Il Tempio

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view post Posted on 8/11/2012, 21:51     +1   -1
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E fu così che tutto iniziò. Ora, doveva fare il Ninja. Ora, doveva fare ciò che i salvatori del suo villaggio avevano fatto con lui. Ora, doveva andare in guerra. Una guerra spietata, non contro altri esseri umani ma contro mostri degeneri completamente privi di paura e terribilmente forti. Aveva avuto poco tempo per prepararsi, comprare armi degne di nota, indossare i propri abiti da Cacciatore. Poco tempo per i preparativi. Una particolarità che, in guerra, poteva costarti la vita. Un qualcosa che poteva trasformarlo da predatore in... Preda. Ma prima di partire c'era un'ultima cosa da fare, un compito da eseguire per avere un'alleato in più. Scalare una montagna, percorrere i sentieri ardui e scoscesi fino ad arrivare alla vetta dove si stagliava il suo alleato. Così, già pronto per partire per la guerra, iniziò la lunga camminata sotto il sole cocente. Ogni goccia di sudore, ogni vescica che scoppiava, ogni dolore muscolare era un dono, in mancanza di altro, alla Dea che più di tutte esalta le fatiche: la Caccia. Mentre saliva, le sue labbra si muovevano pronunciando parole senza suono: preghiere rivolte alla sua Protettrice. Ora e per sempre.

Dopo quelle che parvero ore la vetta si stagliò di fronte al Genin, vicina un palmo. Ma la cosa davvero importante era il tempio di ogni divinità, un'edificio unico e irripetibile. Ryoshi sapeva di come tutte le divinità erano amiche o falsamente amiche tra di loro e quindi il fatto di appartenere tutte allo stesso luogo aveva, effettivamente, un senso. Entrando nel tempio, procedette con fare sicuro verso una magnifica statua di una donna vestita da caccia con un arco in mano e una spada corta al fianco. Molto simile al Cacciatore anche se la sua lama era, all'apparenza, più temibile. Di fronte ad essa, cadde in ginocchio e, con il capo chino in segno di sottomissione iniziò a sfilare le proprie armi. La sua Dai-Katana, compresa di fodero, le sue faretre, per sempre portatrici di morte, e per finire il suo magnifico Arco, per sempre dispensatore di morte. Una volta posate a terra le spinse verso la statua in modo da farle scivolare. A questo punto iniziò, sommessamente e con mani giunte, ad intonare una preghiera


Il tuo fedele Seguace a breve partirà, mia Signora, verso una guerra contro qualcuno che si crede superiore alla Signora. Che si crede un "dio". Watashi è il suo nome. Con le armi ai tuoi piedi, o mia Dea, io cerco di adempiere al compito di cancellare ogni forma di eresia con la sola via che Tu insegni: il combattimento. Guida la mia mano, il mio braccio e il mio occhio in questa dura battaglia e rendi le mie armi, che sono anche le tue, letali e mortifere, senza paura e senza sdegno. Nel tuo nome, ora e per sempre.



Avendo socchiuso gli occhi si accorse dopo di ciò che stava accadendo alle sue armi. Queste, infatti, si erano messe a fluttuare e a ruotare su se stesse lentamente come su un espositore. Poi, una luce di ignota provenienza prese ad illuminarle e formò delle linee semplici ma gloriose sugli strumenti di morte che, un'istante o forse un'ora dopo, ricaddero a terra senza un rumore. La linea dorata si era opacizzata, ma rimanevano impresse le intenzioni della Dea. Creare delle armi per distruggere Watashi e aiutare il suo più fedele seguace. Delle Armi Consacrate.
 
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