| *Un fiotto caldo le inondò la bocca, sapore di ferro e sudore. Attorno a lei, dentro di lei le urla dell'uomo, le sue braccia a muoversi freneticamente nel tentativo di disarcionarla.*
Himura:"DANNAZIONE! AAAARGH!"
Yane:"Ma che diavolo?!"
Yane lasciò il capezzale della ragazza per un istante, il tempo di voltarsi e muoversi verso il punto in cui stava avvenendo la colluttazione... ma non appena si fu mosso Himura parve come chiamare l'ombra della stanza a sé, ciascun granello di buio ruvido e tagliente come carta vetrata sulla pelle della bambina. Eppure lei non cedeva; prendeva il respiro ed attaccava ancora, al collo il giogo di seta a spingerla sempre più a fondo. L'oscurità mulinò attorno a loro impazzita per diversi istanti, spazzando via corpi e macerie, costringendo Yane a rimanere fuori dalla scena, atterrito. Poi, difficile dire quando o come, Hadaka sentì la sua preda perdere l'equilibrio e cadere schiena a terra, facendole colpire il pavimento con violenza e schiacciandola col suo peso. La sciarpa la stava soffocando, letteralmente, e al contempo la forzava a combattere, ad aggredire, ad uccidere, a proteggere. Non importava che si trovasse nel mezzo di un incubo, che il suo corpo fosse stato martoriato e la sua mente saccheggiata: Hadaka era preda di una volontà estranea, la stessa che, vedendo il giovane cadere, scattò in avanti all'attacco. Quattro zampe a spingere e quattro ad aggredire, i cheliceri aperti a generare una tagliola letale; la Filatrice si lanciò sui due lottatori sfruttando il momento propizio, incurante della vita della bambina nel mezzo.
"Grazie... bambina mia..."
Yane:"NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!"
*Poi un nuovo grido, questa volta furente, belluino, proveniente da sopra di lei. Si trattò di un ruggito spaventoso, dolente, più consono ad un animale che ad un uomo... ma la voce era quella del nonno, ed assieme ad esso il pavimento esplose in una serie di speroni di roccia, squassando tanto i dintorni quanto il punto in cui si trovava Hadaka. Terremoto, terra seghettata, graffiante, tutto intorno... quindi altro sangue, il proprio, altrui, non aveva importanza. Sentì la presa della sciarpa farsi insopportabile, la mente cedere, i sensi svanire. Gli speroni avevano trafitto la Filatrice in diversi punti, ed il loro dolore apparteneva anche alla bambina. Finalmente arrivava la morte, la liberazione da quel supplizio, per lei e per la signora del sottosuolo.*
"Add..."
*Improvvisamente qualcosa la trasse fuori da quella prigione di carne e roccia, due mani, forti ma, nonostante tutto, delicate. Quindi, divorato dalla notte, il volto del nonno. Sudato, forse, insanguinato. Lo sentì gridare, tentare di riattivare il suo battito cardiaco, di farla respirare in qualsiasi modo. Una mano si strinse attorno alla sciarpa, la strappò via, e a poco a poco il mondo tornò a scivolare in quella forma viscosa e mostruosa che l'aveva caratterizzato fino al momento dell'incontro con la Vecchia. Le mani del nonno divennero lunghe e legnose, coperte di peluria, i suoi arti si allungarono sull'innalzarsi del busto oltre ogni umana proporzione... e il volto si deformò orribilmente, la bocca talmente piena di denti da doversi aprire un varco fino al naso ed oltre, lungo la fronte. Occhi lucidi, decine, e cheliceri ricoperti di veleno. Il mostro rimase su di lei per un eterno istante, ed Hadaka non poté far altro che guardarlo mentre, respirando agonizzante, il cervello riprendeva malauguratamente le proprie capacità. Meglio impazzire, meglio morire.*
"Senshokushin Hadaka... curioso, non implausibile, no, no..."
*Le parole erano fatte del brulicare della polvere sotto di lei, dello scorrere del sangue sulla sua pelle, del pulsare convulso del cuore nella testa... eppure portavano con sé un elemento di disturbo, qualcosa di raccapricciante, di sbagliato, estraneo anche a quel mondo orripilante. Qualsiasi cosa fosse, ovunque si trovasse, l'essere di fronte a lei non apparteneva al sotterraneo: vi si era introdotto in quel momento, giusto il tempo di dire quelle parole. Hadaka lo seppe d'istinto, e stesso poté dirsi del sotterraneo, perché allo srotolarsi della frase le mura presero a crepitare ed accartocciarsi, rovinarsi, tremare di dolore e paura. Erano la sua stessa coscienza, il suo stesso corpo. Poi, finalmente, il buio.
Si svegliò sul punto di crollare nuovamente, tanto il mondo le piovve addosso. Attorno a lei il buio più completo, reso ancor più fitto dall'unica luce che le apparve. Intensa, tanto da dolere, di un azzurro verdognolo. Una mano la teneva premuta al suolo, tanto fonte di luce quanto ferma nel trattenerla dov'era. Ruvida, grande, solcata di cicatrici... e seguendo il percorso del braccio, il viso del Kazekage chino ad un passo da lei. La gioventù era scomparsa, succhiata via, e alla luce del chakra medico le ombre nelle rughe dell'uomo erano come ferite appena aperte, il sangue nero e denso. Himura dovette realizzare il risvegliò della bambina, perché, pur senza ricambiarne lo sguardo, aprì bocca.*
Himura:"Ferma."
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