| La fronte si corruga, gli occhi si riempiono di nuovo di orrore: la superba Saggia, che dava anch'ella certezze in più a Shion - riusciva...riusciva a tenersi in piedi - o-ora è...accasciata al suolo, sofferenza espressa in quegli occhi che, una volta entrata, danno alla Kunoichi l'impressione di essere puntati solo su di lei.
Non...non può succedere...Tamafune non deve morire. Non vuole che muoia, non vuole che quel giorno si perda una vita, non...
Non vuole che anche loro provino cosa significa perdere una madre.
Ancora tremolante, stravolta, inizia a muoversi a gran falcate verso il medico, l'Actaea Racemosa ben stretta dalle sottili dita: non ha tempo da perdere.
C'è qualcuno che ha bisogno di aiuto - e lei è pronta a dare tutto perché il suo aiuto possa salvarla. Tutto.
Vorrebbe raggiungere il medico, consegnare l'erba, chiedergli cosa può fare lei, come sta la Saggia: ma quello sguardo penetrante è ancora fisso su di lei ed è un attimo perché abbia modo di accorgersene.
E mentre Jin avanza, fino a raggiungere il cinghiale, la Genin arretra: no, non arretra - barcolla.
Stringe la testa tra le mani, ma gli occhi non li riesce a distogliere.
A dire il vero, c'è tanto che non riesce a fare: la mente assordata, riempitasi di colori e figure, le sembra star per scoppiare, ciò che la affolla le impedisce di muoversi, di fare ciò che dovrebbe, di poter aiutare la Saggia - non può succedere ora, non può!
Stringe i denti, il dolore alle tempie la perfora come una lama: p...perché...
Il suo sguardo cerca quello di Taiki - quello che sa la rassicurerà, quello che, magari potrà darle la serenità di cui ha bisogno per continuare l'operazione, visto com'è ora scossa da piccoli brividi: ma Shion non vede nulla.
E non vede nulla perché davanti agli occhi ha solo la tela che vuole mostrarle Tamafune: stavolta però i colori sono sbiaditi, mescolati, i rumori penetranti e assordanti ed è tutto così confuso che...no, non capisce cosa sia accadendo!
In un attimo d'abbattimento nel mezzo di quella non-visione, a spalle afflosciate e testa calata, la minuta Kunoichi altro non pensa se non che tutto questo sia una punizione per lei: perché l'ha in qualche modo offesa, perché non s'è accorta dell'emorragia che l'ha condotta in fin di vita, perché non è stata forte.
No, perché dovrebbe farlo? Perché provare a frenare chi vuol fare di tutto per salvarla?
...
È stata davvero tutta colpa sua?
Oh, come può non evitare che l'ennesimo pensiero la divori?
In un primo momento, neanche le viene il dubbio possano essere diverse le ragioni - e che la distorsione di quello scenario possa magari essere causata dal dolore della Saggia, <i>da quanto ella soffre.: in fondo la sua mente ora è costellata solo da "che cosa ho fatto?", "davvero non posso aiutare neanche chi voglio, chi necessita il mio aiuto?"
O forse, semplicemente nessuno ne ha bisogno.
Ma suvvia, alla fine, qualcosa è cambiato in lei - e a quelle domande s'accavalla una verità: non può aspettarsi di riuscire sempre, o che il suo aiuto sia sempre apprezzato, e questa non è una buona ragione per tentennare o rimuginare. Non è una buona ragione per lasciare chi lei s'è professata di aiutare ad ogni costo - e ha deciso che vuole farlo, ad ogni costo, con il rischio di venir ferita, o rifiutata, o scacciata.
La vita e lo star bene delle persone è più importante di un'ondata di insicurezza - e lei, dopotutto è una colonna portante; è una forte...no?
Se ha deluso Tamafune-san, eccolo l'esatto momento per dar prova che non c'è ragione per esserlo: s'è ripromessa la sua felicità e la sua salvezza, non si tirerà indietro ora.
Rialza il viso, ripunta sulla Saggia gli occhi ora non più colmi d'agitazione - o quanto meno, che ne mostrano molto meno.
È allora che, nonostante ciò che vede e sente sia ancora confuso, le immagini diventano più nitide nella sua mente, dando a tutto un perché - è già la seconda con una serie di immagini le sfilano davanti, in un batter d'occhio: la scena di guerra le si palesa davanti, il fuoco, le frecce, i cinghiali che lottano.
Il suono di un pianto, sottile e acutissimo, la fa balzare: vede un uomo e una donna, lui che la salva dalla morte, lei che tiene le braccia ben strette al petto ma viene colpita, s'accascia a terra e, dopo essersi trascinata sforzando un solo braccio, è accolta dalla morte. Aguzza lo sguardo - gli uomini con la casa sulle pendici della montagna. Nell'intero frangente poi, il pianto altro non fa che intensificarsi: <i>il pianto che sembra...quello di un infante.
Vorrebbe vedere di più, avere ancora quella tela davanti, ma scompare d'improvviso, lasciando lo scenario a sua pura interpretazione - è scomparso troppo in fretta.
Ne resta solo una cosa: sono le urla che non sa bene di chi siano; all'inizio pensa appartengano ancora alla guerra che Tamafune a voluto mostrarle - ed è solo dopo che capisce a chi appartengono.
L'orgogliosa e superba Saggia sta dicendo proprio a lei, sta supplicando proprio la timorosa Genin di Kumo.
Forse è una voce fittizia che ha creato la sua mente, forse l'ennesima proiezione della "regina": sta di fatto che quello sguardo implorante - di chi ha bisogno d'aiuto - non se lo sta immaginando.
Perché, si limita a domandarsi al primo impatto, con la scena ancora fresca in mente e persino l'irreale odore di fumo come se presente nelle sue narici: se in una situazione del genere sarebbe stata normalmente portata a dire che il dolore era la causa, che stesse disperatamente pregando per delle cure, è ben conscia che in questo caso non è cosi - perché altrimenti dar fondo alle già esigue energie per mostrarle quanto visto poco prima?
È figurata ben due volte, la coppia della montagna: può essere un caso? Decisamente no: tra tutti i forti e combattivi che avrebbe potuto mostrarle , tra tutte le vittime del villaggio di Shikareta, quei due civili non sono una scelta casuale - lo ha visto nello sguardo afflitto che aveva nella visione precedente.
Evidentemente, neanche la fedele Jin sapeva tutto sulla Saggia: doveva essere affezionata ai due civili, in qualche modo, ma...sono morti.
Li ha visti accasciarsi al suolo con i suoi occhi, lasciando come unico rumore umano...
Il pianto di un bambino.
Sgrana gli occhi, li tieni fissi in quelli del maestoso cinghiali mentre la guardiana chiede che Tamafune sia salvata, mentre Taiki la esorta a portargli il fusto cadutole di mano.
È...è questo che desideri?
E - stavolta è ben certa di star anche lavorando di fantasia - può quasi vederla annuire, annuire e invitarla ancora a correre, a uscire a salvare quello che, forse è così, altro non è che il figlio della coppia di umani che era lei tanto cara.
Deglutisce, fissando ancora la Saggia, incerta su cosa fare: come può prendere e andarsene? Non si è poi ripromessa di stare proprio con lei, di stare qui per lei, perché possa star meglio?
"Eppure, un modo per farla stare meglio evidentemente c'è..." riesce a pensare all'ultimo, quando avanza di qualche passo per raccogliere l'erba.
Se restasse lì? Terrebbe fede alla promessa verso sé stessa e Jin ma...
Tamafune-san ha con sé il dottor Netsu: ha qualcuno pronta a curarla, qualcuno più competente della giovane Shion - che il suo compito, quello di procurare l'Actaea Racemosa, l'ha portato a termine. Quel bambino, invece? Solo, al freddo - quanto...quanto ancora può sopravvivere?
Perché, per quanto le pianga il cuore anche solo a pensarlo, la Saggia potrebbe comunque non farcela mentre, mentre il piccolo...lui può farcela. Può farcela se fa in fretta.
E se lo fa, può salvare entrambi. Salvare due vite in un giorno solo.
Eppure, nonostante sappia che è la scelta migliore, le fa male quando, una volta consegnato l'arbusto, dà le spalle al medico; quando sfreccia fuori dalla stanza senza neanche guardare la guardiana negli occhi: ma come riguardare negli occhi la superba dopo essere stara tanto malvagia da negarle il compimento quella richiesta che proprio a lei ha fatto? Perché, in fondo se ne convince, sta facendo il bene anche di Tamafune.
Corre rapida, rapidissima, tanto che le gambe iniziano a farle male dopo poco: corre all'impazzata per un po', sia per la frenesia nel trovare la creaturina, portarla in salvo e correre per aiutare anche la Saggia, sia per paura che Jin possa averla ricorsa, per punirla di averle mentito - lei...lo ha fatto. Ma proverà a far anche si che la Saggia possa stare bene davvero.
Buffo come lei, perennemente insicura e in balia degli eventi, sia tanto certa di ciò che sta facendo in uno così delicato - quanto stia credendo nelle proprie capacità, tanto che, se si ferma un attimo a pensarci su se ne può accorgere che c'è davvero qualcosa di...
Nuovo.
Un altro pensiero le ingombra la mente: deve trovare il bambino, assicurarsi che stia bene, pregare che stia bene.
E poi correre, e correre ancora, mostrare il piccolo alla Saggia, vedere i suoi occhi illuminarsi, sentire di aver fatto la cosa giusta, di aver reso qualcuno felice.
E ancora, tentare di salvarla, perché l'eventualità che possa morire durante la sua ricerca non la considera neanche - o perlomeno, non vuole.
Eppure si trova a bloccarsi, a fissare un attimo immobile la discesa che le è davanti, la rigogliosa foresta attorno e l'altipiano nella sua interezza: <>il bambino...dov'è esattamente?
Le crolla il mondo addosso: come...come ha fatto a dimenticare un particolare del genere?!
Freme un attimo sul posto, deglutisce, una serie di groppi che si formano in gola: quante delusioni sarebbero per gli altri, per tutti gli altri?
E quante per sé?
Riprende a correre, incurante di non sapere esattamente in quale punto della radura debba arrivare: l'unica cosa che importa è continuare a correre, con corpo e mente - deve solo ripensare alla scena, solo ripensarci.
Quel flash tanto rapido...c'era qualcosa che le potesse indicare dove andare? Lo scenario era quello dello scontro, avvenuto nella radura e...
Si illumina mentre, ripercorrendo il tratto fatto da Kumo a Shikareta, ricorda della zona colma di fosse - cavità non naturali, cavità scavate nel terreno da qualcuno, cavità...causate da una colluttazione.
Forte di un buon orientamento e avvantaggiata dal suo non aver mollato, nell'aver percorso la strada fino ad allora, quella stessa zona non ci mette molto a raggiungerla di nuovo, ad arrivare nella punto in cui il terriccio copre il sentiero.
È vagando un po' nella radura che, finalmente, li vede.
I due corpi sono ancora lì, esattamente nella stessa posizione in cui li aveva visti, parzialmente deteriorati da quello che dev'essere stato più di un singolo giorno di permanenza: nessuno è passato, a recuperarne i cadaveri...possibile se ne siano dimenticati?
Forse perché sono dei semplici deboli?
L'idea la <j>intristisce ma, in fondo, forse è stata solo un'impressione - non le pare di aver notato atteggiamenti discriminatori verso chi non fosse addetto alla protezione dei cinghiali.
Il bambino invece lo trova proprio dove si aspettava di vederlo: figura invisibile in quella scena - che ha notato solo per l'acuto pianto - è solo rammentando di sua madre con le braccia ben strette al petto e che poi si trascinava con uno soltanto che la Genin capisce lo troverà ancora là, silenzioso, stretto nell'ormai freddo abbraccio.
Apre le braccia della donna lentamente, con dolcezza, quasi potesse disturbarla e svegliarla dal quel sonno eterno: il piccino è mal coperto da un panno insanguinato, smagrito, ma il suo petto si muove ritmicamente su e giù - e ritmicamente su e giù, sempre più veloce batta il cuore della Kunoichi. Sorride, in grado di provare, in quello scenario di morte, felicità per quell'unico sprazzo di vita che lo illumina.
E che illumina lei, che accavalla le mani per mettere in pratica quanto poco prima appreso - cura l'infante e lo stacca dalla madre quasi a malincuore: lo ritrova accostato al seno della genitrice, forse desideroso di quel contatto, forse in un disperato tentativo di ottenere quanto più nutrimento possibile.
Sta di fatto che, una volta che l'ha portato tra le sue di braccia, si sente quasi in colpa a "privarlo" della madre - ancor di più lei che privata di una madre lo è stata.
Si prende qualche attimo per cullare il bambino in un abbraccio, per regalargli una carezza materna che spera potrà trovare anche quando sarà più grande: non li conoscerà mai i suoi genitori ma, merita di saperlo, sono stati degli eroi.
Questo pensa mentre, tenendo con un solo braccio il bambino, sposta con l'altro i cadaveri, posizionandoli l'uno accanto all'altra: forse sono stati limitati a essere classificati come "deboli", ma più che mai hanno dimostrato di far parte dei "forti".
Cosa palesa forza interiore se non il proteggere e dare la vita per ciò che si ama? Loro l'hanno fatto, e sono stati ripagati: se possono assistere a ciò che sta accadendo, saranno felici, ne è certa. Felici, felici come sarà Tamafune-san quando potrà vedere il bambino, sano e salvo.
Prima di andarsene, pronta ad avviarsi di nuovo a Shikareta, l'Akiyama volge di nuovo lo sguardo verso i due agricoltori: se tutto andrà per il verso giusto, avrà modo di rendere nota la loro presenza, si prenderà carico di assicurargli una degna sepoltura.
Lascia la zona con a carico l'ennesima promessa e il piccino stretto tra le braccia, avvolto il meglio possibile in quella coperta insanguinata che teneva la madre, tenendolo ben stretto al suo di petto, in modo protettivo: ripercorre la strada a ritroso molto più lentamente, con un occhio di riguardo per il figlioletto dei due uomini, attenta che non possa prendere freddo.
Sembra interminabile il tempo che impiega a tornare di nuovo dinanzi alla recinzione di Shikareta - che in quel via vai giornaliero ha avuto modo di vedere un gran numero di volte - eppure è lì.
È lì ed è ancora in tempo: quando irrompe di nuovi nella stanza si guarda attorno: Taiki intento a pestare con un mattarello l'arbusto, Jin che la nota per rivolgere uno sguardo iracondo e...Tamafune.
Tamafune, ancora viva, ancora anche lei viva.
"Io...io"
Se n'è andata senza dire nulla in effetti, una Jin a cui aveva fatto una promessa, un Taiki a cui aveva promesso aiuto. Ma doveva fare la cosa giusta, e la frenesia era troppa perché riuscisse ad avvisarli - e se l'avesse fatto, non sarebbe stato improbabile se le avessero impedito di andarsene: perlomeno la guardiana lo avrebbe fatto.
È lei quella che, ancora colma di rabbia, la interpella per prima, chiedendole cos'è che tiene in mano:
"È un figlio della Saggia, Jin-san. Un suo figlio tanto quanto i forti che quanto i deboli, tanto quanto qualunque persona che tiene a Tamafune-san"
Non è fredda, concisa: esprime di certo sicurezza la voce della giovane dalla chioma candida, ma è sorprendentemente tranquilla, serena. Culla ancora il bimbo tra le braccia quando quello tende una delle braccine verso il grande cinghiale: Shion, di tutta risposta, le se avvicina, perché la Saggia possa meglio vedere il piccola sano e salvo, possa sapere che il sacrificio della coppia è stato tutt'altro che vano - e lo sa lei quanto dolore arreca quella perdita a Tamafune.
Lo sa e glielo mostra ancora una volta l'animale: una volta che la minuscola mano si poggia sul suo muso la superba e orgogliosa Saggia scoppia piangere.
Piange e piange, in un gesto inaspettato: piange, piange, e Shion sa il perché. Conosce il perché ma non il modo per fermare quel dolore, senza dubbio maggiore di quanto può esserlo quello per una ferita. Le ferite nel cuore, in fondo, bruciano sempre più forte.
Deve proprio avere il volto di chi sa bene qualcosa, oppure la guardiana è semplicemente troppo sconvolta da una tale visione di Tamafune: sta difatto che la donna le si avvicina, chidendole cosa sia accadendo.
Perché è andata via, prima?
"Io...ecco, lo so, poteva sembrare tutt'altro ma...non volevo lasciarvi qui. Non volevo lasciare la Saggia. Ho promesso a me stessa l'avrei salvata" si ripresenta quel nodo causatole dall'avere giurato ciò che non era certo potesse essere vero, ma lei lo fa rifugiare di nuovo alla bocca dello stomaco, per poi riprendere a parlare.
"C'è una ragione se sono andata via...la Saggia...lei mi ha mostrato di nuovo qualcosa. L'attacco dei briganti non ha mietuto vittime solo tra cinghiali e forti. La coppia di agricoltori delle pendici, loro si sono sacrificati. Sono stati eroi, hanno protetto, il loro bambino" ed è evidente a questo punto a chi quello appartenga.
"Sono ancora in mezzo alla radure e...penso meritino una degna sepoltura. Credo Tamafune-san pensi lo stesso: in qualche modo, doveva essere legata a loro. Un legame che la fa crollare anche dopo la loro morte, e le fa mettere in secondo piano la propria vita perché il loro sacrificio non sia vano. Io ho...volevo solo realizzare le sue volontà, quelle di vedere il bambino salvo. Jin-san, lui aveva bisogno di aiuto, e sono certa che la Saggia avrebbe voluto lo stesso, da chiunque di voi suoi figli. E a maggior ragione, una madre vorrebbe vedere due suoi figli aiutarsi a vicenda e i fratelli esserci l'uno per l'altro come in una vera famiglia."
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