Missione 4A - 最後の光 Saigo no Hikari - Ultima Luce, Passaggio a Jonin per Vale93ba e Wrigel (2° Pg); e Orinosuke Kamizuru (NPC)

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view post Posted on 23/9/2016, 10:39
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La domanda dell' Uchiha sembrò destare l'anziano riportandogli alla mente dettagli che avrebbe preferito dimenticare; lo stetoscopio venne meno e Kinji sentì la presenza dell'interlocutore farsi sempre più lontana, fino a quando non si sedette nuovamente nello stesso punto della stanza.
Il dottore diede all'Uchiha la notizia che in realtà il sistema di sicurezza era già stato sabotato, o meglio, era sfuggito al controllo del Taisho e dello stesso Tashigama.
Quelle parole fecero impensierire non poco il Vermiglio: se davvero il sistema di sicurezza era venuto meno, da quanto i sotterranei di Oto potevano definirsi senza un apparato difensivo impeccabile? Ma sopratutto, se lo stesso dottore aveva specificato che non era più sotto il controllo di Yo, chi era diventato il vero padrone del sistema?


Non può essere vero... se il sistema di sicurezza è stato manomesso, allora non avremmo dovuto trovare quella trappola alla prima biforcazione. Hideyoshi e Kuro sono stati separati da noi volutamente, ne sono certo.. ma al tempo stesso Tashigama sembra sincero e coerente con quella che sembra essere la sua situazione. Non avrebbe motivo di mentirmi come di aiutarmi se tutto funzionasse perfettamente.
Allora la vera domanda è: c'è qualcuno che ha "conquistato" il sistema di sicurezza e sta svolgendo alcune delle funzioni originali secondo il suo personale metro di giudizio? Chi è? Perché lo fa?
Sono tutte ipotesi a cui sicuramente nemmeno il dottore saprà rispondermi, altrimenti credo ne avrebbe accennato qualcosa.


Kinji avrebbe voluto porre qualche domanda, ma si interruppe non appena sentì il medico preannunciare il prosieguo del discorso.
Tashigama spiegò al giovane interlocutore che la zona più profonda dei sotterranei di Oto era stata adibita da ormai molto tempo alla sperimentazione e non si fece alcuno scrupolo nell'ammettere che i metodi utilizzati non erano affatto consoni ad un ospedale, seppur quello non lo fosse nel vero senso della parola. L'unico compito del medico era quello di studiare le tipologie di interazione tra la materia organica e quella spirituale, tra chakra e sangue per l'esattezza, e Oto sembrava effettivamente il posto perfetto per svolgere un simile compito per via dell'abbondante materia genetica e la politica "il fine giustifica i mezzi".
Man mano che proseguiva il racconto, Kinji giurò di notare che il tono del più vecchio si faceva sempre più orgoglioso delle ricerche e del ruolo avuto nell'infliggere così tanta sofferenza a degli innocenti in nome del progresso scientifico.
Tashigama passò dunque a parlare del famigerato Segno Maledetto, il marchio del Suono per eccellenza che Kinji aveva già visto in azione tramite Hokane e lo stesso Hideyoshi, e di come la sua origine fosse del tutto ignota fino a quando non vi fu l'avvento di Watashi. Il dottore, pur essendo uno studioso dedito alla ragione più che ad ogni altra cosa, era certo che il Segno non provenisse dal mondo conosciuto e il riferimento a Watashi fece ben intendere come le due cose potessero essere collegate.
Grazie proprio al Divoratore, Tashigama credette di essere ad un punto di svolta nella ricerca per scoprire un metodo per tenere a freno il Segno Maledetto, ma tutti i suoi sforzi furono vani.
Il tono della voce tornò pacato e non particolarmente ispirato. Doveva essere stato un brutto colpo per lui quell'insuccesso, ma Kinji non se ne curò più di tanto: aveva chiesto dell'anello e aspettava con ansia che l'interlocutore ne menzionasse gli effetti.
Negli ultimi tempi il dottor Tashigama aveva del tutto perso il controllo sul suo esperimento, oltrepassando quella che era la zona di contenimento e ammazzando quasi tutto il suo staff. Persino il suo intervento diretto si rivelò vano e, in fine, si ritrovarono con le spalle al muro, come unica via di salvezza rimaneva chiedere aiuto a Saito. Le aspettative del dottore erano quelle di veder crollare la galleria, e invece il Taisho mandò loro una sola persona, un ragazzo: Kami.
L'uomo sembrò mantenere ancora vivida nell'animo la sensazione liberatoria che il giovane aveva suscitato in lui grazie al suo intervento; da solo questo Kami riuscì a guadagnare terreno ma di lui non si ebbero più notizie. Una cosa sola stava diventando sempre più certezza nella mente dell'Uchiha, ovvero che Tashigama aveva fatto degli esperimenti sul segno e sulla progenie di Watashi.
Anche solo il pensiero di avere qualcosa in comune con le tremende creature del Divoratore o con lo stesso Dio Oscuro gli fece fischiare le orecchie dalla rabbia. Aveva combattuto per anni contro gli abomini, li aveva battuti e scacciati, ma nonostante tutto loro avevano portato all'altro mondo molti degli uomini che aveva guidato al sacro Bukigami di Kumo, e quel ricordo ancora bruciava come un tizzone ardente nel suo cuore.
Dopo pochi istanti di silenzio, Tashigama si rialzò e si avvicinò nuovamente alla posizione dell'Anbu per confermare i suoi dubbi: l'anello aveva un ruolo chiave.
Quando il medico sollevò la mano del Vermiglio in cui era indosso l'anello, l'Uchiha fu sollevato e sorpreso di sentire ancora l'arto attaccato al braccio, e sopratutto con la sensibilità stava cominciando a tornare lentamente ma inesorabilmente il dolore. Un dettaglio però lo inquietò: non appena il braccio fu sollevato abbastanza, sentì qualcosa tirarlo nella sua posizione di stasi; non potevano che essere tubi.
Tashigama spiegò che nell'anello che Kinji aveva ritrovato era stata isolata una matrice del chakra del suo esperimento, che era risultata estremamente complessa da isolare fino a poco tempo prima.
Ciò che aveva visto e provato ore prima non era altro che l'influsso di quel chakra sperimentale; il decadimento fisico e psicologico non era altro che una naturale conseguenza dello sconvolgimento provato. Eppure, se non avesse deciso di usarlo, sia lui che Orinosuke e Shinta sarebbero morti senza dubbio in quell'ala sigillata.
Persino dopo aver salvato gli altri due, per lui non ci sarebbero state speranze se non fosse stato per l'intervento del medico. L'uomo lasciò la presa sulla mano e si allontanò per l'ennesima volta.


Sono intubato e l'anello ha avuto un influsso troppo potente per me... il dottor Tashigama non ha nemmeno accennato all'esistenza di una cura o una terapia per riprendermi.. che sia questa la fine per me? No, mi rifiuto, devo assolutamente capire di più su questo dannato monile d'argento!

Non appena Tashigama fece per salutare il paziente dopo avergli consigliato di riposare, qualcosa sconvolse entrambi: un forte boato che sembrava provenire sotto la loro posizione. Il pensiero di Kinji andò logicamente a Shinta e Orinosuke prigionieri proprio nel piano sottostante (o almeno così aveva detto il medico).

- Cosa è stato quel suono? Presto, deve liberarmi!

Una voce nuova, sconosciuta, nominò all'anziano "l'ala C-2" ovvero dove era successo molto probabilmente un incidente. Da cosa era stato causato stavolta e perché proprio adesso che non era in condizioni perfette? Il destino a volte poteva definirsi proprio sadico, pensò Kinji mentre sentì il dottore intimargli di restare fermo e poi allontanarsi con il solito alternarsi di passi e bastone.
Una volta chiusa la porta alle sue spalle, il dottore venne affiancato da altri passi che divennero sempre più lontani, fino a perdersi nel silenzio.


Merda, devo trovare il modo di togliere almeno questa maledetta benda. Se dovessi essere attaccato ora, non sarei nemmeno in grado di muovermi.

L'ansia cresceva sempre più man mano che il tempo passava senza avere notizie del dottore o della situazione ai piani più bassi ma, fortunatamente per l'Uchiha, dopo alcuni minuti un formicolio alle estremità degli arti superiori ed inferiori prese ad espandersi per tutto il corpo. L'effetto degli analgesici stava passando e, senza perdere nemmeno un istante, il Vermiglio tolse di fretta e furia con la mano sinistra la benda per ritrovarsi davanti ad uno scenario raccapricciante.
Attorno alla sua posizione vi erano grandi macchinari con al loro interno cadaveri terribilmente deformi e delle più disparate età in celle di conservazione con del liquido verde indefinito.
Concentrandosi più sulla sua condizione invece, Kinji vide che anche il macchinario al quale lui stesso era attaccato sembrava lavorare a fasi alterne: i tubi collegati al braccio fasciato sembravano risucchiare e al tempo stesso immettere qualcosa.
L'istinto gli gridava a gran voce di strappare via le bende, i tubi e tutto quello che quel sadico bastardo potesse avergli attaccato al corpo per poi fuggire il più lontano possibile per andare a prendere i compagni superstiti dell'incidente, ma fortunatamente la ragione ebbe quasi immediatamente la meglio.


Con calma Kinji, respira. Se dovessi andarmene di punto in bianco non saprei di più su questo Kami e sugli esperimenti condotti quaggiù... e in più non mi è dato sapere quanta autonomia ho da solo con le mie forze attualmente. Mettiamo per assurdo che io riesca a raggiungere Shinta e Orinosuke... se il dolore diventasse di nuovo lancinante e dovessi diventare un peso per loro, non potrei perdonarmelo: metterei a rischio non solo la mia incolumità, ma anche la loro.
Conosco bene i rischi in merito alla mia presenza qui... ma se mi è possibile, non voglio lasciare indietro nessuno. Mi dispiace ragazzi, devo restare qui almeno per il momento.. fino a quando non capirò come rendere sopportabile l'influsso dell'anello.
Dottor Tashigama, spero che tornerà presto e che abbia fatto bene a fidarmi. Mi ha già dato molte informazioni riguardo gli esperimenti condotti dal Suono e in più, se ben ricordo, aveva detto "finché non sarò certo delle tue condizioni"... forse c'è una speranza.


A malincuore, Kinji dovette compiere una scelta dolorosa ma saggia: restare attaccato alla macchina per tornare possibilmente in condizioni ottimali e poi andare a cercare lo spadaccino di Kumo e il Kamizuru.
Anche se rimanere da solo in compagnia di quegli esseri deformi e altri individui in bilico nel liquido non doveva essere una bella esperienza. In più gli sembrava di vedere sporadicamente una figura, o meglio, un'ombra aggirarsi tra i macchinari.
Non sapeva definire se fosse una figura reale o meno, ma Kinji riusciva inspiegabilmente a sentire un'altra presenza nella stanza oltre a lui. Forse con il dolore stavano lentamente tornando anche le allucinazioni?


//Mi sembra scontato ma onde evitare dubbi lo scrivo anche in off.
Tra l'andare in avanscoperta senza sapere in che condizioni versa il suo corpo dopo le notizie apprese dal dottore(e quindi essere un peso per Shinta e Orinosuke) rischiando di inimicarsi l'unico che può aiutarlo, e il restare per rimettersi e -possibilmente- durare di più in un secondo momento dopo aver ritrovato i compagni, Kinji sceglie la seconda opzione più cautelativa per tutti.//

Edited by Vale93ba - 23/9/2016, 19:49
 
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view post Posted on 23/9/2016, 15:01
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Un boato. Un esplosione. Non solo fisica ma anche nei suoi pensieri. Il flusso di ipotesi, congetture, dubbi si frantumò all’unisono con il fragore e il clamore di un qualcosa di inaspettato.
Le celle iniziarono ad animarsi. Le grida sovrastarono il boato. Urla, dapprima, poi divennero bestiali. Non erano soli laggiù e quel sotterraneo davvero, ancora, continuava a mietere e a imprigionare vittime e cavie. Fagocitando le prime e trasformandole nelle seconde.
La porta della cella si aprì con uno schianto. Shinta scattò in piedi, il pensiero verso Orinosuke svenuto ancora. La mano si mosse verso la spalla. Lì dov’era Ryujin Jakka…ma ahimè artigliò solo il vuoto e l’aria. Le sue armi non c’erano e davanti a lui si stava scatenando un inferno di fiamme e bestialità.
Una delle guardie di sorveglianza si parò tra lo spadaccino e il corridoio intimandoli di andarsene il più presto possibile. Una situazione disperata se chi era dedito a sorvegliare quella zona ora sembrava in preda al panico più totale.
Improvvisamente qualcosa afferrò l'uomo per la gamba, trasformando l'ordine in un urlo disperato prima che un'ondata di fuoco trasformasse il corridoio in un inferno. L'agonia delle creature si fece palpabile, ma la fiammata non parve essere sufficiente ad arrestarle. Che fare? Orinosuke era svenuto, Kinji era chissà dove…di nuovo una scelta.
Davanti a loro fiamme, urla, bestialità, creature partorite da chissà quale assurda madre…insieme alle fantomatiche marionette. Doveva farsi largo tra questi orrori solo con la forza del suo spirito e della sua volontà. Se fosse stato da solo.
Non poteva mai lasciare indietro un compagno. Non era quello che gli avevano insegnato a Kumo. Non era quello per cui Giichi gli ripeteva costantemente di combattere. I suoi antenati, gli antichi maestri dello shinmei ryuu, come lo avrebbero guardato quando si sarebbe mostrato davanti alla loro dimora?
Ma vi era solo quella d’uscita…

"Vieni, vieni! Veloce!"

La voce del Caduto. Una mano di nuovo ad allungarsi ma stavolta non per ricevere o mostrare ma per aiutare. Ma quale tipo d’aiuto avrebbero ricevuto? Tra le fiamme e le creature, il caduto gli indicava la strada dell’oscurità e del mistero.
Per Shinta tutte e due le strade avevano lo stesso sapore, nessuna differenza. Lui era già morto il luogo in cui sarebbe caduto aveva poca importanza. Ma Orinosuke era vivo. E doveva rimanerci ad ogni costo. Lo aveva promesso.
Prese la piccola vespa e con un gesto delicato, che cozzava terribilmente con la scena e il momento, la mise vicino ad Orinosuke. Di nuovo nel suo nido.

State vicino, finalmente, voi due. Te fammi strada.

Aveva fatto la sua scelta. Il tempo dei dubbi era rimandato. Quello delle domande pure. Non aveva le sue spade ma non era importante. Ritrovarle in quell'orrore era impossibile ed ogni attimo perso era un passo in più verso la tomba. Tra marionette e creature da incubo non poteva rimanere in quella cella ancora a lungo. Prese Orinosuke mettendoselo sulle spalle. Non avrebbe mai potuto combattere e proteggerlo allo stesso tempo. Non in queste condizioni.
Non era così forte. Non era Giichi Ishiyaki…non era putroppo Akane Uchiha e in un angolo del suo cuore provò invidia, forse per la prima volta, verso qualcuno. Ma fu un attimo.
Anche debole com’era avrebbe combattuto persino contro i demoni stessi dell’inferno. Orinosuke non sarebbe morto lì.
Avrebbe dato la sua vita per questo. Una preghiera verso Kinji. Il destino li stava dividendo. ma se era un Uchiha in lui avrebbe trovato la forza per combattere anche senza di loro. Apparteneva pur sempre a uno dei clan più potenti di Konoha se non anche del mondo...il suo sangue era forte e lui credeva in Kinji.

Ci rivedremo presto Uchiha. Fino a quel momento cerca di rimanere vivo...

Era pronto, adesso, a seguire il caduto. Per un momento ebbe quasi l’impressione di essere pure lui caduto. In chissà cosa, però, era ancora da scoprire.




//Il post è corto ma l ho voluto fare così. Posso stare a dire sempre le stesse cose ma non mi sembrava giusto. era un allungare il brodo a mio avviso. Per cui mi catapulto nell'azione lasciando le domande e i dubbi per dopo.
Se fossi stato solo Shinta si sarebbe lanciato nel corridoio e senza esitazione nè paura. ma Orinosuke è svenuto, sta senza armi, non è Giichi nè tantomeno si reputa così forte per proteggerlo e combattere allo stesso tempo e il suo compagno viene prima. per questi motivi accetta la mano del caduto. //
 
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view post Posted on 2/10/2016, 19:52
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Mhh... mhhhh..

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*Decise di rimanere indietro, da solo, fidandosi di quanto Tashigama gli aveva detto.
Il lavorio della macchina proseguì senza affanni, ed il giovane Uchiha non percepì variazioni di sorta nel proprio stato fisico. Oltre quella sensazione di spostamento, quel fluire fuori dal proprio corpo, nulla.
Fu la mente a giocargli per prima uno scherzo sinistro: a poco a poco la quiete ritmica, statica della stanza prese ad incrinarsi. Un fruscio, un passo, uno scricchiolio, e l'attenzione del Vermiglio prese a destarsi. Distinse un'ombra, o forse solo un riverbero dietro una delle vasche... gli parve di sentire qualcosa muoversi, ma si sarebbe potuto trattare di un ratto.*


"Ra.... li"

*Il suono roco, gorgogliante lo raggiunse questa volta distinto, perfettamente udibile. Lo cercò con lo sguardo, ma niente gli apparve...*

"Ol... ola... li"

*Di nuovo, ma questa volta da tutt'altra parte, ed al giovane parve di vedere qualcosa scivolare oltre una barella, dietro una delle macchine.*

"Vola... Sola... Senza Ali."

*Gracchiò la creatura, apparendo alle spalle dell'Uchiha. Il teschio era stato completamente divorato dal tempo, gli occhi erano spariti in due pozzi neri, ma del becco rimaneva a sufficienza da permettere al messaggio di giungere a destinazione.
Avanzò di un passo, i piedi degli artigli, le gambe nude appese ad un fascio muffito di muscoli. Tremò, ma rimase in piedi, le ali troppo pesanti, soffocanti, nere.*


"Vola... Sola... Senza Ali.
Vola... Sola... Senza Ali."


*Impossibile muoversi, parlare, pensare. Uno spasmo, un tentativo di movimento, e la creatura avrebbe fatto lo stesso, graffiando ancora il pavimento, trascinandosi in avanti sotto il peso schiacciante di quelle ali.
Le aprì, lentamente, terribilmente, scricchiolando come un arbusto sotto il vento impietoso. Enormi, si trascinavano sul pavimento bloccando ogni luce, soffocandolo, circondandolo ad ogni passo.*


"Sola.... Sola.... Sola.... Sola... Senza Ali...."

*Ripeté ancora e ancora, mentre le piume si chiudevano attorno all'Uchiha, imprigionando gli ultimi raggi di luce in un riflesso blu scuro... un blu conosciuto, accogliente, profumato.
L'oscurità lo chiamò a sé, nascondendogli il volto del mostro ma sussurrandogli le stesse parole.... dovette lasciarsi andare.*


Dr. Tashigama:"... scelta, dobbiamo dirigerci al laboratorio! Andate!"

*La porta della stanza si riaprì di scatto, sottraendolo al sogno lucido. Tashigama apparve sulla soglia, il peso della propria deformità chino sul bastone. Rimase immobile nel momento in cui si accorse dello stato di Kinji, ma soppesato il rischio dovette ritenerlo sopportabile, perché avanzò verso di lui.*

Dr. Tashigama:"Ti sei ripreso... bene, perché è ora di muoversi.
Il livello inferiore è stato invaso, molti dei miei uomini sono morti, i tuoi compagni sono scomparsi. Sono profondamente rammaricato."


*Disse, sempre meccanicamente, emettendo suoni uno ad uno senza che avessero alcuna pretesa di riscontro con ciò che il medico evidentemente pensava. Le mani presero a lavorare sulla macchina accanto al giovane, che con un suono cessò il proprio lavoro di pompaggio.
Due secondi, ed un lungo foglio di carta si srotolò dal lato ulteriore rispetto al tavolo operatorio. Tashigama gli diede una rapida occhiata, arrotolandolo quindi alla meglio e nascondendolo in una tasca del lungo pastrano che lo ammantava.*


Dr. Tashigama:"Stenditi, le domande possono aspettare."

*Tagliò secco.
Armeggiò con i cavi che collegavano Kinji al macchinario, rimuovendoli uno ad uno in maniera brusca, ma non imprecisa. Il dolore avvertito dal giovane finì presto stemperato da quello che già, da quando si era riavuto, lo assillava... ed in breve fu libero di alzarsi.*


Dr. Tashigama:"Bene.... perlomeno una cosa è andata per il verso giusto. Seguimi, fuori dalla porta troverai il tuo equipaggiamento... e quello dei tuoi compagni."



*Impossibile credere che la terra potesse sprofondare ancora... che oltre quell'oscurità ve ne fosse un'altra, ed un'altra, ed un'altra ancora.
La creatura avanzò di fronte a loro, mai ferma, eppure mai troppo lontana perché Shinta si perdesse. La sentiva arrancare, assieme a lei il tintinnare cristallino del coprifronte, ma non poté più vederla per un tempo infinito.
Persino nella caverna di Ryuchi l'ombra non era tanto fitta, l'aria tanto soffocante. La roccia si liberò ben presto dello strato di muschio che l'aveva ricoperta, quasi che esso stesso si rifiutasse di scendere tanto in basso.... ma lui no, il samurai dovette proseguire, sulle spalle il peso di un compagno, al fianco e dietro la schiena l'assenza di due presenze fidate.
Il rumore dello scontro scomparve a poco a poco, rimanendo un ricordo legato al mondo superiore. Il tempo perse qualsiasi coerenza, rimanendo accessorio al ritmo dei passi. Sempre più avanti, sempre più a fondo, senza sapere quando o come, udendo solo il tintinnio, il proprio respiro e quello, debole, di Orinosuke. Impossibile fermarsi a riposare, a morire, finché improvvisamente il dislivello non si fece più dolce, la roccia dura e scheggiata una sabbia fine... ed insperata, strabiliante, una visione apparve agli occhi dello spadaccino.
La luce penetrava attraverso l'innalzarsi di una enorme conca sotterranea, alta decine, forse centinaia di metri rispetto al punto in cui erano emersi, lanciandosi attraverso il vuoto fino ad incontrare qualcosa di assolutamente improbabile: palazzi.
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Silenziosi, immensi, provati dal tempo eppure immacolati nella loro solennità. La pietra con cui erano costruiti non aveva nulla della roccia cruda e monotona che li circondava, che li sovrastava: rilucevano di un bianco pallido, presentando pochissimi segni di rovina.
La bestia si mostrò, precedendoli alla luce e bagnandosene quasi fosse acqua all'assetato. Saltellò sul posto per qualche momento, improvvisamente dimentica dei suoi nuovi compagni. Indossava una serie di stracci cuciti alla meglio, stretti abbastanza da non impedire il movimento, eppure coprenti... anche se non a sufficienza da lasciare all'occhio il beneficio del dubbio: l'essere era a mala pena umanoide, la pelle tanto pallida da sembrare trasparente ove non coperta da pustole, muffa e scaglie; le spalle asimmetriche, le mani ridotte ad artigli rattrappiti, il viso celato da un cappuccio.*


Caduto:"Venite! Venite! Grandi meraviglie!"

*Esortò, tra il sussurro ed il grido, prima di avanzare attraverso la sabbia.
Passo dopo passo, la mole della città rivelò sempre più le proprie, incredibili fattezze. Che una rovina del genere potesse trovarsi lì, ancorata alle radici della terra, e per di più in un simile stato di conservazione era strabiliante. Avanzarono lungo l'ampia passerella che dalla sabbia conduceva alla porta, superando una doppia fila di statue che ancora, salvo il lavorio dell'umidità, presentavano un aspetto elegante e senz'altro più umano di quello del Caduto.*


Caduto:"Vecchia, vecchie ossha di chenere e di polvere, di pietra e di terra. Non parla, ma shente e capische... rimasta shola per....? Tanto."

*Del grande arco che un tempo costituiva l'accesso alla città era rimasta soltanto la base, e in uno stile che l'occhio esperto di Shinta avrebbe potuto ricondurre a quello dei Monaci della Pietra. Imponente, finemente cesellato, ritraeva immagini di vita quotidiana. Una donna immerge una damigiana nel fiume, un uomo va a caccia nella foresta, un gruppo di persone raccolto attorno ad un grande albero da frutto... alla luce del sole. L'astro, benché sempre rappresentato attraverso un curioso simbolo oculare, era inequivocabile. Ricordi di un passato simile a quello di Ishi no Kuni, probabilmente... storie e miti raccontati ai giovani dai vecchi che avevano visto la superficie... eppure ben presto anche tale ipotesi dovette essere scartata.
Le case erano di varia foggia, ma costruite sempre in quella distintiva pietra chiara, e provviste tanto di finestre quanto di camini e ciminiere. Alcune avevano balconi, altre ciò che rimaneva di giardini e cortili. Man mano che si mossero in avanti, lo sguardo cauto dovette catturare altre improbabili visioni: vasi per le piante spesso ancora intatti, banchi del mercato, un largo fontanile appena a cento metri dalla porta... e soprattutto nessun tipo di sostegno alla volta rocciosa, completamente ignorata dai tetti dei palazzi. Venne da chiedersi se l'intero abitato non fosse, tutto d'un tratto...*


Caduto:"Shprofondato, Caduto in basso... tutto di fretta, tutto inshieme. Caduto, Caduto... di qua!"

*Richiamò a sé l'attenzione dello spadaccino, dileguandosi dietro un vicolo e all'ombra di un lungo pergolato. Seguendolo, l'ordine spettrale e statico che aveva caratterizzato fin li il paesaggio iniziò a venir meno. Qua e là, gettati per il percorso ed accatastati alla meglio, numerosi monili ed oggetti metallici, da quelli per l'artigianato ad armi, fino a gioielli. Ciascuno era lasciato a sé, ma perfettamente lucido, quasi che fosse stato appena comprato e gettato via.
Inutile dire che quella era la tana dell'essere, e doveva aver girato in lungo e in largo la città per accatastare una simile fortuna, dato che la sala in cui si fermò, un'ampia camera circolare che doveva aver fatto da negozio, era letteralmente stipata di ciarpame.*


"Mph..."

*Un gemito, e gli occhi dello shinobi della Roccia si riaprirono lentamente. Si guardò attorno, o almeno tentò di farlo finché Shinta non lo ebbe adagiato sul pavimento. La mano ancora stringeva l'ape che lo spadaccino aveva recuperato per lui, e benché le dita scorressero la superficie familiare della creatura avanti e indietro, Orinosuke non sembrava pienamente lucido.
Tenne gli occhi spalancati, vacui al buio quasi completo della stanza, cercando chissà cosa nel nero. Poi, trovando il volto del suo salvatore, parlò.*


"S-sete.... fame... tanta fame..."

Caduto:"Oh? Fame?"

*Fece l'essere, strisciando cautamente verso il punto in cui era adagiato lo shinobi.*

Caduto:"Niente da mangiare qui... ma più avanti... forte e scintillante, veloche... freddo. Vado, prima del nero!"

*Farfugliò, cercando di trovare la parola che evidentemente gli sfuggiva, ed attendendo da Shinta un cenno di assenso per andare a prendere dell'acqua.
Se si fosse allontanato, tuttavia, i due avrebbero perso di vista la loro unica guida, rimanendo soli in quel luogo morto ed inospitale... allo stesso modo, pur sapendo dove tornare, se Shinta avesse deciso di allontanarsi da solo avrebbe lasciato Orinosuke alle cure della creatura, avventurandosi all'ignoto.
Esisteva una terza opzione, ovverosia avanzare ancora, arrivare al fiume... se davvero ne esisteva uno. Forse Orinosuke avrebbe potuto resistere fin lì, forse non avrebbero incontrato resistenza... ma la creatura era arrivata a casa, e qualsiasi cosa fosse il nero era evidente che cercava di fuggirne l'avanzare.*




*L'avanzata non fu priva di turbolenze; lasciato il laboratorio di Tashigama, il gruppo si riunì in una sala più grande, adibita a mensa. Dello staff non erano rimaste che quattordici persone, e nemmeno la metà in grado di combattere. Medici, scienziati, più che shinobi, ed anche avessero avuto adeguata preparazione lo stato dell'equipaggiamento avrebbe remato contro.
Discussero per qualche tempo, prima che il dottore si degnasse di avvicinare Kinji.*


Dr. Tashigama:"Abbiamo convenuto che l'unica soluzione è puntare al Laboratorio Centrale. Utilizzeremo tutta la potenza di fuoco che ci è rimasta per aprire un varco tra i miei esperimenti... deplorevole che sia come corso d'azione.
I tuoi compagni sono scomparsi durante l'attacco, assieme a buona parte dei miei uomini di sorveglianza. Se non sono state le mie creazioni ad ucciderli, ci avranno pensato le marionette di sorveglianza.
Detto ciò, puoi ancora completare la tua missione, e fare sì che questa vicenda finisca con qualcosa di guadagnato."


*Concluse, voltandosi e caracollando per un paio di metri verso il gruppo prima di arrestarsi. La corsa verso la mensa non era stata gentile con il vecchio genetista: Tashigama accusava evidentemente la fatica del passaggio, tanto nel respiro quanto nel modo in cui si appoggiava al bastone. Eppure, quando si voltò per parlare, la voce non tradì alcuna sofferenza.
Solo un sospiro.*


Dr. Tashigama:"Come ti senti, piuttosto? Avrò... avremo bisogno di te, questo lo sai. Non lo hai mai chiesto, ma la macchina cui ti ho collegato aveva la funzione di filtrare il tuo chakra.... una dialisi, né più né meno.
Non posso garantirti che l'influsso da te patito smetta di presentarsi solo con questo trattamento, ma ti consentirà senz'altro di aiutarci. Solo... sappi questo, il chakra del mio esperimento, quello che ti è corso in corpo, ha una volontà sua. Apparteneva ad un essere di grande potenza, e non mi stupirei se, anche ridotto ad un minimo residuo, il chakra tentasse ancora di prendere il controllo su di te.
O di ucciderti.

Per ora preserva le forze, e piangi i tuoi compagni se credi."


*Sarebbero ripartiti qualche tempo dopo, una volta sigillato l'accesso alla mensa e racimolate quante più vettovaglie possibili. Tashigama si era riferito ad una "potenza di fuoco", ma il vero significato della locuzione non fu chiaro al Vermiglio finché non ebbero imboccato la discesa verso il Laboratorio Centrale.
Ad ogni svolta il rischio di un agguato si faceva massimo, e più di una volta si imbatterono in gruppi di creature afflitte. Non incontrarono mai mostruosità simili a quella nata nel corridoio superiore, e ciononostante l'avanzata si rivelò estremamente faticosa, dato che gli esseri erano assolutamente privi di inibizioni. Avanzavano ed attaccavano a vista, aumentando in numero a mano a mano che il Laboratorio si faceva vicino.... e parevano non avere mai fine.
Eppure non persero nessuno, almeno non per quel primo tratto, poiché Tashigama conosceva a menadito ogni singolo snodo di sicurezza del sotterraneo. Ogni volta che la loro vita era a rischio, un membro dello staff attivava manualmente una marionetta di sicurezza, qualora non ve ne fossero già attive. I costrutti si muovevano automaticamente, e benché non fossero soggette al controllo del dottore parevano dare priorità sempre e solo alle creature, permettendo al gruppo di allontanarsi e proseguire in sicurezza. Quando trovate attive e sole, tuttavia, le marionette non esitavano ad attaccarli, e benché più ridotte nel numero rappresentavano una sfida da superare.
Tashigama pareva sempre più stanco e provato, ma altrettanto chiaro era come il vedere le proprie creature rivoltarglisi contro, venir fatte a pezzi dalle marionette lo spingesse ad avanzare. Lo stato di quel sotterraneo era il risultato del suo fallimento, dopotutto, e sarebbe servito un momento di massima crisi per rompere la silente determinazione del vecchio.
La condizione ideale si presentò durante l'ultimo scatto che dovettero effettuare; il corridoio si snodava per alcune decine di metri di fronte a loro, l'ultimo di una miriade, e questa volta privo di svolte od ingressi. Il loro obiettivo era evidente: un massiccio portone in fondo alla via, per raggiungerlo una corsa contro gli esseri alle loro spalle. Tashigama fece del suo meglio, appoggiandosi al bastone e cercando di rimanere alla testa del gruppo mentre, alle sue spalle, il resto dello staff tentava di rallentare l'avanzata degli inseguitori.
Il terreno non perfettamente liscio del sotterraneo gli giocò uno scherzo sinistro, tuttavia, facendolo scivolare e cadere con forza. Il primo a cui si rivolse, apparentemente in bisogno di soccorso, fu proprio il giovane Uchiha.*


Dr. Tashigama:"Aiutami ragazzo!"

*Implorò, non tradendo però, nuovamente, alcun accenno di disperazione.
Una volta appoggiato alla spalla del Vermiglio, Tashigama si volse verso il suo staff, e con sguardo appesantito parve quasi star per incitare i suoi uomini alla corsa, o al combattimento fino all'ultimo respiro.... e invece la deformità del medico, nascosta dal pastrano appena sopra il braccio di Kinji, ebbe un sussulto. L'uomo si strinse al suo appiglio, e vibrato il braccio malato colpì la parete con tanta forza da aprire delle profondissime crepe lungo tutta la volta e buona parte del percorso più indietro.
Il corridoio, esattamente com'era accaduto con l'attacco di Shinta, crollò di schianto, seppellendo tanto gli uomini di Tashigama quanto gli esperimenti in un unico frangente. Più nessun urlo, più nessun suono.
La deformità ebbe un secondo sussulto, e questa volta Tashigama parve patire un dolore lancinante, perché si abbandonò completamente a terra. Il respiro pesante, la voce spezzata.*


Dr. Tashigama:"Ugh...... aahhhhh.... maledizione... sto bene ragazzo, sto... mi dispiace che.... che tu abbia dovuto prendere parte anche a questo... ma non c'era alternativa...
Quella porta... conduce al Laboratorio Centrale. Il suo sistema di apertura non... non è diverso da quello che hai s-sbloccato al livello superiore. Chi lo ha sigillato è la s... stessa persona.

P-prenditi il tuo tempo... io rimarrò qui. Se... se hai domande da farmi, prima di andare avanti... farò del mio meglio, almeno questo te lo devo."


*Concluse, abbandonando la testa da un lato e tenendo lo sguardo fisso al portone di fronte a loro: la struttura era molto simile a quella dell'ingresso che il giovane aveva incontrato di sopra, ligia alla forma del corridoio, e tuttavia esteticamente sussistevano delle enormi differenze. Ove la porta superiore era nient'altro che legno e ferro, tenuta ferma da una catena, questa presentava numerosi e dettagliati intarsi, rappresentanti due serpenti, le spire avvolte su sé stesse, sotto un simbolo che il giovane non aveva mai visto prima: un grande occhio, unico, inscritto in un cerchio; la pupilla era anch'essa una, ma divisa in tre parti ciascuna lavorata con una pietra nera, in contrasto con il resto del portale.*

GDROFF///Phew! Scusate il ritardo ma questo post, come potete ben intuire, è importante.
Tiz: prendi qualsiasi scelta tu preferisca.
Vale: non hai alternative oltre l'approccio del portale. Puoi rivolgerti a Tashigama in via preventiva.///GDRON
 
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view post Posted on 3/10/2016, 23:03
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Nonostante la preoccupazione e l'angoscia che quell'ombra aveva instillato nel cuore dell'Uchiha, quest'ultimo aveva deciso di rimanere fermo e attese pazientemente il ritorno del medico e della sue equipe.
Tutto sembrò tornare alla normalità e al silenzio quasi sacrale del laboratorio dalle raccapriccianti incubatrici con all'interno il misterioso liquido verde, ma durò decisamente poco: a interrompere i suoni monotoni e cadenzati dei macchinari fu un ennesimo passo, poi uno scricchiolio.
Quella che in un primo momento era una semplice sensazione sinistra, ora stava diventando realtà: non era solo; il Vermiglio cercò in tutti i modi di voltare il capo verso la direzione da cui provenivano i rumori, ma fu tutto inutile. La testa non riusciva a voltarsi come si deve per via della stasi alla quale era costretto, e quando credeva di riuscire a individuare nel suo raggio visivo la zona esatta, non vi era nessuno.



La mia mente comincia a farmi degli scherzi di cattivo gusto: so che c'è qualcuno, lo sento, eppure... non riesco a vederlo. Sto forse diventando pazzo?
No, no, deve essere per forza un qualche animale come cavie da laboratorio, o comunque piccole creature del tutto innocue. Anche se è strano che in un laboratorio simile ci siano...



Pensò cercando di calmarsi tramite ragionamenti logici, eppure, poco dopo le sue orecchie sentirono una voce provenire da dietro una delle vasche incriminate. Non si trattava di una voce vera e propria, somigliava più ad un gorgoglio di una creatura che cercava di comunicare in qualche modo senza però riuscirci del tutto. Quel tono di voce lo fece sussultare.


- Chi è la? C'è qualcuno?!


Domandò riuscendo a malapena a mascherare il tono angosciato. Nessuna risposta.
Ancora un volta, la voce cercò di comunicare qualcosa al giovane Uchiha, ma stavolta proveniva da una zona del tutto diversa mentre gli occhi color ebano dell'Anbu notarono di sfuggita un'ombra strisciare furtivamente da dietro una delle barelle ad un macchinario.
Deglutì sonoramente, mentre il muscolo miocardico nel petto prese a pompare sangue nelle vene in maniera quasi innaturale per quanto veloce fosse. La voce comparve nuovamente, stavolta dalle spalle del chunin e con un messaggio più chiaro.
Kinji si voltò lentamente per non suscitare nell'aggressore una reazione fin troppo violenta e, quando lo vide negli occhi, la paura lo assalì per la prima volta da molto, molto tempo ormai: l'uomo -o meglio- la cosa alle sue spalle possedeva un volto ormai diventato solo un ricordo; il viso era completamente andato e al suo posto vi era un teschio dalle oscure cavità oculari, il becco secco al posto della bocca ancora permetteva alla creatura di comunicare il suo messaggio.
Si muoveva lentamente, molto lentamente, come se ogni passo potesse essere l'ultimo per via della scarsa prontezza (o anche solo presenza) dei muscoli rinsecchiti degli arti inferiori dai lunghi artigli tipici dei rapaci; come cornice di un quadro così macabro vi erano gli arti superiori anch'essi dotati di artigli ma dalle ali nere, pesanti e anch'esse ormai quasi diventate un ricordi di tempi migliori.
L'istinto di sopravvivenza del Vermiglio lo portò automaticamente a cercare di muoversi per tentare di liberarsi, ma più cercava una via di fuga e più l'essere si avvicinava velocemente.
Avrebbe chiesto aiuto, avrebbe fatto qualsiasi cosa, ma vedendo il mostro per metà rapace spalancare le scure ali quasi spasmodicamente, gli mancarono le parole, gli mancò il coraggio. Ad ogni passo si avvicinava e quel piumaggio scricchiolante sembrava essere fatto di pura tenebra, a giudicare da come avesse la strana capacità di assorbire letteralmente la luce attorno alla figura.
Ripeteva sempre le stesse parole, come se fossero le uniche che sapesse pronunciare, e quando ormai era fin troppo vicina per fuggire o anche solo opporsi, lo avvolse nell'oscurità che presto divenne un riflesso blu scuro: familiare, dal calore inconfondibile e dal profumo inebriante. Per un attimo l'Uchiha sentì quasi una sensazione di pace nel provare quelle ultime emozioni, prima che il suo corpo ricadesse in preda all'oblio.
Lentamente, gli occhi si riaprirono e davanti alla porta che divideva il chunin dal mondo esterno comparve il dottor Tashigama con il fido bastone. Aprì le palpebre di scatto, quasi per rendersi conto se fosse ancora vittima delle allucinazioni o meno. Per sua fortuna dell'essere alato non vi era traccia, ma il respiro affannoso non lo aveva abbandonato: Tashigama non ne sapeva nulla e forse era meglio rimanere in silenzio per non dover rimanere più a lungo immobile assieme agli altri esperimenti.
Kinji lo aveva immaginato come un uomo corpulento e di età piuttosto avanzata; non ci era andato poi così lontano in realtà, ma non era certo questo l'importante.
Non appena il dottore vide che Kinji aveva ripreso conoscenza, cercò di analizzare preventivamente il suo stato fisico e, dopo alcuni secondi, si avvicinò con il fido bastone caricando sull'oggetto di legno il peso delle deformità celate.
Il medico comunicò che era arrivato il momento di spostarsi: musica per le orecchie del ragazzo.
Il livello inferiore però era stato invaso e molti uomini dell'anziano erano deceduti, dei compagni dell'Uchiha invece non vi erano tracce. Tashigama si disse rammaricato, eppure la sua espressione o anche solo il tono con il quale lo aveva detto, sembravano tradire quello che diceva di provare.
Kinji era un conoscitore della psiche umana piuttosto abile, e sapeva riconoscere una menzogna detta male da una detta bene; in una situazione diversa lo avrebbe fatto notare con un commento sarcastico, ma in fondo si ricordò che l'incolumità di Shinta e Orinosuke non era affar suo, per quanto sembrasse tenerci particolarmente a Kinji e all'esperimento che aveva interferito con il suo organismo.
Mentre Tashigama armeggiava con il macchinario, l'Anbu riflettè sulla situazione cercando di rimanere il più calmo possibile: se non avevano trovato i cadaveri dei suoi compagni, forse erano scappati in cunicoli più profondi. Quando però dalle sue labbra stava per fuoriuscire una domanda, il medico la bloccò sul nascere invitando il giovane interlocutore a stendersi.
Kinji si ammutolì ancor prima di proferir parola e accettò di sottoporsi di buon grado alle "cure" dell'uomo; dopo alcuni minuti passati a staccare i tubi che lo collegavano al macchinario, il chunin potè nuovamente definirsi libero di muoversi come meglio credeva.



Almeno per adesso questa è fatta, ora dovremmo trovare gli altri... sono in gamba e sono certo che una semplice esplosione non sarà stata la causa della loro fine: a Shinta non piacerebbe come morte, non è abbastanza gloriosa.


Pensò tra se e se, accennando un sorriso che il medico non avrebbe compreso. Quest'ultimo infatti lo riportò con i piedi per terra invitandolo a seguirlo per riprendere il suo equipaggiamento e quello che avevano confiscato agli altri due.


- Va bene, ma poi avrò bisogno di una spiegazione.


Uscendo dalla stanza, Tashigama indicò in un angolo tutto l'equipaggiamento di cui aveva parlato: Kinji notò subito il suo armamentario avvolto nell'ampio kimono dai particolari scarlatti, accanto quello del ragazzo di Iwa e per finire quello di Shinta... spiccava su tutto la sua preziosa katana.
L'Uchiha aveva sentito che la katana rappresentava il samurai, che era al pari della sua anima e del suo spirito: una katana non era un semplice oggetto ma era parte integrante dell'uomo a cui era legata. Si chiese dunque come si sentisse lo spadaccino senza una parte fondamentale di se stesso.



Deve essere dura non poter nemmeno poter disporre della propria arma vincente... un po' come mi sono sentito io quando ero bendato, senza possibilità di sfruttare il mio sharingan.
Tieni duro Shinta, sto per venire a riportarti la tua compagna.



Una volta riacquistati i suoi averi e rivestito dei suoi abiti tattici, Kinji raggiunse Tashigama e il suo gruppo muovendosi verso una stanza piena di tavoli e sedie, decisamente più grande rispetto a quella in cui era stato sistemato. Realizzò poi che in tempi di pace quella doveva essere stata una mensa, adesso adibita a zona di raggruppamento dell'esercito del medico: appena quattordici persone.


Non si può definire certo un esercito, nemmeno un plotone a dirla tutta, visto che la metà all'incirca è formata da uomini di scienza sicuramente incapaci di maneggiare delle armi propriamente... ma considerato che noi in poco meno di una decina di shinobi vogliamo rovesciare i vertici del Suono, direi che non è poi così male come team.


Kinji li osservò discutere per un po' prima di essere avvicinato dal medico nascosto dal pastrano; egli rese noto al chunin che avevano deciso di dirigersi verso il laboratorio centrale cercando di aprire un varco tra gli esperimenti allo sbaraglio. Tashigama era convinto che anche se fossero fuggiti, Shinta e Orinosuke avrebbero incontrato la loro fine nelle braccia o delle sue creazioni o delle marionette di sorveglianza, invitando il Vermiglio a proseguire per non rendere ogni sforzo vano e completare la sua missione.
L'uomo si allontanò di un paio di metri prima di fermarsi (evidentemente stanco per tutti i repentini spostamenti ai quali era stato costretto) e rivolgersi nuovamente all'Uchiha.
Ammise che avevano bisogno del suo aiuto, di sicuro più esperto di loro nell'arte della guerra seppure completamente ignorante sulle vie da percorrere, e che le sue condizioni sembravano momentaneamente stabili.
I macchinari ai quali era collegato avevano la funzione di filtrare il chakra immettendone di pulito e espellendo quello corrotto, ma non poteva garantire sulla completa guarigione del ragazzo: il chakra dell'esperimento godeva di una propria volontà in quanto appartenuto ad un essere di grande potenza, perciò anche solo una piccola traccia del suddetto chakra avrebbe potuto ritentare la conquista del suo corpo e della sua psiche, uccidendolo durante il processo.
Kinji sapeva che il rischio era grande ma, come aveva detto lo stesso dottore, il trattamento gli aveva fatto guadagnare del tempo prezioso e l'Anbu era convinto di poterlo sfruttare per portare a termine la missione e salvare i due compagni, ovunque si fossero rifugiati.
Tashigama consigliò infine di riposare per non affaticarsi prima del tempo e piangere i suoi compagni se lo riteneva necessario, ma il chunin scosse il capo.



- Non avrò bisogno di piangere nessun morto se non i membri del vostro staff: i miei due compagni sanno badare a loro stessi meglio di quanto credete, Tashigama-san. Si saranno ritirati per pianificare un secondo assalto, e allora li troverò per riportare ciò che si sono lasciati dietro.


Affermò sicuro, indicando l'equipaggiamento dei due che portava con se.
Il dottore non sembrò particolarmente colpito dalla fiducia che il Vermiglio riponeva nei suoi compagni, magari lo credeva un ingenuo o una persona eccessivamente positiva, ma si limitò a dargli le spalle e avvicinarsi ai collaboratori rimasti. Poco tempo dopo si misero in marcia lasciando che il più saggio Tashigama fosse di testa e gli altri al suo seguito.
Il loro pellegrinaggio fu piuttosto tranquillo, fino a quando non imboccarono la prima "discesa" per il laboratorio centrale. Ogni passo divenne sempre più pesante per via dei pericoli a cui andavano incontro: nei pressi dell'entrata imboccata si trovarono davanti ad un nutrito gruppo di esperimenti e, similmente a quelli visti al piano superiore da Kinji, presero ad avventarsi contro i vivi senza ritegno.


- Lasciateli a me, voi cercate di coprirmi finchè posso tenerli a bada da solo.

Disse rivolgendosi al gruppo e facendosi spazio tra i presenti per superare la posizione del medico. Kinji sguainò la fida katana dal suo fodero e si lanciò contro i nemici senza esitazione per fare in modo che gli altri risparmiassero le energie per la traversata; tra un fendente e l'altro, la prima ondata si potè ritenere sconfitta in breve tempo e fortunatamente l'Uchiha non aveva risentito dell'effetto del chakra corrotto.

E' positivo: temevo che non appena mi fossi immischiato in un combattimento, le visioni sarebbero riapparse dandomi uno svantaggio considerevole. Se combattendo non vengo più distratto alla prima occasione, allora possiamo avere tempo a sufficienza per raggiungere il nostro obbiettivo.

Leggermente rincuorato per la piacevole assenza di visioni o dolori vari, Kinji incitò gli altri a muoversi e il gruppo continuò il cammino arrivando però a temere di subire agguati ad ogni angolo, in quanto capitò persino di dover scansare esperimenti e marionette assieme. I primi attaccavano qualsiasi cosa si muovesse, mentre i secondi sembravano avere come priorità l'eliminazione delle minacce fuori controllo nonostante fossero sfuggite alle direttive di Yo.
Superato l'ennesimo corridoio, il gruppo arrivò in una stanza molto ampia e, fortunatamente, gli esperimenti di Tashigama sembrarono già stati eliminati, ma le marionette (che si erano portate nella loro posizione di stasi sui muri perimetrali) si attivarono non appena percepirono la presenza degli scienziati.


- Via dai muri, correte verso l'uscita della stanza!

Accortosi troppo tardi che le marionette non sarebbero state loro alleate anche durante quella occasione, l'Anbu cercò di parare gli attacchi dei fantocci più vicini per dar modo alla retrovia di avanzare verso l'uscita e poi di coprire l'avanguardia. Anche se le marionette di sorveglianza si presentavano in numero più contenuto rispetto agli esperimenti, queste avevano a loro disposizione trucchi che avrebbero lasciato spiazzato chiunque non fosse uno shinobi e, fortunatamente, Kinji non era un ninja qualsiasi, bensì un Uchiha.
Grazie alla sua doujutsu poteva rispondere con una discreta reattività anche agli attacchi più impensabili e cercare di limitare i danni il più possibile qualora non riuscisse a difendersi completamente. Uscì dallo scontro con qualche graffio superficiale, ma gli altri rimasero indenni. Respiro affannoso, fronte imperlata di sudore... la stanchezza cominciava a farsi sentire e di questo passo si sarebbe sfiancato per proteggere quella decina di persone.
Fu lo stesso Tashigama ad ordinare ai suoi sottoposti di prestare più attenzione e di attivare le poche marionette ancora inattive per respingere le sue creazioni. Così facendo Kinji avrebbe avuto modo di riposare tra un combattimento e l'altro, visto e considerato che la sua condizione non era ancora delle migliori.
Con la stanchezza cominciò anche a manifestarsi qualcos'altro. In un angolino della stanza, l'Uchiha notò un ombra strisciare via e la cosa lo allarmò.


Cos'era?... sta ricominciando?...

Cercò di non badare molto all'accaduto e invitò gli altri a sbrigarsi per non perdere tempo prezioso. Passarono molti corridoi prima che anche il vecchio Tashigama cominciasse a mostrare i primi segni evidenti di debolezza: un volta arrivati ad una decina di metri da un portone simile a quello che Kinji aveva aperto al piano superiore, il gruppo venne assaltato da un'infinità di esperimenti.
L'avanzata delle creature sembrava molto più rapida di quella dei vivi e benchè a combatterli vi erano dei semplici medici e un solo shinobi, la loro resistenza era decisamente lodevole. Tuttavia il vecchio, sempre in testa cercando di muoversi il più velocemente possibile, ebbe la sfortuna di inciampare nel terreno accidentato cadendo rovinosamente per terra.
Sorprendentemente, il primo a cui chiese aiuto fu proprio il Vermiglio. Quest'ultimo non se lo fece ripetere due volte e, con rapidità raggiunse il dottore cercando di sollevarlo mettendosi un braccio sulla spalla.


- Dobbiamo muoverci o ci raggiungeranno prima di avere accesso al laboratorio centrale.

Entrambi videro il gruppo di medici difendersi con le unghie e con i denti, ma a lungo andare il numero di esperimenti li avrebbe sopraffatti. A fronte di questo, Tashigama sembrò sconfortato nel dover prendere atto del suo ennesimo fallimento: il braccio che avvolgeva le spalle dell'Uchiha ebbe come un fremito e colpì la parete alla sua sinistra con una forza sorprendente.
Le crepe si allungarono lungo tutto il corridoio e nel giro di pochi secondi il soffitto crollò dividendo i due sopravvissuti dagli altri, lasciandoli ad una fine decisamente poco consona per un team così valoroso. La parte deforme del corpo di Tashigama ebbe un secondo sussulto e stavolta l'anziano sembrò in preda ad un dolore senza precedenti, costringendolo a rimanere sulla fredda terra dolorante.


- Ma che diavolo è successo!? Quei ragazzi sono tutti morti!

Entrambi sapevano bene che non avevano scelta: per quanto doloroso fosse stato, far crollare la caverna era l'unico modo per bloccare definitivamente l'avanzata delle creature.
Nonostante le grida e i rantoli dovuti al dolore fossero lancinanti, Tashigama si fece forza per dire a Kinji che quello davanti a loro era il portone che conduceva al laboratorio centrale e che si sarebbe aperto similmente a quello che aveva trovato assieme a Shinta e Orinosuke: chi li aveva sigillati era la stessa persona.
Kinji, che fino ad allora era rimasto accanto al dottore, si alzò non appena vide che il dolore stava passando e diede un'occhiata al portone: visivamente non aveva nulla a che fare con quello che aveva trovato prima.
Il portone presentava svariati intarsi e due serpenti con le spire avvolte su loro stesse come a formare delle colonne di scaglie. Notò anche un simbolo che non aveva mai visto prima di allora: un occhio inscritto in un cerchio la cui pupilla era formata da tre parti, ciascuna modellata con una pietra scura.
Si fermò per un attimo contemplando la struttura, per poi voltarsi verso Tashigama.


- Sembra che sia arrivato il momento di proseguire, ma prima sapete cosa attende dall'altra parte?
Questi portoni... perchè sono stati sigillati dall'esterno? Il fatto che io abbia ritrovato l'anello all'esterno del primo portone mi fa credere che chiunque sia stato, ha fatto in modo di lasciare all'entrata la chiave per aprirli. Vorrei sapere chi è colui che dobbiamo ringraziare per questo "regalo". E a proposito del monile: cosa, o chi era la fonte dalla quale avete attinto a così tanto potere?
Fatico a credere che un oggetto così piccolo possa avere un'influenza così grande da uccidere il portatore. Questo mi porta all'ultima domanda a cui spero sappiate darmi una risposta: perchè mi state aiutando? Perchè lo fate gettando la vita del vostro staff e quasi la vostra, distruggendo il lavoro di anni e inimicandovi il Taisho... perchè, Tashigama-san?


// Good job Mr. Freeman //
 
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view post Posted on 4/10/2016, 16:46
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L’oscurità li avvolse vagando per le viscere della terra.
Il respiro della creatura davanti a lui, quella del suo compagno sulla spalla e il battito di un cuore malato che tamburellava nelle tempie. Un unico rumore in un silenzio fatto di oscurità, dove la pietra si fondeva con esso e i tre sembravano ormai esserne fagocitati.
Si domandò se fosse stata una delle scelte più giuste…e se fosse un nemico? Si ma anche se lo fosse stato? Alternative non ne vedeva.
Sopra di loro vi era un inferno, almeno qui vi era solo silenzio ed oscurità. E altri misteri.
Ma fasciarsi la testa prima del dovuto non era nel carattere del samurai: aveva un compagno e la sua responsabilità, questo era la priorità ora. Poi avrebbe pensato al da farsi a mente più lucida, sperando che Orinosuke si rimettesse presto.
Si mise meglio sulle spalle il corpo svenuto del giovane shinobi di Iwa e seguì quella misteriosa creatura che avanzava spedita e senza dubbi chissà dove.

Scesero. Ancora…e ancora…e ancora…aveva l’impressione che tra poco li avrebbero accolti i demoni per quanto stavano scendendo. Il tempo e lo spazio persero di significato, uniti in un oscurità così pesante e maledetta che Shinta non vide più nulla. Persino nella caverna di Ryuchi l'ombra non era tanto fitta, l'aria tanto soffocante, e per fortuna che era stato temprato in quella caverna.
Se il suo corpo non fosse stato allenato, ora si sarebbe accasciato al suolo in preda ad un infarto.
Vero che non si sentiva benissimo, tutt’altro.
Il corpo di Orinosuke pesava come una montagna, il cuore aveva accelerato e sudava freddo. Troppo a dire il vero. Persino respirare faceva fatica, così come tenere il corpo di Orinosuke.
Sentiva che vi era un'altra oscurità che avanzava dal suo cuore a carpire i suoi sensi e scoprì la bocca secca.
Il cuore. Il suo cuore stava male. Ma andava bene. Era abituato a tutt’altro. Nessun tempo per rifiatare, solo il tempo scandito da passi che lo portavano verso il basso sempre di più. Solo il respiro e i passi a scandire il tempo e la mancanza delle sue spade.
Si sentiva come perso senza di loro. Non ne avvertiva il peso, il ronzio nella testa, non ne sentiva l’acciaio sulla pelle ed era come se qualcuno gli avesse strappato una parte di sé.
Per la prima volta era nudo.
Dalla caverna di Ryuchi, a quelle di Oto infine a queste. Più misteriose e silenziose. Gli mancò il tocco della lama sul suo fianco sinistro, gli mancò sentire il manico finemente lavorato di Ryujin Jakka.
Preoccupazione? Ansia? Si…era anche questo che turbinava nel suo cuore ma non per lui, per lo shinobi svenuto. L’ansia di non sapere se lo avrebbe protetto, la preoccupazione che qualsiasi cosa si celasse nelle caverne forse sarebbero state troppo pure per lui.
Non che la cosa lo preoccupasse. Qualsiasi mistero, oscurità, terrore, incubo si celasse nelle profondità della terra lo avrebbe affrontato con un sorriso ma il suo compagno no. Shinta cercava la morte, la voleva, la desiderava quasi – sebbene la combattesse da tutta una vita – ma Orinosuke era vivo. Vivo e il suo cuore batteva regolare.
Aveva una vita da vivere. Sogni, progetti da fare, una donna d'amare. Una famiglia. Figli. Combattere per un ideale o un utopia finanche. La sua vita era appena iniziata.
Con questi pensieri il samurai scese e l’oscurità lo ghermì ormai del tutto. Il mondo superiore si chiuse su di loro, con i suoi problemi, le sue dispute di potere, i suoi sogni, le sue utopie, il ferro e il sangue.
Shinta se lo lasciò alle spalle e una luce, di speranza e volontà, brillò nel suo cuore. Una sola ed unica luce in un oscurità fitta e avvolgente come un sudario. Si aggrappò ad essa.
E scese ancora…


La luce. Insperata, scese a bagnargli, a proteggerli e a scacciare le tenebre rinforzando la speranza. La roccia si fece sabbia fine sotto i loro piedi, il declivio più dolce e Shinta per la prima volta si stupì. Rimase senza fiato a contemplare la visione che la luce gli mostrava.
Si guardò attorno senza capire. La luce penetrava attraverso l'innalzarsi di una enorme conca sotterranea, alta decine, forse centinaia di metri rispetto al punto in cui erano emersi, accarezzando qualcosa di improbabile: palazzi.
Il suo sguardo svettò da un punto all’altro degli edifici e persino Orinosuke si fece leggero.
Immersi in quella luce, svettavano imperituri, solenni nella maestosità di un retaggio antico e ormai perduto. I suoi occhi si posavano su delle meraviglie di un mondo che ormai non vi era più.
Il bianco pallido della pietra riluceva assorbendo la luce, quasi come un amante lussuriosa, facendola apparire agli occhi strabiliati di Shinta ancora più fuori dal tempo e dallo spazio. Pulsava di anni, secoli addirittura, ma dei segni del tempo la pietra non ne sentì il peso ne appariva agli occhi.
Immacolata. Quasi che nessuna mano, del tempo e dell’uomo, o di qualsiasi cosa abitasse il mondo, potesse scalfirla. Shinta rimase estasiato. Felicità si poteva dire che vi fu nel suo cuore. Poche forze al mondo avrebbero potuto destarlo da quella visione.
Una di esse era la voce del caduto. Solo ora Shinta lo potè finalmente vedere: bagnato da quella stessa luce, le sue forme e il suo essere si mostrarono crude agli occhi del samurai.
Indossava degli stracci a mò di vestiti ma non abbastanza per nasconderlo alla vista. Fattezze da umanoide, pelle pallida lì dove non vi crescevano pustole, muffa e scaglie; spalle asimmetriche, mani che erano più artigli, il viso nascosto da un cappuccio.
Cos’era davvero quella strana creatura che li stava accompagnando? Era stato un uomo? Oppure apparteneva a quelle rovine nascoste da troppo tempo?
Iniziarono la lenta discesa e via via la città si rivelò grandiosa…e stranamente intatta. Troppo intatta.
Avanzarono lungo l'ampia passerella che dalla sabbia conduceva alla porta, superando una doppia fila di statue che ancora, salvo il lavorio dell'umidità, presentavano un aspetto elegante ed umano.
Il grande arco d’ingresso, che doveva essere l’entrata alla città, rimaneva solo la base e in uno stile che Shinta lo ricondusse ai Monaci della Pietra.
Imponente, finemente cesellato, ritraeva immagini di vita quotidiana, tutto sempre sotto la luce del sole. L'astro, benché sempre rappresentato attraverso un curioso simbolo oculare, era inequivocabile. Ma anche qui si potevano fare mille congetture, mille ipotesi sul perché il sole era a forma di occhio, e perché proprio le immagini di vita quotidiana di fronte all’entrata della città. Sarebbero serviti anni per studiarla ma di sicuro le possibilità, le domande e le risposte che portava con sé avrebbero riscritto la storia.
Era una scoperta grandiosa. Un intera città tenuta in condizioni perfette, appartenente a secoli prima della venuta dell' eremita delle sei vie, e da una stima approssimativa forse aveva ottocento/mille anni.
Ma Shinta non si fermò solo a questo. Ispezionò con gli occhi, dove gli fu possibile arrivare con lo sguardo, le case. Costruite in varie fogge e dimensioni, ma sempre con lo stesso materiale: pietra chiara.
Avrebbe voluto esaminarla per darle un nome, capirne la provenienza, ma i dettagli colpirono il samurai: le case avevano sia tetti che camini, provviste di finestre e balconi, oltre a cortili e giardini.
E poi vi erano vasi per le piante, banchi da mercato, un largo fontanile appena a cento metri dalla porta... e soprattutto nessun tipo di sostegno alla volta rocciosa, completamente ignorata dai tetti dei palazzi.
Ma era stata costuita direttamente sotto terra o sprofondata?
Persino il loro misterioso compagno e guida lo disse: Shprofondato, Caduto in basso... tutto di fretta, tutto inshieme. Caduto.
Per cui sapeva la storia che celavano quelle pietre con il loro imponente silenzio? Ma com’era stato possibile? Da quello che poteva dedurre dallo stile architettonico, se lo stile fosse quello dei Monaci di Ishi no Kuni allora il ninjutsu non era ancora apparso, né tantomeno l’eremita delle sei vie.
Vi erano molte ipotesi molte congetture ma nessuna certezza nemmeno tra i più importanti filosofi e storici, per cui come faceva a sapere un informazione del genere? L’aveva detto come se conoscesse la storia di quella città…ma dove l’aveva appresa?
Certo pure Shinta avrebbe potuto dire che sembrava sprofondata nel sottosuolo ma come? Era vero che i Monaci, durante la guerra delle kekkai, iniziarono a scavare sotto terra, a costruire città sotterranee tali da ricordare il loro villaggio, ma questa sembrava appartenere ad un tempo più antico. In più l’architettura ricordava quella dei Monaci della Pietra ma non era sicuro fossero stati proprio loro; e questo apriva un'altra strada, altre ipotesi.
E la misteriosa creatura sapeva. O almeno sapeva una parte di storia…ma abbastanza per poter rimettere in dubbio molte speculazioni, chiarire molti dubbi, gettare luce su punti mai creduti.
Però…si, c’era un però in tutto questo….non era il tempo né per fare lo storico né per fare lo studioso.
Era in guerra. E sebbene vi era una parte di sé stesso che voleva studiare quelle rovine, esplorare, capire, non era questo il tempo. Vi era un tempo per la spada e uno per la cultura.
"La via del guerriero deve sempre essere sia culturale, sia marziale. Non è necessario ricordare che l'antica legge stabilisce che le arti culturali dovrebbero essere rette con la sinistra e quelle marziali con la destra", così diceva il suo maestro. Il bunbu ryodo, l’equilibrio tra la cultura e la guerra.
Ma doveva sempre ricordare quale delle due vie predominava sull’altra.
Per cui mise da parte l’animo da studioso e sguainò quello del samurai, seguendo la creatura che si era dileguata dietro un vicolo.
L’ordine, seguendolo, che era stato re e imperatore incontrastato fin’ora lasciò il campo al disordine più completo. Qua e là, gettati per il percorso ed accatastati alla meglio, numerosi monili ed oggetti metallici, da quelli per l'artigianato ad armi, fino a gioielli. Entrarono in un casa: quella era la tana della creatura. Da cosa lo si capì? Dalla quantità abnorme di monili lucidi, splendenti, gettati alla rinfusa, ma perfettamente coerenti con l’ossessione per lo splendente della stessa.
Una quantità incredibile di oggetti li accolse, sparpagliati in un ampia sala circolare. Ma, finalmente, potevano riposare: il disordine non era importante, né la quantità spropositata di oggetti. Indizio, tra l’altro, che la creatura avesse percorso la città in lungo e in largo da chissà quanto tempo.
Ma avevano un tetto sopra la testa e un po’ di calma per riflettere, riposare e prestare le prime cure ad Orinosuke che ancora non si era svegliato.
Shinta si stava preoccupando: aveva ricevuto un così forte stress da rendere il corpo e la mente dello shinobi di Iwa inservibili?
Ma poteva anche nascondere tutt’altro ma più che prestare cure superficiali e sperare non poteva. Non aveva i mezzi per stilare una diagnosi. Poteva solo improvvisare e tentare.
Lo appoggiò per terra e solo ora, in un momento di quiete, potè sentire i muscoli contrarsi e la fatica far capolino con crampi e dolori.
Ma non era ancora tempo per poter abbassare la guardia, anche se forse quel momento mai sarebbe arrivato finchè si fossero trovati lì. Non si era scordato di quello che gli aveva detto la creatura quando erano rinchiusi nelle celle, né del fantomatico nero.

Un gemito. Orinosuke lentamente tornava tra i vivi.

Per fortuna…

Disse a mezza bocca lo spadaccino. Una buona notizia, la prima, dopo tanto tempo. Ma la sensazione di pericolo, quella sensazione di freddo che gli attanagliava le viscere come quando combatteva con il suo raikage durante la guerra contro Watashi, non lo abbandonava.
Il sesto senso di un morto.

Ma Orinosuke necessitava di riprendere le forze, di riposare e Shinta aveva bisogno di risposte a delle domande che gli erano rimaste in gola.
Ma Orinosuke veniva prima: aveva fame e sete...dove reperire entrambi? La creatura si avvicinò offrendo, di nuovo, aiuto.
Sapeva dove reperire l’acqua ma ora una scelta, l’ennesima, si presentava a gravare sull’animo del samurai. Mandare la creatura, andarci tutti e tre insieme, oppure andare lui solo?
Che fare? Orinosuke era stremato, troppo a dire il vero, fargli affrontare l'ennesima fatica poteva creare più problemi che soluzioni…ammesso e non concesso che fossero vere le storie dette dalla creatura, perché rischiare? Se non fossero state vere non avrebbero corso pericoli ma Orinosuke poteva anche cedere prima di arrivare all’acqua; se fossero vere…non ci voleva pensare.
Andare lui da solo…il luogo era sconosciuto, era senza armi e con una scarsa conoscenza del luogo e avrebbe lasciato la sua unica guida, insieme ad Orinosuke, soli. Tornava il problema: e se fosse stato attaccato? Poteva difendersi? Avrebbe saputo porre una difesa solida senza esserne sopraffatto?
Non conosceva i luoghi, non conosceva i nemici, presunti o tali poco importava, quello che sapeva era che fosse inutile. Avrebbe rischiato solo di perdere tempo inutilmente e Orinosuke sembrava non averne troppo.
Quindi rimaneva affidarsi alla creatura. Di nuovo. Ma fino ad adesso non aveva mostrato ostilità, li aveva condotti in salvo, li aveva portati dentro la sua tana. Se voleva ammazzarli poteva farlo in cento occasioni diverse e sarebbe stato maledettamente semplice. Odiava ammetterlo ma in quella situazione era come un cucciolo indifeso: senza armi, con un compagno ferito, in un luogo sconosciuto, sotto chissà quanti chilometri di terra, con chissà quali orrori.
Anche se avesse voluto tornare indietro era ormai impossibile, andare avanti senza la loro misteriosa guida altrettanto. Doveva fidarsi.
Ora capiva di più quello che gli aveva insegnato Giichi e gli insegnamenti del suo sensei. Ora comprendeva cosa significasse combattere. Cosa significasse compagno.
Per tutta la vita era stato solo, abituato a lottare solo, ad uccidere solo, perché il suo destino divenisse solo suo. Combattere per affermare se stesso e la propria vita.
Non aveva mai pensato agli altri, o per lo meno non aveva mai cercato il loro aiuto perché troppo abituato a combattere da solo.
E così facendo era divenuto più debole. Konoha…la volontà del fuoco…forse non l’aveva compresa fino in fondo, e forse non aveva compreso fino in fondo Giichi e come ci si batteva a Kumo.
Ma in quella storia, in quelle caverne, tra oscurità e pericolo aveva finalmente capito. Da soli non si è forti. Non si è nemmeno i più grandi.
Watashi aveva aperto una strada, una strada che si era richiusa ma che ora qui, ad Oto, un gruppo eterogeneo aveva di nuovo imboccato.
La strada della collaborazione, del non considerarsi nemici per politica o interessi ma che eravamo uguali, che si combatteva per uno scopo comune e che molto dell’odio che imperversava per il mondo degli shinobi era stupido. Imparare ad andare al di là delle concezioni sociali o politiche… compagni. Forse non era impossibile quel mondo…
Appoggiò una mano su quella spalla deforme.

Mi fido di te. Vai e stai attento.


Attese che la creatura se ne andasse e si alzò come a cercare qualcosa. Aveva visto delle armi e lui ne era sprovvisto. Non erano le sue compagne, la sua essenza, il suo Io, ma sicuramente in una situazione del genere, un buon acciaio non lo avrebbe di sicuro rifiutato.
Aveva preso due armi, non era abituato a combattere con una sola, la sua tecnica era stata creata proprio per due spade ma queste sarebbero andate. Sebbene fossero particolari.
Avevano il manico liscio e un impugnatura adatta per essere tenute in un mano. Non erano pesanti ma molto leggere, adatte per colpi precisi e letali. Non lunghissime difatti contando anche il manico sarebbero arrivate all’incirca sui cinquanta centimetri di lunghezza. Adatte per scontri ravvicinati, più che per tenere gli avversari a distanza.
Ma quello che lo aveva colpito era che fossero delle spade ricurve. Una parte del filo, arrivati circa a metà della sua lunghezza, si piegava fino a creare un arco ricurvo. Sembrava quasi un uncino: poteva quasi colpire al di sopra di uno scudo e passare la sua difesa, oppure artigliarlo per strapparlo.
Più che per tagliare era una spada adatta a far sanguinare, anche copiosamente, la propria vittima.
In ogni caso era un buon acciaio e un arma capace di difenderlo.
Si mise vicino ad Orinosuke mettendogli una mano sul petto e cercando di infondergli un po’ di forza necessarie a resistere fino all’arrivo della loro guida.
Intanto si concentrò per ampliare le sue percezioni.
Meglio prevenire che curare.




Stm 153

<attivazione/Attivazione> - Sensi Migliorati - Udito-(Stm: -2) [Liv 3 : 37/40] 400 m di raggio

attivazione/passiva> - Sensitivo - [Liv 6: 0/10] "Chi possiede questa'abilità è in grado di percepire la presenza e, in caso, il chakra, di coloro presenti in un certo raggio d'azione. Quest'abilità è in parte passiva, infatti è sufficiente possederla per percepire le presenze vaghe e indistinte. Si riuscirà a distinguere il numero delle presenze e la loro direzione, ma non la distanza da sé e in generale la posizione precisa. Per ottenere una visione chiara di ciò che si ha intorno, sarà necessario concentrarsi per qualche tempo. A questo punto l'abilità risulta attiva; in questo stato è possibile conoscere la posizione precisa di tutte le creature dotate di Chakra nel proprio range d'azione e inoltre, sarà possibile associare i chakra a quelli delle persone che si conoscono o che comunque si ha già avuto modo di esaminare. Il ninja che ha attivato il Sensitivo può individuare qualsiasi fonte di chakra, anche la più debole, ragion per cui può conoscere il punto in cui è stata piazzata una trappola a base di chakra, il cui segnale è piuttosto statico e debole per cui non richiede grande concentrazione.

- Nella modalità attiva è possibile individuare istantaneamente tutte le persone nascoste (indipendentemente dal livello di Nascondersi o di Sensitivo), tuttavia sarà impossibile individuare persone che riescono a celare in qualche modo il proprio chakra (es. tramite abilità Controllo chakra superiore, tecniche, attivazioni, direttive del master, etc...) . risulterà impossibile anche distinguere una Genjutsu dalla realtà una volta che si è sotto il suo effetto. Le azioni morte effettuate mentre si mantiene attiva l'abilità ripristineranno solo metà della Stm prevista per lo sforzo del mantenimento.

-Al Lv.2 sarà possibile individuare l'abilità "Sensitivo" altrui, ma solo se diretta verso di sé o nelle immediate vicinanze."
Liv 6: 8 Stm a turno; 4 turni necessari all'attivazione; 150 m di range

<ijutsu> - Konjio−to: Autocura - [Chk: 70] "Anche se si chiama ''Autocura'' questa Ijutsu non permette di sanare le ferite del corpo del medico, ma solo di rinvigorirlo per breve tempo. Portandosi infatti la mano pregna del proprio chakra color verde nel petto, il ninja manda delle scariche nel proprio cuore, il fulcro dell'energia spirituale e fisica del corpo, che subito andranno ad irradiare il resto degli altri tsubo, garantendo una maggiore scorta di energie a questi. Una tecnica che richiede un po' di tempo per essere portata a termine certo, ma permette allo Shinobi di combattere o di far combattere per un'altra manciata di minuti al massimo delle forze, garantendo una scorta di altri 30 Punti Stamina. Ogni tecnica ha sia dei pro che dei contro, e il difetto dell'Autocura sta nel limite di volte che questa può essere utilizzata in un individuo prima di provocare seri shock, ovvero due volte per scontro."


stm 153 - 2 - 8 -3.5= 139.5


//La lama è pari pari alla lama shotel di carthus di dark souls 3. Copiata proprio para.
Se ho fatto cazzate punitemi.//

Edited by Wrigel - 4/10/2016, 19:28
 
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view post Posted on 12/10/2016, 19:06
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Mhh... mhhhh..

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*La creatura scambiò uno sguardo con lo shinobi, rimanendovi un solo istante, abbastanza da poter suscitare qualcosa nell'animo già scosso di Shinta: aveva inteso quanto era appena accaduto? Poteva ancora apprezzare il valore della fiducia?
Che avesse o meno afferrato l'entità del dono fattogli, il Caduto rimosse presto i suoi occhi stralunati da quelli stanchi del compagno, ed ansimando si trascinò fuori dalla serra senza proferire altro.
Rimasero soli, di nuovo, questa volta in una cella molto più grande e priva di sbarre, fatta di vuoto e silenzio. Erano perduti nelle profondità della terra, lontani da qualsiasi cosa, in condizioni disperate. Attorno a loro l'ignoto si stringeva come le spire di un serpente, docile e costante, soffocante, privo di luci.
Gli occhi di Orinosuke rimanevano nascosti dalla benda, ma un guizzo sotto il tessuto tradiva il movimento dei bulbi. Inseguiva qualcosa, forse tentando di mettere a fuoco i propri demoni, la bocca appena aperta per consentire allo stralcio di respiro d'abbandonarla. Di tanto in tanto rallentavano, trovando lo scintillio della lama di Shinta, il suo sguardo, come se potessero davvero vederli. Allora accennava un sorriso, la mano stretta attorno all'ape sua compagna, ma nulla più. Sembrava perso, la mente smarrita altrove, la pelle pallida e le parole ripetitive.
Fame, sete, fame.*


-------------------------------------------------------------------------------------

Dr. Tashigama:"Heh... mi fai pentire di averti dato corda r-ragazzo..."

*Glissò con un mezzo sorriso, gli occhi bassi verso il torace prima di allungare la mano sana verso il viso. Rimosse gli occhiali, e riportato lo sguardo sul giovane riprese a parlare. Il tono era basso, fermo, ma non si lasciava andare ad alcun accenno di sconforto o rimorso.... lo stesso che oramai Kinji era abituato ad udire.*

Dr. Tashigama:"Oltre questa porta troverai un lungo percorso, senza possibilità di svolta... il... il sotterraneo scende ancora, c-collegato con un'antica rovina... lì si trova il Lab...oratorio Centrale.
La struttura è stata riparata ma... ma non è stata eretta da Max Well, o Isashi. Vedrai tu stesso..."


*La seconda domanda parve pretendere dal vecchio uno sforzo maggiore; arduo dire se le parole gli risultassero difficili per spossatezza, dolore o rimorso.... o se ancora, nonostante tutto, Tashigama fosse restio a condividere informazioni riguardanti il proprio lavoro con sconosciuti... non importa quanto legati ad esse.*

Dr. Tashigama:"Sigillammo i portoni fuggendo... questo era tra di essi, ma... i nostri sigilli non ressero a lungo, e fummo costretti a ritirarci nel nucleo del personale...
Saremmo morti lì, non fosse stato per Kami. Quando a-arrivò, combatté con noi, respingendo tanto le marionette quanto le mie creature... ma presto anch'egli si rese conto che non ci sarebbe stata alcuna vittoria.... fu allora che..."


*Sospirò profondamente. Forse, questa volta, non era stato soltanto il dolore fisico a rallentarlo.*

Dr. Tashigama:"Che accettò di sottoporsi ad un e-esperimento. Si mise in prima linea, così come feci io stesso... ma io non possedevo la sua forza, le sue capacità... sapevo che non sarei stato in grado di sostenere il...
Il potere di Otomika Kaguya..."


---------------------------------------------------------------------------------------------

*Fuori, il silenzio si era fatto soffocante; per quanto tempo era stato via il Caduto? L'ombra aveva ripreso a guadagnare terreno, strisciando tra le strade della città, inseguendo Shinta assieme al calare della notte. Sonno, sete e fame... dovevano essere passati almeno due giorni dal momento in cui si erano inoltrati in quel sotterraneo.
Orinosuke pareva aver riguadagnato un accenno di serenità, ma il colorito non accennava a migliorare, né la temperatura. Anche alla poca luce superstite, il sudore lucido sulla fronte del Kamizuru rimaneva un segnale evidente del suo stato di salute. Qualsiasi cosa lo stesse rodendo dall'interno, non poteva essere passeggera.
A poco a poco la penombra prese il sopravvento, trasformando il bianco dei palazzi in argento, quindi in un grigio pallido. La quiete naturale che permeava la città si trasformò in un silenzio completo, soffocante, al punto che ogni suono parve giungere ovattato.
Poi, d'improvviso, un rumore di passi lento e cristallino, lieve ma perfettamente udibile, quasi che ogni parete, ogni pietra fossile ne risuonasse. Qualcuno avanzava fuori dalla serra, lungo una delle strade principali, e qualcosa nell'animo di Shinta prese a chiamarlo. Il cuore, debole e spinto sul filo del rasoio, si sentì presto in dovere di abbandonare Orinosuke, di uscire ad incontrare la minaccia... ma il giovane non avrebbe saputo perché.
La mente sapeva che sarebbe stato molto meglio rimanere nascosti, che il pericolo rimaneva in agguato... ma non ebbe la forza di trattenere il corpo, non prima che gli occhi si fossero posati sul misterioso viandante.
Lenta, quasi che a spingerla non fosse che una brezza alle sue spalle, un'entità camminava tra le rovine. La luce, che un tempo filtrava attraverso la sommità della caverna, ora pareva tutta catturata dall'aura del fantasma. Capelli bianchi, pelle diafana, il corpo coperto in vita da un panno e la testa cinta da una formazione rocciosa e legnosa, quasi corallina, simile alle scaglie del Caduto ma qui molto più elegante. A mano a mano che scivolava verso Shinta, al giovane fu dato notare che delle profonde venature solcavano la pelle dello spettro, scorrendo impetuose di chakra ed emettendo quell'incredibile spettacolo di luce.*


???:"Mh?"

*Volse lo sguardo verso il samurai, arrestando anche quel lento avanzare. I capelli, tuttavia, non smisero di aleggiare.*

???:"Costui è diverso."

*Disse, perentorio, la voce profonda ed umana, ma al tempo stesso sibilante tra le finestre e le porte della città. All'affermazione seguì un tremito, una forza capace di schiacciare il torace di Shinta ed opprimergli la mente.
Qualcosa strisciò alle spalle dello spettro, cingendogli le caviglie e risalendone la figura per poi sparire nell'oscurità della volta.*


"Akhirr'gora.... Distruggilo..."

*L'essere chiuse gli occhi, prendendosi un momento di riflessione prima di puntarli nuovamente sul samurai di Kumo.
I palmi si giunsero, separandosi lentamente e generando una lama pallida come la luce di luna.*


???:"Molto bene..."

*Un battito di ciglia, un fruscio nella polvere, e lo spettro arrivò a meno di un metro da Shinta. Rallentò, quasi a voler concedere un momento al suo avversario, quindi, senza modificare la propria, gelida espressione, attaccò.
Il fendente sibilò dalla sinistra del samurai, silenzioso ma incredibilmente potente, portato ad una mano sola e con una tecnica estremamente fluida.*


----------------------------------------------------------------------------------------

*La mano che aveva portato l'anello, al sentir nominare quel nome, fremette improvvisamente, quasi che avesse appena sferrato un colpo. Kinji la sentì formicolare, attraversata da un impulso subitaneo per poi rimanerne temporaneamente fibrillata.... ma non poté distrarsi a lungo.*

Dr. Tashigama:"Così incominciai il mio lavoro, giorno e notte, infliggendo a quel ragazzo un supplizio terribile.... ma fu forse proprio la disperazione a giocare in mio favore.
L'esperimento fu un successo, il primo dopo una lunga serie di fallimenti... ma non avemmo il tempo di gioirne. Senza il supporto di Kami la situazione era degenerata, e l'ala presso cui eseguivamo le sperimentazioni venne invasa.
Kami si offrì di coprire la nostra ritirata, sigillando il portale dall'esterno ed allontanandosi per conto suo... non l'ho più visto da allora, e il fatto che tu abbia trovato l'anello è stata... una sfortuna per te, una fortuna per noi. Per me e per i tuoi compagni, se davvero credi che ancora vivano.
Del Taisho non potrebbe fregarmene di meno a questo punto, ma quel ragazzo... gli devo la vita, gli devo un tentativo di riprendere in mano la situazione.... l'ultimo, prima di morire."


*Parlò, a poco a poco la voce più sicura, il dolore e la fatica relegati dietro la fierezza della propria determinazione. Si fece forza, mettendo mano al proprio bastone ed alzandosi in piedi meglio che poté, dimostrando una resistenza cui le apparenze non rendevano giustizia.*

Dr. Tashigama:"Vai, ora... gli esperimenti cui mi sono sottoposto non servono solo a rendermi ripugnante. Starò bene.
Il funzionamento del portale è il medesimo di quello che hai aperto più in alto... ti indebolirà, farà appello al chakra che ho tentato di sopprimere... ma se hai resistito prima, resisterai ora."


*Terminò, sistemandosi gli occhiali a cavallo del naso... ma non rapido abbastanza da nascondere una luce negli occhi stanchi. Quali che fossero le intenzioni del vecchio medico, era chiaro che quel momento rappresentava per lui un punto focale.*

GDROFF///Kinji - Puoi interagire con il portale, e lasciarti andare alle reminiscenze che preferisci. Tuttavia fermati lì, la porta non si è ancora aperta.
Shinta - Lo scontro è on, dunque puoi scegliere come muoverti, tuttavia sappi questo: l'attacco che ricevi è mostruosamente forte, tanto da spazzarti via non importa quale mezzo scegli per bloccarlo. Puoi scegliere di attaccare a tua volta poi, naturalmente, o tentare una fuga.///GDR ON
 
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view post Posted on 13/10/2016, 14:58
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Il tempo. Strano pensare al tempo in una situazione del genere, eppure tra il silenzio e la penombra il tempo parve fermarsi. Il vuoto e il silenzio li accolse entrambi in un ventre ovattato ove il samurai, posatosi su di una parete la schiena stanca, pensava.
Non senza osservare ancora il suo compagno, attento come una madre e al tempo stesso concentrato su quel luogo al di là del tempo e dello spazio. Persi nelle profondità della terra Shinta era da solo.
Profondamente solo e il tempo sembrava essersi fermato. Proprio il tempo…per uno come lui che non ne aveva mai avuto ora gli sembrava anche troppo.
Uno stallone selvaggio che galoppava impazzito gli sembrò la sua vita: il tempo concessogli dai kami bruciato come stoppa di candela, ma ora, lì nelle viscere della terra, ove i suoni erano ricordi, l’oscurità compagna e l’ignoto un abbraccio voluttuoso, il tempo gli sembrò essersi cristallizzato.
Si accarezzò il mento: lo scoprì ruvido e la barba cresciuta… ancora. L’ombra strisciò inghiottendo vorace la penombra, e una cappa scese sul samurai ma non sui pensieri.
Ora di tempo ne aveva per pensare, ma non fu su quella storia il primo pensiero, ma su se stesso. A volte il tempo può essere un fardello…a volte un compagno fedele, che ci segue e ci insegna. Per Shinta nessuna delle due cose.
Era un avversario da battere. Correre più forte, combattere con più accanimento ma mai si era seduto come quel momento a riflettere. Domandarsi, dubitare, mettere in dubbio scelte e modi.
Aveva vissuto secondo un mondo di regole, fatto d’onore e di ubbidienza per una causa sentita comune con Giichi, per incidere la sua vita in quel mondo devastato e darle un senso, una parvenza di scelta.
Correre…correre sempre più forte, sempre di più, non fermandosi mai, non guardandosi mai indietro perché non gli era concesso fermarsi, il suo cuore batteva ma ancora per quanto? La sua morte sarebbe giunta perché quel cuore malato avrebbe ceduto o per mano di un nemico? Quale destino? E l’orgoglio, la volontà lo spingevano a correre sempre di più a cercare nella morte in battaglia il senso della vita, l’affermazione dell’orgoglio ma non aveva sbagliato qualcosa?
Nella sua corsa sfrenata Shinta non aveva mai riflettuto su cosa o non cosa potesse fare. Dubitò…dubitò di scelte e le domande presero il posto delle certezze, e dire che mai questi pensieri si erano affacciati alla sua mente.
Forse perché il silenzio si era fatto inquietante, forse perché – per quanto un morto alla ricerca di una bara – rimaneva sempre un ragazzo. Non un uomo.
Non aveva dato il giusto peso alle cose. Non aveva saputo sfruttare il tempo. Preso dal combatterlo si era scordato che poteva sfruttarlo…aveva perso molto per correre e combattere contro i mulini al vento.
Doveva ancora maturare. Sorrise…e stavolta non contro un nemico, non per orgoglio, sorrise all’indirizzo di se stesso. A volte il peggior nemico eravamo noi.



Quelle strane armi erano poggiate su gambe incrociate, la schiena poggiata al muro, il silenzio e il riposo. E i crampi allo stomaco. Aveva fame pure lui. Sentiva la bocca secca e la testa farsi pesante.
Ma Orinosuke sembrava che stesse meglio… sembrava infatti. Alla poca luce superstite il sudore lucido sulla sua fronte era un evidente segnale che qualcosa lo stesse rodendo dall’interno. E non era passeggera.
Ma cosa lo stava rodendo? Era febbre? Ma di che tipo? E quando aveva iniziato a stare male? Domande e dubbi che urgevano di risposte immediate se voleva guarire il soldato di Iwa che sembrava perso, la mente smarrita in chissà quali spire d’oscurità, la pelle pallida e le parole ripetitive.
Fame, sete, e ancora fame.
Taruno…anche Taruno ripeteva ossessionatamente le stesse cose. Un esperimento sulla progenie…già…e perché gli era tornato alla mente? Cosa c’entrava Taruno, pace alla sua anima, con Orinosuke e la sua misteriosa malattia?
Perché lo spadaccino aveva collegato due cose così distanti? Per quelle parole dette e ridette in maniera ossessiva? La mente andò a ritroso…al momento in cui quelle creature li stavano attaccando. Lì…in quel corridoio che sembrava un mattatoio.
Lì quando le creature si unirono e partorirono l’orrore. Un orrore che urlò. Un grido acuto in direzione di Orinosuke…il giovane fu preda dello sgomento. Ma già prima aveva inteso il pericolo. Prima che sorgesse, prima che strappasse la placenta e prima ancora che nacque.
Lo aveva avvertito, come se avesse visto meglio di tutti loro.
È stato in quel momento che la mente di Orinosuke andò in mille pezzi. Ma cosa stava accadendo al suo corpo? Perché stava così male? Non gli sembrava che era stato ferito…e allora cosa aveva? Cosa lo stava divorando? Strinse ancor di più le spade in un moto di stizza. Non poteva fare nulla... nulla.
Pensieri strappati, d’improvviso, da un rumore di passi lento e cristallino, lieve ma perfettamente udibile, quasi che ogni parete, ogni pietra ne risuonasse. Qualcuno avanzava. E allora perché si alzò? Perché abbandonò Orinosuke andando incontro ad un avversario misterioso?
La mente gli diceva di restare nascosto, di attendere il caduto, di non farsi vedere, di nascondersi e capire, ma il cuore mancò un battito. Un battito solo ma che lo fece alzare per incontrare la minaccia.
Ma perché? Perché lo fece? Non ci pensò nemmeno, lo fece come fosse in una specie di sogno.
Un richiamo che risuonava tra quei passi che rimbalzavano su pietre antiche come un canto di sirene. Era pericoloso, maledettamente pericoloso, eppure non si fermò.
Non indietreggiò, le mani strette in quelle spade antiche, i passi che risuonavano come a chiamarlo, i suoi che andavano all’unisono con essi. E quando lo vide solo allora si chiese come ci fosse finito davanti a quella entità.
I suoi occhi si posarono su di essa e il cuore riprese a battere. Emanava una luce dal suo corpo quasi che avesse catturato quella restante che filtrava dalla volta.
Camminava lenta, solenne, ma sembrava quasi che una brezza misteriosa spingesse il suo incidere, come se i piedi non toccassero terra, i capelli danzavano.
Più si avvicinava più poteva osservarla e rimanere impietrito e affascinato allo stesso tempo.
Capelli bianchi, pelle diafana, il corpo coperto in vita da un panno e la testa cinta da una formazione quasi corallina, simile alle scaglie del Caduto ma che gli davano maestosità e regalità. A mano a mano che scivolava verso Shinta, notò che delle profonde venature solcavano la pelle, scorrendo impetuose di chakra ed emettendo quell'incredibile spettacolo di luce. Shinta per la prima volta non sapeva cosa fare. Si accorse del samurai, il volto a spostarsi, lo sguardo nei suoi occhi, i capelli che ondeggiavano mossi da chissà quale forza. La voce perentoria risuonò tra le vestigia, un tremito, come risacca, lo colpì dopo.
Una forza capace di schiacciargli il petto e farlo quasi svenire. Si piegò su un ginocchio: la mano ad artigliarsi il petto, la lama scheggiò la pietra risuonando sinistra, cozzando con quell’essere e i suoi modi.
Qualcosa strisciò alle spalle dello spettro, cingendogli le caviglie, risalendo, come una pianta malevola, per il corpo per poi sparire nell’oscurità delle volta.
Quello che successe dopo al samurai parve che il tempo andasse a rallentatore. Come se un attimo durasse una vita intera.
Le mani di lui a giungersi, una lama di luce nacque da quel gesto, pallida come la luna; Shinta sbattè le palpebre…se lo ritrovò davanti. A meno di un metro.
L’espressione di lui fredda come la lama che aveva creato. Poi il tempo riprese a scorrere…il fendente sibilò dalla sinistra del samurai, silenzioso ma incredibilmente potente. L’acciaio incontrò invece del corpo del samurai e forse fu questo a salvargli al vita, o forse fu un attimo…un attimo in cui gli aveva dato modo di reagire. O forse fu fortuna.
Ma quando l’acciaio impattò il colpo, il corpo fu sbalzato via. Venne spazzato via come una foglia ghermita da un tornado…l’impatto con un muro fu doloroso.
Nell’aria uno schizzo rosso, il cozzare delle lame sulla nuda roccia, la mente per un attimo si ottenebrò. Il corpo ricadde a terra come un fuscello spezzato. Ansimò: scoprì la bocca impastata di sangue e saliva, il cuore accelerò, il polso e il braccio tremavano.
Il contraccolpo era stato tremendo e non si capacitò sul perché era ancora vivo. Le mani cercarono affannosamente l’acciaio. Si rimise in piedi. Barcollò…doveva prendersi un attimo. Lo aveva?
Gli occhi rimisero a fuoco quell’essere, doveva far passare il tremito al polso. Doveva riprendere il controllo…nemmeno Akane Uchiha gli aveva dato quella sensazione…la sensazione di un insetto che sta per essere schiacciato.
Strinse con ancor maggiore vigoria l’elsa delle spade come a cercare appiglio e forza.
La schiena, infine, fu dritta. Si pulì con il dorso della mano dal rivolo di sangue sulla bocca e respirò profondamente. Il cuore batteva…
Mise un piede di fronte all’altro, le spade contro l’entità…gli occhi puntati in quelli di lui. Doveva attaccarlo? E come? Era molto più forte di lui, aveva questa sensazione, ma doveva guadagnare tempo.
Orinosuke, il caduto…fuggire? Si…poteva….ma non avrebbe fatto tanta strada. Era maledettamente veloce, maledettamente forte, dargli le spalle sarebbe stato un suicidio. Ma se lo avesse reso cieco alla presenza dei suoi due compagni forse una possibilità l’avrebbe avuta. Ma non per se stesso, ma per loro…almeno loro potevano vivere.
Anche se…se solo Orinosuke fosse stato in grado di combattere…ma in fondo non aveva chiesto da sempre un guerriero capace di incendiargli il cuore? Forte…così forte da dargli una morte gloriosa? Questo spettro era il dono dei kami?

Chi sei?

Disse a mezza bocca. Doveva ancora riprendersi dal colpo.
Attaccare frontalmente? Era rapido, molto più del samurai dal cuore di cristallo, molto più forte e aveva una tecnica estremamente fluida…doveva studiarlo.
Anche senza le sue katane Shinta sentì il ronzio dell’acciaio nella sua testa. Le armi a vibrare delle medesime pulsazioni del possessore concretizzate sotto forma di una lama energetica. Il chakra a ricoprirle, l’energia e la volontà su di esse.
La quintessenza della sua tecnica…un passo avanti, un altro, e la lama divenne un lampo che fendette l’aria.





STM 139.5

ABILITà UTILIZZATE
Zankūsen [Lv 4: 26/30]
Letteralmente "Lampo che Fende l'Aria". Shinta nel corso della sua vita ha sviluppato uno stretto legame con l'arma, tanto che essa vibrerà delle medesime pulsazioni del possessore. Si concretizza sotto forma di lama energetica in un raggio d'azione piuttosto ampio, come se fosse un prolungamento della spada, e segue fedelmente il movimento della nodachi. Le sue armi e l’attaccamento con esse è indissolubile, così intenso dall'impedire a chiunque di scindere il rapporto fra coloro che adesso sono definibili compagni di ventura. Shinta riesce a controllare e a modellare il suo chakra, o Ki, sulla lama della sua spada per sprigionare da essa una vera e propria bordata di energia. In termini da regolamento può decidere se i suoi attacchi ravvicinati possano essere a lungo o vasto raggio con un costo in più di stamina pari a -7/-10. In più potrà decidere se infondere il proprio chakra elementale
Lv 6: sblocco del lungo raggio
Lv 5: possibilità di infondere chakra di vento. ferite da taglio aumentate di *1.1
Lv 4:

è un attacco semplice chakrato a lungo raggio. Per cui:

chk shinta 283

stm 139.5-14.15=125
 
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view post Posted on 14/10/2016, 15:20
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Il dottore era visibilmente provato per via dell'ultima disperata mossa atta a guadagnare tempo ed impedire agli esperimenti di avere la meglio, ma nonostante fosse chiaro che continuasse a sentire un dolore non indifferente lungo tutto il corpo, cercò di riguadagnare compostezza. Si tolse gli occhiali con la mano sana e riprese a parlare con quel tono freddo, cinico e distaccato che Kinji aveva imparato in fondo ad apprezzare: sapeva che dietro quella voce e l'atteggiamento scostante poteva esserci dell'altro, e il fatto che aveva salvato la sua vita e quelle dei due compagni ne era la prova tangibile.
L'uomo affermò che oltre il cancello con le serpi intarsiate avrebbe trovato un lungo corridoio senza svolte o biforcazioni, dunque sarebbe stato impossibile sbagliarsi. Sarebbe andato sempre più in profondità negli abissi del Suono fino a trovare delle vecchie rovine: quello era il laboratorio centrale, ma pareva non essere stato eretto da nessuno dei precedenti kage. Le parole del più anziano lo incuriosirono.


Vedrò io stesso... se è una struttura così antica da risalire a tempi precedenti alla fondazione stessa di Oto, potrebbero esserci delle possibilità che siano sprovviste di marionette di sicurezza ora che la situazione è degenerata.

Il Vermiglio rimase in silenzio attendendo impaziente che Tashigama gli desse delucidazioni in merito all'anello e perchè lo avesse ritrovato all'esterno della sua roccaforte precedente; un esperimento dal valore quasi inestimabile era stato lasciato a se senza dare modo a nessun altro vivo di metterlo al sicuro.
Per un istante Kinji potè notare nello sguardo stanco di Tashigama una nota di tristezza nel cercare di spiegare un racconto per lui piuttosto doloroso: proprio come avevano fatto poco prima, il gruppo di scienziati stava cercando salvezza rifugiandosi dagli esperimenti a piede libero.
Sarebbero morti tutti quanti senza esclusione, se non fosse stato per Kami.


Ancora una volta sento parlare di questo Kami...lo stesso che mi diceva di aver loro salvato la vita.

L'uomo continuò il racconto spiegando che l'arrivo del ragazzo era stato provvidenziale e il suo intervento aveva bloccato l'avanzata degli esperimenti e delle marionette stesse, ma per colpa di un terribile scherzo del destino, anche allora il gruppo non sarebbe sopravvissuto per raccontare la disavventura... se non fosse stato per la decisione presa dallo stesso Kami, il salvatore, di sottoporsi ad un esperimento.
Il ragazzo mise in gioco la sua vita per vincere contro le creature come lo stesso Tashigama, anche se quest'ultimo sapeva per certo di non possedere le qualità necessarie a reggere il potere di Otomika Kaguya.


Otomika Kaguya...lo Spettro d'Argento?!

Seguirono alcuni secondi di silenzio che parvero ore, dopo aver pronunciato quel nome che si era perduto nel tempo, nella memoria dei più anziani e nei racconti addirittura.
Persino il monile di acciaio parve animarsi sentendo il nome dello Yondaime Kokage, facendosi sentire tramite un fremito, una sensazione simile a quella che si avverte dopo aver colpito un oggetto pesante. Lo sguardo preoccupato del chunin andò all'oggetto al dito, ma non volle darvi troppo peso.
Il racconto del medico proseguì cercando di essere il più pragmatico possibile evitando i dettagli più crudi riguardo gli esperimenti condotti su Kami per tentare l'ultima manovra contro gli invasori: alla fine i loro sforzi dettati dalla necessità e dall'istinto di sopravvivenza vennero ripagati con un clamoroso successo, ma non ebbero il tempo per gioirne.
Il ragazzo si offrì di coprirli durante la fuga sigillando il portone e separandosi dagli altri; nessuno pareva averlo più visto dopo quell'episodio, e il fatto che Kinji avesse ritrovato l'anello nascosto non faceva ben sperare sulle condizioni di Kami. Un pezzo del puzzle però andò al suo posto nella mente dell'Anbu.


A questo punto non c'è più alcun dubbio: il messaggio che avevo letto sul primo portone... era indirizzato senza dubbio a Kira, l'unica del gruppo che come me possiede uno sharingan e poteva decifrarlo senza destare sospetti. Kami... ha lasciato la chiave per la nostra operazione all'esterno probabilmente sacrificando la sua vita. E quanti come lui l'hanno fatto sperando in un futuro migliore?
Non possiamo permettere che tutto quello che accade qui prosegua: dobbiamo farlo per tutte le vittime innocenti... anche se per ottenere questo potere...Otomika...


Cosa era stato capace di fare davvero Tashigama avendo a disposizione il potere di uno shinobi talmente potente da essere stato in grado di conquistare il Suono con la forza e tenere sotto il suo controllo centinaia di ninja talentuosi? Il pensiero che l'influsso negativo dell'oggetto potesse avere il sopravvento stavolta lo fece rabbrividire, ma era deciso più che mai: doveva ritrovare a tutti i costi Shinta e Orinosuke e andare a fondo per dare supporto a Hideyoshi.
Lo sguardo deciso si posò sulla figura ancora indebolita del medico, cercando di rincuorarlo riguardo le ultime parole sul debito che aveva con Kami.


- Farò tutto ciò che è in mio potere per riuscirci, no... in Nostro potere.

Strinse il pugno portandolo vicino al volto per far osservare lo scintillio sinistro della gemma incastonata nell'argento: aveva avuto la meglio già una volta, poteva riuscire a resistere ancora per lui, per i compagni, per Kami e per tutti coloro che contavano sul suo ritorno.
Lo stesso dottore affermò che per aprire il portone avrebbe dovuto lasciare che l'influsso lo guidasse, lo sfruttasse per fargli vedere ciò che Doveva vedere; ma se era sopravvissuto alla prima tremenda ondata, poteva sopportare anche la seconda.
Kinji non sapeva se avrebbe rivisto Tashigama sano e salvo dopo essersi separato da lui -a dire il vero non era certo nemmeno di tornare indenne dal laboratorio centrale- ma cercò di non pensarci simulando una calma quasi innaturale in una situazione come quella. Prese in parola l'invito dell'anziano a muoversi e fece qualche passo verso il grande portone, ma ad un certo punto si fermò, volse il capo verso il medico e gli parlò per l'ultima volta sorridendo.


- Grazie.

Una semplice parola che nascondeva mille pensieri, preoccupazioni e disavventure che sarebbero durate ancora a lungo fino a quando non avrebbe rivisto la luce del sole con i suoi stessi occhi.
Dopodiché l'attenzione del giovane Uchiha tornò nuovamente ed esclusivamente sull'ostacolo che aveva davanti a se. Un lungo e lento respiro, per poi lasciare che l'influsso dell'anello facesse il suo dovere; non sapeva esattamente come attivarlo volutamente, ma aveva visto come anche solo pronunciare il nome di Otomika Kaguya lo aveva fatto reagire, perciò chiuse gli occhi e lasciò che i pensieri andassero alla leggenda.
Non aveva mai incontrato lo Spettro d'Argento, ne conosceva qualcuno che aveva avuto a che fare con lui (eccezion fatta per Sabaku no Keiichi, divenuto da poco consigliere a Konoha ma con cui non aveva mai intavolato una discussione, e Hideyoshi, che non aveva nemmeno accennato al primo Kokage durante il periodo di permanenza nella caverna di Ryuchi). Tutto ciò che sapeva erano dicerie, voci sulla sua forza e sul sadismo con cui il Kaguya era riuscito a far diventare una semplice ambizione concretezza: si era fatto largo a furia di morti e sangue fino a detenere il trono di Oto e il rispetto dei suoi più fedeli shinobi.
Nel buio della sua coscienza, l'Anbu sembrò catapultato in una realtà alternativa dove tempo e spazio si erano fermati. Si trovava in un vasto campo di fiori bianchi, talmente candidi da sembrare fatti di neve e l'orizzonte non era visibile dalla sua posizione... solo fiori a perdita d'occhio.
Si guardò attorno e, facendo più attenzione anche alle sue spalle, notò qualcosa di strano: una figura rannicchiata a circa una decina di metri, talmente scura da non riuscire a distinguere le sue fattezze, avvolta da un'aura sospetta ma immobile.


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Kinji cercò di avvicinarsi, ma ad ogni passo che compieva i fiori mutavano, cambiando colore e fattezza... arrivò molto vicino alla figura sinistra lasciandosi dietro una scia di fiori rossi. Fu allora che capì che quella era un'altra persona, o almeno pareva esserlo, ma ai suoi piedi e nelle immediate vicinanze i fiori erano tinti di sfumature scarlatte irregolari, come se fossero stati sporcati da degli schizzi di sangue fino a che non fossero inondati del liquido.
Una voce, roca ma dai toni familiari, risuonò nella sua testa.


- Lo sai perchè i gigli ragno sono chiamati "fiori della separazione"?
Le foglie ed i fiori non possono mai incontrarsi: il fiore sboccia solo quando le foglie sono state spazzate via.
Si mancano l'un l'altro per far crescere il germoglio e permettere la fioritura dei fiori, ma alla fine lasciano il loro desiderio per l'altro e non si uniscono mai.

Non è bellissimo?... Anche nella morte, sembrano mancarsi come amanti.



Un po' titubante, l'Uchiha vinse l'istinto iniziale di allontanarsi cercando di allungare la mano verso la figura scura, ma non appena fece per posarla sulla spalla, il volto dell'individuo si alzò di scatto rivelando le fattezze mostruose della creatura per metà rapace, inducendo il Vermiglio a riaprire gli occhi di scatto e dunque tornare alla (paradossalmente) più sicura realtà.
Kinji riuscì a sentire il battito del cuore accelerare nel petto ed ebbe un flash simile a quelli che aveva visto qualche tempo prima: stava per accadere nuovamente.
Lentamente, ma inesorabilmente, le visioni divennero più frequenti e con esse tornò anche il dolore alla testa; stavolta gli sembrò gestibile rispetto al primo impatto subito, ma attribuì il merito più all'azione dei macchinari di Tashigama che al suo spirito.


Devo sbloccarla al più presto... devo sbrigarmi per trovarli e andare al laboratorio!
 
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view post Posted on 16/10/2016, 23:15
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Mhh... mhhhh..

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*Una ad una, rapide come un battito di ciglia ma forti abbastanza da rimanere impresse nella mente del ragazzo, ulteriori visioni si accavallarono. Difficile dire se appartenessero ad una stessa coscienza, se avessero un qualche collegamento, o se invece non fossero che frammenti tra loro mescolati, persi nel vuoto.
L'immagine di un luogo immerso nella natura, ove cielo e mare sono la stessa cosa; un giovane ragazzo dai capelli scuri viene applaudito da un pubblico, irradiando felicità; un uomo corre nel bosco, la paura è palpabile; tre volti sorridenti sotto un cielo pallido, il dolore dei loro calci; una donna abbraccia un neonato, le sue lacrime argento come i capelli del bambino; il volto di Akemy Hyuga coperto di sangue; una grande torre ammantata di bianco, sotto un cielo senza stelle; due figure sul bordo di un lago, nella stessa radura della prima visione: l'una bianca, l'altra nera. Il loro scontro capace di rimescolare l'essenza stessa del creato.
Poi, come si fosse risvegliata da un lungo sonno, la coscienza di Kinji si riebbe nel mezzo di una grande strada. Nessun rumore, nessuna spia di vita, eppure tutto pronto ad accoglierla: il mercato pieno di frutta e di pesce, la fontana lussureggiante, le balconate in fiore.... nella distanza la stessa torre che aveva veduto di sfuggita, affiancata da un numero impressionante di guglie, palazzi in grado di far impallidire gli edifici di Konoha, pallidi come la luna ed emittenti una simile luce.
Era notte, ma non fosse stato per la città il buio sarebbe stato completo: il cielo era completamente nero, opprimente, quasi che stesse per crollare sulla città per soffocarla. Nel contemplare questa visione Kinji venne attraversato da una paura inspiegabile, irrazionale: sapeva cosa stava per accadere, sapeva che era finita. Doveva scappare.
Improvvisamente qualcuno lo afferrò dalla spalla sinistra, voltandolo bruscamente ed urlandogli qualcosa di incomprensibile, forse in un'altra lingua. Il ragazzo distinse di sfuggita una figura calva, alta, pallida, il volto scavato e gli occhi di un giallo intenso, innaturale.
Poi, il buio.*




???:"Io... io sono...?"

*Balbettò, gli occhi velati da un dubbio inestricabile, lo stesso che Shinta aveva visto ed udito nelle espressioni del Caduto. La mente dello spettro era altrove, ma quali che fossero le sue esitazioni il colpo le spazzò via. L'aria sollevata dall'attacco del samurai attraversò la grande via, sollevando un'impeto di polvere e roccia e facendo tremare ogni abitazione.
Lo spettro la vide giungere, e sollevata la lama ne oppose il filo all'ondata affilata. Un suono cristallino, lo stridore dell'aria, quindi l'entità mosse il braccio armato verso destra, accompagnando l'attacco di Shinta oltre la sua figura e in alto, nel buio della volta. Seguì un violento schianto, lontano, e tra il samurai e lo spettro non rimasero che nugoli di polvere.
Questi, l'espressione gelida inalterata, non parve aver patito fatica alcuna nel deviare l'impeto.*


Guerriero:"..... un guerriero, esattamente come lo sei tu."

*Mosse un passo in avanti, ma l'entità nera che era calata prima dello scontro tornò a farsi viva, di nuovo serpeggiando lungo il corpo dello spettro, opponendo la propria oscurità alla luce argentea.*

"Khirr... c'è un altro... Yrtamas... consegnamelo..."

*Lo spettro si arrestò, ma anziché obbedire il comando, questa volta, rivolse all'entità un gesto violento, attraversandola con la propria lama e disperdendola in un sibilo.*

Guerriero:"No, costui è diverso, maestro dello Shinmei Ryū. Un'occasione per dimostrare la superiorità del Gijutsu no Mai."

*Non seppe dire il proprio nome, eppure, benché questi fosse privo dell'arma consona, bastò una tecnica perché riconoscesse lo stile del suo avversario.
La mano sinistra si mosse in avanti, ruotando il palmo verso l'alto e producendo una seconda lama, dalla foggia più marcata della prima. Lunga e curva, la guardia un'evidente increspatura lungo il profilo lucente, l'arma era familiare al samurai.
Lo spettro ne afferrò l'elsa, saggiandone il bilanciamento prima di lanciarla a Shinta. La katana si conficcò a pochi passi dal giovane.*


Guerriero:"Disciplina e precisione, lo stile occidentale è il fulmine che squarcia la terra. Netto, improvviso ma ponderato, controllato. Impeto e grazia, lo stile orientale è l'acqua tra le pietre. Violento, inebriante, spontaneo ed imprevedibile."

*Disse, quasi tra sé e sé, producendo un'ulteriore arma dalla mano sinistra. Questa volta si trattava di una spada gemella alla prima, che l'entità riservò per sé.
Quindi, portato il piede destro in avanti e le braccia incrociate attorno al torace, chiuse gli occhi.*


Guerriero:"Yanagi no Mai."

*La spinta che si diede fece crollare diversi palazzi alle sue spalle, sollevando il mattonato della strada come fosse carta stropicciata. Avanzò in un lampo, talmente rapido che l'onda d'urto lo seguì ad un paio di secondi di distanza, portandosi via ciò che rimaneva delle costruzioni lungo il percorso.
L'aria di fronte al samurai si fece rarefatta, come la marea prima dello tsunami, ed i colpi arrivarono senza quasi che la figura si materializzasse. Una valanga di luce, un torrente di lame, ciascun attacco tanto potente da riverberare oltre Shinta, aprendo squarci nella pietra alle sue spalle.
Uno scontro impossibile da vincere.*


---------------------------------------------------------------------------

*Quando riaprì gli occhi era a terra, dolorante e stremato... due sensazioni ormai preoccupantemente familiari.
Nel momento in cui si fosse alzato avrebbe notato di essere solo; di Tashigama nessuna traccia, e la via percorribile era soltanto una: il portale era spalancato, un prodigio di cui il giovane, questa volta, non avrebbe serbato memoria alcuna.
Quali che fossero le vere intenzioni del dottore, che avesse pianificato o meno di lasciarlo indietro, la destinazione finale di quella discesa all'inferno lo attendeva al termine del lungo percorso oltre la porta.*


GDROFF///Post di transizione.
Shinta - resisti all'attacco come meglio credi.
Kinji - una volta ripresoti, percorri la strada. Degli esperimenti, stranamente, non trovi alcuna traccia, ma le marionette sono già state tutte disattivate. Al termine del corridoio trovi una lunga ed ampia scalinata, quindi una caverna completamente buia. Ti fermi qui.///GDRON
 
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view post Posted on 17/10/2016, 21:05
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Le visioni non tardarono ad arrivare nitide come esperienze vissute dallo stesso Uchiha, ma talmente varie e apparentemente sconnesse tra loro da poter risultare assolutamente senza senso.
Aveva visto luoghi dalla bellezza incommensurabile, ove la mano dell'uomo non era ancora giunta, persone a lui sconosciute e volti più noti come quello di Akemy Hyuga sporco di sangue; aveva provato sensazioni contrastanti tra loro come la gioia, la tristezza e la paura similmente a dei suoi autentici ricordi, fino a quando la sua coscienza non riuscì nuovamente ad elaborare ciò che stava vedendo con più razionalità.
Si trovava in una città, per la precisione in un mercato apparentemente pullulante di vita, ma innaturalmente silenzioso. Era un silenzio sinistro, fuori luogo per un posto simile e che accendeva nell'animo del chunin un senso di oppressione non indifferente, accentuato dal cielo: nero come il vuoto della non-esistenza e, se non fosse stato per le luci della città -della quale aveva riconosciuto una pallida torre in una delle visioni precedenti- avrebbe giurato che si fosse trovato in una immensa grotta che li avrebbe ingoiati tutti quanti.
Senza una particolare ragione, sentì una irrefrenabile voglia di fuggire, di andare il più lontano possibile da quel luogo; lo avrebbe fatto, se non fosse stato bloccato da una mano che lo teneva saldamente per la spalla sinistra.
Il Vermiglio riuscì a distinguere una figura alta, senza capelli e dagli occhi profondi e ambrati; gli urlava contro qualcosa, ma il ragazzo non capì cosa volesse da lui l'individuo (forse perchè gli aveva parlato con una lingua a lui sconosciuta) e nuovamente si lasciò cadere nel buio più profondo.


Cosa ho visto? Erano dei ricordi? Otomika, Kami, oppure estranei?... sta diventando tutto così confuso.

Kinji avrebbe giurato di avere gli occhi spalancati, ma più si sforzava di mettere a fuoco ciò che aveva davanti a se, più il buio rimaneva statico nel censurargli la realtà. Gli pareva di essere nuovamente sedato e bendato, a giudicare dalla limitata possibilità di movimento e l'oscurità davanti agli occhi; poi improvvisamente una luce dall'alto attirò la sua attenzione e dunque scacciò la possibilità di essere caduto in mano al nemico.
Si trattava di una luce calda come un tramonto estivo, dalle sfumatura aranciate e rossastre, che presto però si fece largo tra le fatiscenti nuvole che l'avevano parzialmente coperta: degli enormi bulbi oculari muniti di sharingan lo stavano fissando dall'alto della loro posizione.
Finalmente kinji riuscì nuovamente a sentire le proprie gambe rispondere ai suoi comandi e cercò di rialzarsi il più in fretta possibile per capire cosa stesse succedendo.
La luce prodotta dalle iridi color del sangue rese visibile all'Uchiha il pavimento: si trattava di svariate ali nere come la pece, intrecciate tra loro in modo da procurargli un supporto stabile ma al tempo stesso precario.


Cosa sta succedendo!?

Gli sembrava di impazzire, ma le sorprese per l'Anbu non erano ancora terminate: improvvisamente le ali (del tutto simili a quelle dell'essere che aveva già visto durante le visioni) cominciarono a scricchiolare e tremare in previsione di un movimento repentino.
Incapace di scappare o di appigliarsi a qualcosa, il chunin venne risucchiato dalla gola senza fine sotto i suoi piedi, con la tremenda visione degli sharingan nel cielo a fissarlo fino a che non divennero un ricordo nell'oblio.


***



Dopo un tempo indeterminato, Kinji riprese coscienza svegliandosi di scatto, con il respiro pesante di chi aveva appena smesso di fare uno sforzo fisico e il dolore nelle membra. Capì immediatamente che le visioni stavano diventando troppo frequenti e realistiche per i suoi gusti; come consolazione almeno era riuscito ad aprire il portone di metallo e sembrava essere tornato alla realtà... di Tashigama non vi era alcuna traccia.
Stavolta però non ricordava nulla di come era riuscito ad avere successo con l'ostacolo ne che fine avesse fatto il dottore. Di certo non poteva essere tornato indietro, dato che aveva fatto crollare la galleria alle loro spalle, quindi veniva da se che lo aveva preceduto verso il laboratorio.
Kinji riprese velocemente il controllo e si sforzò di alzarsi ignorando i dolori.


Perchè Tashigama non mi ha aspettato? Se è andato via da solo quante possibilità può avere di contrastare i suoi esperimenti e le marionette?
Devo muovermi in fretta o non riuscirò a raggiungere il laboratorio in tempo!


Senza perdere tempo prezioso, l'Uchiha scattò verso i confini prima preclusi dal portone con le spire di serpe e trovò un ennesimo corridoio.
Si sarebbe aspettato una presenza massiccia di esperimenti (o di cadaveri) ma a dir la verità non ne poté avvistare nemmeno uno; le marionette di sicurezza invece non battevano ciglio al passaggio della figura dal lungo kimono candido: erano state già tutte disattivate.


Deve essere stata opera del dottore, ma non capisco perchè non ci sia nessuna creatura... forse non sono mai arrivate a questo livello? No... qualcosa non quadra.

Nonostante i quesiti, Kinji non volle indagare oltre favorendo l'avanzata verso il laboratorio facendosi guidare dal percorso a senso unico e gli occhi scarlatti per notare eventuali fonti di chakra.
Arrivò infine al punto in cui il lungo corridoio veniva interrotto da una lunga scalinata che portava sempre più nelle viscere della terra.
Ad una prima occhiata, sembrava che l'entrata delle rovine di cui aveva parlato il medico fossero vicine: la roccia era decisamente meno lavorata sulle pareti, eppure più le profondità si facevano vicine, più le tenebre rendevano impossibile vedere ad un palmo di naso.


Più avanti dovrebbe esserci il laboratorio di cui mi ha parlato. Devo rimanere in guardia e non lasciarmi sorprendere.

Facendosi forza, cominciò a discendere sempre più nelle viscere della terra.

//Le visioni aggiuntive che ho messo nel post precedente e in questo, altro non sono che parte della coscienza di Kinji alterata. L'influsso del chakra corrotto lo sta lentamente cambiando, agendo per ora solo sulla pare inconscia unendo parti dei suoi ricordi a quelli degli altri portatori dell'anello, creando incubi fin troppo reali. In futuro (prossimo o meno devo ancora decidere in base agli eventi che accadranno qui) l'influsso potrebbe diventare più concreto e agire direttamente sulla sua persona con l'evolversi della sua attivazione personale.
Spero (Giammo) che non sia un problema, altrimenti fammi sapere.//
 
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view post Posted on 20/10/2016, 20:51
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«La Morte è la nostra costante compagna. Sta sempre alla nostra sinistra, non più lontana della lunghezza di un braccio, ed è l'unico consigliere saggio di un guerriero. Ogni qualvolta sente che tutto va male, e che sta per essere annientato, il guerriero può rivolgersi alla Morte e chiederle se è davvero così. La Morte gli risponderà che si sbaglia, e che al di fuori del suo tocco nulla ha importanza. Gli dirà: "Non ti ho ancora toccato".»
( CARLOS CASTAÑEDA)




Vi fu un momento in cui i due si studiarono. Un tempo lungo, quasi eterno.
Nel ventre più oscuro di Oto, dove dovevano trovare spazio le tombe, Shinta stava combattendo la battaglia che da tutta una vita anelava.
Lo schianto del colpo, il rumore assordante, ciottoli nell’aria e la polvere erano solo un vago ricordo oramai. Shinta restava lì: fermo e immobile contro un qualcosa di eccezionale e come tale il suo cuore si comportava. Cosa prova un uomo? Cosa è il battito del cuore? E la morte?
Domande semplici, forse persino scontate per un vivo; ma per un morto? Shinta non se l’era mai poste. Persino contro Watashi, persino quando divenne chunin, persino contro Akane, la sua mente rimase concentrata solo sul momento. Sulla battaglia. Sull’acciaio…Akane Uchiha…a pensarci meglio solo Akane era riuscita a far tremare il cuore di Shinta di eccitazione frenetica per una battaglia.
In quel momento aveva sentito il suo cuore finalmente. Ma Akane era diversa: non era una guerriera, formidabile kunoichi certo, ma mancava di un qualcosa. Mancava della morte.
Non l’avvertiva. Non era intorno a loro. Era un combattimento ma senza ardore…non riusciva a spiegarlo…non riusciva a definire i suoi sentimenti e le sue sensazioni provate contro Akane e lo sharingan. Ma l’eccitazione era solo perché era dannatamente forte. Una dea tra i mortali…ma anche avendo un potere enorme non era riuscita a scalfire il cuore del samurai.
L’essenza del Bushido è prepararsi alla morte, mattina e sera, in ogni momento della giornata. Quando un samurai è sempre pronto a morire padroneggia la via. E questo Shinta non l’aveva avvertito: non si era preparato a morire ma combattere con tutto se stesso. Che era ben diverso per un morto.
Ma qui e ora…





UB321mA




Shinta si irrigidì. Gli occhi nell’altro. Di nuovo la nera figura. Serpeggiava sul corpo della misteriosa figura, avviluppandosi ad essa come un serpente malevole. Spire nere che lo stringevano a sé.
Cos’era in realtà? Per un attimo gli tornarono alla mente le parole del Caduto…spazzate via dal colpo di spada. L’attraversò da parte a parte con la sua lama disperdendola in un oblio vuoto e tetro.
Il sibilo che si lasciò dietro fu l’unica cosa che ricordò al sua venuta.
Finalmente erano soli. Spada contro spada…




Qual è il mio destino?
Non saprei…morire di certo.


Un sorriso sornione.
Giichi si sollevò. Il kiseru in bocca e il fumo che fu preda del vento. La piana ancora puzzava di morte. Il sangue ne imbrattava la terra che suggeva il rosso liquido come un amante lussuriosa.
Kojirō Sasaki, il suo maestro, fermo a bere sakè. Guardò il suo allievo divenuto Maestro.

Il tuo destino non è morire. Quello lo dobbiamo fare tutti. Né di servire grandi cause…quelle solo pochi e i più forti lo possono fare.
Il tuo destino?


Il vento tra i capelli, ciocche bianche che danzavano, accarezzava un corpo devastato dalla malattia. Ryujin Jakka sulla schiena.

Vivere e morire per la spada.




La spada…solo quella contava in effetti. L’ennesima battaglia in una Guerra infinita.
La nera figura sparì. Loro rimasero lì: l’uno di fronte all’altro. Maestro contro maestro.

Per credere nel proprio cammino, un guerriero non ha bisogno di dimostrare che quello dell'altro è sbagliato.
Così come la sua tecnica…


Ma vi fu un brillio negli occhi stanchi e calmi dello spadaccino. Vi fu qualcosa che ruggì dentro di lui. Una consapevolezza che adesso, tra le viscere della terra, al di là di ogni contesto sociale, politico, al di là di ideali, di guerre utopiche trovava la sua cruda realtà e attuazione.
La reale entità di ogni battaglia. La si poteva farcire con mille parole, belle, eleganti ma alla fine la battaglia restava unicamente scontro.
Uno scontro in cui uno viveva e l’altro moriva. E quando tutto vorticava intorno alla base della vita, alla sopravvivenza, non vi era nulla di più importante. Vi era solo il sangue, la volontà, l’abilità e l’acciaio.
Il resto era letame.
La mano sinistra del guerriero si mosse in avanti, ruotando il palmo verso l'alto e producendo una seconda lama, dalla foggia più marcata della prima. Una katana…ma non era la sua Ryujin jakka. Avrebbe voluto averla in quel momento.
La sua arma. L’arma del maestro dello shinmei ryuu. Forse nella battaglia della sua vita, gli mancava un pezzo della sua anima. Strano il destino, beffardo e crudele: anche adesso si prendeva gioco di lui non lasciandolo in pace, tormentandolo ma i maestri lo avrebbero perdonato. Forse perché sapeva che quello era il combattimento che tanto a lungo aveva atteso. Lo sentiva nell’aria. Lo sentiva sulla pelle.



Da qualche parte, in neri abissi, dove il tempo e lo spazio si univano in un ciclo infinito, qualcosa rumoreggiava. Il potere è immenso ma nulla può fare contro il destino.
Persino quella nera entità dovette inchinarsi ad un evento inatteso su cui non aveva potere. Se avesse avuto forma e parole umane potevano descriverlo, sarebbero state quello di un nero terrore assiso su di un trono ove l’abisso era ai suoi piedi.
Stancamente osservando i fatti e un brillio in occhi antichi quanto il tempo e l’universo stesso. Osservava divertito quello su cui aveva posato gli occhi e si domandava se la morte lo avrebbe colto. Divertente spettacolo in un eternità di noia.
Appoggiò la testa su di una mano tetra che avrebbe potuto frantumare una stella e si godette lo spettacolo.





aDKKQiK


La katana fu un pezzo di luce che si mosse nell’aria e nello spazio. Cadde perfetta e solenne conficcandosi vicino ai piedi di Shinta. Ne sentiva quasi il richiamo. Finalmente un arma. Lasciò andare l’acciaio di tempi passati.
Il rumore si perse nella volta della caverna. Mai si era visto Shinta in quel modo: i passi erano sicuri, la schiena dritta, non era più ingobbito e gli occhi si erano accessi di una luce sconosciuta. L’haori si agitò mosso da una forza che proveniva dal cuore stesso del samurai.




AtxkXoF
義, Gi: Onestà e Giustizia
Sii scrupolosamente onesto nei rapporti con gli altri, credi nella giustizia che proviene non dalle altre persone ma da te stesso. Il vero Samurai non ha incertezze sulla questione dell'onestà e della giustizia. Vi è solo ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.

勇, Yu: Eroico Coraggio
Elevati al di sopra delle masse che hanno paura di agire, nascondersi come una tartaruga nel guscio non è vivere. Un Samurai deve possedere un eroico coraggio, ciò è assolutamente rischioso e pericoloso, ciò significa vivere in modo completo, pieno, meraviglioso. L'eroico coraggio non è cieco ma intelligente e forte.

仁, Jin: Compassione
L'intenso addestramento rende il samurai svelto e forte. È diverso dagli altri, egli acquisisce un potere che deve essere utilizzato per il bene comune. Possiede compassione, coglie ogni opportunità di essere d'aiuto ai propri simili e se l'opportunità non si presenta egli fa di tutto per trovarne una. La compassione di un samurai va dimostrata soprattutto nei riguardi delle donne e dei fanciulli.

礼, Rei: Gentile Cortesia
I Samurai non hanno motivi per comportarsi in maniera crudele, non hanno bisogno di mostrare la propria forza. Un Samurai è gentile anche con i nemici. Senza tale dimostrazione di rispetto esteriore un uomo è poco più di un animale. Il Samurai è rispettato non solo per la sua forza in battaglia ma anche per come interagisce con gli altri uomini. Il miglior combattimento è quello evitato.

誠, Makoto: Completa Sincerità
Quando un Samurai esprime l'intenzione di compiere un'azione, questa è praticamente già compiuta, nulla gli impedirà di portare a termine l'intenzione espressa. Egli non ha bisogno né di "dare la parola" né di promettere. Parlare e agire sono la medesima cosa.

名誉, Meiyo: Onore
Vi è un solo giudice dell'onore del Samurai: lui stesso. Le decisioni che prendi e le azioni che ne conseguono sono un riflesso di ciò che sei in realtà. Non puoi nasconderti da te stesso.

忠義, Chugi: Dovere e Lealtà
Per il Samurai compiere un'azione o esprimere qualcosa equivale a diventarne proprietario. Egli ne assume la piena responsabilità, anche per ciò che ne consegue. Il Samurai è immensamente leale verso coloro di cui si prende cura. Egli resta fieramente fedele a coloro di cui è responsabile.




Nella testa queste parole. E poi altre.
Orinosuke e il caduto erano una sua responsabilità. Agire e proteggerli.
Kinji doveva ritrovarlo e aiutarlo. Lo aveva giurato a se stesso. Kumo lo aveva mandato a compiere una precisa volontà. Una volontà di cambiamento a cui su Giichi e solo a lui aveva posto le sue spade. Conscio di quanto potesse essere difficile il cammino, ma lo avrebbe fatto per il bene comune. Era il momento di tenere fede a tutto questo. Di tenere fede a quello che era e se fosse morto lo avrebbe fatto con il suo onore, la sua vita e la sua volontà. Il resto non era importante. Contava battersi seguendo il proprio cuore, la propria ragione di vita, il proprio modo di vedere il mondo. Alle spade il verdetto finale.
Ma qualunque fosse lo avrebbe affrontato da uomo. Lo avrebbe affrontato come un samurai.

La spada tra le mani: ne riconobbe il peso, il ronzio nella testa, mentre il suo cuore batteva calmo.
Il respiro a battere con le vibrazioni dell’acciaio che rispondeva alle pulsazioni del chakra del samurai che si espandeva nell’aria. La lama davanti al suo nemico.
Due stili. Due lame. Un acciaio. Due volontà. Un destino. Un avversario. Che fosse quello che cercava? Qualcosa dentro di lui gli disse di si.
Bushi. ecco cos’erano entrambi. E finalmente poteva battersi come mai aveva fatto fino a quel momento. Tutta la sua vita, il dolore, le ferite, le cicatrici degli interventi come quelle autoimposte per suicidarsi, i sorrisi divertiti, gli sguardi di pietà e di compassione, la solitudine, la via della spada e la volontà di fare qualcosa con il poco tempo che i kami gli avevano concesso era stato fatto in onore di quel momento e per quell’avversario.
La via del guerriero.





1gDvjWz
Incendiami il cuore...




L’attesa prima del colpo. Poi la marea. Come risacca, come un tsunami improvviso e violent. E quando le dita strinsero l’elsa Shinta già sapeva di non poterlo battere. E mentre i colpi stavano per piovere come grandine su di lui, sorrise. E fu un vero sorriso di gusto e felicità.





qpnutWk




Prima i colpi, poi la potenza del movimento e la sua spade si mosse. L’haori si agitò a quella violenza e in più punti venne strappato ma Shinta non arretrò di un passo e quel sorriso fu esso stesso una katana in quella danza di acciaio e furore guerriero.
Rispose colpo su colpo, non arretrò, la lama morse più volte le sue carni, più volte Shinta continuò ad avanzare. I colpi che parava ne sentiva l’energia furiosa attraversare l’acciaio e arrivargli direttamente al cuore per poi schiantarsi sulle rocce circostanti.
Un potere incredibile, un avversario formidabile. Una formica contro un leone.
Ma questa volta…questa volta era solo suo. Era un avversario degno, meritevole del rispetto che si addice ad un guerriero; due tecniche a confronto e quel sorriso ad incorniciare quel momento.
Imbattibile era eppure Shinta rideva. Il suo cuore batteva calmo e sicuro in quel petto devastato. Un cuore di un novant’enne in un corpo spezzato da interventi, malattie e terapie di ogni sorta. Eppure anche di fronte al leone la formica avanzava.
Avanzava e si batteva incurante degli artigli dell’altro, del dolore e del sangue che macchiava l’aria.
Ancora l’acciaio a scontrarsi: zampillavano scintille tra i due, lama contro lama, tecnica contro tecnica mentre il clangore delle armi era tutto intorno a loro. Ma per Shinta era una musica celestiale.
Era quello il momento in cui si sentiva profondamente vivo, profondamente uomo. Non era un ragazzino bisogno di cure, non vi era pietà nell’altro, vi era solo la spada. Questo contava. Non vi era la malattia vi era l’abilità.
Il suo destino era ora, solo ora, nelle sue mani. E lo sentiva suo. La vita…sentiva solo ora la sua vita.
Poteva essere quello il guerriero che cercava?
Sorrise ancora mentre la lama morse il fianco e il sangue macchiò la veste come una corolla di fiori delicati. Ma non lo fermò…ancora le lame a scontrarsi ancora Shinta a muoversi e il suo cuore batteva rapido e forte. Lui era forte.
E se doveva morire…questa sarebbe stata una morte onorevole. Una morte da uomo e samurai.
Una morte da maestro dello Shinmei Ryuu.



STM 125

<attivazione>Battou no Jutsu~[Stm: -5] (80 punti liberamente assegnabili ad una o più stat – tranne Vita e Salute - senza superare il tetto di 80 punti.)
Il vero Samurai non ha incertezze sulla questione dell'onestà e della giustizia. Vi è solo ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.
Questo il precetto su cui si fonda questa tecnica. La spada scorre veloce nel fodero acquisendo forza e velocità. Il samurai si pone in guardia destra, con una mano sul fodero della katana e l'altra pronta a estrarre la spada. Facendo un passo avanti con il piede destro estrae rapidamente la spada, che scorrendo nel fodero acquista velocità e se colpisce l'avversario è in grado di ucciderlo in un solo colpo tagliandolo a metà. Shinta è soprannominato Battōsai proprio per l'incredibile bravura nell'uso di questa tecnica. Si può usare anche per tagliare letteralmente una tecnica avversaria visto che la spada è l'arma principe del samurai. Il precetto a cui fa voto lo rende conscio dei suoi doveri a cui nessuna tecnica, da vili codardi, potrà mai rendere il suo cuore schiavo e manchevole.
In termini di regolamento il bonus non potrà essere spostato nel corso del turno.

Attivazione - Ougi - Kaan [chk 100](80 punti liberamente assegnabili ad una o più stat – tranne Vita e Salute - senza superare il tetto di 80 punti.)
Mantra buddista di meditazione, per permettere lo sblocco delle proprie capacità nascoste sia spirituali che fisiche. Non appartiene alle tecniche della Lacrima di Dio, ma viene inculcata ad ogni suo esponente poiché basilare negli scontri contro demoni e creature dell'oscurità in generale, o contro avversari che superano di gran lunga la forza del maestro di spada. Questa è tecnica basata esclusivamente sulla volontà di chi la esegue, ed è il tramite per imparare le ultime tecniche – i segreti più profondi – della lacrima Di Dio.
Shinta è riuscito ad arrivare ad una tale meditazione che questa si manifesta nelle sue lame, nelle sue sorelle. Perché uno dei segreti del Kaan è riuscire a rendere manifesta la propria volontà in un simulacro: in un oggetto qualsiasi che fa da tramite per la forza interiore, il Ki, del maestro e poter diventare capace di oltrepassare i propri limiti ed arrivare alla quintessenza della propria tecnica.
Il bonus non potrà essere spostato nel corso del turno.

STM 125-5-5=115
 
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view post Posted on 28/10/2016, 13:30
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Mhh... mhhhh..

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*Ogni battito un cozzare di lame, cristallo sul cristallo, avanzando. Lo spettro danzava attorno al samurai, non spingendolo indietro ma facendogli pagare ogni centimetro guadagnato, tartassandolo di colpi. Ogni attacco era meno di una sfumatura, un tratto argentato, ma seguiva l'impatto forte di cinquanta uomini. Impossibile bloccarli tutti; Shinta dovette risolversi a difendere i propri punti vitali, lasciando alla lama altrui il profilo esterno del proprio corpo.
Eppure, nonostante ciò, era evidente che l'entità si stesse trattenendo. La potenza con cui lo aveva raggiunto, la velocità della danza, l'impeto dei colpi... tutto diceva morte, supremazia, ma nessun attacco andò mai oltre il limite. Quale che fosse l'intento perseguito dallo spettro, questi pareva aver stabilito una precisa misura dello spadaccino, rispettandola e al contempo superandola millimetro per millimetro, spingendolo ad avanzare, a non desistere.
Ma non sarebbe durata; improvvisamente il guerriero arrestò il suo vorticare, congelando la propria posa ad un passo dallo sferrare l'ennesimo colpo. Gli occhi pallidi, venati appena d'ambra rimasero per qualche istante in quelli provati di Shinta, intensi... forse meditativi.
In lui nemmeno un cenno d'affanno.*


Guerriero:"... determinato, ma fragile... il giunco nell'occhio della tempesta. Proprio come..."

*Parlò a sé stesso, nuovamente cercando nei recessi della propria mente qualcosa che doveva essere andato perduto. Non fece in tempo a trovarlo, tuttavia, che un rombo sinistro attraversò la pietra della città. La luce, poca che fosse rimasta, venne travolta dal ritorno del nero.
Più forte ed enormemente più voluminoso di prima, quasi che una colata di fango avesse inondato i bianchi vicoli, li raggiunse per circondarli. Per la prima volta Shinta ne venne attraversato, percependone l'impellenza, la rabbia, la fame. Il mero contatto lo scosse profondamente, non meno di quanto avesse fatto lo scontro, ma ad un livello diverso: il nero emanava una vibrazione terribile, istintivamente ripugnante sia a corpo che a mente.... una vibrazione che Shinta conosceva, perché tipica di creature venute da un altro mondo.*


"HE'KHONA! BASTA!"

*Gridò, perfettamente udibile, e dopo aver turbinato freneticamente tra i due si raccolse in un punto. Brulicante, come uno sciame d'insetti, quindi via via più definita una figura umanoide prese a stagliarsi sul profilo candido della roccia.
Nera, alta, smagrita, impossibile definirne precisamente i caratteri; gli occhi del nero si accesero di una luce gialla, intensa, e parlò.*


"Andiamo, ora... c'è stata un'ingerenza inattesa."



*Muta e cieca, la rovina gli diede il benvenuto senza concedere nulla. Avanzava, al solito cauto, ma per il più lungo dei momenti non parve esservi vita alcuna... solo silenzio, solo abbandono, tracce di un passato avvolto nel mistero. Benché l'oscurità e gli anfratti dicessero agguato, nulla si frappose tra l'Uchiha ed il percorso indicatogli da Tashigama.
Difficile descrivere ciò che apparve al giovane man mano che scendeva; il dottore aveva parlato di un'antica rovina, ed antica certo lo era... ma difficile definire rovina ciò che rovinato era a malapena. Le mura che segnavano il percorso erano quasi interamente intatte, facilmente distinguibili al buio per via del colore latteo della pietra, e a tratti addirittura, accanto alle porte delle case o sporti sui balconi, Kinji poté distinguere del vasellame perfettamente intatto. Difficile immaginare il perché di una conservazione tanto perfetta, specialmente considerando il luogo e gli avvenimenti succedutisi: quelle strade erano state campo di battaglia, Tashigama stesso lo aveva confermato.
Eppure nulla... non una traccia di scontro, non sangue o corpi, non marionette. Niente.

D'improvviso, alle spalle del ragazzo, un fruscio sinistramente familiare. Dapprima flebile, distante, poi man mano più vicino. Si trascinava, gracchiando la propria follia in frasi sconnesse.
Ali nere, testa glabra, becco tumefatto, questo il giovane si aspettò di veder inevitabilmente apparire dalle ombre... eppure nulla di ciò gli si palesò: ad emergere fu una figura contrita, disperatamente artigliata alla terra con una mano, trascinandosi in avanti. Deforme, avvolta in un pastrano fatto di più pezze cucite assieme.
Alzò lo sguardo, rivelando un volto mostruoso... ma due occhi da bambino, venati di giallo ed incapaci di nascondere la disperazione.*


???:"A.... aiuta.... aiuta.... il nero chiama.... ch...."

*Farfugliò, lo sguardo piantato in quello dell'Uchiha, la mano libera stretta al petto, serrata attorno ad un oggetto metallico. Rimasero così per un istante, ma realizzata forse l'espressione del suo interlocutore la creatura si mosse per prima. Improvvisamente portò la mano libera in avanti, quasi a voler colpire, ma quando le dita si ritrassero quel che apparve avrebbe trafitto più di qualsiasi lama.
Una nuvola stilizzata, l'inequivocabile simbolo di Kumo su di un coprifronte.
Poi, di colpo, la follia. L'essere prese ad urlare incontrollabilmente, stringendo ancora il coprifronte ma agitandosi come fosse stato attraversato da corrente elettrica. Le grida echeggiarono per la pietra, ed una ad una altre voci si accesero nella distanza, trasformando quello che era stato un silenzio perfetto nel peggiore degli inferni.
Quasi svegliata da tanto clamore, una luce si accese infine nel punto opposto dal quale l'essere si era trascinato. Forte, di un azzurro intenso, filtrante attraverso le poche finestre e disegnando il profilo di una grande struttura piramidale. Il fascio eruttava dalla sommità, allungandosi fino a raggiungere il soffitto della caverna e poi diramandosi in un complesso reticolo lungo tutta la cavità, fino alla strada occupata dai due ed oltre, nel buio dal quale erano venuti.
Nemmeno il tempo di realizzare il da farsi che la mano ingioiellata tornò a fibrillare, spedendo fitte lancinanti ed annebbiando la vista del ragazzo. Il volto e le fattezze dell'essere di fronte a lui presero nuovamente a mutare in quelle del rapace, quindi in quelle dell'uomo calvo apparso in visione, seguendo il ritmo delle fitte e modulandosi al delirio. Le stesse grida, tutto attorno e davanti, parvero modificarsi, passando dalla cacofonia alla melodia, quasi che la roccia stesse cantando.
Il giovane avrebbe dovuto combattere quell'influsso, e prendere in fretta una decisione. Da una parte il Laboratorio, dall'altra una creatura sofferente, forse a conoscenza del destino dei suoi compagni.*




*La posa del guerriero tornò lentamente quella di riposo; pur risoltosi evidentemente ad obbedire, tuttavia, il suo sguardo non si distaccò da quello del samurai.*

Guerriero:"Perdonami. Eri pronto a morire, ed io ti privo di tale privilegio."

*Disse, laconico ma profondo, prima di voltarsi verso l'entità oscura. Questi si era già allontanato, camminando verso un punto in cui la strada dove si trovavano ed un'altra andavano incrociandosi.
Alzò le mani, lentamente, senza proferir parola... e il giovane di Kumo avvertì nuovamente la stessa sensazione che lo aveva attratto fuori dal nascondiglio, la stessa che lo aveva forzato ad allontanarsi da Orinosuke. Avrebbe potuto ingannarsi, dirsi che si trattava solo ed unicamente del proprio spirito guerriero... ma la verità era lì, di fronte ai suoi occhi, forzata sul suo cuore di cristallo: una ad una, delle ombre emersero dalle antiche abitazioni, silenti e discrete quasi fossero gli spettri degli abitanti stessi.
Creature, la loro deformità un insulto alla bellezza dei luoghi che abitavano. Come aveva potuto non notarli entrando? Avanzarono, avvicinandosi al nero a centinaia, forse a migliaia, guidati dallo stesso incanto che aveva irretito il samurai.
Ed improvvisamente presero a cantare; una melodia alta, soave, perfetta, qualcosa di impensabile ed indescrivibile. I volti e le fattezze di chi era storpio divennero lineari, perfetti, avvinti in vesti pregiate e variopinte. Ridevano e cantavano, avanzando lenti verso il nero, e presto lo stesso Shinta si sentì a sua volta in dovere di avvicinarsi.
Ma non sarebbe durato: qualcosa lo strinse per la spalla sinistra, spazzando via quella beatitudine serafica ed anzi spedendo una serie di fitte terribili al torace del samurai. Lo costrinse a voltarsi... e di fronte a lui nuovamente quello sguardo intenso, ma enigmatico. Il guerriero d'argento lo scrutò ancora imperituro, ma pur nel dolore a Shinta non sarebbe potuto sfuggire un particolare prima assente: negli occhi dell'entità le venature gialle andavano pulsando violentemente, sconnessamente, quasi che stessero tentando di aprirsi un varco nelle iridi perlacee.
Si voltò verso sinistra, invitando il samurai a fare altrettanto... ed eccolo lì. Orinosuke camminava lentamente assieme ai deformi, la bocca aperta appena da lasciar sfuggire un lamento laddove tutti, attorno, non facevano che urlare come anime in pena.
Quando sentì la voce del guerriero, furono aghi nelle orecchie.*


Guerriero:"... il tuo cuore sta morendo, ma è libero. Non dimenticare."


GDROFF///Vi chiedo ancora scusa per il ritardo, ma sto facendo davvero fatica. Spero vivamente che questa missione vi stia piacendo, nonostante tutto. Se volete farvi un'idea della melodia, ecco la mia ispirazione:

Video///GDRON
 
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view post Posted on 29/10/2016, 14:57
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Si muoveva circospetto, prestando attenzione ad ogni dettaglio che potesse dargli sicurezze sulla direzione intrapresa; si, la via da percorrere era stata priva di deviazioni, ma Tashigama aveva parlato di antiche rovine, spettacolo molto diverso da quello che Kinji aveva davanti a se.
Mura di cinta, torri e costruzioni talmente belle da sembrare intatte con un candore del tutto fuori luogo per la loro ubicazione. La nuova area si presentò all'Uchiha silenziosa come una tomba e buia come un cielo notturno privo di stelle, unica eccezione erano le pallide costruzioni.


Questo posto ha un'aria così curata da non somigliare nemmeno vagamente a delle rovine. Persino le abitazioni sembrano intatte, quasi come se da un momento all'altro debbano affacciarsi gli inquilini. Tashigama me ne aveva parlato, così come mi aveva accennato a degli scontri intestini... ma non vi è traccia.

Similmente a quando aveva notato il copri fronte con la scritta "caduto", anche adesso Kinji si era insospettito per l'assenza di cadaveri, marionette, esperimenti o anche solo tracce di uno scontro, residui di una battaglia... nulla.
Che il medico gli avesse mentito? Perchè mai avrebbe dovuto dirgli una bugia dopo tutto quello che aveva fatto per lui?
L'unica cosa certa per il Vermiglio era il sospetto che la strada per il laboratorio centrale gli teneva in serbo qualche sorpresa.
Mentre si faceva largo tra le perfette vie della città sotterranea, lasciando che i suoi passi per lungo tempo fossero l'unica fonte di rumori, l'Anbu sentì alle sue spalle un fruscio sospetto.
Si girò di scatto, lasciando allo sharingan l'ardua sentenza sulla possibile presenza di nemici dopo tutto quel periodo passato nel silenzio più totale. I due rubini brillavano come di luce propria nelle tenebre della caverna e, dopo poco, notarono una piccola fonte di chakra avvicinarsi lentamente; la figura diventava via via più nitida, così come le frasi sconnesse e apparentemente deliranti che emetteva.
Inizialmente Kinji pensò ai soggetti che aveva visto durante le visioni ma, per sua fortuna, non fu uno di quegli incubi a trovarlo: si trattava di una persona deforme, che si trascinava a malapena con la destra, mentre con la sinistra si teneva fermo al petto un oggetto metallico.
Era avvolta da un pastrano che ricordava vagamente quello del dottore, ma si trattava di un modello logoro e fatto di varie toppe; non appena l'estraneo alzò lo sguardo verso Kinji, quest'ultimo potè notare l'orrenda deformità al volto e gli occhi ambrati, innaturali, ma si poteva chiaramente leggere il terrore che provava.
Implorava aiuto farfugliando a malapena di come il "nero chiamasse" e allungò una mano verso l'Uchiha; prima però che potesse raggiungerlo, l'arto mostrò al ragazzo cosa stava trattenendo così saldamente: un copri fronte di Kumo.


Ma cosa... Il simbolo della Nuvola... potrebbe essere di Shinta!?

Prima ancora che il chunin potesse chiedere dove avesse preso quell'oggetto, la creatura sembrò perdere di colpo il lume della ragione e cominciò a urlare in preda al dolore e al panico facendo vibrare tutto il suo essere tramite spasmi incontrollabili. Altre voci più lontane risposero alle urla dell'estraneo che chiedeva aiuto, facendo risuonare all'unisono le grida per tutta la caverna.
Incapace di compiere qualsiasi azione, esclusa quella d'essere mero spettatore, Kinji notò da lontano una luce (esattamente alle spalle della creatura deforme) di un forte azzurro che illuminava l'intera area stagliando le ombre degli edifici più imponenti sul terreno.
Nuovamente la mano ove era indosso il monile maledetto cominciò a tremare e fremere: stava accadendo ancora. Il viso dell'agonizzante straniero cambiò forma assumendo le sembianze prima della creatura alata, poi l'uomo calvo per poi cambiare e contorcersi ancora e ancora. Persino le grida cominciarono a risuonare di una tonalità diversa, simile ad una melodia apparsa dal nulla della caverna.
Kinji tentò di coprirsi le orecchie con entrambe le mani, ma a nulla servì il tentativo di guadagnare un po' di silenzio. Ironico come fino ad allora gli aveva dato fastidio quella estenuante tranquillità, e adesso invece la desiderava più di ogni altra cosa.


Lui... quella cosa... ha il copri fronte!

Entrambi si trovavano in seria difficoltà, ma Kinji aveva dalla sua una forza d'animo e una assuefazione alle visioni che lo stavano lentamente aiutando a limitarne gli effetti; forse il processo di trasfusione di chakra fatto dal dottore era stata la chiave per non lasciare che prendesse il sopravvento la volontà di Otomika, o di chiunque altro avesse potuto ghermire i suoi pensieri.

Se ha il copri fronte di Shinta... allora sa dov'è e forse che fine ha fatto! Anche se non fosse il suo, un copri fronte diverso da quello del Suono può voler significare che ci sono altri sopravvissuti. Devo aiutarlo, solo così troverò a colpo sicuro gli altri, ne sono certo!

Mentiva a se stesso, poichè la certezza in una situazione come quella in cui si trovavano invischiati lui e i suoi compagni sperduti non era altro che un mero miraggio, ma un copri fronte di Kumo la sotto poteva significare in effetti che Orinosuke e lo spadaccino della Nuvola erano riusciti a sopravvivere alla terribile esplosione e si erano rifugiati da qualche parte.
Facendosi forza e imponendo la propria volontà su quella dell'anello, Kinji cercò di avvicinarsi alla figura deforme per trascinarlo al sicuro e farsi spiegare come fosse entrato in possesso dell'oggetto metallico sicuramente del compagno.


//Non avevo molto da dire e mi secca ripetere sempre le stesse cose con le visioni per tre pagine... quindi si arriva al dunque con la decisione di aiutare il tipo.//
 
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view post Posted on 31/10/2016, 22:10
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Morire…era davvero vicino a farlo. Eppure non vi fu paura, non vi fu amarezza. Vi fu gioia nel farlo.
Stava facendo quello per cui aveva da sempre combattuto, aveva un avversario invincibile, un duello eccitante. Questo è quello che da sempre aveva cercato. Questo è quello che sognava: morire con dignità e onore, non in un letto d’ospedale o circondato da sguardi di pietà e commiserazione. Non sarebbe morto col pianto di una madre nelle orecchie o avendo davanti agli occhi, per l’ultima volta, gente che non aveva mai creduto in lui e che lo avevano lasciato solo. Non voleva morire così: da appestato e profondamente solo.
Voleva morire da uomo. E da uomo si stava battendo sebbene quella forza invincibile lo incalzasse senza tregua vi era gioia e felicità nel parare i colpi, serenità nel sentire l’acciaio mordere le carni e il suo cuore batteva. Batteva e lui anche. Una danza…una danza da guerrieri…cosa c’era di meglio?
E tra il clangore di armi, il sapore del sangue, il fiato che si condensava una parte di Shinta volò chissà dove. In un luogo e spazio ameno ma che ne raccoglieva infiniti altri.




« Deve finire così dunque…che noia»



Ti dispiace, vero? Ma và bene così. Così sono felice.

« Felice? Si…anche se hai rimpianti…e questo non significa essere felici. Oppure non ne hai nessuno? Ah…beh…se non ne hai nessuno…»



Nessuno.

Una parola detta che cadde come una valanga. Nessuna esitazione nel dirla. Di fatto era così: guardando se stesso che combatteva, con quel volto emaciato ma con un espressione granitica, non poteva essere altrimenti…eppure vi era qualcosa che serpeggiò tra pieghe nascoste dell’anima.
Un brivido come portato un freddo vento. Avrebbe voluto fare di più, dire di più, vivere con più decisione, prendersi responsabilità, fare altre tipi di scelte…no…perché si voleva prendere in giro?
Almeno in quel momento poteva permettersi di lasciare l’onore da una parte ed essere semplicemente Shinta. E allora poteva anche ammettere che tra tante cose, tra tanti volti, uno gli era rimasto impressione. Una scena malata, un bacio tra il sangue e l’acciaio ma forse…forse più vero e doloroso di tanti altri.
Due occhi rossi come rubino che gli si erano posati, incandescenti, sul cuore e nella mente. Avrebbe voluto avere tempo per capire se fosse vero. Se fosse un sentimento o la mancanza di un qualcosa mai avuto prima.
Voleva capire se poteva provare affetto e non essere solo innamorato della battaglia. Anche di qualcos’altro…di qualcun altro…solo per così tanto tempo che la battaglia era tutto…ed era niente.
Perché alla fine cosa rimaneva?
Ma in fondo andava bene così. In fondo era soddisfatto. Aveva vissuto come voleva e per un po’ aveva creduto anche di poter essere, brevemente, felice. Per questo sorrise e fu di malinconia.
Agrodolce…come una mosca che affoga nel miele.
L’ultimo pensiero fu per Shitsuki…gli mancherà quella falce…quello sguardo…e non seppe dire perché.
Un altro sorriso…



Di nuovo il nero scese tra di loro. Una presenza che non potè essere scacciata che si frappose tra i due come una pianta malevola. Negro tumore che divorò un combattimento magnifico.
Una colata di fango che avvolse quel luogo, divorando la poca luce rimasta. Il tocco con quella cosa fu malsano. Orrido, repellente; fu come ghiaccio che gli attraversò le vene scuotendolo non solo corpo e mente ma soprattutto l’anima. Sembrava che anch’essa fosse invischiata tra quei tentacoli di oscurità…una sensazione già provata. Famigliare. Ricordi affogati ritornavano in superficie…la rabbia, l’odio, la fame che quella cosa emanava per Shinta fu come un gettarsi in un passato che voleva dimenticare ma che, disgraziatamente, ancora non si riusciva a superare.
La sensazione che gli aveva dato Watashi, la sensazione che gli aveva dato Nerigal e la sua possessione.
E nei suoi occhi grigi potè rivedere un cielo coperto da nubi oscure, pioggia cadere. Ma non era acqua però, era più densa, rossa, era... sangue. Sembrò di nuovo essere lì…ancora…come in un caleidoscopio pazzo e malevolo.
Il grido scosse le sue orecchie. Lo sciame malevolo si raccolse in un punto e fu come se la malvagità del mondo si condensasse in un determinato luogo per prendere forma e sostanza di fronte agli occhi del samurai.
Nera, alta, smagrita, impossibile definirne precisamente i caratteri; gli occhi del nero si accesero di una luce gialla, intensa e poi qualcosa.


Il guerriero dal canto suo, frenato il suo impeto, no si mosse dalla posizione di riposo. Una stasi che cozzava con la dinamicità e la furia che aveva mostrato poc’anzi. Guardava intensamente il samurai con quello sguardo indecifrabile, accompagnate da parole ancor più indecifrabili. L’acciaio venne stretto in mani malate con maggior vigoria. Il giovane di Kumo avvertì nuovamente la stessa sensazione che lo aveva attratto fuori dal nascondiglio, la stessa che lo aveva forzato ad allontanarsi da Orinosuke e, sebbene prima l’aveva associata con il suo spirito guerriero, ora la verità lo colpiva con violenza. Nessun dubbio, nessuna menzogna: quello che prima era un dubbio, o una mezza verità, ora acquisiva una forza monumentale che lo colpì con violenza.
Il suo cuore aveva percepito la stonatura; proprio quel cuore di cristallo si era rivelato ancora e luce, flebile, nella tenebra più profonda. E gli risultarono chiare le parole del caduto. Ora capì.
Non erano parole ricolme di pazzie, erano parole vere. Il nero era davanti a lui, il canto lo colse e mille e più ombre emersero da angoli bui. Orride…così orride da cozzare con quella bellezza eppure tangibili e presenti come due facce della stessa medaglia.
Ma ognuna di esse avanzava verso il nero irretite da quella sensazione…cos’era’ chi era quella cosa? O forse lo sapeva ma non voleva capire. Non voleva…non voleva per quei stessi ricordi malsani che si portava dietro. Che tornavano ancora come una marea che lo affogava.
E poi ognuna di quelle ombre cantò. E le parole del caduto divennero verità assoluta.
La melodia fu alta, soave, perfetta, qualcosa di impensabile ed indescrivibile. I volti e le fattezze di chi era storpio divennero lineari, perfetti, avvinti in vesti pregiate e variopinte. Ridevano e cantavano e ogni cosa divenne come vetro argentato…liquida…
Shinta prese a muoversi verso di loro. Ancora non seppe dire il perché: come prima anche adesso sentiva che qualcosa lo stesse chiamando. Impossibile resisterle.
Una mano su una spalla. Una fitta di dolore che lo attraversò scheggiando quel cuore di cristallo.
Sentì il sangue sul palato mischiarsi con la saliva. Dovette piegarsi su un ginocchio: la mano ad artigliare il petto, il respiro corto, troppo, i polmoni bruciavano, si affannavano a trovare quell’aria che tanto gli mancava. Il dolore continuò eppure spezzò quell’incanto serafico costringendolo a tornare al momento, alla realtà ad essere guerriero non marionetta.
Incontrò lo sguardo del guerriero. Intenso seppure enigmatico e gli occhi grigi di Shinta furono in quelli di lui. Le venature gialle che pulsavano quasi che stessero tentando di aprirsi un varco nelle iridi perlacee. Si voltò verso sinistra, invitando il samurai a fare altrettanto. Quello che vide fu più violento del dolore, della mano sulla bocca, dell’ingoiare il sangue e del rialzarsi: Orinosuke era in mezzo a quelle ombre, irretito dall’incanto. Un ombra tra le ombre, una bocca aperta in un lamento tra grida.
Orinosuke…e Shinta tornò guerriero. La mano fu violenta e tremante nella presa ferrea sull’acciaio.
Era pronto a morire…aveva avuto tempo, forse persino troppo, avrebbe combattuto ancora quel tempo per salvare il suo compagno. Non poteva e non doveva morire ora. Non prima di averlo portato fuori di lì. Non era un ombra…lui lo era…Orinosuke era vivo. Lui era morto, lui era pronto ma il giovane shinobi di Iwa no. Non era quello il suo destino. Non con lui a vedere tale scena e ringhiò: il sangue si infilò tra i denti e fece forza sulle gambe per alzarsi.
Il suo cuore era di cristallo, lui non era forte, era fragile, era un mezzo uomo, era un ronin, uno shinobi con un copri fronte che tutta Kumo non riconosceva ma questo non gli avrebbe impedito di salvare Orinosuke. Se doveva morire lo avrebbe fatto, non aspettava altro da tutta la sua vita, ma Orinosuke non sarebbe morto lì. Non con lui che ancora respirava. Non con l’acciaio tra le mani e la volontà di tagliare ogni cosa pur di difendere il suo compagno.
Guardò il guerriero al suo fianco: figura misteriosa, occhi ancor più misteriosi. Guerriero e schiavo? Cos’era? Chi era?
La sua voce aghi nelle orecchie.

Se è libero allora dimmi come lo salvo…io sono già pronto a morire. Lo sono da una vita e non ho paura né di te né di quella cosa, né della morte stessa.

Cercò di afferrargli un braccio. Non riusciva a decifrare il guerriero e i suoi modi: era come se vi fosse qualcosa dentro di lui che cercasse disperatamente di uscire fuori. Era schiavo? Eppure rimaneva un guerriero…il suo cuore batteva come tale. Di fronte a lui era davvero pronto a morire. Un avversario che gli aveva incendiato quel cuore malato…eppure rimaneva un nemico. Ma i suoi comportamenti…forse per questo? O perché, in fondo, non aveva mai avuto niente da perdere né da guadagnare da questa storia, cercò il suo aiuto. Disperato e pazzo tentò la cosa più illogica in un momento dove si sentì piccolo e inutile. Ma volle tentare il tutto per tutto.

Lui no. Non così…non qui…non con me che ancora respiro. Prendete me…non lui…

Occhi dentro l’altro. E la stretta si fece disperata.

 
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view post Posted on 5/11/2016, 17:30
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Mhh... mhhhh..

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*Nonostante tutto ciò che era, nonostante tutto ciò che aveva sopportato per arrivare sin lì, Kinji mise da parte l'obiettivo primario della missione per anche solo una possibilità di rintracciare i compagni perduti. Non importò quanto detto da Tashigama, né la probabilità che quanto profetizzato dal dottore potesse essersi avverato nelle ore successive. Mentì a sé stesso, si avvicinò alla creatura, resistette al dolore, alle visioni, alle urla... ed allungò una mano per portarla al sicuro.

Una debole luce, il lento muoversi delle pale di un ventilatore, l'immagine di un giovane dietro una scrivania. Capelli scuri, il volto nascosto dalla penombra, la mano sinistra tamburellante su una risma di fogli.*


???:"Un rapporto pessimo... l'ennesimo. Stiamo sprecando tempo Doc, cancelli il progetto e torni alla progettaz..."

Dr. Tashigama:"No! No... Saito-taisho, ci sono vicino, vicinissimo! Ho solo bisogno di un catalizzatore efficace. Gli individui che mi avete procurato sono inadatti, nessuno è in grado di rimanere in stasi abbastanza a lungo da permettere al legame di consolidarsi.
Ho bisogno di un soggetto più forte, dotato di maggior potenziale su cui costruire. Utilizzare il Segno su soggetti deboli serve solo a destabilizzarli, non li rende adatti alla sperimentazione come pensavamo."


*Si voltò, ma non fu per sua volizione. Guardava attraverso gli occhi di qualcun altro, e ciò che vide, dirimpetto al Taisho, fu Tashigama.... ma non fosse stato per la voce, per il tono schietto e freddo, Kinji avrebbe potuto scambiarlo per un vecchio qualsiasi. Nessuna deformità ne deturpava il corpo, nessuna asimmetria il viso, nessun pastrano a coprire il risultato del proprio operato.
Gli occhi tornarono su Yo nel momento in cui questi si alzò; una fitta di paura corse lungo la schiena del suo ospite, assieme ad una vena di curiosità ed ilarità... la sensazione di potersi aspettare di tutto da quel gesto.
Invece, di nuovo, solo parole dietro un sospiro.*


Yo:"Non è la prima volta che le do carta bianca, Doc... fosse per me, avrebbe smesso di sprecare le risorse del Suono da un pezzo.... ma abbiamo una certa nomea, ed una certa clientela, dunque di nuovo mi vedo costretto a cedere."

*Disse, superando lentamente la scrivania ed avanzando verso il dottore. D'improvviso alzò una mano, rivelandosi alla luce e sorridendo sornione.*

Yo:"Ma! Almeno questa volta il destino mi rende facili le cose, permettendomi di unire l'utile al dilettevole.
Si dà il caso che io abbia esattamente ciò di cui ha bisogno.... una coincidenza fortuita, ma non del tutto inaspettata.
Prego!"


*Si voltò di scatto verso chi guardava, e Kinji si mosse d'ossequio, aprendo una porta alle sue spalle e facendo entrare due marionette. I costrutti marciarono senza esitazione fino ad incontrare la luce, rivelando tra loro una figura priva di sensi, i capelli scuri lunghi, incrostati di sangue, il corpo martoriato.
L'espressione di Tashigama si incupì sensibilmente, certamente consapevole di chi fosse il nuovo sopraggiunto. Come ci si sarebbe aspettato, tuttavia, non fece alcuna domanda... anzi, accennò un sorriso, quindi un inchino.*


Dr. Tashigama:"Grazie, Saito-taisho."

Yo:"Non farmene pentire. Hiroki-kun, andrai con loro. Sorveglia l'operato e portami la testa del Doc se non conclude nulla.
È tutto."


*Di nuovo oscurità, la propria coscienza trascinata in un turbine di immagini. Di fronte ai suoi occhi il corpo di Kami sottoposto alle peggiori torture, le ore di sperimentazione, lo sguardo di Tashigama nascosto dietro gli occhiali, la luce azzurra, intensa e terribile di un enorme macchinario al centro di una ben più vasta stanza. Attraverso gli occhi del suo ospite, Kinji vide l'eroe di Tashigama trattato peggio di qualsiasi cavia da laboratorio: il corpo del giovane era agganciato alla macchina, che una volta attivata iniziava ad emettere un rumore statico, ritmico, terribilmente familiare tanto ad ospite quanto ad ospitato. Allora incominciava l'infusione, incominciavano le urla strazianti, quindi il test terminava.
Ancora e ancora, Kinji fu testimone di un numero spaventoso di scene identiche alla prima. Non un aspetto variava, e l'unica cosa che poté suggerirgli una progressione nel tempo fu il crescere del rimorso nell'animo di chi osservava... finché, in un'ultima immagine, la luce azzurra del macchinario si fece nera, e la paura prese il sopravvento.
Correvano, l'uno affianco all'altro, il martoriato ed il deforme, sostenendosi a vicenda. Dolore, disperazione. Si voltò verso Kami, incontrandone il viso pallido e scempiato.*


Hiroki:"D.... dispiace... dispiace..."

*Balbettò, la voce più simile ad una bestia che ad un uomo. *

Kami"H-hiroki-san... aspetta... aspetta. Dobbiamo sigillare la p-porta... devo..."

*Non capì, non c'era tempo, ma non poté che seguirlo. Una volta chiuse le ante vide Kami sigillarle, ma per allora li avevano già circondati. Uno ad uno riconobbe i volti di chi aveva condannato con la propria stupidità, con il proprio infantile altruismo... e sentendo la musica credette di impazzire. Scosse la testa, la prese tra le mani, si agitò, ma di nuovo la presenza di Kami lo riportò a sé stesso. Il suo volto, nonostante tutto, preservava un sorriso.*

Kami"Torna in te, Hiroki-san.... ho bisogno... ho bisogno che tu tenga duro. Prendi questo, portalo a Kira-dono... penso io a loro... corri... CORRI!"

*E corse, via dalla musica, via dai volti, la luce dell'anello stretta tra le mani. Il contatto bruciava, ma lo teneva sveglio, gli permise di resistere al richiamo... almeno per un po'. Di nuovo la voce prese a bussare alla sua coscienza, facendo del corpo un campo di battaglia tra di essa e la luce.
Cadde, l'anello gli scivolò di mano, la paura prese il sopravvento, lo sgomento, il disgusto per quel che era diventato. Le ultime immagini furono praticamente indistinguibili... quindi il conforto del buio, del silenzio. Quanto era caduto in basso?*


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*Il guerriero rispose alle sue suppliche con un lungo, pesante silenzio. Gli occhi indugiarono ancora qualche istante sul samurai, quindi risalirono la fiumana di persone fino al punto in cui il nero aveva preso a chiamarle... poi, solennemente, si chiusero.
Un movimento repentino, assassino, e il palmo libero del guerriero si posò sul cuore del samurai. Qualcosa lo trafisse, difficile dire se energia o materia, lanciando segnali d'allarme a tutto il resto del corpo e forzandolo a saltare più d'un battito.*


Guerriero:"Va, prendi il tuo compagno, risali la strada di luce ed attendimi. Ci rivedremo, allora avrai la morte che cerchi."

*Disse, lasciandolo di colpo e superandolo verso il crocevia. Il numero dei deformi aveva raggiunto cifre esorbitanti; ovunque guardasse Shinta poteva ora vedere del movimento, anche se, almeno per il momento, docile.
Non rimaneva che afferrare Orinosuke e correre via da quell'inferno.


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*Quando riaprì gli occhi Hiroki era accanto a lui, la mano tanto stretta alla sua da dolere... ma erano al sicuro. Il giovane doveva averlo trascinato a sua volta, lontano dalla strada, tra le abitazioni. La luce che si era diramata dal laboratorio era ancora visibile, un velo argenteo oltre il profilo di una finestra dal locale in cui si trovavano.... in lontananza, attraverso la pietra, le urla non parevano voler cessare.
Sentendolo destarsi il compagno prese rapidamente parola, portando la mano libera sul petto dell'Uchiha ed apparendogli in controluce.*


Hiroki:"Shh... piano, con calma... con calma dannazione."

*Pur lordo di fango e butterato, il volto del giovane pareva aver riacquistato una vena di umanità. Anche la voce, prima strascicata e grottesca, sembrava ora in grado di esprimere sentimenti umani.
Una volta sinceratosi delle condizioni di Kinji, il ragazzo tornò a sedere. Sempre, spasmodicamente, stringendo la mano toccata dal potere di Otomika.*


Hiroki:"Il... il mio nome è Hiroki Hyuga, sono... ero uno shinobi del Suono, un portatore del Segno... ma immagino tu l'abbia capito dalle condizioni in cui versavo.
Devo ringraziarti... devo scusarmi... non ha importanza a questo punto. I tuoi compagni sono vivi, anche se l'influenza di 246 ha quasi spezzato il Kamizuru. Non so in che condizioni arriveranno... se lui li ha raggiunti, difficile dire."


*Un momento di pausa, teso, gli occhi del giovane contratti a cercare qualcosa oltre le mura che li circondavano.*

Hiroki:"Quel bastardo... non possiamo raggiungere l'ingresso da qui, non ora. Tutte le marionette superstiti hanno ripiegato sul perimetro esterno del laboratorio, il che significa che è riuscito a riprendere il controllo..."

*Di colpo, esattamente come erano incominciate, le urla cessarono. Hiroki si liberò immediatamente dalla presa, lasciando la mano del giovane di Konoha pulsante di dolore e massaggiando la propria.
Sospirò.*


Hiroki:"Senti io... non sono bravo in queste cose. Tutta la vita non ho fatto che fare il cazzo che mi pareva, ammazzando quando mi pareva... sono un pezzo di merda, tant'è che l'unico gesto altruista che faccio mi costa... questo.
Non so quanto sai di tutta questa faccenda, ma dobbiamo entrare in quel laboratorio. Ho un debito da saldare... anzi, due. Dammi una mano... figurativamente, stavolta, e credo di potervi tirare fuori vivi di qui."


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"Sh... Shinta-san..."

*Il contatto con il samurai lasciò il giovane di Iwa stordito, ma la febbre ed il delirio che lo avevano attanagliato nelle ore precedenti parevano essersi attenuati. Shinta dovette trascinarlo, sentendo il suo cuore lasciare battiti per la strada, passo dopo passo rischiando che si spezzasse. Quello di Orinosuke, al contrario, lentamente riprese il suo ritmo.
Il guerriero aveva parlato di una strada di luce, e per una volta al samurai non riuscì difficile riconoscerla: che fosse uno scherzo della propria mente, che fosse opera del guerriero stesso, la rovina era andata guadagnando venature azzurre lungo i bordi delle strade e quelli di alcuni edifici più imponenti. Un percorso dapprima rado, poi, a mano a mano che il giovane guadagnava terreno, più intricato, intenso.
Dovettero fermarsi diverse volte, anche perché spesso il moto naturale della caverna aveva divelto le infrastrutture della rovina, rendendo la risalita una scalata. Fu durante una di queste soste che, finalmente, un debole ronzio preannunciò il destarsi di Orinosuke. Il giovane fece per alzarsi sui gomiti, lentamente, mentre due delle sue creature si levavano in volo.*


"Mi spiace... lui... l'ho sentito nella mia testa... cos'è succ..."

*Si bloccò, sotto la benda gli occhi spalancati quasi che avesse appena visto qualcosa di straordinario. La bocca rimase semiaperta, incapace di proseguire.
Finché, improvvisamente, vi riuscì.*


"Che cosa ti è successo Shinta-san? Sei... sei come questo posto... il tuo chakra..."

*Avesse potuto guardarsi con gli stesso occhi del giovane di Iwa, con la stessa sensibilità al chakra, Shinta avrebbe avuto difficoltà a riconoscersi. L'energia che gli scorreva dentro era la stessa che ora attraversava la roccia, lo stesso lume pallido, freddo ma così nitido nell'ombra imperante.... e a sinistra del petto un punto in cui ogni linea convergeva, un nucleo.*

"C'è qualcosa oltre quegli edifici laggiù... non siamo soli."

*Disse, e nello stesso istante, lontano in profondità, le urla cessarono di colpo... un silenzio tanto pesante da ammutolire entrambi.*

GDROFF///Eccoci. Vi state avvicinando al Laboratorio, ma per via delle scelte che avete fatto la via è bloccata dalle marionette. Entrambi avete a vostra disposizione degli shinobi con capacità percettive superiori, e potete scegliere di muovervi come credete. Tenete presente che non avete molto tempo.///GDR ON
 
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