Il cilicio sulla carne. Mortificazione della stessa, davanti al Triangolo inscritto nel Cerchio. Il dolore costante, la ruvidezza del ferro a staccarsi dalla stessa, gocce di sudore a imperlare un corpo nudo, perfetto. Seni turgidi, occhi color ametista, su un viso d'angelo incorniciato da capelli color grano che scendevano fino ad oltre la vita. Vi erano segni su quel corpo. Segni di una volontà, di un dolore, di un sacrificio giornaliero e costante per officiare se stessa al suo Dio. Sue soffriva ogni giorno. Nel corpo, versando sangue, pregando, combattendo sacrificando gli Infedeli al suo Dio. Eppure c'era un dolore, che subdolo e malevolo, la stava portando ad impazzire. L'invidia. Non si addiceva a Sue, lei che era la più vicina al suo Dio. Lei che, guardandola in quegli occhi ametista, si poteva quasi intravedere Suo Signore. Eppure questo sentimento malsano la privava del suo raziocinio. Infangando quel simbolo che portava sulle vesti e sul cuore, martirizzava se stessa e la sua carne in un atto di purificazione ed espiazione del peccato. Lei la perfetta si stava scoprendo imperfetta.
« Tanto progredirai quanto farai violenza a te stesso.»
Le parole sussurrate, mentre la carne viene strappata. Il cilicio divenire rosso. Si alzò. Vedeva quel simbolo...vedeva Shitsuki. E l'ira divampò.
I giorni al Santuario scorrevano nella pace. "Pace" che era parola strana da usare quando si trattava di jashinisti. Esseri immortali, egoisti che trovavano nel sangue e nel dolore, proprio ma sopratutto altrui, la loro essenza. Votati ad un dio malevolo che orgasmava e sollazzava nel dolore e nella morte. Ma pace era. Perchè così il Santuario delle Tre Vie era. A differenza di molti altri in quelle terre e nel mondo, il Santuario con a capo Getsumoto Agiwara proliferava nella pace e nella prosperità date da quel Dio malevolo. E in quel Santuario, così anomalo e così ricco, il Cerchio sembrava essere nato. Shitsuki Agiwara era tornata. Il Gobi manifesto insieme ai Bijuu e a due Ordini millenari che si fronteggiavano per questi esseri immensi; chiamata a difenderli direttamente dal Divin Verbo, Shitsuki era tornata cambiata nello spirito e nella carne. Lunga fu la sorpresa e l'ammirazione. A lungo si confabulò, si parlò sottovoce, alle tavole o nei campi, di Shitsuki Agiwara e di quella trasformazione che la rendeva figlia di Jashin. Se la santità dell'Agiwara era messa in dubbio fino a quel momento, quando si presentò sotto cotal guisa anche i più scettici dovettero prendere atto che davanti a loro vi era una Dea. O qualcosa di simile. Di sicuro il Cerchio era tra di loro. No che la parola di Getsumoto fosse messa in dubbio, sia chiaro, ma nel mondo molti si professavano il Cerchio, nessuno di loro lo era. Eppure Shitsuki, che nel segno di Jashin aveva proliferato, che nel suo Verbo mangiato e bevuto, la sua carne offerta a lui, il sangue dei suoi nemici versato, ora si ergeva in possanza tra di loro. Era chiaro che non era più una tra tanti. I segni vi erano tutti. ignorarli era da pazzi, così come metterli in dubbio. Nemmeno Sue lo fece, eppure sapeva che il Cerchio si manifestava, ma non nella completezza. Lunga era la strada per esserlo. Tortuosa come il volere di Jashin che, capriccioso e volubile, amava dare e poi togliere, per poi riconcedere fino a che l'essenza stessa del Cerchio non fosse compiuta. Shitsuki era il Cerchio per molti, non per Sue. Shitsuki avrebbe guidato lo Jashinismo in chissà quali nuove strade. Non per Sue. Sue non lo credeva possibile. Il templare, che tanto aveva sofferto, ucciso, pregato e dato se stessa - anima e corpo votati a Lui soltanto - non poteva credere che una bimba piagnucolosa e viziata fosse davvero il Cerchio di quest'epoca. Nella sua umile dimora il rosario, nervosamente, venne passato tra le mani. Il cilicio non faceva più male, non più della rabbia che serpeggiava nel suo cuore divampando nel gesto iroso di lanciare il rosario verso il muro. Ansimò. la fronte imperlata di gocce di sudore. i lunghi capelli setosi si agitarono in una coda scomposta e dovette toglierli dalla sua fronte con un gesto nervoso della sinistra. La vide tremare.
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