Missione C - L'Abbraccio di una Famiglia, Per Zen Humor (2° pg)

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view post Posted on 21/5/2017, 22:22     +1   -1

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Certe volte gli adulti lo fanno apposta. Lo fanno apposta, punto e basta. Cioè... Potevano farmi andare avanti con chiunque. Chiunque. Invece no, proprio con Mekorochi devono farmi proseguire nella foresta... Ah, accidenti e accidentaccio! Non... Non riesco nemmeno a guardarlo, il che rende così difficile orientarsi in questa foresta. Lo osservo fugace, all'angolo del mio campo visivo, di tanto in tanto, giusto per essere sicura di proseguire sulla strada giusta. Per la santissima polpetta gialla, ma quanto diavolo dista questo benedetto villaggio?

Che poi... "Nakoganezu"? A pensarci, è scritto in un modo proprio strano. Non ci ho dato troppo peso, visti i kanji lì sulla pietra, ma ora che mi torna in mente, ha un nome davvero particolare. S-Sarà per distrarmi, che ci penso proprio adesso, ma quel nome significa infondo "Il Nido del Ragno Vespa". "Ragno Vespa"? Perché i Figli della Vedova dovrebbero chiamare il proprio villaggio sul nome degli imponenti Ragni Samurai? Per carità... Capisco benissimo che noi ragni siamo tutti uguali e, se ben ricordo, mamma mi ha raccontato che una delle sorelle di Jinosamu fosse proprio una colossale Ragno Vespa, ma perché non dedicarlo alla propria madre? Io proprio non-

« Hacchan, io... »

« E-Eh? » vengo ripescata brutalmente dai miei pensieri. Mekorochi si è fermato, si è voltato, e ora mi punta dritto gli occhi addosso. Io cerco di sostenere il suo sguardo, ma sento già bruciare completamente, mentre il cuore si ferma lì sul posto. Inizia a scusarsi. Scusarsi tipo... Tanto. Accidenti. Oh... Immenso Jinosamu, proteggimi. « S-S-S-Stupido! » balbetto, coprendomi il volto con tutte e sei le braccia, scuotendo leggermente la testa a destra e sinistra. Ma che si pensa, questo qui?! Vuoi vuotare il sacco?! E VA BENE!

« A-A-Anche tu mi piaci, c- » NO! NON OSARE DIRLO! « c-CASPITA! » ecco, meglio. « Cioè... Non è... Non è colpa tua, Mekorochi! Tu... Tu sei bello e sei dolce, accidenti. E poi... » E poi hai un coso da favola, cazzo. Ecco, l'ho detto. Cioè, l'ho pensato. Così da favola che sicuramente nella mia classifica di cosi belli è tra i primi tre! E... E accidenti! Ecco! Sto brucia, aaah! Le gambe sono così dannatamente leggere, in questo momento, le sento tremare tantissimo. Come glielo posso spiegare, senza sembrare un'idiota patentata?! « Non è colpa tua! Sono... Sono io che mi blocco. Nonhomaifattonienteio. » Ecco qua. Contento? L'ho detto! Con un filo di voce, che a stento mi sentivo io stessa, ma l'ho detto. Non lo so perché, ma arrivata al sodo, mi blocco! E' già successo, accidenti! Tante volte! Certo... Ho tenuto buon fede al mio cognome. Di palpate ne ho date tante e di cose ne ho viste anche di più! Però... Però quando mi trovo di fronte a... Sì insomma... Mi blocco. Mi blocco proprio.

Ah, da quanto tempo è che sono in ginocchio per terra?

« S-Stupido. » sospiro ancora, tenendo bene bene le mani tutte al loro posto. A coprirmi, ovvio, per quanto due ora mi si sono arrotolate insieme alle braccia sulla vita. Uffa... Accidenti a me. Perché sono così stupida? Eppure cazzo, quella notte stessa nonostante ho cercato di fare assolutamente finta di niente, ci ho dato giù pesante mentre quasi tutti gli altri dormivano, pensando a questo benedettissimo ragazzo. Ama me lo ha spiegato, già quando la vidi nuda la prima volta, che per noi ragni queste cose sono assolutamente normali... Essendo per metà insetti, cresciamo molto più in fretta e abbiamo bisogni più... Impellenti, ecco. Non a caso diventiamo donne un paio di anni prima rispetto alle altre ragazze. E io avevo la possibilità di godermi una delle creazioni più perfette di padre Jinosamu e me la sono fatta scappare. I-DIO-TA!

Mi rialzo a forza, sospirando pesantemente. Cerco di scoprirmi, ma sono ancora rossissima in volto, questo è sicuro. Mi avvicino a lui, incerta, quindi gli afferro un paio di braccia, con tutte le mie. Stupido. « Stupido. » Stupido. Gli do un bacio sulla guancia. Forza, maledetto gnoccolone, proseguiamo.

 
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view post Posted on 22/5/2017, 09:47     +1   -1
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Tra Meko e Hacchan, non si sa chi sia più imbarazzato... Ma per fortuna, l'imbarazzo sfocia in qualcosa di positivo: una risata. Mekorochi sgrana gli occhi, sconvolto, e alla fine... Scoppia a ridere. Una risata dolce, non di scherno, probabilmente anche per alleviare la tensione che deve aver accumulato fino a quel momento.

«Non ci credo! No, ma sul serio non... Non l'hai mai fatto? Sei così carina, com'è possibile che...» Si blocca, tossicchia coprendosi la bocca con un pugno, e decide di scuotere la testa facendo ondeggiare la corta coda di cavallo in cui ha legato la chioma nera, rasata ai lati.
«Okay. Non importa. Sono... Emh...» Ridacchia, un po' impacciato ancora, ma poi fa un bel respiro e scocca ad Hadaka uno dei suoi sorrisi, calmi, sicuri, affascinanti, sicuramente testati davanti allo specchio per avere la massima riuscita. «Meglio andare. C'è ancora un po' di strada da fare.»

Offre una mano ad Hacchan per alzarsi in piedi, e riprendono quindi la marcia, con un silenzio meno teso rispetto a prima. Infatti, meno di un minuto dopo Mekorochi parla di nuovo, più allegro e sciolto nel tono e nella postura.

«Hacchan, senti... Il Nido non è un villaggio come tutti gli altri. Non so se lo sai, visto che lo stai cercando...» Nessuno ha mai chiesto alla ragazza per qual motivo abbia intrapreso quella cerca, per rispetto nei suoi confronti dopo l'aiuto che ha dato ai Figli della Vedova. «Io... Ci sono stato poche volte, ero più piccolo... Ma... Ricordo la sensazione di essere in un posto strano, come se appartenesse a un'altra realtà.»
Il tono del ragazzo si era fatto più serio, così come gli occhi con cui guardava la Nukenin.
«Non sono cattive persone. Nessuno mi ha mai trattato male... E anzi, sono tutti come me e te... Più come me che come te» ammette, muovendo le sei mani a sottintendere i geni Aracnidi. «Però sono tutti molto religiosi, ecco. Molto... Focalizzati, concentrati. Il tempio è il centro della vita del villaggio, tutto dipende da quello e dalla Madre, che parla per bocca delle sue Sacerdotesse. In questi giorni non te l'ho voluto chiedere per non farmi i fatti tuoi, ma...»
Una breve pausa, il tono si fa più morbido e basso, come se si stessero confidando un segreto.
«Hacchan, perché cerchi il Nido?»
 
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E dai, via! Non dirmi pure che sono carina, così mi sento soltanto in colpa. Lo so che non sono questa gran cosa, suvvia... Anche se il complimento, oltre all'ulteriore imbarazzo che mi scatena, gli permette anche di sopravvivere. Dopo quella risata, l'avrei ucciso, maledetto lui. Ecco, infatti, "sorriso vincente", meglio andare. Dopo qualche minuto di camminata appiccicata a lui, sciolgo l'abbraccio sulle sue braccia. Il percorso si sta facendo più impervio, quindi sarà il caso di permetterci ad entrambi di muoverci liberamente. Il villaggio sembra essere nascosto davvero bene... Le ultime tracce di "sentiero", se così lo si vuole chiamare, sono sparite da un pezzo, facendoci proseguire praticamente nella pura selva. In effetti, non sono sorpresa, è pur sempre di un villaggio di Ninja di cui stiamo parlando.

Di colpo, ciò che temevo scivola fuori. Non mi sorprende che sia proprio Mekorochi a cavare il ragno dal buco, probabilmente per sé stesso e per tutta la sua famiglia. Gli adulti si sa, sono fin troppo discreti per chiedere certe cose, specie verso una persona a cui sono riconoscenti, in un modo o nell'altro. Mito e Reizeko invece semplicemente danno per scontata la mia presenza, una volta conosciutami, quindi i miei perché per loro non sono per nulla importanti. Eh... E ora? Da quanto m'è sembrato di capire, non tutti i Figli della Vedova sanno del massacro che c'è stato, quindi è assai improbabile che riesca a spiegare la cosa partendo da questo punto. Spiegare... Sì, dovrei proprio farlo, presto o tardi, poco importa che inizi con Mekorochi: per quanto siamo tutti figli di Jinosamu, sono pur sempre un elemento esterno per questa gente. Se non trovassi Goke, per qualsiasi ragione, lì a Nakoganezu, avrei dei grossi problemi. Sospiro, continuando la marcia.

Quanto spiega il ragazzo non suona per nulla nuovo alle mie orecchie. Per me è una costante, questa, ed è decisamente normale per un clan come il nostro fare del centro della propria vita la religione. Viviamo a contatto diretto con la divinità nostra genitrice, come possiamo ignorarla? Probabilmente loro sono ancora visceralmente legati alla loro defunta madre, piangendola all'interno del suo tempio. Come dargli torto... Se Jinosamu morisse, per noi a Suna sarebbe lo stesso. Oh, per il sommo, non voglio nemmeno pensare ad una cosa così orribile!

« Ho tradito Suna. » gli faccio subito, secca. Vuoto il sacco. Non è il modo migliore di iniziare questo discorso, né tanto meno un invito a convincermi ad accettarmi. Mi rendo ben conto che proteggere una nukenin è un atto azzardato e rischioso per chiunque... Ma non voglio basare il mio rapporto con i Figli sulle bugie. Non è giusto mentire a nessuno, figuriamoci ai propri simili! « E so cos'ha fatto Suna al nostro clan. Per colpa sua ci siamo divisi... Ma voglio aiutare. Voglio dare una mano. Magari, con tempo, riuscirò a trovare un modo per unire di nuovo il nostro Clan. Goke-sama mi ha spinta a questo, in un certo qual senso. Spero di trovarla... » Non posso credere che la donna non sappia. Lei mi ha mandata in quella casa appositamente per quel motivo, forse conscia che quelle rivelazioni mi avessero condotto qui. Magari... Magari cercava proprio un aiuto. Ma perché in me? Sono una genin da così poco, non ho manco svolto la mia prima missione fino in fondo! Per quanto mi riempia di belle speranze, non voglio prendervi in giro... Sono qui soprattutto per cercare risposte e soltanto Goke può darmele.

 
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Quel "Ho tradito Suna" fa bloccare Mekorochi, che strabuzza gli occhi come se gli fosse andato di traverso un limone intero. Fissa sconvolto la neo-Nukenin che gli racconta, con onestà e schiettezza, il perché del suo peregrinare per il deserto e le terre ninja, e quando Hadaka finisce di parlare per diversi secondi il giovane resta in silenzio. La guarda, poi distoglie gli occhi, fissa l'erba, gli alberi, il sentiero. Inspira ed espira, lentamente, e si passa una mano sul viso imberbe, dai tratti così finemente cesellati.
Un sospiro, abbassa le spalle, chiude gli occhi...
Poi li riapre, e sorride.
Anzi, sogghigna.
«Tu vuoi proprio farmi perdere la testa per te, vero?»
Ridacchia ancora, le mani superiori passano tra i capelli, quelle inferiori si appoggiano sui fianchi, ma le mediane dopo un momento si allungano in avanti per afferrare le corrispettive della giovane.
Occhi negli occhi, il sogghigno non svanisce ma viene illuminato da uno sguardo estremamente ammirato.

«Sei un'eroina, Hacchan. Non pensavo che esistesse ancora qualcuno della stirpe principale di Jinosamu che pensasse ancora a noi. Tu... Hai addirittura tradito il tuo villaggio, per noi. E nemmeno ci conoscevi!»
D'impeto, la tira a sé e la abbraccia, stavolta con tutti e sei gli arti.
«Non sarà facile, te lo posso già dire. Ma... Prometto che farò di tutto per aiutarti in questa tua missione.»
Le accarezza le guance, sorridendole ancora, sempre più ammirato ma adesso quasi orgoglioso di essere entrato a far parte del... Comitato di riabilitazione dei Figli della Vedova? Sì, tipo. Dovranno pensare a un nome più adatto.
«Forza, andiamo. Manca poco.»

Superata l'ultima altura, agli occhi di Hadaka si apre un altopiano occupato per quasi tre quarti della sua area da un lago, calmo e scuro, sulle cui rive meridionali sorge un piccolo centro abitato composto da una ventina di case di legno. A colpire, inevitabilmente, è il tempio che le sormonta. Costruito in parte su palafitte che si affacciano sul lago, a una decina di metri d'altezza, e in parte su una piramide di pietra a gradoni che la innalza dal suolo. Pali e pareti sono dipinti di viola, il colore del divino, ma gli arazzi decorativi sono tutti gialli e neri.
C'è un po' di gente per le strade, e quando Meko e Hacchan superano il grande torii rosso posto al limitare del sentiero, le teste iniziano a voltarsi nella loro direzione. Mani (molte mani, tutti i presenti sono Aracnidi, dal primo all'ultimo, e tutti con la stessa fisicità di Mekorochi e della sua famiglia: snelli, mori, pallidi, con occhi sottili e allungati) puntano verso di loro, sussurri vengono scambiati, gli occhi sono tutti per Hadaka, la straniera. Meko le prende una mano, procedendo a testa alta, malgrado sia facile capire come anche lui sia un po' nervoso.

Arrivati ai piedi della piramide, viene loro incontro un sacerdote. È facile riconoscere il suo ruolo per via dell'abito bianco e lungo, e del cappello allungato che porta sul cranio rasato. Le sei mani sono morbidamente congiunte al centro, in una posizione pacifica, ma appena scende l'ultimo gradino si aprono in un gesto di accoglienza.

«Mekorochi-kun, è un piacere rivederti! Come sei cresciuto... Sono passati anni dall'ultima volta in cui ti ho visto!»
Meko china il capo in segno di ossequioso saluto, poi lo rialza.
«Tamaseko-san, perdoni la mancanza di preavviso, ma ci siamo trovati in una situazione drammatica.»
In breve, ma senza tralasciare dettagli, Meko racconta della disgrazia di Chobushimachi, del fantomatico "mostro" che avrebbe distrutto il villaggio, della fuga nel deserto, fino all'incontro con Hadaka. Spiega che la ragazza li ha aiutati, e che i suoi genitori, i suoi fratelli e i suoi amici sono ai piedi della collina con un carro, e hanno bisogno di aiuto.
Senza perdere tempo, Tamaseko fa cenno ad alcuni dei presenti, radunati lì per curiosità verso la nuova venuta, e ordina con voce gentile ma perentoria di radunare carretti e volontari per andare ad aiutare i loro fratelli. Un gruppo di persone si organizza e parte, mentre il sacerdote torna a guardare Hadaka. Le sorride gentilmente, ma senza vero calore negli occhi neri come la pece. È alto poco più di Hadaka, si indovina un fisico gracile sotto la veste riccamente decorata da intrecci di ragnatele d'argento.

«Il mio nome è Tamaseko. Sono uno dei Prescelti della Madre, ricopro il ruolo di Ichidan. Ti do il benvenuto a Nagakoganezu, e ti ringrazio per aver aiutato i nostri fratelli in difficoltà... Ma devo chiederti di spiegarmi con esattezza perché sei qui.»
Gli occhi si abbassano sulla mano che Meko le tiene stretta, e il ragazzo si affretta a lasciarla, imbarazzato.
«Non abbiamo mai ricevuto visite di membri della stirpe principale di Jinosamu. Quindi... Perdona la mia mancanza di rispetto, ma la tua gente... Ha dei trascorsi con la nostra che potrebbero non farti essere completamente la benvenuta in mezzo a noi.»
 
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view post Posted on 23/5/2017, 13:18     +1   -1

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Non... Posso di certo dire che mi aspettassi questa reazione, da parte del ragazzo. Pensavo si innervosisse, addirittura che mi scacciasse, o comunque come minimo mi desse un po' addosso, e invece eccomi qua, di nuovo paonazza e confusa, stretta tra le sue forti braccia. Non che non sia piacevole. Solo che... « S-Stupido, non dirmi queste cose solo per farmi piacere! » gli dico, convinta, scivolando via senza troppa voglia dal suo abbraccio, per proseguire altrove. Gli do subito la schiena, così da non dover affrontare ancora il suo sguardo. Figuriamoci... Chi può apprezzare una nukenin? Sospiro, girando leggermente la testa verso di lui, con le braccia tutte raccolte l'una sull'altra. « G-Grazie. »



Ed eccola qui, dunque, Nakoganezu. La osservo dall'altura che precede il piccolo lembo di terra su cui è costruita, in questo ampio piano coperto per la maggiore da un grosso lago d'acqua densa e azzurra, che riflette il cielo come uno specchio. E' un insediamento minuscolo, rispetto a Suna... Ma di una bellezza del tutto nuova, per i miei occhi. Case in legno, decorate con pietre chiare e piante in ogni dove, con tetti in piastrelle di un viola intenso, omaggio probabilmente alla Madre. Struttura che si solleva da tutte le altre, sia per particolarità che per effettiva altezza, è quella che immagino funga da tempio. Costruita a ridosso del lago e issata dal terreno attraverso un'ampia struttura in pietra, si estende verso l'acqua... Acqua, cacchio. Non ne ho mai vista tanta tutta insieme e, di colpo, soffermandomi sul lago, mi rendo conto di quanto la cosa mi metta in soggezione. Cioè... A Suna l'acqua non manca e dopo tutta la pioggia presa durante il viaggio, cosa pure assai rara, non pensavo di farmi colpire da così poco. Scuoto la testa, tornando a Nakoganezu. Il villaggio è in fermento, cosa decisamente plausibile, dato l'orario. Tanti nostri simili sono in giro a svolgere diverse faccende. Chi ripara un cancello, chi serve ad un chiosco all'angolo della strada, chi fa la spesa e chi semplicemente sta lì a passeggiare. Tutti ragni, dai più piccoli agli anziani. Mi ricorda il Clan... Manca solo la sabbia e l'oro!

Non ci vuole molto, per farci notare. Non appena superato l'ingresso, delimitato da un grosso portone rosso, poco a poco le persone che ci sono intorno ci iniziano a scrutare. In un villaggio di shinobi, in effetti, non è proprio gradevole ricevere delle visite inaspettate. Mekorochi fortunatamente è un lasciapassare importante. Tra le voci che iniziano a mormorare e i gesti che accompagnano i nostri passi, noto come i più anziani riconoscano il ragazzo, sogghignando anche contenti del suo ritorno. Intuisco che comunque non deve essere cambiato molto, da quando lui era bambino. Prosegue a colpo sicuro, muovendosi fra gli ampi sentieri delineati dalle case, diretto al tempio, dove ad accoglierci c'è un anziano uomo con vestiti sontuosi e chiari. Particolare, sul serio. Senz'altro un sacerdote. Devono averlo avvisato del nostro arrivo, non credo che sia stata una coincidenza il suo scendere le scale proprio in questo momento.

Mekorochi viene accolto da grande affetto. Pur rimanendo fermo nei suoi gesti, la voce dell'anziano è chiaramente carica di assoluta contentezza nel richiamare il nome del ragazzo che ha di fronte. D'altra parte, Meko non accenna a esporsi troppo, forse in soggezione per la figura, ma prende comunque a spiegare dettagliatamente cosa sia accaduto alle loro case, per poi passare al descrivere il mio incontro con la loro famiglia, il viaggio e così via, fino al nostro arrivo. Tamaseko, così si chiama il sacerdote, immediatamente invia diversi uomini che ci hanno circondato a recuperare i rimanenti pellegrini, per poi concentrarsi su di me. L'estranea. Il suo tono di voce è calmo, così come il suo sguardo rimane gentile, per quanto è in grado di far sciogliere rapidamente la stratta che aveva su di me Meko-kun. Ma... C'è chiaramente in quegli occhi, così come in quanto dice, una certa freddezza e diffidenza. Non posso di certo dargli torto...

« Ehm... » Mi schiarisco la voce, quindi congiungo le mani superiori e mezzane, tenendo ben allargate invece le braccia inferiori, inchinandomi marzialmente di fronte all'anziano. Non so se condividono questo segno, essendo in uso da noi figli di Jinosamu, ma non conosco altre forme di rispetto... Rimasta ferma, chinata in avanti, procedo dunque a presentarmi. « Mi dispiace infinitamente di disturbarvi, Tamaseko-sama, e capisco benissimo le remore che avete nei miei confronti. Non ho alcun diritto di essere qui, ma... Ma avevo bisogno di conoscere voi e la vostra gente. Ho abbandonato il mio Clan e il mio Villaggio perché ho scoperto quanto sono stati meschini nei vostri confronti, grazie all'aiuto di Goke-sama... E credo... »

Come posso dirlo facendomi prendere sul serio? Sono solo una bambina, altro che "riunire i clan con il mio aiuto". Nessuno può credere alle mie parole, se non forse Goke, ma lei non è qui in questo momento. Trattengo il fiato, per qualche secondo, sperando mi aiuti a pensare, quindi lo lascio tirare via, rialzandomi e puntando gli occhi contro quelli del sacerdote. Non c'è sfida nel mio sguardo, ma molto probabilmente... Supplica.

« Siamo tutti figli di Jinosamu, Tamaseko-sama. Di recente alcuni di voi sono venuti a trovare nostro Padre, e ho visto quanto voi lo amiate... Credo che... Che se io sono qui, in questo momento, c'è una possibilità di poterci riunire. Jinosamu credo vorrebbe questo. Lo so di essere solo una giovane kunoichi fuggiasca, ma... Ma sento che questo è il luogo dove la ragnatela di Jinosamu mi vuole, in questo momento. »

 
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view post Posted on 25/5/2017, 10:58     +1   -1
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Quando viene nominata Goke, le sopracciglia di Tamaseko si alzano sorprese. Per un attimo gli occhi dell'Aracnide sembrano farsi pensierosi, adombrati da qualche elaborazione mentale che però non condivide con l'esterno. Dura solo pochi istanti, e mai sembra smettere di ascoltare le parole di Hadaka, fino alla fine.
Con le mani morbidamente congiunte davanti a sé, Tamaseko guarda la giovane negli occhi, con calma e fermezza. Poi annuisce, una sola volta.

«Così giovane... Eppure già così appesantita da questo fardello. Sei una ragazza speciale, Hadaka-chan. È un onore per noi averti qui.»

Rivolto lo sguardo a Mekorochi, il sorriso di Tamaseko è pallido e garbato.
«Mekorochi-kun, vai pure ad aiutare la tua famiglia. Io condurrò la nostra nuova amica al cospetto della Madre... E deve essere da sola.»
Meko deglutisce, un po' nervoso, ma guarda Hadaka e le sorride comunque per rassicurarla.
«È un grande onore poter parlare con la Madre, Hacchan. Pensa, io non l'ho mai fatto... L'ho solo vista una volta.»
Le prende una mano, la stringe con due delle sue, e aggiunge solo un mormorante «Ci vediamo dopo.»

Tamaseko fa quindi segno ad Hadaka di accompagnarlo, e inizia a salire. La scalinata è lunga ma non lunghissima, sebbene sia parecchio ripida. Viene da pensare che chi se la fa tutti i giorni debba possedere una muscolatura inferiore decisamente ferrea, e nessun problema di articolazioni difettose.

«Quando sarai di fronte alla Madre, ti prego di essere rispettosa. Se Padre Jinosamu è forte e intimidatorio, lei è molto più fragile e ha bisogno di calma e riposo. Vista la nobiltà del tuo scopo, però... Sarà sicuramente compiaciuta della tua presenza.»

Raggiunta la cima, Hadaka si trova di fronte a un tempio all'apparenza tradizionale: otto colonne che delimitano l'area di ingresso, e altrettanti arazzi che scendono adombrando l'interno, schermandolo dalla vista sia di chi è dentro che di chi è fuori. Oltrepassando il pronao, l'ambiente si fa immediatamente più buio. Una serie di piccoli bracieri delimitano il corridoio che conduce all'interno, ma la poca luce che emanano è sufficiente a far capire che il tempio non è adornato da ricche suppellettili, bensì da tele e arazzi che rappresentano scene di vita aracnidea.
Jinosamu e le sue sorelle-mogli, la Vedova e la Samurai, rappresentati in tutta la loro maestosità e potenza.
I loro figli, uomini e donne con sei braccia, che li adorano e li venerano, e da cui sono amati e guidati.
Le lacrime di Jinosamu e il sangue versato della Vedova e della Samurai.
La disperazione dei fedeli, scacciati dal nido e in fuga nel deserto.

E poi, l'ultimo, di nuovo la Samurai, avvolta da un'aura bianca e oro, che tesse una tela d'argento di fronte all'adorazione dei Figli della Vedova.

Quello è l'ultimo arazzo che Hadaka vede, perché Tamaseko le mette una mano sulla spalla.
«Aspetta qui, vado a presentarti.»

Il sacerdote sparisce dietro una doppia tenda bianca, con due bracieri posti davanti, sì che Hadaka non ha modo di vedere nemmeno le ombre al di là di essa. Sulla destra, è presente un bacile di pietra pieno d'acqua e un piccolo tavolo di legno scuro con sopra alcune pezze di stoffa bianche ordinatamente ripiegate.
L'attesa dura poco, perché poi Tamaseko fa ritorno, dando le spalle alla tenda e rivolgendosi a lei con voce molto bassa.

«La Madre è pronta a riceverti. Consegnami tutte le armi che hai, questo è un luogo santificato e di preghiera. Lavati le mani e il viso, quella è acqua del lago purificata dalle nostre sacerdotesse, ti monderà dalla polvere e dalla pesantezza del tuo animo.
Inoltre, devi entrare a capo chino. Non alzare gli occhi sulla Madre finché non sarà lei a darti il permesso di farlo. Sarebbe grave offesa, altrimenti.»


Per quanto Tamaseko sembri essere a suo agio in quel ruolo, le sue raccomandazioni sono severe e un po' brusche. Probabilmente teme che una piccola Aracnide ignorante del mondo come Hadaka possa sbagliare qualcosa, per questo le fornisce quelle istruzioni scandendole bene e con calma, assicurandosi che la Senshokushin le assimili tutte prima di permetterle il passaggio oltre la tenda.


 
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view post Posted on 25/5/2017, 21:32     +1   -1

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Sono... Confusa. Decisamente confusa.

Credo sia stato il nome di Goke a farmi liberare la strada, ma non pensavo di ambire già a qualcosa di così grande, come un incontro diretto con la creatura tanto amata da questa gente... Ma nell'avanzare sulle scalinate e ora a muovermi tra queste meravigliose otto colonne, non riesco a non essere confusa. No, non è la facilità con cui l'anziano s'è convinto, quanto più la figura che sto andando ad incontrare. La... "Madre"? La Madre di questa gente è morta, per mano di Himura. L'ho vista... L'ho vista io stessa, cedere per mano di Himura. Che sia sopravvissuta al massacro? No, non è possibile. Perché avrebbe dovuto tenermi nascosto questo ricordo così cruciale? Non esiste, non può essere!.. Ma allora...

Allora costa sto andando a visitare?

Mentre osservo questi delicati arazzi di seta bianca, vengo avvinghiata dall'ansia. Questa non è la seta né di Padre Jinosamu, ricolma di vita pulsante, d'oro come i raggi del sole, né tanto meno quella della Madre Dolorosa, viola e tetra come il passato che rievoca. C'è qualche altra creatura nascosta in questo tempio, qualcosa di molto più... Evocativo. Perché il bianco è un colore assai importante, per noi del Clan, forse ben più dello stesso Oro di Jinosamu. E' il colore della comunione, di tutto ciò che è e che sarà, per questo tutti i ragni in tutto il mondo tendono tele argentee e chiare.

Non pronuncio neanche una parola per tutto il tempo, nemmeno quando, una volta oltre le colonne, mi viene ordinato con estrema chiarezza quanto mi devo comportare. Mi limito ad un ampio gesto del capo, solenne. Un gesto ben preciso, che indica che seguirò alla lettera quanto mi è stato chiesto. Consegno le mie armi, slacciando per accorciare i tempi la mia intera borsetta, quindi abbandono lo zaino, restando con i soli vestiti addosso. La tenda bianca che mi attende sembra brillare di luce propria, per quanto sia pura... Mentre l'acqua del lago che mi attende è di tutt'altra natura. Mi avvicino, osservandola poco certa. E' densa, scura, sembra estremamente profonda già da vicino la riva.

Faccio quanto mi viene chiesto, senza soffermarmi troppo. Mi sfilo i calzari, per quanto non mi sia stato richiesto, quindi mi chino verso lo specchio liquido. Affondo tutte e sei le mie mani, tutte e sei insieme, quindi raccolgo l'acqua nelle tre coppie, trasformate in conche. Una ad una le porto sul viso, sui capelli, sul collo. E' fredda... Ma non mi fa rabbrividire. Proseguo, un altro paio di volte, fin quando non sento il deserto scivolare completamente via da me. Ogni granello viene tolto dalle mie ciocche, ogni arsura mondata. La mia pelle sembra diventare più chiara, ora che non è più marcata dal sentiero, come se l'acqua stessa del lago cerchi di schiarirmi, così da essere pura come tutto ciò che mi avvolge. Mi lavo le mani, con estrema cura, così come le braccia.

Sono pronta.

A capo chino, mi avvicino all'uomo, ancora grondante, pronta a proseguire. Cosa mi aspetta?..

 
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Con la testa china, Hadaka non può vedere molto. Giusto il pavimento, di legno scuro e liscio, lavorato e incurvato dal peso di centinaia di piedi che lo hanno solcato. A capo chino, può vedere poco ma sentire: sentire un respiro regolare, sottile, poco più di un sibilo.
E una voce di donna.

Benvenuta, bambina.

La voce era estremamente sottile e delicata, come una ragnatela che ondeggia nel vento, e suonava lievemente attutita da qualcosa. Tuttavia, nel silenzio del tempio che si affacciava sul lago, era comunque perfettamente udibile al di sopra del crepitio delle fiamme che illuminavano quel posto.

Posseggo molti nomi. Ragno Vespa, Ragno Samurai, Tessitrice del Tempo, Tokiyubi... Ma quello con cui si rivolgono di più a me è Madre.

La sentì sorridere, dal tono di voce che cambiava.

Alza gli occhi. Puoi guardarmi se lo desideri.




 
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Sollevo gli occhi, timorosa, smossa da quell'ordine delicato eppur così estremamente solido, come scolpito nella roccia. Timorosa, timorosa muovo il mio corpo che sembra essersi intorpidito. Nemmeno la voce silenziosa di Jinosamu mi ha mai intimorita così tanto e questa candida voce femminile non riesco nemmeno a comprendere se mi suoni nella testa o sia reale e cristallina come sembra. Sollevo il capo, poco a poco...


« Ah. »


Qualunque cosa abbia di fronte, non è ragno, né figlio di ragni... E i miei fratelli la chiamano madre. Il panico mi attanaglia, stritolandomi con i suoi lunghi artigli neri, non dissimili a quelli della creatura che ho negli occhi, strabuzzanti e confusi. Non riesco nemmeno a descriverla appieno, se non concentrandomi su d'un tratto o un altro, perché nel complesso... La mia mente si rifiuta di capire. Le braccia si trattengono a stento dallo sciogliersi, sempre strette l'una sull'altra in una preghiera poco certa, rivolta al nulla. Vorrebbero muoversi, tornare libere, così come le mie gambe, diventate di puro marmo.

Inizio poco a poco a creare un filo conduttore, dentro di me. Credevo che le mogli di Jinosamu fossero leggende, ma l'aver incontrato la Madre Dolente, la Vedova, mi ha dimostrato chiaramente il contrario... E questa entità si palesa come l'altra sposa del Padre d'Oro, la Vespa, o la Samurai per chi preferisce un appellativo più onorevole... Ma... Ma dovrebbe essere un Ragno. Dovrebbe essere un ragno. Non ho mai letto né sentito di creature del genere... Eppure è qui, di fronte a me, reale e palpabile. La sua scura veste è l'unica cosa incerta, muovendosi all'infinito in spire sinistre e ricostruendosi, con pieghe sempre diverse, ma sempre con lo strano colore verde e giallo, così come lo strano sigillo sul velo nero che le copre il viso, rendendone invisibili i tratti. Eppure non è così alta. Eppure non è così piccola. E' di dimensioni umane... Esasperate, certo, ma pur sempre umane... E... E non so... Non so che dire...

Che io sia un sacrificio? Che io sia il suo pasto? Non sembra affatto abbia cattive intenzioni, in realtà. Il suo tono di voce è la cosa a cui più mi aggrappo per cercare del positivo in lei. E' stato così piacevole e delicato, come la voce di Padre Jinosamu... Ma allora cosa mi porta al suo cospetto? Vorrei chiedere... Chiedere... Ma non posso. Deglutisco con forza, cercando di ridare corpo alla mia gola che, paralizzata, s'è seccata per colpa delle fauci aperte. Chiudo gli occhi, abbasso di nuovo il capo. « E'-E' un'onore per me... » Se è chi dice di essere, dovrei chiamarla madre, ma proprio non riesco. Proprio... Non riesco... « Tokiyubi-sama. »

 
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view post Posted on 27/5/2017, 10:23     +1   -1
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Due braccia e due mani, morbidamente appoggiate su quella specie di impalcatura che le circonda i fianchi. Sembra un abito, sontuoso e ricco, ma ha alcune parti rigide e nero-violacee, che... Che si vanno ad aprire.
Due braccia e due mani e due zampe, perché quelle che sembravano accessori ornamentali risultano essere zampe di ragno (pieghevoli ma pur sempre zampe) nel momento in cui Tokiyubi apre le braccia in un metaforico abbraccio di benvenuto.

Bambina mia, percepisco il tuo nervosismo. Non essere tesa, vieni avanti.

Si sente che sorride, dietro il velo. La voce è sempre molto bassa, ma ha un che di dolce e materno... E di leggermente frusciante, ora che Hadaka è più concentrata su di essa lo riesce a percepire. Forse è per il fatto che ha un dannatissimo velo davanti alla faccia, tipo.

Hadaka Senshokushin. Ti conosco, figlia mia. Conosco la tua storia, la tua famiglia, il tuo amore per tuo nonno Yane e tua zia Ama... Una breve pausa, prima di tornare con le braccia e le zampe (la cui attaccatura deve essere sul costato o sulla schiena, perché Hacchan non riesce a identificarla bene) morbidamente ripiegate sul grembo. La Samurai parla assisa su una pedana di legno coperta da un telo viola scuro, che le garantisce una posizione sopraelevata rispetto alla giovane postulante.

Sei una figlia premurosa. Non per niente piaci al giovane Mekorochi.

Ebbene sì, mammina sa tutto. Potere delle madri, probabilmente.

Quindi... Non essere nervosa. Parlami, bambina. È tanto tempo che i figli della Tarantola non mi fanno visita. E so che non passavi di qua per caso, vero?

Ormai Hadaka sarà anche stufa di ripetere i suoi piani e le sue intenzioni... Però spiegarlo a Tokiyubi potrebbe essere diverso che farlo con Mekorochi, no?
 
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view post Posted on 28/5/2017, 23:05     +1   -1

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Sembra sapere tutto, per quanto non credo ci voglia di certo chissà quale alta concezione della conoscenza per capire che io sia a mio disagio, dentro questa tenda candida dal pavimento di legno scuro. Perché per quanto la creatura mostra con la sua bella voce calma e materna - come ben mi aspetterei dato l'appellativo che i miei fratelli le conferiscono - di capire tutto, dal mio nome alle mie intenzioni... Io d'altro canto non capisco niente. Proprio niente. Forse è questo che mi rende tanto nervosa...

Mi sembra così inutile spiegarle perché sono qui, eppure mi sento in dovere di farlo. Forse questo renderebbe concreto tutto... Il mio essere qui, le parole della Samurai e forse persino la sua figura, così indefinita, con le sue zampe che sembrano vestiti, fusi in modo poco chiaro a sé stessa in movenze leggere, eppure così evanescenti. Chiudo gli occhi per concentrarmi. Forse non osservandola, posso fare ordine tra i miei pensieri, tranquillizzarmi. Il cercare di capirla mi sta distraendo troppo... E non posso permettermi di fare errori proprio adesso. « E' vero, Tokiyubi-sama » pronuncio con calma e voce più ferma, ma senza dimostrare il calore che, forse, la creatura merita...

E il riferirmi a lei come "creatura" mi fa rendere conto di quanto già l'atto stesso in questione sia una mancanza di rispetto. Dovrei proseguire, ora, ma non ci riesco, assalita da questo nuovo dubbio. Accidenti... Non mi piace, non mi piace proprio come sta proseguendo questa cosa. Riapro gli occhi, tornando ad osservarla. C'è del Ragno in lei, non ci sono dubbi! Non ci sono davvero dubbi! Ma perché... Perché non è come me? Potrei capirlo! Perché non è come Jinosamu? Potrei capire anche questo! Ah, accidenti, smettila Hadaka!


« Vi spiego subito »

« ¿ıǝs ɐsoɔ ǝɥɔ »


Mi fermo di colpo. Che cosa ho detto? Oh, per la santissima polpetta gialla... I-Io proprio non lo so! Sgrano gli occhi, fisso altrove, imbarazzata. L'ho detto sul serio, o ho solo pensato di dirlo? Sono sicura che avrei voluto chiederlo, ma non è una cosa che posso chiedere così, a cuor sereno! Oh, maledizione... Che... Che sia già finita? Beh, c'è solo un modo per permettermi di salvare la situazione e la faccia, che ora, tesa come sono, sicuramente deve sembrare quella di una povera e stupida bambina spaurita.

« Scusatemi, scusatemi, Madre, non so cosa sia successo, prima... Vi... Vi dicevo. Io sono venuta qui dopo aver visto quanto successo a vostra sorella, la Madre dei Ricordi e dei Pensieri, la Vedova. Quanto ho visto mi ha fatto capire quanto Suna ci abbia trattato male e come in passato la gente del mio Clan sia ingiusta nei confronti dei suoi stessi fratelli. Vorrei porre rimedio a tutto questo. »


« ¡ǝɹıdɐɔ ɐ ıɯɐʇnıɐ 'obǝɹd ıʇ ¿ɐıןbıɟ éu oubɐɹ éu ıǝs uou éɥɔɹǝd 'ǝɹıdɐɔ ɐ oɔsǝıɹ uou »

 
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view post Posted on 29/5/2017, 17:42     +1   -1
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Povera, piccola Hacchan. Se la tela della Vedova agisce sui ricordi, quella della Samurai è padrona del tempo. E quindi, allo stesso tempo, iniziano a convivere due Hadaka: quella rispettosa e timorosa, quella con filtri e cortesia, e contemporaneamente quella che non capisce, che è intimorita, che vede tutto ciò che le è stato insegnato vacillare nell'incertezza.
E la Madre?
La Madre sospira.

Va tutto bene, bambina. Capisco le tue incertezze. Ti è stato insegnato che siete progenie di Ragni, quindi ti aspettavi... Un Ragno Samurai gigante, dico bene?

Un attimo di silenzio, poi un lieve fruscio. La Madre alza le zampe, quelle ragnesche, e si solleva il velo che copre il volto. Allo stesso tempo, le dita umane vanno ad aprire l'ampia gonna gialla e nera.
La visione potrebbe essere causa di immediata aracnofobia per i meno audaci.
Il fruscio che Hadaka sentiva nel parlato di Tokiyubi non era dato dal velo, ma dalle protuberanze zannute e pelose, tipiche del muso di un ragno, che la Madre ha nella parte inferiore del volto. Sei occhi completamente neri sono incastonati in un viso ovale, dalla forma umana, ma dalle fattezze ragnesche... E sgraziate. C'è qualcosa di sbagliato, di grottesco, nulla a che fare con la bellezza armonica di Jinosamu.
Al di sotto del bacino, quattro appendici sottili e nere, palesemente inadatte a sopportare il peso della metà superiore. Sono perfette zampe di ragno, lucide ed eleganti... Ma sembrano state impiantate su un corpo non in grado di sfruttarle per la loro anatomia.
(S)Fortunatamente l'abito copre a sufficienza da non permettere di capire come si colleghino le due parti del corpo.

Mi chiamano Madre, Hadaka... Ma non sono la loro vera madre, non quella che intendi tu, perlomeno.

Le zampe lasciano che i veli e la gonna tornino al loro posto, celando di nuovo la ragnosità dell'essere.

Hai visto quello che è successo alla Vedova, mia sorella... Ma quello che non sai è che hanno fatto la stessa cosa a me. Non contenti... Il tono è pacato, ma grave. Come un sussurro pesante quanto una montagna.
...Si sono presi parte del mio corpo. Lo hanno tenuto... Manipolato... Studiato. Finché non sono riusciti a riportarmi in vita...

Un sospiro più pesante, e la Madre china la testa.

Ma questa non è vita, bambina mia. Non sono forte a sufficienza. Avremmo bisogno di... Altra forza, altra energia... Affinché io possa recuperare appieno i miei poteri.

Si sente, che la voce è triste. E sembra sinceramente triste, sconsolata finanche. Una madre che non può provvedere al benessere dei suoi figli non è una madre felice.

Se io recuperassi i miei poteri... Potremmo usare la mia tela per salvare la Vedova... E a quel punto il Clan tornerebbe a essere unito. E Jinosamu...

Un sospiro più lieve, ma affilato come una stilettata. Dolore. Il dolore di un cuore spezzato.

...Potrebbe ritrovare la serenità... E tutti i suoi figli con lui.



 
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view post Posted on 29/5/2017, 21:27     +1   -1

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« Oh, santissimo Padre » esclamo in un sospiro, facendo scivolare tutte e sei le mie mani sulla bocca, come a voler nascondere l'ardir che ho avuto nel pronunciare quelle parole. L'ho osservata, ogni secondo di quello strano rituale di svestizione, mentre la Madre si rivela a me, pezzo per pezzo, mostrando così la sua vera natura, che solo ora mi rendo ben conto essere mal coperta dai teli che indossa.

Forse voi la critichereste, addirittura ripudiereste, per quello che è. Non tutti capiscono, anzi, solo chi possiede sangue di ragno nelle vene è in grado di discernere la vera bellezza di certe cose. Grottesca, rivoltante, orribile... Sono cose che ho sentito diverse volte sulla nostra natura, anche per noi che siamo più uomini che Ragni, ma lei... Lei è nel mezzo, in un simulacro chiaramente fragile, che stenta a mantenere un equilibrio debolissimo, eppure essenziale ed armonioso. E di colpo, scoperta, realizzo tutto, ogni mio dubbio è sfatato, e posso ammirare la delicata bellezza della sua doppia natura, di Ragno e di Donna. Chiudo gli occhi, piena di vergogna.

« M-Madre santissima... » Oh no, sto per cedere. Due paia di mani si sollevano piano, verso gli occhi, mentre le ginocchia crollano, portandomi a terra. Mi prostro a lei, distendendo le due braccia mezzane in avanti, in un sommo inchino disteso contro il legno. « Mi perdoni, mi perdoni Madre, non volevo dubitare, non volevo farvi sentire così. Volevo solo capire, volevo solo comprendervi, ma difficilmente il mio sguardo si poserà di nuovo su grazie tanto assolute, nel nostro mondo. Sia nel corpo, che nell'animo. » Perché i nostri intenti sono gli stessi... E ciò che già pensavo, mi è stato confermato da questa Creatura, che vive nel mezzo. In quelle poche parole di spiegazione, rivedo lo strano passato del mio clan e capisco. Capisco perché Jinosamu ha perso la parola, di colpo, perché così difficilmente comunichi con chi non è vestito di Seta e con chi non Danza. Sono sporche, sporche menzogne! Ogni aracnide lo sa, nel proprio cuore, che il sommo Padre vuole solo unirsi a noi in un ampio abbraccio... E l'hanno privato di tutto questo, così ora come la Madre è privata della sua vera forma, vivendo a metà.

« Madre Splendente » - Sospiro, trattenendo le lacrime, che smosse dalla vergogna cercano ancora di uscire. Galeotte, le trattengo a forza, mentre risollevo lo sguardo verso di lei, spingendo sulle braccia distese a terra. La fisso, attraverso il velo ritornato sul suo volto, con tutta la serietà e ammirazione che riesco a manifestare. « Io... Io voglio aiutarvi. Sia voi, che tutti i nostri figli. Voglio che padre Jinosamu sia felice, insieme a tutti noi altri! »

 
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view post Posted on 31/5/2017, 13:58     +1   -1
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Colpo basso, Fato. Colpo bassissimo per quella povera creatura scoppiettante di altruismo e voglia di aiutare che è Hadaka Senshokushin... E che adesso si prostra, quasi in lacrime, di fronte alla sorella della Madre Dolente, ma che duole assai a sua volta.
Tuttavia, è una voce calma e gentile quella che torna a farsi sentire oltre il velo.

Va tutto bene, piccola mia. È giusto dubitare di ciò che non si conosce e che va oltre quello che si è sempre saputo.

Rialzati, ora.


Non un ordine, ma un invito. Calmo e deciso. Insomma, non pare avercela con lei per aver dubitato della natura della Samurai. Tuttavia, dopo quell'offerta di aiuto, la testa di Tokiyubi si piega leggermente di lato, come se stesse osservando meglio la ragazza di fronte a sé.

Tu... Vuoi davvero aiutarci? È più una domanda retorica che altro, perché prosegue subito nel parlare. Potrebbe esserci un modo... Ma è rischioso...

Esita ancora un po'. Le mani, quelle umane, si stringono intrecciando le dita.

Dovresti concedermi la tua energia... Voi lo chiamate chakra, ma è la forza vitale di ogni essere vivente... E la mia non è sufficiente a farmi recuperare il mio aspetto, e soprattutto i miei poteri.

Un'altra breve pausa. Quando parla di nuovo, il tono è serio e più deciso, senza mai alzare il volume da quel sospiro frusciante di denti e mandibole ragnesche.

Goke mi aveva parlato di te. Aveva detto che saresti stata un'ottima candidata per questo ruolo... Perché aveva visto in te quello che ora mi è palese e luminoso. Il tuo cuore, piccola Hadaka. Il tuo cuore è puro e le tue intenzioni sono le più nobili. Sono sicura che con la tua energia io potrei tornare ad essere... Quella che veramente sono.

Non glielo stava ordinando, né chiedendo apertamente. Ma non le stava nemmeno dando dettagli troppo approfonditi, e questo forse Hadaka avrebbe potuto capirlo... Se il suo momento di totale devozione le avesse lasciato sufficiente lucidità mentale.


 
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view post Posted on 1/6/2017, 08:31     +1   -1

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La voce candida della Madre si muove di nuovo, verso di me. Il suo tono è caldo e ancora delicato, nonostante pensassi di meritarmi molto, molto di peggio, solo per aver dubitato. Mi chiede di tornare in piedi, ma non riesco, non appieno. Riporto dritto il busto, ma rimango comunque seduta, piegata sulle mie ginocchia, incerta ancora sul meritarmi di alzarmi o meno. La osservo, con occhi che sento lucidi, ma che comunque riescono nel loro compito di trattenere le lacrime... Forse si fanno forza nel fatto che, nonostante tutto, la Madre non è arrabbiata con me.

Lei dunque prosegue e nel suo parlare si fa... Stranamente esile, quasi timida. La sua voce si muove incerta, a muovere quella richiesta, che devo ammettere, mi prende alla sprovvista. « Il mio... Chakra? » le chiedo per avere conferma di aver capito bene. Una mano si posa sul mio petto, ad altezza del cuore, nucleo fondamentale della vita per ognuno di noi, dove sangue e chakra trovano la forza di viaggiare in tutto il corpo. Abbasso un po' lo sguardo. Lei dice che il mio cuore è puro, ma... Basterà? Piego le labbra, un po' incerta. « Madre, non dubito di voi, ma dubito di me stessa... Non sono di certo una gran manipolatrice di Chakra, né ne ho riserve enormi, o qualche forma particolare del suo controllo... » Sono solo una genin, infondo, una piccola e stupida genin... Oh, per Jinosamu, in realtà neanche quello sono più. Sospiro, allargando pian piano un sorriso tremolante...

« Ma... Per voi posso provare. Cosa dovrei fare? »

 
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58 replies since 18/5/2017, 20:56   784 views
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