L'unione delle Forze, TERMINATA
Missione B per BloodyRose (1°pg), V' e Jons

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view post Posted on 6/3/2018, 15:47
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Artificial Flower's Lullaby

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Le urla e il trapestio degli abitanti in fuga veniva osservato da Matatabi senza quasi essere visto. Che interesse ha il Gatto per le formiche che fuggono? Quelle persone erano meno di niente per lui, i suoi occhi bicromi e senza pupilla erano tutti per Setsuna Hyuga.

«Ah, è così?»

Il suo era un tono di sfida, palesemente eccitato e al contempo irritato da quella piccola e inutile umana che osava frapporsi fra sé e la cosa che desiderava. Le code erano tese verso l'alto, ondeggiavano lentamente e le fiamme si agitavano sempre di più.
Il Nekomata si leccò i baffi e non guardò Hakurei, ma gli rispose comunque con tono mellifluo.

«No, non so che forma abbia. Non mi importa: è una fonte di chakra molto intensa, una luce accecante. Qualsiasi cosa sia, voglio trovarla... Voglio vederla, voglio farla mia.»

Aprì le fauci, e soffiò una risata silenziosa che fece vibrare il terreno attorno ai due ninja di Konoha.

«Umana, dici di essere fondamentale? Dimostralo. Dimmi dov'è, e lascerò in pace questo villaggio.»

Fece una pausa, socchiuse gli occhi, poi li riaprì di scatto. Anche il tono cambiò, diventando molto più vivo e acceso.

«Anzi... Ho un'idea migliore.»

Inspirò profondamente, gonfiò il petto e il pelo, e dal suo corpo gigantesco saettarono in avanti dodici fuochi fatui di un tenue color azzurro, come il fornello a gas della cucina. Le fiamme rimasero sospese attorno a Matatabi per qualche istante, poi, senza preavviso, saettarono in avanti verso il villaggio.
Le case e gli edifici di Kawagoro erano per la maggior parte in legno, paglia, argilla. Gli incendi divamparono subito.

Ad Arashi non giunse risposta. Qualunque cosa stesse facendo Yuzuki, non poteva più concentrarsi su altro che non fosse il rituale, e comunicare con l'Uchiha avrebbe reso problematico il tutto.
L'Anbu tuttavia non avrebbe avuto tempo per annoiarsi: vide quelle sfere di fuoco volare sopra la sua testa, come un bombardamento silenzioso, e poi atterrare con grazia come lucciole. La casa degli Homura prese istantaneamente fuoco, e Anezaki strillò stringendo a sé la sorellina.


«Facciamo che ti sbrighi a dirmi dov'è la mia preda, umana. Mh? Facciamo che io conto fino a tre...»

Si mise giù, sdraiandosi a terra con la testa ritta e le zampe distese. Una posizione regale, che solo un felino può avere, e da cui guardò i due umani più vicini a lui.

«E se entro il tre non mi dici dove l'hai nascosta, il cucciolo di gatto che è con me ti ucciderà. Sono un cacciatore, ricorda: troverò la mia preda, in un modo o nell'altro.»

Era assolutamente sicuro delle sue parole. Abbassò lo sguardo su Hakurei sorridendogli sornione, come a cercare una conferma di quella comunione di intenti.
Mamma gatto deve insegnare al gattino a cacciare, dopotutto.

«Forza uccellino, inizia a cantare. Uno... Due...



CITAZIONE
Vi devo fare i complimenti, questi post erano proprio belli. Siamo al climax finale, non perdete la calma e rimanete concentrati che il livello qua è altissimo.

Prossima scadenza: 13 marzo. Prima riuscite a postare, meglio possiamo approfondire il tutto, dato che entro il 18 necessariamente devo chiudere e quel che sarà sarà.
 
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view post Posted on 7/3/2018, 22:44

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CITAZIONE
Mantenimento Sharingan: 45 chk
Mantenimento illusione: 244 chk
Mantenimento personale: 100 chk

Stm: 119 - (389/20) = 119 - 19.45 = 100

Era stata una bella partita a scacchi, per lui.
Una di quelle combattute contro un avversario di gran lunga più esperto, che disponeva di mezzi pressoché illimitati, se comparati ai suoi: erano cinquecento pezzi liberi di muoversi in ogni direzione e in grado di mangiare e conquistare ogni casella, contro tre o quattro piccolo, spaventati e spaventosamente condizionati da vincoli che ne riducevano inesorabilmente il raggio d'azione.
Era praticamente persa in partenza: chiunque avesse deciso di giocarla senza tirarsi indietro, sarebbe stato automaticamente additato come folle - persino lui, che quei pezzi aveva deciso di muoverli, anziché lasciarli lì a subire il loro destino, faticava a trovare una logica autoconservativa e vincitrice dietro le sue stesse mosse.
Una pazzia, sì...ma quanto era stato bello giocare quella partita.
Aveva sperato, imprecato, bestemmiato, si era dato dell'idiota e poi del genio, dell'infame stratega e del martire: aveva rivestito ogni ruolo, quello della preda e del cacciatore, quello del protagonista, della spalla e persino dello spettatore.


"Di certo, non mi sono fatto mancare niente."

L'aveva cercata e voluta a tutti i costi una logica, in tutto ciò: se erano riusciti a guadagnare quei pochi secondi sulla Bestia, almeno, era stato merito degli avvertimenti di Setsuna, delle domande che aveva posto a Yuzuki, delle sue intuizioni e del coraggio della Hyuga e proprio quel merito, si disse, voleva prenderselo tutto, fino in fondo, sia che dall'altra parte li aspettasse un trionfo, sia che invece li aspettasse la più grande delle sconfitte - con morte annessa.

"Merito...o responsabilità.
Non c'è uno senza l'altro: a questo serve provare, a questo serve buttarsi, è questo quel che rimane dopo, non c'è nient'altro."


Ed era quello il punto, l'enorme ma per alcuni invisibile distinzione che segnava il confine tra uno shinobi e un'ameba, ciò che faceva di chi abbracciava veramente quella professione l'eccezione, il fuoripista, ed era anche il motivo per cui tutti i ninja erano esseri umani, ma non tutti gli uomini erano ninja.
Perché per poter essere seriamente degno di un tale titolo, la consapevolezza di doversi far carico alla stessa misura di meriti e responsabilità, era all'ordine del giorno, il requisito essenziale per poter comprendere alla radice l'essenza di quel mestiere.
Perché sacrificarsi per un villaggio di stolti?
Perché ascoltare le richieste di aiuto di dieci, cento, mille persone che fino a pochi attimi prima, dardeggiavano a volte dubbiosi e titubanti, altre minacciosi e sprezzanti, verso il coprifronte simbolo del suo essere uno shinobi?
Perché anteporre la quasi totale certezza di morte, ad una vita tranquilla, agiata, passata a scappare, a scegliere l'alternativa più conveniente?
Semplicemente, perché lui era questo. Tutto questo.
Era il merito che si era preso nel superare il suo esame per diventare un genin, quello che aveva guadagnato sull'isola e poi nel cuore di Konoha nel divenire un ANBU, quello che aveva mostrato in tutte le sue missioni, fino all'ultima.
Allo stesso tempo, però, Arashi Uchiha era anche il più grande fallimento della sua vita: l'aver compreso troppo tardi suo padre e il bene che forse gli aveva voluto, il dolore che aveva suo malgrado recato a sua sorella - di cui si era, appunto, fatto carico letteralmente tramite Sabaku no Keiichi - e a sua madre, tutte le persone che non aveva potuto salvare in guerra, compreso il ragazzo che aveva accompagnato lui e Misato in missione, e il silenzio che aveva ostentato nel salutare la sua amata, carico di un significato che lui stesso ancora non aveva preso del tutto.
Questo era Arashi Uchiha: uno shinobi.
Per definizione, un individuo capace di grandi cose, alle quali potevano seguire grandi meriti, o enormi responsabilità - anche e soprattutto in caso di sconfitta.
Chi, se non uno shinobi, avrebbe potuto fare tutto quello che aveva fatto lui fino a quel momento?
A chi avrebbe dovuto rivolgersi quella gente, se non a lui o a un suo simile?


"Gli shinobi sono il motore di questo mondo.
E finché non la smetteremo di comportarci come dei pezzi di merda, questa gente farà bene a non credere in noi."


Gli parve di essersi improvvisamente risvegliato da un lungo, stancante sonno: lo realizzò quando vide la fine di tutte le sue strategie.
Allora, capì dove aveva voluto arrivare, in tutto quel tempo che aveva segnato la sua permanenza a Kawagoro, osservando da lontano la ragnatela che aveva tessuto con pazienza attorno a quel gatto.
Ci aveva provato in ogni modo, usando ogni singola goccia di quello che era il suo sapere, cercando di rendere quanto meno disperata possibile l'azione che stava per compiere.
Yuzuki non gli parlava più, in quell'auricolare: forse persino lui, ora che era così preso dal suo rituale, aveva capito dove sarebbe andato a finire e perché. La voce della Bestia gli giunse lontana all'orecchio, indistinta. Difficile carpire qualcosa del suo discorso.
Stava aspettando solo un segnale che lo mettesse in moto e lo costringesse a fare ciò che andava fatto.
Nel frattempo, contava i secondi dall'ultima comunicazione.
Due.
Guardava le due bambine, mentre la sua fronte ormai zuppa minacciava di trasformarsi in un lago di sudore e i suoi capelli cominciavano ad appiccicarglisi su di essa, conferendogli un aspetto a dir poco esausto.


"Stringila, Anezaki.
Stringila...tutto questo ha avuto un senso. Deve averlo avuto."


Il fuoco avvolse Kawagoro, e allora lui colse il segnale.
Scattò indietro, portando le bambine con sé, mentre la casa degli Homura veniva divorata dalle fiamme.
Cinque.


"È poco."

Arashi: "È ora, Isshikame.
Nel fiume, con loro.
Portale lontane da qui, portale all'eremo.
È la mia ultima volontà."


Pensò a tante cose inutili, in quei pochi istanti in cui incrociò lo sguardo della testuggine.
Pensò di abbracciarla, poi di affidarle le sue ultime parole per sua madre, per sua sorella, per Oshoku e per Misato.
Pensò di chiederle scusa, a lei e alle sue amiche, e a Kenjin.
Pensò persino di consegnarle la sua maschera e il suo coprifronte, per dare a Konoha una spiegazione della sua scomparsa.
Poi ci ripensò, per due motivi.
Il primo: non c'era tempo da perdere.
Il secondo: voleva morire col coprifronte in testa e, soprattutto, che la Bestia fosse consapevole che, se mai avesse voluto mettere piede a Konoha, avrebbe trovato anche chi si sarebbe dannato l'anima pur di non stendere un tappeto rosso ai suoi piedi.
Sorrise ad Anezaki.


Arashi: "Anezaki, io vado ad aiutare i tuoi e Setsuna.
Voi due andrete con Isshikame, e sarete al sicuro, lontane da qui...lontane dalle fiamme.
Salite su di lei, in fretta, e percorrete il fiume.
Ricorda quanto ti ho detto: se dovesse succedere qualcosa, qualsiasi cosa, stringi forte Himitsu e non lasciarla mai, nemmeno per un istante.
Tu puoi proteggerla."


Le probabilità che il suo Sharingan si spegnesse non appena si fosse avvicinato troppo a quel mostro, erano altissime e, in ogni caso, la tecnica sarebbe durata ancora solamente per poco tempo: la Bestia l'avrebbe vista, ma più di mettere entrambe in fuga e fornire loro tutta la protezione - la più alta, la migliore - in suo possesso, non poteva fare.
D'altronde, quelle fiamme azzurrine erano la dimostrazione che il gatto non avrebbe mai lasciato loro il tempo necessario: la probabilità che decidesse di far fuori Setsuna e, dopo, iniziasse a mettere a ferro e fuoco l'intero villaggio, era ormai troppo alta.
Sapeva di aver messo su quella tattica per guadagnare qualche secondo, per avere una speranza nel suo ultimo, disperato e folle tentativo.
Quindici.


"Merda.
Abbiamo preso solo quindici secondi."


Avrebbe sperato in qualcosa di più, giunto a quel punto, ma sapeva che doveva farseli bastare - non che avesse scelta, in fondo.

Arashi: "Fidatevi di Isshikame.
Ci rivediamo una volta che tutto questo sarà finito, Anezaki. Sei stata forte fin qui, lo sarai ancora di più andando avanti.
Sei una degna guerriera, per Ultimo Bastione."


"E che la mia armatura possa proteggerti...a te, e a tua sorella.
Che possa proteggervi tutti, Isshikame compreso...tranne me.
A me non serve, io vado a morire."


Prese un bel respiro, poi davanti a lui ci fu solo un cumulo sfocato di case in fiamme e fumo denso.
Lo ignorò, assieme alla puzza di bruciato e alle urla tremendamente disumane degli abitanti di Kawagoro: gli occhi furono fissi sulla figura del gatto, per tutto il tempo.
L'attenzione andò sulle gambe che aveva allenato in quegli ultimi mesi: per un ANBU inseguitore, colmare quella distanza era come bere un bicchier d'acqua, la parte difficile sarebbe venuta dopo.
Sì, perché nonostante avesse concentrato il chakra negli occhi, facendo il possibile per far sì che la sua abilità oculare non venisse tragicamente annullata dalla presenza della Bestia, si aspettava di ricevere una fitta dolorosissima alle tempie o giù di lì, segno che l'interferenza distruttiva del suo nemico aveva cominciato a colpire la sua innata.
Il bello fu che, in tutto ciò, non se ne curò minimamente: lo Sharingan sarebbe rimasto attivo finché il demone gliel'avesse concesso, poi ne avrebbe fatto a meno.
In pratica, andava ad affrontare un Kami nudo, privo della sua abilità caratteristica e, di riflesso, di tutte le tecniche che ne beneficiavano, e del suo guscio più forte: un suicidio in piena regola.
Strano ma vero, le sue gambe continuarono a correre, malgrado il tremore derivato da quella bizzarra consapevolezza, mentre attorno a lui la gente continuava ad urlare.


"Non essere idiota, Arashi.
Va eliminata la radice del problema, non quello che vi è attaccato."


Fece una fatica immane ad ignorare i lamenti degli abitanti di Kawagoro, ma si costrinse ad ignorarli quanto più possibile.
Avvicinandosi al suo obiettivo, cominciò a chiedersi quando avrebbe dovuto iniziare ad avvertire l'effetto collaterale della sua avanzata: stando a quanto aveva detto Setsuna, se effettivamente il suo Sharingan avesse reagito allo stesso modo del Byakugan della kunoichi, avrebbe dovuto sentire il chakra scemare via dai suoi occhi, forse accompagnato da un qualche tipo di fitta nell'area che li comprendeva.
Si vide dall'alto, come in un sogno: un piccolo pedone dalla testa rossa che si muoveva, casella dopo casella, verso un re senza corona, ma pieno di peli e avvolto da fiamme azzurre.
Domandarsi quali di queste caselle costituissero, effettivamente, la zona a rischio annullamento abilità innata, era più che lecito e, nel correre a perdifiato verso la sua destinazione, ebbe un'altra idea - l'ennesima, quel giorno.
Ci era già arrivato, in realtà, a comprendere il funzionamento di quello strano meccanismo: la sola presenza della Bestia aveva la facoltà di interferire con la sua doujutsu e quindi, finché si fosse tenuto al di là di quelle caselle incriminate, avrebbe avuto la sicurezza di poter continuare ad esercitare le tecniche che impiegavano anche lo Sharingan in tutta tranquillità.
La conclusione a cui giunse in quel momento, però, fu diversa e dettata da un nuovo, terribile dubbio che attanagliò la sua mente: come?
Come faceva quel gatto ad interferire con la sua abilità oculare in quella maniera?


"Che cazzo di domanda è?
Kami, perché perdo tempo a chiedermi 'ste cose, che me ne viene?
È un fottutissimo gatto simil-Kami che spara fiamme azzurre, perché non potrebbe?"


Già, ma se ci fosse stata una spiegazione logica a tutto quel casino...

"Ha seguito la luce di Himitsu, quindi percepisce il chakra come lo vedo io con lo Sharingan, se non meglio.
Praticamente è un tutt'uno col chakra: lo vede, lo insegue, lo usa, lo sente...lo vuole."


E se fosse stato proprio il chakra, la chiave della felina e scomoda peculiarità?

"In fondo, sia lo Sharingan che il Byakugan si attivano con il chakra.
Credo che bloccare il flusso agli occhi sia l'unico modo a noi conosciuto per impedirne il funzionamento...almeno, l'unico che ha senso. Forse il chakra del gatto è talmente imponente e invadente, da riuscire ad interferire con il flusso in questa maniera, per questo se ci si avvicina troppo si rischia quel che è successo a Setsuna.
Quindi...ah. Merda."


Perfetto: se aveva ragione, una volta gunto nei pressi del suo avversario, non solo gli sarebbe stato precluso l'utilizzo dello Sharingan e le tecniche da esso derivate, ma anche l'intero repertorio a sua disposizione di ninjutsu, genjutsu e quant'altro.
Praticamente si sarebbe ritrovato senza quella che era la sua arma principale, il compagno di cui più poteva fidarsi in guerra: il suo stesso chakra.
Rallentò sbiancando in volto, colpito all'improvviso da quel pensiero e da tutto ciò che esso portava con sé: certezza di morte, ancor più di prima.


"Certezza di morte per me, che sono ancora qui...figuriamoci per Setsuna."

Il punto, però, era proprio quello: lui era ancora lì.
Se davvero quel perverso meccanismo si attivava in base alla distanza, allora bastava non mettere piede nella caselle colpite.
Ancora una volta, però: come?


"Dovrei avvertirlo, maledizione.
Se non posso più usare il chakra, o quantomeno lo Sharingan, dovrei essere in grado di rendermene conto."


Avrebbe dovuto raccogliere più dati, osservare, verificare la sua ipotesi...il problema era, sempre e comunque, la mancanza di tempo.
Non ne aveva Setsuna, non ne aveva Himitsu - che presto sarebbe tornata in sé, a causa della fine della sua illusione - e non ne aveva nemmeno Kawagoro, né Yuzuki.
Doveva agire e basta.


"Mi fido del mio istinto?"

Sì.
Arrivare fino all'ultima casella, piantarsi lì e soccorrere Setsuna.
Soltanto una volta raggiunto quel punto limite, sarebbe stato in grado di capire cosa avrebbe realmente potuto fare, e quanto, ma doveva farlo: se la sua teoria fosse stata confermata, avrebbe garantito qualche altro secondo necessario ad Himitsu per scappare via su Isshikame, senza neanche menzionare quanto quegli stessi, brevi attimi avrebbero potuto rivelarsi preziosi per Yuzuki e la riuscita del suo piano.
Non solo: se fosse stato in grado di utilizzare il chakra per attaccare, avrebbe potuto in qualche modo ostacolare il gatto da lontano - cosa che mai gli sarebbe riuscita se si fosse avvicinato troppo, se la sua ipotesi fosse stata confermata.
Decise, quindi, di agire in questo modo: continuare a correre a perdifiato verso il luogo dello scontro, monitorando le sue condizioni - dolori, livello di chakra negli occhi - e diminuendo via via la sua velocità mano a mano che queste avessero cominciato a peggiorare.
Avrebbe raggiunto, con cautela, il punto di rottura, quello oltre il quale il rosso delle sue iridi non avrebbe più retto.
Allora, e solo allora, si sarebbe fermato.
In ogni caso, avrebbe comunque attirato la sua attenzione con ogni mezzo possibile e, soprattutto, si sarebbe tenuto alla larga da Yuzuki e Chihiro, per non rischiare che questi venissero coinvolti nello scontro: se, ad esempio, il punto di rottura avesse coinciso con l'ultima fila di case del villaggio, sarebbe salito sul tetto di una delle abitazioni ancora in piedi che erano più distanti dai due coniugi e dal loro rituale.


CITAZIONE
Voce chakrata - sì lol, lo sto facendo davvero.
Chk: 244

Stm: 100 - (244/20) = 100 - 12.2 = 88

Arashi: "EHI, GATTO! BASTA COSÌ, ASCOLTAMI!"

Impossibile classificare quell'urlo come normale: avrebbe caricato i suoi polmoni, l'aria che ne sarebbe uscita e persino le sue corde vocali di tutto il chakra a sua disposizione, nel caso in cui la Bestia fosse stata troppo lontana per sentirlo.

Arashi: "SONO IO QUEL CHE CERCHI!
IO POSSIEDO QUEL CHAKRA, IO LO PLASMO, LO NASCONDO, LO UTILIZZO!"


Avrebbe avuto un kunai puntato alla gola, sorretto dalla sua stessa mano, che avrebbe premuto contro la soffice carne del suo giovane collo.

Arashi: "E adesso tu mi ascolterai lì, fermo, a meno che tu non voglia perdere e sprecare tutta quest'energia, una volta che il kunai avrà tagliato la mia gola."

Finché il chakra avesse continuato a scorrere in lui, lo Sharingan sarebbe stato attivo - garantendo ancora qualche secondo di invisibilità al faro che era Himitsu - e con lui la Volontà del Vento, che brillando più forte che mai dentro di lui, avrebbe provato in ogni modo a sviare la Bestia.
Il kunai puntato alla sua gola, aveva come unico scopo quello di tenerlo fermo: era chiaor che, se il gatto avesse mosso anche solo uno dei suoi muscoli, si sarebbe aperto uno squarcio e il sangue avrebbe zampillato copioso dalla sua carne.
Non poteva essere tanto folle da rischiare che il suo obiettivo, ciò che più desiderava al momento, facesse una fine simile.


Arashi: "Non ti importa come l'ho nascosto, vero?
Ti importa solo averlo.
Bene, te lo darò...lo avrai, mi catturerai.
Non posso più tollerare di vedere questo villaggio andare in fiamme, non voglio che tu faccia del male a questa gente, o alla ragazza che hai davanti.
Posso solo prendere atto della tua superiorità...e dichiararmi sconfitto.
Verrò io da te, se li lascerai in pace.
Lasciali vivere, e avrai me e il mio chakra: getterò a terra questo kunai, camminerò verso di te, lo libererò e sarà tuo, a tua disposizione."


Avrebbe parlato con le lacrime agli occhi, non tanto perché non riuscisse a tollerare quelle fiamme, i morti o il pericolo che stava correndo Setsuna, quanto per il rischio che avrebbe corso lui.
Si sarebbe praticamente consegnato, in cambio di una quarantina di secondi, continuando a ripetersi che in fondo lui li valeva eccome, quei quaranta secondi.
La sua non era una proposta seria, bensì uno scambio decisamente conveniente per il gatto, che gli sarebbe servito unicamente come esca in moda da attirare la sua attenzione e farlo desistere, almeno momentaneamente, dall'attacco, presentandogli su un piatto d'argento ciò che voleva.
L'unica cosa di cui poteva essere certo, era la sua prossima mossa: andare incontro alla Bestia, caricarla con tutto quel poco che gli era rimasto perché, anche nel caso in cui il suo piano avesse funzionato e le sue intuizioni si fossero dimostrate corrette, fare anche un solo altro passo avrebbe significato la fine della sua genjutsu.
Gli si sarebbe buttato addosso senza guscio e con la morte nel cuore, perché quel piano a cui gli pareva di aver lavorato non per qualche ora, ma per mesi interi, era tutto ciò che aveva e a cui poteva aggrapparsi con fatica.
Avrebbe avuto un solo pensiero in testa, di lì a poco.


"Sto per morire."

Era stata davvero una gran bella partita a scacchi.

//Il condizionale era d'obbligo, non avendo niente a confermarmi ciò che Arashi stava facendo mi sono dovuto adattare, ma prendi pure per buone - cioè, per tentate - tutte le azioni scritte qui sopra, gae.
Signori è stato un piacere ruolare con voi, male che va prima o poi farò il background di un nuovo pg XD //
 
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view post Posted on 10/3/2018, 17:33
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Dovette sforzarsi per mantenere alta la concentrazione, lo stesso tono di voce, senza esitazioni e incertezze: Matatabi la sfidava di rimando, lanciando dialetticamente quel guanto come lo si lancia a qualcosa di inutile. Se quello di Setsuna era sereno, prudente, sicuro, quello del Grande Gatto gli sembrò paradossalmente irritato e rallegrato, allo stesso momento, un ossimoro in carne e ossa a cui solo una creatura così ambigua avrebbe potuto dar luce.
Il corpo, le code, il volto, ogni parte del suo corpo gli diceva quanto fosse in fermento all'idea di quella goccia imprevista che si opponeva al suo fronte.
"No, non so che forma abbia."
Inaspettatamente, lo sentì rispondergli; non aveva più messo in considerazione quell'opzione, o quanto meno l'aveva stimata ormai fortemente improbabile. Gli rispose invece, e con quanto di più vicino avesse mai visto a un doppio legame. Non sapeva bene come interpretare quelle parole, parole dure, da egocentrico rompicoglioni che detta ordini frignando - e non solo agli uomini, ma al sole, al mare, alla natura, a tutto l'universo, e guai se fossero così maligni da non piegarsi ai suoi desideri -, rivoltegli come ci si rivolge a un bambino, con la stessa sdolcinata falsità.
Restò a fissarlo sorpreso, ma non turbato, quanto fortemente incuriosito. Era un essere davvero stupendo, straordinario da vedere. Sembrava come se qualcuno avesse messo un arrogante bambino viziato nel corpo di un apocalittico portatore della distruzione - pensieri che non aveva in alcun modo pensato per disprezzarlo, ma solo per darne un'analisi più accurata. Chi non si sarebbe comportato come lui, avendo i suoi stessi poteri? Potendo, col semplice cenno di una mano, essere in grado di raccogliere qualunque frutto di questo mondo?
Certo, non stava mettendo in conto di non essere del tutto onnipotente, forse oscurato da quella idea tipicamente infantile che porta a considerare il raggiungimento dei propri propositi come una certezza - chissà se Yuzuki e sua moglie stessero preparando quell'arma di cui parlavano. Ammesso che non li stessero prendendo in giro tutti - il che sarebbe stata una visione piuttosto divertente. Almeno, se in quel frangente non stesse rischiando la vita anche Setsuna.



E poi una nuova svolta. Una risata a denti stretti, il terreno cominciò a tremare sotto di loro, mentre da lontano giungevano le urla dei deboli, il loro vano tentativo di disperdersi, di scampare all'inevitabile, i forsennati tonfi dei remi di quelle barche risospinte indietro senza posa, nati solamente per essere parte di un disegno troppo grande per le loro possibilità, vite originate solo per essere sacrificio del capriccio di un'entità che forse era quanto di più vicino potesse esserci a un Dio. Un Dio ormai stufo dell'imperfezione della sua creazione.
E, in fondo, forse anche per punire l'immensa vanità di quella ingenua specie.
Fissò Matatabi, quel gatto, e poi Kawagoro e le sue urla in lontananza.

Seguendo il corso logico della narrazione, adesso dovrei descrivere quanto lui stesse osservando, e sentendo, per non interrompere l'enfasi del momento, ma questo forse impedirebbe di avere piena contezza di una piccola idea che adesso, osservando questo scenario, si stava insinuando nella sua testa, e i cui effetti non ci è dato sapere, perchè - benchè sia sempre all'interno dell'abitacolo - delle deviazioni possibili alle rotte future ne so quanto voi. Detto ciò, invito a mettere in pausa il tema, e mi dileguo nuovamente in cabina.

Gli venne in mente, improvvisamente, assistendo a quello scenario, un proprio pensiero istantaneo. Gli Dei sono sempre stati considerati onniscienti e onnipotenti, e in quanto tali rispettati. Tuttavia, pensò, quella che viene considerata onniscienza e onnipotenza dagli uomini della strada, potrebbe apparire da un diverso punto di vista come ignoranza e impotenza. Un paradosso, ma se davvero fosse stato il primo a formularlo si sentì tentato di vantarsi di tali capacità superiori alla media - che, per quanto sommessamente, aveva sempre ritenuto di avere. In fondo, non era altro che un misero umano presuntuoso, e questo ragionamento solo uno dei suoi moti istintivi. La ragione di tali qualità attribuite loro dagli uomini non sono altro che un tentativo di spiegare l'incommensurabile miracolo della loro esistenza. Di come abbiano potuto dare origine a delle forme specifiche così diverse tra loro, eppure al contempo facenti parte di un'unica realtà comune, in quanto tutte originate a immagine e somiglianza dei loro creatori, in diverse culture. Dopo aver accumulato per millenni ogni sorta di osservazione sul mondo e su se stessi - in particolar modo -, per un senso di presunzione e ottusa vanità hanno attribuito queste loro qualità a un ordine perfetto e superiore. Ogni volto, ogni essere umano era composto degli stessi elementi, eppure non ne venivano mai due uguali. Come non ammirare dunque tali estro e inventiva? Qualità tali che hanno reso possibile la creazione del genere umano così come lo conosciamo - indubbiamente, un altro moto inconscio di vanità di quella specie.
In un'ottica diversa, nell'ottica di quei gatti che erano ormai parte della sua vita, tuttavia sentiva la possibilità che quelle stesse circostanze avessero potuto provare l'impotenza e l'incapacità di quegli stessi Dei creatori di una specie dalle forme tanto variegate. Avevano progettato un'infinità di quegli ominidi ognuno con una faccia diversa, certo, ma se non fossero state differenze da loro progettate fin dall'inizio? Non è che per caso volevano fare delle facce tutte uguali, come quelle dei gatti, ma non riuscendoci alla fine erano giunti a questa situazione confusa e asimmetrica, quanto di più lontano dal concetto di perfezione? Non era da escludere, pensava, no di certo. La creazione degli uomini, celebrata come il successo più alto del Creato, la si poteva ora giudicare la prova del suo fallimento più eclatante.
Una simile onnipotenza, sotto quest'ottica, nulla impediva di considerarla impotenza. Nel volto umano gli occhi stavano molto vicini su una superficie piana, e ciò li costringeva a vedere un solo lato delle cose alla volta - e, estendendo tale concetto, tale verità si manifestava in loro di continuo. Ciechi al molteplice e sfaccettato insito nel mondo, per natura erano tesi a perdere il lume della ragione in nome di una credenza fissa e monolitica, a cui affidare interamente il senso della propria esistenza.
Era difficile creare molte cose differenti, certo, ma lo era altrettanto se non più creare due cose identiche. Si guardi alle opere dei grandi artisti: possono creare molteplici copie di rara bellezza, eppure se gli si chiedesse di ricreare due opere identiche sfidava chiunque che non ce l'avrebbero mai fatta, che sarebbe stata un'impresa sovrumana. Quella era la prova di una mano ferma, di un pensiero, di un'Idea che trascendeva il miserabile mondo dei viventi. Se gli Dei davvero esistevano - assioma di partenza -, e fossero stati capaci di creare gli esseri umani uno identico all'altro, ammesso che davvero fossero stati da loro creati, tanto da sembrare fatti con lo stampo, allora sì che avrebbero manifestato la loro onnipotenza! Invece, come poteva constatare in quei momenti, col terreno che sentiva instabile sotto i suoi piedi, dandogli quasi un senso di vertigine, con quella possibile creazione gli Dei avevano messo sotto la luce del sole tutte le facce che gli erano saltate in mente, provando così la loro assoluta incapacità per un atto così degno di onnipotenza. L'esistenza dell'uomo, in fondo, era sempre stata sopravvalutata.
Non riesco a raccapezzarmi neanche io su come gli sia venuto in mente questo discorso. Sì, forse ora riesco a capire. Riprendiamo pure la narrazione dove l'avevamo interrotta.



Lo sapeva. E forse lo sapevano anche loro. A questo, con un po' di fantasia, si poteva far assurgere l'opera distruttrice di Matatabi, e dei Bijuu in generale: rimediare a questo assurdo errore dell'evoluzione.
Il terreno tremava, quella risata a denti stretti, e poi quelle domande, sempre simili a una sfida. Ormai completamente divampato, illuminato, insieme al Demone che guidava la sua mano forte, pronto a rovesciare la sua ira in mezzo ai popoli che prestano culto al legno e alla pietra.
Vide le sue fiamme saettare alla volta del villaggio. Fiamme blu e perfette. Fiamme pure e immacolate. Fiamme prive di luminosità, infinitamente più calde. Fiamme il cui scopo non era illuminare, ma soltanto distruggere ciò che si era rivelato null'altro che un cigno nero, un immenso errore probabilistico.
Le urla sempre più intense, un clangore indefinito che si spandeva lungo la vallata e lo raggiungeva come una remota eco di una caverna che aveva sperato fosse chiusa.
Strinse i pugni, mentre quel vento impetuoso continuava spirare alla sua sinistra e scuoteva l'area, quasi ritmicamente, su quell'unico epicentro, quasi volesse rivoltarla come solo i moti ondosi primigeni avrebbero potuto.
Li strinse ancora, più forte che potè, come unico moto visibile a quella visione apocalittica.
"Lo maledico mio fratello... Lo maledico mio fratello... Lo maledico mio fratello..."
Doveva continuare a ripeterselo. A ricordarselo. Non c'era tempo per alcuna pietà umana se voleva sopravvivere a quella situazione. Non doveva permetterselo, in alcun modo.
"Facciamo che io conto fino a tre..."
Alla sua sinistra, vide l'enorme sagoma del gatto muoversi; si sdraiò sornione, regale, come quell'enorme statua in pietra che aveva visto solo in uno schizzo su pergamena.
Non fece altro che aiutarlo nel suo proposito, e così lo fissò di rimando, ricambiando il suo sguardo allo stesso modo, poi tornò a fissare Kawagoro in lontananza, ormai divorato dalle fiamme, mentre Matatabi esponeva le regole di quel sadico gioco di cui immaginava in parte le regole - sì, immaginava bene.
Quelle fiamme perfette avevano fatto il loro corso. Fra poco, pensò, solo cenere, null'altro. Il fumo, origine di quell'unione, tra quelle fiamme perfette e quel combustibile imperfetto, lo vedeva salire in alto e poi spandersi sempre più nell'immensità del cielo. Restò a fissarlo per un bel pezzo.



"Così avviene, quando un'ansiosa speranza, tutta e con fede intenta al desiderio supremo, trova spalancate le porte dell'adempimento. Chè da quei fondi eterni rompe un incendio smisurato, e ne restiamo attoniti. Non volevamo che accendere una fiaccola di vita, ed ecco un oceano di fuoco ci avvolge; e quale fuoco! E' amore o è odio quel che brucia e ci avvince con paurosa vicenda di gioie e di dolori? Così che noi nuovamente guardiamo alla terra per nasconderci nel più giovanile dei veli.

Rimanga dunque il sole alle mie spalle! Alla cascata che scroscia a traverso le rocce, ecco ch'io guardo con estasi crescente. Di balzo in balzo precipitando in mille e poi mille rivi si riversa, e spume su spume frusciando lancia alto nell'aria. Ma come stupenda, germogliata da quest'uragano, s'incurva la cangiante durata dell'arco variopinto, ora con netto disegno, ora sfumante nell'aria, sempre effondendo all'intorno brividi freschi e vaporosi! Veramente è specchio dell'operare umano. Méditaci, e meglio comprenderai: in colorati riflessi noi possediamo la vita."

***




Con la coda dell'occhio scorse Matatabi abbassare lo sguardo su di lui. Di nuovo, lo fissò di rimando, e gli sorrise allo stesso modo. Gli occhi sottili, come i suoi lo erano stati pochi istanti fa, prima che avesse spalancato le porte di quell'inferno urlante, poi rispose con cenno del capo.
"Matatabi" pensò, guardandolo sempre con quel sorriso sornione: "Sei tra gli esseri più straordinari che io abbia mai visto. In pochi non lo ammetterebbero, credo, una volta messi di fronte alla tua reale esistenza.
Tuttavia, questo è un campo di battaglia. E in un campo di battaglia queste considerazioni non possono trovare spazio. Ci hai chiesto di dimostrarci degni di poter essere tuoi alleati... ma alla luce di quanto sto vedendo, da eremita - sì, perchè lo sono, maledizione! - da eremita dico inconfutabilmente che al momento non potrai mai essere utile alla nostra causa.
"
Matatabi iniziò il conto alla rovescia. Setsuna nella stessa linea focale di Kawagoro. Qualora lei lo stesse reputando realmente un nemico, probabilmente sarebbe morto. Non c'erano molte alternative. Ma cos'altro avrebbe potuto fare?
Aveva fatto del suo meglio, per districarsi in quel gioco, per l'unica cosa che valeva la pena compiere in quella partita, per perseguire i suoi scopi. Sarebbe caduto in quella ricerca?
Bhe, chi se ne fregava! Chi se ne fregava, in fondo.

"Sei mentalmente instabile, Matatabi. Un essere libero da qualsiasi vincolo, un vero gatto selvatico incapace di scendere a compromessi. E noi, all'Eremo, cessiamo di essere gatti selvatici, incuranti del destino dei nostri compagni. Nulla ci dice, io dico, che tu possa essere in grado di ricambiare questo nostro patto sociale.
Ho appurato la tua natura, come mi chiese Sousui al tempo, e ho preso la mia decisione. Non solo non ci servi. Ci saresti anche dannoso.
"
Questa era la conclusione a cui era giunto.
"Vediamo un po' come si concluderà il nostro gioco. Le mie speranze sono poche, ma chissà. Spero per te che non ti sia spinto troppo oltre, perchè il prezzo di un'ambizione troppo grande è la propria rovina. Io, con ogni probabilità, mi sono spinto troppo avanti da un pezzo... non proprio per mia scelta, ma è andata così, che posso farci?
Comunque vada a finire... è stato un piacere conoscerti... Grande e vero signore dei Gatti.
"
Certo, non che importasse molto, al momento. Estrasse la spada, mettendosi in posizione di guardia, mentre il conto alla rovescia incalzava. Due secondi prima della fine.
"Non affonderò i colpi, nella vana speranza che Setsuna non mi veda come un nemico - non che servirebbe a molto affondare i colpi, anche in caso contrario. Chissà come sono le tecniche degli Hyuga, almeno prima di morire le vedrei all'opera. Non che servirebbe a molto, diverrebbero nulla prim'ancora di averle assimilate. Bhe, fanculo! l'avevo previsto da un pezzo. Fra un po' tutto questo non sarà più neanche un ricordo."
L'ultimo secondo.
"In fondo, questo gioco è stato... un vero spasso."

Stava già trattenendo il respiro, pronto per quell'ultimo slancio, quando udì quella voce in lontananza. Una voce distorta, inumana.
Aguzzò la vista, verso quella che pareva esserne la fonte, abbassando lentamente la lama.
"Ma che caz -?"
Era Arashi Uchiha, che diavolo stava facendo? Stava dissimulando, ovvio, il punto era per quale motivo?
Forse era in atto quella sua sorta di evacuazione, e stava tentando di guadagnare qualche secondo per metterla in atto. Piuttosto improbabile, o almeno, se così fosse stato, ci sarebbe rimasto di sasso, e non di un sasso qualsiasi, ma di un sasso a forma di faccia incredula: Kawagoro stava bruciando, gran parte dei suoi inutili abitanti stava bruciando, ne sentiva l'odore in lontananza ormai, poteva credere che stesse mettendo così in gioco la sua vita - sì, si stava puntando un kunai alla gola, e si stava per sacrificare tra le fauci del Nekomata - per quello che diceva, per quell'evacuazione senza speranza?
Possibile. Ma voleva dare fiducia alla sua intelligenza. Si guardò a destra e a sinistra, senza individuare nulla. Il sensitivo, ovviamente, sempre annullato dal campo di forza di Matatabi.
L'unica opzione sensata era che Yuzuki e sua moglie stessero preparando quelle armi - cos'erano? delle sciarpe? dei ciondoli? insomma, era lo stesso! - per imprigionarlo, e così lui stesse guadagnando tempo a tal proposito, era possibile, e - "Cazzo, ha la voce tremante, come se sia sul punto di scoppiare in lacrime. Merda, non sul punto..."
Se c'era una manifestazione di debolezza che aveva sempre detestato, era proprio quella. Insieme ovviamente a tutte quelle reazioni incontrollabili che si ripresentavano saltuariamente, senza che gli si potesse opporre grande resistenza. Almeno, senza un continuo esercizio di soppressione.
"- Penoso."
La lama toccò terra. Certo, avrebbe potuto pensare che Urako, pur non mettendo in atto una simile freddezza - durante il loro primo incontro, gli era sembrata tra le persona più deboli che avesse mai visto -, lo aveva presto ricreduto. Che forse, si poteva continuare a essere forti, pur inciampando talvolta in quegli slanci di umanità incontrollabile, ma questo non gli venne in mente. Forse ci avrebbe potuto ripensare a mente lucida, a situazione tranquilla - qualora non fosse morto, cosa poco probabile -, ma non in quel momento.
"Merda, non la smette fino alla fine; e se non accetterà cosa farai, ti metterai di nuovo a pian -?"
Quel pensiero gli restò a mezz'aria. Fu lui stavolta ad avere una reazione incontrollabile, un lieve sobbalzo, mentre osservava quella sagoma in lontananza caricare come un toro verso un muro irto di spuntoni.
"Pazzo!"
Fu un sobbalzo potente, tanto fu lo stupore. Una reazione incontrollabile.
Di quelle che ci imbarazzano, ci mostrano deboli e fragili, ma che sommessamente rassicurano. Perchè sono le uniche che ci danno conferma di essere ancora vivi. E umani.
Che cosa pensava di fare? Come pensava di sopravvivere? Probabilmente non ci pensava proprio.
"In fondo, il prezzo di un'ambizione troppo grande è la propria rovina.

Edited by Jöns - 12/3/2018, 10:28
 
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Quel confronto a muso duro col demone non poteva in alcun modo essere evitato, non dopo che si era spinta sino a quel punto. Aveva deciso di sua spontanea volontà di mettersi in gioco, di rischiare in prima linea, frapponendosi con coraggio e fermezza fra i reconditi desideri di quell'essere infuocato e l'intera Kawagoro. Un baluardo di speranza, una piccola fonte di luce in mezzo alla cenere che presto si sarebbe levata nell'aria, pronta a lottare sia per coloro che avevano creduto che per quelli che avevano preso per pazzi sia i coniugi Homura che chiunque avesse avuto un briciolo di considerazione nella loro storia e in quella della piccola Himitsu. Non era semplice accettare quel ruolo, che equivaleva praticamente a morte certa, soprattutto per lei. Aveva supposto che quel micio un po' troppo cresciuto l'avrebbe ritenuta responsabile della scompara della sua agognata fonte di chakra poiché nel momento in cui era scomparsa in groppa al suo compagno rapace essa magicamente era svanita grazie al sigillo imposto sulla piccola da Arashi, e quella supposizione si era rivelata veritiera. Se avesse potuto, sarebbe zompato su di lei e le avrebbe staccato la testa con un unico morso, o nel peggiore dei casi l'avrebbe arsa viva gustandosi le sue grida e la sua bellezza venire deturpata dalla fiamme, strappandola molto lentamente alla vita che le apparteneva. Ma non poteva rischiare tanto, non senza uno straccio d'indizio su dove quella fonte si trovasse. Per quanto ne poteva sapere, Setsuna era l'unica a sapere dove effettivamente si trovasse Himitsu e il suo smisurato potenziale, e su questo aveva deciso lei di farsi furba, seguendo i preziosi consigli del compagno rimasto nelle retrovie. Fu quella sicurezza a permetterle di rimanere in piedi, elegante e forse un po' spavalda di fronte alla morte oramai certa che l'attendeva al varco, pronta a sfruttare il minimo scivolone per ghermire la sua anima. Già solo il semplice fatto che non l'avesse già uccisa sul momento e non avesse provato nemmeno a farlo furono dei campanelli d'allarme importanti: o aveva semplicemente creduto alle sue parole o, in alternativa, quanto meno aveva deciso di lasciarle il beneficio del dubbio. Sarebbe andata benissimo la prima ipotesi, poiché le avrebbe permesso di giocarsela in maniera nettamente più semplice.. ma sarebbe stato troppo bello per essere vero. Matatabi aveva dato prova di essere molto intelligente e prudente, e per questo non si stupì più di tanto nel vederlo letteralmente riderle in faccia. Non si scompose però, nonostante quella semplice soffiata le avesse fatto correre i brividi lungo la schiena.

(Sembra non abbia creduto a una sola parola.. eppure continua a non attaccarmi. Sono il suo ostacolo primario e credo proprio si aspetti una mia reazione a questo punto. Sa che se dovesse fare un solo passo sarò un elemento di disturbo, come lo sono stata sin'ora d'altronde, ma forse aspetta il momento giusto, o ancora ha smesso di prendermi sotto gamba e mi sta effettivamente considerando come un pericolo, un ostacolo.. ma dubito che sia per questo. Tronfio com'è, probabilmente mi vede come un giocattolo insignificante.)

E in effetti non era andata troppo lontana dalla verità nel pensare quello che aveva pensato. L'avversario continuava a considerarla semplicemente un piccolo intoppo sul suo cammino e non pareva affatto temerla in alcun modo, ma la cosa positiva era che effettivamente il suo non attaccarla seduta stante era dovuto a quel dubbio, a quella infinitesima possibilità che lei fosse l'unica chiave per arrivare effettivamente alla fonte di charka tanto agognata. Ma non ebbe tempo per rallegrarsene, per sorridere e fingere che tutto andasse bene. No. Non glie ne diede il tempo. Un'affermazione assai macabra seguì quel suo battere di ciglia, prima che dei fuochi intensi di colorazione azzurrina si formassero attorno al suo corpo gonfio di fiamme vive, rimanendo sospese giusto qualche istanti prima di venir scagliate verso le abitazioni di Kawagoro, cominciando a mietere le prime vittime. Trattenne il respiro la Valchiria, perdendo un battito di quel cuore tanto altruista mentre il gatto sorrideva sornione, vittorioso, dettando le sue condizioni.



Quelle grida che si levarono nell'aria la ferirono nell'anima, pugnalandola ripetutamente, con asprezza. Ogni briciolo di sofferenza, ogni caduto.. faceva male, faceva tanto male. Sapeva che sarebbe successo, sapeva perfettamente che non poteva evitarlo in alcun modo: una persona sola contro un essere dalla forza immane non poteva certo pretendere di salvare tutti, per quanto sarebbe stato magnifico poterlo fare. Eppure eccolo li, quel maledetto senso di colpa. Strinse il pugno sinistro talmente forte da sbiancar le nocche, restando immobile nella sua posizione nonostante ogni fibra del suo corpo le urlava di agire, di aiutare, di salvarli da una fine oramai decretata. Non poteva permettersi quel lusso, o le perdite sarebbero state di più. Doveva lasciare ad Arashi quell'incombenza, doveva fidarsi di lui e non cedere terreno nemmeno di un millimetro. Oh ma adesso il suo sguardo non era sereno, non era semplicemente determinato. Puntato sugli occhi bicromi del gatto, adesso comodamente steso a terra a gustarsi lo spettacolo da lui orchestrato per il fastidioso uccellino blu, questo pareva essere infuocato. Sofferenza, dispiacere, senso di colpa e collera, verso se stessa e verso quel dannato demone, s'esprimeva attraverso esso. Probabilmente l'allievo non l'aveva mai vista in quello stato, con il peso di chi soffriva tutto sulle sue spalle, a rimbalzare nei meandri della sua mente.
Ancora un altro gioco da parte dell'immenso felino dalle due code, uno di quelli sadici che pareva voler rincarare la dose per spezzarla: mettergli contro Hakurei era stata una mossa meschina, ma che la fanciulla dai capelli cobalto aveva amaramente preventivato. L'attenzione venne quindi catturata dall'allievo, che sottostando agli ordini del demone estrasse l'arma e si mise in posizione, pronto ad attaccarla allo scoccare del fatidico "tre". Abbassò lo sguardo giusto un istante, prima di tornare a guardarlo negli occhi smeraldini. Non voleva combatterlo, non voleva fargli del male e non glie l'avrebbe fatto.. ma avrebbe dovuto sopportare il male che lui le avrebbe fatto, verbalmente, psicologicamente. Era superiore in forza, questo lo sapeva, ma non poteva sottovalutare l'intelletto del giovane né tanto meno il fatto che la conoscesse abbastanza bene da sapere per certo che non gli avrebbe torto un capello. Non poteva. Avrebbe voluto piangere, ma le lacrime non lasciarono i suoi occhi pieni di dolore. -
E' così che stanno le cose allora.. - un sorriso, mesto, sincero. - ..avevo sperato di non arrivare a questo, ma a quanto pare non è possibile tirarsi indietro. - era enigmatica, come se avesse più paura di quel combattimento che del demone stesso. Non c'era collera nelle sue parole, solo un enorme dispiacere che veniva espresso con un fondo di speranza. Non speranza di ritrovarsi l'allievo al suo fianco, al sicuro, lontano da quell'essere pericoloso pronto a sfruttarlo per poi gettarlo via. No. Sarebbe stato uno stupido a rifiutarsi, e Hakurei non era affatto stupido. Sperava che potesse perdonarla per quello che si apprestava a fare, per non essere stata in grado di proteggerlo a dovere, per averlo costretto in quello scontro ad armi impari. Sopra le loro teste il rapace gracchiò; un verso macabro che venne accompagnato da un sospiro prima che accompagnasse sul capo il suo Rituale Funerario, che alla luce delle fiamme del Nekomata parve assumere una sfumatura sinistra. - E sia. - disse semplicemente, chiudendo gli occhi e posizionandolo. Con un fremito il suo corpo parve mutare, divenendo evanescente, leggiadro, come quello di uno spettro. Incrociando quindi le braccia al petto, fece appello all'energia necessaria per risvegliare la Benedizione della Valchiria: fu allora che dall'intricato sigillo impresso sulla schiena vennero rilasciate delle ali traslucide, composte da tante piccole scaglie di chakra che parevano comporne un piumaggio effimero. Si pose quindi in posizione di combattimento, divaricando e flettendo appena le gambe snelle, portando il palmo destro in avanti e tenendo il sinistro appena dietro la schiena, nella tipica posizione preparatoria del junken. Elegante, eterea. - Puoi provare fin quando vuoi a spezzarmi, ma non ti darò la soddisfazione di completare questa caccia. - disse rivolgendosi al demone, seria. Sarebbe stata la sua spina nel fianco fino alla fine, e gli avrebbe dato prova che era meglio non mettersi a giocare e sottovalutare un rapace. Poteva pure essere un cacciatore sulla terra ferma, ma loro.. beh, avevano un cielo a disposizione.
Tutto era pronto e il sipario stava per essere aperto su quello scontro tanto necessario quanto assolutamente sbagliato. Era pronta ad attaccare l'allievo, ma non gli avrebbe mai fatto seriamente del male; al massimo l'avrebbe stordito, anche se avrebbe cercato di mandarla per le lunghe in modo tale da tenere un po' sulle spine il gatto, che al momento pareva interessato a quello scontro. Ma non era semplice tenere attenzione tanto ad Hakurei quanto al demone stesso, che per quanto ne sapeva poteva benissimo decidere nel bel mezzo dello scontro di alzarsi e balzare oltre alla ricerca della sua preda. E fu con quei pensieri, mentre guardava l'allievo in procinto di attaccare (avrebbe lasciato a lui la prima mossa), che accadde l'impensabile.


(Arashi-san?!)

Era inconfondibile la sua voce, che per lei in quel momento era come un appiglio in mezzo al baratro più profondo e oscuro. Ma non fu solo quello l'effetto scaturito dal sentirlo così vicino. Assieme alla gioia di avere una spalla, si aggiungeva l'apprensione, per lui e per il resto del piano. Rapida si volse in sua direzione, sconcertata tanto quanto il resto dei presenti nel vederlo svettare sopra un tetto, con un kunai puntato alla gola. Parve mancarle il respiro a quella visione, nonostante avesse compreso attraverso le sue parole cosa avesse in mente di fare. Si era presentato come il possessore di quel chakra, come colui che aveva il potere di plasmarlo, modellarlo, annullarlo.. e l'attenzione del gatto fu tutta per lui, mentre si offriva a mani basse. Si morse l'inferiore per il nervosismo, al pensiero di Arashi in pericolo e delle bambine, che presto o tardi sarebbero state scoperte di quel passo. Non indietreggiò di un millimetro, ma si volse nuovamente nella direzione opposta per tenere d'occhio il demone. A quel punto non le rimaneva altro da fare che prepararsi al peggio, nella speranza anche di depistare il nemico con la tecnica che aveva in mente di usare. Non sapeva come quel sigillo avrebbe agito una volta spezzato, se il chakra fosse tornato a fluire nel corpo della piccola Himitsu tutto d'un colpo o se il ripristino era graduale, ma doveva tentare, anche in vista di un possibile slancio del Nekomata. Doveva essere pronta, e con lei anche Higyō a cui volse un'occhiata, a mo di segnale a tenersi pronto. Mentre il temuto avversario aveva occhi soltanto per Arashi, cominciò a concentrare gran parte della sua energia accumulandola nella mano destra, pronta per essere rilasciata nel suo Giudizio Divino. Con un po' di fortuna quell'operazione avrebbe fatto da diversivo e avrebbe coperto in parte il risveglio di quello della bambina, unico vero interesse del demone.

(Resistete piccole. Non permetterò a questo grosso incubo blu di raggiungervi e di mettere le sue grosse zampe su di voi, dovesse costarmi la vita.)



Rituale Funerario
“Copricapo piumato di foggia tribale, un lungo becco d’osso nasconde il volto dell’indossatore mentre piume smeraldo brillano a cornice. Venne creato da Washi per onorare la morte di un compagno umano, e dono funebre rimane tutt’ora, ampliando la potenza fisica e spirituale. Lo spirito del defunto pare ancora aleggiarvi sopra, trasformando il corpo di chi lo indossa in uno spettro indistinto, a piacere. Dà un bonus alla Frz e Vel di 25/40/55/70 e riduce il residuo degli attacchi che si tenta di eludere di 3/6/9/12. Pesa 5 kg.”
______________________________________

<attivazione> - Warukyūre no Hōken – Benedizione della Valchiria
- [Chk: 100 x turno][Frz/Vel +80]
"Da sempre la kunoichi dai lunghi capelli cobalto e gli occhi candidi come la neve pare essersi interessata al chakra e al suo funzionamento, tanto da farle sviluppare sin dalla fanciullezza una naturale curiosità verso i complessi libri di medicina che la madre, Kanae Hyuga, custodiva gelosamente nella biblioteca della loro residenza di famiglia alla periferia del villaggio. Dopo aver intrapreso gli studi e dopo essere divenuta un perfetto medico da guerra, Setsuna ha compreso che l'unione della sua doujutsu e di un'ottima capacità nel concentrare e controllare il chakra poteva rivelarsi la carta vincente per uscire indenne dalle situazioni più disperate. Proprio in base a questo principio ha imparato a manifestare il proprio chakra non solo dal palmo delle mani, ma persino in parti ben localizzate del corpo per aumentare la potenza dei suoi attacchi.
Ritornata all'Eremo dei Rapaci per un addestramento intensivo, la Hyuga è stata allenata nel controllo della manifestazione del chakra sotto l'occhio vigile del rapace Hideki, il quale sembra averla indirizzata verso il passo successivo imprimendo tra le sue scapole un vistoso sigillo. Da quel momento, la ragazza ottenne capacità straordinarie nel controllo di se stessa e del chakra in circolo nel suo corpo, e conseguentemente comprese come aumentare efficacemente la portata dei suoi attacchi, riducendo rapidamente le distanze tra lei e gli avversari. Fu facile applicare poi questo principio anche alla difesa, sfruttando la rinnovata capacità per allontanarsi e fuggire quando necessario.
Fortemente ispirata dal gesto del rapace, la kunoichi ha sviluppato questa peculiare abilità - sopita da tempo nella gabbia della sua anima - manifestando il chakra proprio dal sigillo impresso sulla sua schiena, facendogli assumere una forma che ricorda vagamente l'apertura alare di un angelo. Grazie a questo stratagemma, la ragazza è in grado di sfruttare delle ali di chakra - composte da scaglie effimere simili a piume, rilucenti dei colori freddi - per planare per brevi distanze e muoversi più velocemente durante i suoi assalti, rendendola più temibile e difficile da contrastare. Oltretutto, pare che l'unicità di questo potere sia dovuta alla percezione ampliata che la giovane acquisisce rispetto alle anime sospese: sfruttando questo potere, Setsuna sembra difatti essere in grado di percepire e ascoltare chiaramente le voci dei guerrieri caduti che ha incrociato lungo il suo percorso. [Il bonus può essere aggiunto in relazione a un solo parametro per turno o suddiviso su entrambi a completa discrezione dell'utilizzatore (fermo restando il tetto di 80 punti)]."


<taijutsu offensiva, lungo raggio> - Kuchinashi no Mai ~ Giudizio Divino
- [Stm: -5][Frz: +150]
"Ogni forza produce uno spostamento, ogni spostamento produce una vibrazione, e le vibrazioni si propagano nello spazio. Normalmente, queste vibrazioni sono percepibili solamente se il mezzo di trasmissione è un solido, che favorisce notevolmente la propagazione della vibrazione, ma cosa succederebbe se si utilizzasse il Chakra per amplificare un'onda d'urto, concentrandola verso una sola direzione?
Il risultato, probabilmente, sarebbe molto simile al Ballo della Gardenia, un colpo incredibilmente potente in grado di perforare ogni comune difesa. Inizialmente l'utilizzatore concentra il proprio Chakra nel palmo di una mano, che viene tesa verso l'alto, ricordando la posizione di un giudice che sta per condannare l'imputato. Dopo aver concentrato una adeguata quantità di Chakra, esso formerà una lama bluastra di pura energia spirituale lunga una quindicina di centimetri paragonabile ad un prolungamento della mano stessa.
La seconda fase dell'attacco consiste nel compiere un rapido movimento perpendicolare al terreno con la mano sfruttando tutta la forza fisica a disposizione dell'utilizzatore; mentre esegue quest'azione, il ninja compie anche un passo in avanti, scaricando tutto il peso del corpo nell'attacco. Qui si scatena la vera potenza della tecnica: rilasciando il Chakra trattenuto contemporaneamente al colpo, si genera un'onda tagliente che viaggia seguendo la direzione scelta. Al contrario di un normale attacco a distanza, però, questo ha la peculiarità di proseguire oltre ogni muro che ostacola il suo cammino. Infatti quando la vibrazione nell'aria incontra una barriera, che il fisico dell'aversario o una barriera da lui innalzata, il Chakra permette alla vibrazione di propagarsi all'interno del corpo solido e sbucare dall'altra parte per continuare nel suo percorso; la tecnica non si arresterà dopo aver raggiunto il nemico, ma avanzerà alle sue spalle danneggiando tutto ciò che si trova dietro di lui per una distanza potenzialmente infinita. L'unico limite nel raggio d'azione della Colpo Divino è dato dalla quantità di Chakra immessa dall'utilizzatore nel colpo iniziale: tutte le volte che la tecnica attraversa un corpo infatti il colpo perde un po' della sua energia cinetica, fino ad esaurirsi del tutto una volta terminato il Chakra, deformando tutto ciò che trova sul suo cammino, suolo compreso.
Di fronte a questa tecnica, neanche la ferrea corazza di Higyō è riuscita a difendere completamente il rapace, che ha riportato alcune ferite lungo tutto il corpo ed è crollato a terra privo di forze.
La tecnica fornisce un bonus di 150 alla Forza dell'utilizzatore durante la fase offensiva; in caso non si eluda ma si difenda l'attacco, il Giudizio Divino produce sempre ferite da taglio o perforazione (a discrezione dell'utilizzatore) pari a 1/40 della potenza della tecnica. Inoltre, l'onda d'urto supererà l'avversario per colpire anche ogni nemico o elemento dello scenario alle sue spalle.
[Provoca Status Taglio o Perforazione]"
 
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view post Posted on 13/3/2018, 15:56
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Artificial Flower's Lullaby

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Hakurei l'aveva finalmente capito: un'alleanza con una creatura del genere non sarebbe mai potuta essere tale. Asservimento forse, devozione magari, ma fino a quanto? Fino al prossimo capriccio? Alla prossima luce colorata che fosse comparsa nel suo campo visivo?
Hakurei scelse. Tutti lo fecero. Setsuna scelse di indossare il Rituale Funerario e spalancare le sue ali, pronta a farle battere per l'ultima volta, se quell'ultima fosse servita a qualcosa.
Arashi scelse il sacrificio ultimo: offrirsi come agnello sull'altare, pronto a morire per propria mano dopo essersi presentato come la fonte di chakra dal Nibi tanto ambita.

Il Gatto, effettivamente, reagì. Setsuna e Hakurei poterono vedere sul suo muso, per la prima volta, un'espressione confusa.

«Cosa? Tu? Sei tu quella luce?»

I suoi occhi però si spostarono verso il villaggio, e improvvisamente ebbe un guizzo. La confusione sparì, lasciando il posto ad una consapevolezza crudelmente soddisfatta.

«No... Stai cercando di prendermi in giro, umano... Eccola, la mia luce. Guarda come brilla!»

Si alzò in piedi, morbido ed elegante ma con le fiamme che si agitavano sempre di più. Effettivamente, dal centro del villaggio, qualcosa brillava. Una luce bianca, purissima, visibile anche ad occhio nudo, percepibile da tutti e tre gli Shinobi come una potentissima fonte di chakra. Non rivaleggiava con Matatabi, ma era intensa come un incendio, tanto che pareva mettere in ombra le fiamme che divoravano Kawagoro.

«Avete giocato le vostre carte, umani. Ora...»

Fletté i muscoli. Si preparò a balzare.

«Addio... Arashi-dono...»

Nell'istante in cui l'Uchiha sentì al suo orecchio quel sussurro, il Demone sgranò gli occhi e lanciò un ruggito assordante.

«No! No! NON DI NUOVO! NOOOOOOOOOOOOO!

Svanì. Una luce bianca lo avvolse, inglobandolo completamente, e in un battito di ciglia Matatabi scomparve.
Assieme a lui sparì la opprimente sensazione che gravava su tutti i presenti, permettendo ai loro sensi e alle loro abilità oculari di tornare a funzionare.
Era finita. Ce l'avevano fatta.

Trovarono Yuzuki e Chihiro dietro una linea di case, riversi a terra uno di fronte all'altra. Al centro del cerchio che i loro corpi formavano vi era una sfera bianca, composta da due semisfere saldate assieme. La stessa energia che avevano percepito prima era ora fusa con quella del Nibi, sebbene estremamente compressa e condensata. Yuzuki sembrava essere morto proteggendo quella sfera, chino in avanti a nasconderla per quanto gli era possibile. Sia lui che Chihiro erano pallidi, con tracce di sangue attorno al naso e alla bocca, ma le espressioni erano... Serene.
Non avevano sofferto, negli ultimi istanti di vita. Anzi, sembrava aleggiare sulle loro labbra l'ombra di un ultimo sorriso.

Non era finita però. Mancavano i tasselli più importanti... Le figlie.

Tornando dove le avevano lasciate, le avrebbero trovate ancora lì.



«Arashi-kun, mi dispiace, ho cercato di portarle via... Ma quando la piccola ha cominciato a illuminarsi l'altra è scesa dal mio guscio. Non ho capito cos'è successo... La bambina sembrava volare, ma poi è ricaduta a terra, e...»

Isshikame dovette sforzarsi per farsi sentire.
Il pianto di Anezaki, stretta al corpo senza vita di sua sorella, era il suono più straziante che avrebbero udito quel giorno.



CITAZIONE
Signori e signora.
Abbiamo finito.
Nel prossimo post mettete la valutazione, entro il 17 così stiamo perfettamente nei tempi e vi valuto pure io.

Sappiate che mi siete piaciuti davvero tanto e questo finale non è assolutamente per "punirvi" per mancanze di qualche tipo.
Semplicemente, a volte la vita fa schifo, soprattutto se fai parte del Taisei.

Per dettagli e specifiche, o per informazioni su come agire da qui in poi, sapete come trovarmi.
 
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"Sto per morire."

Gettò a terra il kunai non appena vide la sorpresa farsi largo sul volto della Bestia e ne udì le sue parole: la sua voce era spezzata, incerta, come se tutto ciò che aveva vissuto fino a quel momento, non fosse neanche lontanamente paragonabile alla visione di un minuscolo, insignificante ragazzino che si consegnava a lui a braccia aperte.
Probabilmente si sarebbe aspettato di doversi sudare di più la sua preda, di poterla sì raggiungere, ma spendendo molte più energie e facendo molta più fatica e, perché no, di trovare in essa la stessa luce che aveva inseguito per chissà quanto tempo e che, ora, non brillava più, nascosta chissà come.
Fu il bluff più grande di tutta la sua esistenza, esagerato come i colpi di scena che si trovavano alla fine dei racconti che viandanti e cantastorie condividevano nelle taverne del villaggio: disperato e pensato, sensato e folle.
Capì che aveva funzionato, anche solo per quei pochi secondi - che, guarda caso, erano proprio quelli che servivano a lui, Yuzuki e Chihiro - durante i quali percepì quella sorpresa: a quel punto, ben conscio del fatto che ormai quasi ogni sua carta era stata scoperta sul tavolo e che ogni istante fosse quello buono per cui anche l'ultima, quella che aveva concesso loro di giocarsela fino alla fine, sarebbe stata rivelata, decise di caricarlo.
Avvertì l'ultimo, impercettibile filo che lo collegava ad Himitsu recidersi, segno che la sua genjutsu era giunta al capolinea, e con essa anche la protezione che le aveva fornito: quando lo sentì staccarsi da lui, comprese che l'unica via era quella di scrivere la parola fine a suo modo, da solo.
Corse incontro alla Bestia, osservandone l'espressione ancora confusa, poi abbassò per un attimo gli occhi e si sentì sollevato nel constatare che aveva fatto in tempo, che Setsuna era ancora lì a combattere, contro...Hakurei.


"Ecco che fine aveva fatto.
Non l'ha riportato giù lei, ma almeno le mie preghiere di vederlo tornare dalla montagna con la testa ancora attaccata al corpo, sono servite a qualcosa."


Non si chiese come fosse arrivato lì, o perché, o cosa avesse fatto nel frattempo: non aveva più senso chiederselo.
Nulla, in effetti, lo aveva, se non la fine della sua corsa.


"Sto per morire."

Il gatto parlò di nuovo: stavolta non fu la sorpresa a colorire il suo tono, ma la rabbia.
Aveva realizzato cosa stava accadendo, aveva guardato oltre il suo specchietto per allodole - non che fosse particolarmente difficile, insomma, quando il faro che aveva illuminato la sua caccia era tornato a brillare, più vicino che mai.
Lo vide prepararsi a balzare, a colpire.


Arashi: "No...no, no, no...prendi me, maledizione, prendi me..."

Non gli uscì nient'altro che un rantolo: tutta quella situazione lo aveva provato, consumato.
Doveva intercettarlo, buttarglisi addosso, distrarlo ancora per un po', ma il chakra nei suoi occhi era svanito, sostituito da un dolore lancinante, come se qualcuno gli avesse conficcato due minuscoli ed appuntitissimi aghi nelle pupille fino ad arrivargli al cervello.


"Yuzuki, ora o mai più.
Se esiste il momento in cui porterai a termine il tuo rituale, è questo, è ora.
Dimmi che ho preso abbastanza secondi.
Dimmi che ho guadagnato abbastanza tempo.
Dimmi che è fatta, Yuzuki..."


Arrestò la sua corsa di botto, esterrefatto, poiché il suo cuore perse un battito, e fu proprio nell'arco di quest'ultimo che accaddero diverse cose, una più incredibile dell'altra.
Una voce arrivò al suo orecchio, abbandonando decisa la cimice, portandogli quell'estremo saluto che sarebbe stato straziante in qualsiasi altro caso e che, invece, in quella situazione, fu per lui fonte di sollievo.
Vide il gatto fare altrettanto.
Lui, di rimando, chinò il capo e, abbandonate le braccia lungo i fianchi, rimase immobile, perché tutto era finito.


Arashi: "Addio, Yuzuki."

Non disse altro, perché il resto glielo aveva già comunicato anzitempo, nel donare Ultimo Bastione ad Anezaki per quell'ultima, disperata battaglia.
Non le sarebbe servito, ed era questa la sua vittoria.
L'urlo contratto e straziante della Bestia, poi, lo fece godere più di quanto avesse mai potuto fare Misato.


Arashi: "Ti ho fregato. Ti abbiamo fregato!"

Nel pronunciare quelle parole, però, si rese conto che la vittoria insperata che avevano inseguito come il gatto con il faro, sarebbe stata tale solo a metà.
Non si curò del demone che veniva confinato ancora una volta, né della presenza di Setsuna o di Hakurei, ma solo e soltanto della luce che si era sprigionata alta nel cielo: si sarebbe aspettato di vederla scaturire dal punto in cui Yuzuki e Chihiro avevano ultimato il loro rituale, ma la sua fonte era lontana da questo, andava oltre, verso il centro del villaggio.
Allora, si ricordò del motivo per cui aveva consegnato Ultimo Bastione ad Anezaki, dei sospetti che aveva avuto fin dal primo momento in cui gli era stata comunicata la strana natura del chakra di Himitsu, del fatto che, oltre ad aver messo in conto ad un certo punto le morti dei due genitori e degli abitanti di Kawagoro, aveva anche ipotizzato di usare la bambina.
Sbiancò nuovamente in volto, mentre le lacrime si seccavano sulle sue guance e il suo guardo andava a cercare Setsuna.


Arashi: "Seguimi."

[...]



I due coniugi erano lì, da qualche parte, dietro qualche casa - quale? Che importanza aveva?
Svoltò a sinistra, poi a destra, poi di nuovo a sinistra.
Li trovò dopo qualche secondo, accasciati al suolo, il volto della donna riverso a terra, la bocca aperta e gli occhi chiusi, come se stesse dormendo. Da lì, partivano i piedi di Yuzuki, abbandonati come il resto del corpo lungo il terreno: anche lui pareva quasi assopito, se non fosse stato per l'immobilità innaturale e, ancor di più, per la maniera in cui si accartocciava sulla sfera che, nei suoi ultimi attimi, doveva aver cercato di proteggere.
Gli si avvicinò senza dire una parola: provò tristezza, ma fin dall'inizio del piano sapeva, se mai questo si fosse rivelato vincente, di doversi chinare alla fine sul suo volto, di doverlo guardare un'ultima volta negli occhi e di dover chiudere le palpebre su di essi, come effettivamente fece.


Arashi: "Sono diventato uno shinobi per volere di mio padre.
Non mi andava di esserlo, non volevo.
Volevo starmene a casa mia, tranquillo, vivere senza dover vedere cose del genere...e mio padre è morto prima che io potessi accusarlo di tutto gli orrori che ho visto, o ringraziarlo per avermi fatto capire, col suo comportamento, cosa voglia dire dover prendere delle scelte come quella che oggi hanno preso Yuzuki e Chihiro.
In un modo o nell'altro, i genitori ti fottono sempre."


Probabilmente, il senso di quelle parole appena sussurrate sarebbe stato chiaro a lui e a lui soltanto: non si curò di controllare se Setsuna o Hakurei stessero lì ad ascoltarlo, ma la Hyuga, che si era chinata assieme a lui sui due cadaveri, visibilmente scossa, per accertarne la morte, avrebbe forse avuto la possibilità di sentirle.

"Yuzuki...che cosa hai fatto?"

Il chakra di Himitsu era colpa sua.
L'interesse della Bestia anche, di riflesso.
Questo era vero, sì, almeno tanto quanto l'ultimo sacrificio che Yuzuki, in quanto padre, aveva voluto fare.
Intascò i due ciondoli ormai vuoti, ora appartenevano alle bambine. Dopodiché, soppesò la sfera, rimanendo disgustato dalla quantità di chakra che essa emanava: la Bestia, seppur confinata, continuava a vivere al suo interno.
Girandosi, la porse a Setsuna.


Arashi: "Questo è il loro sacrificio.
Non esiste Taisei, né Bestia, né altra organizzazione che possa reclamarla.
Questa sfera andrà all'Hokage e, nella speranza di poter porre fine allo scempio a cui oggi abbiamo assistito, saremo noi a consegnargliela.
Tienila tu, per il momento."


Ci fu, tuttavia, poco tempo per discuterne, poiché la kunoichi assunse un'espressione a dir poco orripilata e lui ne intuì il motivo, nonostante cercasse in tutti i modi di reprimere nell'angolo più buio e remoto della sua testa l'orrenda sensazione che questo aveva scaturito in lui.
Gli occhi bianchi della donna si mossero rapidi nella direzione in cui, pochi attimi dopo, scattò.


[...]






La questione della sfera, in quel momento, era quella che meno premeva nella sua testa.
Doveva andare all'Hokage, era suo dovere consegnarla a lei e solo a lei, ma la sua attenzione era ancora completamente rivolta a quel fascio di luce che si era sprigionato alto nel cielo, lontano dal luogo in cui avevano ritrovato i due coniugi Homura.
Corse ancora, nonostante la fatica, mettendo un piede dopo l'altro quasi meccanicamente, cercando nella spinta che dava con i piedi sul terreno la stessa forza di cui avrebbe avuto bisogno - ne era certo - di lì a poco.
Setsuna lo precedeva, insistendo in quella volata intervallata da singhiozzi che potevano avere solo una spiegazione.
Quando arrivò, non ci fu nemmeno bisogno del riassunto di Isshikame.
Lo guardò distrutto, provato ma, nonostante tutto, felice di vederlo ancora lì.


Arashi: "Hai fatto tutto quello che potevi e anche di più, Isshikame.
Ti sono grato per il tuo aiuto, sei stato prezioso.
Torna all'isola, avverti tutti che l'evacuazione non si farà...il pericolo è passato, almeno qui."


Sciolse l'evocazione e la testuggine sparì in una nuvola di fumo, poi i suoi occhi furono solo per Himitsu.
Per qualche minuto, doveva essersela immaginata nella sua testa mentre correva per le spiagge dell'isola e si arrampicava sui gusci delle sue amiche, felice, sorridente, senza più quel peso e quelle visioni a gravare sulla sua piccola ed insignificante esistenza di bambina.
Presto il ricordo triste di quel giorno sarebbe stato lontano, così come il dolore per la perdita dei suoi genitori sarebbe stato sostituito, a mano a mano, dalle gioie e dalle esperienze che la vita aveva ancora in serbo per lei.
Sarebbe cresciuta, sarebbe diventata donna e chissà, forse, un giorno, se lo avesse, voluto, anche madre.
Avrebbe imparato a nuotare - o forse sapeva già farlo? - avrebbe giocato con sua sorella, l'avrebbe aiutata nel suo obiettivo di diventare la guerriera più forte - o forse sarebbe divenuta lei stessa una guerriera.
L'aveva promesso a lei, in fondo, così come a tutti gli altri bambini che gravitavano attorno alla figura di Anezaki.
Di certo, l'ultima cosa che avrebbe voluto, era quella di vederla tra le braccia della sorella, esanime.
Non ci fu neanche bisogno di un ulteriore esame, come quello che Setsuna aveva effettuato sulle salme dei due coniugi, per capire cosa stava accadendo: vedere la Hyuga abbassarsi il copricapo e crollare in ginocchio, in lacrime, fu la conferma ai suoi pensieri più brutti, quelli che mai avrebbe voluto confermare.
Era un tipo curioso, lui, sempre alla ricerca di una logica, di una risposta che potesse comprendere il senso totale delle cose e dei suoi dubbi, ma a quelle domande preferiva non rispondere, preferiva non affrontarle, ignorarle il più possibile.
Perché? Perché nulla, nulla di quello che aveva studiato in accademia, appreso sul campo e vissuto in tutti quegli anni, avrebbe mai potuto prepararlo abbastanza ad una cosa del genere: una bambina morta per una stupidaggine.
Ne aveva viste, soccorse e perse in egual misura, di anime così in pena, ma mai nessuna di quelle che aveva smarrito nel suo cammino era stata in grado di dargli un dispiacere così grande, forse perché non aveva mai veramente provato a salvarne una con così tanto impegno e dedizione.
Avrebbe voluto inginocchiarsi accanto alla kunoichi ed Anezaki e fare come loro: disperarsi pietosamente, continuare a piangere come se non potesse in alcun modo esistere un mondo senza la piccola Himitsu, gli pareva la cosa più giusta da fare, l'unica che aveva senso in quel momento.
Mordendosi il labbro, si rese conto che invece no, proprio lui non poteva permettersi di cedere: poteva versare lacrime per una tattica disperata, perché era arrivata la fine per lui o una persona a lui cara...ma non poteva farlo ora, non quando era così chiaro che l'unica superstite di quella famiglia, che gli era stata affidata da Yuzuki, si ritrovava ad affrontare da sola, senza armi né famiglia, un mondo che le aveva portato via tutto, dalla casa alla madre.
Respirò, poi ancora e ancora, mentre si inginocchiava di fronte alla bambina, senza batter ciglio, l'espressione ferma e gli occhi, seppur lucidi, fissi su di lei.
Sapeva cosa dire e, ancor di più, cosa fare: la faccenda di Oshoku gli aveva insegnato molto.


Arashi: "I tuoi hanno dato tutto.
Non è bastato per salvare lei.
Non ci sono più, ma hanno fatto tutto ciò che era in loro potere per proteggere te ed Himitsu...e se tu sei qui, viva, vuol dire che almeno in parte, sono riusciti a regalarti una vita."


Chinò il capo.
Perché dirle che se quel gatto era sulle tracce di Himitsu, la colpa era loro?
Perché aggiungere un altro peso inutile, sulle spalle di una ragazzina che si era appena affacciata al mondo, e che ora piangeva distrutta perché tutto il suo mondo si era ribaltato e l'aveva lasciata da sola?
Non ce n'era motivo.
Quel peso se lo prese lui e lo nascose, proprio come aveva fatto con la sorella più piccola: era una verità inutile, almeno in quel momento, se non addirittura dannosa.
Rialzò la testa, guardando la bambina.


Arashi: "Le ho provate tutte, ma davvero non ce l'ho fatta a mettervi tutti in salvo...ma un giorno ci riuscirò, te lo prometto.
Un giorno, queste cose non accadranno più, non sotto i miei occhi: è questo che mi spinge ad andare avanti.
Perciò, se vuoi dare la colpa a qualcuno, se vuoi sfogarti su qualcuno, se vuoi insultare qualcuno oppure se vuoi menare qualcuno o piangere su qualcuno...io sono qui, in ogni caso.
Sono qui anche se non hai una casa, un pasto, o qualcuno che ti faccia sentire in famiglia.
Sono qui se vorrai seguirmi, se vorrai essere addestrata per darmi una mano in quello che voglio, per provare a fare come me e diventare così forte da non permettere più queste tragedie."


All'inzio, era stato un gioco, una proposta quasi scherzosa, quello di insegnare a lei e a tutti i suoi amici ciò che lui aveva imparato.
Adesso, era molto di più.


Arashi: "Sono qui se non hai nessuno, Anezaki...se lo vuoi, nonostante tu abbia perso così tanto oggi e nonostante tu mi abbia visto fallire.
Insomma, il senso è che...non sei sola, se lo vuoi."


E con questo tacque, rimanendo in ginocchio e aspettandola.
Sarebbe rimasto lì, accanto a lei, fino a quando non avrebbe smesso di piangere.


//
Eeeeeeee dunque, ancora grazie a tutti quanti per questa role, è stata molto ma molto divertente e parecchio complicata.
Ho voluto spingere fino all'inverosimile sulla tattica, volevo che fosse una missione in piena regola per Arashi, di quelle che i ninja hanno come pane quotidiano e affrontano con la testa come si affronta una vera e professione, con tutte le eccezioni del caso - vedasi in particolar modo gli ultimi post, dove per forza di cose si è superata la semplice strategia e Arashi è andato oltre.
Detto ciò, valutazione per il master:

Tempistiche: 10
Puntualissima.

Coinvolgimento Personale: 10.
Dunque, spiego un po' il voto. Inizialmente sono rimasto spiazzatissimo dalla figura di Yuzuki, nel senso che è cicciata fuori dal nulla e nelle battute iniziali mi son detto "e mo questo chi cazz è? Vedi che mi tocca ruolare con uno che il mio pg conosce da un pezzo ma che non ho mai sentito".
Mi sono anche detto, però, che avrai avuto i tuoi buoni motivi per farlo cicciare così dal nulla: il proseguo della missione e la sua conclusione mi hanno dato ragione. Sono dell'opinione che se un master è coinvolto dalla trama che lui stesso ha ideato, si veda dai PNG: se sono caratterizzati alla perfezione, se li ruola come se fossero suoi, come se ci tenesse, allora siamo a cavallo.
É esattamente quello che ho visto in questa missione: PNG caratterizzati benissimo, che hanno contribuito a rendere la trama, già di per sé sensatissima, emozionante e divertente da scoprire.
Altro appunto: mi hai fatto passare le pene dell'inferno per quanto riguarda la "strategia". Ho pensato e ripensato a ogni possibile mossa e scenario, praticamente un tormento. Grazie - sul serio - perché non hai idea di quanto sia stato divertente, come ho scritto in uno dei post qua sopra, pareva quasi di giocare una partita a scacchi, certe volte prendere una decisione sul da farsi è stato difficilissimo e questo non ha fatto altro che farmi divertire ancora di più.
Ultimo appunto: avevo pensato di togliere mezzo punto da questa valutazione perché sono pignolo e perché non mi piace giocare troppo in OFF.
Mi spiego meglio: specialmente la prima parte della missione - che è stata quella più lenta e macchinosa - l'abbiamo discussa molto su Whatsapp, con diversi dettagli che venivano appunto forniti solo in OFF, mentre a me piace quando si trova tutto in ON (capisco che a volte non è assolutamente possibile, quindi diciamo che mi piace quando si minimizzano le discussioni in OFF). Ecco, qui l'OFF è stato molto..."presente".
Poi ci ho ripensato e mi sono detto che, in fondo, è una cosa soggettiva. C'è a chi piace dare abbastanza indicazioni in OFF, e chi invece ne farebbe a meno sempre. Se io sono tra i secondi, non vuol dire che sia per forza sbagliato fornire un po' di indicazioni in OFF, come hai fatto te, perché in ogni caso la giocata in sé non ne ha risentito.
Quindi niente, per me è dieci anche qua.

Mi pare di aver finito, quindi grazie Silvia per la pazienza in tutti sti mesi - anche per esserti sorbita vocali, a volte, di due minuti, che capisco farebbero cascare le palle a terra pure a chi non le ha - e allo stesso modo grazie ai due compagni di missione...con voi poi ci si sente per un'autogestita o libera dopo, come volete.
E grazie anche a voi per esserviti sorbiti pippe mentali, strategie strane, vocali biblici e roba simile.
Alla prossima!

EDIT: aggiustato il secondo video che mi sballava tutta la pagina, chiedo venia .-.//

Edited by V ` - 14/3/2018, 00:12
 
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view post Posted on 14/3/2018, 22:23
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"Merda!"
Non era andato a buon fine il suo inganno. Com'era successo a lui stesso d'altronde, poco tempo prima; in una situazione iniziale indubbiamente privilegiata, con l'interesse del gatto tutto su di lui, ma di certo le cose non gli erano andate come previsto al tempo: preso per la collottola, e giù lungo i pendii delle montagne.
Non serviva proseguire in quella recita, mimare anche solo dei colpi su Setsuna, non avrebbe avuto senso; la spada sempre in mano, con la punta rivolta a terra, vide Matatabi sollevarsi in tutta la sua regalità e possanza, con lo sguardo proprio di ogni crudele ignorante che trionfa.
Perchè?
Quando il suo sguardo si scostò da quella visione, potè appurarlo subito: una luce in lontananza, luminosissima, svettava sopra quanto restava di quelli che ormai apparivano come enormi, incoerenti tentativi falliti di case. E pulsava.
Ne fu sorpreso, pensando che ormai il suo sensitivo fosse ormai del tutto sotto scacco dalle interferenze del campo di Matatabi, ma era inequivocabile: la sentiva, era una fonte di chakra. Una fonte piuttosto potente oltretutto, micidiale, che sembrava oscurare tutte le fiamme nei paraggi, come fossero misere fiammelle di minuscoli ceri.
Estasi, perplessità e ansia al contempo, tutte in una sola volta, il cuore che pulsava a mille, poi gli venne il bagliore di un'idea. Forse era quella, era il segnale che tanto aveva immaginato e sperato. Uno sguardo rapido a sinistra. Nulla. Matatabi in posa da cacciatore, pronto al balzo, a prendere la sua preda e, probabilmente, a distruggere infine quel suo enorme monumento alla non esistenza.
"Merda!"
Che stavano facendo? era tutto uno scherzo, ecco cos'era, figli di puttana! e tutti lì a rompersi il culo per loro, ma bravi, ed ecco cosa ci av - che caz-?
Come una pugnalata. Gli sembrò quello lo sguardo del Due Code, come se fosse stato pugnalato in pieno petto, e poi quel ruggito assordante, come il rantolo di una bestia ferita.
Si allontanò di qualche passo, velocemente, ma presto si fermò. Sembrava del tutto soggiogato - eccolo, come si lamentava! Non era poi così onnipotente, allora. Gli dispiaceva per lui, ma non potè trattenere - e non era certo nelle sue intenzioni trattenerlo - un mezzo sorriso compiaciuto.
"Sì, sì, grida avanti, implora pietà, vediamo chi ti ascolterà. Ecco, basta, non serve più a niente, stringimi la mano e gira i tacchi, che è meglio. Sarebbe più dignitoso, sto cercando di darti una mano in fondo. Guarda come ti sei ridotto, ti sembrano qualcosa di dignitoso questi tuoi rantoli, queste tue implorazioni e maledizioni?
Ecco, dammi la mano e gira i tacchi, che è meglio. Tornatene da dove sei venuto, fatti questo bel viaggetto, e continua a considerarci indegni del tuo rispetto. E odiami pure, per questo mio sorriso soddisfatto con cui ti sto salutando - ah, che soddisfazione vederti ridotto così! Mi hai da poco detto che sono il tuo cucciolo, il tuo cucciolo prediletto a quanto sembrava: odiami, bravo. Sarà pieno così, di cuccioli prediletti, nel tuo mega-gruppo del cazzo!
Io ti avevo avvisato, in fondo...
"
Un lampo, poi un riverbero, e infine scomparve nell'oblio. Nulla restava di ciò che era stato, come se il gran sudario del mondo lì si fosse già steso, come si stendeva cinquemila anni fa. Di certo non si poteva dire lo stesso per il mondo circostante. Non ancora, almeno.
Era tutto apposto adesso, era tornato tutto come prima. Ecco che il suo chakra fluiva normalmente, e la visuale gli fu nuovamente chiara. Non che gli sarebbe servito a molto, per ora: Setsuna stava dall'altra parte, nella linea focale di Kawagoro - non più dall'altra parte della barricata, che si fotta quella barricata finalmente!; un ampio sospiro, rinfoderò la spada, e le portò un sorriso timido - chissà come la pensava su di lui, se davvero avrebbe affondato i suoi colpi in quello scontro dove l'aveva vista tirare fuori, forse, tutto il suo potere, se lo considerava, anche adesso, un nemico; e così Arashi Uchiha, l'artefice del gesto più assurdo che avesse mai visto sino allora.
Perchè lo aveva fatto? Rischiare fino a tal punto, mettere in gioco se stesso sino all'estrema conseguenza? Solo un'altra volta aveva visto un atteggiamento simile, e di questo ne era ben consapevole. Forse la Volontà del Fuoco era più radicata di quanto avesse mai pensato sino allora.
Ma al momento questo era secondario. Ogni cosa era secondaria, di fronte all'orizzonte insperato che gli si prospettava - a lui e ai sue due inaspettati compagni di quel giorno iniziato come una premonizione: ce l'avevano fatta. Erano vivi. Erano sopravvissuti. Certo, un po' più di quel pensiero andava a Setsuna, un po' di più, per così dire, ma non poteva nascondere a se stesso quanto quel gesto avesse stimolato il suo interesse. Un suicidio in piena regola, non c'erano altri termini. E lo sapeva, giurava ogni cosa che quelle lacrime fossero inconfutabili, giurava che lo sapeva. Non era il momento di pensarci, assolutamente. Doveva toglierselo dalla testa per ora. E Arashi Uchiha inconsapevolmente lo aiutò in questo, mentre esortava Setsuna a seguirlo.
E li seguì anche lui.

Nessuna presenza nelle vicinanze. Lo aveva ben chiaro, per cui non fu sorpreso più di tanto quando li trovarono. Tra le prime linee di quello che restava delle case, vide i coniugi Homura riversi al suolo, l'uno l'immagine speculare e rovesciata dell'altro, come fossero emissari di un ciclo infinito. All'interno di quel ciclo, il suo nucleo pulsante, dalla bianchezza candida come solo le cose più vaghe e perciò stesso orrorifiche possono essere. Chino su di loro, osservò le loro ferite, le tracce di sangue sul naso e sulla bocca, l'altrettanto indefinita bianchezza della loro pelle, senza provare alcunché; poi qualcosa la provò, e fu il pensiero dell'indifferenza assoluta che il mondo intero provava nei loro confronti, nonostante - forse - le loro vaghe fantasie da stupidi esaltati e fanatici di quella setta. Era prostrato, adesso, di fronte a quella formidabile rassegnazione al punto fisso che rappresentavano i due coniugi Homura, quella qualità di base che rendeva i poveri diavoli di ogni dove così adatti a divenire carne da macello, a uccidere o a farsi uccidere con altrettanta facilità. In fondo, chi era lui per giudicarli? A ciascuno proseguire il suo percorso; e il loro, senza dubbio, era giunto all'ultima fermata.
Lo ridestarono quelle parole appena sussurrate di Arashi Uchiha; un leggero soffio col naso, e accennò un sorriso, senza guardarlo, alla sua ultima affermazione. Quel sorriso gli restò nel volto per un bel po'.
E poi quella sfera. Era inequivocabile, quel chakra era Lui. Ecco dov'era finito. Che cosa curiosa. La osservò a lungo, senza sporgersi, senza palesare troppo il suo interesse, come stesse osservando un sasso. Solo gli occhi, adesso, in quegli istanti, si fecero più sottili, e ad essi sembrò accompagnarsi il fantasma di un sorriso canzonatorio.
"... ti sei spinto troppo oltre, a quanto pare."
Il suo sguardo ebbe un sussulto quando Arashi Uchiha la prese; per qualche motivo, forse insensato, temeva che anche solo un tocco a quella sfera sarebbe bastato per vanificare ogni sforzo degli Homura. Pensiero probabilmente sciocco, lo realizzò quando lo vide consegnarla a Setsuna.
Si limitò ad assecondarlo - al massimo, con un cenno di assenso verso Setsuna -, il suo grado non gli dava poi molta voce in capitolo, pur concordando che fosse la cosa giusta da fare al momento: quell'essere era pericoloso, instabile, fuori controllo, non avrebbe mai potuto essere utile all'Eremo. Dovevano anzi tenersi ben alla larga da lui, se ci tenevano al benessere e allo sviluppo della loro comunità. Konoha era il suo datore di lavoro - e, a tutti gli effetti, la sua casa; l'avrebbero data all'Hokage, avrebbero fatto il loro lavoro, lì sì sentiva che rientrasse nella loro giurisdizione, e che poi decidessero i piani alti cosa fare. Il loro l'avevano fatto.
C'era però qualcosa che non gli quadrava. Non sapeva bene cosa, ma c'era senza dubbio un qualcosa di strano in quegli ultimi minuti. Ci pensò un po'.
No, non aveva senso. Non potevano essere loro. Guardò verso la valle da cui erano giunti. Non potevano essere loro, in alcun modo. Erano ancora troppo vicini. Il primo pensiero, ovviamente, fu quello. Una sensazione più che altro, come quel senso di ineluttabilità che lo aveva accompagnato per gran parte di quel giorno. Troppe presenze nei paraggi, non gli era facile; uno sguardo più accurato in lontananza e trovò ciò che cercava. Un chakra strano, che non conosceva, ma molto simile a quello della tartaruga, a casa degli Homura, e poi quello della ragazza. Mancava quello, il più ampio. Già solo quel fatto lo sentì come una conferma delle sue previsioni. Tenne l'indice e il medio pressati sulla tempia, sospirò ampiamente, poi li riportò giù.
Si girò verso Setsuna e Arashi, ma gli parve non ce ne fosse quasi bisogno di dar loro quella notizia; lo capì nel modo più diretto e brutale. Dai loro occhi, in particolare dal byakugan di Setsuna, che ora mirava a quelle fonti di chakra o, forse, più probabilmente, a quella mancante laggiù.
Chissà, forse si stava sbagliando. Ma ne dubitava.



E dubitava bene. Setsuna arrivò prima di loro, correndo a perdifiato, e quando la raggiunsero la vide lì, atterrita, sconfitta, distrutta. Non l'aveva mai vista così. Non molto lontano, la figlia maggiore degli Homura, con quel fagotto di materia inerte tra le braccia. Devastata anche lei, allo stesso modo se non più. Sotto il collo di Himitsu non c'era alcun sostegno, e la testa era girata dall'altra parte. Nessuna traccia di violazione del suo corpo: perfetto, immacolato, come se fosse morta senza alcuna ferita, senza soffrire. Gli piaceva pensare così.
La tartaruga - ci aveva visto giusto, ma a questo non diede molta importanza - insinuò nella sua testa il dubbio che invece sì, poteva aver sofferto. Come fosse una bomba pronta a esplodere, come le era sembrata la prima volta che l'aveva vista. La seconda forse, la prima era rimasto estasiato da una simile visione.
Sappiamo ciò che siamo, ma non sappiamo ciò che potremmo essere, aveva sentito dire da qualche parte. Per Himistu, nemmeno la prima proposizione era stata valida. Vittima degli eventi, a sua insaputa, di un disegno crudele e indifferente, che la sua ingenuità di bambina forse non avrebbe mai potuto prevedere, comprendere, realizzare appieno. Nata per essere sacrificata su quest'altare. Provò una strana sensazione, ma probabilmente era così che era andata la sua esistenza. Che era stata concepita fin dal principio. Si avvicinò mestamente a Setsuna, mentre la tartaruga svaniva a pochi passi da lui in una nuvola di fumo. Sempre la stessa, sempre distrutta, devastata, annientata. Non sapeva cosa fare.
Restò fermo per qualche secondo a guardare quella scena, immobile. Sempre quella strana sensazione. Poi allungò la mano, si chinò leggermente e gliela poggiò sulla spalla. Con garbo, non voleva essere importuno al momento. Pensava che ognuno dovesse avere il giusto spazio per elaborare quei momenti. E sempre quella sensazione. Qualcosa che partiva dalla bocca dello stomaco, saliva sino in gola e gettava la sua influenza sulla fronte, e sui muscoli facciali, e piegava le sue sopracciglia, le corrucciava, le spingeva ad abbassarsi sugli occhi. Non sapeva dare un nome a quella sensazione. Era tristezza forse, ma c'era anche qualcos'altro. Era la sconfitta? La sensazione di essere stato battuto, sotto ogni fronte fosse stato quel giorno? Bhe, era sopravvissuto, e anche Setsuna, su quel fronte aveva vinto alla grande, ma in quel momento non ci pensò. No, non era solo la sconfitta. Sospirò, e cercò di ricacciare di nuovo tutto dentro, e in parte ci riuscì. Si guardò attorno, Setsuna ancora in lacrime, la mano sinistra sulla sua spalla, Arashi Uchiha che parlava con l'altra ragazza, il fiume Kawagoro là vicino che sembrava promettere un'ancora di salvezza che invece non si era rivelato altro che un presagio di morte, e lo stesso villaggio devastato in lontananza, coi pochi superstiti che tentavano di spegnere le fiamme.
S'era rifiutato per lungo tempo di prendere quelle cose sul serio, qualunque cosa sul serio, e aveva continuato a sviluppare a modo suo le proprie tendenze.
Dal tempo più remoto della prima autocoscienza adolescenziale, sopravvivevano certe immagini di quel periodo, del mondo dell'Accademia, delle continue scoperte di universi immensi e lontani vivi nella sua memoria solo attraverso i segni della pagina scritta, a quel periodo di "vita ipotetica". Esprimeva il coraggio e l'involontaria ignoranza con cui aveva deciso di affrontare la vita, in cui ogni passo era un rischio senza esperienza, esprimeva il desiderio sommesso di grandi sviluppi nel suo percorso e l'alito della futilità a frenarlo. Con quel suo passo esitante nell'affacciarsi alla vita, pensava che fosse meraviglioso, proprio di chi ogni volta si affacciava al mondo per la prima volta: non poteva accettare nulla senza riserve - cercava la verità su ogni argomento e situazione, ma non si permetteva di accettare nulla senza riserve; si sentiva capace di uccidere se necessario, eppure senza essere mai sicuro di essere costretto a farlo. La volontà di sviluppo che gli era propria allora gli vietava di agire, poichè ogni cosa gli capitasse tra le mani gli pareva compiuta così com'era. Ne aveva sempre avuto il sospetto: nessun oggetto, nessuna forma, nessun'identità, nessun principio era saldo e sicuro, tutto era preda della trasformazione incessante e annichilente, al cui corso era cosa vana opporsi, vi era nell'instabile una maggior porzione di avvenire che nello stabile, e il presente altro non era che un'ipotesi non ancora superata. Che cosa avrebbe potuto fare di meglio per mantenersi libero, col piede leggero, così come un ricercatore cerca di mantenere libero il suo giudizio di fronte a eventi e circostanze desiderose di piegare e vincolare prematuramente il suo sguardo?
Era per questo, ora lo aveva capito, che in quei primi anni aveva evitato di fare di sè qualcosa, sempre, che aveva temporeggiato quanto più possibile l'azione, declinato la scelta quanto più a lungo, prolungato oltremodo l'indeterminazione che tutto permea. Sempre, fino a quel giorno, quando la sua volontà sopita si era risvegliata, e così assopito il saggio e gravoso spirito che nega. Non gli bastava più muoversi passeggiando di lato. Voleva andare avanti, salire i gradini della scalinata. Ma a quale prezzo? Cosa gli sarebbero costati quei passi avanti?
Solo allora ebbe l'impressione - scelse, si oppose all'indeterminazione - di aver compreso cosa fosse quella sensazione. Si guardò attorno, di nuovo, e poi guardò di nuovo Himitsu.
"Sei morta? O stai dormendo? Che importanza ha. Dormi, adesso, e sottraiti a tutto questo."
Chissà se era felice, pensò. Chissà se, anche così piccola, avesse già delle ambizioni o dei desideri ben definiti. Sì che ce li aveva, tutti i bambini ce li hanno. Chissà se era morta serena, nella pace, senza soffrire. Senza rendersene conto. Oppure se, tra quei flussi di luce, fosse morta nel dolore, e la perdita di ogni cosa avesse mai avuto, o pensato, o amato, che aveva sentito sgocciolarle via impotente, le avesse fatto abbandonare questo mondo nell'orrore e nella disperazione.
Sì, aveva capito cos'era quella sensazione. Sì guardò mestamente attorno, sempre con quell'espressione, sempre con quella sensazione nel petto. La mano ancora sulla spalla di Setsuna. Un'avvisaglia di tramonto in lontananza, mentre i fuochi gli parevano scemare debolmente.
"Forse è stata colpa mia. Forse sono stato io a dare inizio a tutto."
Ritornò a fissare Himitsu, sacrificata, priva di vita.
"Forse sono stato io... a ucciderla."





Le cinque figure sembravano formare un disegno dalla geometria curiosa, delle sagome scure disposte su uno sfondo giallastro, il fiume alla loro sinistra. Al di là della vallata, lungo la via che conduceva al Paese del Fiume, si scorgevano le avvisaglie del tramonto, e dei cumuli di nuvole scure, curiose per quel periodo. Fossero state della madri alla ricerca dei figli perduti, le loro lacrime avrebbero trovato solo un'altra orfana.


Stonatura finale con questa canzone, massì, facciamo il verso ai Coen Brothers o a Sorrentino... aspettavo il fulmine dal cielo ma il Dio del cinema è stato magnanimo!
Mentre scrivevo l'ultima parte del post ho riascoltato la canzone dell'ultimo post di gaeshi, e a 2:48 devo dire che mi ha un po' toccato... questo la dice tutta sul voto che darò in coinvolgimento.
E' la figura che spesso fa chi arriva dopo in queste valutazioni, come se se la scansasse perchè gran parte è già stato detto. Sono in gran parte d'accordo su quanto detto da Valerio, sia per i personaggi tratteggiati - primo su tutti il nostro Gattone OP dal mio punto di vista -, e sui ritmi un po' lenti dell'inizio.
Penso comunque fosse naturale per le condizioni che ti ritrovavi, tre pg eterogenei, con obiettivi altrettanto eterogenei che non partono neanche assieme... madonna santa, non ti ho invidiato! Poi la storia ha preso il turbo,
letteralmente. Personalmente sono molto a favore dell'OFF, una giocata intera nella mia piccolissima esperienza da master penso non sarebbe stata possibile in alcun modo senza concordarsi in OFF, ma come dice Valerio, è questione di gusti: in questi casi ci si viene incontro quanto possibile e via, facendo in modo che tutti possano divertirsi, com'è poi avvenuto.
Sinceramente la cosa che più ho sentito fin dall'inizio - forse era una mia impressione, non so - ma che poi si è fatta sempre più forte, specialmente negli ultimi post, è quella di aver sentito "capito" il mio personaggio. Sono in una missione dove ci sono altri due master con cui ho avuto a che fare, e anche in questa giocata ho sentito piena sintonia in tal senso, e quanto hai detto nella valutazione mi ha portato a pensare ancor più che questa sintonia fosse reale.
Personalmente, credo non ci sia cosa migliore per un giocatore.

- Coinvolgimento: 10

- Tempistiche: 10


Ho scritto sta valutazione un po' di fretta, non so che n'è venuto fuori. Spero nulla di oscenissimo. Spero vivamente di poter ruolare di nuovo con te, in qualunque veste, così come ringrazio i miei compagni di missione: con voi, esatto, ci si "rivede presto". Vi ringrazio per avermi sopportato, e spero che, almeno un po', questo vi abbia comunque divertito! :oldstyle:


Edited by Jöns - 14/3/2018, 23:17
 
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view post Posted on 16/3/2018, 23:24
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Tutto accadde rapidamente, nonostante sembrasse che il tempo avesse fermato il suo corso per concentrarsi in quegli ultimi istanti: alle sue spalle, Arashi, presentatosi come colui in grado di plasmare quell'energia straordinaria che il demone gatto bramava, aveva attirato su di sé ogni mira, e mentre s'avvicinava correndo verso la loro posizione Setsuna rimase immobile nella sua posizione. Buona parte delle sue energie erano oramai convogliate nel braccio destro, pronte ad essere scaricate contro quell'elegante felino che, sbigottito, osservava il compagno come una preda succulenta. Non aveva intenzione di abbassare la guardia, non adesso che erano a un tanto così da chiudere quella questione; avrebbero salvato Kawagoro (almeno quella che ne restava), Hakurei, Anezaki, Himitsu.. ma avrebbero dovuto resistere ancora un altro paio di secondi, affinché i coniugi Homura nascosti non troppo distanti terminassero il loro compito. Ebbe modo di incontrare gli occhi dell'allievo, per un breve istante. Anche lui rimaneva immobile, spettatore di quell'assurdo spettacolo ai limiti della realtà, con l'arma in pugno ma rivolta verso il suolo. L'Uchiha aveva avuto un coraggio estremo a fare quello che aveva fatto, a concedersi alla bestia senza pensare alle conseguenze per se stesso; probabilmente lei avrebbe fatto la stessa cosa, vedendosi le mani legate. Buffo. Erano più simili di quanto il loro carattere non dicesse apertamente. Ma non avrebbe lasciato morire nemmeno lui, se questa era la sua idea; era un compagno, una persona che aveva imparato in breve tempo ad apprezzare, e non gli avrebbe lasciato la libertà di gettare così la sua vita senza nemmeno combattere. Non se lo sarebbe perdonata altrimenti. Purtroppo però le cose precipitarono rapidamente e ben presto lo sguardo del Nibi fu nuovamente catturato dalla fonte splendente in lontananza, sintomo che la tecnica del rosso aveva cessato di celarla. Di riflesso, Setsuna inasprì lo sguardo e si preparò a lottare, mentre al suo fianco Arashi cercava di distogliere l'attenzione del demone dalla bambina.. ma non servì praticamente a niente, considerato cosa accadde da li a poco. Si era preparato a balzare, proprio come lei si era preparata a scartare di lato e bloccare la sua avanzata sfruttando la potenza del Giudizio Divino, ma qualcosa parve quasi trattenerlo sul posto e con delle pietose grida colleriche il demone dalle due code venne avvolto da una luce bianca, talmente intensa che la Hyuga dovette pararsi gli occhi e non guardare.
Non appena la luce scemò, Setsuna poté scostare il braccio da davanti al viso e tornare a guardare. Era scomparso, avevano vinto. Fece qualche passo in avanti, guardandosi attorno, sperando che non fosse un sogno o un frutto succulento della sua fantasia, ma ad attenderla furono soltanto un esultante Arashi e Hakurei, sano e salvo. Trasse un profondo sospiro di sollievo a quella visione, e sorrise. Ce l'avevano fatta, avevano completato la loro missione. Higyō scese dal cielo, atterrando pesante, battendo più volte le sue ali di scaglie d'osso per prendere stabilità e rallentare. -
Ottimo lavoro ragazzi. - schioccò la lingua nel becco dopo quel breve elogio, ma non mise troppa enfasi poiché una battaglia era certo vinta ma la guerra era appena cominciata. - Grazie del tuo supporto, Higyō-sama. Torna pure all'eremo e avvertili di quello che è accaduto qui. - gli disse, sorridendogli ma senza troppe smancerie. L'avvoltoio era il guerriero più grande che l'eremo potesse annoverare fra le sue fila e aveva un certo codice comportamentale; raramente si mostrava affettuoso, ma soprattutto non amava mostrarsi in pubblico sotto quella luce più tenera che riservava soltanto ai suoi compagni più fidati. Fu con un cenno quindi che si salutarono, prima che il rapace sparisse in una nuvola di fumo.
Uno sguardo al rosso, poi all'allievo. Gli rivolse un cenno d'assenso e un sorriso si dipinse sul volto pallido della Valchiria, sereno, grato. Anche grazie al suo doppio gioco erano riusciti a cavarsela e nonostante fosse rimasta ferita dalla sua freddezza calcolata non poteva che essere orgogliosa dei suoi progressi. Ma non ci fu tempo per le smancerie, poiché Arashi aveva attirato la sua attenzione e le aveva chiesto di seguirlo. Non appena incontrò i suoi occhi però, qualcosa dentro di lei parve spezzarsi.


(Nel suo sguardo.. c'è qualcosa che non va..)

Nonostante in cuor suo cominciasse ad aspettarsi il peggio, non pose alcuna domanda e rivolse anche a lui un cenno d'assenso col capo. Non aveva senso sottoporgli quesiti scomodi, dato che il rosso stava portandola dritta verso le risposte. - Ti seguo.



Alla visione dei coniugi Homura riversi al suolo sentì il respiro andarle via per qualche secondo. Anche il suo cuore in petto pareva battere sordo contro la gabbia toracica, quasi come se tutti gli altri sensi stessero perdendo contatto con la realtà, isolandola. Non poteva credere ai propri occhi. Rapida si avvicinò assieme al compagno ai due corpi, inginocchiandosi presso quello di Chihiro per poter porre due dita sulla gola.. ma quello che rivelò quel tocco le fece male, troppo male. - Morta.. - disse in un sussurro, completamente presa alla sprovvista dalla notizia. Non c'era bisogno di controllare anche il marito, perché i gesti di Arashi furono più che esplicativi. Cosa avrebbero detto alle bambine? Come potevano dare quella notizia? Ascoltò le parole del rosso, distogliendo lo sguardo da quei pensieri cupi e dolorosi per un solo istante; gli occhi colmi di lacrime, che questa volta si espressero silenziose, solcandole le gote. - E' buffo.. - cominciò, sbuffando mezza risata, mesta. - I miei genitori volevano preservarmi da questo dolore, e io invece ho deciso di buttarmici a capofitto.. credevo che avrei potuto cambiare il mondo.. - già, peccato che era il mondo a stare cambiando lei, a colpirla, ferirla e prendersi beffa di tutti i suoi sforzi. Quanti ancora avrebbe dovuto veder morire a causa di un mondo così sbagliato?
Fu allora che le venne consegnata la pietra contenente il demone, e l'osservò sul palmo della mano per un lungo istante mentre ascoltava ancora quello che il compagno aveva da dirle. Poteva sentire tutta l'energia del felino che fino a poco prima stavano fronteggiando e quasi le fece paura averlo in un pugno in quella maniera. Era spaventoso pensare che dentro un oggetto tanto piccolo si celava adesso uno degli esseri più pericolosi col la quale aveva avuto a che fare. -
Sono d'accordo, la consegneremo ad Akane-sama. Saprà meglio di noi cosa farne; noi abbiamo già fatto il nostro. - disse, posandola nel porta oggetti. Adesso non rimaneva che tornare dalle bambine, dar loro la notizia nella maniera più delicata possibile. Un pesante sospiro precedette la presa di coraggio, mentre con un battito di ciglia il byakugan fu nuovamente messo in funzione per localizzare l'esatta posizione delle piccola Anezaki e Himitsu. Ovviamente fu facile trovarle, ma non fu facile accusare il colpo che le sue iridi speciali le avevano appena inferto. - No.. no no no no! - e corse, corse a perdifiato in loro direzione, come se avesse un demone alle calcagna. Non poteva essere vero. Non poteva finire così.




Cadde in ginocchio, sconfitta. Le grida disperate di Anezaki le penetrarono il cervello, raggiungendo la sua anima e squarciandola in tanti piccoli pezzi, mentre il corpicino senza vita di Himitsu veniva stretto spasmodicamente contro il petto della più grande. Liberò il capo dal cimelio dell'eremo e tornata completamente se stessa si accasciò, artigliando il terreno ed esprimendo tutto il dolore che sembrava volerla uccidere in quel preciso istante. Disattivò il byakugan e pianse lacrime amare, biasimandosi, non riuscendo ad accettare quello spettacolo. Cosa aveva sbagliato? Aveva fatto di tutto per proteggere la bambina, aveva dato tutta se stessa. Eppure eccola li, pallida, esanime. Quel che era peggio era il dolore di Anezaki, che aveva perso ogni cosa nel giro di sessanta secondi contati. Cosa poteva dirle? "Scusami, non sono riuscita a proteggere tua sorella."? Con quale faccia poteva avvicinarsi a quella bambina adesso? Capiva il suo dolore, lo sentiva sulla pelle. Anche lei era una sorella maggiore, anche lei adorava sua sorella.. e solo i Kami potevano sapere quanto avrebbe sofferto se al posto di Himitsu ci fosse stata Akari. Singhiozzò. Poteva ancora vederlo il visino speranzoso e ammirato della più piccola degli Homura, e sapere che lei contava su di lei la faceva sentire ancora più uno schifo. Avrebbe potuto salvarla, invece aveva fallito miseramente, disattendendo le sue aspettative, distruggendole la vita e quella della sua sorella maggiore. Non c'era nulla di giusto, in tutto quello. Nulla.
Si appigliò alla mano sulla spalla, a quell'unico conforto che veniva proprio dall'allievo, dalla persona che assieme a Himitsu aveva uno spazio speciale nel suo cuore, mentre le sue ali si scomponevano. In quel momento, la Valchiria stava sentendo su di sé tutto il peso e tutto il dolore per coloro che non c'erano più e non aveva la forza di tornare a volare.



Piango. Piango malissimo.

COINVOLGIMENTO: 10
Credo che i miei compagni abbiano detto abbastanza, ma cerco di spendere qualche parola pure io. Personalmente non ho sentito troppo la pressione del "siamo partiti lenti", perché ho sempre avuto modo di esprimere Setsuna in tutte le sue sfaccettature, senza limiti imposti.. ma probabilmente sono solo io che riesco a mettermi in empatia con le situazioni e "viverle" attraverso gli occhi e le gesta dei miei cocchi. Non per niente ho pianto male quando ho letto il finale, e ho pianto pure mo a scrivere il pezzo finale. C'est la vie!
La trama è filata liscia come l'olio, nessun dettaglio fuori posto e anzi ho apprezzato particolarmente il fatto che tu l'abbia piegata un po' assecondando le turbe di Setsuna del "proteggere ad ogni costo Himitsu". Capisco che non è facile avere a che fare con un PG che si fa mille pippone per proteggere quante più persone possibili, difatti all'inizio hai potuto vedere anche tu che Setsuna c'è sempre andata con i piedi di piombo, pure quando Hakurei e Arashi hanno cominciato a dire "facciamo questo" "no, facciamo quello". Ottimo lavoro con i PNG e con il Nibi cavolo. ADDOOORRROOOOO! Non sono riuscita ad odiarlo, e nemmeno Setsuna. Maestoso, pauroso, sottile.. un connubio che hai reso alla grande.
Grazie di questo percorso Gae. Sapevo che non mi avresti delusa. ;P

TEMPISTICHE: 10
A mani basse proprio. Penso di essere stata la più lenta del gruppo per tante motivazioni, quindi proprio io non ho di che lamentarmi. Grazie per aver sopportato i miei wall e i miei continui "postare all'ultimo secondo". :**

E un grazie speciale ai miei compagni ovviamente. Ragazzi, siete dei fighi e giocare con voi è stato un piacere e un onore davvero. S'ha da rifare, senza ombra di dubbio. ^^
 
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view post Posted on 17/3/2018, 14:19
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Artificial Flower's Lullaby

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Vittoria, ma anche sconfitta.
Vita, ma anche morte.
La libertà diventata prigionia, il potere confinato, i miseri umani che avevano dominato l'immortale bestia.
Il pianto di chi soffriva per la perdita venne smorzato dalle grida di gioia degli abitanti; erano sopravvissuti tutti, grazie ai duri sforzi dei ninja di Konoha, ed erano riusciti a domare l'incendio.
Dopotutto, il mondo andava avanti. Sempre e comunque, non si sarebbe certo fermato per una bambina morta o due giovani genitori che si erano sacrificati convinti di fare la cosa giusta.

Però Kawagoro non avrebbe dimenticato il loro gesto. La realtà era stata sbattuta loro in faccia con una violenza inaudita, e anche i più scettici, anche quelli che avevano insultato Yuzuki e Chihiro e infamato le loro figlie si unirono in cordoglio e organizzarono le loro esequie.
I tre shinobi vennero invitati a partecipare da Yoshi Maneko in persona, che con un palese imbarazzo contrito si fece portavoce della sua gente e comunicò ad Arashi che il villaggio non avrebbe dimenticato gli sforzi degli Homura.

Quel villaggio in futuro avrebbe cambiato nome, venendo ribattezzato Himira, in memoria della famiglia che aveva perso la vita per proteggerlo.

Ad Anezaki tutto questo non sarebbe importato.
La bambina pianse tutte le sue lacrime, stremata dal dolore, e fu con occhi vuoti e gonfi che guardò Arashi, quasi senza riuscire a vederlo.

«La colpa è di quel maledetto demone. E del Taisei, che ha portato i miei genitori a morire per fermarlo.»
Aveva una voce roca, che la rendeva molto più profonda dei dodici anni che in realtà possedeva.
«Voglio diventare forte, Ara-shan. Insegnami a diventarlo.»

Tremava ancora, ma i piccoli pugni erano stretti in una morsa decisa. Non sarebbe rimasta a piangere per sempre la sua famiglia, dopo i funerali avrebbe seguito Arashi... All'eremo, a Konoha, ovunque l'Uchiha le avesse detto che avrebbe potuto trovare degli insegnanti adatti per farla diventare una vera guerriera.

Ma ci sarebbe stato tempo, per questo.
Il tramonto calò sulle pire funerarie di Yuzuki, Chihiro e Himitsu Homura, eroi e martiri, sacrifici e salvatori.


CITAZIONE
Signora. Signori.
Siamo atterrati.
Vi preghiamo di tenere allacciate le cinture ancora per qualche momento, mentre distribuiamo compensi e valutazioni.

Dunque, come giustamente fatto notare da V, la chat Whatsapp è stata fortemente usata. Per quanto nemmeno io ami concordare troppo in off, per una situazione del genere mi è risultato strettamente necessario, perché già siamo partiti lenti (e lo avete comprensibilmente sofferto), in più con tre persone, un demone, png a destra e a manca e reazioni in tempo reale, o riuscivamo ad avere post approfonditi o finivamo nell'anno del duemilamai per descrivere tutto quanto.
Effettivamente la missione è cominciata lenta, perché dovevo farvi arrivare ad un punto in cui poteste carburare. Le discussioni organizzative sono sempre un peso per tutti, io stessa ho fatto fatica all'inizio, anche perché dovevo indirizzarvi sulla strada dell'azione. Poi ho visto che vi siete presi benissimo con quella che doveva essere la sidequest (Himitsu) e ho deciso di promuoverla a filone principale.
Per fortuna è stata una buona idea, piena di feels per tutti (anche per me, non credetemi senza sentimenti, anche i Jashinisti hanno un cuore e i Fibrosi ne hanno almeno due) ma che ha creato un intreccio che personalmente mi è piaciuto molto.
Sono fiera di quello che abbiamo creato, e se per farlo di nuovo dovessi leggermi altri mille papiri di Simo e Giulio, mi andrebbe bene comunque <3

Quindi, passo alle valutazioni singole.

[BloodyRose]
Role: 10, tu e Setsuna siete un'entità unica e si vede. Approfondimento e coinvolgimento eccellenti, conosci bene la tua pg e la usi a tutto tondo.
Scrittura: 9, per qualche errore che soprattutto nella prima metà della missione continuava a scapparti. Sai cosa penso dei tuoi papiri di pippe mentali... Sono opere impressionanti a cui mi avvicino con timore, ma seppure il ritmo sia un po' lineare per i miei gusti ne riconosco il pregio.
Strategia/Approccio: 10 anche qui, mi è piaciuto molto come hai approcciato il Gatto, i due punti dove Setsuna è stata praticamente protagonista. Hai usato bene Higyou e non gli hai fatto occupare spazio dedicato al pg, cosa che a volte si rischia di fare con le evocazioni.

Voto Medio: 9.6
Ricompensa: 2880 P.ti Exp (40% combat, 60% role), 5 PM, 15 P.ti Stat, 4 PA, 15 PS, 4 PT 300 ryo

[V']
Role: 10, ho amato fortissimamente Arashi in tutte le sue sfaccettature. I punti più alti a mio parere sono stati l'affido di Ultimo Bastione ad Anezaki, e quel kunai piantato contro la gola di fronte a Matatabi. Hai un pg vivo, consapevole dei suoi limiti, umano e sempre presente in un modo davvero coinvolgente che fa immedesimare molto. Complimenti, non avevo mai letto post tuoi ma forse dovrei cominciare.
Scrittura: 9 anche a te, qualche typo ti è saltato. Per il resto, penso tu abbia già capito che in mezzo ai papiromani mentapippaioli l'esasperazione di Arashi fosse la cosa che preferivo leggere XD
Strategia/Approccio: 9.5, l'unica pecca è stata la mancanza di mezzi di comunicazione con Setsuna, che avevi e che potevi sfruttare. Ma per il resto, come hai intortato il capovillaggio e come ti sei posto con tutti i png è stato da manuale.

Voto Medio: 9.5
Ricompensa: 2850 P.ti Exp (50% combat, 50% role), 5 PM, 15 P.ti Stat, 4 PA, 15 PS, 4 PT 300 ryo

[Jons]
Role: 10, che noia, siete stati tutti bravissimi. Come già detto in sede di valutazione, Hakurei è di una complessità rara da trovare in un personaggio creato per un gioco. Descrivi perfettamente le sfumature del suo carattere, i piccoli sbalzi di umore, il nichilismo felino che lo contraddistingue senza però limitarlo. Meriti in tutto e per tutto la promozione a Chuunin, complimenti.
Scrittura: 9. Oltre agli errorini sparsi, un microconsiglio vorrei provare a dartelo, basandomi sulla mia esperienza. Tu fai molti incisi nei tuoi testi, nel senso di voli pindarici che prendono e partono, e non sempre ho notato una stretta correlazione con la situazione vigente. Essendo un gdr by forum non significa che se il tuo pg sta combattendo tu non puoi permetterti di narrare epiche pagine delle sue gesta mentali, ma in situazioni come, ad esempio, il tuo penultimo post... Ha un po' smorzato il ritmo, rallentando uno scritto che doveva vergere alla suspence e che invece è stata un po' affievolita. Sono comunque pareri personali di una persona che, come sai, preferisce il sintetismo... Quindi prendili per ciò che sono, il tuo talento scrittorio rimane indubbio in ogni caso.
Strategia/Approccio: 10, hai avuto meno "spazio", per una cosa o per un altra, ma l'hai usato bene. Hakurei se ne fregava e voleva il micio, non potevo certo pretendere che collaborasse attivamente e con entusiasmo alla difesa di Kawagoro.

Voto Medio: 9.6
Ricompense: 1536 P.ti Exp (40% combat, 60% role), 3 PM, 10 P.ti Stat, 200 ryo, 3 PA, 10 PS, 3 PT


Konoha conquista la sfera del Nibi e voi dovrete giustificare il perché ve ne siete andati di corsa dal villaggio... Soprattutto Arashi. Mi aspetto autogestite gustose e croccanti.

Grazie per aver volato con gaeshiairlines, ci auguriamo di riavervi a bordo.


Edited by ArdynIzunia - 10/8/2019, 20:20
 
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view post Posted on 20/3/2018, 10:05
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|| Notifico con un post nuovo le correzioni ai compensi di Jons, che ha fatto una B di passaggio rango in questo caso (riporto qua sotto) e un bonus exp per post extra di 100 exp (su 19 post abbiamo fatto 21). Perdonami Gae se non ho modificato direttamente il tuo post, ma essendo una partecipante mettere mano sul post del master poteva sembrare fuorviante. ||

CITAZIONE
Ricompensa: 2880 P.ti Exp, 5 PM, 15 P.ti Stat, 4 PA, 15 PS, 4 PT 300 ryo
 
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