| Non era passato molto tempo da quando lo scontro decisivo contro Watashi si poteva ritenere concluso, eppure l'atmosfera sembrava non essere cambiata nell'intero mondo ninja. Al campo base, alcuni si erano lasciati andare ad uno smisurato giubilo che poi sarebbe presto terminato per condurre i reduci di quel conflitto, e i cadaveri degli eroi caduti, indietro al proprio villaggio natio. Kinji poteva vantare di star bene fisicamente, come se quelle atroci torture che aveva subito, fossero state frutto di un terribile incubo, ma psicologicamente sapeva che non sarebbe stato più lo stesso. La guerra l'aveva cambiato, glielo si poteva leggere in faccia, in quegli occhi vacui, che tendevano a rimanere bassi e coperti dalla zazzera di capelli castani. Era felice di essere stato ricongiunto alla sua amata, di poter dare ancora il suo contributo nel mondo dei vivi, ma il prezzo che l'intera alleanza aveva pagato, gli sembrava troppo alto e se ne affibbiava gran parte di colpa. Sporadicamente, ai lati dei percorsi che si diramavano verso i centri nevralgici delle terre ninja, passavano dei carri coperti da vistosi teloni bianchi e insanguinati, guidati per lo più da medici o altri shinobi; trasportavano indubbiamente i cadaveri delle persone che avevano perso la vita, anche per colpa sua. Con Setsuna non parlò molto, ma riuscì a notare chiaramente che anche nei begli occhi perlacei di lei, c'era stato un cambiamento che aveva forse fatto maturare troppo in fretta quella giovane donna che non aveva solitamente segreti per lui. Avrebbe voluto rincuorarla, rassicurarla e dirle che non doveva farsi una colpa per ciò che era successo al giovane Sohaku, e agli altri che non ce l'avevano fatta, ma preferì rimanere in silenzio per lasciarle tempo di rimanere tra i suoi pensieri, come anch'ella stava facendo d’altronde. Arrivati alle grandi porte del villaggio di Konoha, vennero accolti da una discreta folla come eroi che si erano battuti per la salvezza delle loro vite, i bambini cercavano di farsi largo tra la folla per vedere i grandi shinobi che volevano emulare da grandi. L'Uchiha notò lo sforzo che fece la bella fanciulla dai capelli cobalto per sorridere a quella gente nella maniera più tranquilla possibile, per gioire con loro anche se indirettamente, eppure lui non riuscì a fare lo stesso, anzi, cercò di distogliere lo sguardo il più possibile non riuscendo a nascondere la sua espressione rammaricata, dispiaciuta, e con gli occhi sempre puntati verso il basso. Arrivati in una delle vie principali, le strade dei due amanti si separarono, lasciandosi con un fugace contatto delle labbra, per recarsi ognuno nella propria residenza. Come avrebbe potuto parlare con Hayato e dirgli tutti i tormenti che stava subendo da quando era finito tutto? Il villaggio poteva osannarlo come eroe, ma in realtà lui si sentiva del tutt impotente e in balia di qualcosa di più grande. Aprì la porta con aria tranquilla, senza dire una parola; fu il più giovane a scendere le scale in fretta per chiedere al maggiore se fosse finalmente tornato a casa. Quando i loro occhi furono incrociati, Kinji si sforzò a più non posso per sorridere al vivace fratellino che, come sempre stava già per iniziare a tempestarlo di domande che, nella loro ingenuità, riuscivano lo stesso a ferirlo psicologicamente, mentre la sua corsa lo portò istintivamente a catapultarsi tra le braccia del più grande.
- Fratellone, finalmente! Nel villaggio si è sparsa la notizia che avete sconfitto il tipo cattivo, che tu hai comandato alcune persone e che hai combattuto da eroe... io non volevo crederci finchè non ti avessi rivisto, ma ora...è bello riaverti qui!
- Grazie...è bello essere a casa...
- Hai un'aria strana...è successo qualcosa a Setsuna-chan?
Gli occhi del più grande finalmente si alzarono per guardare quelli scuri del fratello minore.
- No, no... lei sta bene
- Dai, se ti va ti preparo un thè e ne parliamo...che ne dici?
Fece un cenno con il capo per rispondere affermativamente, mentre, con fatica, iniziò a parlare di quanto si sentisse in colpa per tutte quelle persone che erano morte sotto il suo comando, avendo come risposta il semplice silenzio. Per la prima volta il loquace Hayato si trovava senza parole davanti a suo fratello, visibilmente scosso, che a malapena riusciva a reggere le lacrime dallo scendere giù dagli occhi che ore prima si era sentito strappare via per una semplice prova della sua forza d'animo. Kinji cercò di calmarsi per non far preoccupare troppo Hayato, provando a riprendere il solito atteggiamento tranquillo e cordiale, almeno finchè fosse rimasto li.
- Scusami Hayato, è solo che...non mi va molto di parlare di tutto questo...e poi adesso dovrei prepararmi per andare ai funerali, nonostante non ne abbia la minima voglia...
Il ragazzino capì, e proprio quando il più grande ebbe finito di parlare alzandosi da tavola, sentì bussare alla porta...
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