La donna non rispose a parole, si limitò ad un cenno d’assenso più eloquente di qualsiasi altro discorso che avrebbe potuto formulare. Con un gesto straordinariamente elegante per il suo retaggio di moglie di un locandiere, allungò una mano affusolata verso il basso, andando a tastare dietro al bancone in un punto invisibile per chiunque si fosse trovato dalla parte del cliente, quindi anche per Kira.
Tuttavia, nonostante la vista non arrivasse laddove la donna stava rovistando, il rumore schioccante di qualche ciotola in terracotta che veniva malamente spostata, giunse chiaro ed udibile sin agli orecchi della kunoichi che, sempre più, s’aspettava di veder spuntare un coltellaccio da cucina più che un pugnale. Ma infondo sarebbe andato bene lo stesso…certo, nasconderlo sarebbe potuto essere un po’ più problematico, tuttavia un modo l’avrebbe trovato lo stesso.
Fortunatamente però, i timori della ragazza vennero presto sventati. La moglie dell’oste fece scivolare oltre il bordo del bancone una lama chiara e lucente dalla punta evidentemente acuminata. Il cosiddetto “pugnale” era stretto e lungo, senza alcuna crociera a dividere l’impugnatura, foderata con delle strisce di pelle arrotolate, dalla lama vera e propria. A guardarlo bene sembrava un grosso spiedo…ma Kira, da brava shinobi, sapeva bene che non lo era, così come era certa che non fosse un pugnale.
Uno stiletto…ci va pesante la signora.
Non appena la moglie dell’oste poggiò l’arma sul bancone, Kira cercò con lo sguardo il suo consenso finale per poterlo prendere. Trovatolo, allungò la mano afferrando la lama per l’elsa per poi soppesare l’agilità e la leggerezza dello stiletto. Lo tenne in equilibrio sulla prima falange dell’indice: lama ed impugnatura avevano lo stesso peso. Era perfettamente bilanciato e maneggevole, senza contare che sarebbe stato semplicissimo occultarlo all’interno di una manica anche per una donna comune.
Gli diede un leggero slancio per poi afferrarlo abilmente a mezz’aria. Se lo portò vicino al viso, ammirando la particolarità principale per cui lo stiletto era particolarmente temuto: la sezione triangolare. Come per il kunai che aveva la sezione romboidale, anche lo stiletto, in qualità d’arma da perforazione più che da taglio, causava ferite profonde e difficili da rimarginare.
Kira ghignò tra sé, era ovvio che quella donna volesse Yaburu morto tra le più atroci sofferenze. Questo non avrebbe riportato in vita sua figlia, certo.., ma quanto meno avrebbe calmato il tumulto della sua anima, così come quella del marito e di chiunque altro avesse perso un caro a causa di quel Samurai senza Kami. Le parole che la moglie dell’oste le rivolse in seguito, non fecero altro che confermare e sottolineare l’odio e il rancore provato, anche se il triste sguardo che posò sulla kunoichi, lasciò trasparire anche un’estrema nostalgia tinta dalla paura che il suo incubo potesse ripetersi proprio con quella ragazza che stava lì, di fronte a lei, in quel momento. Sospirò…ma non disse nulla, si tenne tutto dentro, rinchiudendolo chissà dove nella propria anima per non farlo uscire mai più.
Con un abile movimento del polso, Kira fece scivolare lo stiletto sotto le cinghie del bracciale di cuoio che le proteggeva l’avambraccio sinistro, lasciando poi che la larga manica della divisa coprisse il tutto. Quindi, dopo aver assentito nuovamente all’ultima raccomandazione della donna, la kunoichi finì di bere la tisana in pochi sorsi e si rivolse all’oste in lacrime.
Grazie infinite per la tisana signore, era veramente ottima! Disse con un sincero sorriso sulle labbra, benché lui non lo vedesse Sono certa che ne berremo ancora assieme, ma ora devo andare. Arrivederci.
Detto ciò, dopo aver rivolto un ultimo cenno di saluto alla donna, Kira girò i tacchi e con passo marziale s’avviò verso l’uscita della locanda.
L’atmosfera, tuttavia, era ben diversa da quando era arrivata. Per lei non c’erano più parole amareggiate sussurrate da orecchio a orecchio, nessuno le rivolgeva più sguardi d’odio riflesso per Akuba…anzi. Ora gli avventori, per quanto sporchi, stanchi e affaticati dalla lunga giornata di lavoro alle mura, le erano accanto. Più d’uno minacciò borbottando di recarsi di persona da Yaburu per fargliela pagare se solo avessero osato toccare Kira, altri si limitarono a dirsi d’accordo, senza esporsi direttamente…e poi, ce ne fu uno che osò più di tutti. Chissà, forse reso sicuro dalla sua stazza non indifferente, o magari da qualche bicchiere di troppo, o semplicemente perché ci teneva a rompere il sistema, afferrò rudemente un braccio della kunoichi, trattenendola, così da attirare la sua attenzione.
Non appena la ragazza si sentì agguantare a quel modo, si voltò con uno sguardo stupito e perplesso dipinto in faccia. Sempre con gli stessi occhi, scrutò a fondo il volto arrossato dal sole dell’uomo che l’aveva fermata, finché egli non mise a nudo i propri pensieri, offrendosi d’accompagnarla a destinazione.
Stupita dall’offerta, Kira rimase alcuni istanti in silenzio. Quando era entrata in quella locanda, non avrebbe mai pensato che uno degli avventori potesse avvicinarsi tanto a lei da offrirle addirittura il proprio aiuto. Tuttavia il motivo ormai era evidente: ben pochi in quella città erano realmente fedeli ad Akuba e i suoi scagnozzi, quasi chiunque avrebbe dato un braccio o una gamba pur di mettere fine al regno di quel pazzo.
Era ammirevole come quell’uomo, pur sapendo il rischio che correva, le avesse teso la mano, tuttavia Kira era ben conscia che avrebbe dovuto fare a meno del suo aiuto. Sorrise grata all’avventore, facendo sgusciare via dalla sua presa il braccio, poi parlò.
Ti ringrazio molto per l’offerta, davvero. Esordì Ma non posso permettermi di coinvolgere qualcuno...Voi, avete già tanti problemi a cui pensare. Per questa volta cercherò di cavarmela da sola.
Detto ciò, fece un veloce inchino all’uomo per ringraziarlo nuovamente e per salutarlo, quindi imboccò l’uscita della locanda , ritrovandosi nuovamente nella spoglia piazza. Si guardò attorno, cercando di orientarsi e, una volta inquadrato il cartello malridotto che indicava la via del mercato, lo raggiunse seguendo le scarne indicazioni in esso contenute.
Secondo quanto detto dalla moglie dell’oste, avrebbe dovuto proseguire fino alla seconda biforcazione ed imboccare la strada che si diramava dalla principale. A quel punto non doveva fare altro che andare avanti, perché la villa che ospitava il bordello era solo poco più avanti. Non le restava che attenersi a quanto saputo e procedere.
Marciando sulla strada sterrata, la ragazza notò come le abitazioni che la costeggiavano presentavano la stessa architettura di quelle che aveva precedentemente visto. Essenziali e lineari, costruite nella metà inferiore in pietra e in quella superiore in legno. Anche in quelle viuzze, Oushizamachi prendeva un’aria spettrale…e Kira fu certa di scorgere qualche poveraccio che si scaldava accanto a bracieri di fortuna, nei punti più bui delle strade.
Indugiò su di loro con lo sguardo, ma non si fece distrarre, proseguendo per la propria via e, una mezz’oretta dopo, iniziò ad udire un attutito baccano provenire da poco più avanti sulla strada che stava percorrendo.
Ci siamo.