Incontri clandestini in camera, tenendomi all’oscuro? Sbadigliò Yu, rivolto all’amico, per poi affilare lo sguardo e renderlo più malizioso di quanto quel momento meritasse, tanto per alleggerire un po’ quell’atmosfera soffocante. Spero non abbiate usato il mio letto, Shi.
Era ovvio che scherzasse. Non aveva idea di chi fosse il “marinaio” nominato da Shi, tuttavia se il ragazzone avesse davvero voluto tenergli nascosto qualcosa, a quell’ora non sarebbe stato lì a dirglielo. Tanto più che doveva aver avuto sicuramente i suoi motivi per farlo in quel modo, proprio nei pochi minuti in cui il Rosso era rimasto sotto la doccia cercando di scacciare via i pensieri che, invece, lo avevano perseguitato tutta la notte e che ancora gli frullavano in testa come mosconi attorno a della merda fresca. Alla fine, comunque, le informazioni ricevute non erano questo granchè. Confermavano definitivamente l’esistenza del Calamaro Gigante, mettendo fine a qualsiasi dubbio circa l’eventualità che fosse tutta una panzana da osteria, ma per il resto…erano per lo più dettagli superflui e aria fritta.
Come la sera precedente, sapevano di essere un’esca, ma non perché e, a dirla tutta, la cosa non perdeva di significato di fronte alla possibilità di lasciarci le penne proprio lì, in mezzo al mare: l’idea di morire senza saperne il motivo, era qualcosa di inconcepibile. Magari solo per un capriccio del Mizukage! Figuriamoci. Sapeva cosa andava fatto. Sapeva cosa rischiava andando in missione. Sapeva anche che disobbedire agli ordini non era ben visto né a Kiri, né in qualsiasi altro Villaggio di Shinobi. Ma lui era veramente disposto a morire per degli ordini di cui non conosceva nemmeno la natura? Era per questo che si era torturato tutta la notte, senza successo. Voleva capire. Voleva vedere al di là del velo di nebbia che quel mattino ammantava l’isola su cui erano approdati, ma sapete cosa? Non ci riusciva.
E questo era lacerante. Perché lui aveva ben altre cose da fare che farsi uccidere da uno stramaledettissimo mostro marino. Le sue ambizioni, la sua famiglia, i suoi sogni, erano ancora tutti lì da realizzare. Non aveva proprio intenzione di mollare tutto a metà così, soprattutto non prima di aver ritrovato Kai. Eppure.., eppure quel giorno vedeva solo grigio, nessuno spiraglio di luce o una via d’uscita, che fosse una, da una situazione a dir poco soffocante. Come la sera prima, era cosciente di dover puntare tutto sul momento, però…il fatto di affrontare una creatura tanto antica e pericolosa, su quella che di fatto era una gabbia di legno galleggiante, non lo confortava per nulla. Se aveva paura? Certo che ne aveva. Solo gli idioti non avevano paura. Gli idioti e i folli, ma dei secondi non era proprio sicuro. E lui, non facendo parte né degli uni né degli altri - secondo sua modesta opinione, ovviamente - ne aveva eccome. Temeva di morire lì, ma ancora di più temeva di sopravvivere ai compagni. E forse era proprio quel terrore ad oscurargli la vista. Ma quella non era certamente la prima volta che aveva paura, no?
Yu che cazzo stai facendo?!
Non eri forse tu quello che diceva che non si deve mai partire da sconfitti? Era qualcun altro? Uno che ti assomigliava, magari? Cazzate. Queste sono tutte cazzate, lo sai benissimo.
Chi parte da sconfitto, tornerà da sconfitto.
Lo aveva detto proprio lui ad Urako qualche tempo prima. E ora si ritrovava a ripeterlo a sé stesso come se non lo sapesse. Un po’ patetico in effetti. Prese un bel respiro, l’aria umida del mattino, pregna del sapore salmastro del mare gli si insinuò nelle narici, stuzzicandole abbastanza da fargli bruciare gli occhi, ma non tanto da farlo starnutire. Fu proprio in quel momento che un rumore - ehm, boh? Sospetto? - lo fece voltare con aria incuriosita verso il compagno di team, beccandolo giusto in tempo mentre sputava a terra del sangue. Che stesse facendo, non ne aveva proprio idea, ma lo sguardo smeraldino di Shi unito a quel suo sorriso sghembo e alle parole che disse, riuscirono in qualche modo a far passare in secondo piano la nebbia che stava tutto attorno al loro compito. Il ragazzone aveva ragione, non c’era bisogno di farsi troppe paturnie mentali, quello che dovevano fare era semplice: dovevano vincere.
Come avevano fatto fino a quel momento e come avrebbero fatto anche in futuro. Perché sì, chi parte da sconfitto, ha già perso ancora prima di iniziare. E loro tre, nonostante fossero un trio piuttosto curioso e sgangherato, non erano per nulla dei perdenti. Come diceva quel vecchio testo? Ah, giusto!
“Sono un Ninja.
La mia magia è l’addestramento.
Il mio corpo è il controllo.
La mia forza è l’adattabilità.
Le mie armi sono tutte le cose che esistono.
La mia arte è il Ninjutsu.”
Sì, per quanto fosse complicata la loro situazione, per quanto non gli arridesse, loro erano degli Shinobi addestrati. Avevano tutte le carte in regola per farcela, una mano fortunata che doveva essere ben sfruttata. Stava a loro, però, riuscire o meno a cogliere l’occasione o lasciarsela sfuggire: tutto dipendeva da loro tre. Non dal Mizukage che aveva evidentemente qualcosa da nascondere, non dal calamaro che alla fine difendeva solamente il proprio territorio, solo da loro tre. E partire col piede giusto, era già un buon inizio, no?
Un po’ dell’angoscia scivolò via, alleggerendo il cuore di Yu che si ritrovò a ridacchiare di fronte alle parole del compagno. Rideva di sé, della propria paura, di come non si fosse reso conto che, alla fin fine, non era mica da solo a tenere testa a quell’incarico.
Shi, ha ragione: se collaboreremo come si deve, non avremo nulla da temere. Disse poi, rivolgendo sia ad Urako che al ragazzone uno sguardo deciso e il proprio sogghigno, riguadagnando un po’ della baldanza che lo contraddistingueva. Qualsiasi cosa accada, noi tre non torneremo a Kiri da sopravvissuti, ma da vincitori! Fosse anche solo per capire che diavolo passa per la testa del Mizukage.
Oh e Yu avrebbe proprio voluto saperlo che cosa cavolo frullava tra i neuroni di Hogo. Quanto meno perché aveva affidato a quell’uomo la vita di suo fratello e di chissà quanti altri orfani del Villaggio. In ogni caso, dette quelle parole, scambiò un pugno d’intesa con Shi e, con i propri compagni, brancolando nella fitta nebbia di quel mattino, si diresse sulla nave.
Quel tempo non era dei migliori per navigare. Non aveva fatto caso se Barbapomellata avesse usato una bussola o una carta nautica per trovare la rotta e mantenerla durante l’andata, tuttavia, a prescindere da questo, di sicuro non avrebbero potuto mantenere la stessa velocità di navigazione del giorno precedente. La bruma era insidiosa e, in mare aperto, sarebbe stata ancora più fitta che lì al porto. Questa volta sì, per attraversare la passerella, preferì usare un po’ di chakra sotto le palme dei piedi, e proprio sul ponte si intravide la sagoma cicciottella e panciuta di Barbapomellata che, immediatamente, iniziò a dare ordini. Proprio come all’andata, Shi e Urako vennero mandati sottocoperta a badare ai marinai e a fare l’inventario, mentre Yu venne relegato al compito di vedetta, con la sola differenza che, questa, volta a causa della nebbia, non avrebbe usato bandiere per segnalare la presenza della Ookina Oshiri alle altre imbarcazioni, bensì delle luci di segnalazione preparate dal Capitano in precedenza.
Non che il Rosso avesse speranze di vedere qualcosa in quella foschia, comunque. Non si vedeva nemmeno la prua della nave stando lì dov’erano in quel momento! Che brutto, brutto affare, davvero. Dividersi e mettersi a fare le faccende, non era proprio quello che ci voleva se dovevano badare alla possibilità, per nulla improbabile, dell’arrivo del Calamaro, tuttavia non era il caso di tirare su un polverone con Barbapomellata…di nuovo. Alla fine, serviva che qualcuno si occupasse di quei compiti, se volevano partire dato che gran parte della ciurma era ancora fuori combattimento. E poi, l’aria che si respirava lassù l’avrebbe certamente svegliato un po’ da quel torpore che gli era rimasto addosso dalla notte passata male. Così, Yu, si mise subito al lavoro senza rimbeccare. Mentre saliva sulle reti per raggiungere il cestello, vide le sagome di altre due persone sul ponte: dovevano essere un mozzo - stava pulendo sembrava, ecco perché il ponte era più in ordine di quella notte! - e boh, un navigatore, forse, stava assieme al Capitano. Arrivato alla sua postazione, il Rosso aguzzò la vista per verificare fin dove riuscisse a vedere e…fu piuttosto sconsolante constatare che non giungeva poi troppo oltre la prua. Tanto più che, se guardava in basso, laddove avrebbe dovuto essere Barbapomellata, vedeva solo un muro di nebbia biancastra. Non scorgeva neanche le sagome degli uomini sul ponte da quell’altezza, se avesse dovuto segnalare qualcosa, avrebbe dovuto utilizzare solamente la voce.
Kuso…questa nebbia proprio non ci voleva.
Però almeno il mare non era male. Era talmente piatto che, non appena mollarono gli ormeggi e la Ookina Oshiri prese il largo, forse nemmeno qualcuno che soffriva il mal di mare si sarebbe sentito poco bene, tanto poco ondeggiava il veliero. Si muoveva lento nella bruma, tagliando l’acqua con la carena lignea a velocità ridotta, mentre Yu continuava a sondare con lo sguardo chiaro fin dove la sua vista riusciva ad arrivare. Si sforzava di avanzare oltre il proprio limite, cercano di superare la barriera imposta dalle condizioni avverse, ben sapendo che, sia in caso di altre navi che del calamaro stesso, la rapidità nell’avvertire l’equipaggio sarebbe stata essenziale. Ma nulla. In quel frangente, la sua amata nebbia, quella che si divertiva ad osservare oziando sui tetti delle abitazioni di Kiri o al Parco del Villaggio, appollaiato su qualche albero, era diventata la sua peggior nemica. I suoi flutti erano fissi, compatti, e nulla lasciavano trapelare. Era come se stessero navigando nel Limbo. Un mare bianco di bruma, diretti verso il nulla assoluto. Faceva un po’ impressione, effettivamente. Come facesse Barbapomellata a orientarsi in quelle condizioni era un mistero. In cuor suo Yu sperava davvero non andassero fuori rotta, anche se magari farlo avrebbe scongiurato il pericolo costituito dal Calamaro Gigante.
Ma sembrava che la navigazione procedesse tranquilla. Anche troppo. Dopo la prima oretta di viaggio, il Genin tornò a sentire il sonno arretrato della nottata passata a rigirarsi nel letto. Gli sbadigli si fecero sempre più frequenti, alimentati dal compito poco attivo che gli era stato affibbiato. E non era che lui volesse addormentarsi, eh. Si sforzava di tenersi sveglio, in qualsiasi modo, dai pizzicotti ai giochetti mentali, però la noia e il sonno erano duri da battere. Fu mentre stava facendo l’ennesimo ampio sbadiglio che sentì una pizzico fastidioso al collo. Pensando istintivamente ad una zanzara o qualche altro insetto attratto dall’umidità, Yu si schiaffò una mano sulla parte lesa sperando di beccare sul posto quel maledetto seccatore. Si portò la mano davanti al viso, per vedere se i resti fossero rimasti lì, ma non c’era nulla e, anzi…la vista iniziò ad annebbiarsi. La sagoma della sua mano si fece stranamente offuscata, sfocata, un po’ troppo rapidamente per lasciar pensare ad un colpo di sonno naturale.
No, cazzo…Devo…devo avvertire…gli altri…
Ma quando si rese conto di questo, in quell’ultimo istante di lucidità, era già troppo tardi. Il corpo si fece prima intorpidito e poi, incredibilmente pesante. Sfuggì al controllo del suo stesso possessore, così come la sua mente che da chiacchierona che era, si fece silenziosa, accompagnando Yu in un sonno profondo, direttamente tra le braccia di Morfeo.
GdR Off || Piccolo cameo alla mia ex pg e un giochetto per Ege. Trova la citazione, cara u.u || GdR On