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| Fece spalucce e continuo a mangiare. ma aveva il vago sentore di presa in giro. o per meglio dire: di cambiare la realtà delle cose facendola apparire leggerissimamente diversa. Del resto perchè pensare che sua moglie lo stesse volutamente prendendo in giro, nascondendo tracce di gatti cicciosi? In fondo non poteva nemmeno immaginarlo, però qualcosa non andava. Di questo era sicuro. Che Jashin lo fulminasse ora se la questione non era strana. Oh bene…spallucce e si continuava a mangiare. Al momento ma osservando...dormiglione si del tutto andato di testa ancora, per fortuna, no. Forse era stata un’impressione. Forse era ancora gasato per il mezzo concerto. Eppure…qualcosa non andava. C’era come un richiamo potente. Come un ronzio nelle orecchie, nella testa come se i suoni fossero ovattati. Come se il mondo si restringesse. Era una sensazione strana. Una sensazione di qualcosa che lo chiamava ma sottovoce. Non sapendo da dove venisse eppure vi era. Lo sguardo di sua moglie al bagno…Shintou era un imbecille. Laureato addirittura. Non brillava certamente per arguzia. Anzi tutt’altro. Dormiva e poltriva. O si allenava. Però sempre dormendo. Vi erano poche cose che solleticavano la sua curiosità. L’indolenza. Bisognava accenderlo Shintou. Infiammargli il cuore se lo si voleva vedere in azione, ma poche cose attiravano la sua attenzione e una di esse era dentro al bagno. Parlava, sbuffava, miagolava e muoveva quella coda pelosa. Forse era proprio quella coda, che si muoveva leggiadra, a richiamare il ronin. La caccia. Era sempre divertente…c’era qualcosa di così selvaggio a rincorrere quelle palle di pelo, intelligenti e furbe come pochi altri; era non solo una caccia ma una lotta. Un primeggiare non di muscoli ma di cervello e questo al nostro ronin lo eccitava come non mai. E quindi, istinto o ragione che fosse, Shintou si alzò e andò verso il bagno. Si scusò per il bisogno impellente e si avviò ai bagni. Sperando che qualcuno si fosse sbarazzato del signor gatto e che tutto tornasse alla calma. Ma quando il destino ci mette lo zampino, per di più a forma di gatto, è difficile evitarlo. Shintou aveva l’udito fine. Da sempre. Era una sua prerogativa, una sua caratteristica intrinseca. Era stato addestrato ad averlo. In battaglia era utile l’udito più della vista. Troppi corpi, troppo sangue, polvere e confusione gli occhi erano un senso sopravvalutato. Certo importante ma non indispensabile. Una delle caratteristiche dello shinmei era riuscire a combattere bendati, a sentire il nemico non a vederlo. Perché la vista si poteva ingannare facilmente ma non l’essenza, il Ki o chakra, non l’aura assassina che ognuno sprigionava quando lottava per la propria vita. Quindi era normale che se riusciva ad ascoltare il battito di un uomo, l’aria che veniva tagliata da un’arma, il respiro di un cervo che correva a decine e decine di metri da lui, figuriamoci se non coglieva lo stralcio di conversazione che la piccola Urako, bontà sua, stava tenendo con quel gran filibustiere di Kujaku. Vi erano si muri, vi erano si porte ma le orecchie di Shintou erano da gatto. Anzi… da Byakko.
«Oh, quindi dovrei guardarmi da uno incapace di coprire i propri escrementi con la lettiera.» Un commento ironico - «tutta questa acqua, e riuscite a puzzare lo stesso. Deve essere un talento speciale.» - «Perché voi gatti defecate rose e violette. » La voce di Urako. Urako?! E con chi diamine stava parlando? Con un gatto? Cioè…un gatto? Suvvia! I gatti non parlano. Se parlassero…beh…sarebbe stato interessante. Strano ma maledettamente interessante. Finalmente poteva capire che razza di pensieri facessero quei gran paragnosta fatti di pelo e sguardi taglienti. E quindi… allungò ancora di più l’orecchio, scivolando verso il bagno. Con buona pace delle signore. Perché era pur sempre il bagno delle donne ma a Shintou interessava poco. Voleva capire con chi stesse parlando la povera Urako che, e qui si doveva spezzare una lancia a suo favore, ce la stava mettendo tutta per non fargli incontrare.
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