Missione 4S - La Menta Rossa, Per Lucifergirl88

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view post Posted on 6/1/2012, 23:14     +1   -1

The Pine

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*E Sinistra fu.

Kira quindi, a passo tranquillo, si imbarcò a mancina, proseguendo la lunga strada magna. Ma il suo passo inizialmente da passeggiata diventò ben presto serrato e sospettoso, come tra le case iniziavano a frastargliarsi i vicoli secondari che trascinavano nelle strutture più interne. Sentiva occhi, occhi ovunque, su di lei. Occhi sospettosi e fin troppo cupi anche per lei... Gli occhi dei disperati.

Li vedeva chiaramente. Li sentiva chiaramente, lì, avvolti tra gli stracci a riscaldarsi con fuocherelli di fortuna. Non osavano avvicinarsi a lei, ma ogni loro frecciata d'occhi era una pura stilla di disprezzo. Kira non era certo così sciocca da non capire a cosa era dovuto tutto ciò: la sua divisa causava odio. La gente del posto doveva mal sopportare le guardie... O forse non sopportavano l'uomo che rappresentavano. Uno sfacciato di realta devastante, impensabile per una città che dalle dimore e dalle strade pareva immacolata.

La camminata fu breve, prima di raggiungere il primo punto di riferimento. Una piazzetta a circa mezz'ora dal porto, molto scarna. Semplicemente era un'apertura della strada a forma rotonda, che si diramava verso altre due strade che, nel loro angolo, chiudevano una piccola osteria ancora aperta e frastornante. Al centro dello spiazzo v'era una piccola fontana d'acqua, potabile a giudicare dalle numerose anfore che v'erano appoggiate vicino.

La piazza era decisamente più movimentata della strada, forse per il caldo focolare dell'osteria che teneva chiusa tra le sue mura un bel po' di gente a baccaneggiare, ma anche fuori la vita non mancava. C'erano altre due guardie, farsi bellamente i fatti propri mentre due ragazzi, appena usciti dalla locanda, litigavano animosamente. Ci volle poco che i due arrivassero ai mani, quando quello più grosso e paffuto con un sol pugno sbattette a terra l'altro, che nonostante fosse la metà dell'energumeno non se la cavò per niente male... Ma nessuno dei due militari sembrò interessare la cosa. Eppure era il loro dovere... E l'obbligatorio dovere di Kira.

Poteva infischiarsene anche lei però, infondo... E ora, a differenza di prima, aveva anche un punto di riferimento. La strada che proseguiva sulla sinistra era quella che portava al mercato, mentre sulla destra non v'erano alcune indicazioni.*
 
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view post Posted on 7/1/2012, 17:10     +1   -1
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Presa la sua decisione ad occhi bendati - o quasi - Kira s’avviò nella strada di sinistra, mantenendo quel suo passo fintamente marziale, parte integrante della maschera che aveva deciso d’indossare per facilitarsi l’ingresso in città.
Immersa in quella foresta d’edifici tutti simili, ma mai uguali, alla ragazza inizialmente sembrò tutto foderato della stessa calma ch’aveva incontrato fino al punto di svolta. Non scorgeva persona alcuna aggirarsi nella coltre pesante della notte, nessun passo oltre il suo percorreva quelle straducole di terra battuta che serpeggiavano per la città. Le uniche presenze corporee erano quelle abitazioni che s’appoggiavano l’una all’altra, come per sostenersi vicendevolmente, e l’eterno bagliore spettrale della luna che dava al tutto un aspetto fantasma, come se nessuno abitasse quella città da molto molto tempo.
Cosa che la kunoichi sapeva essere errata. Era solo l’impressione data da quella tranquillità innaturale che albeggiava per i dedali di Oushizamachi, dovuta in parte anche all’ora tarda. Nonostante ciò, era tutto
troppo quieto. Per quanto fosse notte, in un città c’erano sempre rumori, lievi certo…però c’erano.
Ma non lì.
Era come se quel silenzio che le scivolava addosso come una carezza gelida e pungente, fosse fittizio, creato appositamente al suo passaggio, proprio come quando un predatore s’aggirava nella foresta e tutti i piccoli animali correvano nelle proprie tane a nascondersi, facendo calare tra le piante un silenzio talmente irreale da far gelare il sangue nelle vene. Nessun cinguettio, nessun fruscio, niente. Solo il sinistro soffio del vento tra le fronde.
E così era in quella città. Tutto era immobile e silenzioso, pregno d’un’atmosfera pesante e soffocante, mentre solo le correnti d’aria tra i vicoli animavano un poco quella notte altrimenti morta.


C’è qualcosa che non va…

Contemporaneamente a quel pensiero, l’attenzione di Kira si fece più sospetta e il suo passo più cauto. La presenza di quel silenzio costrutto la rendeva inquieta e le suggeriva d’usare particolare prudenza ad ogni suo passo, sensazione che s’acuì quando la ragazza iniziò a passare davanti ad una serie di vicoli secondari che si diramavano dalla strada magna che stava percorrendo. A quel punto, l’apparente tranquillità di quella notte, venne intaccata dalla piena consapevolezza che decine e decine di sguardi - alcuni nascosti, atri no – erano puntati su di lei e ne seguivano ogni singola movenza. Erano ovunque, Kira li percepiva perfettamente come lunghi aghi gelidi che le trapassavano il corpo da parte a parte, occhi colmi di disprezzo e sospetto…tali da superare anche gli agghiaccianti osservatori nascosti di Oto, a cui la kunoichi s’era lentamente abituata negli anni.
Ma questi erano diversi.
Erano gli occhi vuoti dei disperati. Kira li vedeva perfettamente raggruppati in piccole cerchie nei punti più nascosti e bui di quei vicoli tetri o rintanati negli angoli più celati ed oscuri della strada principale. Se ne stavano lì, attorno a dei bracieri di fortuna ricavati dall’immondizia che trovavano per strada. Uomini, donne, bambini e anziani avvolti in stracci e costretti a vivere in condizioni a cui nemmeno una bestia si sarebbe adattata. Erano emaciati tanto che Kira si chiese come si reggessero ancora in piedi su quelle gambe smunte…ma tutti,
tutti, sul fondo di quegli occhi vuoti le riservavano una stilla di puro disprezzo.

Non mi è difficile capire a cosa sia dovuto questo loro risentimento nei miei confronti. Si disse la ragazza con una punta di sarcasmo La divisa che porto…è l’insegna di colui che li ha ridotti a vivere in questo stato vergognoso, prosciugandoli dei loro beni e delle loro vite come delle spugne per poi, una volta finito d’agguantare quanto gli serviva, abbandonarli al loro destino. E questo è il risultato: un manipolo di disgraziati che s’aggirano come spettri nella città, probabilmente senza neppure più sperare che la loro situazione possa migliorare.

La kunoichi distolse in fretta lo sguardo da quella povera gente, facendosi scivolare addosso il loro disprezzo, ben sapendo che non era rivolto a lei, ma a ciò che in quel momento rappresentava. E poi…non erano un pericolo, non si sarebbero mossi dai loro rifugi: per quanto in condizioni devastanti, si stavano appendendo alla vita pur di continuare a resistere in quel mondo ingiusto che li aveva ridotti a sopravvivere ai bordi della società. Non si sarebbero mai messi contro una guardia di Akuba, sia per la netta differenza di possibilità sia per non aggravare ulteriormente la loro già instabile posizione.
La loro tenacia nell’aggrapparsi a quel fine filo di ragnatela che li manteneva ancora a galla nell’oceano d’egoismo di Akuba, era lodevole. Kira non aveva idea se lei si sarebbe mai adattata ad una simile esistenza, ma sospettava di no. Probabilmente avrebbe tentato il tutto per tutto anche a costo di morire, piuttosto che continuare ad andare avanti come un fantasma…Tuttavia certe cose si potevano esprimere con certezza solo passandoci e, fortunatamente per la kunoichi, la vita era stata decisamente più indulgente con lei che con quelle persone.

Continuando a mantenersi circospetta, nonostante l’impotenza di quegli sguardi sprezzanti che la pugnalavano su ogni fronte, la ragazza giunse infine al suo primo reale punto di riferimento in quella città. A mezz’ora dal porto, si ritrovò in una piccola piazza circolare che non era altro che un’apertura della strada principale che si divideva in altre due vie. Quella che volgeva la verso sinistra, era indicata come la via del mercato da un cartello sgangherato posto alla sua entrata, mentre quella che andava verso destra era, come tante altre strade di quel borgo rurale, senza indicazione alcuna.
Sull’angolo formato da queste due vie, v’era quella che pareva essere una locanda. Le calde luci dell’interno, illuminavano le finestre della facciata principale proiettando ombre e riverberi sul selciato della piazza come due grandi occhi giallognoli, mentre la porta rinforzata con finimenti in metallo aveva l’aspetto d’una bocca pronta ad aprirsi per inghiottire i visitatori notturni. Il baccano che proveniva dall’interno della struttura lastricata con pietre di varie forme, e il fumo che fuoriusciva abbondante dal comignolo, confermarono ulteriormente a Kira la prima presenza di vita all’interno di Oushizamachi, ad esclusione delle guardie al molo.


Finalmente un punto di partenza. Forse in fin dei conti non girerò tutta la notte a vuoto…le locande sono sempre un buon posto dove cercare informazioni. Dovrò solo stare attenta a separare voci e dicerie dalla verità, ma penso che non sarà un problema.

Circospetta, la ragazza spaziò con lo sguardo per tutta la piazza notando con piacere che almeno in quello spezzato di vita, la città d’esse la parvenza di non essere disabitata.
Al centro dell’incrocio s’ergeva una semplice fontana a cui erano poggiate delle anfore e poco distante c’erano due guardie di Akuba che si facevano bellamente i fatti propri mentre due giovani palesemente ubriachi, appena usciti dalla locanda, avevano intrapreso una battaglia d’insulti che sfociò in una vera e propria rissa. Tuttavia nessuno dei due soldati parve interessarsi alla cosa, infatti ignorarono completamente la zuffa restando in disparte come se nulla fosse. Kira rimase perplessa dal loro comportamento…mantenere l’ordine era il loro dovere - oltre che il suo in quanto nei panni di Midori - allora perché non erano intervenuti? Possibile che fossero dei totali scansafatiche fino a questo punto?


Beh…se loro se ne infischiano, direi che posso farlo anch’io. Non ho tempo da perdere nel placare una zuffa, mi servono informazioni. Data l’ora mi pare ovvio che andare al mercato per cercare il Mercante sia un’assurdità. Quindi non mi resta che occuparmi dell’unico che si possa trovare in giro di notte…ovvero il Ronin. Se riesco a trovare lui, potrò risalire facilmente agli altri due cercando i dati che mi servono nella sua mente.
Peccato però, mi sarebbe piaciuto liberarmi subito del più pericoloso dei tre…beh fa nulla, arriverà anche il suo momento.


Definite le proprie intenzioni, la kunoichi si diresse a passo marziale verso la locanda. Mano a mano che s’avvicinava, il vociare all’interno dell’edificio si faceva sempre più intenso e fragoroso, tanto da infastidirla, ma Kira non mostrò alcuna emozione sul suo volto, tanto meno l’irritazione per quel baccano. Ignorò deliberatamente i due giovani che s’azzuffavano, salutando distrattamente, con un cenno del capo le altre due guardie che erano di stanza nella piazza. Quindi si mosse verso l’entrata della locanda, spingendo la pesante porta in rovere per varcarne la soglia, preparandosi psicologicamente al balzo d’atmosfera che avrebbe affrontato una volta dentro.


 
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view post Posted on 8/1/2012, 19:42     +1   -1

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*Il calore della folla l'avvolse come un manto fetido. La gente di quella bettola era esattamente come ci si aspettava da una bettola: decisamente di bassa lega. Rozzi, chiassosi, sudati... Lavoratori. Sì, tutti quegli uomini erano accumunati, Kira lo capiva subito. Erano tutti parte della manovalanza... La calce sui loro vestiti, i vestiti stessi, le mani callose, la pelle inscurita dal sole e dalla sozzura. Dovevano essere gli operai addetti alla continua costruzione di nuovi simboli di difesa, di inutili mura nelle mura. E come Kira riconobbe loro, loro riconobbero la maschera di Kira. L'atmosfera come la Kunoichi s'era presentata in sala era gelata di colpo.

Ogni occhio rivolto verso di lei era un misto di sorpresa e di rancore, insieme alle sopracciglia aggrottate che le circondavano... Non era per niente un clima piacevole. Nonostante Kira fosse perfettamente a sicuro, dato che poteva stendere tutti quegli uomini con un semplice schiocco di dita, non si sentiva affatto a suo agio. Solo uno non le lacerava l'animo con quella lancia... Il barista, che sghignazzò qualche attimo dopo la sua entrata. Al suo risolino, l'aria tornò di nuovo lentamente calda, la gente iniziò a guardare altrove, a chiacchierare e a bere con il proprio vicino... Quindi, l'uomo al bancone, chiamò con un cenno della mano Kira a se.

Era un uomo sulla mezza età, di bell'aspetto. Capelli schiariti dal tempo ma ancora tutti presenti, che insieme alle rughe non troppo profonde gli davano un senso di vissuto. Gli occhi verdi e arrossati probabilmente dal sonno dell'orario s'erano posati su Kira con assoluta dolcezza mentre ella s'avvicinava a lui, e quando fu vicina, parlò con voce cortese.*


- Sei nuova, piccola soldatina?
 
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view post Posted on 8/1/2012, 21:58     +1   -1
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La porta s’aprì scricchiolando sinistra verso l’interno della locanda, mentre l’aria calda e mefitica, compressa all’interno dell’edificio, l’investì come il fiato fetido d’un’enorme bestia, tanto che, appena dentro, Kira arricciò palesemente il naso nell’avvertire la cappa miasmatica che aleggiava all’interno del salone.
Sudore, birra, vomito, muffa, fumo, chiuso…e chissà quanti altri odori che in quel mix micidiale non riusciva perfettamente ad individuare! Erano un insieme a dir poco fetente e disgustoso, uno di quelli che si impregnava addosso come l’acqua e non si levava più fin quando non si riusciva a farsi un buon bagno. In confronto, l’odore pungente e ferroso del sangue era il più dolce dei profumi.., ma infondo non ci si poteva aspettare di meglio da una bettola come quella. Perché quello era: una locanda di periferia. Un posto in cui la gente sfinita dal lavoro si rifugiava la sera, per lavare via con l’alcool le preoccupazioni della vita e per cercare un attimo di tregua, chiudendosi la porta dietro di sé per lasciare fuori i problemi e riparasi al bancone del bar, illuminato dal caldo e fioco bagliore d’ un paio di lanterne ad olio ed accudito dalle abili mani d’un oste che probabilmente aveva a caro solamente il portafogli dei propri clienti.
Ed infatti a questo si ritrovò di fronte Kira.
Ai rozzi tavoli sparsi per il salone erano seduti decine di uomini, che cianciavano animosamente tra loro, passando rapidamente dalle risate, ai litigi per tornare un secondo dopo a bere assieme, come se nulla fosse accaduto. Tuttavia tutti erano accomunati da un fattore comune: erano lavoratori. I loro abiti sdruciti e rattoppati, erano spolverati di calce e le mani con cui reggevano i bicchieri dai bordi sbeccati erano ricoperte di calli nodosi. La loro pelle era scurita dal sole - il segno dell’abbronzatura era visibile laddove terminavano i vestiti - quindi dovevano passare diverse ore sotto la calura cocente del giorno.
Sì…probabilmente erano alcuni degli operai che Akuba impiegava nel proprio assurdo ed egoistico bisogno di proteggere sé stesso da non si sa quale pericolo imminente.


La costruzione delle tue mura non è servita a fermarmi Akuba…mi chiedo se, quando arriverà il momento, ti renderai conto di quanto sia stata inutile tutta questa farsa dovuta alla tua stupida paranoia.

Con un tonfo, la porta si richiuse dietro Kira e, in un battito di ciglia, il silenzio calò gelato come ghiaccio su quella che fino ad un momento prima era una normalissima chiassosa locanda. Tutti gli sguardi degli uomini in sala, si rivolsero verso di lei squadrandola con occhi ricolmi di rancore e disprezzo, come cani rabbiosi a cui avessero messo un guinzaglio troppo stretto e troppo corto per poter fare qualsiasi cosa se non maledire col proprio sguardo tutti coloro che avevano a che fare con il proprio padrone.
Kira si aspettava una reazione simile, d’altronde era molto simile a quella che avevano avuto quegli spettri d’uomini che aveva incontrato lungo i vicoli, tuttavia la tensione racchiusa in quel piccolo spazio angusto era decisamente superiore e, nonostante la kunoichi fosse pienamente cosciente che nessuno lì presente avrebbe potuto anche solo sfiorarla con un dito, non si sentiva per nulla a proprio agio, come se fosse totalmente fuori posto…ed in effetti lo era. Superando la barriera di disprezzo che riempiva gli sguardi degli uomini, Kira notò una nota di sincera sorpresa. Interdetta, si rese improvvisamente conto che nessuno di quegli uomini s’aspettava che lei fosse lì in quel momento…evidentemente, le guardie con un po’ più d’esperienza, evitavano posti come quello proprio per sottrarsi a quelle occhiate disprezzanti che la stavano pungolando come fastidiosi spilli, se non addirittura ad una vera e propria rissa.
Fortunatamente aveva preso l’aspetto di una novellina, almeno aveva una sottospecie di scusa per essere entrata dove nessun altro soldato di Akuba sarebbe entrato.


Proprio mentre la ragazza stava valutando l’idea di andarsene e tentare per un’altra via, una risatina palesemente divertita spezzò la tensione che s’era venuta a creare in locanda. Non ci vollero che pochi istanti perché Kira ne individuasse la fonte nell’oste: l’unico in quella sala a non pugnalarla con spuntoni di ghiaccio per via della divisa che portava. Il suo comportamento colpì ed incuriosì la kunoichi che, un secondo dopo il termine della sua risata, venne nuovamente investita dalla chiassosa presenza di tutti gli altri avventori, tornati placidamente ai propri affari, come se la voce dell’oste fosse stata un segnale di via libera.
La kunoichi si guardò in torno con sguardo interdetto, prima di notare che l’oste al bancone le stava facendo cenno d’avvicinarsi. Sempre più stuzzicata dal comportamento dell’uomo, Kira con passo cauto s’avvicinò al banco, avendo quindi modo di studiare più attentamente il proprio ospite. L’oste, era un uomo di mezza età, con una zazzera ancora folta di capelli canuti sulla testa e due occhi verdi che spiccavano sul viso ormai non più completamente giovane. Il suo sguardo, benché stanco, non era rude come quello degli altri uomini presenti in locanda, anzi…nonostante l’ovvia stanchezza dovuta ai tardi orari voluti dal suo lavoro, era pregno d’un’insolita dolcezza la cui origine venne compresa da Kira solo quando, ancora prima che la ragazza giungesse al banco, con voce cortese le chiese se fosse nuova.
La kunoichi non si sorprese molto della deduzione dell’oste. Vedeva gente tutti i giorni per tutto il giorno e, inoltre, se veramente i soldati di Akuba tendevano a tenersi alla larga dalla locanda, era facile intuire che lei - o meglio Midori - non fosse in servizio da molto.
Ridacchiando divertita, la ragazza s’approssimò al banco, poggiando accanto a sé la picca ed accomodandosi su di uno degli alti sgabelli liberi posti proprio di lì fronte. Quindi ancora con un sorriso falsamente imbarazzato sul viso, si rivolse direttamente all’oste.


Si nota così tanto?

 
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view post Posted on 9/1/2012, 19:11     +1   -1

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*Con un sorriso candido e puro tinto sul volto, l'oste liberò un altro risolino lieve all'affermazione di Kira, volgendo lo sguardo altrove per indirizzare le mani a riordinare alcune cose, probabilmente per prepararsi ad un eventuale ordine della ragazza che aveva di fronte.*

- Sì nota sì!

*Rispose schietto e divertito, mettendo di fronte alla ragazza un boccale appena pulito di fronte agli occhi della stessa. Dunque, rivolgendosi questa volta completamente, sia con volto che con corpo, a Kira, mantenne fermo il sorriso e con lo sguardo dolce d'un vecchio nonno pronto a viziare la nipote, continuò a parlare.*

- Qui da noi le guardie non entrano nelle osterie, sanno che verrebbero picchiate. Se sei stata tanto imprudente da trascinarti qui dentro sei sicuramente sia dispersa che ignara.

*E quindi, commentò il tutto con un'altra risata, facendo comunque un occhiolino alla Kunoichi, probabilmente per rassenerla, stessa cosa che fecero le parole che pronunciò subito dopo.*

- Ma non temere, soldatina, qui sei al sicuro. Ti offro qualcosa? Non penso che tu voglia bere rozzi alcolici... Vuoi un thé o una tisana? Me ne stavo giusto preparando una per me. Senza fare complimenti.
 
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view post Posted on 9/1/2012, 21:47     +1   -1
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Alla risposta di Kira, l’oste si lasciò andare un’altra volta in una risata divertita. Sembrava proprio che “il caso della novella soldato” fosse un argomento alquanto esilarante per l’uomo che, nonostante il palese divertimento, non volse mai la luce vispa dei suoi occhi verdi direttamente verso la kunoichi.
Da bravo locandiere, era preso nel riordinare le vettovaglie e nell’asciugare le stoviglie che erano appena state lavate in seguito ad un probabile utilizzo. Sistemò una serie di bottiglie, alcune ancora piene altre mezze vuote, negli scaffali di un mobile posto proprio dietro al banco per rendere più accessibili i vari alcolici che le numerose mensole sostenevano; altre invece vennero nascoste sotto il banco. Evidentemente erano il tocco di classe della locanda, bevande che venivano tirate fuori solamente con determinati clienti accaniti o, comunque, speciali. Di certo, nessuna di quelle bevande attirava esageratamente Kira…benché sapesse che avrebbe pur dovuto ordinare qualcosa essendo entrata nella locanda, non poteva di certo chiedere informazioni come una perfetta sconosciuta. Bere assieme era un modo come un altro per rompere il ghiaccio, per entrare in contatto in qualche modo, quindi prima o poi avrebbe dovuto decidersi su che cosa ordinare se voleva avere qualche opportunità in più d’avere le informazioni che le premevano da quell’oste…Anche se, a dire il vero, l’uomo non le sembrava per nulla ostile né tanto meno freddo nei suoi confronti, tutt’altro, era proprio alla mano. Forse ottenere qualche indicazione da lui, non sarebbe stato poi molto complesso.


Meglio non fidarsi troppo della sorte comunque. Troppo volubile per i miei gusti, non vorrei restare scottata.

Fu nuovamente la voce squillante dell’oste, accompagnata dal sonoro sbattere sul bancone di un boccale lucido e splendente proprio di fronte agli occhi di Kira, a riportarla nel corpo di Midori. Giusto in tempo per incrociare lo sguardo dell’oste che questa volta s’era voltato completamente, ormai non più preso nel riordinare i propri strumenti.
Le sorrise accondiscendente, proprio come avrebbe potuto fare un nonno con la propria nipote, quindi le confermò quando la kunoichi aveva già potuto dedurre dal comportamento degli uomini in sala. Senza tanti preamboli, e schietto come solo un barista poteva essere, l’uomo-dagli-occhi-verdi le disse che i soldati di Akuba si tenevano ben distanti dalle locande della città, perché erano ben coscienti del fatto che se ne avessero solo varcato la soglia, sarebbero stati crudelmente picchiati. Aggiunse quindi, che se lei aveva osato entrare doveva essere senza dubbio all’oscuro di ciò, quindi nuova e, probabilmente, anche dispersa nei dedali di Oushizamachi.
Dal canto suo Kira, mimò un momentaneo stupore per l’arguta deduzione dell’oste, quindi si lasciò andare in una risata imbarazzata a cui si aggiunse nuovamente l’uomo che ammiccò nella sua direzione strizzando un occhio. Probabilmente fu un tentativo per metterla a proprio agio laddove era stata accolta dal freddo disprezzo degli altri avventori, proprio come l’invito seguente a bere un tè o una tisana, tuttavia…


Chi mi garantisce che anche lui non sia della stessa risma degli altri uomini in sala? Potrebbe essere solamente più bravo a fingere. D’altronde è questo che fanno i baristi…nascondono i propri problemi dietro ad un’abile maschera per poter accogliere a dovere gli ospiti della locanda. Lo fanno sempre, quindi perché non utilizzare questo trucco anche in altre occasioni? Però…

Quest’uomo non mi da l’impressione di mentire. Se fosse stato come gli altri avrebbe potuto lasciarmi alla loro mercé - si fa per dire… - non appena sono entrata.


In effetti, se stava mentendo era davvero molto bravo. Nelle sue iridi verdi vispe, ma stanche Kira non vedeva traccia di frottole, se non solamente l’indulgenza d’un uomo che la sapeva lunga. D’altronde…non tutte le guardie di Akuba erano state assunte da gruppi di mercenari, molti erano solo dei poveracci che tentavano quella possibilità come ultima spiaggia per restare a galla in un paese disastrato dallo stesso sovrano che si ritrovavano a servire. L’oste probabilmente lo sapeva, così come aveva capito che Midori era un novellina…non c’era da stupirsene. Nonostante ciò, però, Kira decise d’essere ugualmente cauta. Avrebbe accettato la tisana, ma avrebbe controllato attentamente che l’uomo non vi mettesse dentro qualcosa, tutto ciò di cui non aveva bisogno in quel momento era di finire drogata e gettata in un vicolo, o peggio.

Una tisana andrà bene, grazie. Ho il gelo nelle ossa e la gola riarsa…E’ da ore che giro per le strade di questa maledetta città senza riuscire a raccapezzarmi. Come hai detto tu sono dispersa e ignara. Sospirò pesantemente puntellandosi con i gomiti sul bancone scuro in legno levigato, probabilmente il mobile più curato all’interno di quella bettola …E se non fosse stato per te, probabilmente ora sarei carne da macello. Ti ringrazio per avermi aiutata poco fa, non avevi nessun obbligo nei miei confronti, tutt’altro…avresti potuto lasciarmi a loro.


 
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view post Posted on 15/1/2012, 20:17     +1   -1

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*Mosso tranquillamente dal suo lavoro, il barista continuava sereno a mescolare la tisana che avrebbe servito anche alla giovane che aveva di fronte, dandogli un cenno e un sorriso d'assenso al suo desiderio di riscaldarsi, poi nel religioso silenzio di cui doveva vestirsi la sua figura, prese ad ascoltare le parole pronunciate da Kira con attenzione nonostante paresse assai distratto da quello che faceva. Non rispose subito, concentrato a tenere a bada il fuoco, volgendosi completamente alla giovane solo quando tirò via il piccolo pentolino per riempirle il bicchiere. Iniziò a versare la brodaglia, Kira l'aveva seguito in ogni movimento, era sicura che non aveva aggiunto null'altro oltre le erbe che venivano filtrate solo dal pendio. Era scura, ma emanava un profumo assai piacevole e dolce.*

- E far pestare una bella fanciulla come te? Ma scherziamo?

*Rispose ridacchiando divertito per la finta frivolezza appena detto, poggiandosi quindi al bancone con le braccia distese l'una di fianco all'altra, leggermente ripiegato verso la ragazza continuando a sorriderle e fissandole gli occhi senza vergogna.*

- Ci sono guardie e guardie. Ci sono le guardie come te, che vestono quell'uniforme solo per sfamare se stessi o la propria famiglia... E poi ci sono le guardie che credono davvero in Akuba. Tu non sei una di quelle, altrimenti questa tisana sarebbe drogata.

*E dallo scherzo passò alla schiettezza più pura e brutale, pronunciata sempre però con quel sorriso stirato sul volto che parve d'improvviso incredibilmente sbagliato... Eppure, se non si fossero udite quelle parole, poteva tranquillamente parere un sereno Barista a scambiare due chiacchiere simpatiche. Si tirò via dal bancone, prendendo un altro boccale, quindi si versò il resto della bevanda, con tutte le erbe, quindi iniziò a sorseggiarla ancora calda.*

- Dove eri diretta, bella soldatina?
 
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view post Posted on 15/1/2012, 21:55     +1   -1
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Meticoloso ed altrettanto rilassato nel proprio lavoro, l’oste prese sereno a mescolare la tisana che, come detto, stava già preparando per sé. Il pentolino di latta, era posto su di un fornello situato dietro al banco, un po’ di scosto dalla linea di seduta principale dei clienti, così che non intralciasse l’uomo nel lavoro di tutti i giorni.
Era un fornello strutturato con una pietra particolarmente porosa, e comprendente uno scompartimento in legno nella parte inferiore. Aveva un aspetto piuttosto antico, adatto alla locanda in cui era situato, ma tutto sommato ben curato, come ogni cosa che stava dietro al banco. Dal pentolino in latta opaca, s’alzavano volute di vapore che spandevano ovunque il lieve e dolciastro profumo della tisana che l’uomo stava preparando.
Proprio questi, come unica risposta alle affermazioni di Kira non fece altro che sorridere ed assentire con il capo nella sua direzione, come se avesse ben inteso il freddo provato dalla falsa guardia nel gironzolare a vuoto nella città. Quindi, silenzioso come sempre, riprese il suo lavoro prestando comunque orecchio alle parole della ragazza - Kira lo vedeva di tanto in tanto lanciarle un’occhiata in tralice - a cui aveva offerto ospitalità in quella locanda dove tutti l’avrebbero volentieri fatta a pezzi.
Per quanto sembrasse molto preso dal suo daffare, tanto da parere quasi distratto, la giovane era più che certa che la stesse ascoltando…ed era esattamente ciò che voleva. Le sue parole erano state giostrate accuratamente per smuovere la curiosità dell’oste affinché le facesse quell’unica domanda che Kira s’aspettava, quell’unica domanda che le avrebbe permesso di passare ad un livello superiore del proprio piano.


Devo riuscire a farmi dire dove posso trovare quel Ronin…Yaburu.

Ma ora aveva altro a cui pensare.
Doveva assicurarsi che quell’uomo che ispirava tanta fiducia non fosse in realtà un balordo con tutt’altro che buone intenzioni nei suoi confronti. Quindi, mentre questi lavorava alla tisana, la kunoichi lo tenne perennemente d’occhio assicurandosi che non aggiungesse null’altro che i vari aromi all’infuso.
Fortunatamente l’oste si rivelò sincero e meritevole di fiducia.
Una volta portata la tisana ad ebollizione, tirò via il pentolino dal fuoco voltandosi verso Kira per riempirle il bicchiere. Il liquido scuro scese dal contenitore, mentre le foglie utilizzate come aroma si fermarono nel boccaglio, e il piacevole profumo emanato dall’infuso invase le narici della ragazza riscaldandole le membra già con i suoi bollenti vapori dolciastri.
Kira ringraziò l’oste e tirò a sé il bicchiere, circondandolo con ambo le mani mentre l’uomo le rivolgeva una battutina alquanto frivola a cui rise lui stesso. A quel punto, il barista si poggiò al bancone con le braccia distese l’una affianco all’altra, leggermente piegato in avanti verso la guardia che gli era capitata tra capo e collo, continuando a sorriderle e a fissarla dritta negli occhi con il proprio sguardo smeraldino.


Ci sono guardie e guardie. Disse, come confermando quanto la kunoichi aveva già dedotto grazie alle informazioni in suo possesso Ci sono le guardie come te, che vestono quell'uniforme solo per sfamare se stessi o la propria famiglia... E poi ci sono le guardie che credono davvero in Akuba. Tu non sei una di quelle, altrimenti questa tisana sarebbe drogata.

Come volevasi dimostrare.
Non c’era nulla di strano nelle parole dell’uomo al di là di quel bancone. O meglio, non c’era nulla che non fosse scontato. Kira aveva già messo in contro la possibilità che l’essere scambiata per una delle guardie di Akuba, avrebbe potuto attirarle addosso una serie d’attentati più o meno diretti. Per questo aveva controllato accuratamente che l’oste non le gettasse nulla di strano nella tisana, per questo ringraziò i Kami per essere riuscita ad accaparrarsi l’aspetto di una guardia che non dava l’idea d’essere una fedelissima di Akuba.
Alle parole schiette e in qualche modo brutali che l’uomo le aveva rivolto, Kira fece un sorrisetto tirato, simulando il nervosismo che avrebbe potuto provare Midori se si fosse trovata in quella situazione. Era incredibile come quell’oste riuscisse a dire cose tanto crude mantenendo quell’espressione da poker che aveva stampata in viso. Nessuno avrebbe potuto sospettare che dietro a quel sorriso gentile, si potesse nascondere un uomo pronto a tutto per prendersi anche un minimo di rivincita sul dittatoriale sovrano che stendeva il proprio dominio sulla città. Eppure…era la stessa persona che poco prima le aveva salvato la pelle. Ma d’altronde fare il barista era questo ed altro.
Era nascondere le proprie opinioni, essere prettamente accondiscendente con i propri clienti, era saper usare il pungo di ferro qual’ora fosse servito, era abbassare la testa nel momento più opportuno, era mantenere sempre il sorriso e un’apparenza di buonumore anche quando in realtà tutto andava male. In un certo senso, quell’uomo era ammirevole.

Dopo averle lanciato quella schietta dichiarazione, l’oste s’allontanò d’un passo, prendendo un boccale tra i vari bicchieri che nascondeva sotto il bancone e versandosi a propria volta la tisana. Prese tutta quella ch’era avanzata, comprese le erbe che aveva utilizzato per l’infuso.
Quindi, mentre il liquido scuro fumava da quanto era bollente, iniziò a sorseggiarlo lentamente ponendo a Kira quell’unica domanda che la giovane sperava di sentire.
Dov’era diretta quella sera.
Pacata, la ragazza alzò il bicchiere con ambo le mani ponendone una sul lato ed una sotto, prendendo un buon sorso di tisana che, calda, scese lungo la sua gola riscaldandole le ossa che, copertura a parte, erano davvero gelate. Una volta inghiottito l’infuso, la ragazza riposò il bicchiere sul banco sospirando sconsolata, ma un po’ stizzita, e si rivolse all’oste.


Il mio superiore mi ha mandata a cercare un certo Yaburu, per portargli un messaggio. Ridusse la voce ad un sibilo indispettito, quindi continuò Io ho cercato di dirgli che ero nuova e che non avevo idea di dove avrei potuto trovarlo, ma quello se n’è andato ancora prima di starmi a sentire. Un collega mi ha detto di cercare in un bordello ma…non sapevo da dove iniziare per trovarne uno, così mi sono ritrovata a vagare a vuoto e sono arrivata qui.

 
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view post Posted on 16/1/2012, 18:49     +1   -1

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*All'udire di quel nome, il barista spense il suo sorriso e ogni suo lineamento si indurì bruscamente. Chinò il capo, quasi amareggiato, mentre sbatteva quasi brutale il proprio boccale sul tavolo, abbandonandolo bellamente per ripulire la pentola che aveva utilizzato per la tisana. Aveva perso decisamente la sete. Sbuffò.*

- Non ci andare.

*Disse secco, afferrando lo strofinaccio zuppo che subito infilò nel tegame, iniziando quindi a fare una prepotente pressione mentre roteava il pentolino così da pulirlo. Era ossessivo nel compiere quel gesto, fatto che non faceva altro che accentuare quanto l'argomento gli desse il nervoso. Sbuffò di nuovo, poi soffiò quasi ironico, issando il capo fissando il vuoto di fronte a se. In quei movimenti, Kira poté notare come tutto il suo corpo si fosse irrigidito... Quell'uomo, Yaburu, di certo non godeva d'una fama migliore di Akuba. Finalmente, ritrovata la calma in quei gesti, tornò a fissare Kira, senza però riuscire ad addolcere il suo volto, anche se nei suoi occhi era ben leggibile un profondo senso di paura per la giovane che aveva di fronte.*

- Se stai viaggiando così tranquilla, significa che non conosci quell'uomo. Il che è un bene, ma anche un male, altrimenti non avresti mai accettato.

*Mise via il pezzo di metallo, molto rozzamente, rompendo l'ordine del suo reame, quindi poggiò ambo le mani sul ripiano di fronte a Kira, portandosi in avanti, così da poter parlare a bassa voce e farsi comunque sentire.*

- Quel "Samurai" è un mostro ossessionato dal suo fallo. Si fa inviare qualsiasi donna del regimento al suo cospetto con scuse come messaggi o ronde... E nessuna fa una buona fine. Stuprate e mute. E non è una fine che fanno solo loro...

*Chinò lo sguardo, rimanendo in silenzio per alcuni secondi. Il suo corpo si rilassò in maniera tremenda... I muscoli s'erano sciolti. Nella tristezza. Le mani salirono mentre i gomiti le sostituivano, così da potergli coprire il volto.*

- Mia figlia s'è suicidata per questo...
 
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view post Posted on 16/1/2012, 22:09     +1   -1
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Come disse quelle parole, l’oste parve ricevere una doccia fredda. Il suo solare sorriso si spense come una fiammella nel buio ed ogni muscolo del suo viso s’indurì come pietra non appena quell’unico nome veleggiò nell’aria satura d’odori della locanda.
La sua reazione fu fin troppo trasparente agli occhi di Kira. Un bravo maestro nel trattenere le proprie emozioni, quale si era dimostrato quell’uomo, abbassava totalmente la propria maschera nell’udire un solo nome. Lo conosceva non c’era alcun dubbio…ma chi non conosceva quel Ronin in città? Era uno dei tre consiglieri di Akuba, impossibile non averne mai sentito parlare, figuriamoci per un barista. Le locande, erano luogo di voci e sussurri che provenivano da tutta la città. Informazioni vere e false s’aggiravano d’orecchio in orecchio e di bocca in bocca in quella piccola bettola, ignorarle tutte non era fattibile. Volente o meno, questa o quell’altra diceria si faceva strada fino all’udito dell’oste, rendendolo la miniera di notizie più preziosa di tutta Oushizamachi.
Tuttavia, la reazione dell’uomo le era sembrata troppo violenta perché egli fosse un semplice spettatore esterno di quelle voci, tanto da indurre Kira a pensare che sapesse più di quanto volesse dare a vedere. Ma la ragazza non diede voce ai suoi pensieri, tanto meno cedette alla propria curiosità nei riguardi dell’oste, stette semplicemente in attesa che le parole dell’uomo sfiorassero l’aria come lame, pronta ad afferrarle prima che giungessero a lei.

Lo sbattere sul tavolo del boccale che l’uomo aveva usato come bicchiere per la tisana, la fece lievemente sobbalzare. Lanciò uno sguardo attorno a sé, preoccupata che qualcuno degli avventori potesse essere stato attirato dal tonfo sordo del vetro sul legno, ma pareva che nessuno si fosse accorto di nulla…o, anche se fosse, non lo davano a vedere.
Il liquido scuro all’interno del boccale oscillava furioso, mentre l’uomo, con fare stizzito, l’aveva abbandonato per ripulire il pentolino che aveva utilizzato per cuocere la tisana.
Lo sciacquò con dell’acqua, lasciandolo poi gocciolare un po’ nel lavandino in pietra per lasciare che si scolasse dell’acqua in eccesso prima di passare ad asciugarlo.
Fu quando passò il pentolino dal lavello al banco per prendere uno strofinaccio con cui asciugare il contenitore che l’uomo parlò dopo il lungo e teso silenzio in cui s’era rinchiuso.
Seccamente, le disse di non andare da Yaburu…uno spiraglio nel pesante velo di pensieri che gli turbinavano in testa e in cui poi si richiuse nuovamente.


Cosa?! Chiese la kunoichi falsamente perplessa, per poi scuotere la testa e rispondere come se fosse la cosa più ovvia del mondo Ci devo andare, mi hanno dato un ordine.

Sapeva bene dove sarebbe andato probabilmente a parare l’oste in seguito. Junsui le aveva delineato piuttosto bene la figura del Ronin e, in base alle informazioni ricevute, non faticava molto a comprendere che tipo d’uomo fosse, anche se pareva, effettivamente, che l’oste la sapesse molto più lunga di lei.
Si era rinchiuso nuovamente in un ostinato silenzio, asciugando il pentolino con un’energia esagerata, tant’è che il metallo strideva in cigolii agghiaccianti e fastidiosi da quanta forza metteva in quell’atto. Ormai era più che evidente che l’argomento “Yaburu” gli desse a dir poco sui nervi; sbuffava irritato come una vipera e di tanto in tanto soffiava come se si stesse deridendo. Poi alzò il viso fissando il vuoto di fronte a sé: vedeva, ma non vedeva ciò che gli altri avevano di fronte agli occhi. Il suo sguardo parve vagare lontano da tutto, in un luogo in cui nemmeno gli occhi di Kira avrebbero potuto arrivare se non violentando direttamente la mente dell’oste.
Solo dopo alcuni istanti si rivolse ancora alla ragazza, quando ormai la maggior parte della rabbia era stata scacciata nei meandri della sua anima. Distolse il proprio sguardo dal vuoto che stava fissando per tornare a guardare la kunoichi negli occhi. Il suo volto era ancora contratto e serio, più nessun dolce sorriso indugiava sulle sue labbra…anzi, nelle sue iridi smeraldine la paura albeggiava silente.


Quest’uomo…che gli è successo per odiare tanto quello stupido Ronin? Mi pare ovvio che non siano solo le voci ad infastidirlo, c’è dell’altro.

Kira si costrinse a tacere, astenendosi dal continuare il precedente discorso per sentire che aveva da dirle l’oste. Sembrava seriamente preoccupato per lei, cosa che lo elevava dal semplice grado di barista in cui la ragazza lo aveva collocato sino a quel momento.
Prima di riporre piuttosto rozzamente al proprio posto il pentolino di latta ormai lindo e pulito, le rivolse alcune parole sibilline…atte ad introdurre quanto avrebbe seguito. Come aveva fatto poco prima quando le aveva spiegato la differenza tra guardie per necessità e guardie per fedeltà, si sporse in avanti sul banco così da arrivarle molto vicino per poter parlare a bassa voce, così che solo lei potesse sentire.
Senza tanti peli sulla lingua le disse quanto già sapeva dell’ex Samurai, sottolineando il tutto con espressioni crude e colorite. Non si risparmiò di sottolineare più che chiaramente come quel maiale si facesse inviare appositamente le donne che si arruolavano nella guardia di Akuba per stuprarle, e nemmeno di rivelarle che non si limitava solo alle donne.


Un vero malato del piacere carnale...anche se non è “cacciatore”. Pazzesco, si fa servire anche nell’accaparrarsi una preda e da quanto mi dice quest’oste, pare che sia di larghe vedute. Sarà un vero piacere ed una liberazione per la città farlo fuori…L’unico problema è farsi dire dove diavolo lo posso trovare! Quest’uomo sembra volere a tutti i costi proteggermi, e questo gli fa onore, ma devo assolutamente riuscire a spillargli quell’informazione, ne va della mia missione.

Kira stava per ribattere quando vide l’oste abbassare lo sguardo rimanendo in silenzio per alcuni secondi. Il suo corpo si fece molle, i muscoli si sciolsero dalla presa della rabbia che fino a poco prima aveva imperversato nel suo corpo, lasciando posto ad un’evidente tristezza.
Le mani salirono fino a coprirgli il volto nel proprio cordoglio perché…a causa di quel Ronin, sua figlia s’era suicidata nella vergogna.
Yaburu aveva evidentemente stuprato la figlia dell’uomo e questa, sentendosi macchiare l’anima impunemente in quel modo indelebile, tanto da sentirsi corrotta essa stessa, s’era tolta la vita pur di rimediare all’onta. Una vicenda tragica…come molte altre ce n’erano state e ci sarebbero state finchè Akuba e i suoi tre consiglieri avessero continuato a spadroneggiare sulla città.
Ora le era molto più chiaro il perché l’oste tendesse a proteggerla e comprendeva l’odio che gli bruciava l’animo, anche se mai avrebbe potuto immaginare come si sentisse davvero.
Kira boccheggiò alcuni istanti, nel tentativo di dire qualcosa per confortare l’uomo, ma si rese presto conto che nulla, avrebbe mai potuto lenire il dolore che gli squarciava il cuore.


Mi dispiace… disse infine sincera Non avevo idea della tragedia che vi avesse colpiti, altrimenti non avrei mai risvegliato il tuo dolore, ti prego di scusarmi. Chinò il capo fissando le volute di fumo che salivano dalla sua tisana, e riprese la commedia. Tuttavia, nonostante quanto mi hai rivelato su quel Yaburu, non posso sottrarmi al mio compito. Disertare il mio primo giorno di lavoro, non è certamente il modo migliore per presentarsi. Probabilmente verrei scoperta e uccisa in breve tempo e, anche nell’improbabile caso in cui riuscissi a scappare alle numerose guardie della città, non avrei il coraggio di ripresentarmi a casa. Scosse il capo sconsolata alzando lo sguardo sull’uomo fissandolo a metà tra il risoluto e il disperato. La mia famiglia non ha che me su cui contare! E questo è l’unico modo che ho per aiutarli…se perdessi il lavoro, saremmo spacciati. Quindi ti prego…Ti prego! Dimmi dove posso trovare quel Ronin…starò più attenta ora che mi hai messa in guardia.

 
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view post Posted on 17/1/2012, 18:25     +1   -1

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*Il cupo velo della sofferenza era fatto d'un tessuto troppo spesso quando copriva le membra, così tanto spesso da impedire all'orecchio di udire e corrodendo il pensiero con il suo peso. Un esempio era quell'uomo, che nella sua posa già disperata iniziò a liberarsi in un pianto nostalgico, disperato, rabbioso. Molti uomini si voltarono e piegarono le labbra, amareggiati e indispettiti... Ma non per il suo comportamento. Uno fra tutti pronunziò una sola parola, seccamente. "Yuburu". Iniziò un mormorio più basso, più rispettoso per il padrone di cui erano ospiti, ma nel brusio erano ben udibili parole d'odio, di disprezzo. Tutti condividevano lo stesso pensiero e probabilmente molti avevano subito un destino simile a quello dell'uomo che stava chino di fronte all'Uchiha. Gli sguardi prima carichi di disprezzo rivolti alla ragazza s'erano trasformati in pura comprensione. Avevano capito tutti.

Dal retro della bottega scivolò tra le ombre una nuova figura, alta e snella, dalle curve morbide e tonde. Una signora dallo sguardo cupo, gli occhi scuri e i capelli neri come la pece, lisci e lasciati cadere sulle spalle. Il suo volto lievemente paffuto così come tutto il corpo rotondengiante era puntato verso il barista. Le labbra piegate nel rammarico. Fece pochi passi e lo raggiunse, poggiando una mano sulla sua schiena, iniziando a carezzarlo delicatamente.*


- Scusalo.

*Sibilò freddamente, non per scortesia o altro, ma per celare le stesse emozioni provate dall'uomo che provava a risollevare. Non era difficile capire chi fosse... Il suo sguardo e i suoi occhi manifestavano lo stesso odio e la stessa cupa tristezza di quello che non era più riuscito a compiere il suo dovere. Era la madre di quella ragazza, la moglie di quel barista. Cercò d'accennare un sorriso sollevatorio, malriuscendoci, mentre gli occhi si piantavano in quelli di Kira, quindi dura, rispose al quesito della giovane...*

- Quel postaccio è abbastanza vicino. Prosegui verso il mercato, lungo la strada troverai diverse biforcazioni. Questo schifo di città indica solo i luoghi principali, fatta su misura per tirare via ospiti. Prosegui fino al secondo bivio verso il mercato, poi gira verso l'altra strada. Il bordello è poco più avanti, sembra una villa in buono stato e c'è un gran baccano dentro.

*Risposto, continuò a fissare Kira in silenzio, ma era ovvio che volesse continuare a parlare. Era tesa, poi Kira capì il perché.

- Nasconditi un pugnale nella manica e non permettergli di toccarti. Se non ce l'hai, te ne do uno io.
 
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view post Posted on 17/1/2012, 21:44     +1   -1
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Le sue parole, per quanto ben articolate non trovarono risposta nell’oste. Questi era sprofondato nella sofferenza più cupa, chiudendosi in un silenzio gelido e nero, isolandosi dal mondo per restare solo con ciò che probabilmente egli riteneva una sua colpa.
Kira non faticava molto a capire che cosa stesse accadendo nella mente dell’uomo…d’altronde la giovane sapeva bene che cosa si provava nel perdere una persona cara, lo aveva provato sulla propria pelle con Illya e anche con Shizue, benché quest’ultima fosse stata solo un’illusione. Il senso di vuoto che scavava nel profondo della propria anima, fino a rilevare la totale presenza di ciò che precedente aveva occupato quel posto, era quanto di più doloroso si potesse immaginare. E dire che si sarebbe potuto pensare che la mancanza di una cosa non potesse causare sofferenza se la cosa stessa non esisteba più; invece era proprio l’opposto perché permaneva la consapevolezza d’aver perso per sempre qualcosa ch’era importante e che mai più sarebbe tornata. Senza contare i ricordi…oh la memoria! Una delle caratteristiche più incredibili dell’essere umano, in grado di catalogare ed archiviare suoni, odori, immagini, sensazioni e situazioni d’ogni genere e sorta, con o senza il volere dell’uomo. Ma la cosa più incredibile era che tutti gli eventi vissuti, sarebbero rimasti là…tornando a galla quando qualcosa, anche minima o sciocca, avesse rievocato questo o quell’immagine passata. Una cosa che nemmeno il vuoto poteva cambiare, anzi, non faceva che accentuarla rendendo l’animo del soggetto dipendente da quelle visioni che, sebbene dolorose, lenivano un poco la mancanza causata da quel nulla che s’apriva nel suo petto.
Yaburu era senz’altro uno dei ricordi più dolorosi dell’oste…e, volente o meno, sentire quel nome aveva riportato a galla il ricordo sempre vivido della sua adorata figlia.

Presto, il silenzio in cui s’era rinchiuso si spezzò lasciando spazio ad un pianto rabbioso, disperato e per nulla contenuto, tanto d’attirare l’attenzione di parecchi - se non tutti - avventori della locanda. I lavoratori, smisero le proprie attività iniziando a mormorare sommessamente tra loro, mentre smorfie amareggiate ed indispettite erano dipinte sui loro visi rudi. Il motivo di quell’atteggiamento mise un momento Kira sull’attenti, preoccupata che potessero avercela con lei per aver tirato in ballo l’argomento sbagliato, ma si ricredette presto. Era proprio l’argomento ad aver aizzato i loro spiriti. Evidentemente, come la ragazza aveva già presupposto, l’oste non era il solo a dover fare i conti con degli ingiusti sensi di colpa in quella sala, così come in tutta la città.
Cambiarono anche atteggiamento nei confronti della kunoichi, che presto si sentì puntare addosso una serie di sguardi commiserevoli, di coloro che avevano capito tutto. Non le piacevano quegli occhi…Kira non amava provare pena per gli altri, tanto quanto non amava riceverne, e sentirsi addosso tutti quegli sguardi non fece altro che innervosirla. Tuttavia, la giovane si costrinse a resistere all’impulso di saltare in piedi e dimostrare di potersela ampiamente cavare contro quel Samurai che aveva perso la via del Bushido di cui quelli della sua razza si vantavano tanto.


Sono Midori adesso…una poveraccia costretta ad indossare la divisa a causa della miseria che imperversa in queste terre grazie ad Akuba.
Uff…però mi sono arenata, diamine! Sono riuscita a far piombare un uomo nella palude del dolore e in queste condizioni di certo non mi dirà dove si trova quel Ronin da strapazzo.


Si ritrovò per alcuni istanti incapace di fare qualsiasi cosa. L’oste non faceva che sfogare il proprio dolore e lei sapeva di non poterlo aiutare a lenire le sue ferite, tuttavia aveva bisogno delle informazioni in suo possesso per poter continuare la missione, quindi che fare?
La risposta le arrivò dal retrobottega, sottoforma d’una donna di bell’aspetto che scivolò fuori dalle ombre. La figura alta e snella, ma dalle morbide curve, si diresse verso il barista. Dei lunghi capelli neri le scendevano fluidi oltre le spalle, mentre uno sguardo cupo faceva da contorno a delle labbra contratte in una smorfia di rancore. Giunta alle spalle dell’uomo, la donna gli poggiò una mano sulla schiena ricurva e smossa dai singhiozzi, iniziando a carezzarla lentamente. Il sibilo freddo che uscì dalla sua bocca, confermò a Kira la sua identità ben poco difficile da scoprire. Tutto il suo corpo la gridava, ma il suo sguardo torvo, inquinato dall’odio e dal dolore, era lo stesso che fino a poco prima aveva incupito gli occhi verdi del barista. Era sua moglie…la madre di quella sfortunata ragazza ch’era finita nelle grinfie di Yaburu.
Probabilmente aveva seguito tutta la conversazione dal retro, infatti cercò di rivolgere un sorriso rassicurante a Kira, mentre i suoi occhi scuri si piantavano in quelli altrettanto bui della kunoichi. La ragazza si sarebbe aspettata un nuovo tentativo di dissuaderla dall’andare dal Ronin, invece la donna, il cui animo sembrava più resistente e forte di quello dell’oste suo marito, le rivelò la strada per giungere al bordello in cui amava sollazzarsi quel rifiuto d’uomo obiettivo della jonin.
Si trattava di una villa che si trovava sulla via del mercato. Le sarebbe bastato prendere la seconda biforcazione per poterla raggiungere. Kira esultò internamente per l’informazione ottenuta, e stava per ringraziare la donna se non fosse ch’ella non aveva finito di parlare. La fissò alcuni secondi in silenzio, quindi le raccomandò di portarsi appresso un pugnale, offrendosi di dargliene uno lei stessa se la kunoichi non ne avesse avuto uno proprio.


Le ferite dei kunai sono riconoscibili. La loro sezione romboidale causa lesioni che difficilmente si scambiano con quelle di una qualsiasi altra lama…Se usassi uno di quelli, rischierei d’essere scoperta o, quanto meno, d’allertare le guardie di Akuba non appena il corpo del suo consigliere venisse scoperto.

Certo, c’era anche la possibilità che la colpa potesse essere attribuita all’Uchiha della città o a uno dei suoi “amici”, ma la ragazza non aveva alcuna intenzione di correre quel rischio se aveva la possibilità d’utilizzare un’arma che non le sarebbe stata attribuita.
Quindi, levò le mani dal bicchiere rimettendo mano alla picca ed issandosi nuovamente in piedi. Con un gesto cortese assentì alle parole di raccomandazione della moglie dell’oste e, contemporaneamente, le si rivolse.


Mi farebbe comodo, grazie. Questa picca non va bene in luoghi ristretti.

 
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view post Posted on 19/1/2012, 19:25     +1   -1

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*Non fiatò, semplicemente disse "sì" con i gesti. Allungò la mano verso il basso, verso il retro del bancone "invisibile", quello coperto dal suo stesso piano. Non cercò a lungo, giusto il tempo di spostare abbastanza rumorosamente qualche ciotola di terracotta ed ecco spuntare dalle tenebre un brillante più splendente d'un diamante. Una lama chiara, affilata e ben lucida, dalla forma a triangolo assai stretto, senza elsa e con l'impugnatura in pelle. Doveva essere leggerissimo e per un perfetto occultamento, come Kira poteva constatare appena la donna lo poggiò di fronte a lei, permettendole così di prenderlo.*

- Non indugiare contro quel mostro.

*E dopo quel duro consiglio, il triste sguardo di una madre affranta che osservava la figlia nel volto d'una giovane a lei ignota si tinse nei suoi tratti. Sospirò, osservando a lungo Kira. Aveva paura, proprio come il marito, ma a differenza sua, sapeva controllare a perfezione quella sensazione opprimente. Solo i tratti la tradivano, ma la kunoichi era sicura che non sarebbe esplosa mai. Non restava che andare.*

- Stai attenta.

*Sibilò appena, tornando quindi a concentrarsi sul marito. Kira prese e s'alzò... E la sua uscita fu assai diversa da quanto tastato all'entrare. Ora gli uomini stanchi, affaticati, sporchi erano con lei. Sia con le intenzioni, sia con le parole. Borbottavano, ma sibilavano forse fin troppo pomposi di come avrebbero fatto pagare Yaburu se avesse toccato Kira. E addirittura, prima che Kira uscisse, uno di quelli più grandi, dal volto gonfio quasi quanto il corpo, osò di più. Le afferrò il braccio, forse senza troppo garbo, attirando l'attenzione su di se. Il suo volto era rosso a causa del sole che aveva sopportato e le sue guance ispide d'una barba non curata da tanto tempo.*

- Vuoi che ti accompagni, ragazzina?

Gdr Off/ Che accetti o meno, prosegui fino a quando non arrivi nelle prossimità del bordello. Tanto il paesaggio è tutto identico (architetti poco fantasiosi xD), l'unica differenza è l'energumeno che ti segue. /Gdr On
 
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view post Posted on 19/1/2012, 22:21     +1   -1
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La donna non rispose a parole, si limitò ad un cenno d’assenso più eloquente di qualsiasi altro discorso che avrebbe potuto formulare. Con un gesto straordinariamente elegante per il suo retaggio di moglie di un locandiere, allungò una mano affusolata verso il basso, andando a tastare dietro al bancone in un punto invisibile per chiunque si fosse trovato dalla parte del cliente, quindi anche per Kira.
Tuttavia, nonostante la vista non arrivasse laddove la donna stava rovistando, il rumore schioccante di qualche ciotola in terracotta che veniva malamente spostata, giunse chiaro ed udibile sin agli orecchi della kunoichi che, sempre più, s’aspettava di veder spuntare un coltellaccio da cucina più che un pugnale. Ma infondo sarebbe andato bene lo stesso…certo, nasconderlo sarebbe potuto essere un po’ più problematico, tuttavia un modo l’avrebbe trovato lo stesso.
Fortunatamente però, i timori della ragazza vennero presto sventati. La moglie dell’oste fece scivolare oltre il bordo del bancone una lama chiara e lucente dalla punta evidentemente acuminata. Il cosiddetto “pugnale” era stretto e lungo, senza alcuna crociera a dividere l’impugnatura, foderata con delle strisce di pelle arrotolate, dalla lama vera e propria. A guardarlo bene sembrava un grosso spiedo…ma Kira, da brava shinobi, sapeva bene che non lo era, così come era certa che non fosse un pugnale.


Uno stiletto…ci va pesante la signora.

Non appena la moglie dell’oste poggiò l’arma sul bancone, Kira cercò con lo sguardo il suo consenso finale per poterlo prendere. Trovatolo, allungò la mano afferrando la lama per l’elsa per poi soppesare l’agilità e la leggerezza dello stiletto. Lo tenne in equilibrio sulla prima falange dell’indice: lama ed impugnatura avevano lo stesso peso. Era perfettamente bilanciato e maneggevole, senza contare che sarebbe stato semplicissimo occultarlo all’interno di una manica anche per una donna comune.
Gli diede un leggero slancio per poi afferrarlo abilmente a mezz’aria. Se lo portò vicino al viso, ammirando la particolarità principale per cui lo stiletto era particolarmente temuto: la sezione triangolare. Come per il kunai che aveva la sezione romboidale, anche lo stiletto, in qualità d’arma da perforazione più che da taglio, causava ferite profonde e difficili da rimarginare.
Kira ghignò tra sé, era ovvio che quella donna volesse Yaburu morto tra le più atroci sofferenze. Questo non avrebbe riportato in vita sua figlia, certo.., ma quanto meno avrebbe calmato il tumulto della sua anima, così come quella del marito e di chiunque altro avesse perso un caro a causa di quel Samurai senza Kami. Le parole che la moglie dell’oste le rivolse in seguito, non fecero altro che confermare e sottolineare l’odio e il rancore provato, anche se il triste sguardo che posò sulla kunoichi, lasciò trasparire anche un’estrema nostalgia tinta dalla paura che il suo incubo potesse ripetersi proprio con quella ragazza che stava lì, di fronte a lei, in quel momento. Sospirò…ma non disse nulla, si tenne tutto dentro, rinchiudendolo chissà dove nella propria anima per non farlo uscire mai più.
Con un abile movimento del polso, Kira fece scivolare lo stiletto sotto le cinghie del bracciale di cuoio che le proteggeva l’avambraccio sinistro, lasciando poi che la larga manica della divisa coprisse il tutto. Quindi, dopo aver assentito nuovamente all’ultima raccomandazione della donna, la kunoichi finì di bere la tisana in pochi sorsi e si rivolse all’oste in lacrime.


Grazie infinite per la tisana signore, era veramente ottima! Disse con un sincero sorriso sulle labbra, benché lui non lo vedesse Sono certa che ne berremo ancora assieme, ma ora devo andare. Arrivederci.

Detto ciò, dopo aver rivolto un ultimo cenno di saluto alla donna, Kira girò i tacchi e con passo marziale s’avviò verso l’uscita della locanda.
L’atmosfera, tuttavia, era ben diversa da quando era arrivata. Per lei non c’erano più parole amareggiate sussurrate da orecchio a orecchio, nessuno le rivolgeva più sguardi d’odio riflesso per Akuba…anzi. Ora gli avventori, per quanto sporchi, stanchi e affaticati dalla lunga giornata di lavoro alle mura, le erano accanto. Più d’uno minacciò borbottando di recarsi di persona da Yaburu per fargliela pagare se solo avessero osato toccare Kira, altri si limitarono a dirsi d’accordo, senza esporsi direttamente…e poi, ce ne fu uno che osò più di tutti. Chissà, forse reso sicuro dalla sua stazza non indifferente, o magari da qualche bicchiere di troppo, o semplicemente perché ci teneva a rompere il sistema, afferrò rudemente un braccio della kunoichi, trattenendola, così da attirare la sua attenzione.
Non appena la ragazza si sentì agguantare a quel modo, si voltò con uno sguardo stupito e perplesso dipinto in faccia. Sempre con gli stessi occhi, scrutò a fondo il volto arrossato dal sole dell’uomo che l’aveva fermata, finché egli non mise a nudo i propri pensieri, offrendosi d’accompagnarla a destinazione.
Stupita dall’offerta, Kira rimase alcuni istanti in silenzio. Quando era entrata in quella locanda, non avrebbe mai pensato che uno degli avventori potesse avvicinarsi tanto a lei da offrirle addirittura il proprio aiuto. Tuttavia il motivo ormai era evidente: ben pochi in quella città erano realmente fedeli ad Akuba e i suoi scagnozzi, quasi chiunque avrebbe dato un braccio o una gamba pur di mettere fine al regno di quel pazzo.
Era ammirevole come quell’uomo, pur sapendo il rischio che correva, le avesse teso la mano, tuttavia Kira era ben conscia che avrebbe dovuto fare a meno del suo aiuto. Sorrise grata all’avventore, facendo sgusciare via dalla sua presa il braccio, poi parlò.


Ti ringrazio molto per l’offerta, davvero. Esordì Ma non posso permettermi di coinvolgere qualcuno...Voi, avete già tanti problemi a cui pensare. Per questa volta cercherò di cavarmela da sola.

Detto ciò, fece un veloce inchino all’uomo per ringraziarlo nuovamente e per salutarlo, quindi imboccò l’uscita della locanda , ritrovandosi nuovamente nella spoglia piazza. Si guardò attorno, cercando di orientarsi e, una volta inquadrato il cartello malridotto che indicava la via del mercato, lo raggiunse seguendo le scarne indicazioni in esso contenute.
Secondo quanto detto dalla moglie dell’oste, avrebbe dovuto proseguire fino alla seconda biforcazione ed imboccare la strada che si diramava dalla principale. A quel punto non doveva fare altro che andare avanti, perché la villa che ospitava il bordello era solo poco più avanti. Non le restava che attenersi a quanto saputo e procedere.
Marciando sulla strada sterrata, la ragazza notò come le abitazioni che la costeggiavano presentavano la stessa architettura di quelle che aveva precedentemente visto. Essenziali e lineari, costruite nella metà inferiore in pietra e in quella superiore in legno. Anche in quelle viuzze, Oushizamachi prendeva un’aria spettrale…e Kira fu certa di scorgere qualche poveraccio che si scaldava accanto a bracieri di fortuna, nei punti più bui delle strade.
Indugiò su di loro con lo sguardo, ma non si fece distrarre, proseguendo per la propria via e, una mezz’oretta dopo, iniziò ad udire un attutito baccano provenire da poco più avanti sulla strada che stava percorrendo.


Ci siamo.

 
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view post Posted on 20/1/2012, 19:00     +1   -1

The Pine

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*Quel posto era esattamente come si aspettava... Un luogo orribile. Sporco, buio e malato. Sentiva la puzza del sudicio da lì fuori, ed era ancora ben lontana dall'entrata ghermita da giovani che avevano perso più della loro voglia di vivere. La struttura era semplice, una villa come tutte le altre e che Kira non avrebbe sicuramente riconosciuto se non fosse stata per la presenza delle ragazze in kimono succinti e dai trucchi pesanti, ammiccanti ma spente agli uomini con gli uomini che intrattenevano nei loro finti abbracci. Nonostante la grossa presenza di prostitute, l'ingresso era ben libero... Ma già subito la kunoichi poté notare una cosa strana. Come mai quelle donne erano fuori? Di solito le "dame di compagnia" stanno bene al sicuro dentro alla loro dimora.

Capì il tutto ancora prima di aprire la porta che separava il putridume dall'aria cupa che emanava lo stesso. Una risata sguainata e vecchia e solo quella, attorniata da tante finte risa femminili. C'era solo lui lì dentro, solo lui. Aveva preso quel bordello per se, obbligando a quelle donne già devastate nello spirito e nella carne di affrontare la notte senza alcuna protezione. Già questo la diceva lunga su quell'uomo... Aperte le porte, Kira non ebbe che la conferma. Stava lì, come un nobile edonista, nel mezzo della stanza illuminata da rosse luce soffuse, su d'un divanetto stravaccato e circondato da una decina di donne, quasi tutte nude o poco di più.

Era un uomo... Orribile, sia nell'aspetto che nei comportamenti. Prendeva tutto con una rozzezza animalesca, trincando saké dalla borraccia lasciandone versare a galloni e galloni di liquido sul suo petto nudo e peloso. Il suo volto era una maschera di vecchiaia ed ebbrezza. Le guance erano rossissime e i suoi occhi infossati e circondati di rughe scuri e arrossatti. Le labbra erano contratte in un sorriso ubriaco osceno e sghignazzante, lasciandosi ogni tanto stropicciare da colpi di tosse a causa probabilmente di alcol finito di traverso, che rigettava nella folta barba grigia che gli copriva le gote. Il suo fisico, seppur allenato, era debilitato dalla vecchiaia ed era mal coperto... Non aveva nessuna delle insegne del Samurai, se non il Daisho abbandonato sul tavolo di fronte a lui. Le donne erano inorridite, Kira lo poteva capire palesemente... E quando si accorsero di Kira, forse cinicamente tirarono un sospiro di sollievo... Presto quel mostro non avrebbe più tastato la loro carne. Ci volle di più per permettere anche Yaburu di notare Kira. I suoi occhi confusi si puntarono verso la giovane, mentre sul volto si stendeva un sorrisino ammiccante. Ridacchiò.*


- Bene, bene, bene... Cosa abbiamo qui? Un passerotto sperduto?

*Il tono di voce rauco infastidiva le orecchie. Non c'era una sola cosa apprezzabile di quella creatura quasi deforme che ora abbandonava la pelle di quelle ragazze che umiliava per congiungere le mani e piegarsi in avanti, protraendosi completamente verso Kira. Aveva trovato la sua nuova preda. Non sapeva però, che questa volta avrebbe mangiato un boccone amaro.*

- Fatti vedere meglio... Avvicinati.
 
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