Qualche secondo per trovare la giusta concentrazione, poi il rilascio del chakra e l'esecuzione della tecnica, mentre sentiva la sua mente insinuarsi nelle deboli e confusionarie difese dei suoi nemici, riducendoli in pochi attimi a poco più che semplici pupazzi nelle sue mani, completamente soggiogati dalla sua illusione.
Fu questione di pochi, semplici attimi e tutto ebbe fine: il gruppo di malati che lo aveva assalito cadde ai suoi piedi, avvolti nel riposo più profondo della loro intera esistenza.
Per qualche minuto, si illuse di aver dato a quelle povere anime un minimo di sollievo: riposavano ignari di tutto e tutti nella sua illusione, cullati tra le amorevoli braccia del sonno, sospesi in quel limbo che lui aveva creato per loro e che, fino a quando lui avrebbe voluto, li avrebbe temporaneamente protetti dalla loro stessa pazzia.
Non durò molto.
Non poteva di certo biasimarli, ma i Genin che come lui erano stati attaccati dalla folle furia omicida di quegli uomini cominciarono a poco a poco ad avere la meglio su di essi: eliminati quelli più deboli e fuggiti quelli più codardi, gli altri trasformarono quello scontro in una vera e propria carneficina, proprio come Arashi aveva temuto.
C'era chi li faceva fuori uno ad uno con le sue stesse mani, chi semplicemente li bruciava vivi, chi li spazzava via con il suo potere.
Nel giro di qualche minuto la sala fu invasa dal sangue versato dalle vittime dei devastanti attacchi degli shinobi: uno dopo l'altro i folli cominciarono a capitolare.
Non fu troppo difficile raggiungere il muro alla sua destra ed arrampicarvisi, facendo fluire il chakra sui piedi e sulle mani, esattamente come gli avevano insegnato in accademia.
Da lì poté osservare con orrore lo sviluppo cruento della battaglia che infuriava nella sala.
Era tutto un trionfo di esplosioni, fiamme, acqua e ghiaccio: gli aspiranti Chunin stavano dando sfogo alla loro potenza distruttiva, abbattendola senza pietà su quelle che ormai, più che veri e propri nemici, erano vittime sacrificali.
Un brivido percorse la sua schiena quando, dal nulla, una quantità enorme di acqua invase la sala, allagandola.
Si ricordò in un attimo degli uomini che aveva addormentato e, senza la benché minima esitazione, si affrettò ad annullare la tecnica: con un po' di fortuna, si sarebbero risvegliati e non sarebbero morti annegati.
"Spero che sappiano nuotare..."
Per un attimo prese in considerazione l'idea di abbandonare il punto in cui si era rifugiato e tuffarsi nuovamente nella mischia, se non altro per immergersi in quell'acqua e andare a cercare gli uomini che erano caduti nella sua illusione per assicurarsi che stessero bene.
Tuttavia, non si mosse da lì: la sala era diventata un vero e proprio campo di battaglia e le probabilità di riuscire a rintracciare i suoi avversari erano decisamente basse.
"Ma da dove viene tutta quest'acqua...? Per uno shinobi del nostro livello dovrebbe essere impossibile richiamarne così tanta. Che sia un'illusione? No, impossibile: lo Sharingan avrebbe dovuto svelarla senza troppi problemi."
Continuò a guardarsi intorno, cercando di individuare la fonte di quella tecnica tanto potente, ma non vi riuscì: il caos generato dalla battaglia gli consentiva a mala pena di distinguere i Genin dai suoi avversari.
In ogni caso, si sentì in parte rassicurato: chiunque avesse utilizzato una tecnica simile, di certo non aveva intenzione di fare del male a nessuno; gli shinobi erano perfettamente in grado di camminare sull'acqua utilizzando il chakra e, nel caso in cui i loro nemici sapessero nuotare, si sarebbero potuti salvare senza problemi.
Era, tutto sommato, un ottimo modo per porre fine alla maggior parte degli scontri evitando troppo spargimento di sangue: esattamente ciò che voleva fare lui.
"Certo che in questo esame c'è davvero gente forte...Se solo conoscessi anch'io una tecnica simile, tutto questo sangue non sarebbe stato versato..."
Ma lui, con l'acqua, non aveva nulla a che fare: l'elemento con cui era affine, come ogni Uchiha che si rispetti, era il fuoco.
E il fuoco, si sa, non protegge né rigenera: il fuoco distrugge.
Non poté non pensare, ironicamente, che possedere una tale affinità per uno come lui era come dare un bastone per non vedenti a un muto: sbagliato, inutile.
Non ebbe tempo per indugiare oltre su questo pensiero, poiché dopo varie esplosioni e diverso sangue versato, un fischio acuto risuonò per tutta la sala.
I suoi occhi seguirono i fluidi e rapidi movimenti delle quattro guardie presenti nella sala - una di queste si trovava proprio pochi piedi sotto di lui - mentre, impugnate le katane, infilzavano e tranciavano e tagliavano senza pietà i corpi già abbastanza martoriati dei restanti pazzi che li avevano assaliti.
In pochi secondi un silenzio assordante riempì l'intero androne, mentre Arashi fissava a bocca aperta i cadaveri che si afflosciavano a terra tra urla e schizzi di sangue.
Fissò impotente quell'orripilante spettacolo.
Tutti quei viaggi mentali che si era fatto sul non uccidere quegli uomini, lo sforzo che aveva fatto per trovare una soluzione che non implicasse per forza uno spargimento di sangue...Tutto inutile: erano morti lo stesso, maciullati fino all'ultimo pezzo di carne da quattro uomini che brandivano una spada.
Ancora una volta, una rabbia incontrollabile montò in lui.
"Non è giusto, non dovevano morire così, non dovevano...!"
Che bisogno c'era? Erano disarmati, chiaramente inferiori da ogni punto di vista, non rappresentavano nemmeno più una minaccia dal momento che il loro numero era diminuito drasticamente.
Perchè ucciderli così?
Guardò le quattro guardie e il kiriano che li aveva osservati durante lo svolgimento della prova: era così preso dalla rabbia che a malapena riuscì a udire il suo nome e quello degli altri aspiranti Chunin che, a suo dire, avevano superato la prova.
Non aveva mai desiderato così tanto di uccidere una persona.
Sentiva il cuore esplodergli in petto e il suo stesso sangue inondargli ogni parte del suo corpo, mentre il desiderio di torcere il collo di quell'uomo e fracassargli il cranio a forza di pugni cresceva sempre di più.
"Ehi, vedi di non fare cazzate, che quello al minimo passo falso ti taglia la gola. E poi lo sai perchè, li hai visti. Stavano fuori quelli, completamente pazzi, te lo dico io che me ne intendo, dovresti capirlo anche tu. Ti risponderanno che la loro non era vita, che magari gli hanno persino fatto un favore a ucciderli, che hanno posto fine alla loro sofferenza."
Scese dal muro e prese a camminare verso il grande portone dall'altra parte della sala, i pugni serrati e lo sguardo ancora fisso sull'uomo che aveva ordinato la carneficina.
Preso com'era dalla rabbia non si rese nemmeno conto che la solita voce nella sua testa si era fatta di nuovo viva dopo mesi.
Arashi: "Erano uomini, erano persone..."
Non si rivolse a nessuno in particolare, sussurrando tra sé e sé mentre continuava ad avanzare.
A che era servita la guerra se poi si massacravano tra di loro in quella maniera?
Se c'era ancora gente come quel tizio in giro, allora tanto valeva aiutare Watashi a fare piazza pulita.
"Oddio, ora ricominciamo con questa storia? Pensavo fosse un capitolo chiuso. Sveglia, bimbo! La gente si ammazza ogni giorno qui!"
"Allora non sarà un problema se ammazzo quel tizio, no?"
"Ahahahah! Lo sai che mi piaci sempre di più? Peccato che se provi anche solo a toccarlo con un dito, lui e quelle quattro guardie ti fanno saltare la testa."
"Ciò non toglie che in questo momento massacrarlo di botte, ficcargli una spada in culo e fargli fare il giro del villaggio a quattro zampe per poi decapitarlo mi sembra un'idea più che buona, ottima."
"Si beh, ci penserai quando avrai un po' più di barba, che ne dici? Ora fatti furbo, sta' zitto e cammina."
Arrivò al gigantesco portone tremando di rabbia, lo sguardo rivolto verso il basso. Aveva appena passato la prima prova di quell'esame, ma non si sentiva affatto appagato.
Continuò a stringere i pugni mentre avanzava.