❝ 使用人 の 破滅 Shiyōnin no Hametsu - Servi della Rovina ❞. PROGREDIRE
— Hayate - Do it - III Act. —
~ Kiri ( Paese dell'Acqua ) ❝ Novità ❞.
La sua vita era retta su di un equilibrio instabile, in bilico tra un burrone ed una vetta integerrima. Il Fato ancora celava qualcosa per quell'essere umano il cui futuro era incerto. Vi erano una serie di scelte che avrebbe dovuto prendere affinché la probabilità di restare in vita aumentasse o diminuisse, e da quel che sembrava tutto pareva remare contro di lui, contro le sue aspirazioni. Possibile mai che la felicità fosse così difficile da raggiungere? A quanto pare, anche la situazione vigente, pareva confermare quella domanda che si poneva. Dopo che ebbe posto quella domanda al Cantore cercò di raccogliere l'attenzione sulle ferite che gli erano state procurate la notte addietro, usufruendo delle proprie capacità mediche per rimediare all'indecenza che gli avevano causato.
Ovviamente uno scontro, ovviamente. L'intento dell'Efebico era quello di ideare un piano condiviso per sopraffare quella forza arcana che avrebbero dovuto affrontare. Lo vide allontanarsi, essendosi congedato celermente dal suo colloquiante per attenderlo al di fuori di quella stanza ove si trovavano. Passarono vari minuti... La sua mente, in quel momento, era un turbinio di pensieri, ognuno di essi balenava su di una situazione diversa dall'altra, nel mentre si adoperava per rimettersi lestamente in condizioni ottimali. Cosa avrebbe dovuto fare? Quello era il quesito che lo affliggeva maggiormente. Niente, ormai non poteva farci niente... Forse aveva fatto un errore ad essersi interposto e di non aver adempiuto alle indicazioni di Hydeioshi, ma quella era stata una scelta dettata dai suoi ideali e dalla sua volontà. Poi, quegli esseri infimi meritavano la morte che gli aveva consegnato.
Lentamente si accinse a scendere dal letto e il suo sguardo immediatamente cercò di scrutare nella stanza le sue fedeli compagne. Coloro che lo avevano prelevato dalla riva del fiume avevano fatto in modo che non venissero allontanate dal suo corpo, affinché non avesse delle conseguenze dovute alla distanza da esse. Eccole, le iridi diamantine andarono a scorgerle al di sotto del letto, poggiate su di un velo di stoffa, da quanto poteva presumere. Le mise nuovamente nel fodero posto sulla schiena, per poi liberarsi totalmente dalle bende che contornavano la pelle lesa e incamminarsi verso l'uscita della camera in cui aveva giaciuto. Nulla pareva corrispondere a ciò che aveva visto in quei giorni di traversata. Nulla, come se un manto oscuro fosse disceso su di quelle lande e ne avesse detratto la beltà. L'oscurità della notte precedente, forse, aveva prevalso sulla magnificenza che le sue iridi diamantine aveva osservato. L'unico minuzioso dettaglio che rappresentava un difetto in quel momento, era il candido nevischio che faceva fatica a poggiarsi sulle capanne. Per debellare il fresco ambiente la gente del loco aveva cercato di ardere ciò che reperivano nei dintorni per tentare di riscaldarsi... Ed erano numerose le faville che erano presenti lungo il percorso.
Sebbene una vicenda nefasta si fosse abbattuta sulla loro terra natia, nulla parve scuotere le anime di quegli abitanti, non nel modo che si sarebbe aspettato. Forse neanche la paura, né lo sgomento d'essere destinati ad una morte ingorda. Cosa era che animava quelle menti tanto folli da desiderare di esalare l'ultimo respiro? La religione? No, per l'Artefice era pazzia. Non si può avere fede verso un presunto Dio che esige un sacrificio dai propri adoranti. Comprendeva appieno quel legame indissolubile che si instaurava tra un ninja di Kiri verso la propria patria, ma non aveva nulla a che fare con ciò che aveva potuto subire nell'oblio del ponte. Un tacito silenzio predominava l'intero villaggio, ogni tanto era possibile udire un qualche brusio provenire dalle persone che ivi erano presenti.
Doveva incontrare il Cantore affinché potesse parlargli di ciò che avrebbero dovuto fare da lì a poco. Il tempo in quei momenti era così celere da non potersi rendere conto di quanto ne fosse trascorso. Ed era lì, aggirandosi tra le abitazioni cercando di servire la popolazione meno abbiente o maggiormente colpita dalle condizioni climatiche. Si avvicinò, dopo che egli lo invitò a farlo.
- Potrei farlo, ma ho bisogno di cumulare più chakra possibile. Quindi cercherò di fare il massimo.
E così si congedarono, l'uno dall'altro. Certo, le sue parole non avevano alcun significato implicito, erano così come le aveva udite. Ed era vero, poiché se avesse dilazionato il proprio chakra per curare con le tecniche mediche, non avrebbe potuto cumularlo all'interno delle Hiramekarei. Probabilmente su questa faccenda la conoscenza di Hideyoshi era limitata, non poteva biasimarlo. Avrebbe preferito salvare la vita di un intero villaggio rispetto a quello di una dozzina di persone. Era ovvio che ciò non gli andasse a genio, che salvare tutti sarebbe stata la scelta più ovvia, ma era proprio in quel momento che un leader deve prendere una decisione ben precisa che gli possa far constatare i benefici delle opzioni possibili. La cosa che più disprezzava era l'impassibilità mostrata dai volti di coloro che incontrava. Come se l'incombenza del sacrificio avesse più probabilità di riuscita rispetto al disperato salvataggio che i due ninja stavano architettando. Perché, quindi, optare per salvaguardare la vita di quelle persone? Numerosi dubbi aleggiavano nella sua mente, ma alla fine venivano sventati dal riaffiorare del suo ideale... Un ideale che avrebbe sempre perseguito, almeno fino a quando il potere glielo avesse concesso. Ad aggravare inizialmente e incrementare la possibilità di abbandonare tutto e ritornare alla propria terra natia, erano le espressione non benevole che gli venivano rivolte da coloro che lo ritenevano colpevole d'aver "rovinato" il proprio suicido. Pazzia, insania. Non avrebbe mai permesso che persone con una fede del genere potessero soggiornare nella sua Kiri dopo aver spodestato il traditore.
La mesta notte era giunta sulle loro teste, arricchendo quel luogo d'una rinnovata beltà. La luna, con il suo grigiore, rendeva fulgido il nevischio posatasi in precedenza sulle capanne. La stanchezza, dovuta anche al mancato riposo e dall'aver sperperato una mole quantità di chakra, lo indussero ad attorniare un focolare, così come aveva fatto il Cantore. Entrambi parevano prostrati dalla giornata trascorsa, cosicché vigesse il silenzio per un lungo periodo di tempo, fino al momento in cui Hide prese parola. Udì ogni singolo lemma che venne proferito dalle sue labbra; non v'era nullo di nuovo rispetto a quanto aveva presupposto. D'altronde era a conoscenza del fatto che sarebbe stato soggetto all'ira per quanto compiuto sul ponte... Per avergli impedito di fare ingordigia sull'ignoranza delle persone. Per tale motivo, sin da quanto s'era destato e gli era stata raccontata la vicenda dal Cantore, aveva cercato di cumulare all'interno delle sue compagne la maggiore quantità di chakra possibile. Sapeva che, probabilmente, avrebbe avuto solamente una chance per liberarla e cogliere di sorpresa quel serpente colossale. Il come, però, gli era ancora vago.
- Dovremo coglierlo di sorpresa. Ho bisogno che tu riesca a focalizzare la sua attenzione su di te. Probabilmente sarà adirato per quanto successo e libererà la sua frustrazione su di me, che sono il responsabile. Qualora decidesse di inveire su di me, farò in modo di darle la possibilità di colpirlo in un punto vitale. Non so fino a quando resisterò, ma potrò anche ferirlo durante il combattimento cosicché non riesca a muoversi repentinamente. Se dovesse optare per addossarle le colpe, cercherò di annientarlo con un unico colpo. Sarà difficile, lo so, ma questo è tutto ciò che possiamo fare. Non sappiamo quali sono i suoi punti deboli quindi dovremo improvvisare.
Dopo aver concluso di proferire quel piano privo di fondamenta, si allontanò dal focolare ove soggiornavano i due. Non sentiva eccitazione, forse paura, ma era una emozione che non riusciva a descrivere dettagliatamente. Sapeva che in quel loco non sarebbe morto, la sua vita doveva perseverare lungo il percorso che si era instaurato la cui meta era rappresentata dalle fattezze di Hogo. Era lì, solo, udendo semplicemente il sinistro rumore provocato dall'incedere delle fiamme. La sua mente vagabondava nell'oblio dell'ignoranza. E così trascorse quel tempo, teorizzando, ipotizzando ed il sole iniziò a far capolino tra le barriere velate che si frapponevano prima di esso. Si issò in piedi, con più o meno un paio di ore di sonno, e poté incrociare gli sguardi dei pellegrini che avevano adempiuto all'ordine che il Cantore gli aveva impartito, ovvero recarsi nella parte alta della cittadina onde evitare che potessero creare dei problemi durante il combattimento.Era come se sapessero che, comunque fosse andata la faccenda, loro avessero perso la possibilità di rendere gratitudine al proprio dio, alla propria fede.
I cadaveri erano ammantati in un singolo punto, gettati come se ormai la loro vita, la loro storia non avesse alcun significato. Pronti ad essere esposti come sacrificio per quel famelico serpente. La folla andava diradandosi al di là della loro visione; loro, nel mentre, si erano posizionati di fronte al pranzo che gli era stato preparato poco prima. Beh, che dire, tutto ciò che accadde dopo era di difficile narrazione. Un terremoto, forse, afflisse improvvisamente quelle lande... La superficie del terreno andò celandosi nell'oscurità dell'abisso, impaurita da ciò che stava per giungere. Le sue iridi diamantine poterono osservarla mano a mano che la polvere libratasi in aria si rarefaceva e la sua impressione raffigurava esattamente l'emozione che provava in quel momento: sgomento. La grandezza delle fattezze che aveva esibito, il colore cremisi che predominava sulle squame, la maestosità palesatasi al suo sguardo, gli fecero rabbrividire il derma. Probabilmente aveva sfatato tutte le aspettative che si era riservato di cumulare durante la notte; andava al di là del suo pensiero. Due teste lo rappresentavano, una diversa dall'altra. Era davvero un Dio? Stentava a crederci... Stentava a poter minimamente asserire che si fosse sbagliato. E non lo fece, in caso contrario sarebbe stato difficile controbattere quella situazione alquanto nefasta.
Le udì le loro voci, se così le avesse potute appellare. Data la tonalità delle stesse era comprensibile dedurre che si trattasse di una coppia, maschio e femmina; poté constatarlo anche dalle parole che esse proferirono nei confronti del Cantore una volta che avevano controllato la catasta di cadaveri, povera di corpi, dopotutto. La risposta di Hideyoshi sbaragliò completamente quanto aveva potuto ideare: aveva già addossato le colpe del misfatto all'Artefice, inconsapevole e tenuto all'oscuro della verità. Fidarsi di quell'uomo lo aveva portato in quelle lande affinché potesse raggiungere un potere sempre più maggiore... Forse, però, aveva errato nel valutare la sua onestà. Ormai era lì, non poteva scappare o sfuggire dalle grinfie di quelle due malefiche bocche, pronte ad ingurgitare chiunque pur di salvaguardarsi. Le risposte dei due serpenti, ovviamente, non furono di comprensione, affatto. Prima avevano proposto di uccidere il Cantore, ritenendolo responsabile della sua assenza, poi, crudelmente, ordinarono all'Artefice di eseguire il lavoro sporco, per loro conto. Anche se non aveva apprezzato l'esordio del Cantore, difficilmente avrebbe potuto seguire un compito impartitogli in tal modo. L'unico che poteva dirgli cosa fare era lui stesso, nessun altro.
- Mi prostro a voi, signori, e rimedierò al mio errore. Sarà fatto.
Era ovvio che un rifiuto, in quel momento, avrebbe reso vano l'effetto sorpresa. Doveva parlarne con il Cantore, immediatamente a dire la verità. Non potevano sprecare tempo prezioso e avrebbe liberato una minima parte di chakra solo per rendere più credibile la scena. Cosicché, dopo aver liberato dalle bende le Hiramekarei, si fiondò al cospetto di Hideyoshi, cercando di trovare un contatto fisico ove i loro volti, cosi come le loro bocche, fossero oscurati dal resto del corpo.
- Heiki-sama, non potevo rifiutare, avrebbero agito autonomamente rendendo vano tutto ciò. Non sono stupidi, quindi agiremo con cautela. L'unica nostra possibilità, in questo momento, è arrivare il più vicini possibili a loro. Come farlo? O io, o lei, dovremo fingerci morti dopo un finto colpo quasi mortale. Dovremo farli divertire per abbassarne la guardia. Lo so, è un rischio, ne sono a conoscenza, ma è l'unico modo per tentare di farne fuori almeno uno nel momento in cui si accerteranno del sacrificio compiuto. Le mie spade sono in fremito, potrei tranciare una delle due teste con un fendente. E lei, beh, conoscerà una qualche tecnica così potente da mandare all'aldilà questi esseri viscidi.
Sussurrò al Cantore, cercando di intervallare la voce con finte espirazioni di sforzo. Alla fine dei conti doveva sembrare un vero scontro. Uno scontro che, se fosse stato reale, avrebbe avuto come unico vincitore colui che doveva essere ucciso: Hideyoshi.
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