| Sentì vetri come rasoi lacerare il suo corpo, sentì l'aria colpire il suo essere e la fredda pioggia totante avvolgere la sua anima in bilico, e solo allora si rese conto di stare attraversando la tempesta insieme all'Odio. Gli mancò il fiato, la terra sotto i piedi ma era una sensazione strana, che non riusciva a temere. Era come se volasse, come se potesse librarsi tra le nubi cariche di fulmini per controllare il loro potere e la loro furia, che si stava abbattendo in quella villa maledetta. Quindi cominciò a percepire il vuoto, l'oblio e per alcuni interminabili istanti cadde nel baratro dei suoi ricordi, riuscendo a vedere con l'occhio buono del suo essere, immagini ancora sfocate che stavano riprendendo consistenza. E poi l'impatto, crudele, atroce, mortale se solo una serie fortuita di casi non lo avesse portato sopra il corpo di Kyoki. Era il Chaos stesso a tenerlo in vita, a volere la sua influenza sul mondo, e non avrebbe mai permesso che un sentimento così banale come l'odio lo fermasse. Jagura sembrò poter osservare direttamente alcune delle sue ossa rompersi, come quelle del braccio sinistro, o alcune delle sue costole, o le gambe, ma ciò che si aprì nel suo volto fu un sorriso insaguinato che ridiede luce al suo inconscio: una voce riecheggiò nella sua mente e come un goccia che crea regolari onde su un lago piatto, i ricordi avvolsero tutta la superficie dei suoi pensieri e un'esplosione di colori, immagini, parole, fatti, ricostruirono la vita di quello che era il Mago del Chaos. Kyoki era lì, a un palmo del suo naso, che tossiva sangue e soffriva una morte che stava arrivando lenta, inesorabile. Il mago lo guardò, aprendo il suo cristallino occhio sano, e gli si avventò afferrandogli la gola. Kyoki era suo padre, lo riconobbe immediatamente, lo stesso uomo che aveva distrutto, come una pestilenza la libertà stessa di sua madre, di suo zio e di tutti coloro che ne avevano avuto a che fare. Era l'incarnazione dell'odio, del maniacale equilibrio, dell'ordine, qualcuno che non avrebbe tollerato la rottura degli schemi nella sua esistenza. E al suo fianco, aveva una donna che invece soffriva nella purezza del suo cuore, un male silenzioso mentre covava amore, nonostante tutto, per lui e per la loro creatura che portava in grembo. Jagura tremò, afflitto da un sogghigno improvviso che venne bagnato dalle lacrime del cielo, che aveva già cominciato il requiem di rinascita di colui che avrebbe avvolto il mondo nel puro e folle abbraccio del Chaos. Ancora quella voce tuonò, e stavolta fu una singola parola a colpire la mente rinata del Joker. Fu come una lama infilzata nella sua testa, e l'occhio sinistro riprese a sanguinare insieme al cielo. Jagura sentiva dentro il desiderio di esplodere nell'unica verità che avrebbe conosciuto il genere umano con la sua rinascita, e nella tortura che quella lingua oscura gli stava facendo provare, rivide il volto di Fuyuki, della sua donna, di Kai, di Watashi, rivide il volto del mondo, della Libertà, di Furikami, di Jiyu, quindi rivide anche Kirai e se stesso. Tutto riassunto nello sguardo di paura di un uomo ormai finito, logorato dallo stesso odio di cui stava impregnando il mondo. E così... sarebbe morto, per favorire la distruzione di tutto ciò, per permettere che il vortice del Chaos oscuro facesse perdere senso ad ogni limite, spezzando ogni catena. Anche quella del Dio Libero, anche lui sarebbe stato vittima della follia.
- Hai sempre desiderato un ordine perenne nella tua vita, ma è nella morte che agognerai lo spezzarsi delle catene e l'avvento della follia. Che la tua anima bruci all'inferno!!
Lo disse ridendo, seppur logorato dal dolore, e quando afferrò uno dei pezzi di vetro della finestra caduti con loro, il suo sguardo premise ciò che sarebbe successo: gli avrebbe perforato prima l'occhio sinistro, sguazzando in quel maledetto sangue scuro, poi anche il destro, rendendo cieca prima la sua anima, poi anche il suo corpo. A quel punto, facendogli assaporare lentamente il sapore della vera sofferenza, glielo avrebbe ficcato in bocca, trapassando gola e cervelletto, gettando sulla terra fradicia materia organica direttamente dal suo craneo e se non fosse ancora morto, brillando di un ultima scintilla di vita, gli avrebbe infine lacerato la gola facendolo affogare nel suo stesso sangue. Il mago del Chaos stava tornando e il mondo, afflitto da un pianto isterico di pioggia e lampi, lo sapeva bene.
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