Narrato
*Pensato*
"Parlato"
Hideki passeggiava da alcune ore nel cuore commerciale di Konoha, senza che nemmeno lui sapesse esattamente ciò che stava cercando. Molti negozi erano sorti in quella zona da che era ancora un ninja, e tale varietà e confusione lo disorientavano. I vecchi riferimenti erano scomparsi, i negozi dove acquistava il suo equipaggiamento erano ormai chiusi, o avevano cambiato gestione, scadendo di qualità. Mentre osservava le vetrine tra il via vai di gente, ripensò al giorno in cui suo figlio divenne un vero Senju, il giorno in cui risvegliò il potere sopito nel suo sangue.
Quel giorno più di altri, vide suo figlio sotto una luce diversa. Egli non era più il ragazzino spensierato che giocava sugli alberi insieme alla sua amica Yukiko. Dal momento in cui diventò Genin, tutto era cambiato. Suo figlio cresceva rapidamente, un giovane e forte germoglio che pianta le sue radici nel fertile terreno, e si innalza a toccare il cielo. Tuttavia, una crescita così repentina avrebbe potuto indebolirlo. Non avendo avuto il tempo di consolidarsi, il peso del suo stesso tronco lo avrebbe curvato. Hideki temeva questo, temeva che non sapendo come affrontare i cambiamenti, egli finisse per percorrere la strada sbagliata, che lo avrebbe danneggiato. La vita di un ninja non era semplice, lui lo sapeva. Quando Tatsumaru, suo figlio, aveva deciso di intraprendere tale strada, lo aveva fatto per pura curiosità, senza sapere a cosa andava incontro. Ora lo sapeva, e non sembrava pentirsi di nulla, eppure Hideki percepiva che qualcosa non andava.
Proprio a causa di questa sensazione, si era recato in quel luogo. Quando Hideki superò le prove dei Senju, suo padre gli regalò un sasso. Quel sasso simboleggiava il traguardo raggiunto, il primo di tanti, la prima pietra per erigere una montagna. Come suo padre, Hideki voleva donare a Tatsumaru un oggetto, un simbolo. Non un semplice sasso, ma qualcosa di utile, che lo avrebbe seguito nei momenti più difficili, protetto dai pericoli che avrebbe dovuto affrontare, che gli ricordasse chi era, e cosa sarebbe dovuto diventare. Hideki voleva donare a Tatsumaru una spada. Essa era il simbolo perfetto per esprimere ciò che voleva ricordare a suo figlio. La spada è la compagna di ogni guerriero, forte come la volontà del suo portatore, retta come la strada da seguire. Per queste ragioni Hideki non cercava una spada qualsiasi. Doveva essere una spada con un’anima, un’anima buona, una guida, una custode.
Dopo essere entrato nell’ultima bottega della piazza, ed esserne uscito come dalle altre a mani vuote, si convinse che non esisteva una spada come quella, o qualcuno in grado di forgiarla. Tali oggetti appartenevano alle leggende del passato, favole per bambini. Con questi amari pensieri si incamminò tra i vicoli, rassegnato a dover donare anch’egli un sasso a suo figlio. Imboccò la prima strada che aveva di fronte, senza pensarci troppo. Proseguendo per quella stradina, arrivò in una piccola piazzetta, poco distante dalla zona commerciale, in cui spiccava un edificio circolare dal tetto rosso acceso. Fu quel tetto a catturare l’attenzione dell’uomo, che subito si spostò più in basso, dove due drappi azzurri ondeggiavano ai lati di quella che sembrava essere l’entrata. Come un lampo, i suoi occhi riconobbero il simbolo degli Yamanaka sui drappi, e il disegno stilizzato di un ventaglio da guerra.
Quei due simboli ridonarono speranza al Senju. Il ventaglio faceva presupporre che quella fosse un’armeria, e il simbolo degli Yamanaka sortì il medesimo effetto di un segno divino. Egli conosceva gli Yamanaka, i suoi vicini appartenevano a quel clan, e nel periodo in cui servì come un ninja, aveva avuto modo di osservare le loro abilità. Maestri della mente e dello spirito, gli Yamanaka erano tra i pochi che avrebbero potuto infondere un’anima benevola in una spada. Accelerando il passo, Hideki raggiunse l’edificio, sperando vivamente che le sue supposizioni fossero esatte.
Ricomponendosi, scostò le tendine che delimitavano la soglia, accedendo nell’anticamera dell’edificio. Tolse rispettosamente le scarpe, riponendole nel piccolo armadietto adibito a tale scopo, e varcò così l’ultima tendina, trovandosi finalmente all’interno. Le sue supposizioni erano corrette, alle pareti di quella stanza circolare erano esposti i più svariati tipi di arma, ciascuna riposta ordinatamente. Non vera dubbio nemmeno sul fatto che il gestore fosse uno Yamanaka, data la presenza di fiori e piante ad abbellire e profumare l’ambiente. Hideki nutriva stima per la passione botanica del clan, una passione condivisa per ovvie ragioni. Dietro il lungo bancone di fronte a lui, cinque grandi ventagli dall’aspetto antico e pregiato donavano un’aria solenne alla figura che dietro ad esso attendeva.
Sorridendo cortesemente, fece un inchino in segno di saluto.
"Konnichiwa gozaimasu. La fortuna mi ha guidato nel vostro negozio."
Attese di capire se la figura fosse ben disposta nei suoi confronti, dalla sua risposta avrebbe capito se si trovava nel posto giusto. Qualora la risposta fosse stata positiva, Hideki avrebbe continuato nel suo discorso.
"Avrei una richiesta da farvi. Avete tra i vostri articoli una spada … particolare? Non una semplice arma … Non so se capite cosa intendo"
Era difficile spiegare cosa realmente desiderasse senza risultare pazzo. Tutti i negozianti a cui lo aveva chiesto fino ad ora gli avevano riso in faccia, ed egli stesso dopo tali delusioni, temeva di chiedere l’impossibile. Preferì non aggiungere altro, attendendo che fosse l’interlocutore a dimostrarsi interessato, oppure a cacciarlo fuori dal suo negozio.