使用人 の 破滅 Shiyōnin no Hametsu, Servi della Rovina, Quest Firma Sutra dei Serpenti per Hayate Kobayashi(Steve)

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使用人 の 破滅 Shiyōnin no Hametsu - Servi della Rovina ❞.
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Hayate - Do it - III Act.
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~ Kiri ( Paese dell'Acqua )
❝ Novità ❞.






Minuziose le iridi diamantine volgevano lo sguardo nella fitta nebbia, cercando di scorgere ivi le sagome d'una qualche figura su cui poter infliggere un colpo mortale. Recondita era nella sua mente la possibilità di fallire, di potersi lasciar sopraffare da un ostacolo nefasto, ma irrisorio, cosicché retto dalla guida del suo udito ebbe modo di orientarsi quel che bastava per non prostrarsi a piedi infimi. Non sapeva collocare l'effettiva posizione del suo compagno in quel loco, ma in tal caso l'opzione che aveva perseguito non avrebbe potuto causargli alcun danno.

Ebbe modo di comprendere che la sferzata che aveva compiuto successiva al colpo parato, era riuscita a colpire senza alcun dubbio uno degli uomini che si erano palesati dinanzi impedendo loro di persistere sul proprio cammino. Difatti, poté assaporare la gioia nefasta solcare la lamina delle Hiramekarei, quest'ultime estasiate dalla fine dell'astinenza. Da tempo immemore non gustavano quella linfa vitale; non effondevano il chakra in derma lacerati dalla loro veemenza. L'onda d'urto che investì la figura del malcapitato lo fece percuotere con impeto sulla parete laterale, che costeggiava il percorso. Probabilmente, in quel momento, trascorsero pochi effimeri secondi, ma tutti i movimenti parvero impiegarne molti di più.

Sentì un tremito, una frenesia interiore che gli scosse l'animo... Una reminiscenza di ricordi lo colse, sebbene non riuscisse a rendere nitide quelle immagini che balenavano celermente nella sua mente... Una sola sagoma, non molto evidente, faceva capolino nella nebbia fitta della memoria. Non era definita, né poteva accostargli un qualche volto conosciuto, eppure era come se fosse lì, dinanzi a lui, pronto a colpirlo frontalmente. Socchiuse gli occhi, per un istante, per poi riaprirli e riprendersi da quella forma di catalessi. Il silenzio, poi, s'impadronì dell'intero ambiente come se non fosse accaduto nulla. Solo la voce del Cantore poté interrompere la tacita situazione che si era instaurata, il quale asserì di non essere a conoscenza della loro identità ma solo dello scopo per cui erano giunti in quelle lande. Beh, perché non condividerlo? Corrugò la fronte, in segno di dubbio, per poi cercare di scrutare Hideyoshi dopo che si era rarefatta la polvere librante in aria. E fu così che lo vide, con ai suoi piedi il corpo esanime d'un altro bandito, probabilmente, che aveva inveito su di lui.

Il Cantore indirizzò il proprio cammino verso la parete ove era stato percosso quello che si era recato verso l'Artefice, per verificarne lo stato di salute, se fosse ancora in vita o meno. A suo avviso dovevano morire entrambi, era l'unica cosa a cui adempiere affinché nessuno li potesse seguire ancora. Non poté neanche replicare, nemmeno porre delle domande riguardanti la situazione che avevano appena incontrato poiché il Cantore senza dare spiegazioni si lanciò in una lunga falcata, quasi immediatamente. Quasi l'Artefice imbronciò, tralasciando quello stato di perenne impassibilità che lo contraddistingueva. Odiava i punti ciechi, odiava non essere a conoscenza di ciò che si fosse potuto palesare dinanzi il loro cammino. Intraprese anch'egli quell'andatura, celere e continua, quasi parve essere una memoria del passato lo stato in cui versava Hideyoshi, il quale era come se si fosse rigenerato dalla battaglia precedente. Era dubbioso l'Artefice, come non mai, non sapeva esplicare il perché di tutto ciò. La sua angoscia svanì da li a poco, dopo che la voce del suo colloquiante ebbe modo di reprimere ogni possibile scetticismo da parte di Hayate.

Non era stato chiaro; nel discorso che aveva proferito mancavano dei dettagli che, probabilmente, sarebbero stati utili da conoscere. Acconsentì alla implicita richiesta annuendo con la testa, quasi come se desse la propria disponibilità a non permettere a chicchessia di raggiungere l'obiettivo conclamato. Correvano, balzavano da pietra a pietra, così celermente che non sembrava che i due avessero trascorso un giorno intero in cammino. Nel mentre proseguivano verso la meta dal Cantore designata, poté osservare come fossero presenti novizie immagini sulle pareti: era possibile dedurlo dalla friabilità della pietra e dalla stessa incisione, non usurata dal tempo. Lungo il percorso incontravano ogni genere di indumento, utensili, o oggetti vari, torce ormai sopite o consumate... Ma che cosa significava tutto questo? Era possibile che su quelle alture si erano incamminate uno svariato numero di persone? Possibile che erano gli stessi della notte trascorsa?

Poi, qualcosa, colse maggiormente la sua attenzione... Tra le briciole di terriccio, erano presenti dapprima gocce di sangue, poi quest'ultime andavano ad uniformarsi su di un'unica linea, quasi come se qualcuno a cui era stata inferta una ferita, o qualcosa, fosse stato trascinato lungo quel sentiero. Ciò che le sue iridi diamantine videro da lì in poi fu qualcosa di aberrante, a dir poco. Quando si trovarono sul ponte, con relativa esclamazione alquanto nefasta da parte del Cantore, poté chiaramente individuare sulle lastre in legno del ponte una serie di corpi esanimi che qui vi giacevano. L'imbrunire rendeva ancora più atroce quello scenario, contornato da un baratro abissale e da un vento che quasi gli impediva di avere una postura eretta: doveva per forza imprimere del chakra sulla pianta del piede per non perdere aderenza. Un villaggio si ergeva sulla montagna, stranamente dato che prima d'ora non ne aveva mai intravisto nessuno durante quei due giorni di cammino. Qualcosa lì era successo, ormai aveva tutte le prove per esserne consapevole. Probabilmente non si trattava di qualcosa di benevolo, anzi, tutti quegli avvenimenti gli preannunciavano una possibile battaglia... L'unica cosa di cui non era a conoscenza era l'identità del nemico.

Ascoltò il pseudo ordine del Cantore, il quale si sarebbe recato direttamente al villaggio mentre all'Artefice era stato affidato il compito di far crollare il ponte, cosicché nessuno avrebbe potuto attraversarlo.

- Sarà fatto, Heiki-Sama, poi mi spiegherete cosa sta accadendo qui.

Dopo aver varcato l'ultima parte del ponte, si voltò indietro per verificare da quale punto poter facilmente destabilizzare l'equilibrio dello stesso. Bastava un'unica sferzata di chakra, già era debole e malandato di suo. Stava per adempiere a ciò che gli era stato detto, con le Himekarei strette nell'elsa da ambo le mani dell'Artefice, quando qualcosa parve far lustro dall'altra parte del ponte. Era una torcia e, mano a mano che si avvicinava, riuscì ad intravedere una serie di figure malferme anticipare un carro ricolmo di morti, probabilmente.

Poi, dopo un attimo di esitazione, li vide correre, cercare di raggiungere un posto ove salvarsi, un posto che li proteggesse da coloro che erano alle loro spalle. Sagome celate dalla penombra che padroneggiavano tra le loro mani armi non ben definite, almeno da quella distanza. Cosa fare, si domandò l'Artefice? Sino a poco tempo prima aveva sempre adempiuto agli ordini impartitogli, da chicchessia fosse di grado superiore o dimostrasse di possedere un potere maggiore, ma quello era un caso diverso. Dall'incontro col maestro aveva cercato di perseguire una propria morale, ritenendo che dovesse fare solo ciò che riteneva giusto. Però, ora che si trovava proprio dinanzi ad una scelta simile, per cosa avrebbe dovuto optare? Distruggere il ponte e vedere quelle persone morire, o aiutarli sebbene non fosse a conoscenza dell'esatta composizione del nemico e il loro numero?

Quei crucci sembravano fossero quasi perpetui, ma ponderando nella sua mente apparì la soluzione al suo dilemma. Se quelli fossero stati Kiriani non avrebbe mai esitato, quindi perché farlo ora? Perché esitare? Lui era forte, era uno Spadaccino, mal che vada Hogo avrebbe potuto avere una scusa adatta per la sua scomparsa. E forse avrebbe continuato a poltrire su quel trono fragile. Non esitò ulteriormente; con un unico balzo cercò di raggiungere l'altra sponda, sguainando le Hiramekarei e cercando di invogliare in esse la più grande quantità di chakra possibile. Avrebbe combattuto e se le cose si fossero messe male, tranciare il ponte con una sferzata non sarebbe stato difficile. Ma lui, lì, non sarebbe morto. L'ora della sua fine era ancora lontana.

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view post Posted on 27/4/2017, 00:37     +1   -1
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Montagne orientali del Paese del Fulmine, 29 Novembre 247


*Si lanciò verso dove era venuto, dunque, la decisione presa quella di difendere i rifugiati. Il vento lo sfidò dal lato opposto, di nuovo il suo ululato l'unico grido a squassare ponte e montagna. Il passo incerto per chiunque altro, ma non per un jonin di Kiri, non per uno Spadaccino: Hayate si fece forte di ciò che aveva appreso durante il suo soggiorno presso il clan Inochi, presso il Maestro, ponendo sé stesso tra il carnefice e l'innocente, ancorché entrambi sconosciuti.
La luce del piccolo convoglio lo palesò agli occhi dei rifugiati all'improvviso, ed essi, già atterriti, si arrestarono di colpo grigi in viso; tuttavia lo videro superarli, le spade animarsi di una luce propria, salvifica in quel momento... e si riebbero, correndo verso l'abitato.
L'Artefice non ebbe occhi per loro, né poterne seguire il destino: di fronte a lui, muta eppure tumultuosa, la marmaglia di assassini si ammassava sull'orlo del passaggio. Moltitudine nera, tutt'uno con l'ombra, le vesti scure ed i cappucci in grado di assorbire il lume delle Sogliole... ma occhi e lame erano più sinceri, incapaci di sottrarre il proprio riflesso allo sguardo dell'Artefice, che si trovò di fronte una costellazione ben più minacciosa di quella contemplata la sera prima.
Il gelo della tempesta gli attraversò le ossa, l'ululato del vento fece le veci delle grida di guerra... quindi gli uomini si lanciarono su di lui.
Impossibile dire per quanto tempo Hayate fu in grado di fermare la marea; il passaggio era stretto, dunque permetteva ad un solo uomo di bloccarne cento...
ma mille? Duemila? Gli invasati sembravano non finire mai, le loro figure nient'altro che ombra e luce, le loro lame bagliori fugaci alle fiamme che lambivano il villaggio. Per ogni uomo che veniva scaraventato nell'Abisso, altri tre si presentavano a farne le veci. La sola forza del numero spinse l'Artefice indietro, sempre più indietro, finché non si trovò nuovamente a metà del ponte.
I coltelli lo avevano raggiunto in alcuni punti, tagli superficiali, ma che uno ad uno erano andati ad aggiungersi alla fatica dello scontro. E non ci sarebbe stato un momento di pace, non finché il Cantore non fosse riuscito a tornare sui suoi passi per aiutarlo. Ma il momento sembrava non dover mai giungere; la città alle sue spalle bruciava come una gigantesca pira, le urla soffocate dal vento, le sagome sfumate dalle fiamme... ma il fronte dell'Artefice non avrebbe ceduto, non finché ad egli non fosse parso opportuno far crollare il ponte, e ritirarsi.
Poi, intenso come lo spezzarsi di mille ossa, un tremito terrificante gli scosse le ginocchia. Il mondo si inclinò in avanti sotto la forza del crollo, trascinando con sé un'enormità di uomini ancora in corsa verso lo scontro. Non un urlo, né avanti né attorno a lui; solo mani, solo volti bianchi e scavati, impassibili alla vertigine della caduta. In un attimo il ponte si spezzò anche alle sue spalle, e la pietra lasciò il passo al vento.
All'abisso.*




*Non il sapore del sangue, della terra o dell'acqua, non lo scorrere del mondo su binari di fango. Ciò che guidò i sensi dell'Artefice, in quello stato di dolente smarrimento,
fu il solo splendere del sole. Nascosta dietro un velo di cristallo, la luce invadeva ogni cosa, colando sul mondo come un colore non drenato correttamente, rovesciatosi su una superficie umida.
Si sentì debole, la mente offuscata, il respiro incapace di raggiungere una portata accettabile. L'acqua lo circondava, lo definiva, gelida in contrasto con la terra della battigia ed il calore del mezzogiorno. Gli impediva di scorrere via con lei, con il resto del fiume.
Sopra di lui entità alate, oscure, dai canti funebri e fuori tema. A mano a mano le sentì farsi vicine, presenziare alla veglia sperando anche nel banchetto... anche avesse voluto salutarle, non vi sarebbe riuscito. Era la roccia sul letto del fiume, l'alga stretta alla sponda, incapace di formulare un pensiero compiuto.
Così passò un tempo infinito, tra veglia e sonno, sogno. Il corpo giungeva ad ogni respiro sul punto di riaversi, salvo poi ripiombare nel proprio stato vegetativo. Un dolore pulsante lo animava, sordo e lontano, ma intenso.
Infine, una delle creature prese sufficiente confidenza da atterrare poco lontana. Zampettò in avanti, presentandosi allo sguardo annebbiato dello shinobi, ricambiando l'occhiata vacua e cercando sicurezza sufficiente ad iniziare le celebrazioni. Il becco fu sul punto di scattare quando, d'improvviso,
la creatura si levò nuovamente in alto, e con sé il corteo intero che nel frattempo era disceso. Allo sbatter d'ali e al commiato gracchiante seguì uno sciabordio alle sue spalle, passi, forse voci. Si sentì trarre di lato, dolore, quindi parole allarmate, incomprensibili. Lo circondarono, lo sollevarono, e separati dal letto del fiume corpo e mente non furono più nulla. Di nuovo l'oblio, il vuoto.

Quando si svegliò, il sole era tornato a nascondersi.
Nessuna luce intensa lo accolse, né il gelo dell'acqua, ma le ruvidità di un letto di vimini. Su di lui una pelle folta e pesante, dall'odore intenso, in competizione con quello degli aromi ribollenti nel focolaio vicino. Il tempo per gli occhi di guadagnare lucidità, per la mente di raccapezzarsi, che Hayate si rese conto di essere stato pesantemente bendato e suturato. Sentiva i punti tirare ad ogni mistero movimento, senza dubbio il lavoro di qualcuno non esperto in Ijutsu. Difficile muoversi da quella posizione senza incappare in fitte dolenti, dunque, per il momento, il giovane dovette rassegnarsi ad usare lo sguardo per esplorare i dintorni.
La porta d'ingresso era priva di ante, e custodita soltanto da un fascio intricato di corte, ondeggianti al vento, mentre l'unica altra fonte di luce era rappresentata da una finestrella presso la parte opposta della casupola. Non più di tre metri tra l'una e l'altra, il giaciglio nel mezzo.
Ciò che tuttavia dovette pretendere lo sguardo offuscato e stordito dell'Artefice fu la creatura acciambellata ai suoi piedi, un peso quasi insignificante se comparato a quello della pelliccia. Un rettile; la circonferenza minuta e il motivo sgargiante, dall'arancione all'azzurro, le scaglie fitte e piccole, rilucenti al più piccolo movimento come un banco di aringhe. Indubbiamente l'essere aveva scelto quel punto di ristoro per via del calore della pelle, piedi e sole, ma il suo dormire serafico non poteva essere semplice noncuranza. La creatura era lì per lui.
Un fremito, e gli occhi di Hayate incontrarono quelli lucidi ed ambrati del serpente, le pupille celermente ridotte a due fessure nell'incalzare della luce. Se lo Spadaccino non avesse avuto la meglio di sé, avrebbe potuto dirsi certo di aver visto la creatura sorridere, il sorriso che solo un rettile poteva sfoggiare.*


"Ahhhhhhhhhhhh.... è ssssssssveglio, è vivo... alla buon ora..."

*Le parole del serpente erano più sibilo che voce, significati appena capaci di sfuggire l'ondeggiare della lingua forcuta fuori dalla bocca affusolata... eppure non rimase alcun margine di dubbio: aveva parlato.
Lentamente, cautamente, l'essere prese ad avvicinarsi verso il suo volto. Un'inquietante curiosità gli si leggeva evidentemente nello sguardo, indagatrice e famelico... ma,
così come si era mosso, dovette improvvisamente arrestarsi. Gli occhi guizzarono alla porta, quindi ad un punto alla base del letto.*


"Io ssssssono Jadoku, molto piacere."

GDROFF///No, non sono morto.///GDRON

Edited by Quello lì - 19/6/2017, 19:03
 
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view post Posted on 3/5/2017, 01:41     +1   -1
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Non indugiò, non frappose tra sé e la marmaglia oscura ulteriori metri. Non permise alla paura di inoltrarsi nel suo animo, arginandola con l'ardore d'un potere che custodiva gelosamente. Sentiva lo schiamazzo avanzare intrepido verso di lui che percorreva ad ampie falcate quei tralicci di legno arcani. I sospiri del vento ne animavano la chioma perlacea, librandola autonomamente sui fianchi dell'Artefice. Impavida era in quel momento l'espressione del viso dell'Efebico che, prevenendo un eventuale attacco a lungo raggio, aveva già sguainato le proprie compagne dal fodero in cui erano state recluse, relegandole alla loro nudità.

Forse trascorsero una manciata di secondi, ma tutto parvero tranne questo. Difatti erano istanti interminabili nonostante fossero effimeri, ma la concitazione, la contingenza nefasta che si era instaurata aveva confinato il mero tempo in una clessidra. Ci fu un momento di stasi, ove coloro che scappavano dall'oscurità, probabilmente, pensavano di non aver più una via di fuga data l'incombenza dello Spadaccino... Una volta che quest'ultimo si interpose tra il male ed il bene, poterono comprendere di sopravvivere. Infatti ripresero la propria celere andatura verso il villaggio devastato, lasciandosi alle spalle l'estraneo. Ora era lì, dinanzi a quel nero pece che tutt'altro presagiva se non difficoltà, paura, sgomento. Erano contraddistinti dal medesimo colore della notte, divenendo una trasposizione della stessa, matrigna, malvagia. La sua carnagione sembrò oscurarsi all'avvento della massa tenebrosa, riflettendosi sporadicamente sulle lamine delle falci impugnate da quegli esseri. Non ebbe modo di contarli, né di poterne definire eventuali punti deboli, poiché si scaraventarono come predatori famelici sull'Artefice. Le Hiramekarei danzavano, infliggevano ferite mortali, il chakra attraverso di esse veniva sprigionato in sferzate tacite. L'unico suo obiettivo era quello di guadagnare tempo per permettere a quegli uomini di fuggire, di scappare via dalla tragedia, ma di quel passo sarebbe divenuto lui il protagonista che sarebbe morto. L'acciaio sfrigolava librando in aria sibili ferrosi, quasi assordanti... La chioma perlacea dell'Efebico presenziava al combattimento cercando di celare i suoi movimenti celeri; le iridi diamantine cercavano di scorgere ogni punto aperto ove poter colpirli, ma nel contempo saggiavano le posizioni scoperte che egli lasciava per attaccare. Ne periva cinquanta in un intervallo di tempo relativamente breve, ma essi persistevano quasi nel moltiplicarsi, nel ritornare con un numero sempre più ingente... La fatica era prossima, iniziava ad arretrare passo dopo passo ad ogni contrasto veemente delle lame. I muscoli degli arti inferiori iniziavano a soffrire le conseguenze del combattimento prolungato, divenendo perennemente in tensione dato l'acido lattico in circolazione. Lo sforzo era evidente sul viso dell'impassibile Efebico: fronte corrugata, denti stretti quasi a sfiorare le labbra, pupille dilatate. Non vedeva volti, né fattezze che gli dessero la possibilità di poter accostare la loro fisionomia a qualche tribù o villaggio; nulla pareva far sembrare loro "umani". Eppure era così, non poteva farci nulla se non resistere e tentare di farne fuori il maggior numero possibile... Senza neanche accorgersi, però, si era ritrovato nella posizione di intermezzo tra i due burroni... Non poteva arretrare ulteriormente o avrebbe permesso a quella marmaglia di giungere alle porte del villaggio. Probabilmente l'adrenalina che fluiva costante nel suo corpo non gli faceva provare alcun dolore dovuto alle ferite che, nonostante non fossero pericolose per quanto riguarda i punti vitali, gli venivano inferte.

Il Cantore non appariva alle sue spalle, per aiutarlo a sopportare le angherie di quelle massa di nero pece dinanzi alle sue iridi diamantine. Non sarebbe giunto, ogni presagio di sventura si era abbattuto su di loro sin da una manciata di ore prima, quando era stata tesa loro un'imboscata da parte di persone sconosciute e irrilevanti dal punto di vista della minaccia arrecatagli. Il tacito silenzio dell'ambiente era scosso solamente dallo strepitio delle lame, dalle urla che provenivano dal villaggio, dagli spasmi e i respiri affannati dell'Artefice... Non gli fu difficile contraddistinguere tra di essi un rumore sinistro che non poteva presagire altro che momenti funesti. Era difficile poter contare i secondi che intercorsero tra quello scricchiolio e il momento in cui comprese costa stesse per accadere; sembrò duraturo, ma non lo era affatto. Quasi le Hirakemarei si intrecciavano in quei tralicci di lame intersecate tra di esse, e così rimasero quando dinanzi a lui tutto cadde; le profondità del burrone cingevano nelle loro braccia calorose una moltitudine di figure, uomini o cose, che inevitabilmente vi cadevano. Per un attimo credette di avere la meglio, l'Artefice, e per avere una posizione maggiormente stabile cercò di serrare nella mano sinistra, quella non occupata dall'elsa delle sue compagne, la corda che sorreggeva il ponte... Così non fu, ogni sua benevola aspettativa venne sventata da un secondo crepitio che lo colse alle spalle; il ponte si era completamente spezzato. Cercò di afferrarsi a qualsiasi cosa lo potesse sorreggere, o almeno dargli modo di salvaguardarsi tramite un balzo ma nulla pareva sembrare un appoggio plausibile per effettuarlo. Così cadde, con la schiena rivolta verso il basso e il volto che osservava la volta notturna, per un ultimo saluto, per un'ultima volta. Sarebbe morto da quell'altezza, ne era consapevole. Le Fedeli Compagne restavano lì, nella sua mano, a presenziare al suo addio. Chiuse gli occhi e pensò; null'altro poi v'era rimasto nella sua mente di ciò che accadde.

Sentiva qualcosa... Qualcosa che quasi gli pungeva il viso. Qualcosa a cui non era abituato e ora ne assaporava le conseguenze. Forse era già all'inferno, forse era morto e la sua anima s'era sperduta in un qualche eden fantasmagorico, però era piacevole. Mosse leggermente le dita e tastava, sebbene fossero intorpidite, l'acqua che circondava il suo corpo. Poteva sentirne la freddezza nonostante il suo corpo non avesse una temperatura interiore così elevata. Era il giaciglio ove era giunto dopo la caduta, da quanto poteva presupporre. Nonostante tutto gli era complicato anche ragionare; la mente era afflitta da un male assordante, che tamburellava senza dargli tregua. Poteva mai essere questo il paradiso decantato da libri infedeli? Colmo di dolori, spasmi? Si, perché anche il respiro era irregolare, in quel dormiveglia non riusciva ad avere un espirazione costante. Quindi era vivo, molto probabilmente. Vi era anche terra, però, lo poteva constatare dal fatto che fosse giunto al "confine" e che non si trovasse in mare aperto. Lentamente stava ponderando su quanto successo e prima che potesse giungere ad un ipotesi plausibile vide qualcosa librare sopra di lui... Erano le stesse con cui prima aveva intrapreso un combattimento infinito, l'unica differenza è che ora erano dotate di ali. Forse appartenevano alla medesima razza e loro erano una differenziazione. Non lo sapeva, perché sebbene tutto la vista era offuscata e non poteva scorgere dettagli particolari. Voleva difendersi, non poteva farlo però.. Sentiva il muscolo intorpidito, quasi non riusciva a tenerlo teso, nemmeno riusciva a poter proferire alcuna parola che potesse fare in modo che qualcuno si accorgesse della sua presenza. Le palpebre continuavano a socchiudersi, nonostante volesse tenerle perennemente aperte per osservare ciò che lo circondava e tentare in qualche modo di evitare un eventuale attacco. Sentiva solo il pulsare del dolore diffondersi lungo tutto il corpo; era assordante quasi insopportabile ma non poteva arginarlo in nessun modo.

Riaprì gli occhi e una di quegli esseri si era avvicinato, troppo. La peggior morte, probabilmente, sarebbe stata quella: divorato da degli animali aberranti. Proprio quando quasi accettò la fine che gli era stata designata, quelle creature abbandonarono il banchetto che si pregustavano poiché qualcuno sopraggiunse sul luogo. Non identificò quella figura, o figure, che contornò il suo corpo con le proprie fattezze, ma comprese d'esser stato sollevato poiché non sentì più il liquido che tanto gli rimembrava la sua terra natia... Cercò di virare il volto ai lati e di aprire le palpebre, ma non vi riuscì e ritorno ad osservare nuovamente l'oblio della sua mente.

Di nuovo, dannatamente maledetto. Si destò e l'unica cosa che celermente intuì è che si trovasse al di sopra d'un giaciglio scabro e non v'era luce o qualsivoglia fonte d'illuminazione che affliggesse la sua pelle. Scosse leggermente la testa, quel dolore assordante si era affievolito e anche i sensi avevano riacquistato una propria autonomia... Aveva quasi il pieno controllo di ogni suo muscolo e fu proprio allora che s'accorse d'essere stato curato bellamente da qualche d'uno. Le suture, difatti, tiravano da ambo i lati e movimenti repentini avrebbero causato la loro eventuale apertura. L'unica cosa che poteva fare onde evitare conseguenze nefaste, era guardarsi attorno per circoscrivere l'ambiente in cui si trovava. Una porta primitiva contraddistingueva l'entrata: il resto non pareva attirare la sua attenzione se non una sagoma che sedeva sui suoi piedi. Non mosse quest'ultimi ma cercò di scrutare accuratamente la "cosa" estranea; venne colto da un momento di sgomento, quasi paura, poiché si era avveduto della sua identità... Era un serpente dalla colorazione sgargiante e da dimensioni non particolarmente ingenti. I loro sguardi si incrociarono una volta che questi si era destato, probabilmente, da un sonno leggero. Udì le parole che esso aveva pronunciato, quasi rabbrividendone. Mai aveva sentito un rettile parlare, quella era la prima volta. Non si scosse ulteriormente, nemmeno per un attimo, per non palesare delle debolezze... Ma fu proprio quando quest'ultimo cercò di avvicinarsi che tentò di afferrare qualsiasi cosa avesse a tiro per difendersi.. Non era a conoscenza delle sue intenzioni, ma riflettendoci sarebbe stata la scelta sbagliata. Era stato curato e ora aveva riposato per chissà quanto tempo su quel letto di vimini. Se avessero voluto ucciderlo non ci avrebbero pensato due volte.

Cosicché non gli rimase altro che tentare di rispondergli, o almeno porgli qualche domanda con quelle poche forze che erano ancora insite in lui.

- Io sono.... sono Hayate Kobayashi.... Dove mi trovo? Cosa è successo? Il Cantore...
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Montagne orientali del Paese del Fulmine, 1 Dicembre 247


*Il serpente sembrò recuperare quel suo strano sorriso alle parole disorientate dell'Artefice. Gli occhi brillanti si strinsero lievemente, e la testa si sollevò ad un angolo elegante rispetto alla posizione di Hayate. Impossibile dire cosa stesse pensando il rettile, se avesse percepito la sorpresa dello Spadaccino, o se a sua volta fosse rimasto disarmato dalla reazione che aveva avuto.
Si osservarono ancora per un istante, l'uno incredulo, l'altro curioso. Quindi, finalmente, una risposta in sussurro.*


"Sssssssi... ssso bene chi sei. Non aver paura... ssssei al ssssssicuro..."

*Sibilò, riprendendo ad avvicinarsi lentamente, ipnoticamente, quasi fino a sfiorare il naso di Hayate con la lingua. Impossibile che stesse valutando se fare dello Spadaccino una preda: troppa la differenza di dimensioni... e allora cosa? Possibile che volesse solo guardarlo da vicino?
No; più si faceva vicino, più Hayate poté leggere in Jadoku la pura e semplice volontà di divertirsi sulle spalle di quel giovane che non aveva mai visto parlare un serpente. Divenne ben presto chiaro, al solo compenetrarsi degli sguardi, che se per l'Artefice quell'incontro era una novità assoluta, per Jadoku doveva essere ormai una routine.
Cercava di torturarlo, di spaventarlo.*


"Hai fatto proprio un bel lavoro ssssssssssai... sssssalvato così tante vite... ssssenza sssapere nulla... non..."

"È sufficiente, Jadoku-san."

*Silenzioso come gli era apparso la prima volta, il Cantore si palesò ad entrambi sulla soglia della casupola. Adombrato dalla luce alle sue spalle, la figura smagrita e lievemente curva, attese qualche attimo prima di muovere all'interno.*

"Credevo gli avessssssssi parlato di me.... devo offendermi?"

Non ha mai avuto il piacere di conversare con una creatura dell’eremo… e direi che il piacere è stato tutto tuo qui, Jadoku-san.

Commentò al termine di una veloce analisi dell’espressione di Hayate.

Lasciaci, per favore.

Disse al rettile, che reagì a quel misto di comando e cortesia con un’occhiata torva e sorpresa. Un istante di renitenza, quindi Jadoku strisciò via dal grembo dell’Artefice senza che questi quasi se ne accorgesse.

Attento a come mi parli, ragazzino… io non sssssono quello stoccafisso del tuo amico…

Lanciò velenoso, superando il Cantore di Lame e scomparendo verso l’uscita. Hideyoshi non parve dare alcun peso a quelle parole, tuttavia, ed anzi ignorando l’uscita di scena del serpentello si mosse verso il focolare che ardeva accanto al giaciglio. Rimase silente per tutto il tempo che gli ci volle a riempire due ciotole della brodaglia che rimestava in pentola, quindi, come soleva fare, mantenne il riserbo finché non ebbe appoggiato quella di Hayate da una parte.
Era strano rimanere in sua compagnia; secretivo e quieto che fosse, Hideyoshi pareva sempre sul punto di proferir parola, per poi trattenersi. Se la bocca non parlava, erano gli occhi a farlo, ed una crescente tensione dialogica andava a montare tra lui e chi lo accompagnava, tensione fatta di gesti e sguardi, significati da apprendere ed interpretare in preparazione della catarsi.
Faceva parte di uno studiato rituale? Oppure il Cantore era preda anch’egli di quella situazione? Quasi che trepidasse per parlare, ma poi ci ripensasse e si ritirasse tatticamente, alla ricerca di parole migliori.
Prese una sedia reclinata accanto alla finestrella, e si sedette accanto allArtefice, zuppa fumante tra le mani come un oggetto prezioso, dissetandosi del calore prima che del contenuto.
Poi, d’improvviso, un sospiro.


Non siete l’uomo che pensavo foste, Shokunin-dono…. e la nozione mi rallegra e inquieta al tempo stesso.

Argomentò a ciel sereno, rivolgendo lento il proprio sguardo verso quello di Hayate. Per la prima volta da quando si erano incontrati, l’Artefice poté leggere negli occhi del jonin un sincero senso di colpa, dolente e viscerale, non vestito di cortesia o circostanza.

Le mie azioni, nelle ultime settimane, sono state informate alla consapevolezza che voi foste uno Shinobigatana… nel mio pregiudizio, supponevo che avreste rappresentato il meglio che Kiri avesse da offrire, nel bene e nel male.
La nostra conversazione, una settimana fa, mi ha chiarificato le vostre intenzioni politiche, che credevo supportate dallo stesso zelo militare che contraddistingue il vostro ordine… ma mi sbagliavo.
Invece di seguire il mio suggerimento, avete rischiato la vita per salvare chi non conoscevate. Avete prestato voi stesso alla causa altrui.


*Bevve quindi, prima di poggiare la ciotola a terra ed aiutare l’Artefice a portarsi in posizione consona per bere.
Quel contatto, portato senza alcun preavviso, rappresentava il primo da quando si erano incontrati, ed oltre la sorpresa per questa realizzazione ne venne all’Artefice una seconda, più inquietante ed attesa: mano nuda contro nuda pelle, Hayate realizzò come mai Hideyoshi avesse tremato tanto quella notte tra le montagne, come mai sembrasse imbeversi di qualsiasi fonte di calore come un infante al seno materno: il suo tocco era gelido, ben oltre la giustificazione del vento decembrino… una creatura senza vita. Il calore che aveva guadagnato dalla ciotola bollente parve ora scivolare sulla pelle dell’Artefice, rubato, ansioso di lasciare le mani del Cantore per lidi piu favorevoli.
Una volta che anche lo Spadaccino fu messo in condizione di bere, Hideyoshi riprese il suo posto. Ad una rapida occhiata, nonostante il pastrano coprente, risultò chiaro che anch'egli aveva riportato delle ferite dallo scontro notturno.*


"... di questo vi sono grato. I nostri spiriti sono in sintonia ben oltre le aspirazioni future, a quanto sembra.
Ed io non sono stato sincero con voi, non fino a questo punto, ma ora che so cosa siete in grado di fare posso parlare con franchezza. Il luogo in cui vi ho condotto non è un villaggio qualsiasi; gli uomini e le donne che avete visto correre sul ponte, marciare nel villaggio, sono pellegrini del Culto del Fango, adoratori di Serpenti.
Questo è un luogo sacro, un villaggio fantasma ove gli adoratori vengono a prestare giuramento prima della marcia a sud, fino alla Caverna di Ryuchi nel Paese delle Terme. Durante l'ascesa sono assaliti dagli stessi membri del culto di cui desiderano far parte, gli uomini che avete affrontato ed ucciso l'altra notte. Un rito, come avrete capito... il più macabro e bieco, senza pietà alcuna."


*Concluse, finendo in un sorso la propria zuppa e tastandosi il bordo del labbro con un'estremità della manica per asciugarlo.*

"Ora... il mio scopo qui non sarebbe quello di proteggere i questuanti, ma solo di guidarli ed istruirli... ma come è vero che non sono ancora Eremita a tutti gli effetti, così è altrettanto vero che i Serpenti non rispettano altro che la forza. Questo lo sapete.
Come voi non ho intenzione di permettere inutili massacri, e dunque ho fatto e farò uso della mia forza per impedire il normale svolgersi di questo rito. Ciò, in un mondo che non riconosce altro che la forza, è ammesso religiosamente.
Tuttavia ciò significa che la controparte è ammessa a fare altrettanto, e che presto i padroni arriveranno a pretendere la loro parte. La conclusione del rito dell'ascesa, che si svolgerà a mezzogiorno di domani, è un'offerta al Dio Bicipite di tutti i corpi ammassatisi durante gli scontri notturni."


*Disse, interrompendosi per permettere alla nozione di penetrare nella mente dello Spadaccino. Subito tuttavia, leggendo un legittimo dubbio nel suo sguardo, riprese cupamente.*

"Una creatura mostruosa, un serpente a due teste, estremamente potente... e che naturalmente non sarà soddisfatto del sacrificio presentatogli, dato che la stragrande maggioranza dei cadaveri è andata perduta nell'abisso... per la fortuna e la sfortuna dei pellegrini."

*Ecco in parte spiegata la ragione dell'ordine impartitogli la notte dello scontro, due giorni prima. Non soltanto dunque il mettere in sicurezza l'abitato, ma impedire che lo scontro con gli assassini avesse luogo in un punto in cui l'unico beneficio traibile potesse essere messo a rischio.
Immediatamente tuttavia il Cantore proseguì nella sua spiegazione, conscio delle conseguenze che la sua renitenza aveva causato.*


"Naturalmente anche di ciò mi assumo la responsabilità... non avrei mai pensato che... non ha importanza.
Nelle nostre attuali condizioni lo scontro con il Dio e i suoi accoliti sarà difficoltoso, specialmente per via della presenza dei pellegrini nell'abitato. Impossibile evacuarli; e per ragioni religiose, e per ragioni pratiche: molti sono feriti gravemente, più gravemente di me o di voi... e il loro numero non consentirebbe comunque di varcare l'unico accesso rimasto al villaggio in appena un giorno.
No... dovremo combattere qui, o cercare una soluzione diplomatica difficile."


*Concluse, quindi, finalmente consentendo all'Artefice di formulare una risposta, di mettere in pace il cuore riguardo quella mesta epopea. Il Cantore di Lame aveva finalmente giocato tutte le sue carte, messo a nudo la vera natura della sua impresa di fronte al testamento di abnegazione dell'Artefice.
Non rimaneva ora che trovare un definitivo punto d'incontro, definito non più dall'identità di opinioni politiche, ma dalla comune volontà di proteggere chi si trovava in quel luogo. Un legame più profondo, forgiato del più raro tra i metalli nel Continente Ninja: la pietà.*


GDROFF///Mi scuso per questi enormi post di transizione, ma questa quest farà anche ovviamente da fondante per il rapporto tra i nostri due pg, dunque ha senso che vi siano.///GDRON

Edited by Quello lì - 19/6/2017, 19:03
 
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view post Posted on 12/5/2017, 19:39     +1   -1
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Era ancora destabilizzato fisicamente, il respiro afflitto dai dolori non era continuato ma intervallato da vari momenti in cui era colto da spasmi di tosse. Quel rettile giacente sui suoi piedi dapprima lo aveva scosso, essendosi destato con una certa confusione, ma con lo scorrere del tempo poté comprendere la sua vera natura: non poteva asserire di averne la certezza, ma vi era un'altissima probabilità che si trattasse di un qualche appartenente all'eremo. Lo vide assumere una posizione meno ferrea, forse s'era avveduto che l'Artefice non avesse posto in essere alcuna azione che avrebbe potuto provocargli del male. Il Kiriano, almeno per il momento, non ne aveva l'intenzione sebbene fosse stato relegato su di un giaciglio e gli fosse stata allontanata la sua fedele compagna. Precauzioni, ovviamente, che anch'egli avrebbe preso nel caso in cui si fosse trovato un "ospite" in casa.

Udì quelle parole che sembrarono tride e prive di significato: nonostante lo stesse rassicurando di certo non poteva sostenere di trovarsi a proprio agio in un loco a lui sconosciuto. In seguito esso si fece strada lungo tutto il corpo dello Shinobi Katana, flemmaticamente fino a giungere al capo dello stesso, ad un palmo dal naso, come si suol dire. Non ebbe paura in quel momento, nemmeno un fremito percosse le sue membra; ormai sapeva, era conscio parzialmente di cosa stesse accadendo. Le iridi diamantine non cessarono mai di scrutarlo, sostenendo perennemente lo sguardo che esso gli indirizzava. Forse cercava di trovare qualche dettaglio in più sull'Artefice, forse il suo intento era quello di destabilizzarlo anche emotivamente facendo leva sul passato recente che lo aveva ridotto in quello stato. Non lo sapeva, e non lo seppe dato che giunse la voce del Cantore ad arrestare quell'immotivata scena. Da quello che udì le sue supposizioni si rivelarono veritiere, quel rettile apparteneva all'eremo. Non fu stupito, ma l'unico suo interesse era comprendere cosa fosse successo quella notte.

L'animale abbandonò la stanza seguendo, con non poco rancore, l'ordine impartitogli dal Cantore. Certo, quel mero complimento nei suoi confronti era meglio evitarselo, ma dal posto dove era obbligato a stare non poteva imporsi. Silenzio, tacito, dominò incontrastato l'ambiente. Vide il suo "compagno" avvicinarsi al braciere poco distante dal letto per poi riempire due scodelle con ciò che era contenuto nella pignatta; una di esse venne poggiata nei pressi di Hayate, affinché la potesse prendere. Lo scrutava per dedurre un qualche atteggiamento, qualcosa che a lui era stato celato, ma nulla. Quel suo modo di fare, quasi assente, difficilmente dava modo a terzi di comprendere il suo stato d'animo o prefigurare un suo comportamento. Si avvicinò ulteriormente, accomodandosi a poca distanza dall'Artefice con tra le mani la ciotola bollente.

Lo ascoltò, non proferendo parola alcuna, poiché avrebbe replicato una volta che il discorso sarebbe stato concluso o nel caso in cui fosse stato interpellato dal Cantore. Di certo le frasi da lui utilizzate non lo entusiasmarono, quasi ne aveva ridimensionato l'atto che aveva compiuto. Non per fama, non per onore, ma semplicemente per bontà, per adempiere a ciò che si era prefissato sin da quando aveva deciso di divenire Mizukage. Venne aiutato dal Cantore a porsi in posizione eretta affinché potesse assaporare quel delizioso brodino che aveva tra le mani. Fu proprio allora che il tocco gelido, più glaciale del suo, lambì il suo derma facendogli comprendere il perché dei suoi tremolii notturni. Era un Kiriano, dopotutto, ma qualcosa in lui era cambiato... Il suo corpo ripudiava il calore, diffondendolo in quelli altrui. Anch'egli, comunque, mostrò ferite al di sotto della veste; dopotutto non era stato il solo a soccombere, sebbene egli lo fosse parzialmente.

Il discorso continuò, e poté assaporare ogni minima informazione che egli gli stesse riferendo. Non ne fu turbato, non s'impressionò nell'udire quelle parole nefaste. Ormai era come se fosse un dejavù a cui aveva già preso parte, Watashi ad esempio, poteva essere accostato alla contingenza vigente. Più che altro si domandava perché si trovasse sempre nel posto sbagliato. Sacrifici, esseri immondi che richiedono un dono di vite, menti deviate... Ciò gli sembrava una storia già scritta, già letta. Ora sapeva tutto, effetti e conseguenze del proprio gesto; sapeva che avrebbero dovuto affrontare un essere al di là dei loro poteri. Sapeva che avrebbe potuto affrontare la morte, ma ciò che gli importava, in quel momento, era prevalere sul proprio avversario. Vendicarsi per ciò che gli era successo nella notte precedente. Con sguardo serio e ferreo osservò il Cantore, per poi proferir parola.

- Non tutti siamo uguali, non sono paragonabile agli altri Shinobi Katana. La mia scelta è stata dettata dagli ideali che perseguo. Non ho prestato me stesso ad una causa altrui, ho prestato me stesso per difendere ciò in cui credo. Se non l'avessi fatto la scorsa notte sarei andato contro ciò che mi fa andare avanti e mi fa guardare alla mia terra natia. Poco mi interessa della loro religione, poco mi interessa dei sacrifici. Sono inutili. E a dire la verità sono stanco anche di questi esseri immondi; già ne ho incontrato uno... Watashi, ricorda? Non mi sono prostrato in quel momento, non mi inchinerò dinanzi ad un serpente solo per la sua ingordigia. Quindi se ci sarà da combattere non mi tirerò indietro. D'altronde rispettano la forza, perché non mostrargliela? Non credo sia possibile una proposta diplomatica che non implichi vite umane, dopotutto è ciò che vuole.

Proferì, quasi adirato per quel rito ignobile. Sorseggiò celermente quel brodo per poi guardare nuovamente il Cantore iniziando a togliersi le bende che ricoprivano le ferite. Avrebbe agito da sé per curarsi, d'altronde conosceva le tecniche per farlo.

- Lei cosa vorrebbe fare, Heiki-Sama?


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view post Posted on 22/5/2017, 09:02     +1   -1
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Mhh... mhhhh..

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Montagne orientali del Paese del Fulmine, 1 Dicembre 247


"Si... non era mia intenzione chiedere pietà; naturalmente dovrà esservi scontro. Sul come... beh, al momento ci sono questioni più pressanti."

*Disse, alzandosi. Non accennò a fermare l'Artefice nel momento in cui lo vide rimuoversi le bende, né parve domandarsi il perché; semplicemente, tornato in posizione eretta, si voltò per raggiungere lentamente l'uscita.*

"Raggiungetemi fuori non appena vi sentite in grado."



*Fuori, il mondo era scivolato sotto un sudario di grigiore. Il vento marittimo che aveva squassato gli ultimi frangenti di lucidità dell'Artefice sembrava ora esser passato oltre, soffocato: un leggero nevischio aveva preso a scendere, troppo lieve per attecchire, ma sufficiente a conferire alle capanne una venatura argentea. Alcuni fuochi erano stati accesi tra le case, al centro delle strade, e molti vi si erano accalcati attorno nel tentativo di tenere a bada il freddo. Poche le abitazioni agibili; oltre la violenza della notte, pareva che già parecchie fossero cadute in rovina.
Eppure, miserabile che apparisse, lo spettacolo non trasudava la disperazione che ci si sarebbe potuti attendere: c'era uno strano senso di serietà,
di dignità perfino, che animava lo sguardo e le azioni di tutti gli individui. Se ciò che aveva detto il Cantore era vero, la religione li aveva condotti lì,
a subire quell'ordalia, e sempre sulla scorta del loro credo i pellegrini non si abbandonavano a rimorso ed angoscia. Nessun lamento percorreva le strade, nessun pianto: chi aveva patito tanto da non poter rimanere in religioso silenzio, era già perito durante la notte. Gli altri sopportavano, si rannicchiavano gli uni vicino agli altri, raccoglievano i corpi di amico e nemico in cataste ordinate, previsione del sacrificio del giorno successivo.
Hideyoshi non era da meno; non fosse stato per l'aspetto spettrale, Hayate avrebbe fatto fatica a distinguerlo dagli altri vagabondi. Si aggirava per le case, aiutando come poteva, lo sguardo sempre attratto altrove, lontano da quel che la mano faceva.
Quando lo vide apparire, tuttavia, gli fece cenno di avvicinarsi.*


"Bene, mi fa piacere vedervi nuovamente in piedi. Vorrei che mi aiutaste con i feriti, finché siete in grado. Non ho idea di quali siano le vostre conoscenze mediche, ma non potete fare un lavoro peggiore del mio."

*Sentenziò, tradendo con un sorriso la propria ironia prima di tornare al lavoro.
Passarono così l'intera giornata, rivolgendosi appena qualche parola prima dell'imbrunire. Altri spirarono durante il giorno, ma molti di più, specialmente tra i più giovani, trovarono la forza di riprendersi. Nonostante tutto rimaneva chiaro che tutti, anche tra chi aveva perso averi e cari, sapevano che il peggio doveva venire: la loro prova era solo all'inizio, e probabilmente non riponevano nei due ninja più fiducia di quanta non ne riservassero al sacrificio da offrire.
Anzi, se è vero che nessuno osò alzare una mano contro di lui, a tratti Hayate ebbe la netta impressione che molti lo ritenessero responsabile della loro offerta blasfema ed insufficiente. Altri gli riservarono occhiate comprensive, ammirate perfino... ma per tutto il giorno permase una tensione negativa, sguardi mesti, quando non torvi, e sussurri indecifrabili.
Giunse l'imbrunire, infine, e con esso l'annientarsi degli spazi. Ciò che era grigio divenne nero, ciò che era luce divenne sostanza, ed ogni anima divenne ombra. Il moto che aveva caratterizzato la giornata si ridusse pian piano, ed il Cantore e l'Artefice si ritrovarono l'uno accanto all'altro vicino al fuoco. Come già era accaduto in passato, per un lungo tempo fu solo il silenzio a dettare legge, ma poi Hideyoshi si risolse a prendere parola.*


"Domani mattina, all'alba, sposteremo donne, vecchi, bambini e feriti nella parte più alta della città. Quindi permetteremo a chi desidera combattere con noi di farlo, ed attenderemo l'arrivo della creatura.
A quel punto io mi prostrerò di fronte ed essa, raccontandogli quanto è accaduto l'altra notte, delle vostre gesta. Essa vi disprezzerà per avergli sottratto il bottino, ma dall'altra parte vorrà mettervi alla prova, probabilmente a mio danno. Ciò vi consentirà senz'altro di porvi in una posizione di vantaggio, persino di tentare un attacco a sorpresa... ma non abbassate mai la guardia; si tratta di un essere senza alcuno scrupolo per la vita altrui. Non esiterà ad uccidervi, ad incapacitarvi per raggiungere chi vogliamo proteggere."




*Rimasero così per qualche tempo, Hideyoshi aperto ad udire quanto lo Spadaccino avesse da dire, da proporre. Quindi all'incedere della notte seguì il sonno, sincero o simulato che fosse. Non una mosca volava per l'abitato, salvo il crepitio della fiamma e quello del legno gettatovi per mantenerla. Una quiete religiosa, ma forzata: il preludio ad uno scontro sentito da tutti.
Difficile dire cosa passasse nella mente dell'Artefice, del Cantore, prima che giungesse l'alba... e, quando giunse, lo fece di nascosto, di nuovo all'insegna del grigiore, ben nascosta dietro le alte montagne costiere. All'apparire del sole i preparativi erano già iniziati da qualche tempo.
Benché i pellegrini non avessero nulla da perdere, ed anzi avessero sulla carta un interesse ad assistere all'arrivo del Dio, non si opposero all'ordine di Hideyoshi di ritirarsi nella parte alta. Il precetto di pura forza espresso dal Cantore doveva essere noto anche a loro, e se non in via dottrinaria lo era certo fattualmente, dato che i due shinobi avevano dato chiara prova di essere di gran lunga i più capaci di imporsi in quella comunità. Una processione lenta, faticosa, per le vie scoscese e sterrate dell'abitato. Nessuno portò con sé più di quanto poteva trascinare, e molti, avendo perso tutto, si risolsero a trascinare altri. Le vittime notturne vennero sistemate assieme a quelle dei giorni precedenti, una catasta che ormai contava nelle decine.
Poi, quando ormai il trasferimento era ben avviato e la maggior parte aveva raggiunto il rifugio, i due si sistemarono in un punto davanti alla catasta. In attesa.
Il maestro delle cerimonie ebbe la cortesia di non farli attendere molto prima di presentarsi; al suo arrivo la terra cedette e si ritrasse, consumata in un abisso. Scaglie rosse ne emersero, ferro rugginoso, sangue rappreso, brillanti e serrate come un'armatura e affilate come rasoi. Spire lunghe, affusolate ma potenti, presto torreggianti sull'abitato e su di loro. E, al termine, due teste simili ma non identiche, ciascuna ornata di ninnoli e collane.
Una, occhi gialli come il grano e muso schiacciato, aveva un aspetto più crudele. L'altra, occhi azzurri, era più affusolata ed elegante. Entrambe rivolsero il loro sguardo alla pila di corpi, quindi, odoratone il miasma, fecero appello al Cantore. Fu la testa crudele a parlare per prima.*


"Mmmmmmmmmhh... insufficiente... insufficiente a dir poco... mi deludi molto, Hideyoshi-kun."

"È per questo che molti preferiscono Saito a te, ragazzino. Inconcludente."

*Un maschio ed una femmina. Le loro voci rauche e sibilanti, grottesche, ma in una la venatura passava attraverso toni argentini, mentre l'altra suonava gutturale, quasi gracchiante. Il Cantore di Lame non parve turbato da quell'esordio, e prostratosi in un profondo inchino parlò senza tradire alcun falso servilismo.
Se Hayate l'avesse sentito parlare in quel momento per la prima volta, senza conoscerne le reali intenzioni, lo avrebbe detto il più devoto dei devoti.*


"Miei signori, c'è stato un terribile disguido. Tre notti fa siamo giunti qui, come da ordine, pagando col sangue il passaggio... tuttavia, giunti sul ponte meridionale, la foga del mio compagno ha avuto la meglio: egli ha ucciso più di trecento dei nostri fratelli, i loro corpi p-perduti nella valle, e..."

*Al tremolare della voce del Cantore la testa femminile si levò in una sonora risata, spezzando il flusso delle parole.*

"Debole, patetico..."

"Ahahahahahahahah, e tu dov'eri, Hideyoshi-san? A nasconderti sotto un sasso?"

"Dovremmo ucciderti immediatamente..."

"No, no... perché mai dovremmo privarci di un facile momento di svago...
Tu, umano, uccidilo, e considereremo il sacrificio soddisfatto."


*Sentenziò, ora rivolta esclusivamente ad Hayate. L'Artefice aveva la piena attenzione dell'essere, ma nell'intento di adempiere a quanto gli era stato ordinato si sarebbe potuto muovere con libertà molto maggiore.*

GDROFF///Il prossimo post sarà in due parti: nella prima parte, dopo aver ruolato la giornata tra i feriti, rispondi ad Hideyoshi e proponi un piano d'azione. Quindi, finiti i preparativi mattutini, mettilo in atto come se Hide fosse d'accordo(in sostanza puoi essere autoconclusivo riguardo l'approntamento del piano).
Puoi anche non proporre nulla e servire ad Hide lo stesso piatto che lui ha servito ad Hayate per buona parte di questa quest: cioè non dirgli nulla ed improvvisare sul momento XD.///GDRON

Edited by Quello lì - 19/6/2017, 19:03
 
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view post Posted on 5/6/2017, 02:17     +1   -1
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La sua vita era retta su di un equilibrio instabile, in bilico tra un burrone ed una vetta integerrima. Il Fato ancora celava qualcosa per quell'essere umano il cui futuro era incerto. Vi erano una serie di scelte che avrebbe dovuto prendere affinché la probabilità di restare in vita aumentasse o diminuisse, e da quel che sembrava tutto pareva remare contro di lui, contro le sue aspirazioni. Possibile mai che la felicità fosse così difficile da raggiungere? A quanto pare, anche la situazione vigente, pareva confermare quella domanda che si poneva. Dopo che ebbe posto quella domanda al Cantore cercò di raccogliere l'attenzione sulle ferite che gli erano state procurate la notte addietro, usufruendo delle proprie capacità mediche per rimediare all'indecenza che gli avevano causato.

Ovviamente uno scontro, ovviamente. L'intento dell'Efebico era quello di ideare un piano condiviso per sopraffare quella forza arcana che avrebbero dovuto affrontare. Lo vide allontanarsi, essendosi congedato celermente dal suo colloquiante per attenderlo al di fuori di quella stanza ove si trovavano. Passarono vari minuti... La sua mente, in quel momento, era un turbinio di pensieri, ognuno di essi balenava su di una situazione diversa dall'altra, nel mentre si adoperava per rimettersi lestamente in condizioni ottimali. Cosa avrebbe dovuto fare? Quello era il quesito che lo affliggeva maggiormente. Niente, ormai non poteva farci niente... Forse aveva fatto un errore ad essersi interposto e di non aver adempiuto alle indicazioni di Hydeioshi, ma quella era stata una scelta dettata dai suoi ideali e dalla sua volontà. Poi, quegli esseri infimi meritavano la morte che gli aveva consegnato.

Lentamente si accinse a scendere dal letto e il suo sguardo immediatamente cercò di scrutare nella stanza le sue fedeli compagne. Coloro che lo avevano prelevato dalla riva del fiume avevano fatto in modo che non venissero allontanate dal suo corpo, affinché non avesse delle conseguenze dovute alla distanza da esse. Eccole, le iridi diamantine andarono a scorgerle al di sotto del letto, poggiate su di un velo di stoffa, da quanto poteva presumere. Le mise nuovamente nel fodero posto sulla schiena, per poi liberarsi totalmente dalle bende che contornavano la pelle lesa e incamminarsi verso l'uscita della camera in cui aveva giaciuto. Nulla pareva corrispondere a ciò che aveva visto in quei giorni di traversata. Nulla, come se un manto oscuro fosse disceso su di quelle lande e ne avesse detratto la beltà. L'oscurità della notte precedente, forse, aveva prevalso sulla magnificenza che le sue iridi diamantine aveva osservato. L'unico minuzioso dettaglio che rappresentava un difetto in quel momento, era il candido nevischio che faceva fatica a poggiarsi sulle capanne. Per debellare il fresco ambiente la gente del loco aveva cercato di ardere ciò che reperivano nei dintorni per tentare di riscaldarsi... Ed erano numerose le faville che erano presenti lungo il percorso.

Sebbene una vicenda nefasta si fosse abbattuta sulla loro terra natia, nulla parve scuotere le anime di quegli abitanti, non nel modo che si sarebbe aspettato. Forse neanche la paura, né lo sgomento d'essere destinati ad una morte ingorda. Cosa era che animava quelle menti tanto folli da desiderare di esalare l'ultimo respiro? La religione? No, per l'Artefice era pazzia. Non si può avere fede verso un presunto Dio che esige un sacrificio dai propri adoranti. Comprendeva appieno quel legame indissolubile che si instaurava tra un ninja di Kiri verso la propria patria, ma non aveva nulla a che fare con ciò che aveva potuto subire nell'oblio del ponte. Un tacito silenzio predominava l'intero villaggio, ogni tanto era possibile udire un qualche brusio provenire dalle persone che ivi erano presenti.

Doveva incontrare il Cantore affinché potesse parlargli di ciò che avrebbero dovuto fare da lì a poco. Il tempo in quei momenti era così celere da non potersi rendere conto di quanto ne fosse trascorso. Ed era lì, aggirandosi tra le abitazioni cercando di servire la popolazione meno abbiente o maggiormente colpita dalle condizioni climatiche. Si avvicinò, dopo che egli lo invitò a farlo.

- Potrei farlo, ma ho bisogno di cumulare più chakra possibile. Quindi cercherò di fare il massimo.

E così si congedarono, l'uno dall'altro. Certo, le sue parole non avevano alcun significato implicito, erano così come le aveva udite. Ed era vero, poiché se avesse dilazionato il proprio chakra per curare con le tecniche mediche, non avrebbe potuto cumularlo all'interno delle Hiramekarei. Probabilmente su questa faccenda la conoscenza di Hideyoshi era limitata, non poteva biasimarlo. Avrebbe preferito salvare la vita di un intero villaggio rispetto a quello di una dozzina di persone. Era ovvio che ciò non gli andasse a genio, che salvare tutti sarebbe stata la scelta più ovvia, ma era proprio in quel momento che un leader deve prendere una decisione ben precisa che gli possa far constatare i benefici delle opzioni possibili. La cosa che più disprezzava era l'impassibilità mostrata dai volti di coloro che incontrava. Come se l'incombenza del sacrificio avesse più probabilità di riuscita rispetto al disperato salvataggio che i due ninja stavano architettando. Perché, quindi, optare per salvaguardare la vita di quelle persone? Numerosi dubbi aleggiavano nella sua mente, ma alla fine venivano sventati dal riaffiorare del suo ideale... Un ideale che avrebbe sempre perseguito, almeno fino a quando il potere glielo avesse concesso. Ad aggravare inizialmente e incrementare la possibilità di abbandonare tutto e ritornare alla propria terra natia, erano le espressione non benevole che gli venivano rivolte da coloro che lo ritenevano colpevole d'aver "rovinato" il proprio suicido. Pazzia, insania. Non avrebbe mai permesso che persone con una fede del genere potessero soggiornare nella sua Kiri dopo aver spodestato il traditore.

La mesta notte era giunta sulle loro teste, arricchendo quel luogo d'una rinnovata beltà. La luna, con il suo grigiore, rendeva fulgido il nevischio posatasi in precedenza sulle capanne. La stanchezza, dovuta anche al mancato riposo e dall'aver sperperato una mole quantità di chakra, lo indussero ad attorniare un focolare, così come aveva fatto il Cantore. Entrambi parevano prostrati dalla giornata trascorsa, cosicché vigesse il silenzio per un lungo periodo di tempo, fino al momento in cui Hide prese parola. Udì ogni singolo lemma che venne proferito dalle sue labbra; non v'era nullo di nuovo rispetto a quanto aveva presupposto. D'altronde era a conoscenza del fatto che sarebbe stato soggetto all'ira per quanto compiuto sul ponte... Per avergli impedito di fare ingordigia sull'ignoranza delle persone. Per tale motivo, sin da quanto s'era destato e gli era stata raccontata la vicenda dal Cantore, aveva cercato di cumulare all'interno delle sue compagne la maggiore quantità di chakra possibile. Sapeva che, probabilmente, avrebbe avuto solamente una chance per liberarla e cogliere di sorpresa quel serpente colossale. Il come, però, gli era ancora vago.

- Dovremo coglierlo di sorpresa. Ho bisogno che tu riesca a focalizzare la sua attenzione su di te. Probabilmente sarà adirato per quanto successo e libererà la sua frustrazione su di me, che sono il responsabile. Qualora decidesse di inveire su di me, farò in modo di darle la possibilità di colpirlo in un punto vitale. Non so fino a quando resisterò, ma potrò anche ferirlo durante il combattimento cosicché non riesca a muoversi repentinamente. Se dovesse optare per addossarle le colpe, cercherò di annientarlo con un unico colpo. Sarà difficile, lo so, ma questo è tutto ciò che possiamo fare. Non sappiamo quali sono i suoi punti deboli quindi dovremo improvvisare.

Dopo aver concluso di proferire quel piano privo di fondamenta, si allontanò dal focolare ove soggiornavano i due. Non sentiva eccitazione, forse paura, ma era una emozione che non riusciva a descrivere dettagliatamente. Sapeva che in quel loco non sarebbe morto, la sua vita doveva perseverare lungo il percorso che si era instaurato la cui meta era rappresentata dalle fattezze di Hogo. Era lì, solo, udendo semplicemente il sinistro rumore provocato dall'incedere delle fiamme. La sua mente vagabondava nell'oblio dell'ignoranza. E così trascorse quel tempo, teorizzando, ipotizzando ed il sole iniziò a far capolino tra le barriere velate che si frapponevano prima di esso. Si issò in piedi, con più o meno un paio di ore di sonno, e poté incrociare gli sguardi dei pellegrini che avevano adempiuto all'ordine che il Cantore gli aveva impartito, ovvero recarsi nella parte alta della cittadina onde evitare che potessero creare dei problemi durante il combattimento.Era come se sapessero che, comunque fosse andata la faccenda, loro avessero perso la possibilità di rendere gratitudine al proprio dio, alla propria fede.

I cadaveri erano ammantati in un singolo punto, gettati come se ormai la loro vita, la loro storia non avesse alcun significato. Pronti ad essere esposti come sacrificio per quel famelico serpente. La folla andava diradandosi al di là della loro visione; loro, nel mentre, si erano posizionati di fronte al pranzo che gli era stato preparato poco prima. Beh, che dire, tutto ciò che accadde dopo era di difficile narrazione. Un terremoto, forse, afflisse improvvisamente quelle lande... La superficie del terreno andò celandosi nell'oscurità dell'abisso, impaurita da ciò che stava per giungere. Le sue iridi diamantine poterono osservarla mano a mano che la polvere libratasi in aria si rarefaceva e la sua impressione raffigurava esattamente l'emozione che provava in quel momento: sgomento. La grandezza delle fattezze che aveva esibito, il colore cremisi che predominava sulle squame, la maestosità palesatasi al suo sguardo, gli fecero rabbrividire il derma. Probabilmente aveva sfatato tutte le aspettative che si era riservato di cumulare durante la notte; andava al di là del suo pensiero. Due teste lo rappresentavano, una diversa dall'altra. Era davvero un Dio? Stentava a crederci... Stentava a poter minimamente asserire che si fosse sbagliato. E non lo fece, in caso contrario sarebbe stato difficile controbattere quella situazione alquanto nefasta.

Le udì le loro voci, se così le avesse potute appellare. Data la tonalità delle stesse era comprensibile dedurre che si trattasse di una coppia, maschio e femmina; poté constatarlo anche dalle parole che esse proferirono nei confronti del Cantore una volta che avevano controllato la catasta di cadaveri, povera di corpi, dopotutto. La risposta di Hideyoshi sbaragliò completamente quanto aveva potuto ideare: aveva già addossato le colpe del misfatto all'Artefice, inconsapevole e tenuto all'oscuro della verità. Fidarsi di quell'uomo lo aveva portato in quelle lande affinché potesse raggiungere un potere sempre più maggiore... Forse, però, aveva errato nel valutare la sua onestà. Ormai era lì, non poteva scappare o sfuggire dalle grinfie di quelle due malefiche bocche, pronte ad ingurgitare chiunque pur di salvaguardarsi. Le risposte dei due serpenti, ovviamente, non furono di comprensione, affatto. Prima avevano proposto di uccidere il Cantore, ritenendolo responsabile della sua assenza, poi, crudelmente, ordinarono all'Artefice di eseguire il lavoro sporco, per loro conto. Anche se non aveva apprezzato l'esordio del Cantore, difficilmente avrebbe potuto seguire un compito impartitogli in tal modo. L'unico che poteva dirgli cosa fare era lui stesso, nessun altro.

- Mi prostro a voi, signori, e rimedierò al mio errore. Sarà fatto.

Era ovvio che un rifiuto, in quel momento, avrebbe reso vano l'effetto sorpresa. Doveva parlarne con il Cantore, immediatamente a dire la verità. Non potevano sprecare tempo prezioso e avrebbe liberato una minima parte di chakra solo per rendere più credibile la scena. Cosicché, dopo aver liberato dalle bende le Hiramekarei, si fiondò al cospetto di Hideyoshi, cercando di trovare un contatto fisico ove i loro volti, cosi come le loro bocche, fossero oscurati dal resto del corpo.

- Heiki-sama, non potevo rifiutare, avrebbero agito autonomamente rendendo vano tutto ciò. Non sono stupidi, quindi agiremo con cautela. L'unica nostra possibilità, in questo momento, è arrivare il più vicini possibili a loro. Come farlo? O io, o lei, dovremo fingerci morti dopo un finto colpo quasi mortale. Dovremo farli divertire per abbassarne la guardia. Lo so, è un rischio, ne sono a conoscenza, ma è l'unico modo per tentare di farne fuori almeno uno nel momento in cui si accerteranno del sacrificio compiuto. Le mie spade sono in fremito, potrei tranciare una delle due teste con un fendente. E lei, beh, conoscerà una qualche tecnica così potente da mandare all'aldilà questi esseri viscidi.

Sussurrò al Cantore, cercando di intervallare la voce con finte espirazioni di sforzo. Alla fine dei conti doveva sembrare un vero scontro. Uno scontro che, se fosse stato reale, avrebbe avuto come unico vincitore colui che doveva essere ucciso: Hideyoshi.
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*Seguì un lungo, teso istante. L’Artefice aveva seguito la sua parte del piano, ed addossatasi la responsabilità delle morti si era piegato al volere del Dio Bicipite, accostandosi ad Hideyoshi e conferendo con lui quanto gli necessitava.
Un solo colpo, un attacco congiunto, sfruttando la sorpresa di una mancata vittoria. Questo il piano dello Spadaccino.
Nessun dubbio che la creatura non fosse ingenua, ma a giudicare dal pulsare minaccioso delle Sogliole il Cantore poté credere alla parola di Hayate: se le avesse vibrate al pieno del loro potere, difficilmente il serpente sarebbe potuto sopravvivere.
Ciò rappresentava un vantaggio ed uno svantaggio al tempo stesso: da un lato sarebbe loro bastato un singolo attacco a finire l'opera, dall'altro si rendeva necessaria una drastica strategia per poter prendere la creatura di sorpresa. Un colpo mortale, la vittoria di uno dei due sull'altro, prima dell'attacco congiunto.
Le parole dell'Artefice raggiunsero il Cantore pesanti, ma ponderate. Egli non aveva deciso ancora chi dei due dovesse cadere, ma la risposta sovvenne ad Hideyoshi con naturalezza quasi pericolosa: doveva essere lui a cadere.*


(Fingere una morte non è qualcosa che chiunque può inscenare... io sono il più gracile, ed il mio controllo sul metabolismo mi consentirà di mascherare il mio stato fino all'ultimo. Non potrò fingermi completamente morto, ma anche ai sensi sviluppati di un serpente, a distanza, apparirò privo di vita... senza contare che si aspettano che io cada.
Si... devo essere io.)


*Veniva anche per lui il momento del sacrificio, di provare al compagno che quanto gli aveva confidato il giorno prima trovava corrispondenza nel suo spirito. Attese qualche istante, quindi, senza tradire alcun movimento, parlò perentorio.*

"Io."

*Quindi, con una vigorosa spinta, si separò dall'Artefice, balzando all'indietro e preparandosi allo scontro. I piedi ebbero appena il tempo di sfiorare il terreno che già di nuovo si mossero in avanti, verso l'avversario. Un istante più tardi lo scontro, il kunai ben attento a non incrociare le Sogliole, il corpo teso a dare a quella tenzone l'aspetto che meritava. Di colpo in schivata la velocità dei due contendenti aumentò sempre più, portando con sé più di quanto tempo e rovina non avessero fatto con le abitazioni circostanti. Fu Hideyoshi a guidare la danza, a dare al passo il suo ritmo, giacché Hayate sapeva di dover essere carnefice fin dall'inizio, e perciò, pur non lesinando nell'offesa, fu più cauto nei movimenti rispetto al Cantore.
Così proseguirono per lunghi minuti, tra il sudore e la polvere, via via guadagnando impeto e forza. Il metabolismo di Hideyoshi si avvicinò al massimo, la velocità dei suoi movimenti a stento afferrabile, prona a spingere al limite lo sforzo dell'Artefice. Tale fu la serietà cui giunse lo scontro che egli quasi perse di vista l'obiettivo finale, preso com'era... ma, una volta constatato che Hayate non avrebbe potuto proseguire senza rilasciare preziose energie, il Cantore si risolse a recitare la propria parte.
D'improvviso, ma in maniera che fosse percettibile solo all'avversario nel dinamismo del duello, Hideyoshi rallentò il passo quanto bastava perché uno dei colpi lo centrasse sul fianco. Seguì una vampata d'energia, lo sfrigolare del chakra delle sogliole sulla pelle, nei muscoli e nelle ossa... quindi la forza dell'impatto, ed il proprio corpo lanciato tra le macerie di una casa.*


(D-dannazione...)

*Per un momento, stordito dal dolore e dalla violenza dell'impatto, Hide fu sul punto di immedesimarsi completamente nella parte... o almeno lo credette seriamente.
Ma non ci fu tempo per sincerarsi delle proprie condizioni: la polvere non si era ancora posata che le due teste si fecero incontro al punto in cui era atterrato, ansiose di decretare un vincitore.
Hideyoshi trasse un lungo respiro, poi un altro, e un altro ancora... via via sempre più flebili, sempre più radi, mentre il torace affaticato si faceva pesante ed il cuore fibrillato rallentava drasticamente. I muscoli divennero pietra, il sudore sulla pelle ghiaccio, e da guerriero il Cantore si fece cadavere. Solo un lieve afflato rimase, una pulsazione recondita... non abbastanza per superare un vaglio approfondito, Hide lo sapeva... ma sufficiente perché il Dio si avvicinasse tanto da essere vulnerabile.*


"Oho? È davvero....?"

"Impressionante, impressionante..."

(Ora o mai più, Hayate-san...)

GDROFF///Chiedo scusa per il ritardo, sessione estiva.///GDRON

Edited by Quello lì - 19/6/2017, 19:03
 
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Sfregavano le loro anime, l'una contro l'altra per valicare un ostacolo in apparenza insormontabile. Ciò che aveva ideato l'Artefice avrebbe potuto totalmente annientare le esigue possibilità di vittoria di cui disponevano essendo di fronte ad un essere il cui potere era inenarrabile. Un solo errore, minimo e irrisorio, avrebbe potuto sancire la loro disfatta, la loro morte. Le Sogliole fremevano, vittime della loro mortalità, all'annuncio di cosa i loro denti affilati avrebbero tranciato. Non trascorse molto tempo, anzi, poteva essere considerato effimero sebbene i due si stessero fronteggiando solamente da una manciata di minuti, o forse meno. Fu la sua voce ad interrompere lo stridio assordante che predominava su di quelle lande; le labbra proferirono quelle parole che difficilmente si sarebbe auspicato di udire. Presumeva che addossava la responsabilità all'Artefice, essendo quest'ultimo il vero colpevole di quanto accaduto e del mancato sacrificio a quell'Arcaico serpente bicefalo.

Lo spinse, non v'era più bisogno ora di ricercare quello scontro fisico che gli aveva permesso di rivelargli la sua strategia. Non sapeva il perché ma era così eccitato da quello che stava per accadere che il corpo stesso era preda di un insolita esaltazione. Come se volesse muoversi autonomamente sospinto dall'adrenalina che, per tempo immemore, era stata sopita in ogni anfratto limitrofo della sua anima. E così inizio lo scontro fra i due titani, ognuno meritevole di lode e gratitudine. Non si erano soffermati sui dettagli ma entrambi erano consci che non avrebbero potuto infierire con colpi mortali veritieri, a meno che la situazione non lo richiedesse. Questo perché perdere del chakra accumulato per un duello che, in realtà, era inutile avrebbe ugualmente sancito la fine di ogni loro possibilità di mietere quella vittima agognata. Si muovevano, celermente e tralasciando i danni che stavano causando all'ambiente che fungeva da campo di battaglia. Ormai, quest'ultimo, era già stato devastato durante l'oblio precedente. Osservava Hayate come la lestezza dei movimenti del Cantore fosse accentuata, probabilmente se la situazione non fosse stata tale e avrebbe dovuto scontrarsi contro di lui al singolar tenzone quella sua caratteristica l'avrebbe messo alle strette. Inesorabile il tempo scandiva ogni loro confronto ravvicinato o meno e l'Efebico già subiva la fatica generata dal tentativo di reggere il passo del suo mero avversario e nel contempo tentare di accumulare ulteriore chakra da far confluire nelle Hiramekarei.

Probabilmente il Cantore avrebbe potuto constatare che l'Artefice non fosse al suo livello e qualora il duello fosse continuato la sua forza sarebbe calata implacabilmente. L'impatto fu sordo ma al contempo assordante, e l'impeto con cui Hayate aveva colpito il suo avversario fece in modo di scaraventare Hideyoshi tra i detriti d'una abitazione. L'Atto finale di quella recita stava per essere compiuto, doveva solamente porvi fine con la Tragedia. Sorrise, un ghigno divertito, quasi sadico si palesò sul suo volto candido osservando come la sua forza fosse così ingente. Non sapeva, ora, come il Cantore ponesse in essere il compito che gli spettava, ovvero fingere la sua morte. Probabilmente disponeva di una qualche abilità che gli avrebbe permesso di rallentare il battito del suo cuore fino a fermarlo, giusto il tempo per far avere ad Hayate la possibilità di fare ciò che doveva. Vide le tue teste avvicinarsi con curiosità al luogo ove giaceva il corpo, apparentemente senza vita, del Cantore per assicurarsi dell'adempimento dell'ordine che avevano impartito all'Artefice. E fu proprio in quel momento, quando vide il Serpente calarsi tra quelle macerie per scorgerlo, che con una celerità impressionante si issò in "volo", con un balzo chakrato, per arrivare alla medesima altezza dei due. Sentiva il chakra fremere; gli avambracci quasi non riuscivano a contenere tutta quella linfa che ivi confluiva. Il potere di Hayate era totalmente concentrato nelle due mani che, maestose, sorreggevano il peso delle Hiramekarei. Sembravano un'eternità, che non arrivasse mai alla posizione adatta a compiere quel gesto, ma in realtà erano effimeri quei momenti. Vedeva le squame a protezione del loro corpo, osservava se vi fosse una qualche apertura ove era possibile infierire senza dover superare prima un ostacolo che avrebbe solamente frenato l'inerzia del colpo. Aveva posizionato le sogliole dietro al capo affinché la sferzata avesse più impeto poiché la forza di gravità avrebbe alimentato ulteriormente il colpo. Non ne era sicuro, anche perché aveva un leggero chiarore che gli annebbiava le iridi diamantine, ma sembrava d'aver visto una parte di pelle esposta, priva di protezione. E così fu. La recita era conclusa, ora quella era la più tride delle realtà. Lui ne era un protagonista, colui il cui copione aveva affidato uno dei compiti più difficili a cui adempiere. Provò a sferrare quella sferzata con tutta la forza che aveva in corpo, con tutto il potere di cui disponeva. Lo spirito era in fiamme, ribolliva... Un ardore impensabile. L'animo, invece, era speranzoso e deciso. Non proferì parola alcuna, non emesse alcun sibilo, cercò di non respirare onde evitare di provocare ulteriori rumori. Era in una stasi, in trance. Ciò che sarebbe successo l'avrebbe scoperto di lì a poco. O con due teste tranciate, o con una.. La sua.



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Montagne orientali del Paese del Fulmine, 2 Dicembre 246


*Accadde tutto nel giro di un battito di ciglia.
Hayate raccolse il tacito invito del Cantore di Lame, attendendo appena che il Dio Bicipite lo avesse fuori dalla propria visione periferica prima di spiccare il proprio balzo predatorio. Il moto dello Spadaccino fu silenzioso, nonostante il carico che trasportava in termini di peso ed energia, e fu infatti soltanto per il ribollire delle Hiramekarei che il serpente riuscì a rendersi conto del colpo in arrivo.
Le due teste si levarono, una, poi l'altra, ambedue dapprima attraversate da una vibrazione di dubbio: la loro posizione era esattamente in linea con quella del Cantore, e senz'altro il primo pensiero che attraversò la creatura riguardò la possibilità che l'Artefice volesse dare il colpo di grazia a chi era già morto.
Presto, tuttavia, il dubbio finì spazzato via, giacché l'inclinazione delle Sogliole e lo sguardo del giovane non potevano essere fraintesi oltre. Le due teste scattarono all'unisono, la loro velocità sorprendente per chiunque, pronte ad intercettare il giovane a mezz’aria, azzannandolo al ventre per spezzarne l'impeto. Difficile dire se, anche a quel punto, Hayate sarebbe stato in grado di correggere il tiro per difendersi dall’assalto, ma né lui né il serpente ebbero mai la consapevolezza per valutare: Hideyoshi, al sentir sopraggiungere l’attacco della creatura, era scattato in piedi. Il cuore, da letargico, venne immediatamente attraversato da una frenesia innaturale, quasi troppa da sostenere, e in quello che fu uno dei rush metabolici più vertiginosi mai sperimentati il Cantore si ritrovò per un momento spiazzato, il corpo dolorante e la testa avversata da un'emicrania lancinante. Al contempo tuttavia il giovane rilasciò quanto del chakra maledetto aveva ancora latente in corpo, spingendosi sul limitare del Secondo Stadio e prendendo a trasudare energia densa, nera, capace ad un tempo di iniziare il processo di mutazione e di sostenere il corpo contro lo scompenso.
Il braccio che portò il colpo divenne per un istante più grosso e muscoloso, sproporzionato rispetto al resto del corpo, più scuro, e quando il kunai centrò il ventre del Dio lo attraversò come burro, aprendo un enorme squarcio ed inondando il jonin di sangue e viscere. Un ululato di dolore, il sole a zenit sull'onda del colpo dell'Artefice... poi un'esplosione di luce, ed entrambe le teste finirono staccate dal corpo, prima che quest'ultimo venisse dilaniato dalla parabola devastante delle spade.*


(Si! È fatt...)

*Ebbe appena il tempo di pensare, prima che sangue e polvere lo inondassero con foga. L'energia scaricata a terra dalle Hiramekarei lo attraversò come un secondo battito, quindi fu il tempo dell'onda d'urto, che nuovamente fece di lui poco più che una bambola di pezza. Spinto bruscamente all'indietro infilzò il coltello a terra dopo una rapida carambola, afferrandolo con entrambe le mani prima che, così come si era levata, la tempesta artificiale si acquietasse.
Rimase allora solo l'eco dello scontro, quel momento in cui il clamore della lotta, cessato senza appello, lascia spazio ad un silenzio crescente e penetrante. Il momento in cui si tirano le somme, in cui l'adrenalina lascia spazio alla razionalità.
Ma avevano vinto, Hideyoshi poteva dirsi certo di questo. Al calare della polvere nulla rimaneva dei cultisti, e ciò che era stato il Dio Bicipite era ora un cadavere mutilato e fumante. Il Cantore ne cercò la carcassa tra la polvere calante, realizzando nei rimasugli impregnati ancora d'energia la vera forza delle Sogliole.*


(Kami... che oggetti simili esistano tra noi, strumenti di guerra... nessun dubbio che il Villaggio di Kiri sia ciò che sia.)

*Non era mai stato in grado di toccare con mano il potere delle Sette Spade; aveva visto in azione la Kubikiri e la Samehada, certo, ma venire a contatto così da vicino con una di esse... i libri di storia non rendevano giustizia a quella impressionante forza distruttiva.
Avvicinatosi al cratere porse la propria mano per aiutare Hayate ad uscirne; lo spadaccino era lercio quanto lui, se non di più, specialmente considerando che aveva letteralmente attraversato il corpo del serpente mentre le Hiramekarei lo massacravano. Molto del sangue era evaporato, ma lo stesso non poteva dirsi delle viscere e della terra sollevata dall'impatto.
Il Cantore gli rivolse un sorriso cordiale, divertito quasi.*


"Quel colpo è stato... incredibile, Shokunin-dono."

*Disse, presto interrompendo il contatto fisico tra loro, ma mantenendo quello visivo finché la polvere non si fu attestata del tutto.
A quel punto ebbero entrambi piena coscienza di quanto era accaduto: della piazza in cui si trovavano era rimasto poco e nulla, e le case attorno, già pericolanti, avevano ceduto definitivamente sotto i colpi indiretti di quello scontro. Qualcosa si strinse nel cuore del Cantore, forse il rispetto per quell'antico luogo di culto, o forse il pensiero a come avrebbero reagito Serpenti e pellegrini... ben poca cosa, comunque, rispetto alla consapevolezza di quello che erano riusciti ad ottenere.
Rivolse uno sguardo in alto, verso il rifugio a cui avevano destinato i questuanti.*


"Ce l'abbiamo fatta, Artefice-dono... la nostra forza ha prevalso, ed in virtù di essa è nostra la decisione sul destino di queste persone."

*Si lasciò sfuggire, ben consapevole del vero significato di quelle parole: forza ed egoismo, pretesa ed imposizione, nessun altra legge valeva oltre quella tra i serpenti.
Giunse le mani, componendo i sigilli del richiamo prima di ultimare la tecnica e richiamare lì l'imponente Sutra dei Serpenti. Il rotolo apparve disposto orizzontalmente sul suo sostegno in pietra massiccia, i due sigilli laterali nella foggia di spire di serpente a tenere in custodia la cartapecora.
Hideyoshi ne rimosse la fibbia centrale, srotolando uno ad uno gli antichi nomi fino a trovare uno spazio vuoto.*


"Avete dimostrato di poter imporvi sui Serpenti, ed essi vi riconosceranno come alleato. La vostra forza sarà la loro forza, e viceversa, in un equilibrio precario ma, quandunque stabilizzato nel momento dello scontro, insostenibile per il nemico.
Che si sappia cosa è accaduto qui, che i Serpenti sappiano chi siete, che vi temano e rispettino, che vi obbediscano e seguano. Porgetemi la mano."


*Disse, passando un kunai di riserva sull'interno del proprio mantello prima di procedere all'incisione.*

GDROFF///Questo è il tuo ultimo post. Well done.///GDRON
 
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Un battito di ciglia nulla poteva nei confronti di quel tempo che sembrava interminabile. Le iridi diamantine erano sgranate, come se non avessero mai assistito a nulla del genere, come se quello fosse l'atto finale. L'ultima scena che il fato aveva concesso loro di presenziare. Mentre librava in aria con l'insormontabile peso cumulato delle Hiramekarei a sostenere con impeto la forza di gravità, la sua mente venne percossa da un flusso di pensieri perpetuo. Una carrellata di rimembranze, di ricordi, di tutti quegli eventi che aveva vissuto da vittima e non. Lui era divenuto un Chunin durante Watashi, ora, però, quella forza di cui disponeva si era amplificata, valicando totalmente le capacità e le attitudini che si era soliti affibbiare a quel rango. Forse, indirettamente, era come se avesse raggiunto il Jonin; ahimè, non vi era stata alcuna proclamazione per sancirlo burocraticamente. E probabilmente essa non si sarebbe tenuta date le circostanze che lo avrebbero accolto nella sua terra natia.

Un sorriso mesto adornò il viso Efebico dell'Artefice, quando s'accorse che i suoi avversari si erano resi conto dell'attacco imminente. Sebbene non fossero a conoscenza delle reali intenzioni di Hayate non si schiodarono dalla posizione assunta, poiché, probabilmente, avevano previsto erroneamente che quest'ultimo volesse porre fine definitivamente alle ultime fallaci esalazioni di respiro del Cantore. Le pupille del Kiriano avevano assunto una sfumatura anomala; del sangue cremisi circondava interamente il faro diamantino che le contraddistingueva. Ormai non v'era nulla che lo preoccupasse, neanche che il Dio si fosse avveduto dell'atto imminente. L'ira e l'energia che fluiva nel suo corpo gli avevano mostrato un'immagine distorta della realtà per non farlo arretrare. Se quest'ultimo avesse celermente infierito sull'Artefice, l'inerzia del colpo li avrebbe trafitti ugualmente. Un colpo mortale per ambedue le fazioni.

Nell'adrenalina del momento non s'avvide della collaborazione che gli stava per offrire Hideyoshi, il quale, accorgendosi della difesa che i due serpenti stavano per erigere, cercò di convogliare l'energia che gli rimaneva per colpirli inaspettatamente. Quasi fu in contemporanea, poiché dopo pochi secondi un liquido caldo e viscido aveva reso irriconoscibile l'aspetto dell'Artefice. In verità non sapeva se avesse colpito o meno, tant'è che era impetuoso l'attacco portato. Qualcosa però era cambiata: le Hirakemarei erano vacue, tutto il chakra che era stato fatto fluire in esse rilasciato in una tacita esplosione di energia. Quando riaprì gli occhi la prima cosa che fece fu quella di guardarsi le mani, portarsele sul volto per liberarsi dal lerciume che lo ricopriva. Viscido e viscoso, probabilmente lo avrebbe potuto paragonare a quello delle creature aberranti di Watashi. Sentiva come se il suo corpo si fosse adagiato e acquietato... Sospirò, varie volte, prima di poter issare lo sguardo e osservare cosa il suo potere avesse fatto. Si ritrovava immerso in una fossa circolare; il ginocchio flesso sul terreno mentre la mano destra era ancora serrata nell'elsa delle sue compagne. Sporche, sudicie, ma giubilanti ed euforiche. Mai avevano assaporato una linfa vitale così vigorosa e trascendente ed era da tempo immemore che non venivano rifocillate. Con una sferzata cercò di liberarle dal sangue raggrumato, almeno per far loro riacquistare quella beltà che veniva decantata nei libri. Aveva vinto, avevano vinto.

Le teste dei Serpenti avvalorarono quella tesi e non seppe ben esprimere la reazione alla gioia del suo successo. Del loro successo. Rimase impassibile, o quasi, poiché la fatica lo aveva destabilizzato. Poté indirizzare nei confronti del Cantore solamente un sorriso soddisfatto, per poi rialzarsi usufruendo delle Spade come leve. Cercò di risalire la fosse ove si trovava, accogliendo con la mano libera l'appoggio che Hideyoshi gli aveva offerto. Non poté che meravigliarsi all'udire il complimento che gli era stato riferito da quest'ultimo, sbalordito dalla potenza distruttiva di uno Shinobi Katana. Forse, se tempi orsono i suoi colleghi non fossero scappati dalle grinfie di Sabaku, avrebbe potuto assistere ad uno scenario simile.

- Grazie, Heiki-Sama.

Gli rivolse, come risposta all'elogio fattogli. Non appena fu salvo dalla cavità che aveva generato, poté osservare l'intero ambiente circostante, totalmente annientato dalla forza d'urto del colpo inferto. Un sacrificio irrilevante rispetto alla liberazione che gli avevano elargito.

- Non si poteva fare altrimenti. Loro non ragionavano con lucidità.

Rispose, quando lo vide osservare le zone più alte della cittadina dove erano stati fatti rifugiare gli abitanti per lo scontro appena concluso. Cercò di scrollarsi di dosso la polvere che si era accumulata sulla sua veste, ma essa si era mischiata al sangue viscido della creatura rendendo impossibile il suo gesto. Odiava sentirsi sporco, almeno fino a quando l'adrenalina che aveva in corpo poneva in secondo piano quel dettaglio. In ogni caso ora la sua minuziosa attenzione verteva sulle azioni del Cantore, il quale aveva evocato un rotolo, appartenente ai "Serpenti", che aveva esposto agli occhi dell'Artefice. Forse era giunto il momento di porre le prime basi per quel legame la cui fedeltà sarebbe stata messa più volte in discussione. Di ciò ne era consapevole dopo aver udito la spiegazione a riguardo da parte di Hideyoshi. Udì la rivelazione del suo "compagno" e acconsentì porgendogli la mano. Ormai doveva solamente tornare a Kiri per restaurare un regime politico e militare ferreo.

Serrò con fermezza il Kunai nella mano, riponendo le Sogliole all'interno della fodera posta dietro la schiena. Dopo aver effettuato un incisione sul suo palmo e averne attinto l'inchiostro di cui necessitava, si accinse a redigere nello spazio vuoto mostratogli il suo nome. Era un passo importante, ne era consapevole. E conseguenzialmente quella firma lo avrebbe legato alla figura del Cantore fino a quando uno dei due non avesse esalato l'ultimo respiro. Incise, con grafia leggibile e chiara, il suo nome. Non sapeva se qualcosa fosse già cambiata, non sentiva nulla, se non la curiosità.

- Credo che sia giunto il momento per me di ritornare a Kiri, Heiki-Sama. La ringrazio e pazienterò nell'avere sue notizie. Per troppo tempo ho ritardato la morte del Mizukage, ormai non posso più aspettare oltre.

Proferì, sorridendo al Cantore per poi porgergli le spalle mentre la mano sinistra lo salutava.




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Edit 02:35: aggiungo la valutazione per il buon giammo.

Coinvolgimento Personale: 10

Non mi sarei aspettato niente di diverso, affatto. Fin dall'inizio sapevo che i nostri pg avessero qualcosa in comune e già il fatto di far interagire Hayate con Hideyoshi mi ha entusiasmato molto. Per il resto la quest mi ha intrigato moltissimo. Quando ho avuto un po' di tempo libero per rispondere non c'era bisogno che pensassi, mi bastava rileggere il post e tutto veniva da sé, poiché tutto era d'ispirazione. Felice di aver avuto di nuovo te come master, anche se stavolta in prima persona col tuo pg. In questa Role Hayate ha potuto sviluppare ulteriormente la propria personalità e spero che questo si sia notato.


Tempistiche: 10

Non posso darti meno perché, sia io che tu, abbiamo avuto problemi nel postare e quindi non posso biasimarti se hai ritardato qualche volta, così come ho fatto io.


Edited by ~Steve. - 11/7/2017, 02:41
 
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*L'Artefice appose la sua firma, adempiendo al rito solenne senza indugio, senza lasciarsi sfuggire emozione alcuna. Considerando l'impresa a cui aveva appena preso parte, il Cantore non rimase stupito da questa ulteriore compostezza.
Lo fu tuttavia subito dopo, quando, ancora sporco del sangue del nemico, l'Artefice dichiarò di volersi mettere in marcia verso l'Acqua.*


(Nemmeno il tempo di riprendersi... e già la mente ritorna alle gravose responsabilità... già, e non solo una...)

*Si disse, conscio del fatto che il proprio destino, benché presto separato da quello dell'Artefice, non vi si discostava quasi per nulla in natura: entrambi erano in rotta di collisione con l'autorità del proprio villaggio, entrambi miravano a detronizzare chi aveva fatto scempio della propria patria.
Ne avevano discusso ampiamente, ed era chiaro che il tempo delle parole era giunto al termine. Il Cantore sorrise, uno dei suoi soliti sorrisi enigmatici, tristi e saldi al tempo stesso. Sollevò una mano in saluto a sua volta, e rilasciato il rotolo rivolse allo Spadaccino un sintetico, ma pregno saluto.*


"A presto, Shokunin-dono. Farò altrettanto.

... e che i Kami siano con noi, entrambi."


*Concluse, quando ormai il jonin era ormai troppo distante per udirlo. Altre sfide li attendevano, oltre e lontano da quelle montagne. Hideyoshi avrebbe condotto a destinazione i pellegrini, nel Paese delle Terme... e poi ancora ad occidente, alle Cascate, dove la più grande responsabilità della sua vita lo attendeva.*

GDROFF///Yeeeeeeee ce l'abbiamo fatta.
Dato che questa è una quest un po' atipica, essendo di firma, non so se devo seguire il normale specchietto di valutazione... ma siccome devo comunque darti un voto, non vedo perché no.

Role: Hayate ed Hideyoshi sono molto simili, nel senso che entrambi danno grande importanza a valori come discrezione, compostezza e responsabilità. Hanno passati diversi, tuttavia, e questo si vede bene in questa ruolata. Non ho appunti da farti riguardo la role, dato che è palese che sai come muovere un pg ormai anziano e ben strutturato. 10
Scrittura: scrivevi bene al tempo, e la cosa non ha fatto che migliorare. Fai ancora alcuni errori di battitura, qui e lì, ma direi proprio che la qualità dei post è innegabile. 8.5
Strategia/Approccio: qui c'era poco da essere strategici, ma Hayate si è preso dei bei rischi, anche considerando che questa quest è per la firma di una delle evocazioni più terribili in assoluto. Il suo spirito di abnegazione gli è quasi costato la vita, e un comportamento simile non si confà particolarmente al rapporto coi serpenti... Hideyoshi ne sa qualcosa. Ma da qui al dire che si è trattato di errori il passo è enorme. 9

Media: 9.2

560 exp


Lasciami un feedback per favore, e goditi la firma.///GDRON
 
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view post Posted on 16/10/2017, 13:27     +1   -1
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L'approccio iniziale al personaggio di Hayate ti è venuto praticamente in discesa: non tanto per questioni caratteriali a mio parere, quanto più per il forte parallelismo della loro storia attuale, unita allo storico legame tra Kiri ed Oto. Ciò però non sminuisce minimamente il tuo lavoro nell'avvicinarsi a lui, nella maniera più assoluta. Sei stato paziente e accorto, sfruttando appieno i vari post di transizioni fortemente necessari per gli sviluppi futuri che si prospettano; inizialmente le domande, più o meno velate, di Hide sul perchè Hayate potesse mai desiderare il supporto dei serpenti, via via sempre meno presenti per forza di cose e sempre più incentrate sul tastare il suo essere shinobi. Uno shinobi su cui potesse fare affidamento anche al di fuori del rapporto di sangue del sutra (cosa comunque non da poco, ma forse meno forte nei serpenti rispetto ad altri eremi).
Ciò, grazie anche a Steve, si è potuto svolgere anche nel verso opposto: sul perchè Hide potesse desiderare di allearsi a lui, un traditore della Nebbia. Tutto fa brodo se fatto con accortezza, tutto questo diventa sale e pepe, l'essenza di una bella storia - almeno secondo me - e questa è stata, al di là della trama e degli scontri più o meno grandi, l'essenza della quest.
Ero rimasto dubbioso sul perchè Hideyoshi volesse salvare quel villaggio; poi, alla fine, ho capito - me lo hai fatto capire - sposando appieno l'intera storia col nindo dei serpenti: un atto di prevaricazione, di reimposizione sul villaggio del potere costituito, del potere centrale - se ho toppato fammi un fischio senza problemi.
Per quanto riguarda la mera parte scritta, lo scritto è sempre molto ricco, variegato e articolato, studiato, e spesso mi ha generato affanno, non so se questo sia dato da un tuo mero gusto personale o dalla volontà di esprimere il turbinio e il tormento che Hideyoshi si porta dentro come un fardello - o entrambe le cose assieme... oppure semplicemente dal fatto che mi sono fatto una pippa mentale cosmica!
In ogni caso, a prescindere dal fatto che mi piace molto come scrivi, il mio voto lo elaboro solo sulla base della correttezza grammaticale e sintattica pressoché perfetta - non siamo qui per vincere il Premio Strega, le questioni di stile sono un surplus, un "in più", che non mi sento di far rientrare nella valutazione.

Ammuccati sto' +, mbaruzzu!

Edited by Jöns - 17/10/2017, 10:15
 
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