Come un cavaliere oscuro, Quest ANBU assalitore per Nergal

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Nergal.
view post Posted on 1/6/2013, 17:41     +1   -1






Mai attaccare in maniera avventata. Mai. Mai far capire le proprie intenzioni e studiare il proprio avversario e il terreno di scontro. Era un ANBU un guerriero di elite per cui tutta al zona poteva avere braccia, katane e armi pronte a triturarlo. Lei conosceva il perimetro, la struttura, era allenata e pronta lui no; lui aveva il suo istinto e la sua audacia per cui doveva stringere il campo. Doveva acuire i suoi sensi e stare pronto a tutto. E poi lui prendeva fin troppo seriamente il combattimento…amava sentirsi vivo e la sensazione che si provava solo nella lotta. Il suo cuore solo in quei momenti sembrava quello di un diciottenne; e batteva forte pompando il sangue vigoroso e impetuoso nelle vene e nelle arterie mentre il sorriso si dipingeva su quel volto perfetto e i suoi sensi tracciavano anche i più impercettibili cambiamenti e movimenti nell’aria.
Doveva capire con chi aveva a che fare e trovare le giuste contromosse; attaccare senza una strategia un avversario così forte e al tempo stesso sconosciuto – se fosse stata una vera battaglia – sarebbe stata un imprudenza. Ecco perché, conscio delle caratteristiche dell’essere ANBU, iniziava ad espandere i suoi sensi e a non curarsi di quelle parole( per essere un ANBU parlava pure troppo per i suoi gusti).
Aspettava le sue mosse e tanto la lama ronzava e vibrava nelle sue mani e poi…il colpo! Quell’aura assassina, quella presenza, quella trappola inscenata con il vestito delle parole. Lo sapeva che non poteva fidarsi e che in uno scontro vero sarebbe morto invece attendendo, concentrandosi sul momento, andando oltre il senso sopravalutato della vista, e il vero attacco da tenebre e silenzio arrivò.
Ma la velocità e i riflessi non potevano competere con l’esperienza acquisita e con l’addestramento. Le lame cozzarono le une sulle altre accendendo le tenebre e riflettendosi negli occhi di Kenshin che apparivano ancora più magnifici e volitivi. Ma poi sentì di nuovo quella puntura; capì quello che stava succedendo e infatti valutando le due velocità l’attacco era stato portato con estrema perizia, potenza e velocità approfittando dell’apertura creata da Ryu e dal suo attacco a sorpresa.
Aveva sfruttato la copia per nascondersi, sfruttò se stessa per aprire la sua guardia e la copia colpì veloce e precisa.
Era una tecnica incredibile e molto utile se bastava veramente un colpo solo per generare questo tipo di paralisi. Sentiva le sue membra come cadere addormentate e il suo corpo rifiutarsi di muovere e rispondere agli stimoli nervosi delle sue sinapsi. Era una tecnica utile anche se era stufo che lo trattasse come un pupazzo sballottato di qua e di là – ma in seguito gliela avrebbe fatta pagare – ma per il momento osservava. In silenzio rifletteva mentre gli occhi si chiudevano per capire meglio. Doveva avere qualcosa a che fare con il bloccare le terminazioni nervose del cervello: infatti lo colpivano sempre lì per cui sul collo si trovava un punto prestabilito per far si che vi fosse un interruzione, un disturbo, sui centri nervosi di controllo. Il modo e come questo restava un mistero ma sicuramente ci sarebbe arrivato.


Che la situazione si facesse sempre più critica lo stava appurando da sé. Legato ad un soffitto, come un salame, senza capire il perché mentre il suo corpo rispondeva di nuovo ai suoi comandi. Liberarsi non ci tentò nemmeno: aveva visto la consistenza e la perizia dei nodi sarebbe stato impossibile e poi aveva il vago sentore che doveva risparmiare le energie.


Hai uno strano modo davvero di fare. E mi stai beatamente sul cazzo! Spero che questa tiritera serve a qualcosa perché la voglia di aprirti le vene è tanta!


Già. Una prova era quella. Un'altra come le altre che succedettero a questa. Gli ANBU sono guerrieri dal fisico temprato ma gli assalitori…bè facevano eccezione davvero.
Il loro corpo rimandava indietro i colpi subiti, aveva una resistenza fuori dal comune, macchine inarrestabili create appositamente per combattere e fronteggiare decine di guerrieri e nukenin. Nel furore della battaglia, tra ossa rotte, sangue cozzar di lame gli assalitori si trovavano a casa. Potenti nella loro furia facevano del loro corpo invincibile un arma. Un arma che non aveva pecche: le ossa erano la corazza i muscoli le armi, la volontà il fuoco che anima quel corpo da belve. Per cui doveva imparare a subire? A resistere ai colpi? Per un guerriero questo era imprescindibile e saper direzionare, acuire, aumentare la massa muscolare e resistere…resistere. Un verbo che lui aveva continuamente usato nel corso della sua vita. Resistere alla sua malattia, resistere al fatto che non doveva essere shinobi eppure si era dimostrato degno, resistere a se stesso e alla morte. Resistere perché non poteva fare nient’altro.
Quella vita, quegli allenamenti non potevano scalfirlo ma solo renderlo ancora più “duro”. Un diamante. Era grezzo troppo grezzo doveva essere addestrato ed istruito, lui che molti, per compassione, non lo avevano mai fatto e avere un simile trattamento ricevuto da quella donna per lui era più importante di ogni tecnica segreta. Perché non aveva compassione della sua malattia ma lo trattava da uomo e guerriero. Era una vita che aspettava un simile atteggiamento, non chiedeva nient’altro che gli avessero lasciato vivere la vita come lui voleva.
Già doveva morire presto perché tenerlo lontano dal pericolo ed essere indulgenti? Che contraddizione: fargli evitare la morte in battaglia quando era già condannato dalla nascita? Che senso aveva? E poi i colpi lo riportarono alla realtà: il dolore – che per lui era solo un modo per sentirsi vivo – risvegliarono il suo essere dal torpore. Pugni, calci e il suo corpo sotto di esso che si piegava e cercava di capire come poter prendere il massimo da questo esercizio.
Rendere davvero il suo corpo d’acciaio e non essere come lei. Lui avrebbe superato Ryu, avrebbe superato l’allenamento, sarebbe diventato un ANBU e poi avrebbe cercato lui e Jashin. Ma ora doveva superare lei e sorrise al solo pensiero. Alzò la testa e acuì la sua mente: scacciò dolori, pensieri, idee, obbiettivi svuotando la sua mente ma non dimenticandosi dell’ascoltare il suo cuore. Quel suo cuore malato ma soprattutto facendosi riscaldare da quella volontà ruggente lingue cremisi di orgoglio e rabbia.
E mentre lo picchiava sentiva montare in lui quella voglia irrefrenabile e gli sorrise. Dolore? Non era niente per lui. Volontà era tutto e lui avrebbe superato le prove, imparato, studiato e poi avrebbe preso al testa di quell’uomo e poi poteva pure morire.


Sei debole! Mangia di più hai le braccia mosce!

Irriverenza. Sorriso e sguardo limpido e volitivo. Kenshin si divertiva. Anche troppo ed ogni volta si divertiva sempre di più ad ogni colpo la sua forza aumentava, così come la sua voglia di imparare e crescere.
E quando rimise piede a terra, quando quell’allenamento – più simile ad una tortura – fu finito Kenshin si stiracchiò le braccia e sorrise di nuovo. Faceva male ma il dolore è vita e finchè lo provava significava che non era freddo e sepolto sotto tre metri di terra. Lui era vivo e poteva ancora dare battaglia! Ci voleva altro per piegarlo e spezzarlo…molto altro.

E ora un'altra sala. Un lungo corridoio ombre e luce – metafora della vita? – e lei che camminò attraverso quel corridoio scomparendo e riapparendo alla fine. Come aveva fatto? Come vi era riuscita? Un altro allenamento e per ogni volta che sbagliava di nuovo quella tortura – che poi faceva parte dell’allenamento stesso – e dopo il corpo la mente.
Studiare l’anatomia, i punti di pressione per poter causare la paralisi di un arto, del cuore, dell’intero corpo. Kenshin rise di tutto questo mentre si allenava.
Aveva intuito dei punti di pressione ma ora sapeva che in un determinato punto del collo vi era un punto capace di inibire il funzionamento delle sinapsi nervose. Non era un caso che si trovasse dietro alla nuca alla base del cervelletto. M era un punto difficile da prendere in combattimento mentre il nemico si sposta, corre, si muove. Ed ecco a che servivano le ombre. Ecco perché essere un ombra non vista e l’applicazioni che potevano giungere dall’unione di queste due tecniche era incredibile. Tattica. Essere non visto e dare la morte senza sporgersi in determinate situazioni era più che congeniale ad un approccio diretto.
Si fece portare un manichino allenandosi al lancio degli aghi. Era maledettamente difficile: da vicino era facile ma allungando la distanza sbagliava nettamente. Ci voleva esercizio e pratica, abituare i suoi occhi a riconoscere quel punto e il movimento a farsi naturale come il respirare.
Univa lo studio al muoversi tra le ombre a far diventare il suo corpo stesso ombra tra le ombre – se ci riusciva Ryu poteva riuscirci anche lui – doveva solo capire il modo. Leggere, vedere oltre, trovare modi inconsueti ; d'altronde la maschera ANBU celava le identità stesse facendogli assomigliare ad ombre, logico che le ombre e le tenebre erano il loro ricettacolo e la loro culla. Ci si allenavano, erano loro alleate ma nelle tenebre vi si nascondevano infamie e paure. Terrori e bugie. Le bugie dei villaggi, le loro paure, le loro voglie, la loro sete di potere. Tutto questo vi era nelle tenebre e gli ANBU servivano al controllo. Un potere enorme senza nessuno in grado di porvi un freno diviene una lama a doppio taglio; chi voleva proteggere si trova ad offendere, chi voleva stringere rapporti si ritrova con pugnali rosso sangue gocciolanti livore ed odio.
Studiare ed allenarsi. La notte facevano male le costole e d ogni tanto sputava sangue. Ma il peggio era che tutta quella pressione non era salutare per il suo cuore e si ritrovava la notte a vomitare sangue e a tossire chiazze rosse. Sentiva i macigni sul suo petto e il sudore bagnare le lenzuola e la sua fronte. Sudore freddo, ghiacciato e la notte farsi bianca.
Ma il giorno lo trovava in piedi e volitivo a riprovarci, a sbagliare e a riprovare ancora e ancora e ancora. E mai si era lamentato. Mai un sibilo. Mai una parola. Solo una testa china sui libri ad imparare gli tsubo dei corpi, a provare a trovare quel cunicolo di ombra e a non sentire il dolore. Anzi ad ogni colpo ricevuto tentava che fossero gli altri a sentirlo. A rendere il suo corpo diamante. Renderlo duro e inaffondabile. Grazie a quella fiamma che aveva dentro la sua anima.
E quel sorriso sul suo volto non vi fu un attimo che no vi fosse…persino quando lo picchiavano, persino quando riuscì a fare qualche metro senza essere visto, persino quando gli aghi saettarono nell’aria colpendo con forza e precisione il bersaglio, smetteva.
Kenshin sorrideva perché tutto questo gli incendiava il cuore!





 
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Excalibur's Rover
view post Posted on 3/6/2013, 12:52     +1   -1




Mi rendo conto che è una questione di stile e in sede di valutazione non ti penalizzerò per questo. Anzi, mi rendo conto che ruoli meglio di me. Non sarei mai capace di tutto quel filosofeggiare sulla natura delle cose…Però, come dire…prendila come un’osservazione, come qualcosa per arricchire ulteriormente i tuoi comunque buoni post. Mi parrebbe che sei un po’ carente nella descrizione di quello che succede. Usi pochi spezzoni di pensato…Io generalmente ne abuso, come penso tu possa notare. Che ne so… Personalmente avrei ritagliato un po’ di post per farcire la descrizione delle sensazioni al ricevimento del primo pugno nell’allenamento del sacco, per farti un esempio. Comunque va bene anche così. Era solo una specie di consiglio. Se non hai capito, visto che te l’ho spiegato davvero male, scrivimi pure che provo ad approfondire.

Passò una settimana. Forse la prima settimana davvero vissuta da Kenshin in tutta la sua vita. Lentamente il chunin migliorò; non era sempre Ryu ad allenarlo, spesso c’erano vari anbu di turno all’addestramento reclute ma tutti a fine giornata gli facevano i complimenti. Benchè vedesse che i colpi, quando era appeso, arrivassero sempre più forti, effettivamente lui sentiva meno male di quanto si immaginasse. Un giorno riuscì ad arrivare dall’altro lato della stanza luci-ombre senza essere visto, anche se il suo controllore sembrava parecchio assonnato, chissà per quale motivo. Ma la cosa in cui eccelleva Kenshin era lo studio, lì dove non era necessario il talento ma solo concentrazione, pazienza e tonnellate di determinazione fervida, tutte cose che l’aspirante anbu aveva in abbondanza. La prima sera avevano trovato le lenzuola sporche di sangue, durante la pulizia della stanza e Kenshin era dunque stato convocato in infermeria per ricevere delle medicine. Tutte le mattina doveva prendere un ricostituente per facilitare il rimpiazzo del sangue perso e tutte le sere assumeva una specie di calmante che distendeva le vene, la circolazione…un po’ tutto. In questo modo passava notti molto più serene. In più aveva pomate e bende in abbondanza per lenire le contusioni che si procurava durante gli allenamenti. Il primo giorno, in cui gli furono spiegati gli esercizi, mangiò da solo, nella sua stanza. Nei giorni successivi, con suo sommo dispiacere, dovette mangiare nel refettorio, insieme a tutti gli altri allievi e addestratori. Erano una trentina di persone in tutto e chiaramente, dovendo mangiare, qui nessuno indossava la maschera. C’erano uomini e donne in numero quasi simile per cui Kenshin non poteva capire chi fossero Ryu e Zaru; tutti erano intenti a rilassarsi, riposarsi e rifocillarsi, per cui si parlava poco e in maniera sommessa. Tuttavia, una sera, dopo che aveva finito di mangiare, una donna di bell’aspetto gli si sedette di fronte. Aveva un piccolo neo a destra della bocca e capelli cortissimi ai lati e lunghi fino alle spalle in alto: un acconciatura tutto sommato molto particolare. Appena aprì bocca Kenshin la riconobbe come Ryu. Parlò in maniera spiccia:

Sai, ti ho osservato un po’ in questi giorni e ci ho pensato. Tu vivi la tua vita come un condannato, si vede. Convivi da sempre con questa malattia e ogni giorno che vedi lo senti come un diritto che strappi alla sorte. Immagino che tu senta il timore del mietitore che può aspettarti dietro ogni angolo della vita. Beh, volevo solo farti ragionare sul fatto che se anche tu fossi sano, questo varrebbe lo stesso. Questa vale per tutti Kenshin, per me come per te. Le fatalità nella vita sono incredibile e spesso gli infarti colpiscono le persone più insospettabili. Per cui, insomma…su con la vita.

Gli diede una pacca sulla spalla e se ne andò. Aveva fatto un bel gesto di cameratismo, degno degli shinobi di Kumo. Comunque l’allenamento proseguì e Kenshin non rivide Ryu fino al lunedì successivo. Gli vennero consegnati dei marchingegni microscopici, delle cimici, che, se piazzate dopo l’iniezione di una modesta quantità di chakra, tracciavano gli spostamenti del bersaglio. Una tecnica semplice ma fondamentale e utilissima. Venne portato all’esterno e si ritrovò improvvisamente per le strade di Kumo, in un vicolo ombreggiato, per non distruggere immediatamente i suoi occhi, che da giorni non vedevano la luce del sole.

Oggi dovrai mettere un po’ in pratica quello che hai imparato. Devi pedinare quel tizio, riuscire a piazzargli una delle tue cimici e seguirlo per tutto il giorno.

Indicò un grassone che stava curiosando nei pressi di una bancarella nella piazzetta in cui il vicolo sbucava.

Sospettiamo che mangi e beva scrocco in molti locali del villaggio. Sta a te scoprirlo ma senza farti beccare. Noi seguiremo te e chiaramente non lo saprai, ma se vedremo che il bersaglio stabilirà un qualsivoglia contatto con te anche solo una volta avrai fallito.

Era una sorta di missione di allenamento, tutto sommato anche abbastanza avvincente. Il sole splendeva alto in cielo illuminando tutto…o forse no? Ora che Kenshin si era allenato capiva che un sole splendente significava ombre più nitide e lunghe. In più aveva studiato molto era ne sapeva qualcosa sugli angoli ciechi… Forse ce la poteva fare.

Descrivi questa giornata di missione, scegli te se riuscire o fallire. Se vuoi dire qualcos’altro anche sulla passata settimana di allenamento fai pure. Divertiti e incantami.
 
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Nergal.
view post Posted on 4/6/2013, 14:03     +1   -1




Ma nessun problema Exca tranquillo. è che io non uso mai - o quasi mai - il pensato. Lo incastono nella parte delle descrizioni del post. Lo faccio anche con Kaito. Purtroppo mi riesce spontaneo davvero non lo faccio apposta!




Era particolare quella vita. Forse era davvero una VITA. Una vita finalmente vissuta appieno delle sue facoltà: nessun sorriso di circostanza, nessuna pietà o remora, nessuna pacca sulla spalla a tirarlo su di morale e a proteggerlo. Finalmente essere considerato un uomo! Un uomo e un guerriero ed essere messo alla prova giorno dopo giorno con forza, cattiveria, senza remore alcune; allenarlo e non risparmiargli nulla ma metterlo alla prova e fargli superare i suoi limiti. Nonostante la malattia, nonostante tutto. Questo era quello che aveva sempre sognato e desiderato per sé: essere considerato come gli altri. Nulla di più nulla di meno.
Non voleva onorificenze, medaglie, applausi, strette di mano e che il suo nome fosse leggenda tra le terre degli shinobi…non voleva questo. Non gli interessava: voleva morire come un semplice soldato e un uomo. Morire vivendo al massimo la sua vita senza recriminazione alcuna; viverla fino in fondo e combattere al massimo delle sue capacità…nonostante tutto.
E gli allenamenti, le botte, i dolori, i medicinali e il sangue che sputava non erano nulla in confronto a quella sensazione magnifica che provava tra quelle mura: per la prima volta era considerato come gli altri, era un guerriero tra guerrieri. Era solo Kenshin e non un malato a cui concedere qualche “biscottino” per accontentarlo.
Non vi erano i “povero”, “che peccato”, ”mi dispiace”, “dai fatti forza” non vi era nulla di tutto questo. Vi era l’addestramento pesante, lo studio, il cameratismo e una pacca sulla spalla se facevi bene…se facevi male il sacco era sempre lì. E mai Kenshin pensò che era dura anzi; era favoloso! Il suo cuore si incendiava giorno dopo giorno, minuto dopo minuto, allenamento dopo allenamento: anche solo riuscire a nascondersi tra le ombre, a renderle amiche e compagne fedeli era per lui un avvento. Anche l’ago che saettava preciso nel punto preposto a bloccare il chakra alla base del cervelletto era euforico. Era tutto come aveva sempre sognato. Era tutto magnifico!
Sorrise alle prime conquiste, sorrise ai colpi, sorrise quando capì che gli aghi erano impregnati di chakra per interferire con quello della “preda”, sorrise alle ombre – allenandosi anche di notte quando la luna era alta nel cielo – sorrise. Sorrise e si sentì vivo. Vivo come non mai! E per una volta poteva dire che si la vita era bella e poteva dirsi di averla vissuta appieno.


Mangiare con gli altri non era di suo gradimento – di solito preferiva la solitudine e gli allenamenti visto il suo poco tempo – ma osservò e pensò. Pensò a quegli uomini e donne e alcuni avevano visi che non gli dissero nulla: quanti di loro aveva visto per le strade di Kumo e non poterli riconoscere come i difensori di Kumo? Quanti tra loro avevano fatto il bene del villaggio e non essere riconosciuti, acclamati dalla folla festante e gioiosa? Quanti avevano combattuto Watashi sconfitto i suoi figli salvato vite ed ora erano lì nessuno tra i nessuno? Da una parte era una vita dura di sacrifici, di pericoli e per chi, come gli abitanti della nuvola, facevano del loro nome la loro forza quegli uomini andavano controcorrente. Ombre. Il loro nome era una maschera e i loro nemici fuggivano solo a quella vista. Una maschera perché il male a volte si cela dietro ad esse e colpisce chi, a viso scoperto, cerca di fermarlo. Una maschera metafora degli ANBU ma anche per proteggere se stessi e i propri affetti. Un uomo, un kage, un nukenin tutti erano il male e la pazzia, le ombre, il livore e l’odio potevano strisciare nei loro cuori. Ecco perché le maschere. Proteggere senza avere un identità era più facile che farlo a viso scoperto mettendo in pericolo i propri cari. Era una vita di solitudine e di sacrificio per qualcosa che era più importante del proprio nome – e questo significava quanto gli ANBU di Kumo fossero forti – e della propria fama. Sacrificarle per Kumo stessa! Questo era più importante. Questo solo contava e riflettendo su questo mangiò; non più stufandosi o odiandosi di essere in quella camerata. Anzi mangiò con orgoglio di poter dividere lo stesso cibo, lo stesso tetto con quegli uomini e con quelle donne coraggiose. Più di quanto potesse essere lui. E sorrise per l’orgoglio di poter anche solo per un momento condividere qualcosa di semplice e insieme di così importante, come il mangiare insieme, con gli ANBU della nuvola!


Una sera come tante durante il suo pasto, seduto al suo solito posto, con la testa immersa in un libro di anatomia, una di quelle persone si sedette al suo fianco. Lo trovò strano particolare anche se il suo odore aveva un non so che di famigliare e conosciuto. Alzò la testa lenta dal libro fissandola con quegli occhi simili a gemme preziose: bella, un viso perfetto, un corpo splendido a vedersi – anche se era stato forgiato tra le battaglie – i capelli lunghi dietro la schiena e corti, a favorire gli spostamenti e a non ostacolare la vista, ai lati. Acconciatura particolare ma che per i combattimenti era l’ideale ma lui non era attratto dalla capigliatura ma da quel viso indomito e da quegli occhi che lo fissavano come se lo conoscessero da sempre.
Chi poteva essere e che cosa voleva fu chiarito quando la sua bocca si mosse e il tono di voce – un tono che lui conosceva anche fin troppo bene – fu manifesto nella persona di Ryu!
Colei che lo stava allenando e forgiando alla dura vita dell’ANBU! Era la prima volta che la vedeva senza maschera e le parole che gli disse…furono importanti per lui. O almeno furono più sincere di tutte quelle che sentì nei suoi diciott’anni di vita.


Sei una stronza! Ma almeno parli senza peli sulla lingua e lo apprezzo davvero…e per la cronaca hai un bel culo! Finita questa cosa ti porterò a cena fuori dovessi legarti in un “sacco” e prenderti a pugni stronza!

Un occhiolino e un sorriso sincero. Si era bello sentirsi per la prima volta vivi!


Quello che successe nei giorni seguenti fu una sorpresa per Ryu: gli ANBU sono famosi per poter seguire il loro nemico ma anche per non perderlo e non dare nell’occhio. Seguirlo anche a chilometri di distanza e non perdersi un solo movimento del proprio obbiettivo. Una cimice era l’ideale infatti: un piccolo marchingegno elettronico che si attiva con una minuscola carica di chakra e funzionava come un segnalatore. Come se fosse un radar attivo segnalando costantemente e nitidamente il proprio obbiettivo. Era utile per i posti affollati o per non seguire i nemici in ritrovi diciamo “poco sicuri” ma al contempo riuscire a non perdere le loro mosse.
Capitava che in combattimento potessero scappare e riuscire ad applicarli questa “cimice2 riusciva ad ovviare e a rendere vane le loro speranze di fuga. Se univamo questo al sapersi muovere silenzioso e al camminare tra le ombre risultava un accoppiata utile. Le varie possibilità tattiche e strategiche che potevano usare gli ANBU di sicuro erano variegate per poter fronteggiare le più disparate missioni e situazioni che vi si potevano creare; ma sapeva che ad ogni modo per quanto l’equipaggiamento fosse high teck, per quanto l’addestramento fosse perfetto e meticoloso, per quanto lui fosse bravo, in missione poteva succedere di tutto. Solo l’istinto, la furbizia, la capacità di adattamento, il sapersi destreggiare e adattare soprattutto alle più disparate situazioni, poteva fare la differenza tra un timbro sulla missione e una lapide al camposanto.
Ecco perché ora doveva mettere in pratica le proprie capacità, i propri addestramenti e quelle settimane di duro lavoro; conscio che non sarebbe stato facile per nulla e che le difficoltà erano alte.

Il bersaglio non era un nukenin ma sicuramente non doveva essere preso sottogamba: da qui si cominciava ad appurare se kenshin fosse adatto a quella vita e cominciare a vedere ed ad appurare la sua furbizia, adattabilità e modo di approcciare alle missioni date. Era un test che non poteva permettersi di fallire o almeno che non doveva essere preso sottogamba solo perché l’obbiettivo non era uno shinobi.
Ci sono shinobi travestiti da panettieri e nukenin da Damyo per cui mai sottovalutare nulla e cercare sempre di tenere la mente sgombra e pronta a tutto.
Acuire la sua mente e trovare il modo di avvicinarsi senza essere visto al suo obbiettivo. Le ombre erano il suo rifugio ma avvicinarsi di soppiatto? Era davvero una buona idea quando vi si trovava in una strada affollata?
Poteva aspettare che passasse in una strada affollata e perché no andargli a sbattere addosso. Di solito funzionava e non avrebbe destato sospetti.
Poteva sempre inscenare un inseguimento di qualcuno – le motivazioni tante e il qualcuno poteva essere chiunque – per poi sbattergli addosso e attaccargli la cimice sotto la quarta vertebra del collo. Un posto difficile da vedere e che le mani non ci sarebbero mai arrivate per poi – se fosse andata bene – seguirlo nascondendosi tra le ombre.
Nascondersi e seguirlo da lontano senza destare i suoi di sospetti né di eventuali complici che potevano seguire le sue mosse. Di solito vi potevano essere “pali” che lo aiutavano a perpetuare i suoi “crimini” in pace ed era proprio da questi che doveva stare attento. Mille occhi aveva un villaggio e averne qualcuno in più complice ed amico poteva solo che essere un bene.
Avrebbe attuato questo paino sperando che funzionasse. Se avesse sbagliato ne avrebbe fatto tesoro in futuro. Guardò Ryu intensamente mentre un sorriso beffardo comparve su quel volto perfetto.


Andiamo a vedere che cosa combina sto stronzo! A dopo Ryu






//Lascio a te quantificare se ci riesco. a gusto personale avrei sbagliato. però lascio a te se il piano funzioni.//
 
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Excalibur's Rover
view post Posted on 7/6/2013, 14:25     +1   -1




Prima che Kenshin se ne andasse Ryu lo avvertì:

Sì, vai. Dopodichè faremo una chiacchierata su quello che mi hai detto l’altra sera…

Una minaccia neanche troppo velata. Comunque il chunin si avviò su per i tetti del villaggio per osservare la preda dall’alto. Andava in giro con sguardo indagatore, ma non sembrava preoccuparsi di eventuali controllori; piuttosto sembrava che stesse cercando il prossimo locale in cui scroccare. Dovevano essercene pochi che non avessero ancora avuto una sua visita, però, perché vago piuttosto a lungo senza infilarsi da nessuna parte. Per attuare il suo piano, Kenshin aveva bisogno di una via affollata ma non troppo. Finalmente, verso l’ora di pranzo, ci fu l’occasione giusta. Kenshin si lanciò sull’acciottolato della via e inscenò la sua pantomima. Il suo bersaglio si voltò indietro incuriosito, come per cerca di vedere chi stava inseguendo. La fortuna fu però contro l’esaminando: un uomo che vagava meditabondo gli tagliò la strada e Kenshin lo urto in pieno. In due caracollarono addosso al bersaglio di Kenshin e finirono a terra. Con il bersaglio a pancia all’aria piazzare la cimice in qualche posto nascosto era impensabile. Per fortuna non si stabilì alcun contatto visivo tra Kenshin e la sua preda altrimenti la prova sarebbe saltata. Però così il ninja dovette riprovarci. L’occasione si ripresentò poco dopo e questa volta, col cappuccio calato sugli occhi, urtò il grassone in una strada un po’ affollata e gli piazzò addosso il marchingegno. Missione compiuta. In questo modo Kenshin fu testimone di tutti e quattro i pasti scroccati dall’uomo in quella giornata. Alla fine ricomparvero gli Anbu e il tizio fu arrestato. Una ragazzina genin venne incaricata di scortare l’uomo a casa affinchè risarcisse tutti i negozianti cui aveva rubato un pasto: in fondo era una missione di grado D e tanto gli anbu quanto Kenshin erano sprecati per una questione del genere. Ryu tutto sommato si complimentò:

Ben fatto, ragazzo. Hai capito il senso della giornata e ti sei comportato bene. Domani comincerai il nuovo step dell’addestramento.

Fu così che Kenshin scoprì che il dolore che aveva provato fino a quel momento era nulla. Fece un giorno di pausa per permettere al suo fisico di ristabilirsi a pieno; in realtà gli fecero più un torto che altro poiché nell’ozio aveva fin troppo tempo di commiserarsi. Infine gli spiegarono il novo livello dell’addestramento: uno sparring prolungato e a senso unico in cui non poteva schivare i colpi ma doveva bloccarli tutti. Questo si sposava appieno con l’allenamento di resistenza fisica che gli avevano propinato fino a quel momento e sottolineava ancora una volta che, per poter essere un assassino perfetto, doveva per prima cosa far sì che il suo avversario non potesse ferirlo.

//Descrivi con chi ti alleni, sensazioni, azioni, successi, fallimenti. Scegli pure per quanto dura. Questo nuovo allenamento, ovviamente, si va a sommare agli altri che facevi prima…//
 
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Nergal.
view post Posted on 7/6/2013, 16:25     +1   -1






Vi era riuscito! O almeno dopo vari tentativi il suo piano aveva funzionato; un primo passo era stato fatto. Un primo passo dopo tutto il sudore perso e il sangue buttato.
Era fiero di se stesso ma non era ancora soddisfatto: la perfezione non è di questo mondo ma doveva riuscire a divenire più silenzioso, più ombroso, doveva nascondersi e perdersi tra le mille facce della folla. Nessuno doveva essere. Ma per il momento aveva capito le basi e le prime fondamenta gettate, il seguito sarebbe arrivato con il tempo, la costanza, l’allenamento e il talento. Ma soprattutto con la volontà.

E la notte tossì sangue più del dovuto e la mano si strinse con forza quel petto, artigliando quel cuore malandato, e il sudore fu grondante, ma la cosa peggio era che non sentiva più le gambe e parte della zona destra del corpo era completamente andata. Come un ictus che blocca le sinapsi nervose adibite al controllo della zona destra del corpo, così Kenshin sperimentava sul suo corpo quella nuova sofferenza. Un verme era senza che potesse fare nulla: solo sbavare, articolare parole sconnesse e il mondo si fece vorticoso e un caleidoscopio di immagini, sensazioni, colori, furono, in tumulto, sia dentro che fuori di lui. Il tempo concesso lui era davvero poco. Molto poco e quello che gli aveva detto quell’uomo corrispondeva a vero e la vita lentamente scivolava via dalle sue mani come sabia. Non poteva fare null’altro che continuare ad opporsi ma come’ Come fare a bloccare il destino? Come arginare il tempo e lo scorrere impetuoso di esso? Non era possibile. Non poteva. Non poteva farlo era come mettere un pezzo di roccia fermare i flutti tumultuosi del mare, come poteva fare un uomo una cosa adibita ai Kami? Lui era un uomo non un Kami; non era immortale, non poteva ingannare ancora a lungo la morte e quella battaglia estenuante sarebbe finita da lì a poco tempo. E la notte passò tra gli spasmi, la tosse, il dolore e una lacrima che scendeva sulle sue gote a bagnare il pavimento con gocce di disperazione e di rabbia.


Il giorno dopo il suo corpo sembrava essersi ripreso; ma non era al massimo – ma quando mai lo fu d’altronde’ – ma per fortuna poteva riposarsi. Ormai il suo corpo era al limite e in questo modo la malattia e il carico sul suo cuore aumentavano, e l’aria mancava, il mondo si faceva bianco a tratti e gli occhi si rigirarono e le gambe cedettero. Ma doveva resistere. Poteva morire certo ma non prima che la maschera avesse coperto il suo volto. E pregò i kami di dargli altro tempo. Gli serviva solo un apio di anni ancora. Solo un paio di anni e poi la morte poteva reclamarlo. Solo un paio di anni…un po’ di tempo…solo un altro po’…


Il suo nuovo allenamento – ora che sembrava che il suo cuore potesse resistere ancora un po’ – era come gli altri. Doveva resistere ai colpi, pararli ma non schivarli. Questo significava non rimanere in una posizione di difesa ma cercare di capire e anticipare il movimento per attaccare lui stesso e fare male al suo avversario.
Non poteva permettersi di essere passivo ma resistere e attaccare, fare che ogni pugno che passasse le sue difese fosse un contraccolpo per il suo avversario, non una vittoria ma una lenta sconfitta.
Il ring. I pugni. Il sudore. Il dolore. Attaccare senza indietreggiare mai. I giorni che passavano. Lividi e abrasioni. Costole rotte. Pugni e nocchie rotte. Occhi pesti. E i gironi continuavano e il sorriso non lo abbandonava ma ogni notte il suo cuore urlava il suo dolore e ogni volta le medicine non facevano effetto.
Il suo tempo ormai era giunto alla fine ma sorrideva e gli allenamenti proseguivano senza che nessuno sospettasse.
E imparò a non schivare ma incassare: a irrigidire la zona prima del colpo, a contrattare, a fare male al suo avversario. E ogni volta che provava dolore – quel dolore che lo faceva sentire vivo – cercava di rimandarlo al suo avversario amplificato.
I suoi pugni si scontravano con quelli dei suoi avversari, i suoi occhi erano sempre più volitivi e ardevano. Esplodevano come le stelle nel cielo illuminando il suo avversario e rendendo il suo orgoglio manifesto e tangibile, in quei colpi d’acciaio; sudore e dolore non erano nulla per lui e in silenzio soffrì. In silenzio si allenò. In silenzio si curò e la sua volontà orami che muoveva quel corpo distrutto e stanco ma non dagli ANBU ma da un destino che non gli permetteva di poter morire come lui voleva.
E ogni sera di fronte allo specchio le lacrime scendevano copiose e il vetro fu in spaccato in mille frammenti: rosso sangue colò dai pezzi di vetro, un pugno su di essi e un ringhio selvaggio. La voglia di poter finire quello che aveva iniziato ma purtroppo con il destino non si scende a patti e tutte le sue carte ormai le aveva giocato da tanto, tanto, tempo. Non aveva più assi nella manica e lentamente la sua forza svaniva. Ma mai si lamentò e combatté e si allenò ancora…ancora…ancora.
Era quasi giunto a capire come poterli bloccare del tutto, a far del suo corpo un armatura impenetrabile e del dolore un arma. Arma da rimandare indietro ad ogni suo nemico ma purtroppo il tempo stava scadendo…ma quel sorriso rimaneva: anche con il viso pesto, anche con il cuore che batteva gli ultimi istanti della sua vita, anche con le costole e il corpo a pezzi quella volontà e orgoglio rimanevano perfetti e lucenti.
Non si arrendeva ancora.






//Appunto per il master: Kenshin ha un mese di vita e oramai il suo tempo stà finendo ;). ecco il perché ho scritto così questo post.
Vedi te se và bene io ruolo solo Ken e le sue sensazioni, le sue aspettative e fallimenti spero che ti gusti.//
 
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Excalibur's Rover
view post Posted on 9/6/2013, 12:00     +1   -1




//Ok, riassumendo, guadagni la passiva dell’assorbimento con (def/res)/4 , l’attivazione e la tecnica contraccolpo, più quelle generali da Anbu. Manca solo la trasfigurazione animale//

Una sera durante un pasto Ryu si accostò nuovamente a Kenshin. Sembrava crucciata e, visto come il chunin l’aveva trattata fino a quel momento, la faccenda pareva preoccupante. Il viso del ragazzo dovette manifestare la cosa in qualche modo perché lei, sedutasi di fronte a lui, gli disse:

Stai calmo… non sono qui per fartela pagare per tutta l’insolenza che mi hai usato in questi giorni. Magari ti interpellassi per simili cavolate…. No, la faccenda è ben peggiore. Il tuo allenamento è sospeso.

Sospeso? Cosa aveva fatto di male? Si era comportato al meglio delle sue possibilità, era stato bravo, lo avevano detto loro! Ora perché si permettevano di sospenderlo? Quell’addestramento era l’unica cosa che aveva dato un senso alla sua vita da condannato. La spiegazione arrivò presto:

In ogni caso hai quasi imparato tutto … Domani parti, vieni con me.

Ma allora non era stato sospeso per demerito.

Qui hanno tutti impegni importanti… Nessuno mi può accompagnare. Verrai tu. E’ comparso questo tizio, che ha trasformato un villaggio in un altare sacrificale, fondamentalmente. Sospettiamo che abbia qualche nesso con Watashi, quindi va eliminato. E’ troppo pericoloso per catturarlo e interrogarlo… Mi serve qualcuno che badi al perimetro e tenga a bada eventuali progenie. Vai a dormire, ora. Il tuo nuovo equipaggiamento è già stato consegnato nella tua stanza. Partiamo alle 4 di stanotte, muoviti.

Era agitata. Dovevano avere a che fare davvero con un pezzo grosso. Era meglio fare come diceva.

//Quindi hai anche l’equip. Descrivi fino all partenza, se vuoi anche il viaggio, fa un po’ come credi. Ah, una cosa, stai attento agli errori di battitura. Non hai centrato un punto interrogativo che fosse uno nell’ultimo post.//
 
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Nergal.
view post Posted on 9/6/2013, 14:27     +1   -1






Il piatto davanti. Perdersi in quel piatto e pensare…pensare…ma alla fine a cosa serviva? Alla fine la sua corsa stava per finire, la strada davanti a lui era ormai al capolinea perché sforzarsi tanto? Certo era vivo, si sentiva vivo lì dentro, ma per che cosa lottare e soffrire se dopo tutto questo sarebbe stato oblio, polvere e morte? Poteva alzarsi, non salutare nessuno e andare via; tornare all’origine, tornare a casa sua e attendere la nera falce posarsi sul filo sempre più teso della sua vita. Era così facile. Dannatamente facile e tutto sarebbe finito.
Ma vi era qualcosa, un orgoglio o una voglia, che lo tenevano su quella sedia davanti a quel piatto, immerso in mille pensieri foschi ma tra mille pensieri non vi era nessuno di arresa o sconfitta.
Avrebbe continuato senza lasciare le cose a metà…e chiuse gli occhi. Il piatto divenne freddo.
Un ombra si allungò, come una mano a scacciare la nebbia e i dubbi sul suo cuore, e quei due occhi viola incontrarono quelli di Ryu. Si sedette vicino a lui, il volto corrucciato e occhi negli occhi. Un sorriso sul volto perfetto del samurai che attese la tempesta.
Il suo essere insolente e insofferente a qualunque imposizione gerarchiale forse gli sarebbe ritornato contro ma attese. Attese e la guardò fissa. Fissa nei suoi occhi e il cucchiaio fu messo sul piatto e attese.
Poteva pensare mille cose ma niente di così fuori dal normale – normale una parola che negli ANBU non acquistava valenza – ma che il suo addestramento fosse fermato, sospeso perché lei era una mestruata lo faceva andare su tutte le furie. Il pugno sinistro venne serrato, le due gemme che aveva per occhi guizzarono fiamme e rabbia e si alzò lento e ferale.
I suoi capelli, come la coda di un drago, ondeggiavano per la forza del chakra che stava emanando Kenshin, mista a rabbia.


Spero che tu abbia un motivo…valido soprattutto!

Un sibilo. Solo un sibilo, un sussurro e si avvicinò sempre di più: voleva guardarla negli occhi e vedere se aveva il coraggio di dirgli la verità guardandolo negli occhi. Ma lei di rimando fu chiara: non era sospeso per demerito ma per una caccia all’uomo!
Una caccia a una bestia che, approfittando di watashi – usando il suo nome oppure un suo accolito – devastava la regione, i villaggi con il suo sadismo, crudeltà e pazzia.
C’era qualcosa però che lo faceva stare all’erta e una sensazione fece capolino dentro la sua anima. Un qualcosa di già visto? Un dejà vù? Perché la cicatrice cominciava a dolergli, il cuore a battere all’impazzita e uno strano sudore ghiacciato corrergli sulla sua schiena?
In ogni caso strani pensieri, strane sensazioni, strani brividi si gettarono sul suo animo turbando la sua naturale quiete e calma. Ma non era per la prima missione da ANBU. No non era per quello era per qualcos’altro che strisciava come un bieco verme avvelenandogli l’anima e instillando la paura in quell’animo d’acciaio.
Un veleno che la corrodeva sempre di più ma anche allora, anche andando nella sua stanza – mentre le mani corsero alla katana affilandola in un gesto meccanico – anche allora mentre i suoi occhi si persero sul soffitto quella sensazione non lo lasciava andare.
Paura. Ma paura molto più profonda e non per andare in guerra o a caccia di un nukenin. Era qualcosa di più ancestrale e profondo ma non sapeva spiegarsi il perché.
Stranamente il suo cuore rimaneva però calmo e la malattia – che da giorni rendeva manifesta la sua presenza – gli aveva dato un momento di pace. Un buon segno? O un presagio di sventura? Si rigirò nel letto più volte con questi pensieri e alla fine i suoi occhi si chiusero.
E un immagine prese forma nei suoi sogni, o incubi, ma non seppe dire chi o cosa era e perché.
La luna era stranamente argentata e luminosa e il silenzio regnava sovrano rotto solo dal respiro profondo di Kenshin…



 
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Excalibur's Rover
view post Posted on 10/6/2013, 08:14     +1   -1




E sotto quella stessa luna i due partirono di buon’ora, così come Ryu aveva annunciato. Era fresco e quel gelo sembrava inquietante, accostato alla prospettiva della distruzione che avrebbero visto lungo la via. Una compagna silenziosa per un tipo taciturno e il profondo senso di estraneità che si prova quando si indossa dell’equipaggiamento completamente nuovo: ecco cosa accompagnava Kenshin nella notte. Prima di partire Ryu, vestita di tutto punto, con la maschera draconica sul volto, diede un rotolo all’allievo.

Tiè…Buttaci un occhio lungo la via… Contiene l’ultima tecnica che devi apprendere per completare ufficialmente il tuo addestramento.

Il viaggio fu breve ma Kenshin ebbe tempo di guardare lo scritto. Conteneva le regole di apprendimento di una tecnica chiamata “Trasfigurazione animale”. Molto comoda, per essere, ma la parte interessante era quella relativa all’animale in cui il proprio inconscio si incarnava. C’era scritto di riflettere su questo aspetto e una volta identificata la bestia, concentrando il proprio chakra sulla maschera…infatti per ora la maschera di Kenshin era una semplice maschera bianca… essa avrebbe assunto la forma della propria bestia. Questo, tra le altre cose, implicava che Ryu potesse trasformarsi in un drago: piuttosto interessante. La vegetazione marciva nel dominio del malvagio dio e le esalazione che provenivano dal terreno offuscavano lievemente il cielo rendendolo di un cupo marrone: non si finiva mai di stupirsi di quanto fosse grande la devastazione portata da Watashi. Era anche inquietante la poca distanza necessaria ad arrivare sul luogo della loro missione. Era vicino, troppo vicino al villaggio: la sua influenza aumentava sempre più, nonostante gli sforzi dell’alleanza ninja per resistere. Un’ora dopo l’alba arrivarono alla meta: un villaggio rurale, circondato dai campi. C’era qualche macchia di vegetazione non troppo lontano. Nessuna progenie in vista e gli edifici sembravano intatti. I due, comunque, si fermarono impietriti. Anche a dieci metri dall’inizio del centro abitato vero e proprio si sentiva un tremendo lezzo di sangue. Ryu diede disposizioni:

Kenshin, sei in missione. Ora non c’è spazio per l’irriverenza ma solo per la professionalità. Hai dimostrato di avere grande tempra in questi giorni, vedi di non deludermi. Io vado dentro… Faccio quello che devo. Tu resti fuori! Chiaro? Fuori! Questa cosa è pericolosa. La senti la puzza no? Io vado a prenderlo, tu badi che qualche Progenie non venga interferire. Prova a trattenerle. Se non ci riesci spara un ninjutsu in cielo. Ci ritroviamo alla roccia crepata vicino al torrente che abbiamo superato poco fa, ok? Addio e in bocca al lupo.

Sparì alla vista, da vera assassina che era, ignara del fatto che Kenshin avrebbe potuto non avere una tecnica atta alla segnalazione, una falla non da poco nel loro piano d’azione.

//Era da un po’ che non aprivo la scheda di Kenshin. Molto bella, complimenti! Ma la musica è tipo una versione metal di Requiem for a Dream? Comunque, spero che non ne avrai a male, ma ho deciso che prima finiamo questa quest qui, poi ricomincio a postare nella mia. Col poco tempo che ho, preferisco dedicarmi a questa che devo snocciolare le mie trame malvagie. XD//
 
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Nergal.
view post Posted on 10/6/2013, 10:22     +1   -1






Notte strana, quasi lugubre, avvolta da un manto – una cappa – di misteri, morte e sangue. L’animo di kenshin vagava lontano, sotto una maschera di porcellana bianca dai tratti indefiniti, mentre i passi suoi e di Ryu, silenti e leggeri, calpestavano l’erba umida e il fruscio del vento ondeggiava tra i loro corpi.
Un brivido freddo percorse quel corpo martoriato e una strana sensazione prese il possesso di lui: gli occhi si voltarono indietro, alla luna e all’orizzonte oscuro, mentre pensieri foschi affioravano nella sua mente.
Due ombre nella notte e una cupa presenza aleggiava intorno a loro; mentre le dita accarezzavano l’elsa rifinita della sua Katana, Ryu gli porse un rotolo. Un rotolo con l’ultima tecnica segreta per gli ANBU assalitori. L’ultima per dirsi concluso il suo addestramento – ma chissà se avesse avuto il tempo di metterlo in pratica – e gli occhi, avidi e curiosi, lessero il segreto ultimo.
Trasfigurazione Animale.
Non a caso l’ANBU assalitore è una macchina di morte perfetta: corpo d’acciaio, furore guerresco, voglia omicida erano solo la corazza superficiale di una via diversa. Loro erano le prime forze di difesa, e anche le ultime, di un villaggio; loro che con il corpo proteggevano da oscurità, pericoli, tenebre ed errori il villaggio stesso. Con la furia del riottare, il sapore del sangue sulle mani e sulla lingua, e la furia nei loro animi.
La furia. Una furia profonda, antica, come quando l’uomo era ancora giovane e solo la propria forza, la propria parte più animalesca, retaggio antico, era l’unica arma per sopravvivere ed affermarsi. Mettersi in comunione con quella parte oscura e farsi aiutare da essa. Combattere il male con il male. Con la parte più malvagia, oscura, densa di tenebra che l’animo umano potesse avere: quella su dove Watashi fece, e fa tutt’ora, leva. La parte che ogni uomo, in quanto imperfetto, tiene celata, nascosta, dentro di sé; le proprie tenebre che in alcuni prendono il sopravvento portandoli alla pazzia e al sadismo.
Ognuno nasce con una parte buona e una malvagia; solo il tempo fa si che una delle due prenda il sopravvento sull’altra ma qui era diverso, qui non si trattava di discussioni filosofiche o di altro. Qui significava guardare in profondità l’abisso celato e oscuro della propria anima, guardarlo senza timore e da esso trovare la forza per battersi ancora. Battersi facendo si che la propria furia, i propri desideri più sfrenati, le proprie paure e timori, la propria oscurità prenda corpo, forma e sostanza e sia libera di scatenarsi.
Per le popolazioni barbariche dell’ovest questa mistica forza, vetusta, arcaica, pericolosa retaggio di quando l’uomo era ancora più simile ad un animale, la chiamavano BERSERKER. Combattenti dove la furia e la fusione con la loro parte oscura prendevano significati antichi e rituali. Non bisognava avere paura della propria parte oscura, ma accettarla, farla propria, e usarla perché nella battaglia non vi è nulla di perfetto e saggio; vi è solo pazzia, sangue, stupidità e istinti bassi e deplorevoli. La guerra è un errore e in essa non vi può essere la gloria.
Kenshin lo sapeva bene: pur essendo un samurai, un guerriero, cercava di sguainare il meno possibile il filo della sua sorella d’acciaio, per cercare altre vie. Perché non vi è nulla di saggio a togliere la vita, non vi è nulla di encomiabile in essa, vi è solo pazzia. E nessun uomo si può arrogare tale diritto; ma vi sono paci che si trovano solo al di là di una guerra alcune volte, il filo della katana deve essere mostrato e quando lo si fa bisogna avere chiaro il perché di tale gesto e capire profondamente se stessi e il momento dell’atto. Un atto che ha delle conseguenze ferali, dove un uomo può uccidere ed essere uscito.
Quante volte lo aveva fatto e quante volte la furia della battaglia – come un istinto primordiale – lo aveva colto e fatto suo. Che in quei momenti anche lui si stava mettendo in comunione con la sua parte oscura? In ogni caso l’olezzo di morte e sangue riportarono kenshin e la sua anima sul momento, la mente si fece attenta senza divagare e i suoi sensi acuiti sul presente; i polpastrelli che accarezzavano la Katana e il suo animo pronto di nuovo alla battaglia.
Watashi rendeva manifesta la sua presenza: la natura marciva, i fetori – come respiro di quel maledetto - offuscavano il cielo e le speranze, ma gli occhi erano vigili e attenti, consci di quello che facevano e il perché.


Vi è un solo giudice dell'onore del Samurai: lui stesso. Le decisioni che prendi e le azioni che ne conseguono sono un riflesso di ciò che sei in realtà. Non puoi nasconderti da te stesso.

Il Meiyo. La frase che ogni guerriero doveva ricordare, perché facendolo ricordava a se stesso chi era e le proprie azioni. Giuste o sbagliate bisognava andare avanti, dritti come il filo di una katana e taglienti come essa. Rispettare se stessi e le proprie idee per non essere burattini di una scacchiera mossi da mani altrui: le uniche mani che dovevano muovere la sua anima erano le sue. E solo i kami sapevano quanto il cuore di kesnhin fosse libero, orgoglioso, volitivo e che la sua strada – benché il destino fosse avverso – l’avesse spianata secondo i suoi desideri.
E così, mentre l’olezzo si fece più forte e il momento ferale, kenshin fu pronto al riottare. Le ultime parole di Ryu, unica che lo aveva trattato da uomo e non da povero sfortunato condannato a morte – e mentre, con un cenno della testa acconsentì, sibilò le sue parole mentre i suoi occhi furono all’orizzonte e la mano pronta al Battou Jutsu.


Ci rivedremo sicuramente. Ho una cena ancora…e poi mi dirai il tuo vero nome…per cui cerca di non morire…Capitano!

 
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Excalibur's Rover
view post Posted on 12/6/2013, 08:13     +1   -1




Il tempo passava, la luce aumentava. L’ambiente diventava avverso a ogni genere di furtività, a meno che tu fossi un Anbu addestrato a nasconderti anche nelle ombre diurne. Se il modus operandi di Ryu poteva essere sembrato strano a Kenshin fino a quel momento, ora tutto aveva un senso: loro potevano agire indisturbati anche con quella luce, continuare a occultare la propria presenza e colpire non visti. Il nemico, e le dissennate Progenie, si sarebbero fatte vedere da lungi. Tuttavia lo spazio e il tempo languivano e nulla accadeva. Kenshin non aveva in mente un piano preciso di pattugliamento e stava lì dove Ryu l’aveva lasciato, nell’ombra di un vicolo: con gli occhi si guardava intorno circospetto per avvistare per tempo eventuali mostri, con la mente pensava alla seducente addestratrice. Glie ne aveva fatte passate di cotte e ancor più di crude ma era anche stata l’unica donna che lo avesse trattato con umanità e uguaglianza. Quale più importante gesto di affetto può esserci per un uomo malato? Chissà come si chiamava? Chissà se aveva diritto a una vita normale, con i conseguenti hobby che ne derivano? Lo stesso Kenshin non aveva bene idea di come sarebbe proseguita la sua vita, una volta che il successo di quella missione avesse segnato il suo ingresso nella squadra Anbu. Come sempre, in questi casi, furono decisamente fantasticherie ottimiste e irreali: il successo non era nient’affatto scontato. Ci pensò una Progenie a ricordare a Kenshin questo particolare. D’un tratto sentì un rumore di legno schiantato che però non proveniva dal centro del paesino dove si sarebbe verosimilmente svolto lo scontro tra Ryu e il bersaglio: veniva da più lontano, approssimativamente dal cerchio esterno di case dal lato opposto a dove si trovava Kenshin. Questi si rese così conto del suo pessimo sistema di sorveglianza: aveva lasciato che una Progenie arrivasse vicino all’agglomerato di abitazioni, cioè aveva fallito in pieno. Corse, corse veloce, mentre svariate consapevolezze lo colpivano e lo motivavano a fare ancora più in fretta: per prima cosa rischiava di essere bocciato, visto che stava fallendo nel suo compito. In più c’era il rischio che un mostro sanguinario si andasse ad aggiungere agli ostacoli di Ryu, che già aveva a che fare con un tizio estremamente pericoloso: la sua bella era in pericolo. Kenshin non era lo Shinobi più rapido di Kumo, anzi…, e ci mise un po’ ad arrivare. Nel frattempo il mostro, poiché proprio di un mostro si trattava, aveva divelto una casa, nel tentativo di insinuarsi in un vicolo. Per fortuna era una bestiaccia stupidissima altrimenti la situazione sarebbe stata molto più grave. Tuttavia quella particolare Progenie compensava l’intelligenza con la taglia e la forza. Era enorme: una gigantesca bocca irta di denti lunghi e sottili, decisamente inquietanti, che si reggeva su tre zampe tozze e indefinite. Dal retro della bocca partivano tre tentacoli dall’estremità colma di barbigli uncinati, decisamente pericolosi. In quel momento, grazie a Dio era davvero stupida, stava strattonando un’altra casa, nel tentativo di toglierla dai piedi per continuare ad avanzare nel vicolo. Non sembrava essersi accorta della presenza di Kenshin; questi si domandava sulla ragione della presenza del mostro. C’era solo una possibilità: era attirata dall’olezzo del sangue.



//Beh, la prossima volta puoi dirmi come intendi portare a termine il compito che ti è stato affidato. Altrimenti, di default, lo fai male. Inoltre stai attento agli errori di battitura.
Nel prossimo post fai come credi, vagliando gli ordini che hai ricevuto. Se attacchi il mostro hai un bonus come se fossi nascosto.//
 
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Nergal.
view post Posted on 12/6/2013, 14:30     +1   -1




//Diciamo che l'ho fatto di proposito. Essendo che è stato promosso chunin più per pietà che per altro, in tutto ha sempre fatto missioni D e in coppia, ho ruollato che in una situazione del genere non sapesse come procedere. Non volevo che fosse il solito PG che già sà cosa fare ma che acquisisce esperienza nel tempo.
Kaito è nato guerriero ed è stato addestarto senza remora alcuna Kenshin uguale ma è sempre stato tenuto in disparte dai veri combattimenti per pietà e misericordia. Ecco perchè alcune volte non sarò una scheggia d'astuzia appunto per seguire la caratterizzazione che gli ho dato, almeno fino a quando lo riterrò adatto ^^.
Hai fatto bene in ogni caso a farmi sbagliare volevo proprio questo ;) /



L’inesperienza gioca a volte brutti scherzi e quanto maledì il villaggio e chiunque non gli avesse permesso di fare esperienza e di essere se stesso.
Ed ora una compagna era in pericolo. Pericolo che lui aveva creato con la sua stupidità! Si maledì più e più volte mentre i suoi sensi finalmente svelavano dove il nemico si celasse.
Fu stupido, davvero stupido a non acuire la sua mente e a sorvegliare il perimetro concentrando se stesso e ampliando le sue percezioni. Uno stupido che si atteggiava a guerriero e samurai quando invece non era né l’uno né l’altro e ci volle quella doccia fredda a farglielo capre. Ma cosa stava aspettando’ Cosa stava pensando per far si che non avesse capito quanto tutto era nelle sue mani e un singolo errore poteva costare la vita di Ryu; lei che combatteva contro un nemico di certo forte, pericoloso, sadico e violento e lui ci aveva messo pure la sua inettitudine.
Lui che permise che una progenie di quel Dio malefico potesse portare scompiglio nell’area che LUI doveva sorvegliare, che LUI doveva difendere e far si che la sua compagna potesse combattere con le spalle coperte da un vero ANBU e non da un misero ragazzino che era troppo propenso a dare la colpa agli altri per i suoi errori e la sua malattia piuttosto che dimostrarsi degno, finalmente, di quella maschera.
La lama venne sguainata mentre kenshin corse a perdifiato. Cosa importava essere ANBU se poi si faceva fregare così? Cosa importava di prendere la maschera se poi metteva a rischio, con la sua inettitudine, una persona come Ryu? Cosa voleva dimostrare se la sua stupidità era così manifesta? Ma kenshin era uno che imparava dai suoi errori, non era tipo d’arrendersi, non era tipo da mollare, non era neanche tipo da tirarsi indietro di fronte a chicchessia. Rispetto per il nemico ma avrebbe combattuto al massimo delle sue forze senza risparmiarsi: gli aveva promesso le spalle coperte e così avrebbe fatto! E se ci avesse rimesso al vita almeno avrebbe pagato il suo errore con la vita ma Ryu sarebbe stata salva e il loro compito portato a termine. E la lama saettò nella sua mano mentre l’immonda bestia – più attinente alla forza che all’intelligenza – sembrava portare morte e distruzione senza freno e senza raziocinio.
Forse i kami erano stati clementi e non gli avevano messo di fronte un essere dotato di intelletto sviluppato – o forse l’impressione era questa e nascondeva mille altre insidie? – ma i suoi occhi corsero intorno alla zona circoscrivendola e pensando ad un piano d’azione.
Se ve ne fossero state altre lui doveva muoversi in fretta ed essere rapido e silente. Un colpo solo. Solo un colpo aveva per poter portare subito, e non visto, il feral colpo su di essa. Doveva essere veloce e tagliente come la katana al suo fianco e mirare ad un punto dove poteva essere vulnerabile e scoperta.
Portare subito lo scontro dalla sua parte e finirla in un rapido scambio di colpi; il pericolo che molte altre vi si aggirassero era grande e lui da solo. Non poteva perdere tempo.
La lama saettò, ronzando con la sua voce d’acciaio la voglia di rivalsa di ken e insieme il suo orgoglio e voglia di avere sangue e vittoria. La lama era pronta, il suo filo lucido e tagliente, bramosia di sangue e voglia di non sbagliare più, il malefico figlio di watashi intento nella sua opera di distruzione incontrollata e senza freni. E mentre intorno era distruzione il terreno si apprestava ad un agguato non visto ad un unico colpo per poi ritornare tra le tenebre amiche e trovare rifugi tra le case diroccate e distrutte da quell’ammasso di tenebra e odio verso il mondo degli uomini. Attratta lì dall’olezzo del sangue e della morte e come lei, forse, molti altri. Doveva attirare su di sé l’attenzione e finirla in un rapido scambio di colpi o addirittura, ma non doveva farci affidamento, al primo colpo.
Avrebbe mirato sotto il ventre con un unico colpo portato con tutto il suo orgoglio e forza, con il ricordo dell’addestramento, del sangue e del sudore versato, portato con la forza di un uomo che non si sarebbe mai arreso e avrebbe fatto tesoro dei sbagli, degli errori che avrebbe di sicuro commesso nella sua vita. ma non si sarebbe tirato indietro, si sarebbe rialzato avrebbe impugnato le sue armi e dato battaglia!
E veloce la lama saettò cercando di colpire il punto prestabilito: aprendo squarci e budella, sangue e muscoli e che la morte sopraggiungesse a reclamare il suo tributo.







<attivazione> -Concentrazione Chakra- 196/10= 19.6
Chk 196+19.6=215.6
STM 66-10=56

<attivazione>< - Kegaininton: Assalto ANBU - (Stm: Variabile) "La discrezione è secondaria per questo gruppo di ANBU, che preferisce di gran lunga un bel combattimento aperto rispetto alle più complicate procedure Ninja. Proprio per questo motivo sono addestrati fin dai primi giorni nell'entrata del gruppo a potenziare il proprio fisico per difendere e attaccare al meglio. Per questo motivo gli appartenenti a questa squadra sono spesso delle persone imponenti, capaci di incutere timore anche al più coraggioso degli uomini. Ma questo timore riverenziale non sarà giustificato a meno che questi non usino la jutsu dell'Assalto ANBU, che garantisce al fisico del ninja un potenziamento a dir poco eccezionale. I muscoli si gonfiano acquistando volume ed anche vigore, ma non solo, diventano anche più rigidi in modo tale da poter incassare meglio gli attacchi diretti verso di lui per poi ricambiarli con fendenti altrettanto mortali, se non anche di più. In questo stato, che agisce non solo sul corpo ma anche nella mente tanto da spingere l'ANBU ad avere un calo dei freni inibitori, l'assassino speciale ottiene un bonus alla Forza di 80 quando attacca per un turno, ed un ulteriore bonus speculare alla Difesa e alla Resistenza (Non utilizzabile per difendersi dalle Genjutsu) per un altro turno. Da Jonin la tecnica verrà affinata, tanto che garantirà un ulteriore bonus da 40, mentre da Jonin-S di 100. Il costo in Stamina è pari a 5/7/10."
ATT
FRZ 43+CHK 215.6+35 NINJATO+14 LAMA FISCHIANTE+80 ANBU +39 EFFETTO NASCONDERSI= 427

STM 56-5-21.5=29.5




//Se non capisci qualcosa sai dove trovarmi.//
 
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Excalibur's Rover
view post Posted on 13/6/2013, 20:40     +1   -1




Un attacco feroce. Un attacco potente. Un attacco che comprimeva e lasciava esplodere tutto quello che l’Anbu…sì, perché ormai Kenshin si poteva definire un anbu a tutti gli effetti…. Tutto quello che l’anbu aveva appreso nel suo addestramento. Un freddo colpo risolutore menato per proteggere il villaggio, anche se per vie piuttosto traverse. Un colpo di spada motivato e spinto anche dalla voglia del chunin di riscattarsi dalla stupidaggine che aveva appena fatto. Fortunatamente per lui fu un colpo efficace: la spada penetrò fino all’elsa e fendette la carne del mostro lungo tutto il “fianco”. Non che quella schifosa e reietta creatura avesse qualcosa che si potesse definire fianco. Oltre a ferire gravemente il mostro, il colpo ebbe altri molteplici effetti. Per prima cosa rese la creatura conscia della presenza d Kenshin. Come secondo effeto un fiotto di pus, misto a sangue, fumoso per via del calore, investì il ninja, bruciandolo. Dunque tagliuzzare quella Progenie non era la tattica migliore, evidentemente, altrimenti Kenshin sarebbe morto per le ustioni causate dal sangue.

5 danni da ustione quindi -5 int e res e -1 vita per turno

Dopodichè fu la volta del mostro ad attaccare. Aveva un che di spazientito: probabilmente era stata la fame e la sete di sangue a portare quell’ammasso di fauci fin lì e ora qualcosa lo disturbava dal recarsi al suo pasto. Con furia mulinò i tentacoli uncinati verso Kenshin: pareva proprio che lo volesse sventrare.

For:300 contrattaccabile ma non ti conviene, contundente e tagliente

Nel frattempo Kenshin doveva anche farsi venire in mente un modo per ammazzare quel mostro in una volta sola. Doveva pur esserci un modo…

//Beh, io un modo l’ho pensato…e non te lo dico. Magari hai idee migliori. Divertiti. Ah, ti odio. Perché hai messo conti? Non ne avevo voglia! XD Comunque ormai continuiamo così, è meglio….

Doveroso scusa per la lentezza//
 
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Nergal.
view post Posted on 14/6/2013, 14:00     +1   -1




//Ops scusami per i calcoli. Ma se vuoi facciamo anche senza. Anzi mi faresti un gran favore e che molte volte i master mi richiedono i calcoli. Per cui gli ho messi a scopo indicativo. Se andiamo solo a role il mio animo da PP si scatena in tutta la sua essenza. Cmq in questo post, nella fase difensiva li metto, nella fase d'attacco no. Se sbaglio picchiami pure.

P.S grazie per i complimenti alla scheda ;9 e si la musica è requiem for the dream ma metal.//




La lama penetrò a fondo. Agonia ed urla di morte, mentre i due lottavano e il feral freddo baluginava sinistro mentre la carne era aperta e il sangue macchiava quella terra.
Fredda lama e freddo Kenshin, mentre le mani tenevano stretta la lama che penetrando avvertiva la creatura che non era immune da dolore o morte anzi. Come tutte el creature di questo mondo anche lei era terrena, ed essendo terrena, benché partorita da un Dio, era legata dai legacci della carne e della mortalità. Non era superiore a lui anzi: era una bestia che si contorceva senza avere nulla di che. Senza anima e senza cuore. Un involucro vuoto animato solo da un oscura volontà che si era mostrata ad est in una violacea luce, portando il mondo in guerra.
Ken in quel gesto era il gesto del mondo. Un gesto di rivalsa, di libertà, di coscienza e di diritto. Un gesto orgoglioso, coraggioso e non domo; un gesto di un uomo libero e senza paura che combatteva per affermare il proprio diritto alla libertà e al libero arbitrio; ma la spada penetrando mostrò il vero pericolo insito proprio nel sangue di quella creatura: un sangue bollente e caldo come il fuoco che gli aveva bruciato la spalla.
Un problema non da meno questo. Per un samurai la sua via era la spada e non poterla usare per offendere faceva calare drasticamente le sue possibilità di attacco. In più a corta distanza poteva essere temibile e farla a fette rischiava di essere lui a morire insieme a lei. Una buona prospettiva ma non se lo poteva evitare e con un salto si scansò da essa e posò il suo sguardo, volitivo e quel sorriso su di essa. Il sorriso non mancava mai in kesnhin quando iniziava a mostrare le sue reali peculiarità.
La spalla faceva male ma non era nulla: una leggerissima puntura di tanto in tanto, e visto il suo allenamento, la sua vita, il suo essere era facilmente ignorabile.
Anzi a vederla muoverla con disinvoltura sembrava quasi che non fosse successo nulla. Questa era la potenza, la volontà, l’essere, il vero essere, di kenshin: temprato dal destino e dalla volontà ed ora sorrideva di rimando a quell’immonda creatura.
E la sua mente aveva già pianificato un pano: il terreno di scontro era congeniale, le sue capacità erano ottime per quello che si apprestava a fare, l’addestramento ANBU sarebbe servito. Ma cosa più importante di tutte: la sua lama sarebbe stata altro. Non poteva attaccare a lunga distanza però poteva riuscire ad ucciderla in quel modo.
Ma prima doveva fronteggiare il patetico attacco: qualcosa di semplice, qualcosa di stupido, qualcosa che si aspettava. Quella creatura era forza e distruzione ma non era guidata da un intelligenza, indi per cui poteva essere tratta in inganno con qualcosa di particolare ma prima…e sorrise mentre i suoi piedi volarono letteralmente sulla terra, su quelle travi rotte e su quelle case diroccate mentre il colpo sfrecciava su di lui. Pazzia? No questo era kenshin! Quel colpo impattò su quell’armatura fatta di volontà e resistenza che era il corpo potenziata dall’anima di un guerriero e sorrise. E gettò il fumogeno contro il mostro. Il piano era semplice: non poteva avvicinarsi e tagliarlo con un unico colpo sennò il suo sangue rischiava di investirlo e bruciarlo del tutto, ma se i suoi sensi erano oscurati, se il fumogeno avesse fatto il suo dovere, lui poteva infilzarlo con una trave. Restando nascosto tra le ombre e tra le macerie in attesa del momento propizio.
I suoi sensi già tracciavano l’intera aerea circoscrivendo le azioni di quella malefica creatura: il suo essere era untato sul battito del cuore della creatura, sul suo chakra, mentre i suoi sensi tracciavano la posizione e l’odore del sangue della creatura distinguendolo dagli altri.
Avrebbe preso una trave per poi farla abboccare ad una finta: avrebbe lanciato un'altra trave dalla parte opposta mentre lui si sarebbe lanciato in aria per poi infilzarlo dall’alto lanciando direttamente la trave.
Se il piano avesse funzionato lui poteva dirsi vittorioso. In caso contrario avrebbe combattuto! Con il sorriso, sempre e disgustosamente beffardo, sul volto.











INT 33-5=28
RES 74-5= 69

VTA 33-1=32




FASE DIFENSIVA

ATT 300

Chk 215.6

<attivazione>< - Kegaininton: Assalto ANBU - (Stm: Variabile) "La discrezione è secondaria per questo gruppo di ANBU, che preferisce di gran lunga un bel combattimento aperto rispetto alle più complicate procedure Ninja. Proprio per questo motivo sono addestrati fin dai primi giorni nell'entrata del gruppo a potenziare il proprio fisico per difendere e attaccare al meglio. Per questo motivo gli appartenenti a questa squadra sono spesso delle persone imponenti, capaci di incutere timore anche al più coraggioso degli uomini. Ma questo timore riverenziale non sarà giustificato a meno che questi non usino la jutsu dell'Assalto ANBU, che garantisce al fisico del ninja un potenziamento a dir poco eccezionale. I muscoli si gonfiano acquistando volume ed anche vigore, ma non solo, diventano anche più rigidi in modo tale da poter incassare meglio gli attacchi diretti verso di lui per poi ricambiarli con fendenti altrettanto mortali, se non anche di più. In questo stato, che agisce non solo sul corpo ma anche nella mente tanto da spingere l'ANBU ad avere un calo dei freni inibitori, l'assassino speciale ottiene un bonus alla Forza di 80 quando attacca per un turno, ed un ulteriore bonus speculare alla Difesa e alla Resistenza (Non utilizzabile per difendersi dalle Genjutsu) per un altro turno. Da Jonin la tecnica verrà affinata, tanto che garantirà un ulteriore bonus da 40, mentre da Jonin-S di 100. Il costo in Stamina è pari a 5/7/10."
DEF 74+CHK 146+80 ANBU=300

ATT 300- DEF 300=0 PARATO

STM 29.5-5-7.3=17.2

FASE ATTACCO

<attivazione> - Camminare nell'ombra - [Stm: -5 per turno]"Ogni ninja che si rispetti sa quanto sia essenziale celare la propria presenza al nemico, cancellando se necessario anche le tracce del proprio passaggio. A maggior ragione un ANBU è consapevole di quanto sia importante rimanere nascosti nell'ombra. Icone del segreto e del mistero, i membri della Squadra Speciale hanno quindi imparato a rendere i propri passi impercettibili e a nascondere la propria presenza. Soltanto i ninja più esperti sono in grado di capire se un assassino li sta spiando, pedinando ecc. Infatti l'ANBU che userà questa tecnica potrà passare completamente inosservato, tranne nel caso in cui il nemico abbia un livello di fiuto pari a 3 o superiore oppure sia in possesso del Byakugan. In combattimento invece questa tecnica permetterà al ninja che la usa di fuggire dal campo di battaglia, mentre - nel caso in cui il nemico soddisfi i requisiti elencati sopra - il suo inseguimento sarà possibile."

17.2-5=12.2




//Credo sia chiaro: durante la parata del colpo lancio il fumogeno in modo tale da oscurargli la vista. contemporaneamente mi sposto e utilizzo camminare nell'ombra per rimanere celato e portarmi in una zona di sicurezza. nel mentre utilizzo fiuto e sensitivo per non perderlo "di vista". Lanciò una trave, un pezzo di legno, qualsiasi cosa da un altra parte sperando che segua il rumore ed attacchi da quella parte. Nel mentre lo attacco dall'altro lato, dall'alto, lanciandogli la trave proprio in mezzo al cranio.
vista la distruzione creata non dovrebbe essere difficile trovare qualcosa di appuntito da usare come fece ulisse contro polifemo ;).
L'attacco e senza calcoli perchè non sapevo regolarmi a calcoli. se servono edito. a te quantificare se và bene oppure schiatto( ho stam quasi a zero dannazione!)//
 
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Excalibur's Rover
view post Posted on 16/6/2013, 09:01     +1   -1




//Ottima risoluzione della faccenda sia per la faccenda dei calcoli che per la tattica//

Kenshin aveva compreso a pieno l’essenza dell’essere Anbu assalitore. Con coraggio si scagliò a sua volta contro l’attacco della bestia, respingendola con la possanza e la tenacia che aveva acquisito in quei giorni di massacrante allenamento. Fu in quel frangente che l’arrogante chunin si rese conto che tute le vessazioni che aveva subito erano davvero servite a qualcosa: il suo corpo era talmente tanto abituato alle ferite e al dolore che quel colpo non significava nulla per lui. E dire chela Progenie era di una taglia ragguardevole… Dopodichè fu lui a portare la sua offensiva. Così come gli era stato insegnato, agì come un brutale cavaliere oscuro. Offuscò i sensi del mostro e con violenza gli conficcò una grossa trave nel cranio: il figlio di Watashi morì nella confusione più totale senza mai sapere da dove e in che forma la morte giungeva su di lui. Un abnorme spruzzo di sangue sgorgò dalla ferita arrivando a tre metri d’altezza. Per fortuna l’attacco di Kenshin era giunto da una certa distanza perché altrimenti questa volta sarebbe morto di sicuro. Il liquido malefico annerì e consumò le rovine delle abitazioni adiacenti al mostro. Scese la calma: era andato vicino al fallimento ma se ne era tirato fuori. Facilmente, tutto sommato. A parte il fatto che era esausto. Se si fosse avvicinata un’altra creatura ostile non sapeva come avrebbe fatto ad affrontarla.
Uno schianto in una via vicina. Non sembrava causato da qualcosa di mole notevole. Sembrava qualcosa di più snello. Con circospezione Kenshin si avvicinò. C’era l’angolo di un tetto sbeccato e a terra giaceva Ryu. La maschera semi infranta, numerosi tagli sul corpo… Era palese che la ragazza era stata sbalzata fin lì da un colpo violentissimo. Aprì gli occhi, vide Kenshin:

Portami via, veloce. Non ce la faccio a muovermi. Non so cosa mia ha tagliato. Via via. Se arriva siamo morti. Svelto Dobbiamo scappare. Dobbiamo avvisare il villaggio… Qui ci vuole un’intera squadra.

Fece una pausa ansimante. Sembrava piuttosto moribonda.

Non pensavo che esistessero uomini capaci di certe brutalità…Uomini….
 
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Nergal.
view post Posted on 16/6/2013, 17:48     +1   -1






La morte lo accolse com’era giusto che fosse. Il sangue sprizzò in alto, vessillo di vittoria e di morte, mentre Kenshin con il fiato grosso si accasciò in ginocchio. Il sorriso beffardo aveva lasciato il posto al respiro corto ed ad una smorfia di dolore e stanchezza. In ginocchio, appoggiato alla katana, le gocce di sudore imperlavano il suo volto mentre i suoi occhi, come pietre preziose, emanavano luce vittoriosa e volontà. Per il momento il nemico era stato sconfitto ma non poteva permettersi di distrarsi ora. Non poteva e non doveva: errare humanum est, perseverare diabolicum.
Erano vere queste parole. Non poteva permettersi ora riposo e altri sbagli. Qualcuno aveva bisogno di lui e non era il momento del riposo. La morte sarebbe stata il suo unico riposo. E così si mise in piedi e il cuore batteva forte ma sembrava che il demonio lo lasciasse in pace…al momento.
Respirò profondamente mentre con un gesto sinuoso la katana veniva di nuovo a trovarsi nella sua casa di cuoio rifinito e duro, il filo delicatamente strusciava su di esso e veniva riposta. Un suono metallico e la sorella di kenshin era silente, dormiente quasi in attesa di nuovi nemici e nuovi scontri mentre lui si guardava intorno aumentando i suoi sensi.
E poi sentì un rumore! Di nuovo uno schianto questa volta sembrava diverso e i suoi sensi non avevano notato nulla. Cosa stava succedendo davvero? E scattò di nuovo ma aveva una strana sensazione: nessuno poteva entrare nel suo perimetro senza che se ne fosse accorto. Non ora che era concentrato al massimo, per cui significava o che già era dentro o che aveva occultato la sua presenza. La seconda ipotesi era maledettamente ghiacciante: se occultava la sua presenza significava che era temibile. Molto pericolosa e che poteva ucciderlo in un attimo, ma cosa più importante di tutti significava che poteva avvicinarsi a Ryu ed ucciderla!
Erano troppo pochi e non potevano riuscire servivano rinforzi se le sue ipotesi fossero state reali.
Ma poi, quando i suoi occhi si posavano sulla fonte del rumore, un brivido freddo gli percorse la schiena e ghiacciò la sua spavalderia: Ryu era esanime a terra. Mille ferite su quel corpo e sembrava messa molto male. Non andava bene per nulla quella situazione. Si avvicinò a Ryu sincerandosi delle sue condizioni e facendogli mangiare qualche pasticca per darle forza e farle passare il dolore.


Non ti avrei lasciato qui anche se te eri di avviso diverso. La situazione è molto più tremenda di quello che pensavamo. Non solo per questo fantomatico lui, ma perché la progenie è troppa. In ogni modo dobbiamo ritirarci e cercare un modo di tornare vivi.
Te non sei in condizioni di combattere e io non posso badare anche a te per cui cerchiamo di ritornare tra mura amiche. E poi chi diamine è questo tipo? Dimmi di più o faremo la fine del topo!



 
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35 replies since 21/5/2013, 18:55   324 views
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