indispettiti.

«Contadina? Quando sei arrivato qui non sapevi neppure come impugnarla, una falce! Ti devo ricordare tutte le ore che abbiamo passato a farti capire che una falce non è una cazzo di spada?»

Lo sapeva che lo faceva per pungolarla e spronarla, ma porca miseria, quel commento le aveva proprio dato sui nervi! Si girò di scatto verso di lui, continuando a inveirgli contro.

«Dai della contadina a me, quando tu sbattevi in giro la tua falce come un fabbro ubriaco?»

Tre.
Tre era il numero perfetto.
Tre era il numero delle lame della sua falce.
Tre erano i lati del triangolo da contenere.
Tre i principi morali su cui si fondava il Santuario.
Tre le Vie del Libro.
Tre.

Aprì le gambe, abbassò la spalla destra, raddrizzò la schiena. Il chakra scorreva e Chinuri rispondeva, le sue tre lame entità singole e perfettamente in equilibrio con il manico, e successivamente con le sue braccia, col suo corpo, dalla punta delle corna a quella della coda.

«CONTADINA LO DICI A QUALCUN ALTRO!»

Colpì.
Non la cascata, il bersaglio era Shintou e l'arma erano le tre lame. Tre falci di energia, tre onde che sarebbero scattate in avanti compenetrandosi fino a formare un'unica, luminosa falce di luce, un lampo che doveva fendere l'aria. Luce cupa, di un rosso pesante screziato di viola, che non doveva rischiarare vite ma porvi fine.

Non le interessava altro se non togliere quel sorriso sornione dalla faccia di suo marito. Così come aveva tolto a suon di calci e pugni quelli dei suoi compagni di Accademia che osavano deriderla per le sue vesti consunte o per la sua arma fuori dall'ordinario.

"La falce è da contadini", dicevano.
"La falce è l'ultima cosa che vedrai", rispondeva lei.
Ora, nemmeno quella si sarebbe dovuta vedere.

Sia fatta la luce.


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view post Posted on 15/12/2017, 18:02     +1   -1
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Shintou sorrise.
Un sorriso a squarcio, di quelli che faceva solo quando l’avversario era degno. Solo quando vedeva un quid che gli incendiasse il cuore.
Soddisfazione.
In quel sorriso vi era tutta la soddisfazione di un uomo che stava creando un guerriero. Era come quando creava nella sua fucina, quando batteva il ferro con il maglio, il sudore e il fuoco, vederlo temprarsi, vederlo piegare, adattarsi formando mille e nuove forme.
Creare. Ecco il grande potere che l’uomo, troppo spesso, dimenticava: la forza del creare. Anche solo un anima.
Perché l’anima di Shitsuki era come il ferro che da sempre batteva. E come quel ferro, Shintou, la stava temprando.
Facendogli scoprire la quintessenza della sua tecnica.
Una forma nuova nello Shinmei Ryuu. E ci era riuscita in un tempo minore del suo.
I suoi occhi divennero punte di spillo.
Gustava quella tecnica che saettava verso di lui.
MAGNIFICA.
Tutto questo era magnifico ed eccitante allo stesso tempo. Perché scoprire le potenzialità di Shitsuki era davvero incredibile. E non aveva che iniziato a raschiare la superficie del suo talento.
Figlia di Jashin...coincidenze?
Forse…o forse solo l’intricata matassa del destino che oggi, davanti a lui, si stava dispiegando facendogli intravedere un quid.
Indefinito ancora. Un’ ombra dai contorni sfumati eppure era lì.
Lasciò cadere il bokken.
Aprì le braccia.
Il petto a mostrarsi.
Lo sguardo al cielo.
L’impatto.
Il dolore e la consistenza della sua tecnica. Morse la carne, lo ferì, dolore e squarci che si aprivano mentre la sua mente e la sua anima recepirono e si scolpirono quel colpo.
Tagliò la carne. Sentì delle esplosioni sul suo corpo, come se le sue stesse cellule fossero tagliate a metà. Come se il suo intero corpo esplodesse.
Si incise la forza di Shitsuki nell’anima. Il ricordo...
Assaggiò la quintessenza dello zankusen di sua moglie. Il tutto…





NQCS9eT
«MAGNIFICO!»




Ora aveva capito quanto sua moglie fosse forte. Aveva saggiato quella forza, quella violenza. Quel sorriso compiaciuto fu come osservare il muso di una tigre vogliosa di sangue.
Quel sorriso era l'anticipo di un qualcosa che sentiva agitarsi nel petto, voglioso di uscire fuori. Il freddo dell'inferno che lo accompagnava fu intenso.
Una folata gelida ad accarezzare la pelle diafana di sua moglie.
Il respiro che ghiacciò quell'istante.
Chiuse gli occhi...espirare...gli occhi ad aprirsi.
Un fuoco. Una voglia guerresca di sentire Chinuri e la sua essenza.
Un attimo lungo come una vita.

«Ricorda questo momento. Imprimiti le sensazioni. Falle tue.»

Non aveva il fiatone. Non sentiva quasi il dolore. Aveva il kimono a brandelli, il sangue a formare pozze ccobalto ai suoi piedi, eppure Shintou era ritto come una quercia.
L'irezumi a brillare di luce spuria, intensa, e le cicatrici ad illuminarsi.
Il furore del Triangolo. Di contro la perfetta armonia del Cerchio.

«Sii felice di avermi colpito. Ora so quanta forza vi è in te.
Un giorno ti dimostrerò la mia...»


Una promessa.



//Allenamento concluso.
Il tuo è l'ultimo post. Dopo ti darò le valutazioni :ciau: //
 
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view post Posted on 15/12/2017, 18:50     +1   -1
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Vide le lame di luce cupa partire, schiantarsi contro il corpo di Shintou, attraversarlo da parte a parte. Lasciarono dietro di sé una scia di sangue e ossa incrinate, e la consapevolezza che se fosse stato mortale lo avrebbe molto probabilmente tagliato a metà.

La rabbia e la stizza che avevano portato a compiere quel gesto svanirono immediatamente di fronte alla figura sanguinante di suo marito, ferito a causa sua. Un lampo di preoccupazione illuminò i suoi occhi azzurri, ma fu solo un lampo: Shintou le sorrideva, orgoglioso, compiaciuto da quanto aveva sperimentato.

«Le mie... Sensazioni?»

Come si sentiva?
Strana. Le formicolavano le dita.
Potente. Aveva appena generato un'onda d'energia distruttiva che fino al giorno prima poteva solo sognarsi.
Dispiaciuta... No. Affatto. Voleva colpire Shintou e lo aveva fatto. Semmai, era parecchio soddisfatta della cosa.
Allo stesso tempo sapeva di dover ancora lavorarci molto. Quel lampo scuro era potente, ma non abbastanza; non aveva davvero tagliato Shintou a metà, non aveva spezzato la cascata. Avrebbe dovuto dedicarci molto più tempo se voleva arrivare a quei risultati.

Fortunatamente, di tempo ce n'era.

«Sono più che felice di averti colpito... Sensei.»
Sogghignò, avvicinandosi a lui con la falce in mano. Le ferite erano serie, ma non gravi; con un po' d'aiuto si sarebbero rimarginate nel giro di un'ora.
«La lezione è finita, per oggi?» domandò, guardandolo negli occhi e leccandosi lentamente le labbra. Anche se il colore era cambiato, anche se adesso brillavano di luce propria, gli occhi di Shitsuki avevano sempre la stessa espressività che possedevano anche prima della trasformazione.
E Shintou sapeva cosa significava quello sguardo, così come sapeva quanto l'odore del sangue, del suo sangue in particolare, le dava alla testa.


gaEo3EO




CITAZIONE
Coinvolgimento personale: 10
Tempistiche: 10

Io mi sento anche stupida a spiegare il perché di questi voti. Le tempistiche sono state al fulmicotone, e l'addestramento ha colpito esattamente dove doveva colpire. Shitsuki ha bisogno di essere scrollata e malmenata, perché se non inizia a farsi il culo finisce che glielo fanno gli altri, e prima o poi succederà. Avere un sensei in casa è molto comodo, in questo caso.
E poi lo Shinmei Ryuu è figo, volevo una tecnica tamarra da un po', lo ammetto XD

Quindi boh, che dire, grazie. È sempre un piacere farsi tagliuzzare da te ♥
 
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view post Posted on 15/12/2017, 19:07     +1   -1
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CITAZIONE
Io adoro Shitsuki Agiwara. Premessa più che giusta perchè mi piace anche scoprirla, riscoprirla in vesti nuove, in situazioni del tutto atipiche e che mai uno si sarebbe aspettato.
Shitsuki, però, è un PG che è sempre stato fortunato. nata con la camicia davvero; quindi lo scopo era proprio questo: malmenarla, e farle scoprire i suoi limiti e le sue qualità.
Non sarà la spadaccina più forte o un samurai di Jashin ma sicuramente porterà grande tamarragine in una scuola molto seria e da fighette XD
Note dolenti però sono per me: non ho fatto il miglior addestramento e sono stato prolisso e altisonante in alcuni punti. Potevo fare molto ma molto di più ma confrontarsi con una semidivinità non è facile e non si sa bene il limite e il rischio di fare god of war è dietro l'angolo.
Mi scuso quindi per alcuni passaggi non certamente felici.
Per quanto riguarda l'exp e i premi non posso che dare il massimo.

Quindi in ciccioli è: 635 punti exp

Ci si rivede nei Rashomon e un saluto tentacoloso a lei XD
 
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view post Posted on 3/2/2018, 02:24     +1   -1
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Hola colleghi.

Coinvolgimento personale: 10

Tempistiche: 10

Trama e Impostazione: 10
A tratti sei stato pensantuccio, lo devo ammettere, ma questo non pregiudica l'ottimo lavoro svolto. Conoscendo molto bene la masterata le hai fornito quello che le serviva, quando le serviva, come lei stessa ha sottolineato. Ps. La scena della cascata mi ha ricordato Sirio ed il colpo del drago nascente. :asd:

Scrittura: 8
Alcune ripetizioni. Alcuni "gli" al posto di "le" ecc ecc... Insomma gli stessi errori visti nella missione evento e sottolineati da Cele, ma devo ammettere che sono diminuiti di numero. :sisi:

Ambientazione e Caratterizzazione NPC: 10
Beh poco da fare. Essendo un'addestramento fatto in casa non si può pretendere nulla di speciale dall'ambientazione, comunque bella. Non essendoci NPC, sottolineo solo la tua costanza nel muovere Shintou come tutti lo conosciamo ed apprezziamo.

Media: 9.6 -->+

Nessuna paga per il pg sensei. Vuoi i soldi di Silvia? Fatti concedere il conto condiviso. Suvvia Silvietta, è un bravo ragazzo. :sisi:

See yà.
 
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