Eravamo quattro amici al Sushi Bar..., Role Libera tra quella creatura fantastica e oggettivamente affascinante che sono Io, Egeria, gaeshi e non ricordo il nick di Tiziano

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view post Posted on 16/12/2017, 15:27     +1   -1
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«Parlato» "Pensato" Narrato

«Vai di barche Shi, facciamo salpare questo pranzo!»

L'entusiasmo di Shitsuki era solo parzialmente dovuto al cibo, e al fatto che dopo chissà quanti eoni andava a mangiare fuori con degli amici. Effettivamente, a pensarci bene, le ultime occasioni in cui l'aveva fatto erano state proprio con Urako e Shi, in momenti separati e situazioni ben diverse. Ma lì era un piatto condiviso in un chiosco di strada, questo era un pranzo con tutti i crismi, una cosa sociale... Era contenta, accidenti, si sentiva tutta una signorina per bene e inserita nella società.
Che poi la società fosse di mortali, inferiori e quant'altro era un dettaglio secondario. Così come eleggiamo alcune razze a migliori amiche dell'uomo, alcuni mortali erano piacevoli da avere attorno. Mica ci teneva a fare un pranzo di classe o una cena coi colleghi Chuunin, figuriamoci! La coppia Netsubo-Yakamoto apparteneva a una categoria protetta.

La conversazione però languiva ancora un po'. C'erano i due lati fuori di testa, quelli con la morte nel nome, che ciarlavano a ruota libera; le metà dotate di buone norme e senso civico tacevano e guardavano.

«Daai, mi fate bere da sola? Che noiosi» sbuffò, lasciando quindi perdere l'idea di ordinare una bottiglia. Magari dopo, a fine pasto, avrebbero avuto più voglia di rilassarsi con un goccetto. Avrebbe riproposto l'idea; per il momento sarebbe andata di acqua fresca.
L'alcool era sinonimo di convivialità e festa per lei, che infatti beveva soltanto alle celebrazioni del Santuario o per qualche cena particolare a casa dei suoi. Al suo matrimonio si era ubriacata al punto che Shintou l'aveva portata a casa in braccio mentre lei ancora canticchiava, ebbra di vino e di gioia.

E a proposito di Shintou, fu lui a gettare il primo mattoncino su cui poter tentare di costruire una conversazione. Shitsuki gli diede subito manforte, malgrado intuisse che le origini della loro unione nascevano nell'Accademia di Kiri.

«Uh, giusto, non lo so nemmeno io questo. Eravate in corso assieme?» domandò, spostando lo sguardo da Urako a Shi, che sapeva essere più grande... Ma anche "indietro" rispetto al normale corso di studi da ninja che ci si aspetta dai ragazzini delle Nebbie. Lei per prima si era diplomata tardi all'Accademia, e le sue sorelle erano addirittura superiori di quattro o cinque anni in media rispetto ai loro compagni di corso.

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view post Posted on 18/12/2017, 17:13     +1   -1

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Al comune concordare su cosa ordinare, almeno all'inizio, avanzo subito sul da farsi. Chiamo con un cenno della mano buona il primo cameriere a pugno che, una volta raggiunto il nostro tavolo, raccoglie rapidamente il nostro ordine. Due barche, due brocche d'acqua. Se poi Shitsuki volesse ordinare da bene, facesse pure. Non sarò di certo io a bloccarla.

Mentre il nostro ordine viene preparato, possiamo perderci in chiacchiere. Oh, che cosa elettrizzante. Dico sul serio, eh! La normalità... Queste sì che sono scoperte. Perché la gente dice di disprezzarla così tanto? Vivere così, senza l'ansia di qualsiasi passo che viene fatto, è qualcosa di unico e inimitabile, cazzo! « Come ci siamo conosciuti? » Ripeto, nella riflessione, la domanda fattami, portando gli occhi su Shintou. Ridacchio, mentre allungo la mano verso la soia, versandone un po' nel recipiente apposta.

« Per caso. Nel modo classico di Kiri. Stavo passeggiando per il parco principale del villaggio, quando ho trovato un cadavere di una donna. Lei s'era nascosta lì vicino, quindi le ho chiesto se fosse stata lei. Da lì è partito il tutto. » Puro e semplice, no? Altro che racconti romantici. Sempre detto io che a Kiri i cadaveri danno un gran servizio alla società.

 
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view post Posted on 22/12/2017, 16:29     +1   -1
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”Mi ha chiesto se fossi stata io, poi ha impalato con la katana una mia coetanea e fatto scappare a gambe levate le compagne di classe con cui stavo uscendo” precisa lei con leggerezza divertita, per poi ricordarsi che si stava nascondendo dietro al menù proprio per non dare nell'occhio... subito abbassa lo sguardo e solleva il sottile paravento di carta davanti al viso, con una leggera alzata di spalle.
Tanto l'ha detto lui, no?
È quello il modo classico di conoscersi a Kiri.

Manca poi tutta la parte dopo: l'esame genin, lui che praticamente la trascina a pranzo e lei che accetta per salvarsi la pelle, nonostante la pericolosità palese della situazione. Poi è successo qualcosa di strano, con lo specchietto. Chissà se ce l'ha ancora. Non riesce più a trovare il kunai che le ha regalato quella volta, quello con cui si è fatto pugnalare a una gamba, ora che ci ripensa è da quando l'hanno rapita a Hatoma che è sparito: un po' le dispiace – anzi, le dispiace parecchio accidenti. È un regalo di Shi, non può averlo perso!

Era tutto diverso all'epoca: lui stava ancora bene anche se era un po' toccato, e non c'erano pazzi all'orizzonte decisi a tagliuzzarlo per costruire mostri.
A volte si trova a domandarsi se per caso non fosse troppo dura nei suoi giudizi... se dopo quello che ha passato, non meritasse da parte sua un sostegno incondizionato. “Macché” risponde da dietro al menù alla domanda di Shitsuki - “Shi è un vecchiaccio rispetto a me!” esclama, subito affibbiando un pugno scherzoso al fianco del ragazzo - come quella volta sulla scogliera, nel suo posto segreto.

 
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« Suvvia! Vecchiaccio?!»

Se Shi era vecchio, Shintou cos’era? Una mummia?! Una salma?!
Doveva già essere messo nel loculo?!

« Diciamo che è stato…strano. »

A Kiri sono proprio pazzi. Almeno a Kumo ci si picchiava con affetto. A Kiri ci si ammazzava…poi però guardò Shitsuki e si grattò la testa.
Ma lui non gli aveva piantato la sua katana in corpo e lei gli strappò un labbro a morsi? Quando facevano l’amore avevano più tagli che in combattimento e il sangue scorreva abbastanza. Tra morsi, graffi, tagli e quant’altro, i rapporti sessuali tra i coniugi Agiwara erano spinti. Ma meglio non proferir verbo su tale argomento: Urako avrebbe dato di matto e Shi sarebbe scappato a gambe levate.
Se per farsi una sana trombata uno ci doveva rimettere la testa…bè meglio l’astinenza.
Si…i rapporti tra Shintou e Shitsuki erano peggio dei combattimenti più crudi.
Ma, per ritornare sull’argomento, era inusuale ma simile a quello tra Shintou e Shitsuki…anche se…i cadaveri a Kiri erano all’ordine del giorno?
Cioè…invece di fiori portavano braccia amputate al primo appuntamento? Che razza di villaggio strano…sempre detto che i Kiriani avevano qualche rotella andata.
Forse la nebbia non era nebbia. Gente particolare…non si sarebbe stupito se usavano i cadaveri per masturbarsi.

« E quindi…eccovi qui. Bè dai…non è stato tutto un male allora. E cosa vi ha colpito dell’altro, a tal punto da stare insieme? »

Vecchia comare di un Agiwara. Se fosse stato donna, sarebbe stata una di quelle donne di corte, grasse, paffute, gioviali e sempre pronte al pettegolezzo più sfrenato.
Si lisciò la barba profondamente curioso che nemmeno stava mangiando.
Adorava queste cose, in fondo.

 
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view post Posted on 24/12/2017, 17:26     +1   -1
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«Parlato» "Pensato" Narrato

"Nel modo classico di Kiri". Shitsuki scoppiò a ridere rischiando di rovesciare il suo bicchiere quando udì quella frase abbinata alla presenza di cadaveri nei parchi pubblici.

«Ed eri stata tu, Urako?» ridacchiò, già piuttosto sicura della risposta negativa. Kiri era effettivamente un posto dove si moriva facile, lo aveva visto e ne aveva tratto tutti i vantaggi possibili... Ma non tutti i Kiriani erano pronti a versare il sangue dei propri concittadini ad ogni occasione.

Indicò il ronin al suo fianco con un sorriso e un cenno del capo.

«Io e lui abbiamo cercato di ucciderci, al nostro primo incontro. Avevamo potenti divergenze d'opinione...» Non ricordava nemmeno per cosa avessero discusso, o se avessero discusso in generale. Ricordava il lampo degli occhi grigi di Shinta, la sua katana, e in un attimo erano fuori sotto la pioggia a cercare di farsi a pezzi. «...E molto romanticamente lui ha cercato di aprirmi in due come una vongola, e io di staccargli mezza faccia a morsi.»

Ridacchiò, andando a cercare la mano del marito per stringergliela guardandolo negli occhi in cerca di quella complicità che solo due persone che hanno vissuto la stessa scena possono avere.

«Da lì in poi è andata meglio, no? Il labbro ti è tornato a posto, dopotutto.»

Se avevano finito per sposarsi, sicuramente era andata meglio. Lo spirito da comare di Shintou però cercava di saziarsi, e fortunatamente Shitsuki poté fare lo stesso con lo stomaco: il loro cibo era arrivato. Che chiacchierassero pure, lei avrebbe impugnato le bacchette e non avrebbe fatto complimenti.


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view post Posted on 2/1/2018, 10:59     +1   -1

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« Adorabile. » Faccio con un briciolo di perplessità, osservando Shitsuki incerto. Okay, ne ho viste di stronzate da quel punto di vista, ma non ho mai notato un simile trasporto e affetto nei loro confronti come quello della ragazza. Quella risatina brilla di una luce tutta sua, una nostalgia adorabile... Diamine, devo smetterla di dire che a Kiri succedono cose strane, poi va a finire che mi smentiscono.

Il cameriere ci porta le due barche, una per volta, poggiandone una fra me e Urako e l'altra tra i nostri ospiti. Ora sono i miei occhi a brillare. La fame che già mi corrodeva ora sembra essersi amplificata un centinaio di volte e, beh, sapete che non sono proprio un signore sul mangiare. Infatti sono io che apro le danze, nonostante so bene che si dovrebbero aspettare le signore. Afferro un bel nigiri di tonno, quindi lo ingurgito con gusto. Il sushi in questo posto è davvero ottimo. Non ci vanno troppo pesante con l'aceto sul riso, lasciando che il gusto del pesce faccia da principe sul palato.

Aspe', cos'è che mi aveva chiesto Shintou?

Con in mano già il secondo pezzo, un nigiri di salmone, mi volto nuovamente verso di lui. « Oh, sarò banale. Lei è perfetta. » Gli faccio, molto sinteticamente. Non starò qui a spiegargli perché e percome, non per cattiveria o timidezza, ma per il semplice fatto che è una cosa che mi appartiene e di cui sono molto geloso. Ciò che provo per Urako è nato da tante, troppe cose, e sviscerarle mi sembra un modo per snaturarle e renderle inferiori a quel che sono. E' un insieme di fattori, tante piccole cose che semplicemente si sono incastrate al loro posto... Certo, non sarà il più intricato dei lavoro, né il più solido... Ma è il nostro. Punto.




 
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Ahem...

Sentendosi arrossire fin sopra le orecchie per il commento di Shi, pare proprio che il cervello abbia deciso di chiudere i battenti; al riparo del menù sul fronte anteriore e protetta in modo rassicurante dalla barca al lato potrebbe sentirsi ormai tranquilla, se non fosse per le domande a cui onestamente non sa rispondere.

Hum, a dire il vero saprebbe rispondere, ma non sono cose che ha voglia di spiattellare in pubblico.

“Mmmmmh...” mugugna, picchiettando a disagio gli hashi sulla tovaglietta di bambù - “... deve proprio esserci un motivo preciso?” domanda infine con aria candida, portando il punto d'impatto degli hashi dal tavolo al mento. Ma sì, buttiamola sul ridere.
“Continuava a dichiararsi ogni tre per due, una vera piaga” spiega alzando gli occhi al cielo, puntando poi un indice solitario verso l'alto - “se non gli avessi dato corda avrebbe cercato di farsi rompere altre ossa, e la cosa mi dispiaceva. Non sono mica così spietata termina con aria compita, annuendo tra sé mentre spezza le bacchette e pilucca via un paio di schegge di legno sulla loro superficie.

Il discorso è uno, anzi, due: non si meraviglierà mai abbastanza di come sia potuto cambiare in meglio quel capellone squinternato del parco, e in così poco tempo; non ci si può abituare a un sorriso così caldo e pieno di gioia, come quello che ha lui quando la vede e di fatto, quando una persona ti vuole bene fino a quel punto, è praticamente impossibile non ricambiare senza pensarci due volte. L'aspetto esteriore contava e anche tanto all'inizio, ma adesso l'hanno tagliuzzato per bene, e per lei non è cambiato nulla. Quindi l'estetica non c'entra.
Ma se queste cose non le ha mai confessate al diretto interessato, non c'è modo che vuoti il sacco con quei due all'improvviso.

“Buon appetito allora!” cinguetta a quel punto, ficcandosi in bocca all'improvviso un gunkan al salmone: mai ci fu scusa migliore per smettere di parlare, visto quanto era buono, ma a lei proprio non riesce di goderselo davvero.

 
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view post Posted on 3/1/2018, 18:39     +1   -1
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Shintou iniziò a mangiare.
Aveva fame, ora. Appena le pietanze furono sul tavolo il suo stomaco brontolò sul serio. E che la proforma, il galateo si andasse a fare un giro.
La fame era troppa. Si era allenato nemmeno da ventiquattro ore e Kuma l’aveva aperto a metà.
E per non farsi mancare nulla Kuros ama aveva disposto che Kuma, Seishin e Hikaru fossero i suoi avversari.
Tre belve assetate di sangue. Tre falci l’una diversa dalle altre eppure maledettamente e pericolosamente assassine.
Vi era Artiglio che rivaleggiava con Higanbana per la stazza. Tre zanne ricurve, dal filo smussato, enormi, ricoperte di bende e con delle tacche sul piatto della lama. E ormai non si riusciva più a contarle.
Poi vi era Giunco…dannata falce. Faceva male ancora il taglio infertogli. Veloce. Troppo. Troppo veloce…difficile prevederla, maledettamente impossibile seguirla. E poi Wado Ichimonji…la falce di Seishin.
Ombra. Armonia.
Non si sarebbe dato un Ryo allo spirito guerriero di Seishin…gravissimo errore.
Prendere sotto gamba l’Ombra del Santuario significava ritrovarsi la sua magnifica e perfetta falce dritta nella carotide e con la testa perfettamente in bilico sulle punte della falce.
Da soli erano terribili…insieme una forza inarrestabile.
Shintou ne era uscito malconcio, con un braccio andato a Jashin, un taglio verticale sul petto, così profondo da incidere persino i polmoni, ematomi e quant’altro.
E aveva fame. Aveva perso ettolitri di sangue…doveva mangiare e tanto. Mangiare e riposare.
Si era fatto quasi due giorni di dormita ma il suo stomaco ora brontolava peggio di Susanoo.
Quindi ordinò, mangiò, riordinò, rimangiò con una foga enorme.
Se il conto fosse stato salato avrebbe pagato tutto lui.
Ma ora doveva mangiare. Tanto…

« Buon appetito!»

Si sfregò le mani. Sorrise con un pupone e iniziò la sua meticolosa e accorta opera.
Più volte sembrò sul punto di soffocare. Qualche bicchiere e passava la paura.


E poi…eccola lì. Scintillante, magnifica, con il suo corpo perfetto e le corde lucide.
Lo invitava a sedersi vicino a lui, a prenderla, a pizzicare la sua essenza in un connubio fatto di suoni e anima.
Amplificare il proprio Io dandogli suono.
Una chitarra. stava lì: silente e in un angolo e a Shintou balenarono gli occhi.
Dopo i gattoni la chitarra era un’altra sua passione e al santuario stava massacrando i timpani di tutti, con quel nuovo genere musicale che gli aveva fatto sentire fratello Kenshin.
Di solito era un vagabondo: veniva al santuario per poco tempo, per poi ripartire e ritornare…dopo venti-trent’anni. Non amava stare sempre nel solito posto e aveva imparato a fare il cantastorie e il girovago. Vedere il mondo e suonarlo.
Normale che nei suoi viaggi si fosse portato appresso qualcosa. E quel qualcosa a Shintou lo affascinava maledettamente.
Non era mai stato un musicista, né tantomeno aveva pensato di diventarlo – figurarsi non credeva di toccare i venticinque anni! – ma ora, con la sua immortalità, scopriva molto. Il mondo offriva tanto e lui poteva giocarci, crescere, imparare, osservare da tutto ciò.
E così aveva incominciato a suonare la chitarra.
Amava quello strumento. Soprattutto suonato di sera, davanti alla famiglia Agiwara, con quelle noti che mai prima si erano sentite nei territori degli shinobi, eco lontano, di un mondo che avrebbe visto.
Con quella voce profonda, roca, con le dita che si muovevano sul manico, accordi e le dita a pizzicare le corde che emanavano il suo Io più profondo.
Cantare?
Suonare la propria anima. Non era così diverso dallo scrivere gli Haiku.
E gli metteva in musica. E quindi si alzò.
E Shitsuki capì. Perché riconosceva il brillio negli occhi del marito e sapeva riconoscere le sue passioni.
Ma quello era anche un battesimo del fuoco. Un conto è suonare per la sua famiglia, a casa, con gente che ti amerebbe sempre anche se fossi un impedito cronico, un conto è con degli sconosciuti che non gli interessava nulla di te.
Ma Shintou voleva suonare. Perché?
Perché voleva suonare per quella gente, per sua moglie e i suoi amici.
Un modo per sdebitarsi.
E visto che a parole non era bravo – più bravo nello scrivere lettere e poesie che parlare a voce di sentimenti – suonò.
Tra l’altro…non poteva nemmeno usare la Moltiplicazione Superiore sennò troppi occhi indiscreti…quindi? Come fare quel piccolo concerto?
Fratello Kenshin come li aveva chiamati? Anfradded? Inploged?
‘Sti cavoli…a stringere erano concerti solo voce e strumento. Sarebbe andato bene.
Si sedette, prese la chitarra e guardò Shitsuki.
La prova del nove.
Ora si sarebbe visto sul serio se era bravo o una grande pippa per usare un termine tanto caro a Kuma.
Si mise seduto.
Le persone chiacchieravano. O almeno si facevano gli affari propri.
Guardò sua moglie. Un occhiolino divertito…ora avrebbero capito se Shintou fosse una rockstar oppure un emerita pippa.
La prima corda venne pizzicata. La seconda.
La terza.
Un accordo.
Una fischiata ad accompagnare la melodia.







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« Why oh why does God hate me?
'Cause I've seen enough of it, heard enough of it, felt enough of it
Had enough of it! »


Parole straniere. Il significato non era conosciuto. Ma Shintou le stava imparando.
Non l’aveva scritta lui ma gli piaceva. Gli piaceva il suono, la melodia e quel poco senso che era riuscito a capire traducendola.
Se vi fosse stato Eiji era meglio ma…Shintou non chiedeva mai l’aiuto di nessuno.
Non per orgoglio ma per tigna. Le cose le doveva fare da solo e riuscirci.
Scoprire il suo limite e superarlo. Che fosse una tecnica di spada, che fosse l’antichakra o una malattia, che fosse persino imparare una nuova lingua…
Era riuscito ad imparare a suonare la chitarra, avrebbe imparato persino quella lingua.
E a proposito di chitarra: allora Shitsuki? Ora non dicevi più che erano note a cazzo di cane, strimpellate da un sordo?
Chissà cosa avrebbero detto Kazora e Chigawa?
O Kuma?!
E la voce andò seguendo le note…




Qualcosa, durante quel concerto improvvisato, entrò. Quattro zampe, una coda, sinuoso, bello, grasso o grassa, con gli occhi color dell’oro.
Si mise su di un bancone, leccandosi una zampa in placida attesa. Di cosa?
Di tutto e di nulla.
Aveva il pelo grigio e bianco, striato, e sembrava perfettamente a suo agio.
La coda sferzava l’aria mentre adagiato sul bancone, placidamente, si guardava intorno.
Kami fate che non lo veda Shintou!
L’ultima volta che vide un gatto al santuario, lo cacciò per tre giorni per tirargli la coda. Mise a soqquadro l’intero Santuario, con buona pace di Getsumoto e di Kuro sama che se lo videro cadere dal cielo, ridendo come un pazzo, con quella palla di pelo che saltava di tetto in tetto, correndo tra le viuzze del santuario. E dietro…bhe…un gatto umano completamente impazzito. Certo tornò vittorioso da Shitsuki, graffiato puzzolente, ma vittorioso.
Con la povera bestia ormai tra le braccia e lui a coccolarsela, a tirargli la coda e a miagolare.
Si…Shintou miagolava e faceva le fusa…uno spettacolo ridicolo…che i Kami fossero dispendiosi di accortezza e lo facessero uscire subito, l’enorme palla cicciosa di pelo.
Shintou adorava i gattoni…e più erano ciccioni più scattava in lui la volontà di agguantarli.
E che le convenzioni sociali andassero a farsi benedire.
Era meglio che non lo notasse…no…assolutamente.

 
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view post Posted on 4/1/2018, 21:38     +1   -1
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Shitsuki rimase con un nigiri di polpo a metà strada fra il piatto e la bocca, gli occhi fissi su Shi e una faccia da "Non può averlo detto davvero."
Eppure era così. Quel "Lei è perfetta", spontaneo e ridicolmente tenero che aveva proiettato Urako a velocità doppia dietro il muro di cinta del menu era stato davvero pronunciato.

Rise. «Mavaaaaaccagare Shi!»

La perfezione era una e una sola, e di certo non era in Urako. Né in Shintou, né in lei per quanto la riguardava. Tali romanticherie, a causa forse anche delle cattive e ciniche influenze delle sue sorelle, non la tangevano proprio. Poi lei faceva di peggio, eh? Ma se gli altri smielavano e cinguettavano non poteva esimersi dallo stroncare sul nascere l'insorgenza del diabete.

Tuttavia, c'erano altre cose che avrebbero dovuto essere stroncate sul nascere. Purtroppo se ne accorse tardi, quando Shintou aveva già adocchiato la chitarra ed era stato posseduto da quel raptus malefico che negli ultimi tempi lo prendeva spesso e volentieri.

«Mh! 'tou, 'spet-»

A bocca piena, con le uova di Ikura che rischiavano di rotolarle fuori dalle labbra, fu costretta a guardare suo marito che si alzava e andava a mettersi in posizione. E che la guardava pure, soddisfatto e fiero di quanto stesse per fare, dell'arte canora che stava per esibire.
Rassegnata, Shitsuki mandò un sospiro.

«E ti pareva... Dopotutto non tocca quel dannato strumento da quasi ventiquattr'ore...» Scosse la testa, tornando a guardare Shi e Urako. «Capitelo, ha scoperto la musica e si è preso fin troppo bene. Non riesce a stare fermo... Quindi o dorme o suona.»

La stava buttando sul tragico, se ne rendeva conto. Così come Shi e Urako avrebbero potuto rendersi conto che non era davvero disperata per la cosa, perché il tono, gli occhi, tutto faceva capire come in realtà avesse piacere che il ronin si rasserenasse con un hobby per il quale, fortunatamente, era pure portato.

«Però oh, a me piace ascoltarlo, voi poi siete liberi di giudicarlo nel modo che volete...» concesse, come se fosse a sua discrezione. «Se gli dico io che è bravo, dice che sono di parte. Magari un parere esterno lo accetta.»
Sorrise, mangiando finalmente quel nigiri e voltandosi a guardare Shintou. Era intonato, una voce non pulitissima ma gradevole, calda. Riempiva l'ambiente e dava atmosfera, altri commensali sembravano apprezzare a loro volta.

Masticò rapidamente e inghiottì il nigiri, puntando già con lo sguardo alla prossima vittima... Sfortunatamente, con la coda dell'occhio colse un movimento.
Un movimento peloso.

"Oh no."

Sgranò gli occhi e immediatamente si voltò verso Shintou, che preso dal canto sembrava non aver notato il gatto. Subito si chinò in avanti abbassando la voce, cospiratoria come un rivoluzionario ribelle.

«Ragazzi, non giratevi, ma è appena entrato un gatto.»

"E quindi?" avrebbe potuto rispondere chiunque sano di mente.

«Shintou ha un... Feticismo, non so come altro chiamarlo, per quelle dannate bestie. Non sapete quanti me ne ha portati a casa, e quanto tempo ci perde a rincorrerli come un posseduto.»

Sospirò, la faccenda era seria e grave, almeno per lei che con i gatti -gli animali in genere- non aveva un gran rapporto.

«Se lo vede, lo abbiamo perso. Mi aiutate a mandare fuori la palla di pelo? O a nasconderla in qualche modo?»

E per un attimo, fu come essere genin alla prima missione.



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Tuuutto a posto allora.
Tutti mangiano, tutti concentratissimi sulla preda, preoccupati soltanto che la traiettoria delle bacchette non incroci quella di qualcun altro o di perdere il prezioso bottino per la fretta. Tutti distratti quel tanto che basta, grazie all'appetito, per non far caso a lei che rumina lentamente, come se le avessero riempito il gunkan di caucciù.
Poi succede come nei racconti che a volte ha ascoltato dietro una tazza di tè: Shintou si alza, prende un curioso strumento che si vede di rado dalle loro parti e inizia a pizzicarne le corde.
Hanno un suono un po' metallico, ma tutto sommato non troppo invadente; prende mentalmente appunto di chiedergli di più sul suo funzionamento, se per caso gli argomenti di conversazione dovessero esaurirsi prima del tempo.

In ogni caso lo osserva incuriosito e annuisce a Shitsuki che mette le mani avanti, con un'occhiata in tralice. Forse ha paura che faccia sanguinare le orecchie a tutti; la cosa curiosa è che abbia dimenticato tanto in fretta di avere fame! Alla fine però non è così tremendo, anzi, si vede che gli piace cantare e anche se qualche volta si sentono un po' di note strane, nel complesso quella roba non è affatto fuori posto: qualcuno dei tavoli vicini accenna pure a muovere la testa a tempo, anche se non sta guardando il ragazzo, e i camerieri sembrano quasi camminare a ritmo.
Quando le chiacchiere languiscono, probabilmente nulla può rimediare bene quanto qualcuno che strimpella qualcosa. È rassicurante, soprattutto ora che deve per forza ingoiare quella purea che era il suo boccone per scegliere qualcos'altro... nigiri ai gamberi?
Tanto a Shi i gamberi fanno schifo.
Ma che lingua è? - vorrebbe chiedere prima di infilarsi la polpetta in bocca, ma in quel momento Shitsuki inizia ad agitarsi. Nessun problema. Di lì a due secondi avrebbe iniziato a farlo anche lei, ma al cubo.

Un gatto.

Per qualsiasi persona un gatto avrebbe voluto dire quattro zampe, dieci paia di artigli affilati, baffi, coda, nasino umido, gommini sotto le zampe e peli, peli ovunque... per lei si parla di eremi, patti di sangue e alleanze in battaglia.
Certo, le probabilità che un gatto a caso incontrato in giro appartenga proprio all'eremo sono basse. Di certo nessuno di loro si sarebbe infilato in un sushi-bar, per farsi cacciare via a colpi di scopa dai camerieri.
Sono gatti che parlano, gatti intelligentissimi.
Magari quello è solo il gatto del proprietario.


Resiste una decina di secondi, poi non può evitarlo: le bacchette le cadono di mano misteriosamente, costringendola a suo malgrado a scendere dalla sedia, chinarsi, raccoglierle, notare Kujaku-san sdraiato sul bancone con la sua solita aria indolente e iniziare a sentirsi morire dentro.
Avete presente quando succede qualcosa di imprevisto e irrimediabile, e sentite le orecchie andarvi a fuoco?

Col cuore che martella affannato forza un sorrisetto imbarazzato rivolto all'albina: “Ci penso io...” la rassicura tenendo i denti stretti, poi si avvia verso il bancone seguendo una curiosa traiettoria. Potrebbe anche sembrare che stia evitando i camerieri e le borse appese alle spalliere delle sedie, mentre tenta di uscire dal campo visivo del ronin e riapparire con disinvoltura lungo una parete, seguendola con cautela fino a raggiungere il bancone lucido.
Quella posa... lussuriosa, non potrebbe definirla meglio, anche se i gatti se ne infischiano di certe categorie umane. Una ragazza umana sdraiata in quel modo passerebbe per una poco di buono, non so se rendo l'idea. Occhi socchiusi d'oro liquido.
“Non puoi stare qui” - lo avverte sempre sibilando a denti stretti, mentre scivola tra lui e il ragazzone strimpellone.
“Ah no?”
Sornione, strafottente, languido, altezzoso, spocchioso, pigro ed elegante come sempre, il messaggero dell'Eremo, la quintessenza della gattitudine.
“Come posso aiutarla?”


Un cameriere l'ha vista al bancone, nota il gatto, fa per sollevare lo strofinaccio e quasi non si trova le bacchette di Urako infilate nel naso.
“Mi sono cadute!” annuncia quasi sbattendogliele in faccia - “Dov'è la toilette?” - e ricevute le indicazioni conclude il breve scambio con un rapido “Me ne porti altre al tavolo 4”, agguanta il micio e si defila alla volta dei servizi prima che il ragazzo possa dire “a”, sentendo i muscoli dell'animale irrigidirsi tra le mani e il fremere sommesso di un ringhiare infastidito.
Ingoia a vuoto.
Era lui che odiava essere preso per le spalle?
O quello era Kyo?

 
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view post Posted on 30/1/2018, 18:29     +1   -1

The Pine

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Ma... Cosa... Diamine?

Okay, ammetto che l'ultima sequenza di eventi per me è abbastanza complicata da sublimare e comprendere. Sarà perché questo è già il quattordicesimo pezzo di nigiri che ho in gola nonostante il piatto sia qui da manco cinque minuti e quindi probabilmente la mia trachea è schiacciata dal riso, ma sul serio... Che diamine?

Ma perché la gente non mangia quando si deve mangiare, che cazzo? Ingurgito violentemente quanto posso, cercando di non soffocare nel mentre, quando Urako già è partita in quarta per risolvere il problema gatto. Resta il problema dello strimpellatore, che cazzo, non puoi metterti a fare certe cose in posti pubblici. Qui mi conoscono, porcaccia miseria. Forse posso dare un supporto all'evitare incontri felini risolvendo anche questo problema.

Mi colpisco lo sterno per aiutare il tutto a scendere giù. Un bel respiro, quindi sollevo un dito verso il ragazzone. «Oy! Datti una calmata, giovanottone. Io disegno a mezz'aria, ma non è che lo faccio sempre. Forza, siediti e mangia, che sennò si fredda. » Come se il sushi si possa freddare.

 
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view post Posted on 2/2/2018, 14:36     +1   -1
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Qual pantagruelico incontro si stava per affacciare in quel convivio sereno.
Addirittura un eminenza felina tra i felini era appena apparsa, facendo bella mostra di sé; subito nascosta dalla nostra Urako che pedissequamente, da brava maestra, aveva subito capito che la questione si sarebbe fatta spinosa come una foresta di cactus.
Perdonalo Shi, perché tra poco si sarebbe scatenato l’inferno in terra. In una giostra felina dove Shintou avrebbe fatto di tutto per acchiapparlo e tirargli la coda, ormai il destino si era mosso e non potevano più deviarlo.
La rotta di collisione tra Shintou e l’eminenza felina era sul punto di non ritorno e non voleva nemmeno tirarsi indietro.
Amava i gattoni pelosoni. A dirla tutta se avesse saputo di Sousui…meglio non pensarci davvero. Un gattone enorme, peloso, bianco e vecchio. Morbido e con i baffi lunghi e una coda vaporosa come una nuvola.
No.
Era troppo. Urako era meglio che non proferisse parola di eremi gattosi perché il solo pensiero di avere centinaia di gatti, per di più parlanti, intelligentissimi, vecchissimi era troppo. Un sogno che si avverava.
Centinaia di code vaporose, di ogni foggia, dimensione, colore e più o meno pelose da tirare.
Panze da grattare, baffi da accarezzare…la meraviglia in terra.
Per non parlare che vi era un Bijuu a forma di gatto per di più infuocato dalla testa ai piedi, che tra poco sarebbe comparso facendo bella mostra di sé, pigramente spaparanzato su di un fianco di una montagna a crogiolarsi al sole.
Gatto. Fuoco.
Un’accoppiata vincente.
Il vero sogno di Shintou che si avverava.
A dirla tutta ancora si ricordava dell’attacco a Konoha di Hyou – altro ragazzone che portava il nome di un felino, si muoveva come tale e combatteva con quel grandissimo schiacciasassi di Reshef. Una lucertola infuocata.
Magma puro. Signore dei Vulcani che fece divenire Konoha una succursale del suo eremo.
Sublime. Magnificenza pura. Catafratto nelle sue stesse fiamme aveva dato sfoggio di un animo guerriero che solleticarono quello di Shintou.
Lo accarezzò facendogli provare un brivido. Al solo ricordo, ancora oggi, sentiva ruggire la voglia del confronto con quell’eremo.
L’eremo più bellicoso tra tutti.
Vederlo…come poterlo descrivere? Al di là della devastazione arrecata, quei due combatterono da soli contro tutti e tutto. Vi era ammirazione che solo tra guerrieri vi poteva essere. Quella di essere superiori. Di alzarsi nonostante tutto e tutti, impugnare le proprie armi e dare battaglia anche quando non vi era possibilità. Perché un guerriero si batte. Sempre.
Non aveva bisogno di aiuti perché se non si era forti, se non si aveva quelle fiamme ruggenti nello spirito, allora non avremmo mai vinto nemmeno con gli stessi Dei al fianco.
Se solo Reshef fosse stato un gatto sarebbe stato perfetto.
Grande, enorme, con fiamme ruggenti sul suo corpo e uno spirito guerriero ruggente come lo stesso magma che scorreva nelle vene della Terra.
E dire che vi era un Bijuu così…meglio che le loro strade non si incrociassero.
Cosa che non si poteva dire lo stesso in quel ristorante: il destino ci aveva messo la zampa a forma di micione ed ora, acquattato dopo la stiracchiata, si sarebbe goduto i frutti.
Frutti gustosi ed esplosivi.
Quindi, baldanzoso e sculettante come ogni buon gattone dopo le coccole, si avvicinò al lieto convivio. Si era preso gli applausi, qualche pacca sulla spalla ed era felice come quando, ogni tanto, riusciva a battere Hikaru.
Parentesi: quel gran cornuto diventava ogni giorno sempre più forte e imprevedibile…se fosse stata donna poteva quasi, si state leggendo bene, quasi insediare Shitsuki.
Ma era un uomo e al nostro samurai dell’augello jashinista non ne era goloso. Anzi lo schifava con tutte le sue forze.
Era antiestetico…un vermicello che diventava duro e grosso anche, ma soprattutto, quando non doveva o la situazione non era consona.
Meglio il corpo femminile. Perfetto.
La vera perfezione del creato. Mica si scrivevano versi al pene…aveva sempre letto di ODE ALLE TETTE O AL CULO FEMMINEO. Poesie per lo schifoso vermicello forse ne erano state scritte davvero poche. Tra l’altro chi cavolo poteva scrivere delle Odi per una cosa che si ingrossava quando voleva e che rimaneva floscia e moscia che sembrava un pezzo di carne morta tra le gambe?
Diciamolo: Shintou era bello. Aveva un bel sedere tosto come il marmo e scolpito nel marmo ma santo iddio quando vedeva la sua protuberanza capiva perché gli scultori lo facevano piccolino piccolino.
Meno si vedeva meglio era…anche se qui entravamo nella disputa antica come il cucco: conta la misura o il modo in cui si usa?
E poi diciamocelo: la maggior parte delle guerre avveniva sempre perché uno dei due si sentiva timorato dalle dimensioni dell’altro. Persino i sette della nebbia erano col cazzettino.
Più è grossa la spada più il membro è formica, disse Seishin una volta a Kuma. Che, punto nell’orgoglio, fece una settimana di immersione totale nel sesso con una ventina di donne. Contemporaneamente.
Così disse lui, ma ancora prove effettive si stavano cercando al santuario di cotale promiscuità; con risatine sommesse di Hikaru e i borbottii, inequivocabili, di Ryouku.
Povero Kuma.
Ma tornando a noi: Shintou notò subito che Urako si era alzata di scatto.
Pipì? Altro bisogno corporale? Entrambi?
La faccia non era di chi doveva andare immediatamente al bagno… strano.
Cambio di mutandine per eventuale mestruazione copiosa? Mh…sebbene Shitsuki non ne fosse più affetta, come se fosse un male per dirla alla Kuma: te lo chiami periodo rosso io periodo anale; quindi non è che fosse un gran problema.
Ma era un medico e sapeva come funzionassero e Urako non era tipo da uscire, così a prima vista, sapendo che il periodo stava arrivando senza premunirsi.
E quindi perché?
E poi…sushi freddo?
Non si mangiava crudo?
C’era qualcosa nell’aria e guardò sua moglie come una spada che penetrava lo stomaco.
C’era qualcosa che non lo sconfifferava.
Comunque si portò una mano dietro la nuca, gesto che faceva sempre quando era in imbarazzo per scusarsi, come un bimbo che era stato beccato col dito nella marmellata e sorrise.

«Si scusami!
Sai…ho scoperto da poco la musica a volte non mi controllo…chiedo scusa veramente.
Ma mica ho fatto schifo, vero?!»


Ma soprattutto: non era mica entrata un eminenza gattara a cui si poteva tirare la coda, facendo esplodere una guerra, vero?!

 
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view post Posted on 6/2/2018, 21:22     +1   -1
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Artificial Flower's Lullaby

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«Parlato» "Pensato" Narrato


Con la musica in sottofondo la missione importantissima partì di gran carriera. Urako, kunoichi provetta, utilizzò le sue arti ninja per svicolare rapidamente, impossessarsi del micione e sparire furtiva verso il bagno.
Shitsuki ridacchiò, ammirata e sollevata nell'assistere a quella performance di sparizione felina.

«Cavoli, non pensavo mi avrebbe presa tanto sul serio, la tua ragazza è tosta!»

Lui invece si stava strangolando con del sushi. Preoccupata, nel vedere la scena la Jashinista cambiò faccia, preparandosi mentalmente ad eseguire una tracheotomia d'urgenza, ma per fortuna non ve ne fu bisogno. Shi mandò giù il boccone assassino e riuscì anche a rimproverare Shintou per lo spettacolo non richiesto.

Peccato che il suo amato maritino fosse tanto scemo su alcune cose, quanto estremamente arguto su altre. La fissò con uno sguardo stranito, sospettoso... E Shitsuki sorrise sapendo benissimo, in cuor suo, che non lo stava ingannando nemmeno di striscio.

"Devo imparare a mentire, mannaggia a me."

Come kunoichi e come Jashinista, era una cosa che le sarebbe servito fare... Ma la parola di Jashin è vera e sacra, perché la sua doveva essere diversa?
Cionondimeno, sostenne lo sguardo di suo marito sbattendo le palpebre angelicamente.

«Assaggia questo, ti ho tenuto l'ultimo ikura, è freschissimo» gli disse, sospingendo verso di lui il gunkan sormontato da brillanti uova di pesce arancioni e lucide. «E sei andato bene, te l'ho detto che sei bravo... Anche se magari non era il momento migliore per alzarsi e farsi prendere dalla smania musicale, mh?»

Un rimprovero non severo, molto alla buona. L'occhio le saettò verso il bagno dove era sparita Urako, sperando che la collega fosse in grado di sbarazzarsi discretamente di quella innocua palla di pelo.
Non sapeva, lei. Non sapeva.

«Shi, hai detto che disegni nell'aria?» Cambiare discorso, fondamentale tattica di evasione. «Cioè? Cosa intendi? Tipo con le dita?»

Si sporse in avanti, acchiappando con le bacchette l'ultimo hosomaki al tonno e facendolo sparire nella sua bocca vorace.
6qxisA9
 
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view post Posted on 17/2/2018, 19:15     +1   -1
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Entra nel bagno come un ciclone, abbassa la tavoletta del wc e ci scarica la bestia sopra poco prima di beccarsi un corso accelerato di RISPETTO felino: il gatto si volta subito verso di lei col pelo gonfio e le orecchie appiattite contro il cranio, soffiando come una teiera in ebollizione, e lei fa due cauti passi indietro, con l'aria più casuale che riesce a simulare.

Questione di di distanze di sicurezza.

Ah sì, meglio tirare il chiavistello, ma senza perdere di vista il gatto incazzato: va bene che non l'avrebbero potuta beccare coi pantaloni a terra, ma farsi vedere mentre parla con un animale sarebbe stato altrettanto difficile da gestire.

Il soffio si stempera in un ringhio cupo, lei prende un bel respiro per calmare i battiti del cuore - “Kujaku-san” esordisce a quel punto, coi palmi delle mani in aria e l'espressione più professionale che riesce a millantare - “Si tratta della tua incolumità.”
“Il patto che ho siglato col sangue sull'antica pergamena custodita da generazioni e generazioni di venerandi e onoratissimi felini mi impone di veglia...” “Taglia corto, Spelata” la interrompe quello, un ghigno che scopre i dentini candidi nel godersi l'espressione sorpresa e contrariata della ragazzina. Quello è il nomignolo che ha coniato Shibuki-sensei per lei, durante i loro allenamenti.
Incredibile come suoni quasi affettuoso se miagolato dal suo maestro, e quanto possa essere umiliante in bocca a quel fanfarone di Kujaku il quale, per la cronaca, quando si annoia o si innervosisce, diventa improvvisamente immune ai salamelecchi della kunoichi. Nonché incredibilmente sgradevole.
Peggio ancora, si è accorto che Urako è permalosa, e la cosa lo diverte d a m o r i r e.
“Quando perdi le staffe diventi gradevole come un botolo da salotto” schiocca di rimando la ragazzina, innescando un secondo sibilo inviperito. L'abbiamo già detto che Urako con Kujaku proprio non si becca?

Passi che all'Eremo è a casa dei gatti, quindi comandano loro e se rompono cerca di farsela andare giù. Passi che la sorpresa di vedersene uno saltare fuori in una locanda a caso le abbia fatto momentaneamente accantonare certi dettagli di compatibilità. Quello che però non passa è sentirsi bistrattata in territorio umano, per di più quando sta realmente cercando di evitare un incomodo alla bestia parlante. L'umana incrocia le braccia sul petto, il gatto frusta l'aria con la coda.

Ora che però sono uno pari si potrebbe venire al sodo, no?
E va bene, cerchiamo di fare il primo passo.

“Ti apro il lucernario, se hai bisogno di aiuto per arrivarci sono a tua disposizio--”
“E se non volessi andarmene dal lucernario?” la sfida quello, ondeggiando la coda sinuosa
Si pianta i pugni sui fianchi. “Puoi anche restartene qui. O farti prendere dal Jonin qua fuori, non vede l'ora di tirarti la coda.”
“Oh, quindi dovrei guardarmi da uno incapace di coprire i propri escrementi con la lettiera” commenta ironico lui - “tutta questa acqua, e riuscite a puzzare lo stesso. Deve essere un talento speciale” - “Perché voi gatti defecate rose e violette”
… se solo la parola cagare non fosse troppo grezza...

 
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view post Posted on 21/2/2018, 09:48     +1   -1

The Pine

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Se è stato bravo? Ah, cazzo... Non sono di certo la persona più adatta a sollevarlo da certi dubbi. L'osservo, con un sorriso che forse sa d'imbarazzato, facendo nel mentre un'alzata di spalle. « Ah, boh. Non ne capisco molto di queste cose, mai stato un tipo musicale. Suonava bene, però. » Sì, non posso dire che fosse sgradevole all'orecchio, il tutto, però è anche vero che se vogliamo entrare in campi più specifici... Beh, non ne so sul serio niente.

L'attenzione però viene immediatamente rapita da Shitsuki. Credevo che mi avesse visto, fare le mie... Boh, cose? No, no... Che accidenti sto dicendo? Ah, cazzo, devo smetterla di fare cento cose contemporaneamente, che altrimenti mi perdo. Di nuovo, sollevo le spalle, mentre infila la mano destra nel vestito. « No, no... Nulla di tutto questo. » Ridacchio, facendo scivolare fuori un pastello, che sorreggo solidamente tra indice e pollice. Giallo. Bleah, che colore stupido.

Muovo il chakra nella mia mano, avvertendo subito il pizzicore sulla mia pelle che viene spogliata del suo sebo per andare a rafforzare la cera del pastello. Muovo la mano, solcando l'aria lentamente a disegnare un cerchio. Due croci nel mezzo. Un'onda. Ecco qua una faccina, un sorriso improvvisato. Stacco con un sono schiocco il pastello dal disegno, che rimane quindi a fluttuare a mezz'aria. « Ecco qua. So fare questo. » Sì, è una puntina d'orgoglio, quella che sentite.

 
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33 replies since 3/12/2017, 21:28   728 views
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