Nel nome di Dio...è Dio che lo vuole!, Quest Jashin per Lovely.Panda

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view post Posted on 26/3/2014, 22:34     +1   -1
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Keigai guardò torva quella feccia d'uomo che aveva osato parlare. Come poteva, quella immonda massa di corpi urlanti, anche solo accostare a Watashi il termine divinità? Come potevano anche solo pensare una cosa del genere? Watashi non era un dio. Un dio non poteva farsi annientare dalla feccia umana. Un dio non poteva abbassarsi a raggiungere la mortalità umana, solo per avere più potere.
E cosa stavano facendo, ora, quegli stupidi umani? Denigrare a tal punto il potere, il volere di un dio per il loro semplice divertimento...
Stupidi idioti. Voi non sapete niente. Non capite niente. Perché siete feccia immonda...
Sibillò tra i denti, mentre squadrava il suo avversario con un'occhiata penetrante. Quei vermi schifosi volevano la morte? Bene, avrebbe fatto vedere loro cos'era la morte, ma no perché lo volevano loro, o il loro fasullo dio. Ma solo perché era lei, che lo voleva, e non per un semplice piacere personale..
Accompagna la mia mano, nel dare l'estremo dono... Mio Divino, donami la forza.
Pregò, invocando l'entità che lei considerava essere una vera divinità, quella stessa che il suo sensei le aveva insegnato a pregare, venerare, innalzare negli inni. Se avesse avuto la sua chitarra, gli avrebbe intonato inni, accompagnata dalle urla di dolore che avrebbe fatto uscire dalle gole di quelle bestie, ma senza... Avrebbe dovuto accontentarsi del cozzare delle lame, del sibilare del vento... ma le urla, quelle non le avrebbe fatte mancare... Non ci sarebbe stata la musica? Pazienza, avrebbe danzato, Per lui, e per lui soltanto.

Le lame non cessavano di ruotare nel loro moto circolare, sibilando mentre fendevano l'aria, senza trovare alcuna sosta, tenendo così a distanza il guerriero armato di lancia. Il più delle volte il suo avversario riusciva a schivare i suoi attacchi, ma con l'infusione del chakra nelle lame, riusciva, allungandone il taglio, a ferirlo, seppur superficialmente.
Digrignando i denti, Keigai rimpianse di non aver avuto a disposizione del veleno con cui intingere la sua arma. Non era tipo da usare quel genere di sotterfugio, ma li, dove non vigevano regole, se non quelle del più forte, una manovra del genere le avrebbe fatto notevolmente comodo. Sarebbero bastate quelle ferite, seppur superficiali, a destabilizzarlo e permetterle di ucciderlo con più facilità, ma lei veleno non ne aveva, e così doveva far uso solo della sua arguzia e della sua tecnica.
Doveva giocarsela bene, senza commettere alcun errore e, se era riuscita a capire bene che tipo di individuo aveva di fronte, forse sarebbe riuscita ad ottenere la vittoria dalla sua parte.
Finse di aver perso forza negli slanci, permettendo così al guerriero di schivare facilmente la piccola palla chiodata, cosa che, con sommo piacere di Keigai, gli fece credere di poterla avere in pugno, ma aveva fatto i conti senza l'oste.
Concluse la rotazione della falce puntandogliela dritto in faccia, cosicché da farlo spostare proprio nella posizione che lei voleva. A quel punto, il ritorno elastico fu inevitabile: mantenendo il cavo alla giusta inclinazione e tensione, la palla chiodata schizzò seguendo la direzione del cavo di fil di ferro, andando ad avvolgersi alla gola dell'uomo. Le bastò afferrare saldamente il cavo e strattonarlo, facendogli perdere l'equilibrio quel tanto che bastava per creare un varco nella sua difesa.
Seguendo il ritorno elastico, la falce ritornò in mano sua. Le bastò compiere una piroetta, dando slancio al cavo che teneva la falce. Il chakra che aveva incanalato al suo interno, insieme a quel movimento, ampliarono il taglio della lama così, seppur mantenendosi ad un paio di metri di distanza, o poco meno, venne a crearsi una folata di vento affilata, che andò a colpire in pieno il petto dell'uomo, versandone il sangue sulla sabbia rovente.
Era convinta di averlo in pugno, ora. Le sarebbe bastato tirare ulteriormente il cavo, così da poterlo strangolare, ma rimase schockata nel vedere lo sguardo ferino dell'uomo che, galvanizzato, aveva agguantato il cavo con quella sua mano enorme.
“Dannazione, era una trappola!”
Si rese troppo tardi Keigai. Il filo era in tensione, così all'uomo bastò semplicemente tirare il cavo a sé sfruttando la sua forza. Non riuscendo a resistere, Keigai incespicò, ritrovandosi a pochi passi dall'uomo. Vicino. Troppo vicino.
Il movimeno fu incredibilmente veloce, tanto da lasciare sorpresa la giovane diciottenne di Kumo.
Mentre lei cercava di sciogliere la corda dall'uomo, per potersi allontanare, lui aveva scagliato la lancia in avanti. La lama, lunga una trentina di centimetri, andò a tagliare il cuoio, lacerando la carne e parte del muscolo del fianco sinistro, facendole perdere il fiato per il dolore inaspettato. Gli occhi acquamarina si sgranarono, abbassandosi un attimo per guardare l'entità del danno. Riuscì a vedere solo il rosso del suo sangue sgorgare da quella lacerazione, che ecco che sentì qualcosa di duro colpirla in piena fronte.
Il guerriero aveva approfittato di quel suo attimo di distrazione per colpirla con una forte testata, per poi indietreggiare nuovamente, portandosi ad una distanza di sicurezza, lasciandola lì inebetita.
Nel vedere tutto quel loro sangue scorrere, la folla partì in un'ovazione euforica, stordendola.
Serrando i denti in una smorfia di dolore, Keigai indietreggiò di qualche passo...
La stilettata di dolore che le provocò la ferita la fece sussultare, rischiando di farla incespicare nei suoi stessi piedi...
Il dolore fisico era una cosa che non aveva mai sperimentato in vita sua, ne tantomeno aveva mai visto il suo sangue. Con mano tremante, si portò una mano alla ferita, gemendo leggermente nel sentire il bruciore che quel contatto, seppur lieve, le causava.
Gli occhi iniziarono ad appannarsi dalle lacrime, che non riusciva a ricacciare indietro, eppure non si staccavano dall'uomo che l'aveva colpita, che ghignava soddisfatto di come lei fosse caduta nel suo tranello...
Avrebbe dovuto infuriarsi con se stessa per essersi fatta fregare a quel modo, e invece pensava solo al dolore che stava provando. Forte, intenso, bruciante a tal punto da renderle difficoltoso anche solo muoversi di lato. La lama della lancia doveva aver reciso i fasci muscolari degli addominali medio-obliqui del lato sinistro e ora, anche solo respirare le causava una fitta atroce.
Era questo, allora, che provavano le sue vittime, quando le aveva colpite con la sua lama? In un certo senso, se l'era sempre domandato, e non si sarebbe mai aspettata una sensazione del genere.
Il cuore che pompava a mille, il respiro corto e accellerato, la sensazione di umido, dovuto al sangue che colava lungo il suo fianco.
Scostò le dita dalla ferita, vedendo come il cuoio nero fosse ora lucido, sporco del suo sangue, rosso scarlatto e caldo... Era un calore piacevole quello che provava, mentre il sangue caldo le colava fin giù, arrivando a toccare la pelle lasciata scoperta dal corpetto di cuoio... E rise. Rise in maniera isterica mentre si portava le dita alla bocca, succhiando avida. Sentì il sapore del cuoio mescolarsi a quello caldo e metallico del suo sangue scenderle giù in gola, facendola ridere ancora di più.
Le piaceva. Che lei fosse dannata, le piaceva maledettamente quel bruciore che le mozzava il respiro, le piaceva dannatamente sentire il calore del suo sangue mescolarsi a quello delle sue vittime. Perché avrebbe ucciso quel maledetto, ci sarebbe riuscita, ma solo perché voleva bearsi della sensazione del suo sangue sulla sua pelle.
Gli occhi accesi di un desiderio folle, si puntarono contro l'uomo che aveva iniziato a girarle intorno, osservandola indagatore, quasi volesse studiare quella strana creatura che aveva davanti.
A quanto pareva, sembrava che i ruoli si fossero invertiti. Se prima era Keigai ad assumere il ruolo di predatrice, adesso si ritrovava stretta in quel cerchio, ora preda, ma sarebbe stata una preda difficile da agguantare.
Completamente euforica, gli occhi si mossero frenetici, cercando di capire come trovare un modo per sfuggire al suo lento avvicinarsi, e fu allora che si rese conto della sabbia che aveva sotto i piedi.
“Vuoi giocare sporco? Bene... Allora giocherò anche io sporco...”
Sogghignando, iniziò a far roteare le sue armi, convogliando il suo chakra di tipo vento. Subito il dolore al fianco si fece sentire, ma quella sensazione di impedimento la galvanizzò ancora di più, facendole aumentare lo slancio con cui roteava le armi. E più aumentava la velocità, più aumentava il dolore, e più andava in estasi, ridendo sguaiatamente. E, in quel masochistico circolo vizioso, la velocità di rotazione, insieme al chakra di tipo vento che veniva sprigionato dalla giovane, si creò intorno alla giovane una forte corrente d'aria ciclica, tanto da creare intorno a se una sorta di turbine di sabbia, che avrebbe dovuto accecare l'uomo, gettandogli sabbia negli occhi. Ma Kegai non aveva ancora finito. Nascosta da quella coltre di sabbia – la cui idea le era venuta ripensando a quella ragazzina di Suna – iniziò a far andare contro l'uomo anche le sue armi, che sbucavano dalla sabbia per permetterle di spostarlo dove lei voleva. Ovvero in una posizione tale da sfruttare la luce solare.
Una volta raggiunto il punto adatto, Keigai asfruttò il riverbero del sole sulle armi per accecarlo ulteriormente.
Ed ecco che, finalmente, il momento proprizio arrivò. Vide l'uomo sfregarsi gli occhi, pieni di sabbia e accecati completamente dal riverbero della lama della sua falce e, a quel punto, seppe di avere la vittoria in tasca.
La palla chiodata si scaglò rapida contro la testa dell'uomo, preso completamente alla sprovvista. La lama di trenta centimetri che la sormontava andò a trafiggersi dritta in mezzo agli occhi, affondando nella carne e rompendo l'osso con una facilità tale da sembrare burro.
Il corpo dell'uomo rimase in piedi per una manciata di secondi, il tempo sufficente affinchè il piccolo ciclone di sabbia si disperdesse, ed ecco che Keigai, sfruttando il ritorno elastico, si avvicinò con uno slancio l'uomo.
Il fianco le causò un dolore straziante, ma l'urlo che le uscì di gola era di completa estasi. La lama della falce andò a recidere la pelle morbida della golla, tagliando tessuti, muscoli, ossa. Un fiotto di sangue scarlatto spruzzò in aria dalla giugulare recisa, imbrattando il viso della ragazza, che in quel momento non aveva alcunché di umano.
Gli occhi accesi da una furia cieca e primordiale, la bocca spalancata in un ghigno che fondeva la sua pazzia interiore con quell'esplosione orgasmica che provava in quel momento, mentre la lama recideva di netto la testa dell'uomo.
Con una capriola, si allontanò dal corpo decapitato dell'uomo, che per un attimo rimase lì, in piedi, a zampillare sangue come una macabra fontana ornamentale, per poi acasciarsi al suolo come un sacco vuoto e informe.
Col fiato corto, Keigai si portò una mano al fianco ferito, cercando di non andare in iperventilazione. Digrignando i denti, riuscì a tirarsi su per poi, con un movimento fluido del poso, riportare allo stato di quiete l'arma. La palla chiodata, come uno yo-yo, ritornò a lei e, ancora infilzata alla lama, vi era la testa del guerriero ucciso, gli occhi spalancati che ormai fissavano il nulla della morte.
Fece ruotare il cavo al suo fianco, ed ecco che, con uno slancio mirato, la testa si staccò dalla lama, lasciando dietro di se un arco di sangue. Il tiro fu mirato in maniera egregia, andando a colpire in pieno viso quell'ammasso di lardo che, stando al suo discorso iniziale, doveva essere il capo della baracca.
E gli occhi di Keigai, dopo aver vagato sull'intera folla, si puntarono feroci proprio su di lui. Volevano altro sangue? Bene, gliel'avrebbe concesso, ma sarebbe stato il loro, adesso, il sangue che avrebbe imbrattato la sabbia dell'arena. E, accompagnando il fendente della sua falce, creò una folata di vento tagliente. Bersaglio: quella feccia immonda chiamata uomo.
Volete altro sangue? Volete altra morte? Bene... VI ACCONTENTO SUBITO!!
E una risata maligna le uscì dalla gola, mentre quel nome riecheggiava nella sua mente come il ritornello di una canzone. Jashin. Jashin. JASHIN.

//Considera che ho seguito l'indole assetata di sangue e folle di Keigai. A differenza di Yumi, che generalmente si fa seghe su seghe mentali, Keigai agisce proprio come le bestie feroci, avventandosi senza pensare troppo alle conseguenze. Avrei potuto fare altro, scegliere la via più "subdola" dell'assecondare per poi creare trame di alleanza all'interno, ma non me la vedo proprio, Keigai, a fare na roba del genere XD Sarebbe un pò come far diventare Yumi Keigai e Keigai Yumi D:
E il bello di ruolarle è proprio questo: sono due pg completamente agli estremi XD //
 
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view post Posted on 28/3/2014, 15:31     +1   -1
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Quello che fece suscitò paura. Suscitò qualcosa simile al terrore: vedere la morte che gli arrivava in faccia proprio a loro che l'adoravano così grandemente. Stupidità umana. Keigai mosse la sua lama che andò ad impattare, in una fontana di sangue, sul collo dell'uomo. Strappò carni in un fiume purpureo, nube rossastra nell'aria che scese come un guanto ammantando i visi di coloro che si trovavano vicini con chiazze rossastre simili a fiori che si schiudevano.
L'urlo di una donna. Un bicchiere frantumata. Uomini che si alzarono impauriti, nudi con le loro virilità ancora erette. l paura nei loro volti. E poi il gong. Tenebroso. Possente. Aleggiò nell'intera arena e una risata echeggiò dopo di lui.

Dio ha parlato. Dio ha ricevuto due vite. Sarà giusto? Sarà sbagliato? Cosa dovremmo fare con lei? Vi ha divertito? Deve combattere ancora? Oh quante domande e quante poche risposte...

Occhi azzurri, capelli arruffati, una donna che gli mordeva un lobo di un orecchio, un altra succhiava la sua virilità. Un petto peloso e una voce bassa. Bassa e atonale. Occhi vacui una pelle diafana dove al di sotto si potevano vedere il'intricata ramificazione delle vene. La guardava e sembrava assente e quando il suo seme erruttò fuori si alzò. La sua virilità era ancora lucida e la guardò.

Te sei già morta... ma vorrei sapere perchè l'hai fatto? Guardati intorno...dove credi di scappare? Sempre che vuoi scappare... eppure lo hai fatto. Perchè? Spiegati.

Archi che si tesero, grate si sollevarono, picche baluginarono, e quegli occhi la dardeggiavano senza possibilità di appello. Mentre scese un silenzio rotto solo dal gorgoglio del sangue e dal suo ticchettare sulla pietra nuda.
 
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view post Posted on 29/3/2014, 19:48     +1   -1
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Gli occhi di Keigai scattarono subito, guardando frenetici in ogni direzione, cogliendo ogni luccichio delle armi puntate contro di lei. Che avesse esagerato, con quel gesto? Poco le importava. Quella feccia assiepata li meritava ben di peggio, a suo avviso, e le dispiacque non riuscire a menare qualche altro colpo alla folla urlante, terrorizzata.
Inneggiate la morte e poi avete paura quando vi è così vicina? Strani forte...
Bisbigliò tra se e se, mentre il suo sguardo si volgeva verso l'uomo che aveva appena parlato. Il solo vederlo le suscitò un disgusto mai provato prima, cosa che la portò ad odiare ancora di più quell'ammasso di carne e ossa che si dimenava sugli spalti. Odiava quella feccia umana e, se avesse potuto, non avrebbe esitato a sterminarli uno per uno, seduta stante.
Il fianco ferito, però, tirava dolorosamente, impedendole di muoversi come meglio preferiva e, ora, tutte quelle frecce puntate addosso non erano certo un incentivo a continuare il suo spargimento di sangue.
Davvero le stava chiedendo perché l'aveva fatto? Certo che erano davvero stupidi, oltre ce patetici.
Perché l'ho fatto mi domanda? Vi sono molteplici ragioni, che mi hanno spinto a compiere questo mio gesto. Voi chiedevate la morte, e io ve l'ho data. Dov'è il mio sbaglio?
Solo perché io uccido per un motivo che è diverso dal vostro, diverso dal vostro divertimento e sollazzo, ora vorreste uccidere me?
Stupidi uomini privi d'occhi per vedere e orecchie per sentire, ecco cosa siete.
Idolatrate un'entità, inneggiandola a divinità che non è, mostra quanto voi siate ciechi. Come può, un'entità che voi dite essere divina, essere annientata da niente e poco di meno che feccia? L'umanità è feccia, immondizia che non è nemmeno degna di prostrarsi ai piedi del Divino. E come può, allora, tale lerciume del mondo, uccidere una divinità? Semplice, quella non è una divinità.
Era potente, questo gli va riconosciuto, ma perché era uno strumento. Lo strumento posto in mani più grandi, per portare all'eliminazione della feccia nel mondo perfetto creato dal Divino.
Siete sordi al suo richiamo nel ritrovare la retta via?
Ma per voi, che idolatrate falsi dei, portando la morte per il vostro unico piacere personale, la salvezza non è concessa. La morte non è un mezzo per raggiungere il prorpio divertimento, ma uno strumento che il Divino concede ai suoi figli prediletti, per permettere la discesa del suo mondo, a distruzione di quello umano.
Un sorriso sadico si dipinse sul suo volto, mentre alzava le mani verso al cielo, in una sorta di mezzo inchino verso quel pubblico che di certo non meritava il suo spettacolo.
E io sono solo uno strumento nelle mani del Divino. Lui vuole che io uccida, e io uccido. E voi, voi siete solo altra feccia da eliminare.
E, così dicendo, iniziò a concentrare il chakra, pronta a fronteggiare un eventuale attacco.
 
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view post Posted on 31/3/2014, 15:14     +1   -1
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« Che belle parole...te saresti uno strumento? Allora vedremo che MUSICA saprai suonare...»


« Mostrami cosa sai fare e chissà...la morte non è che una finestra il tempo una porta...»


« KEIGAI!»



Una voce nella sua testa ma era particolare. bassa, troppo bassa, ma era anche tutta intorno a lei: era nel sangue che ticchettava, era nelle gole di quegli uomini e nelle loro urla, era nel suo respiro, era nel gong che sembrava non finisse mai nella sua testa.
Era lì ed era dentro di lei; aveva parlato eppure qualcos'altro si agitava nella sua mente. Frasi e quel nome, il suo nome, ripetuto come un gong. Ma mentre lei aveva queste parole in testa quella specie di sanguisuga la guardava ancora. le mani che si muovevano ritmiche, come se suonassereo, mani perfette curate, da pianista anche se la pelle diafana faceva intravedere le ramificazioni delle vene sotto la pelle. Fiumi bluastra e violacei, la lingua che schioccò mentre la guardava ancora..ancora...ancora.
occhi bianchi e inespressivi, fermi come la pietra e più bianchi del latte, vacui come una sottile linea di fumo che si diradava. Il tono di voce era come un muro.

Uno strumento?!

BLASFEMIA!



Un urlo proruppe da tutte quelle gole, tra denti marci, denti d'oro, sputacchi e viscide mani che tentavano di mostrarsi forti. E una mano bianco latte si alzò. Un solo gesto.


Silenzio...sembrerebbe che lei sia uno strumento. Se è così perchè non ci suoni qualcosa.

Un altro movimento e la grata si alzò. Nella penombra vi erano vecchi, donne, bambini e neonati che erano attaccati ai seni delle madri.

Suona! Loro sono le tue corde.
 
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view post Posted on 1/4/2014, 13:18     +1   -1
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Gli occhi acquamarina si spalancarono, ricolmi di stupore. Inebetita, Keigai su guardò perplessa intorno, cercando di celare a quelle centinaia di sguardi che la scrutavano il suo momentaneo disagio.
Quella voce che le aveva parlato... Così bassa e stentorea, labile e indefinita. Era tutta intorno a lei, tutta dentro di lei, riecheggiando lieve nella sua mente. Impalpabile e indefinita, come una leggera brezza primaverile che, lieve e soave, accarezza piacevolmente la pelle accaldata.
Da dove proveniva, quella voce? Che fosse uno scherzo di quei pazzi dementi, seduti li sulle tribune?
No, lo credeva molto improbabile, se non impossibile... Anche perché, quella voce eterea, le dava un certo senso di calma interiore. Non era per niente paragonabile a quello che l'altra voce le dava, che la lasciava sempre sulle spine, sempre in agitazione, sempre in fermente attesa.
Gli occhi della giovane Keigai si socchiusero, posandosi ora sull'uomo dalla pelle bianca... Bianca come la neve, chiarissima... Non sarebbe stata una cattiva idea, si ritrovò a pensare, tingerla di rosso. Di sicuro gli avrebbe dato più colorito...
Il rumore delle grate che si alzarono le fecero volgere immediatamente lo sguardo, che divenne perplesso non appena vide entrare uno stuolo di donne e vecchi, accompagnati da bambini e neonati , ancora attaccati ai seni delle madri.
Loro volevano che lei uccidesse loro?
Corde da usare per suonare uno strumento... Era così che li aveva definiti, quell'uomo.
Keigai abbandonò la posizione difensiva, perdendosi nello sguardo di quelle creaturine tremanti.
Bambini. Piccoli, innocenti, ancora ignari del mondo, ora erano li, davanti a lei, pronti ad essere sventrati per il piacere di quelle bestie immonde.
Negli occhi di uno di quei bambini, Keigai, in una sorta di dejavu, rivide se stessa, davanti al suo maestro. Era stato subito dopo che lui l'aveva presa con se, salvandola da suo padre.

Il petto sporco di sangue, i capelli chiarissimi, bianchi, macchiati di rosso. La sua mano grande e forte andò a pulirsi le labbra, lasciandosi sulla guancia una scia di sangue. Ai suoi piedi un corpo giaceva inerte, senza vita.
Lui le aveva detto di rimanere a casa, di aspettarlo li, ma lei non aveva resistito. Voleva sapere cosa faceva, ogni notte, lasciandola a letto, ed ora, aveva la risposta alla sua domanda. Uccideva, ecco cosa faceva.
I suoi occhi acquamarina scrutarono quelli scarlatti dell'uomo con una sincerità d'animo tanto intensa che, per la prima volta, l'uomo mostrò un certo imbarazzo, nel farsi vedere a quel modo.
Ora ucciderai anche me?
Gli domandò con una vocina esile e sottile, tipica di una bambina di soli sei anni, mentre stringeva le manine al petto. Avrebbe dovuto avere paura, quella bimbetta, eppure non tremò, anzi, gli si avvicinò ulteriormente, fermandosi solo quando gli arrivò di fronte.
Il suo sensei si inginocchiò, accarezzandole la folta chioma rosa con un gesto estremamente delicato e paterno.
Oh, mio piccolo coniglietto. Mai e poi mai potrei uccidere una creatura tanto delicata. L'essere umano è si una creatura ignobile, degna di marcire nelle profondità più infime degli inferi, ma i bambini... Oh no, mia cara, piccola coniglietta... I bambini sono una tra le cose più pure di questo mondo, sono ignari del marciume che li circonda. Finché sono così, ignari del mondo, è allora che bisogna insegnar loro la verità, istruirli verso la giusta via.
Keigai inclinò leggermente il viso, leggermente perplessa.
E qual'è la giusta via?
Che la morte è l'unico modo per purificare il mondo.


...L'unico modo per purificare il mondo...
Bisbigliò tra se e se, guardando uno per uno quelle piccole creature.
Non avrebbe mai potuto uccidere quelle piccole creature indifese... Eppure lei aveva ucciso dei ragazzini della sua età, durante il suo esame... Quanti anni aveva allora? Quattordici, forse...
”Loro avevano perso la beata innocenza...”
Ricordava bene il modo in cui l'avevano trattata. E quei bambini, che ora erano davanti a lei? Erano ancora innocenti?
Lo sguardo acquamarina si posò sull'uomo pallido, sorridendogli beffarda.
Non è lo spettatore a decidere quale strumento far suonare al musicista, sai?
Il suo chakra si spanse nell'aria, iniziando a manipolare l'aria intorno a lei, mentre iniziava a far roteare la sua arma.
Nuove folate di vento si sarebbero abbattute li dove Keigai aveva notato i luccichii delle armi: per primi avrebbe cercato di uccidere le guardie munite di archi e, nel caso avessero cercato di attaccarla, avrebbe provato ad intercettare le loro frecce con altrettante folate di vento. Dopodiché, sfruttando il taglio delle lame, amplificato dal chakra, avrebbe provato a colpire l'uomo bianco, ridendo in maniera sguaiata.
Battezzerò i bambini nel sangue, salvando le loro anime dal marciume della loro specie...
E sangue avrebbe versato, facendolo scorrere a fiotti, provando ad uccidere, che siano questi spettatori o prigionieri.
Avrebbe immerso i bambini nel sangue, fatto giocare loro con le interiora di quei vermi, indicando loro la vera via.
La razza umana meritava di morire per la sua ignobile esistenza e, sequei bambini l'avessero imparato, avrebbe reso loro esattamente come lei. Strumenti per trasmettere la volontà del Divino.
E avrebbe combattuto a cuor leggero, perché lei non aveva paura della morte.
”La morte è solo un passaggio verso la redenzione.”
 
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view post Posted on 4/4/2014, 12:25     +1   -1
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Hai sbagliato ancora... disse in un sussurro e si accasciò sui soffici cuscini mentre gli archi si tendevano. Funi e penne grigie e nere solleticarono le guance irsute delle guardie e volarono. Twang. Twang. Twang. Volarono come uccelli e si conficcarono nella sua carne. Certo molti li aveva ammazzati e i bambini erano chiazzati di sangue; sangue che colava e si mischiava al suo mentre le frecce si facevano largo tra i tessuti mordendo la carne, i nervi, i polmoni, il fegato: la schiena era come un puntaspilli e sangue ruscellava.
Ticchettava per terra mentre quella sanguisuga umana riprese a farsi succhiare l'uccello e a godere. A godere del sesso e della morte di Keigai e la vide contorcersi a terra, resistere, andare in ginocchio eppure sapeva che la fiamma della sua vita si stava affievolendo e svanendo.
Una fiamma che si spegneva affinchè quella di Watashi tornasse a risplendere. Aprì le braccia e portò indietro la testa e socchiuse gli occhi incurante della morte e dei suoi soldati che si avvicinavano a lei. Incurante che anche lui poteva morire.
Che cos'era la morte se non un ennesima porta che tutti dovevano varcare? La morte era il mistero e la paura che lo eccitavano dal profondo del cuore e quando Watashi si era presentato lui aveva desiderato l'immortalità.
Morire e rivivere. Superare la morte e trovare l'eccitamento ultimo di gabbarla in ogni secondo ed essere una contraddizione.
Nè morto nè vivo eppure tutti e due. Eppure Watashi era morto, o svanito, e lui era così annoiato e così deluso da non essere stato prescelto nè di aver ricevuto quello che più lo eccitava. Ah com'era annoiato anche da quella ragazzina; a dirla tutta da tutti e poi sentì come qualcosa aprirsi nel suo petto.
Sangue ne ruscellò e freddo acciaio spuntò dal suo petto mentre la morte era intorno a lui e i suoi occhi videro un ombra enorme. Ali nere e oscure parole. In una lingua che era come un gorgoglio, come un ruggire, aspra e terribile ed ora la sentiva mentre una falce prendeva la vita di tutti loro: staccare teste, aprire squarci nel petto e quell'ombra con la falce...la morte forse? La morte era tra loro? Una falce a tre lame, sangue su di essa, morte in ogni dove e un oscuro simbolo venne tracciato col sangue. L'ombra era un uomo che uccideva dal corpo nero con striature bianche all'incirca nella stessa posizione delle ossa che gli davano un aspetto inquietante. La morte o uno shinigami era? Le urla, il simbolo di un triangolo fatto col sangue e un ombra eterea, spettrale sembrava provenire da lui stesso: ingigantendosi e prendendo un aspetto e corpo. Immane e oscura: un gorgo di vortici neri e di nere presenze.
Ma lei ormai stava morendo e quella falce schizzò su di lei affondando nella sua gola e vide chi la manovrava: Yoren J'Har.
La morte aveva preso chiunque e lui stava lì leccando avido il sangue, guardandola e risentì quelle parole nella sua testa più vivide che mai e sembrò che quell'enorme ombra stesse su di lei.

« Che belle parole...te saresti uno strumento? Allora vedremo che MUSICA saprai suonare...»


« Mostrami cosa sai fare e chissà...la morte non è che una finestra il tempo una porta...»


« KEIGAI!»




« Nell'ultimo istante cosa cerchi?»


« Il sangue è vita e morte.»


« Tu cosa scegli? KEIGAI!»




Sussurri queste parole. E lui si avvicinò e quell'ombra lo avvolgeva e prese forma di un oscura figura ammantata di terrore e morte. Lamenti intorno ad essa e le anime dei presenti venivano risucchiate da lei sparendo.
Strano che "la sanguisuga", quell'essere deplorevole, stesse provando un piacere indescrivibile a sparire così. In tutta la sua vita si era sollazzato venerando la morte, cercando di farsela alleata in un oscura trama di pazzia e morte e adesso finalmente moriva e capiva che non vi era nulla. E provò paura perchè capì che stava scomparendo. Un attimo durò quella consapevolezza mentre da quella figura si aprì una voragine ruggente fuoco e mille mani afferrarono le anime trascinandole all'interno in un oscuro vortice di violenza e sopraffazione. non era la morte che lei pensava. Così come lui e quella consapevolezza deformò il suo volto attaccandosi, aggrappandosi a qualsiasi cosa. Resistendo per non cedere perchè ora voleva di nuovo vivere. quello non era watashi come aveva pensato ma qualcos'altro di ancora più oscuro e potente. Il terrore si impadronì di lui e un rombo sordo, simile ad acciaio che si spezza, riecheggiò tra quelle mura quando l'ultima anima svanì.
Una risata? Era più un gorgoglio rauco e profondo ma assomigliava ad una risata. E lui la guardò: Yoren era sopra di lei guardandola.

Stai morendo. Ma il mio signore mi dice che quest'uomo deve lasciarti a lui. Quest'uomo non può offrire la tua anima a lui ma te sola puoi scegliere se darla.
Vuoi dargli la tua anima? E restare viva per sempre? Vuoi inchinarti a Jashin o morire?



« Mi hai cercato ora sono qui! Cosa scegli?!»




//Se scegli di morire e abbracciare jashin morirai del tutto. Da qui si deciderà un pò tutto se continui o meno. A te//

Edited by Wrigel - 4/4/2014, 14:26
 
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view post Posted on 4/4/2014, 16:28     +1   -1
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La morte non mi fa paura.
Un sussuro, perso in un alito di vento. Il tempo di un battito di ciglia e fu il caos. Le sue lame di vento si abbatterono sui presenti, sulle guardi che la tenevano sotto tiro, mentre una prima, una seconda, e una terza freccia venivano scoccate.
Il freddo metallico delle punte delle frecce la fece rabbrividire di piacere, mentre vedeva come le sue, di lame, sgozzassero quei vermi.
Una gola venne recisa, e una freccia le si conficcò nella coscia. Un braccio venne mutilato, e una freccia la colpì alla spalla. Un ventre venne squartato, e una freccia finì nel costato.
In un turbine di lame di vento, le frecce caddero su di lei come pioggia, forte e scrosciante, schizzando ogni dove di quel rosso scarlatto che lei amava tanto.
Il dolore arrivò immediato, così come immediata fu l'eccitazione che questo le causava. Il calore del suo sangue, che le scorreva piano sul cuoio, si mescolò a quello delle vittime che aveva appena ucciso. Con un grido si strappò dal costato la freccia, serrando i denti per la fitta di dolore e il soffocamento che ne seguì.
Una altra folata di vento, altre vite recise, e altre frecce si abbatterono su di lei. E rideva, rideva divertita, come mai le era successo nella sua insignificante vita.
Una freccia andò a colpirla al petto, forandole un polmone. Subito sentì in gola il sangue soffocarla, la cassa toracica bruciarla e contrarsi allo stremo, impedendole di respirare... Eppure il sorriso non venne via dal suo volto pallido, gli occhi folli che cercavano altre vite da poter spezzare, altra feccia da poter eliminare. E una folata di vento, creata dallo slancio della sua arma, morì prima ancora di nascera, nell'esatto istante in cui una freccia le trapassò da parte a parte il bicipide destro.
L'arma le scivolò di mano, cadendo nella sabbia impregnata di sangue... E, in quel lasso di tempo, tutto parve fermarsi, cristallizzare in quel momento finito.
Gli occhi acquamarina si abbassarono, spalancandosi sorpresi nel vedere quante code piumate svettavano oltre il cuoio nero che ricopriva le sue membra. Quante frecce... Eppure, non aveva sentito dolore, quando queste l'avevano trapassata... Merito dell'adrenalina che le scorreva senza sosta nelle vene? Di quell'euforia selvaggia che la galvanizzava?
Non sapeva darsi una risposta, eppure, gli occhi non smettevano di guardare quelle frecce, come il sangue ruscellasse fuori, macchiandone le aste piumate. Venne scossa da una colvusione, mentre cercava invano di respirare, rendendosi conto della freccia che, spuntando oltre il seno, le aveva fatto collassare un polmone. Un rantolo soffocato le uscì dalla gola, mentre un rivolo di sangue andava ad imperlarle le labbra, colando giù, seguendo la curvatura del mento.
La gamba sinistra cedette di schianto, piegandosi sotto il suo peso e facendola cadere in ginocchio. Quel movimento rapido le procurò un bruciore intenso, che investì completamente il suo corpo, facendola tossire convulsamente, sputando sangue sotto di lei.
Era strano, non riusciva a sentire più niente... Il mondo intorno a lei le pareva completamente ovattato, i rumori le giungevano confusi e indistinti, mentre la vista iniziava a diventare sempre più debole, offuscandosi. Però, nonostante stesse perdendo lentamente lucidità, ai suoi occhi non sfuggì quel lampo rosso, seguito da quell'ombra scura.... Il cuore di Keigai, già debole, ebbe un sussulto inatteso, mentre la giovane cadeva di lato, incapace, ormai, di reggersi ancora in piedi. Le ultime gocce di adrenalina ancora in circolo, in lei, le premisero di mettere a fuoco ciò che stava avvenendo sugli spalti, cosa che le spese comunque gran parte delle sue energie residue.
La mano si sollevò, tremante, verso quell'ombra che danzava, creando intorno a se arabeschi di sangue scintillante.
Calde lacrime iniziarono a formarsi agli angoli degli occhi, scivolando poi di lato su quel volto di porcellana. Era lui. Era finalmente riuscito a trovarlo.... La mano che vegliava su di lei da quando era nata, l'ombra paterna che da sempre l'aveva accompagnata, la voce che nella solitudine l'aveva rincuorata. Quell'ombra nera dagli occhi scarlatti era lì, davanti a lei... Quanto avrebbe voluto rimanere ancora al suo fianco, seguire ancora i suoi passi... Piena di rammarico, Keigai serrò i denti, nel tentativo di rialzarsi, ma non riuscì nemmeno a mettersi supina, troppo debole e stremata.
Per la prima volta, Keigai ebbe paura, paura di non rivederlo più, di non sentirlo più al suo fianco.
”Che sia questa, la morte? La paura di rimanere in eterno da soli?”
Si domandò, mentre dei passi le rimbombarono in testa. Erano l'unico rumore che sentiva, oltre al gocciolare insistente del sangue che colava via dai corpi ormai vuoti e privi di vita.

« Che cosa cerchi... »

Gli occhi acquamarina si persero nel guardare l'ombra che la sovrastava... Jashin. Eccolo, allora. Era quello il nome del Divino.
Fu con uno sforzo immane che riuscì a tirare su le spalle, mettendosi per un attimo dritta. Aprì bocca per rispondere, ma un nuovo conato, unito alla tosse, le smorzarono l'aria in gola, facendole lacrimare ulteriormente gli occhi.
Io... Io non chiedo altro, se non... Se non continuare a rimanere al tuo fianco. Vita o morte, non fa alcuna differenza, se tu sei accanto a me...
Emise con un filo di voce, per poi soffocare le ultime parole con un colpo di tosse. Schizzi di saliva e sangue le impiastricciarono il viso, colando lungo la guancia e mescolandosi con le sue lacrime. Non parla a Yoren, ma direttamente a quella voce che le riecheggiava nella testa, direttamente al Divino Jashin.
”Io sono la tua serva. Accada di me quello che vuoi...”
E, con quel pensiero, si affidava completamente a lui. Anima, corpo, cuore. Tutta se stessa, ora, gli apparteneva. A lui soltanto, decidere, cosa farne.
 
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view post Posted on 8/4/2014, 13:23     +1   -1
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Un solo e preciso movimento e la testa venne spiccata dal collo. Col sangue Yoren disegnò per terra un triangolo inscritto in un cerchio adagiandoci sopra il cadavere di Keigai e ponendo la sua testa sul grembo. L'ombra oscura vorticò sempre di più.

Cos'è la morte? Cosa c'è al di là dell'ultimo velo? Keigai si stava accingendo ad oltrepassare il velo di nebbia che oscurava il più grande segreto della vita. La morte però era come se fosse lontana in un mondo dove i confini della vita si mischiavano e i colori erano di un rosso accesso.
Intorno a lei ancora una volta quella voce proruppe e gorgogliò. Era come un cozzar di lame e il buio si disintegrò con un rumore sordo e acuto che le fece sanguinare le orecchie e fece male. male alla sua anima e sotto di lei si aprì una voragine: tentacoli, mani, urla e grida. Ghiaccio e fuoco. Lamenti e disperate imprecazioni. Un vortice caleidoscopico come un nero pozzo che si apriva su un abisso infernale, come un imbuto che scendeva sempre più in basso e dove la tenebra regnava fitta. lei venne risucchiata e venne a trovarsi sempre più giù, sempre di più. la sua anima veniva lacerata da quelle mani che tentavano di afferrarla, da quei tentacoli che tentavano di ghermirla e stritolarla. Era davvero questa la morte?
Questo attendeva gli uomini? Tutti gli uomini? E su un trono di teschi, grondante sangue, viscere e merda vi era qualcosa o, meglio, qualcuno. occhi fiammeggianti, una mano che stritolava un anima, oscura massa nera imponente che sembrava un uomo. Alto era e male dilagò da lui mentre afferrava un anima e la divorava e rise. rise di gusto mentre la divorava sollazzandosi dei suoi lamenti, accrescendo la sua malevolenza e la sua cupidigia.
rise e tutto scomparve. Era di nuovo sola e vi era qualcosa accanto a lei: baluginio d'acciaio, splendette nell'oscurità. Una falce si mosse nell'aria, mani delicate e soffici, dita da pianista e una pergamena nell'altra. Una voce che era piacevole e un sussurro leggero che sembrava provenire dalle profondità dell'anima di Keigai.

Sei nei miei domini eppure non sei morta.

« Lei è mia!»



Tu non puoi avere nulla. Deciderà lei...le conversazioni con te mi annoiano.

« Perchè sono l'unico che può rivaleggiare con te»



Una risata agghiacciante.

Sei patetico. Ma sarà lei a scegliere... la guardò intensamente. Jashin e la Morte si contendevano un anima ma quale sarebbe stata la scelta giusta?
 
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view post Posted on 9/4/2014, 21:47     +1   -1
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Che cosa può essere, la morte? Come la si vive? Come la si affornta? Cosa ci si deve aspettare quando il cuore smette di battere, quando i polmoni cessano di riempirsi d'aria, e l'anima si libra nel cielo, su un ultimo soffio di fiato? L'uomo, su questo, era decisamente ignorante, mai avrebbe potuto sapere cosa l'avrebbe atteso. E Keigai era decisamente una di questi.
Come si fa, allora, a compensare questa lacuna, questa mancanza di informazioni? Si fanno congetture, si fantastica su come questo possa essere. Eppure, da una cosa, queste congetture, erano occomunate. La solitudine.
Quando muori, muori da solo. Rimani da solo. E Keigai lo stava scoprendo con estremo rammarico.

Privati di corpo, si pensa che l'anima salga verso l'alto. Per lei, invece, non era così. Precipitata in un baratro oscuro, privo di luce, camminava in mezzo alle tenebre, stringendosi le braccia al petto per cercare un minimo di calore. Perché, in quel mondo di tenebra, lei era un anima in pena. Perché era stata abbandonata, lasciata da sola. Abbandonata dalla sua famiglia, dal suo maestro, dal suo Dio...
E, tra le tenebre, spiragli di una vita passata scorrevano dietro di lei, davanti ai suoi occhi, mentre continuava a camminare senza meta. Una neonata stretta tra le braccia di una madre, piccola speranza di una vita felice. E poi quell'abbraccio farsi sempre meno stretto, privandola del suo calore. E la neonata crebbe, diventando una piccola bambina. Lasciata da sola, perché troppo strana per giocare con gli altri bambini, troppo cattiva per poter godere ancora del calore dell'abbraccio di una madre... E quel film continuava a scorrere così, mostrandole quanto la sua vita fosse stata solitaria, infelice, priva di alcun calore... Esattamente come la sua morte.
Perché tutti l'avevano abbandonata? Perché l'avevano lasciata sola? Non aveva mai chiesto nulla, nella sua inutile vita, se non questo: non essere lasciata sola, avere qualcuno che l'amasse, che la riscaldasse col proprio calore... Non necessariamente fisico, ma anche solo spirituale... E cosa avevano fatto? L'avevano abbandonata... Era la storia della sua vita, e calde lacrime amare scivolarono lungo gote prive di consistenza... Come avrebbe fatto, ora? Cosa avrebbe fatto? Avrebbe continuato a soffrire così? Non poteva accettarlo, non riusciva ad accettarlo...
Keigai...


Non c'era più nulla per lei, se non quel mondo di tenebra, fatto di solitudine e dolore...
Ti dispiacerebbe ascoltarmi?
Tra le tenebre qualcosa, nel film della sua vita, le fece volgere lo sguardo, mentre continuava il suo lento pelegrinare.

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Gli occhi slavati della donna fissarono quelli di un enorme leone di peluche, che a sua volta la scrutava, quasi a rimproverarla, per quel suo atteggiamento tanto remissivo e pessimista.
Sapeva bene, Keigai, chi fosse quel leoncino tanto tenero che la scrutava... Shishi, il suo sensei, l'uomo che, da quando aveva lasciato i genitori, l'aveva cresciuta e amata quanto una figlia, dandole tutto il calore che mai avrebbe sperato di ricevere da un essere umano. E rivedeva quei loro momenti passati insieme, la gioia infantile sul suo viso da bambina, gli occhi acquamarina illuminati solamente quando stava insieme a lui, quando sentiva il calore della sua mano stretta nella sua manina.
Dici che non c'è verso che tu
riesca ad amare qualcuno,
però vuoi che qualcuno ti ami.
Un passato immutabile ti perseguiterà per sempre,
e non potremo andare ovunque,
né io né te.
Dio ci indicherà sempre la giusta direzione....
Che fine hai fatto, Dio? Ehi?
Nessuna risposta, è sempre così.
Il suo cuore era straziato dal dolore, alimentato da quella solitudine. Perché lui non era accanto a lei? Perché il Divino le aveva voltato le spalle, lasciandola completamente da sola?
Implorava, lei, che qualcuno ci fosse... Il suo sensei, per esempio, o anche solo il Divino, quella voce che dalla nascita l'aveva accalorata spiritualmente...
Ci sei ancora?
Perché mi hai lasciato da sola?
Un altro passo, l'ennesimo che faceva, e il vuoto si aprì sotto di lei, senza che se ne fosse accorta. Le tenebre si aprirono, inghiottendola come acqua scura e fredda, facendola precipitare in fondo all'abisso, mentre il ruggito di Shishi riecheggiava intorno a lei.
Non camminerai mai da sola.
Andrò con te,
e qualunque sia la tua colpa
la porterò io per te.
Andiamo verso un luogo
a cui nessuna strada conduce.
Insieme con te.
Di che razza di posto stai parlando?
Non capiva, non riusciva a capire, e forse mai avrebbe compreso...
Può Dio decidere dei nostri destini?
CHI DIAVOLO E' DIO!?
Provava solo rabbia, adesso. Una grandissima rabbia che le stritolava il petto, mentre scendeva sempre più giù, mentre quel peluche a forma di leone galleggiava davanti a lei, verso l'alto, allontanandosi inesorabilmente da lei.
Cos'è il destino, Keigai?
Quante domande, troppe per lei, che di domande ne aveva mai fatte, se non una. Perché le toccava tutto questo?
Vieni qui,
sfiorami e baciami.
Hai detto che ti sarebbe piaciuto
rendere tutto più assurdo, ricordi?
Un giorno moriremo tutti,
ma proviamo a dimenticarlo,
e crediamo solo alle cose certe.
Ma di certo, ormai, che cosa mi è rimasto?
La risata cristallina del leone le scese calda, raggiungendo il suo cuore, che ebbe un sussurro.
Dio, le persone false dicono
che gli uomini sono forti,
ma è solo una bugia.

C'è possibilità di cambiare il destino?
Io vorrei cambiarlo, e tu, mio piccolo coniglietto?
Dovrai mostrare di essere forte, per riuscirci.
Non sei d'accordo?
Una brezza leggera scompigliò una folta chioma, candida come la neve, che incorniciava occhi splendenti come rubini.
I suoi passi riecheggiarono nel nulla, la sua voce, così chiara e cristallina, le fece salire le lacrime agli occhi. Quanto tempo aveva atteso, prima di risentirlo... Era davvero lui?
Io resterò con te.
Stringimi
tra le tue braccia
con tutta la forza che hai.
Non aver paura,
è tutto a posto, ci sono io accanto a te.
CAUGw8i
E, dopo anni di lunghe assenze, i loro sguardi si incrociarono di nuovo. Occhi di rubino riflessi in acquamarina, splendidi come gioielli. E la luce tornò a risplendere nello sguardo della donna, mentre la mano di Shishi si protendeva verso di lei.
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Sono qui.
Sensei, ci incontriamo di nuovo.

Di nuovo quel calore stretto nella sua mano... Per quanto tempo le era mancato? Troppo, eppure ora che le loro mani erano di nuovo intrecciate l'una nell'altra, sentiva di non averlo mai perso, quel calore, di averlo sempre serbato nel suo cuore. Allora, forse, non era sola....La mano, però, perse la presa, e lei iniziò a precipitare sempre più velocemente, sempre più giù, sempre più lontano da lui.
No, non voleva staccarsi da quel calore... Non voleva lasciarlo!
Gli occhi sgranati dal terrore, iniziò a dimenarsi, tentando in ogni modo di rallentare quella caduta senza fine.... Ma lei accelerava, cedendo sempre più velocemente verso il fondo dell'abisso. Aveva una fine, quell'abisso di tormento?
Che fosse davvero quello, il suo destino? E gli occhi si chiusero, serrandosi con forza, mentre un leoncino di peluche si precipita nel vuoto, le braccia paffute protese verso di lei.
Io lo cambierò Keigai!
La discesa rallentò, gli occhi si spalancarono, ed eccolo di nuovo li, a sorreggerla con le sue braccia forti. Era così bello risentire ancora il suo calore, il suo profumo....

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Non camminerai più da sola.
Verrò con te
e qualunque sia la tua colpa
la porterò io per te.
Resterò insieme a te.
Stringimi
tra le tue braccia
con tutta la forza che hai.
Non esistono cose
che non si possono desiderare.
Dimostrati forte
e desideralo ardentemente.
Solo così cambierai il tuo destino.
Le loro mani si strinsero nuovamente, mentre il capo si posava sul petto di Shishi. Davvero bastava solo desiderarlo? Davvero poteva cambiare il suo destino?
Lo cambierai, ma solo se lo vorrai.
E lei lo voleva, voleva cambiare quel suo destino fatto di solitudine, e ci sarebbe riuscita!
Il calore della sua mano si irradiò in ogni fibra impalpabile del suo essere, facendola bruciare fin dentro le ossa, diventando fulgida e radiosa. Radiosa come il calore di chi le voleva bene....

E le tenebre svanirono, ricacciate dalla sua luce. Un cielo azzurro sopra di lei, il suo sensei a tenerla stratta tra le braccia.
Io lo voglio. Voglio cambiare il mio destino, e rinascere a vita nuova.
Un tenue e dolce sorriso, come mai gliene aveva visti sul volto, illumino il viso dell'uomo, mentre il suo spirito si sfaldava in tanti piccoli frammenti luminescenti, che iniziarono a volare sospinti dal vento. Frammenti di anima che volavano come farfalle.
Bene! Abbi cura di te allora, e ricorda... E non sarai mai sola.
Sussurrò infine Shishi ad una piccola farfalla che, incerta, volò via dalle sue mani....

QrEfB19

Ma come avrebbe fatto, quella leggiadra farfalla, a sopravvivere alle tenebre dell'abisso, così, tutta da sola?
Le ali sbattevano, sfruttando ogni minima corrente, cercando di sgusciare via dalle mani che volevano strapparle le ali. Non demordeva, non desisteva, e se una mano la agguantava, sentiva una forza nuova darle lo slancio per allontanarsi...
Sei pronta a cambiare il tuo destino?
Era tornata. La voce del Divino era tornata a riscaldarle il cuore, la sua mano a darle la forza per continuare quella ascesa, o discesa, verso il compimento della sua sorte... E poco le importava se quelle mani lerce le strappassero le ali, facendola vacillare. Non avrebbe ceduto, avrebbe continuato... Perché ora, finalmente, non era più sola.
1CEleIO
E in un turbinio di sete rosse, scarlatte come il sangue, Keigai si adagiò, e gli occhi acquamarina scrutarono ciò che la ostacolava al compimento del suo obbiettivo. La Morte era l'unico ostacolo che le impediva di rinascere alla nuova vita che aveva sempre desiderato, e nulla l'avrebbe convinta a lasciarsi andare ai suoi capricci.
Dammi la tua mano, e diventa MIA.
Il braccio si stese e nella sua mano apparve una falce, rossa come le sue vesti.
Cambierò il mio destino, niente più solitudine, niente più dolore. Rinascerò a vita nuova e TU sei il mio ostacolo da sormontare.
Occhi furenti si posarono sulla Morte, il corpo pronto a scattare.
Avrebbe sconfitto la Morte. A qualsiasi costo.


//Per una migliore comprensione del mio post, si consiglia la visione del video della song usata come soundtrack... EGOIST, mia musa *-* //
 
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view post Posted on 13/4/2014, 13:25     +1   -1
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Non dovresti fare una cosa del genere… La lama della falce sembrò brillare di un oscura e intensa luce: come una preziosa gemma del mondo dei morti.

Nei miei domini. Parò il suo attacco con semplicità assurda e con altrettanta semplicità la falce tagliò l’aria. Un attacco che non la ferì…perché come si poteva ferire un anima? Eppure ora si sentiva strana: come se fosse in un luogo non suo, come se la sua presenza fosse un virus, come se lei fosse un intrusa.
Jashin vorticò ma la falce si mise sulla sua traiettoria e da sotto il cappuccio, il sorriso come una lama di pugnale della morte.

Ti ricordo che tu non hai potere…mangiacarogne! Jashin era fermo, i suoi occhi dardeggiavano la morte, sprizzavano furia eppure rimase fermo schiumando rabbia e odio. Ma nulla di tutto questo importò alla Morte che lo guardò ancora mentre lei spariva del tutto.

Gli esseri umani sono patetici. Appena gli prometti l’immortalità si piegano eppure non sanno cos’è la morte. Te sei solo uno schifoso burattinaio e tra tutti i kami te sei quello più basso e infido….sfrutti la paura della morte e degli uomini. Ma forse non sanno quanto te vali poco o nulla.

« Non dovresti parlarmi così mia cara. Io do una possibilità. Libero arbitrio ricordi?! Sei te che hai sbagliato…quell’anima…»



La morte lo guardò e la falce ticchettò sulla sua spalla mentre lui si gettava in quel vortice nero che risucchiava l’anima di Keigai facendola sprofondare nel mondo del nulla. La morte vide quel Dio tanto umano e fasullo e sorrise: sorrise per pietà di un anima che avrebbe conosciuto la morte ma solo tra qualche tempo.



« è MIA!»





Come ogni giocattolo anche lei sarebbe stata usata e la gloria di Jashin l’avrebbe abbandonata. A volte si chiedeva quando lei era diventata così temuta, così maledetta.
Eppure in guerra una parte infinitesimale di lei aveva provato a fare qualche cosa…ahimè scarsi risultati.
L’essere umano avrebbe capito quando si sarebbe trovato di fronte lei: spogliato di tutto, nudo anima e corpo, e i suoi occhi finalmente avrebbero visto, le sue orecchie sentito. E chissà forse anche un sorriso – come succedeva molte volte – sarebbe comparso su quei volti.
Perché un verde paesaggio, sotto una lesta aurora, si aprì dietro di lei: per alcuni erano i Campi Elisi, per altri il Paradiso, il Nirvana e moltissimi altri nomi ma per lei quello era solo ed esclusivamente casa.
All’ultimo tutti lo comprendevano sempre che non vi fossero all’opera simili Kami o presunti tali.



I suoi occhi si aprirono. Il mondo. Vita. Cuore che batteva, il tatto, lo sguardo sulla devastazione e sulla morte e lei, che prima era morta, ora era viva e guardava Yoren dritto in quel viso dai tratti sorridenti.

Quest’uomo è felice che il mio Dio ti ha accettata. Ora fai parte di noi… di lui.

Sul suo petto vi era un triangolo equilatero inscritto in un cerchio.

Ora risorgi! Tutto è pronto e dimostra la tua fedeltà a Jashin. Uccidi con quest’uomo.

Quel simbolo pulsava e sembrava che qualcosa premesse dal suo interno per uscire fuori. Mentre intorno a loro le grida, il clangore delle armi e delle corazze si faceva sempre più forte…sempre di più.
Le guardie stavano arrivando…


//Puoi descrivere la tua arma. Hai massima libertà anche di usare lo spunto che ti ho dato oppure altro. Durante la battaglia con le guardie scoprirai che sei diventata immortale.
A te la palla.//
 
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view post Posted on 15/4/2014, 11:02     +1   -1
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Strano come, ottenere certe consapevolezze di se, ti lasciasse alquanto inebetito, in preda ad una enfasi mistica. Quella ribellione verso la solitudine, verso il suo destino, verso la Morte la galvanizzava a tal punto da renderle estremamente euforica, sensazione che mai aveva provato prima. Aveva da sempre vissuto nella più totale apatia, nella completa privazione di stimoli, ma ora si sentiva sovraccarica, una bomba pronta ad esplodere, e quella strana sensazione la preoccupava non poco. Perché era una sensazione sconosciuta, e tutto ciò che lei non conosceva, la spaventava... Un po' come, quella volta, aveva assistito Yo-chan combattere in groppa di un gigantesco serpente a tre teste....
Col cuore che le batteva a mille per l'adrenalina, gli occhi acquamarina di Keigai si posarono sulla Morte: una lunga falce era apparsa anche nella sua mano, nera come la notte, pronta a mietere la sua anima. Spinta da quell'impulso irresistibile che le faceva vibrare la pelle, non ci pensò due volte a scattare, pronta ad intercettare il fendente nemico, eppure... Il colpo non la raggiunse, ne il suo fendente andò a segno, eppure sentiva che qualcosa stava cambiando, dentro di lei e intorno a lei. Il cosa, però, le sfuggiva....
Spaesata, cercò di capire cosa stesse succedendo, ma calde braccia l'avvolsero, trascinandola via di peso, inghiottendola in un vortice di tenebre che l'avvolsero, soffocanti come una calda coperta di lana in estate. La gola le si seccò, incapace di proferire alcun suono, eppure non aveva paura, perché senti quella calda presenza sempre al suo fianco. Era quella la sensazione più meravigliosa che avesse mai provato: il senso di completezza, l'aver trovato finalmente qualcuno a cui appartenere... Mi casa es tu casa. E lei, finalmente, l'aveva trovata. Nulla a che vedere con splendide terre lussureggianti. Solo lui e il suo caldo abbraccio. Solo lui. Solo Jashin.

Gli occhi le bruciavano, mentre le palpebre sbattevano frenetiche nel tentativo di reidratare i bulbi irritati. Una mano si alzò, andandosi a posare sul viso, imbrattato di sangue e sporco di polvere. Cosa stava succedendo, dov'era finita, adesso?
La prima cosa che il suo corpo percepì fu il calore arroventato della sabbia sotto di lei, insieme ad una leggera vibrazione del terreno...Stava sopraggiungendo qualcuno e, a giudicare dal rumore in sottofondo, erano guardie.
Qualcosa entrò nel suo campo visivo, ancora leggermente offuscato. Un viso dai lineamenti eleganti, morbidi capelli rossi striati di bianco... Lo riconobbe all'istante. Era Yoren. Eppure non fu questo che la sorprese più di tanto: non appena i suoi occhi incrociarono i suoi, il cuore le balzò nel petto, mentre una sensazione di calore la riscaldava dall'interno. Fratello. Come lei, così anche lui aveva donato la sua anima a Jashin. E, come lui, adesso anche lei faceva parte della loro famiglia, la stessa a cui apparteneva Shishi, il suo maestro.
Facendosi aiutare, si alzò su gambe leggermente traballanti, gli occhi che scrutavano il suo corpo come se fosse stata la prima volta che lo vedesse. Era una sensazione strana, come se, prima d'allora, non si fosse mai accorta di quella zavorra che si portava appresso, fatta di ossa e carne.
Memore delle tribolazioni subite poco prima, subito si piegò ad osservare il fianco ferito e... Gli occhi le si sgranarono per lo stupore, la bocca spalancata nel constatare che la ferita si era rimarginata perfettamente. Ancora vagamente perplessa, volse nuovamente lo sguardo a Yoren che, adesso, le porgeva qualcosa. Non appena riconobbe l'arma che aveva in mano, gli occhi le si riempirono di lacrime di gioia. Era la sua Shinoto, la suonatrice di morte, eppure era diversa, adesso. Serbava ancora la sua classica struttura, eppure ora, invece di una singola lama, ne aveva tre, cremisi e scarlatte come il sangue. E allora fu certa che, adesso, tutta se stessa apparteneva a Jashin.
Con mano tremante, piena d'emozione, afferrò l'arma. Si stupì di quanto la sentisse leggera, paragonabile quasi ad un prolungamento naturale del suo corpo, e non un corpo estraneo a lei.
Finalmente completa, un macabro sorriso si dipinse sul suo volto di porcellana, mentre saggiava la presa della sua ritrovata compagna.
Sarà per me un grande onore accompagnarti in questo compito, fratello. Epuriamo questo posto dalla feccia, inondiamolo col sangue, e facciamo risorgere all'eterna gloria del nostro Signore.
E, senza aggiungere altro, scattò, diretta verso i primi uomini che le venivano contro. Era uno spettacolo macabro e affascinante, vederla combattere. Nell'aria un'agghiacciante melodia riempì gli spalti, sovrastando le urla dei presenti, facendo gelar loro il sangue nelle vene. Perché, nel profondo del loro animo, sapevano che quello non era una normale melodia... Era il canto della morte e, quella donna, la sua esecutrice. Ogni nota era accompagnato da un fendente mortale; ogni vibrazione di corda anticipava il ruscellare di un fiotto di sangue caldo.
Fermarla era inutile: ogni colpo che riceveva, le procurava un piacere disumano. La sensazione di bruciore dei muscoli, del colare caldo del sangue, e poi la rigenerazione che ne susseguiva dopo.
E rideva, oh come rideva divertita, quello scricciolo dai capelli rosa.
Morte! Morte agli infedeli e agli impuri. Abbracciate il dolore e, chissà, magari il Divino vi ammetterà alla sua gloria.
Si, doveva ammetterlo. Era decisamente questa la vita che voleva vivere. Una vita dedita soltanto a Lui.
 
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Lottavano come furie scatenate e il sangue scorreva a fiumi ma sopratutto nessuno dei colpi avversari li finiva. frecce erano conficcate nelle loro schiene, squarci nel ventre, sangue che colava e dolore...dolore che era come acqua per un assetato. Yoren se ne inebriava eppure anche Keigai sembrava come un demone scappato dall'inferno.
La voce del suo Dio continuava a tartassarle le tempie, a chiederle, supplicarle quasi che quegli eretici fossero prossime vittime. Suo cibo.
Forse era più simile a watashi...


Non finiscono più. Quest'uomo crede che forse è il momento di andare. Dolce ragazza dobb...

Keigai scoprì con suo grande rammarico che l'immortalità donata da jashin non era poi stò gran che e che il suo corpo era pur sempre fatto di carne e ossa. La sua anima era immortale ma il suo corpo no. Un colpo di spada tagliò di netto il braccio. Yoren si lanciò a sua difesa ma erano davvero troppi e lei in pericolo. Ma lei era di Jashin: un giocattolo nuovo e come tale non avrebbe mai permesso che si rompesse del tutto.

« Mia dolce Keigai impara. Ti metterò da parte dei miei segreti. Avrai non solo l'immortalità ma la vera forza.»




Sembrò quasi che sapesse cosa doveva fare. Sembrava che era destinata a quello scopo da tutta la sua vita.

« Impara cosa significa essere un mio suddito. Un fedele e leale servitore. Impara il simbolo. Impara che nel sangue si nascondono mille segreti. Impara che il sangue può essere vita ma anche morte. Impara a darla dal sangue.»




//Allora un pò di spiegazioni: ti accorgi che più provi dolore più la tua forza cresce. Sei assuefatta al dolore è come una droga che ne vuoi sempre di più; per questo motivo che non risenti del dolore come gli esseri "normali" anzi è tutto il contrario.
Ma ti accorgi che per quanto tu possa essere immortale il tuo corpo è pur sempre fatto di carne e ossa per cui feribile, spezzabile, tagliabile. E perdi un braccio. A quel punto la voce di Jashin ti raggiunge per farti comprendere gli ultimi segreti che, gdr on, significa le ultime tecniche e particolarità di questo clan. Per cui impari anche il collegamento, il circolo e la tecnica difensiva insieme alla preghiera. Puoi avere massima libertà ricordandoti che è Jashin a guidare le tue mosse; di spunti ne hai parecchi - anche se il post è breve - per cui sei libera di agire come e più ti aggrada.
A te la palla//
 
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view post Posted on 18/4/2014, 16:54     +1   -1
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Il massacro, in quell'arena fatta di sabbia e sangue, proseguiva senza sosta, senza alcuna tregua. Gli uomini si scagliavano contro di loro, brandendo spade, lance, asce, mentre frecce piovevano su di loro dagli spalti. Eppure non desistevano, non mollavano, continuando a mietere vite a destra e manca.
Completamente inebetita, Keigai continuava a colpire un avversario dopo l'altro, senza mai tirarsi indietro, brandendo la Kama-Shinoto con tutta la ferocia che aveva in corpo. Spazzava via la maggior parte delle frecce con semplici folate di vento, mentre con le lame maciullava coloro che osavano avvicinarsi a lei.
Più di una volta venne colpita: una freccia penetrò nella spalla destra, una lancia aveva trapassato la coscia, una spada le aveva lacerato una guancia. Un essere normale, al posto suo, si sarebbe ritrovato a terra, urlante di dolore, ma lei no, lei agognava altra sofferenza fisica, perché le piaceva. Il dolore che il suo corpo provava le donava un brivido di piacere che mai nessuno avrebbe saputo spiegarsi. Il bruciore delle ferite, il calore del sangue che scivolava sulla sua pelle, le fitte di dolore che le mozzavano il fiato e e sussultura il cuore erano la cosa più afrodisiaca che avesse mai provato. E ne voleva di più, molto di più.
Ancora... Ancora... Ancora... ANCORA!
Continuava a sibilare, priva di alcuna inibizione, mentre tagliava la testa di una guardia che, con la sua lama, le aveva colpito di striscio un fianco, facendola incespicare.
Non riusciva ancora a credere all'immenso dono che il Divino le aveva concesso. L'aveva resa immortale, così da permetterle di essergli devota fino alla fine dei secoli. Mai avrebbe sperato in un regalo più grande e, quale ringraziamento migliore sarebbe stato, quello di riempire quell'arena con i corpi mutilati di quei miscredenti?
Peccato che Yoren non fosse del suo stesso avviso... Possibile che temesse quegli uomini? Non riusciva a concepire una cosa del genere, proprio per niente. Come poteva, lui, vessillo di Jashin, temere quella immondizia? Che fosse il numero dei loro avversari, a spaventarlo?
Ringhiando contro l'ennesimo ammasso di carne, gli occhi acquamarina di Keigai, completamente accesi dal folle desiderio che l'alimentava, scrutò Yoren come se fosse completamente uscito di senno. Mai si sarebbe lasciata sfuggire l'occasione di omaggiare il suo Signore, e voleva farlo nel migliore dei modi, com'era giusto che fosse.
Qualcosa, però, cambiò completamente i suoi piani: l'ennesima guardia le si avventà contro, approfittando di quella sua momentanea distrazione. Keigai, però, lo vide con la coda dell'occhio, e prima di rendersene conto, il braccio destro si alzava ad intercettare l'ascia che le cadeva addosso, mentre il sinistro scagliava sull'uomo le lame accuminate della sua arma. E fu allora che vide completamente rosso. Il rumore di ossa rotte, la lama che lacerava la carne, affondando come burro, il dolore lancinante che le fece mozzare il fiato in gola, facendola violentemente sussultare. In un battito di ciglia si ritrovò imbrattata di sangue, completamente fradicia. Ai suoi piedi giaceva, inerte, il corpo della guardia in una pozza di sangue. La falce aveva tranciato il corpo a metà, tagliandolo di netto dalla spalla sinistra fino al basso ventre. Ma non aveva un'ascia in mano?
Fu con orrore che la donna si guardò il braccio destro, lanciando un urlo raccapricciante. All'altezza del gomito, completamente fuori uso, era rimasta incastrata la lama dell'ascia. Aveva lacerato tendini e muscoli, andando a cozzare contro l'osso, visibile al di sotto della lama.
Le gambe le tremarono mentre si strappava via l'arma, facendo saltare pezzi d'osso e spruzzando altro sangue, cosa che le procurò un leggero capogiro. Ok, questo si che faceva male...
Non capisco... Dovrei essere immortale, ma allora perché fa male? Mio Signore...
La voce del Divino le arrivò soave, riecheggiando nella sua mente parole di conforto. Era vero che aveva reso immortale la sua anima, ma il suo corpo continuava ad essere fatto di carne e ossa, uguale a quello di un qualunque essere umano, e come tale poteva essere ferito.
Non temere, piccola mia... Guarda, ora ti mostro come fare.
Inebetita, lo sguardo di Keigai si annebbiò leggermente, mollando la presa dal braccio ferito, che giacque inerte al suo fianco, completamente inutilizzabile. Caldo sangue colava da quella ingente ferita, e rimase incantata nel vedere come questo, lentamente, gocciolava verso il basso.
Ricordati che il sangue è simbolo di vita e di morte. Ricordati, guarda e impara, così da poter diventare appieno la mia ancella prediletta...
Un mormorio leggero le uscì dalle labbra mentre, con lo sguardo vuoto, scrutava il sangue sotto di se. Sembrava persa in chissà quali oscuri pensieri, dedita a rievocare alla mente immagini lontane, ricordi di una vita che non le appartenevano, ma che sentiva, in qualche modo, essere suoi di diritto. E il mormorio, sulle sue labbra, crebbe d'intensità, assumendo il significato di lievi parole sussurrate, mentre il suo corpo iniziava ad ondeggiare leggermente, iniziando a tracciare sbadatamente, con la punta del piede, un cerchio intorno a se.
Urlando nasciamo,
ricoperti di sangue,
privati del calore materno.

Urlando muoriamo,
ricoperti di sangue,
privati del calore del corpo.

Urlando ci alziamo,
ricoperti di sangue,
ricolmi della Tua forza.

Urlando avanziamo,
ricoperti di sangue,
pronti ad ineggiare alla Tua gloria.
E, ad ogni strofa di quel suo inno sussurrato, tracciava con la punta del piede un nuovo dettaglio, usando come inchiostro il sangue che, copioso, colava dal braccio. Non aveva idea di cosa rappresentasse quel simbolo che stava tracciando, un cerchio con un triangolo inscritto, ma sapeva che era ciò che il Divino voleva, ed era ciò che vedeva in quei ricordi che si susseguivano nella sua testa, e fu allora che capì che, quelli a cui stava assistendo, non erano semplici ricordi, erano frammenti di vita di altri suoi fratelli, di creature che, come lei, avevano donato tutto se stessi a Jashin.
Questo è il modo, piccola mia... Osserva, memorizza, serbalo nel tuo cuore, così da sapere come fare, la prossima volta...
La prossima volta... Si, perché ci sarebbero statealtre occasioni per osannare la sua forza e la sua grandezza, altre occasioni per annientare i suoi nemici, altre occasioni per ringraziarlo dei doni che le aveva concesso.
E ora, messasi al centro di quel simbolo tracciato col sangue, Keigai continuava la sua cantilena, graffiandosi il braccio ferito, le unghie che lasciavano scie rosse sulla pelle già martoriata.
Urlando colpiamo,
ricoperti di sangue,
annientando tutti i nemici...
Gli occhi acquamarina, accesi di una luce sinistra, si alzarono su una delle guardie che stava per caricare su di lei. Quando gli occhi dell'uomo incrociarono quelli della donna, fu con un insano piacere che quella sorrise, nel vedere come quello, per un momento, tremò davanti a lei. Stava per colpirla, la punta della lancia indirizzata al suo cuore, ma la mano sinistra di Keigai, nella quale era stretta la Kama-Shinoto, già si era mossa. Il manico della chitarra rientrò completamente nel corpo sottile e leggermente affusolato, grazie ad un particolare meccanismo che scattava quando si infondeva al suo interno un minimo di chakra, mentre la paletta, con un leggero strattone, allungava a dismisura le corde della chitarra, realizzate con un metallo particolarmente flessibile e resistente. Impregnandole con la giusta dose di chakra, queste si allungarono, andando ad avvolgersi attorno all'uomo in carica, mentre le lame dei due andavano a cozzare l'una nell'altra. Incastrata tra le tre lame della falce, bastò una leggera torsione, per far si che la lancia del soldato si spezzasse, per poi riavvolgere le corde, richiamando il chakra a se. Con un sibilo, queste si strinsero intorno al corpo dell'uomo, stringendo con forza, lacerando il tessuto e la carne, facendo scivolare piccole gocce di sangue.
Urlando cantiamo,
ricoperti di sangue,
portando la morte a Tuo nome.
 
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view post Posted on 21/4/2014, 13:40     +1   -1
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Il sole divenne nero come un sacco di crine,
la luna diventò tutta simile a sangue.
Le stelle del cielo si abbatterono sopra la terra,
come un albero di fichi, sbattuto dalla bufera,
lascia cadere i frutti non ancora maturi.


tgruqEY

Il cielo si ritirò come un rotolo che si avvolge,
e tutti i monti e le isole furono smossi dal loro posto.
Allora i re della terra e i grandi, i comandanti,
i ricchi e i potenti, e infine ogni uomo, schiavo o libero,
si nascosero tutti nelle caverne e fra le rupi dei monti.




Jashin aveva un altra accolita; un altro piccolo giocattolo da poter usare come e più gli aggradava. La Morte aleggiava nell'aria ma non era la morte: era la desolazione di Jashin. Le loro anime erano state offerte a lui, non avrebbero mai trovato la quiete, la pace, non avrebbero varcato questo mondo per il luogo che i kami avevano dato a loro per dopo la morte. Tutto questo non ci sarebbe stato per quelle anime. Sarebbero state offerte a quel Dio malvagio che si sollazzava sempre di più della bramosia, della paura dei mortali non sapendo che proprio su questa lui faceva affidamento.
La Morte osservava silente rimanendo disgustata da tutto ma non poteva fare nulla: tanto tempo prima Jashin aveva trovato il modo di poter carpire le anime dalla loro casa appunto facendo leva sulle paure inconsce che da millenni aveva gettato, come un ombra malevola, sulla morte.
Il Libero Arbitrio e una promessa...l'immortalità che tanti agognano. La Morte osservava mentre Yoren e Keigai si mostravano per quello che erano in realtà: marionette di un Dio corrotto. Distolse lo sguardo provando pietà e rabbia e Jashin rise vedendola succube del suo potere. O meglio dei suoi inganni!



« La cerimonia è conclusa! Tu...Keigai...ora sei solo ed esclusivamente mia!»




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E le ombre arrivarono silenziose, striscianti e, come mani fredde e artigliate, prendevano i cadaveri, coprivano i corpi e le urla strazianti miste a risate agghiaccianti sovrastavano quel luogo e le tenebre furono sempre più fitte e il cielo fu rosso sangue. Pioggia nera scese su quel luogo, lampi neri, olezzo di morte e putrefazione e l'anima nera di Jashin colmò quel luogo.
I prigionieri ancora vivi si rannicchiavano sempre di più: singhiozzi, paura, preghiere, cuori che battevano all'impazzata e il gusto acre del terrore in bocca. I servi di watashi uscirono fuori da quelle ombre: oscure masse con neri cappucci, muniti di spade enormi dalle lame seghettate, occhi blu cobalto e un alito freddo. Più freddo di qualsiasi cosa e le loro spade ronzavano muovendosi nell'aria. I loro corpi strisciavano e bocche deformi si aprirono divorando i cadaveri e le loro anime in un tripudio di pura malvagità.
la Morte...non era quella la morte. Se solo Keigai non fosse stata tanto pazza si sarebbe resa conto che la Morte è misericordiosa e mai brama, mai vogliosa ma super partes. Era lì da prima di tutti loro: nata quando la vita brillò nell'universo eppure Jashin ammorbò il dono fatto dal Dio agli uomini con oscure parole, meschinità, tenebra e terrore. La Morte era il male?
Forse vi erano cose peggiori che morire...



Il mondo si fece a tinte rossastre e grigie e l'ombra he da sempre li accompagnava ora prendeva forma, corpo, sostanza in quel mondo. Da ombra a corpo; da un lieve sussurro dall'alito di ghiaccio, ad un grido di terrore a pieni polmoni. Da un ombra solamente a tutta la sua potenza. A lei si spalancò questa visione di un castello enorme, torreggiante sopra di lei, dalle fredde pietre annerite, dove corvi svolazzavano e lui era lì ad aspettarla.

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« Mi hai sacrificato questi uomini piccola mia...ben fatto.»



« Tu ora sei rinata come Jashinista! Mia adepta, mia figlia, mio amore. Tu andrai per la terra innalzando il mio vessillo e sollazzandomi di anime. Mio giubilo e gaudio tu sarai...»



« Ora và...figlia mia!»




La quest si può dire conclusa qui. Hai imparato tutte le tecniche genin e hai ottenuto 1 Punto Immortalità per aver sacrificato le guardie. Credo che posso dirti che sei ufficialmente Jashinista e che ti prendi 1000 di exp per tutto.
I tuoi post sono sempre stati buoni, alcuni davvero ben fatti, per cui ti meriti lo Jashin.
Essendo che eri una senza clan ed ora sei in un clan perdi la tua tecnica personale che verra sostituita dalle tecniche genin dello Jashin.
La quest non mi è venuta come volevo io ma spero di averti dato qualcosa di buono. fai un ultimo post di uscita e poi sei libera.
 
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view post Posted on 21/4/2014, 20:16     +1   -1
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Regnava ormai il caos, in quell'arena, fatto di morte e desolazione.
Urla di terrore e di dolore si innalzavano nell'aria gelida, mentre Keigai continuava a ridere sguaiata, lasciando interdetto, in alcune occasioni, lo stesso Yoren.
Ecco quello che voleva, quello che aveva sempre desiderato: annientare completamente la feccia umana, che con la sua sola presenza aveva ammorbato e distrutto quel meraviglioso mondo.
E continuava, pertanto, a mietere vittime, donare anime a quel suo dio avaro e ingordo, che lei credeva tanto buono e misericordioso. Perché, nella sua mente malata e contorta, era convinta che, con la morte, permetteva a quella feccia di redimersi da ogni sua colpa. Ritrovandosi, così, d'innanzi a Jashin, avrebbero ottenuto la redenzione, vivendo per l'eternità insieme a lui, nel suo regno incontrastato. Era vera, quella concezione che si era creata Keigai, o solamente una mera illusione, una falsità creata ad hoc per corrompere il suo animo e ottenere così un nuovo giocattolo nelle sue mani?
Non le importava, e poco le interessava se fosse vero o meno. Lei aveva scelto quella via, una via fatta di sangue e morte, perché era l'unica strada che le avrebbe permesso di essere veramente se stessa, ovvero la belva mostruosa assetata di sangue.
Aveva tentato ad essere una ragazza come le altre, cercando malamente di sopire quel suo istinto omicida, e la vita trascorsa prima di quella esperienza infernale ne era un esempio, eppure non era quella la vera Keigai e Shishi, il suo maestro, gliel'aveva sempre detto. "Mai essere ciò che non si è". Ora, finalmente, poteva essere se stessa, ed era la sensazione più dolce e meravigliosa che avesse mai provato....

... La folla era scappata, lasciando gli spalti completamente vuoti mentre, nell'arena, corvi e mosche grosse come acini d'uva erano posati su ciò che rimaneva delle guardie. Una scena da incubo, era quella che si manifestava davanti agli occhi dei due jashinisti, eppure la cosa non li preoccupava più di tanto, dato che erano stati loro i fautori di quel massacro.
Soddisfatta, con un sorriso isterico dipinto sul volto, Keigai si guardò intorno, contemplando ciò che aveva realizzato. Aveva avvertito, quegli stupidi uomini, che li avrebbe inondati col loro sangue... Era stata di parola, dopotutto.
A malapena si accorse di Yoren che le si era avvicinato, per poter controllare le sue condizioni. Il braccio destro, all'altezza del gomito, per poco non si era staccato, rimasto attaccato solo grazie a qualche fascio muscolare che aveva resistito al taglio dell'ascia. A parte quella ferita, per il resto non provava alcun fastidio, anzi.
Keigai non vedeva l'ora di sacrificare altre vite al suo dio, però quel posto stava iniziando a puzzare e, disgustata, si rese conto di essere sudicia.
Quella feccia immonda... Anche da morti ammorbano l'aria che respiriamo... E io? Sono tutta lercia... Mi sento maledettamente sporca.
E come darle torto, dopotutto...
Placida e con sguardo innocente, guardò Yoren scrollando leggermente le spalle, dopo che le aveva risistemato il braccio.
Quest'uomo, ora, se ne andrà. E tu, dolce ragazza, che cosa farai?
Keigai volse lo sguardo tutto intorno a se, prima di rivolgersi nuovamente all'uomo che l'aveva assistita in tutta quella storia.
Voglio ripulire questo posto... Non mi piace che la feccia ammorbi l'aria e la terra, e il fuoco purificherà la zona... Sareste così gentile da aiutarmi, se la cosa non vi reca disturbo?
Insieme, recuperarono alcuni piccoli cocci contenenti olio da lampade nel deposito, che sparsero in giro per l'arena, spruzzandolo sui cadaveri accatastati sulla sabbia impregnata di sabbia.
La fiammata che ne scaturì fu intensa, emanando un forte fumo acre e scuro. Gli occhi iniziarono a bruciarle, mentre scrutava l'arena prendere fuoco, insieme al resto di quella struttura malefica, e sospirò appagata, mentre si portava la chitarra alla schiena.
Yoren, ormai, se ne era andato, e lei perse la cognizione del tempo, senza rendersi conto di quanto a lungo rimase a scrutare quel falò.
Si rese conto dell'ora tarda quando il fuoco delle fiamme si mescolò a quello del tramonto, tingendo il cielo di una cupa tonalità fiammeggiante.
E' tempo di andare...
Sentenziò infine, incamminandosi verso il folto della foresta...

continua qui

 
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30 replies since 11/3/2014, 15:52   617 views
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