| *Decise di rimanere indietro, da solo, fidandosi di quanto Tashigama gli aveva detto. Il lavorio della macchina proseguì senza affanni, ed il giovane Uchiha non percepì variazioni di sorta nel proprio stato fisico. Oltre quella sensazione di spostamento, quel fluire fuori dal proprio corpo, nulla. Fu la mente a giocargli per prima uno scherzo sinistro: a poco a poco la quiete ritmica, statica della stanza prese ad incrinarsi. Un fruscio, un passo, uno scricchiolio, e l'attenzione del Vermiglio prese a destarsi. Distinse un'ombra, o forse solo un riverbero dietro una delle vasche... gli parve di sentire qualcosa muoversi, ma si sarebbe potuto trattare di un ratto.*"Ra.... li"*Il suono roco, gorgogliante lo raggiunse questa volta distinto, perfettamente udibile. Lo cercò con lo sguardo, ma niente gli apparve...*"Ol... ola... li"*Di nuovo, ma questa volta da tutt'altra parte, ed al giovane parve di vedere qualcosa scivolare oltre una barella, dietro una delle macchine.*"Vola... Sola... Senza Ali."*Gracchiò la creatura, apparendo alle spalle dell'Uchiha. Il teschio era stato completamente divorato dal tempo, gli occhi erano spariti in due pozzi neri, ma del becco rimaneva a sufficienza da permettere al messaggio di giungere a destinazione. Avanzò di un passo, i piedi degli artigli, le gambe nude appese ad un fascio muffito di muscoli. Tremò, ma rimase in piedi, le ali troppo pesanti, soffocanti, nere.*"Vola... Sola... Senza Ali. Vola... Sola... Senza Ali."*Impossibile muoversi, parlare, pensare. Uno spasmo, un tentativo di movimento, e la creatura avrebbe fatto lo stesso, graffiando ancora il pavimento, trascinandosi in avanti sotto il peso schiacciante di quelle ali. Le aprì, lentamente, terribilmente, scricchiolando come un arbusto sotto il vento impietoso. Enormi, si trascinavano sul pavimento bloccando ogni luce, soffocandolo, circondandolo ad ogni passo.*"Sola.... Sola.... Sola.... Sola... Senza Ali...."*Ripeté ancora e ancora, mentre le piume si chiudevano attorno all'Uchiha, imprigionando gli ultimi raggi di luce in un riflesso blu scuro... un blu conosciuto, accogliente, profumato. L'oscurità lo chiamò a sé, nascondendogli il volto del mostro ma sussurrandogli le stesse parole.... dovette lasciarsi andare.*Dr. Tashigama:"... scelta, dobbiamo dirigerci al laboratorio! Andate!"*La porta della stanza si riaprì di scatto, sottraendolo al sogno lucido. Tashigama apparve sulla soglia, il peso della propria deformità chino sul bastone. Rimase immobile nel momento in cui si accorse dello stato di Kinji, ma soppesato il rischio dovette ritenerlo sopportabile, perché avanzò verso di lui.*Dr. Tashigama:"Ti sei ripreso... bene, perché è ora di muoversi. Il livello inferiore è stato invaso, molti dei miei uomini sono morti, i tuoi compagni sono scomparsi. Sono profondamente rammaricato."*Disse, sempre meccanicamente, emettendo suoni uno ad uno senza che avessero alcuna pretesa di riscontro con ciò che il medico evidentemente pensava. Le mani presero a lavorare sulla macchina accanto al giovane, che con un suono cessò il proprio lavoro di pompaggio. Due secondi, ed un lungo foglio di carta si srotolò dal lato ulteriore rispetto al tavolo operatorio. Tashigama gli diede una rapida occhiata, arrotolandolo quindi alla meglio e nascondendolo in una tasca del lungo pastrano che lo ammantava.*Dr. Tashigama:"Stenditi, le domande possono aspettare."*Tagliò secco. Armeggiò con i cavi che collegavano Kinji al macchinario, rimuovendoli uno ad uno in maniera brusca, ma non imprecisa. Il dolore avvertito dal giovane finì presto stemperato da quello che già, da quando si era riavuto, lo assillava... ed in breve fu libero di alzarsi.*Dr. Tashigama:"Bene.... perlomeno una cosa è andata per il verso giusto. Seguimi, fuori dalla porta troverai il tuo equipaggiamento... e quello dei tuoi compagni."*Impossibile credere che la terra potesse sprofondare ancora... che oltre quell'oscurità ve ne fosse un'altra, ed un'altra, ed un'altra ancora. La creatura avanzò di fronte a loro, mai ferma, eppure mai troppo lontana perché Shinta si perdesse. La sentiva arrancare, assieme a lei il tintinnare cristallino del coprifronte, ma non poté più vederla per un tempo infinito. Persino nella caverna di Ryuchi l'ombra non era tanto fitta, l'aria tanto soffocante. La roccia si liberò ben presto dello strato di muschio che l'aveva ricoperta, quasi che esso stesso si rifiutasse di scendere tanto in basso.... ma lui no, il samurai dovette proseguire, sulle spalle il peso di un compagno, al fianco e dietro la schiena l'assenza di due presenze fidate. Il rumore dello scontro scomparve a poco a poco, rimanendo un ricordo legato al mondo superiore. Il tempo perse qualsiasi coerenza, rimanendo accessorio al ritmo dei passi. Sempre più avanti, sempre più a fondo, senza sapere quando o come, udendo solo il tintinnio, il proprio respiro e quello, debole, di Orinosuke. Impossibile fermarsi a riposare, a morire, finché improvvisamente il dislivello non si fece più dolce, la roccia dura e scheggiata una sabbia fine... ed insperata, strabiliante, una visione apparve agli occhi dello spadaccino. La luce penetrava attraverso l'innalzarsi di una enorme conca sotterranea, alta decine, forse centinaia di metri rispetto al punto in cui erano emersi, lanciandosi attraverso il vuoto fino ad incontrare qualcosa di assolutamente improbabile: palazzi. Silenziosi, immensi, provati dal tempo eppure immacolati nella loro solennità. La pietra con cui erano costruiti non aveva nulla della roccia cruda e monotona che li circondava, che li sovrastava: rilucevano di un bianco pallido, presentando pochissimi segni di rovina. La bestia si mostrò, precedendoli alla luce e bagnandosene quasi fosse acqua all'assetato. Saltellò sul posto per qualche momento, improvvisamente dimentica dei suoi nuovi compagni. Indossava una serie di stracci cuciti alla meglio, stretti abbastanza da non impedire il movimento, eppure coprenti... anche se non a sufficienza da lasciare all'occhio il beneficio del dubbio: l'essere era a mala pena umanoide, la pelle tanto pallida da sembrare trasparente ove non coperta da pustole, muffa e scaglie; le spalle asimmetriche, le mani ridotte ad artigli rattrappiti, il viso celato da un cappuccio.*Caduto:"Venite! Venite! Grandi meraviglie!"*Esortò, tra il sussurro ed il grido, prima di avanzare attraverso la sabbia. Passo dopo passo, la mole della città rivelò sempre più le proprie, incredibili fattezze. Che una rovina del genere potesse trovarsi lì, ancorata alle radici della terra, e per di più in un simile stato di conservazione era strabiliante. Avanzarono lungo l'ampia passerella che dalla sabbia conduceva alla porta, superando una doppia fila di statue che ancora, salvo il lavorio dell'umidità, presentavano un aspetto elegante e senz'altro più umano di quello del Caduto.*Caduto:"Vecchia, vecchie ossha di chenere e di polvere, di pietra e di terra. Non parla, ma shente e capische... rimasta shola per....? Tanto."*Del grande arco che un tempo costituiva l'accesso alla città era rimasta soltanto la base, e in uno stile che l'occhio esperto di Shinta avrebbe potuto ricondurre a quello dei Monaci della Pietra. Imponente, finemente cesellato, ritraeva immagini di vita quotidiana. Una donna immerge una damigiana nel fiume, un uomo va a caccia nella foresta, un gruppo di persone raccolto attorno ad un grande albero da frutto... alla luce del sole. L'astro, benché sempre rappresentato attraverso un curioso simbolo oculare, era inequivocabile. Ricordi di un passato simile a quello di Ishi no Kuni, probabilmente... storie e miti raccontati ai giovani dai vecchi che avevano visto la superficie... eppure ben presto anche tale ipotesi dovette essere scartata. Le case erano di varia foggia, ma costruite sempre in quella distintiva pietra chiara, e provviste tanto di finestre quanto di camini e ciminiere. Alcune avevano balconi, altre ciò che rimaneva di giardini e cortili. Man mano che si mossero in avanti, lo sguardo cauto dovette catturare altre improbabili visioni: vasi per le piante spesso ancora intatti, banchi del mercato, un largo fontanile appena a cento metri dalla porta... e soprattutto nessun tipo di sostegno alla volta rocciosa, completamente ignorata dai tetti dei palazzi. Venne da chiedersi se l'intero abitato non fosse, tutto d'un tratto...*Caduto:"Shprofondato, Caduto in basso... tutto di fretta, tutto inshieme. Caduto, Caduto... di qua!"*Richiamò a sé l'attenzione dello spadaccino, dileguandosi dietro un vicolo e all'ombra di un lungo pergolato. Seguendolo, l'ordine spettrale e statico che aveva caratterizzato fin li il paesaggio iniziò a venir meno. Qua e là, gettati per il percorso ed accatastati alla meglio, numerosi monili ed oggetti metallici, da quelli per l'artigianato ad armi, fino a gioielli. Ciascuno era lasciato a sé, ma perfettamente lucido, quasi che fosse stato appena comprato e gettato via. Inutile dire che quella era la tana dell'essere, e doveva aver girato in lungo e in largo la città per accatastare una simile fortuna, dato che la sala in cui si fermò, un'ampia camera circolare che doveva aver fatto da negozio, era letteralmente stipata di ciarpame.*"Mph..."*Un gemito, e gli occhi dello shinobi della Roccia si riaprirono lentamente. Si guardò attorno, o almeno tentò di farlo finché Shinta non lo ebbe adagiato sul pavimento. La mano ancora stringeva l'ape che lo spadaccino aveva recuperato per lui, e benché le dita scorressero la superficie familiare della creatura avanti e indietro, Orinosuke non sembrava pienamente lucido. Tenne gli occhi spalancati, vacui al buio quasi completo della stanza, cercando chissà cosa nel nero. Poi, trovando il volto del suo salvatore, parlò.*"S-sete.... fame... tanta fame..."Caduto:"Oh? Fame?"*Fece l'essere, strisciando cautamente verso il punto in cui era adagiato lo shinobi.*Caduto:"Niente da mangiare qui... ma più avanti... forte e scintillante, veloche... freddo. Vado, prima del nero!"*Farfugliò, cercando di trovare la parola che evidentemente gli sfuggiva, ed attendendo da Shinta un cenno di assenso per andare a prendere dell'acqua. Se si fosse allontanato, tuttavia, i due avrebbero perso di vista la loro unica guida, rimanendo soli in quel luogo morto ed inospitale... allo stesso modo, pur sapendo dove tornare, se Shinta avesse deciso di allontanarsi da solo avrebbe lasciato Orinosuke alle cure della creatura, avventurandosi all'ignoto. Esisteva una terza opzione, ovverosia avanzare ancora, arrivare al fiume... se davvero ne esisteva uno. Forse Orinosuke avrebbe potuto resistere fin lì, forse non avrebbero incontrato resistenza... ma la creatura era arrivata a casa, e qualsiasi cosa fosse il nero era evidente che cercava di fuggirne l'avanzare.**L'avanzata non fu priva di turbolenze; lasciato il laboratorio di Tashigama, il gruppo si riunì in una sala più grande, adibita a mensa. Dello staff non erano rimaste che quattordici persone, e nemmeno la metà in grado di combattere. Medici, scienziati, più che shinobi, ed anche avessero avuto adeguata preparazione lo stato dell'equipaggiamento avrebbe remato contro. Discussero per qualche tempo, prima che il dottore si degnasse di avvicinare Kinji.*Dr. Tashigama:"Abbiamo convenuto che l'unica soluzione è puntare al Laboratorio Centrale. Utilizzeremo tutta la potenza di fuoco che ci è rimasta per aprire un varco tra i miei esperimenti... deplorevole che sia come corso d'azione. I tuoi compagni sono scomparsi durante l'attacco, assieme a buona parte dei miei uomini di sorveglianza. Se non sono state le mie creazioni ad ucciderli, ci avranno pensato le marionette di sorveglianza. Detto ciò, puoi ancora completare la tua missione, e fare sì che questa vicenda finisca con qualcosa di guadagnato."*Concluse, voltandosi e caracollando per un paio di metri verso il gruppo prima di arrestarsi. La corsa verso la mensa non era stata gentile con il vecchio genetista: Tashigama accusava evidentemente la fatica del passaggio, tanto nel respiro quanto nel modo in cui si appoggiava al bastone. Eppure, quando si voltò per parlare, la voce non tradì alcuna sofferenza. Solo un sospiro.*Dr. Tashigama:"Come ti senti, piuttosto? Avrò... avremo bisogno di te, questo lo sai. Non lo hai mai chiesto, ma la macchina cui ti ho collegato aveva la funzione di filtrare il tuo chakra.... una dialisi, né più né meno. Non posso garantirti che l'influsso da te patito smetta di presentarsi solo con questo trattamento, ma ti consentirà senz'altro di aiutarci. Solo... sappi questo, il chakra del mio esperimento, quello che ti è corso in corpo, ha una volontà sua. Apparteneva ad un essere di grande potenza, e non mi stupirei se, anche ridotto ad un minimo residuo, il chakra tentasse ancora di prendere il controllo su di te. O di ucciderti.
Per ora preserva le forze, e piangi i tuoi compagni se credi."*Sarebbero ripartiti qualche tempo dopo, una volta sigillato l'accesso alla mensa e racimolate quante più vettovaglie possibili. Tashigama si era riferito ad una "potenza di fuoco", ma il vero significato della locuzione non fu chiaro al Vermiglio finché non ebbero imboccato la discesa verso il Laboratorio Centrale. Ad ogni svolta il rischio di un agguato si faceva massimo, e più di una volta si imbatterono in gruppi di creature afflitte. Non incontrarono mai mostruosità simili a quella nata nel corridoio superiore, e ciononostante l'avanzata si rivelò estremamente faticosa, dato che gli esseri erano assolutamente privi di inibizioni. Avanzavano ed attaccavano a vista, aumentando in numero a mano a mano che il Laboratorio si faceva vicino.... e parevano non avere mai fine. Eppure non persero nessuno, almeno non per quel primo tratto, poiché Tashigama conosceva a menadito ogni singolo snodo di sicurezza del sotterraneo. Ogni volta che la loro vita era a rischio, un membro dello staff attivava manualmente una marionetta di sicurezza, qualora non ve ne fossero già attive. I costrutti si muovevano automaticamente, e benché non fossero soggette al controllo del dottore parevano dare priorità sempre e solo alle creature, permettendo al gruppo di allontanarsi e proseguire in sicurezza. Quando trovate attive e sole, tuttavia, le marionette non esitavano ad attaccarli, e benché più ridotte nel numero rappresentavano una sfida da superare. Tashigama pareva sempre più stanco e provato, ma altrettanto chiaro era come il vedere le proprie creature rivoltarglisi contro, venir fatte a pezzi dalle marionette lo spingesse ad avanzare. Lo stato di quel sotterraneo era il risultato del suo fallimento, dopotutto, e sarebbe servito un momento di massima crisi per rompere la silente determinazione del vecchio. La condizione ideale si presentò durante l'ultimo scatto che dovettero effettuare; il corridoio si snodava per alcune decine di metri di fronte a loro, l'ultimo di una miriade, e questa volta privo di svolte od ingressi. Il loro obiettivo era evidente: un massiccio portone in fondo alla via, per raggiungerlo una corsa contro gli esseri alle loro spalle. Tashigama fece del suo meglio, appoggiandosi al bastone e cercando di rimanere alla testa del gruppo mentre, alle sue spalle, il resto dello staff tentava di rallentare l'avanzata degli inseguitori. Il terreno non perfettamente liscio del sotterraneo gli giocò uno scherzo sinistro, tuttavia, facendolo scivolare e cadere con forza. Il primo a cui si rivolse, apparentemente in bisogno di soccorso, fu proprio il giovane Uchiha.*Dr. Tashigama:"Aiutami ragazzo!"*Implorò, non tradendo però, nuovamente, alcun accenno di disperazione. Una volta appoggiato alla spalla del Vermiglio, Tashigama si volse verso il suo staff, e con sguardo appesantito parve quasi star per incitare i suoi uomini alla corsa, o al combattimento fino all'ultimo respiro.... e invece la deformità del medico, nascosta dal pastrano appena sopra il braccio di Kinji, ebbe un sussulto. L'uomo si strinse al suo appiglio, e vibrato il braccio malato colpì la parete con tanta forza da aprire delle profondissime crepe lungo tutta la volta e buona parte del percorso più indietro. Il corridoio, esattamente com'era accaduto con l'attacco di Shinta, crollò di schianto, seppellendo tanto gli uomini di Tashigama quanto gli esperimenti in un unico frangente. Più nessun urlo, più nessun suono. La deformità ebbe un secondo sussulto, e questa volta Tashigama parve patire un dolore lancinante, perché si abbandonò completamente a terra. Il respiro pesante, la voce spezzata.*Dr. Tashigama:"Ugh...... aahhhhh.... maledizione... sto bene ragazzo, sto... mi dispiace che.... che tu abbia dovuto prendere parte anche a questo... ma non c'era alternativa... Quella porta... conduce al Laboratorio Centrale. Il suo sistema di apertura non... non è diverso da quello che hai s-sbloccato al livello superiore. Chi lo ha sigillato è la s... stessa persona.
P-prenditi il tuo tempo... io rimarrò qui. Se... se hai domande da farmi, prima di andare avanti... farò del mio meglio, almeno questo te lo devo."*Concluse, abbandonando la testa da un lato e tenendo lo sguardo fisso al portone di fronte a loro: la struttura era molto simile a quella dell'ingresso che il giovane aveva incontrato di sopra, ligia alla forma del corridoio, e tuttavia esteticamente sussistevano delle enormi differenze. Ove la porta superiore era nient'altro che legno e ferro, tenuta ferma da una catena, questa presentava numerosi e dettagliati intarsi, rappresentanti due serpenti, le spire avvolte su sé stesse, sotto un simbolo che il giovane non aveva mai visto prima: un grande occhio, unico, inscritto in un cerchio; la pupilla era anch'essa una, ma divisa in tre parti ciascuna lavorata con una pietra nera, in contrasto con il resto del portale.*GDROFF///Phew! Scusate il ritardo ma questo post, come potete ben intuire, è importante. Tiz: prendi qualsiasi scelta tu preferisca. Vale: non hai alternative oltre l'approccio del portale. Puoi rivolgerti a Tashigama in via preventiva.///GDRON
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